Trasferimento sensi art. 33, co. 5, legge n. 104 del 1992
Inviato: dom mar 10, 2013 10:41 am
Per notizia anche una sentenza in favore di un collega del Corpo Forestale.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
1) - Quanto, innanzi tutto, alla circostanza che il ricorrente non avrebbe dato prova dell’«esclusività» e della «continuità» dell’attività assistenziale a lui facente capo, il Collegio non può che rilevare come, a séguito delle modifiche apportate dall’art. 24 della legge n. 183 del 2010, i suindicati requisiti siano oramai venuti meno dalla fattispecie normativa in esame, sicché non può più l’Amministrazione farvi richiamo per giustificare il rigetto dell’istanza, neppure ove si tratti del personale di Polizia, delle Forze armate e dei Vigili del Fuoco (v. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2012 n. 5378, 30 luglio 2012 n. 4291 e 9 luglio 2012 n. 4047; Sez. III, 7 marzo 2012 n. 1293; TAR Piemonte, Sez. I, 25 gennaio 2013 n. 105; TAR Calabria, Reggio Calabria, 24 ottobre 2012 n. 636).
Ricorso Accolto nei limiti di cui in motivazione che vi invito ha leggere qui sotto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
08/03/2013 201300178 Sentenza 1
N. 00178/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01046/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 1046 del 2011 proposto da D. F., rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Contestabile e dall’avv. Andrea De Marchi, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
contro
il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
– quanto all’atto introduttivo della lite – della nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011, con cui il Capo del Corpo Forestale dello Stato ha disposto il rigetto dell’istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992;
– quanto all’atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012 – della nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, con cui il Capo del Corpo Forestale dello Stato ha confermato il rigetto dell’istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992;
……………………….per la condanna ………
dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 21 febbraio 2013 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
In servizio presso il Comando regionale dell’Emilia-Romagna del Corpo Forestale dello Stato con la qualifica di “agente”, nel giugno 2011 il ricorrente chiedeva di essere trasferito ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 per assistere il padre affetto da grave invalidità, ed indicava a tal fine, in alternativa, le sedi del Comando Stazione di Tuscania, del Comando Stazione di Civita Castellana e dell’Ispettorato generale di Roma, in quanto ubicate a distanza utile da OMISSIS (Viterbo). L’istanza veniva tuttavia rigettata, con la motivazione che le sedi di Tuscania e Civita Castellana non recavano posti vacanti, mentre la sede di Roma non rientrava tra quelle considerate dalla legge non essendo la “…sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …” (v. nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011, a firma del Capo del Corpo Forestale dello Stato).
Avverso il diniego ha proposto impugnativa l’interessato. Assume sussistenti tutte le condizioni previste dalla legge per il trasferimento in questione; denuncia, poi, l’insufficienza ed erroneità dell’istruttoria e della motivazione, per non essersi tenuto adeguato conto delle finalità sottese all’istituto del trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, e per non essersi, in particolare, data puntuale indicazione delle effettive ragioni ostative all’assegnazione anche in sovrannumero alle sedi indicate, mentre per la sede di Roma non si è considerato che, pur non essendo la più vicina al domicilio del disabile, essa avrebbe comunque consentito l’attività di assistenza al genitore invalido; lamenta, infine, la carenza del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 13 ottobre 2011 (ord. n. 850/11), con decisione poi però riformata dal giudice d’appello (Cons. Stato, Sez. III, ord. 14 gennaio 2012 n. 117).
A seguito del conseguente riesame dell’istanza del ricorrente, l’Amministrazione confermava l’originario rigetto, per non essere stato documentato che l’interessato fosse l’unico familiare effettivamente investito delle funzioni di assistenza del genitore invalido e che difettassero altri parenti in grado di provvedervi, per non risultare posti vacanti e disponibili presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana e per essere gravemente pregiudizievole per la sede attuale di servizio la perdita di un’unità operativa (v. nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, a firma del Capo del Corpo Forestale dello Stato).
