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ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: ven set 21, 2012 2:53 pm
da salvo 63
Gentili Colleghi ed ex Colleghi della Polizia Penitenziaria, in questi giorni ho letto in un comunicato sindacale che vi è la possibilità di fare ricorso per avere riconosciuto lo straordinario settimanale eccedente alle 36 ore , quanto dovuto è supportato dalla sentenza TAR Bologna, N. 00307/2011 REG.PROV.COLL. , N. 00301/2009 REG.RIC., che prevede che quando il personale di Polizia Penitenziario sia chiamato di servizio su un riposo programmato ha diritto sia al mancato riposo che al riconoscimento di tutta la prestazione quale servizio straordinario, se ha superato le 36 ore;
1. Sentenza TAR Bari, N. 04328/2010 REG.SEN. , 00515/2010 REG.RIC.N. 00515/2010 REGN. 00515/2010 RE, quando il servizio sia svolto in una giornata di riposo, oltre allo straordinario vanno riconosciute sia l’indennità di mancato riposo che la indennità di presenza prevista per quella giornata (doppia se è festiva) molte volte capita che vengono “tolti i riposi settimanali” o “vengono fatti i fuori turno” del personale di Polizia Penitenziaria che effettua il servizio in turnazioni.
Infatti da più Istituti viene indicato che spesso dette situazioni, giustificate per “necessità di servizio”, hanno quale unico risultato per il Personale di Polizia Penitenziaria i cosiddetti accumuli.
Facendo 2 calcoli (peraltro molto semplici) per far capire a quanti hanno posto il problema quanto dovrebbe costare all’amministrazione una si fatta circostanza.
Per esempio consideriamo un Assistente che nell’arco della settimana aveva un riposo programmato (quindi aveva gli altri giorni lavorativi) e gli viene chiesto di effettuare un fuori turno in quel giorno di riposo e che l’avrebbe recuperato la settimana successiva.
A quell’assistente gli deve essere subito riconosciuta l’indennità per mancato riposo, 8 euro, oltre alla presenza lavorativa, 6 euro.
Avendo con quel turno lavorativo effettuato in quella settimana 42 ore lavorative (7 turni a 6
ore) ha diritto a 6 ore di straordinario (l’orario di servizio settimanale è 36 ore).
In questo caso ogni ora di straordinario (feriale) misura lorda è pari a 11,29 euro.
Riassumendo i costi:
- Mancato riposo 8 euro;
- Indennità ex art.9 6 euro;
- 6 ore straordinario (a 11,29) 77,74 euro;
- totale 91,74 euro
se qualcuno dei Colleghi “interessati in pensione da poco” saprebbe darci informazioni su come partecipare ad un ricorso (possibilmente collettivo) e sui costi da affrontare, ve ne sarei grato visto che il tutto è retroattivo dal settembre 2007
ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 19 della L. 15.12.1990 n. 395 e dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 con il quale è stato recepito il contratto collettivo nazionale delle forze di polizia; grazie per la cortese attenzione.
Salvo 63

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: ven set 21, 2012 7:12 pm
da franco 3382
Se ti colleghi al sito Sappe,In evidenza c'è quello che cerchi,
ci sono anche dei stampati che potrai scaricare.Inoltre
dicono che il ricorso è gratuito per gli iscritti.
Saluti a tutti.

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: ven set 21, 2012 7:24 pm
da salvo 63
x franco 3382
ho letto quanto dici ma trattasi di stampati per il personale in servizio non in quescienza, posso anche dirti che l' ugl chiede una somma simbolica di € 10 ma sempre per gli iscritti,comunque grazie per la risposta.
salvo 63

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: sab set 22, 2012 4:38 pm
da franco 3382
X Salvo 63
Chiedere è lecito,rispondere è cortesia.
Non penso che per noi pensionati ci vogliono un sacco di soldi per il ricorso.
Nel mio caso,ho poco da recuperare,( di solito facevo sempre riposo alla Domenica)
Comunque sia,poichè ho già una pratica aperta dal Giudice del lavoro,vorrà dire che
farò integrare anche questo.Nel tuo caso,se ti fai un pò di conti di quanto recuperare,
potresti valutare se ne vale la pena.
Saluti a te e tutti gli amici del forum.

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: lun gen 21, 2013 1:31 pm
da panorama
PolPen

1) - Il ricorrente lamenta di aver svolto attività lavorativa nel giorno di riposo settimanale e, sull’assunto che tale prestazione avrebbe ecceduto il periodo ordinario di lavoro di 36 ore settimanali, chiede che gli venga riconosciuto il compenso relativo al lavoro straordinario, a nulla rilevando, sotto il profilo retributivo, il fatto che egli abbia successivamente recuperato le giornate di riposo lavorate.

2) - La questione relativa alla retribuzione della prestazione resa nel giorno settimanale di riposo è stata più volte affrontata dalla Corte di Cassazione, la quale è pervenute sul punto a conclusioni che oramai possono dirsi consolidate.


Ricorso Respinto.

Per le motiviazioni vi rimando alla lettura della seguente sentenza.

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18/01/2013 201300171 Sentenza 1


N. 00171/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01030/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1030 del 2012, proposto da:
S. Z., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giulia Santamaria e Giorgio Barbini nel cui studio in Milano, via Guglielmo Röntgen, 18 è elettivamente domiciliato

contro
Ministero della Giustizia, con l'Avvocatura distrettuale dello Stato nel cui ufficio in via Freguglia, 1 è ex lege domiciliato

per l'accertamento
della spettanza dei compensi del lavoro straordinario svolto dal 2004 al 2011 e per il risarcimento del danno da usura psicofisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del "riposo-recupero", nel periodo 2004-2011, danno da quantificarsi in via equitativa;
per l'assunzione di provvedimenti d'urgenza idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito e in particolare per l'emissione di una ordinanza di ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2012 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il presente ricorso il Sig. S. Z., prestante servizio presso il carcere di Bollate in qualità di appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria, lamenta di aver svolto nel periodo dal 2004 al 2011 attività lavorativa nel giorno di riposo settimanale e, sull’assunto che tale prestazione avrebbe ecceduto il periodo ordinario di lavoro di 36 ore settimanali, chiede che gli venga riconosciuto il compenso relativo al lavoro straordinario, a nulla rilevando, sotto il profilo retributivo, il fatto che egli abbia successivamente recuperato le giornate di riposo lavorate.

In via subordinata il ricorrente chiede che venga rideterminata la misura dell’indennità prevista dalla normativa di settore per compensare il lavoro svolto durante le giornate di riposo in quanto irrisoria e, perciò, contrastante con l’art. 36 Cost.

Il Sig. Z…… chiede, inoltre, il risarcimento del danno per il fatto che l’amministrazione di appartenenza lo avrebbe costretto a fruire dei giorni di riposo oltre il limite massimo delle due settimane successive alla prestazione lavorativa previsto dall’art. 11, comma 5 della L. 395 del 1990.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

La questione relativa alla retribuzione della prestazione resa nel giorno settimanale di riposo è stata più volte affrontata dalla Corte di Cassazione, la quale è pervenute sul punto a conclusioni che oramai possono dirsi consolidate.

Si è affermato che nell'ipotesi del lavoro domenicale con riposo compensativo nell'arco di sette giorni sussiste il diritto del lavoratore ad un supplemento di retribuzione diretto a compensare la "penosità" del lavoro svolto nel giorno della domenica, sul rilievo che esiste, nell'ordinamento positivo, un principio generale per il quale il giorno del riposo settimanale deve coincidere, di regola, con la domenica, per essere questo il giorno in cui, nell'ambito delle comunità dove il lavoratore vive, è organizzata, in forme varie, l'utilizzazione del c.d. tempo libero.

Tuttavia, il lavoro prestato nel settimo giorno, nel caso sia rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni settimana di lavoro, non è lavoro prestato in più rispetto a quello contrattualmente goduto, e non può, "ontologicamente", essere qualificato lavoro straordinario (Cass. civile sez. lav. 6 ottobre 1998 n. 9895).

Pertanto, il Collegio non ritiene di condividere quanto affermato da alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato in ordine a controversie analoghe alla presente; anche se la prestazione lavorativa resa nel giorno di riposo settimanale comporta il superamento del monte ore previsto dalla disciplina di settore, non per questo essa può essere considerata come lavoro straordinario atteso che non si tratta di lavoro svolto in più rispetto a quello ordinario, ma di differimento della giornata di riposo (Cassazione civile Sez. lav. 19 maggio 2004 n. 9521).

Infondata risulta anche la questione di illegittimità costituzionale della indennità compensativa della mancata fruizione della giornata di risposo nel giorno prestabilito prevista dall’art. 15 comma 4 del DPR 51 del 2009 nella irrisoria cifra di 8 Euro per contrasto con l’art. 36 della Costituzione.