Avverso il nuovo provvedimento di diniego ha proposto un’ulteriore impugnativa il ricorrente a mezzo di atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012. Assume solo apparentemente eseguita l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato (che aveva disposto il riesame dell’istanza), per essersi in realtà ribadita l’insussistenza di posti vacanti presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana ed essersi, per il resto, richiamate ragioni ostative che avrebbero dovuto semmai essere addotte fin dal primo diniego, mentre nulla è stato chiarito circa l’inidoneità della sede di Roma; imputa, poi, all’Amministrazione di avere ignorato che, in virtù della novella legislativa del 2010, l’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 non contempla più i requisiti dell’«esclusività» e della «continuità», sicché erroneo è il riferimento alla necessità di provare l’effettivo svolgimento dell’attività di assistenza e la carenza di altri parenti in grado di dare ausilio alla persona invalida; si duole, ancora, dell’inadeguato vaglio delle esigenze del richiedente e dell’approssimativa indicazione delle ragioni di servizio ostative al trasferimento, oltre che di un’insufficiente istruttoria e di un’inidonea motivazione; censura, infine, la carenza di comunicazione di avvio del procedimento e l’insussistenza del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.
La nuova istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 14 giugno 2012 (ord. n. 335/12), con decisione poi però riformata dal giudice d’appello (Cons. Stato, Sez. III, ord. 1° settembre 2012 n. 3558).
All’udienza del 21 febbraio 2013, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato, ma nei limiti che saranno precisati.
Quanto al diniego impugnato con l’atto introduttivo della lite, l’Amministrazione ha opposto la duplice ragione ostativa dell’inesistenza di posti vacanti e disponibili nelle sedi di Tuscania e Civita Castellana e della non riconducibilità della sede dell’Ispettorato generale di Roma a quella “…più vicina al domicilio della persona da assistere …”.
Il Collegio ritiene legittimo il primo motivo di diniego ma illegittimo il secondo.
Come la giurisprudenza ha più volte avuto modo di rilevare, nell’àmbito del beneficio previsto dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 l’aspettativa a vedersi assegnati ad una struttura lavorativa più prossima al luogo di assistenza del familiare con handicap è suscettibile di soddisfazione solo se compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell’Amministrazione di appartenenza, cui si può ben chiedere di tenere in debito conto i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non certo di subordinare agli stessi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, contraddistinti – nel bilanciamento – da priorità assoluta, in quanto preordinati a quella cura di interessi pubblici che non tollera soluzione di continuità, con la conseguenza che si è coerentemente rinvenuta una condizione preclusiva del beneficio nell’inesistenza di un posto disponibile corrispondente alla qualifica e al profilo professionale del dipendente nella pianta organica della sede cui egli chiede di essere trasferito (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 2005 n. 5218), così da restarne esclusa la pretesa all’assegnazione in posizione soprannumeraria (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2000 n. 2069). Nella fattispecie, allora, non v’è ragione di imputare all’Amministrazione un’errata applicazione della normativa, laddove ha motivato il diniego di trasferimento alle sedi di Tuscania e Civita Castellana con l’inesistenza di posti disponibili, circostanza di per sé sufficiente a sorreggere in parte qua il provvedimento negativo, senza necessità di ulteriori spiegazioni, e anche con l’inutilità di un preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 che non avrebbe comunque consentito di conseguire risultati diversi a fronte dell’insuperabile dato oggettivo della carenza di posti vacanti.
Per quel che riguarda, invece, la sede dell’Ispettorato generale di Roma, non si presenta conforme a legge il diniego motivato con il rilievo che non si tratta della sede di lavoro in assoluto più prossima al domicilio della persona da assistere. La previsione di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, nel testo attualmente vigente (“Il lavoratore … ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …”) risponde all’esigenza di consentire al dipendente pubblico l’assegnazione ad una sede che ne renda possibile la presenza continuativa presso la residenza del congiunto, nell’assunto che, se anche non estesa all’effettuazione delle attività materiali necessarie e se anche non consistente in una convivenza, l’assistenza prevista dalla legge richiede tuttavia che il familiare curi personalmente e ininterrottamente la gestione di tutto quanto necessario per la tutela psico-fisica del disabile, operazioni che, per implicare anche una sorveglianza costante della situazione e l’esigenza di fornire un sostegno morale all’assistito, impongono necessariamente la stabile presenza in loco del soggetto; pertanto la “…sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …” non è necessariamente e solo quella in assoluto meno distante di altre dal congiunto con handicap, rientrandovi in realtà qualsiasi sede che, tra quelle prossime al luogo in cui va effettuata l’assistenza (e quindi più vicina rispetto all’originaria sede di lavoro), permetta in concreto l’attività di ausilio considerata dalla legge. In quest’ottica, la soluzione legata al trasferimento a Roma appare coerente con la ratio della norma, perché renderebbe possibile – pur in presenza di sedi più vicine – lo svolgimento del servizio in una località raggiungibile quotidianamente dal comune di dimora del congiunto bisognevole di assistenza.