Infatti, la proporzionalità e l'adeguatezza della retribuzione, di cui al principio stabilito all'art. 36 cost., vanno riferite - secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale - non già alle sue singole componenti, ma alla globalità di questa (Corte Cost. 22 novembre 2002, n. 470).

Deve essere, infine, respinta la domanda risarcitoria riferita al ritardo nella fruizione delle giornate di recupero oltre il lasso temporale di due settimane stabilito dall’art. 11 della L. 395 del 1990, non essendo stato allegato né provato alcun danno da parte del ricorrente.

Il ricorso deve essere, pertanto, respinto anche se in considerazione degli orientamenti giurisprudenziali non univoci sul punto sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese di lite.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Raffaello Gisondi, Primo Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/01/2013

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: dom nov 03, 2013 3:26 pm
da panorama
ricorso contro:
- Ministero Della Giustizia
- Provveditorato Regionale Dell'Amministrazione Penitenziaria Per L'Abruzzo ed Il Molise
- Istituto Penitenziario Di Campobasso
- Istituto Penitenziario Di Isernia
- Istituto Penitenziario Di Larino

1) - Per l’accertamento del diritto di ciascuno dei ricorrenti , tutti dipendenti della Polizia penitenziaria, alla corresponsione per gli anni 2007-2013 del compenso del lavoro straordinario svolto in giornate destinate al riposo oltre le 36 ore settimanali nonché all’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del CCNL recepito con DPR 11 settembre 2007 n. 170, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento di quanto risulterà dovuto con interessi e rivalutazione monetaria.

OMISSIS

2) - Per tale aspetto, tuttavia, vi è un’oggettiva <diseguaglianza tra le parti< in quanto qualsiasi notizia in proposito può essere tratta solo da quella documentazione che è in possesso della sola Amministrazione e che quest’ultima, come sopra ricordato, si è rifiutata di esibire, respingendo le domande di accesso proposte dagli interessati.

3) - Nel merito, viene sottoposta al Collegio la questione del diritto del riconoscimento della retribuzione a titolo di lavoro straordinario in ordine alle prestazioni lavorative svolte, a partire dal 2007 e sino al 2013, in giorni programmati di riposo ed eccedente le 36 ore settimanali.

4) - Su tale tematica, a partire dalle sentenze n.1342/2012 e n. 2625/2012, la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è prevalentemente orientata nel senso interpretativo indicato dai ricorrenti

Ricorso ACCOLTO.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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31/10/2013 201300616 Sentenza Breve 1


N. 00616/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00144/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 144 del 2013, proposto da:
(OMISSIS – congruo nr. di ricorrenti), rappresentati e difesi dagli avv. Lorena Greco e Giuliano Di Pardo, con domicilio eletto presso Giuliano Di Pardo in Campobasso, Traversa via Crispi, N. 70/A;

contro
Ministero Della Giustizia in Pers. del Ministro in Carica, Dipartimento Dell'Amministrazione Penitenziaria in Persona del Capo Dipartimento in Carica, Provveditorato Regionale Dell'Amministrazione Penitenziaria Per L'Abruzzo ed Il Molise, Istituto Penitenziario Di Campobasso in Pers. del Direttore in Carica, Istituto Penitenziario Di Isernia in Pers. del Direttore in Carica, Istituto Penitenziario Di Larino in Pers. del Direttore in Carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Campobasso, via Garibaldi, 124;

Per l’accertamento del diritto di ciascuno dei ricorrenti , tutti dipendenti della Polizia penitenziaria, alla corresponsione per gli anni 2007-2013 del compenso del lavoro straordinario svolto in giornate destinate al riposo oltre le 36 ore settimanali nonché all’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del CCNL recepito con DPR 11 settembre 2007 n. 170, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento di quanto risulterà dovuto con interessi e rivalutazione monetaria,

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Della Giustizia in Pers. del Ministro in Carica e di Dipartimento Dell'Amministrazione Penitenziaria in Persona del Capo Dipartimento in Carica e di Provveditorato Regionale Dell'Amministrazione Penitenziaria Per L'Abruzzo ed Il Molise e di Istituto Penitenziario Di Campobasso in Pers. del Direttore in Carica e di Istituto Penitenziario Di Isernia in Pers. del Direttore in Carica e di Istituto Penitenziario Di Larino in Pers. del Direttore in Carica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1-Come è stato rappresentato ai difensori presenti alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 60 cod. proc. amm.- il ricorso può essere immediatamente definito nel merito con sentenza redatta in forma semplificata.

2-In via preliminare, il Collegio, in adesione all’eccezione formulata dall’Avvocatura dello Stato, dispone l’estromissione dal giudizio del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, del Provveditorato regionale di tale amministrazione e degli Istituti penitenziari intimati, in quanto, trattandosi di controversia avente ad oggetto il trattamento economico di dipendenti del Ministero di grazia e giustizia, quest’ultimo è l’unico soggetto legittimato a resistere.

3-E’ invece infondata l’ulteriore eccezione formulata dalla difesa resistente secondo la quale la domanda di accertamento giudiziale del diritto dei ricorrenti a ricevere gli emolumenti in questione risulterebbe inammissibile in quanto non accompagnata dall’allegazione di prove sufficienti.

A tal proposito, il Collegio, in linea con la giurisprudenza assolutamente prevalente, ritiene di dover ribadire che in tema di ripartizione dell'onere della prova, vige il criterio di valutazione fondato sul principio generale per cui "onus probandi incubit ei qui dicit", principio del quale costituiscono espressione l'art. 2697 del codice civile e l’art. 63 cod. proc. amm.

Tale principio, secondo il quale spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti, può tuttavia trovare integrale applicazione solo quando non ricorra quella disuguaglianza di posizioni tra Amministrazione e privato, che giustifica l'applicazione, nel processo amministrativo, del principio dispositivo con metodo acquisitivo; principio, questo, che comunque non può mai involvere in un assoluta e generale inversione dell'onere della prova e comunque non consente al Giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata.

Orbene, nel caso in esame, non vi contestazione sul <fatto> che i ricorrenti abbiano svolto la loro attività lavorative in giornate destinate invece al riposo ed in eccedenza alle 36 ore settimanali; ne consegue che per tale aspetto deve trovare applicazione il principio secondo il quale la non contestazione del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante nel giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo sussistente (Cfr. da ultimo Cass . III sez. 21 giugno 2013 n. 15658).

A ciò aggiungasi che nella fattispecie l’Amministrazione, unica depositaria della documentazione idonea a comprovare il <fatto> sopra descritto con vari pretesti ha sostanzialmente rifiutato l’accesso alle stessa.

Gli elementi di prova forniti dai ricorrenti non sono, invece, sufficienti per poter stabilire quante volte e per quante ore siffatte prestazioni lavorative sono state da ciascuno rese.

Per tale aspetto, tuttavia, vi è un’oggettiva <diseguaglianza tra le parti< in quanto qualsiasi notizia in proposito può essere tratta solo da quella documentazione che è in possesso della sola Amministrazione e che quest’ultima, come sopra ricordato, si è rifiutata di esibire, respingendo le domande di accesso proposte dagli interessati.

All’assenza di siffatte dettagliate notizie, ad avviso del Collegio, è possibile porre rimedio senza neppure avviare defatiganti istruttorie attraverso una pronuncia relativa al solo <an debeatur>, rimettendo all’Amministrazione stessa la quantificazione in contraddittorio con gli interessati dell’importo concretamente loro spettante.

Al riguardo, la Sezione non ignora il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'art. 278 c.p.c., che disciplina l'istituto della condanna generica propriamente detta, non è applicabile al processo amministrativo: tuttavia, tale principio preclude appunto l'applicazione della condanna generica vera e propria, ossia della sentenza parziale che si pronunci solo sull'an debeatur, rimettendo a successivo giudizio la determinazione del quantum:

Nel caso di specie, invece, questo giudice si limita ad accertare l’esistenza del diritto dei ricorrenti alla corresponsione di emolumenti, rimettendo all'Amministrazione in sede esecutiva, e non ad altro giudizio, la concreta liquidazione, ciò che pacificamente è ammissibile nei giudizi in materia di pubblico impiego relativi a diritti soggettivi (Cfr. Cons. Stato IV Sez.29 dicembre 2009 n. 9007).

4-Nel merito, viene sottoposta al Collegio la questione del diritto del riconoscimento della retribuzione a titolo di lavoro straordinario in ordine alle prestazioni lavorative svolte, a partire dal 2007 e sino al 2013, in giorni programmati di riposo ed eccedente le 36 ore settimanali.