Di qui l’illegittimità del diniego così motivato e, quindi, l’annullamento della nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011 nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento all’Ispettorato generale di Roma.
Quanto, poi, al diniego impugnato con l’atto di “motivi aggiunti”, l’Amministrazione ha opposto la mancata prova dell’essere il ricorrente l’unico familiare effettivamente investito delle funzioni di assistenza del genitore invalido e del non esservi altri parenti in grado di provvedervi, ha confermato inoltre l’insussistenza di posti vacanti e disponibili presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana, e ha addotto, infine, le gravi conseguenze pregiudizievoli per la regolarità dei servizi istituzionali della struttura di appartenenza del ricorrente nel caso di suo allontanamento.
Se, per la parte inerente le sedi di Tuscania e Civita Castellana, va ribadita l’insuperabilità del carattere ostativo al trasferimento derivante dall’assenza di posti vacanti e disponibili – per le ragioni già illustrate –, il diniego si presenta ancora una volta illegittimo nella parte che riguarda la richiesta di assegnazione all’Ispettorato generale di Roma.
Quanto, innanzi tutto, alla circostanza che il ricorrente non avrebbe dato prova dell’«esclusività» e della «continuità» dell’attività assistenziale a lui facente capo, il Collegio non può che rilevare come, a séguito delle modifiche apportate dall’art. 24 della legge n. 183 del 2010, i suindicati requisiti siano oramai venuti meno dalla fattispecie normativa in esame, sicché non può più l’Amministrazione farvi richiamo per giustificare il rigetto dell’istanza, neppure ove si tratti del personale di Polizia, delle Forze armate e dei Vigili del Fuoco (v. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2012 n. 5378, 30 luglio 2012 n. 4291 e 9 luglio 2012 n. 4047; Sez. III, 7 marzo 2012 n. 1293; TAR Piemonte, Sez. I, 25 gennaio 2013 n. 105; TAR Calabria, Reggio Calabria, 24 ottobre 2012 n. 636).
Quanto, poi, alle esigenze organizzative che osterebbero al trasferimento del ricorrente, l’Amministrazione richiama genericamente il pregiudizio per la regolarità dei servizi istituzionali e l’impossibilità di sostituire l’unità partente in ragione delle significative carenze di organico nell’intero territorio regionale. Sennonché, tale motivazione appare insufficiente, avendo la giurisprudenza sottolineato che, per non svuotare di significato la norma, essa va interpretata nel senso che, all’esito di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il trasferimento può essere negato solo se ne conseguano effettive e ben individuate criticità per l’Amministrazione, la quale ha l’onere di indicarle in maniera compiuta per rendere percepibile di quali reali pregiudizi risentirebbe la sua azione, mentre non può limitarsi ad invocare generiche esigenze di corretta organizzazione e buon andamento (v. TAR Marche 9 marzo 2012 n. 189), così come è avvenuto nella fattispecie con l’apodittico richiamo alle carenze di organico delle strutture locali.
Di qui l’illegittimità del diniego così motivato e, pertanto, l’annullamento della nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012 nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento all’Ispettorato generale di Roma.
In conclusione, assorbite le restanti doglianze, il ricorso va accolto nei limiti suindicati, con conseguente annullamento in parte qua dei provvedimenti impugnati. Generica, invece, e per questo insuscettibile di accoglimento, si presenta l’istanza risarcitoria contenuta nell’atto introduttivo della lite, perché non assistita da prova circa il pregiudizio patrimoniale che avrebbe eventualmente sofferto il ricorrente per effetto del protrarsi del procedimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011 e la nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, entrambe nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento del ricorrente all’Ispettorato generale di Roma.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 21 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ugo Di Benedetto, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2013
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
1) - Quanto, innanzi tutto, alla circostanza che il ricorrente non avrebbe dato prova dell’«esclusività» e della «continuità» dell’attività assistenziale a lui facente capo, il Collegio non può che rilevare come, a séguito delle modifiche apportate dall’art. 24 della legge n. 183 del 2010, i suindicati requisiti siano oramai venuti meno dalla fattispecie normativa in esame, sicché non può più l’Amministrazione farvi richiamo per giustificare il rigetto dell’istanza, neppure ove si tratti del personale di Polizia, delle Forze armate e dei Vigili del Fuoco (v. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2012 n. 5378, 30 luglio 2012 n. 4291 e 9 luglio 2012 n. 4047; Sez. III, 7 marzo 2012 n. 1293; TAR Piemonte, Sez. I, 25 gennaio 2013 n. 105; TAR Calabria, Reggio Calabria, 24 ottobre 2012 n. 636).