Su tale tematica, a partire dalle sentenze n.1342/2012 e n. 2625/2012, la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è prevalentemente orientata nel senso interpretativo indicato dai ricorrenti
In particolare, al riguardo, deve muoversi dal principio generale accolto dalla normativa (art.11 della l. 395/1990), per cui “gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite……”.

Va quindi rilevato che la legge opera un riferimento del tutto inequivoco non solo alla spettanza dello straordinario in ragione del superamento dell’orario settimanale ordinario, ma la collega solo alla misura della sua retribuzione, non citando sotto questo profilo alcuna forma sostitutiva o surrogatoria della stessa.

Da tale carenza si evince, in applicazione inversa del principio “ubi voluit dixit”, che la retribuzione del lavoro eccedente la misura ordinaria avviene al solo verificarsi di detta eccedenza, quindi anche in giorno festivo o di riposo e si realizza esclusivamente con l’applicazione della misura stabilita per il lavoro straordinario.

Ciò premesso, alcune osservazioni il giudice di appello ha ritenuto di dover formulare a proposito dell’altra norma che nella controversia è venuta in rilievo, costituita dall’art. 10, terzo comma, DPR n.170/2007, osservando che <essa, in realtà fornisce problemi interpretativi solo ove non si consideri la sua disposizione finale, che a ben vedere conferma invece l’interpretazione qui accolta; ed invero la norma citata stabilisce che per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”>.

<L’indennità in parola, dunque, sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero>.

<A sua volta> continua il Giudice di appello,<la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato (“ratio” emergente dal contratto) per aver prestato servizio in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro)>.

Concludendo, ad avviso del Collegio, nessuno dei benefici previsti dal sopra citato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte.
Giova peraltro rilevare che lo stesso Ministero (con la circolare prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, dopo aver ribadito la spettanza dell’indennità dovuta per lavoro prestato in giorno di riposo, chiarisce che verrà considerata straordinario e come tale retribuita l’eccedenza di orario oltre quello di servizio. E’ quindi del tutto chiaro, che nel giorno festivo il dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio sarà retribuito, sino al limite dell’orario ordinario, mediante l’indennità e, per le misure orarie eccedenti, come lavoro straordinario.

5- Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna del Ministero di grazia e giustizia, al pagamento delle somme che risulteranno dovute a titolo di lavoro straordinario e di indennità a ciascuno dei ricorrenti sulla base dei conteggi che la stessa Amministrazione dovrà porre in essere in contraddittorio con gli interessati; il tutto con interessi o rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo effettivo.

La compensazione delle spese di giudizio risulta giustificata dalla iniziale non univocità dell’indirizzo giurisprudenziale.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1)-estromette dal giudizio il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, del Provveditorato regionale di tale amministrazione e degli Istituti penitenziari intimati,

2)-accoglie il ricorso e per l’effetto condanna il Ministero di grazia e giustizia, al pagamento delle somme che risulteranno dovuto a ciascuno dei ricorrenti a titolo di lavoro straordinario ed indennità sulla base dei conteggi che l’Amministrazione stessa sulla base della documentazione in suo possesso dovrà porre in essere in contraddittorio con gli interessati; il tutto con interessi o rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo effettivo.

3)-compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente, Estensore
Orazio Ciliberti, Consigliere
Antonio Andolfi, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/10/2013

Re: ricorso recupero straordinario 36 ore

Inviato: mer nov 06, 2013 9:55 am
da panorama
Mancata fruizione del riposo settimanale e danno psico-fisico.

Vigile urbano costretto a lavorare per sette giorni consecutivi una settimana ogni cinque: il Comune dovrà risarcire il danno da usura psico-fisica (Cassazione n. 24180/2013 del 25 ottobre 2013).
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CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 ottobre 2013, n. 24180
Lavoro subordinato – Periodo di riposo – Mancata fruizione – Sette giorni consecutivi di lavoro – Danno da usura psico-fisica


Ragioni della decisione

1. Il Comune di Torino chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Torino, pubblicata il 17 maggio 2010, che ha respinto l’appello contro la decisione del Tribunale che aveva accolto la domanda di G.N..

2. Il N., dipendente comunale in servizio nel Corpo di Polizia municipale lavorò per sette giorni consecutivi una settimana ogni cinque. Chiese il riconoscimento, nei limiti della prescrizione decennale, del risarcimento del danno da usura psico-fisica per il lavoro prestato il settimo giorno.