Ricorso Accolto nei limiti di cui in motivazione che vi invito ha leggere qui sotto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
08/03/2013 201300178 Sentenza 1
N. 00178/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01046/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 1046 del 2011 proposto da D. F., rappresentato e difeso dall’avv. Silvia Contestabile e dall’avv. Andrea De Marchi, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
contro
il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege;
per l'annullamento
– quanto all’atto introduttivo della lite – della nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011, con cui il Capo del Corpo Forestale dello Stato ha disposto il rigetto dell’istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992;
– quanto all’atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012 – della nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, con cui il Capo del Corpo Forestale dello Stato ha confermato il rigetto dell’istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992;
……………………….per la condanna ………
dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 21 febbraio 2013 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
In servizio presso il Comando regionale dell’Emilia-Romagna del Corpo Forestale dello Stato con la qualifica di “agente”, nel giugno 2011 il ricorrente chiedeva di essere trasferito ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 per assistere il padre affetto da grave invalidità, ed indicava a tal fine, in alternativa, le sedi del Comando Stazione di Tuscania, del Comando Stazione di Civita Castellana e dell’Ispettorato generale di Roma, in quanto ubicate a distanza utile da OMISSIS (Viterbo). L’istanza veniva tuttavia rigettata, con la motivazione che le sedi di Tuscania e Civita Castellana non recavano posti vacanti, mentre la sede di Roma non rientrava tra quelle considerate dalla legge non essendo la “…sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …” (v. nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011, a firma del Capo del Corpo Forestale dello Stato).
Avverso il diniego ha proposto impugnativa l’interessato. Assume sussistenti tutte le condizioni previste dalla legge per il trasferimento in questione; denuncia, poi, l’insufficienza ed erroneità dell’istruttoria e della motivazione, per non essersi tenuto adeguato conto delle finalità sottese all’istituto del trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, e per non essersi, in particolare, data puntuale indicazione delle effettive ragioni ostative all’assegnazione anche in sovrannumero alle sedi indicate, mentre per la sede di Roma non si è considerato che, pur non essendo la più vicina al domicilio del disabile, essa avrebbe comunque consentito l’attività di assistenza al genitore invalido; lamenta, infine, la carenza del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato e di condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, resistendo al gravame.
L’istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 13 ottobre 2011 (ord. n. 850/11), con decisione poi però riformata dal giudice d’appello (Cons. Stato, Sez. III, ord. 14 gennaio 2012 n. 117).
A seguito del conseguente riesame dell’istanza del ricorrente, l’Amministrazione confermava l’originario rigetto, per non essere stato documentato che l’interessato fosse l’unico familiare effettivamente investito delle funzioni di assistenza del genitore invalido e che difettassero altri parenti in grado di provvedervi, per non risultare posti vacanti e disponibili presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana e per essere gravemente pregiudizievole per la sede attuale di servizio la perdita di un’unità operativa (v. nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, a firma del Capo del Corpo Forestale dello Stato).
Avverso il nuovo provvedimento di diniego ha proposto un’ulteriore impugnativa il ricorrente a mezzo di atto di “motivi aggiunti” depositato il 9 maggio 2012. Assume solo apparentemente eseguita l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato (che aveva disposto il riesame dell’istanza), per essersi in realtà ribadita l’insussistenza di posti vacanti presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana ed essersi, per il resto, richiamate ragioni ostative che avrebbero dovuto semmai essere addotte fin dal primo diniego, mentre nulla è stato chiarito circa l’inidoneità della sede di Roma; imputa, poi, all’Amministrazione di avere ignorato che, in virtù della novella legislativa del 2010, l’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 non contempla più i requisiti dell’«esclusività» e della «continuità», sicché erroneo è il riferimento alla necessità di provare l’effettivo svolgimento dell’attività di assistenza e la carenza di altri parenti in grado di dare ausilio alla persona invalida; si duole, ancora, dell’inadeguato vaglio delle esigenze del richiedente e dell’approssimativa indicazione delle ragioni di servizio ostative al trasferimento, oltre che di un’insufficiente istruttoria e di un’inidonea motivazione; censura, infine, la carenza di comunicazione di avvio del procedimento e l’insussistenza del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990. Di qui la richiesta di annullamento dell’atto impugnato.
La nuova istanza cautelare del ricorrente veniva respinta dalla Sezione alla Camera di Consiglio del 14 giugno 2012 (ord. n. 335/12), con decisione poi però riformata dal giudice d’appello (Cons. Stato, Sez. III, ord. 1° settembre 2012 n. 3558).
All’udienza del 21 febbraio 2013, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato, ma nei limiti che saranno precisati.
Quanto al diniego impugnato con l’atto introduttivo della lite, l’Amministrazione ha opposto la duplice ragione ostativa dell’inesistenza di posti vacanti e disponibili nelle sedi di Tuscania e Civita Castellana e della non riconducibilità della sede dell’Ispettorato generale di Roma a quella “…più vicina al domicilio della persona da assistere …”.
Il Collegio ritiene legittimo il primo motivo di diniego ma illegittimo il secondo.
Come la giurisprudenza ha più volte avuto modo di rilevare, nell’àmbito del beneficio previsto dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 l’aspettativa a vedersi assegnati ad una struttura lavorativa più prossima al luogo di assistenza del familiare con handicap è suscettibile di soddisfazione solo se compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell’Amministrazione di appartenenza, cui si può ben chiedere di tenere in debito conto i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non certo di subordinare agli stessi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, contraddistinti – nel bilanciamento – da priorità assoluta, in quanto preordinati a quella cura di interessi pubblici che non tollera soluzione di continuità, con la conseguenza che si è coerentemente rinvenuta una condizione preclusiva del beneficio nell’inesistenza di un posto disponibile corrispondente alla qualifica e al profilo professionale del dipendente nella pianta organica della sede cui egli chiede di essere trasferito (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 2005 n. 5218), così da restarne esclusa la pretesa all’assegnazione in posizione soprannumeraria (v. TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2000 n. 2069). Nella fattispecie, allora, non v’è ragione di imputare all’Amministrazione un’errata applicazione della normativa, laddove ha motivato il diniego di trasferimento alle sedi di Tuscania e Civita Castellana con l’inesistenza di posti disponibili, circostanza di per sé sufficiente a sorreggere in parte qua il provvedimento negativo, senza necessità di ulteriori spiegazioni, e anche con l’inutilità di un preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 che non avrebbe comunque consentito di conseguire risultati diversi a fronte dell’insuperabile dato oggettivo della carenza di posti vacanti.
Per quel che riguarda, invece, la sede dell’Ispettorato generale di Roma, non si presenta conforme a legge il diniego motivato con il rilievo che non si tratta della sede di lavoro in assoluto più prossima al domicilio della persona da assistere. La previsione di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, nel testo attualmente vigente (“Il lavoratore … ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …”) risponde all’esigenza di consentire al dipendente pubblico l’assegnazione ad una sede che ne renda possibile la presenza continuativa presso la residenza del congiunto, nell’assunto che, se anche non estesa all’effettuazione delle attività materiali necessarie e se anche non consistente in una convivenza, l’assistenza prevista dalla legge richiede tuttavia che il familiare curi personalmente e ininterrottamente la gestione di tutto quanto necessario per la tutela psico-fisica del disabile, operazioni che, per implicare anche una sorveglianza costante della situazione e l’esigenza di fornire un sostegno morale all’assistito, impongono necessariamente la stabile presenza in loco del soggetto; pertanto la “…sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere …” non è necessariamente e solo quella in assoluto meno distante di altre dal congiunto con handicap, rientrandovi in realtà qualsiasi sede che, tra quelle prossime al luogo in cui va effettuata l’assistenza (e quindi più vicina rispetto all’originaria sede di lavoro), permetta in concreto l’attività di ausilio considerata dalla legge. In quest’ottica, la soluzione legata al trasferimento a Roma appare coerente con la ratio della norma, perché renderebbe possibile – pur in presenza di sedi più vicine – lo svolgimento del servizio in una località raggiungibile quotidianamente dal comune di dimora del congiunto bisognevole di assistenza.
Di qui l’illegittimità del diniego così motivato e, quindi, l’annullamento della nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011 nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento all’Ispettorato generale di Roma.
Quanto, poi, al diniego impugnato con l’atto di “motivi aggiunti”, l’Amministrazione ha opposto la mancata prova dell’essere il ricorrente l’unico familiare effettivamente investito delle funzioni di assistenza del genitore invalido e del non esservi altri parenti in grado di provvedervi, ha confermato inoltre l’insussistenza di posti vacanti e disponibili presso le sedi di Tuscania e Civita Castellana, e ha addotto, infine, le gravi conseguenze pregiudizievoli per la regolarità dei servizi istituzionali della struttura di appartenenza del ricorrente nel caso di suo allontanamento.
Se, per la parte inerente le sedi di Tuscania e Civita Castellana, va ribadita l’insuperabilità del carattere ostativo al trasferimento derivante dall’assenza di posti vacanti e disponibili – per le ragioni già illustrate –, il diniego si presenta ancora una volta illegittimo nella parte che riguarda la richiesta di assegnazione all’Ispettorato generale di Roma.
Quanto, innanzi tutto, alla circostanza che il ricorrente non avrebbe dato prova dell’«esclusività» e della «continuità» dell’attività assistenziale a lui facente capo, il Collegio non può che rilevare come, a séguito delle modifiche apportate dall’art. 24 della legge n. 183 del 2010, i suindicati requisiti siano oramai venuti meno dalla fattispecie normativa in esame, sicché non può più l’Amministrazione farvi richiamo per giustificare il rigetto dell’istanza, neppure ove si tratti del personale di Polizia, delle Forze armate e dei Vigili del Fuoco (v. Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2012 n. 5378, 30 luglio 2012 n. 4291 e 9 luglio 2012 n. 4047; Sez. III, 7 marzo 2012 n. 1293; TAR Piemonte, Sez. I, 25 gennaio 2013 n. 105; TAR Calabria, Reggio Calabria, 24 ottobre 2012 n. 636).
Quanto, poi, alle esigenze organizzative che osterebbero al trasferimento del ricorrente, l’Amministrazione richiama genericamente il pregiudizio per la regolarità dei servizi istituzionali e l’impossibilità di sostituire l’unità partente in ragione delle significative carenze di organico nell’intero territorio regionale. Sennonché, tale motivazione appare insufficiente, avendo la giurisprudenza sottolineato che, per non svuotare di significato la norma, essa va interpretata nel senso che, all’esito di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il trasferimento può essere negato solo se ne conseguano effettive e ben individuate criticità per l’Amministrazione, la quale ha l’onere di indicarle in maniera compiuta per rendere percepibile di quali reali pregiudizi risentirebbe la sua azione, mentre non può limitarsi ad invocare generiche esigenze di corretta organizzazione e buon andamento (v. TAR Marche 9 marzo 2012 n. 189), così come è avvenuto nella fattispecie con l’apodittico richiamo alle carenze di organico delle strutture locali.
Di qui l’illegittimità del diniego così motivato e, pertanto, l’annullamento della nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012 nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento all’Ispettorato generale di Roma.
In conclusione, assorbite le restanti doglianze, il ricorso va accolto nei limiti suindicati, con conseguente annullamento in parte qua dei provvedimenti impugnati. Generica, invece, e per questo insuscettibile di accoglimento, si presenta l’istanza risarcitoria contenuta nell’atto introduttivo della lite, perché non assistita da prova circa il pregiudizio patrimoniale che avrebbe eventualmente sofferto il ricorrente per effetto del protrarsi del procedimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’Amministrazione, e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la nota prot. n. 15140/11 del 5 luglio 2011 e la nota prot. n. 3455/2012 del 21 febbraio 2012, entrambe nella parte relativa al rigetto della domanda di trasferimento del ricorrente all’Ispettorato generale di Roma.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio del 21 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ugo Di Benedetto, Consigliere
Italo Caso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2013