3. Il Tribunale riconobbe il diritto e condannò il Comune a pagare al n. la somma di 9.363,90 euro, oltre rivalutazione ed interessi.

4. Il Comune propose un appello articolato in sette motivi. La Corte d’appello di Torino lo rigettò.

5. Il ricorso per cassazione è articolato in nove motivi. Il N. si è difeso con controricorso.

6. Con il primo motivo si denunzia la violazione degli artt. 15 e 17 della Direttiva 93/104/CE che espressamente prevede “la deroga al principio del riposo settimanale, in via legislativa, regolamentare, amministrativa o contrattuale” tra l’altro per l’attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione di beni e delle persone”. Il ricorrente sottolinea che la turnazione adottata nasceva dall’accordo sindacale del luglio 1986, nell’ambito del quale erano state predeterminate le tabelle di turnazione, e che la Corte d’appello “non ha in alcun modo svolto accertamenti in ordine alla sussistenza nel diritto interno di disposizioni derogatorie alla disciplina ordinaria” e non ha considerato i principi fissati dalla Corte costituzionale 146 del 1971.

7. Il motivo è generico ed è distonico rispetto alla motivazione specifica sul punto della Corte d’appello. E’ distonico perché la Corte di merito, esaminando il corrispondente motivo di appello ha motivato il suo rigetto in relazione alle caratteristiche della direttiva 93/104/CE ed in particolare sulla sua inidoneità a regolare direttamente i rapporti tra privati e ad essere direttamente applicabile nell’ordinamento interno, dato che lascia ampi spazi di discrezionalità agli Stati membri specificamente con riferimento alla possibilità di introdurre deroghe. Queste affermazioni della Corte non sono oggetto di specifica censura.

8. La censura centrale del motivo è che la Corte avrebbe omesso di verificare la presenza nell’ordinamento interno di disposizioni che legittimano le deroghe di specificità quali sarebbero queste “disposizioni”. L’unico richiamo è all’accordo sindacale del luglio 1986, ma tale accordo non prevede una deroga al principio legislativo, bensì contiene una regolazione dei turni che prescinde da tale principio.

9. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione di una serie di norme che prevedono una compensazione per il disagio: in particolare l’art. 22 del ccnl comparto regioni enti locali del 14 settembre 2000, che ricalca la previsione dell’art. 13 del dpr 268 del 1987. Anche a questo assunto critico la Corte ha risposto in modo articolato, in sede di esame del terzo motivo di appello, spiegando che quella normativa retribuisce la maggiore penosità del lavoro prestato in una giornata festiva, in qualunque giorno del turno essa venga a cadere e non compensa affatto l’usura psico-fisica per l’attività lavorativa prestata nel settimo giorno”, così come gli altri benefici contrattuali riconosciuti ai Vigili urbani sono destinati a compensare altri disagi connessi alla particolare prestazione lavorativa e non già il danno derivante dalla mancata concessione del riposo settimanale. Questa affermazioni della Corte, adeguatamente motivate, non vengono specificamente sottoposte a critiche mirate, oltre che convincenti,

10. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 2087 c.c. perché la Corte avrebbe parlato di “comportamento illecito, senza aggettivare il tipo di responsabilità” e non avrebbe argomentato il perché della antigiuridicità della condotta.

11. Anche questo motivo è infondato nel suo presupposto, perché la Corte d’appello ha indicato dal contrasto con quali norme costituzionali e codicistiche deriva la antigiuridicità ed ha qualificato il tipo di responsabilità. Ha infatti spiegato che la scelta del Comune contrasta con l’art. 2109 c.c., oltre che con l’art. 36, terzo comma, Cost. Si è poi riportata alla consolidata giurisprudenza di legittimità, per cui “In relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da “usura psico-fisica”, conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall’ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una “infermità” del lavoratore determinata dall’attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima ipotesi, il danno “sull’an” deve ritenersi presunto; nella seconda ipotesi, invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in una infermità del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale” (fra le molte sentenze in tal senso, cfr. Sez. L, n. 16398 del 20/08/2004 (Rv. 576013).

12. Sono invece diverse le situazioni considerate in altre sentenze, in cui per il lavoro oltre il settimo giorno, in presenza di specifiche previsioni contrattuali giudicate legittime, quindi senza riscontrare la sussistenza di un illecito, si è proceduto ad un mera maggiorazione del compenso commisurata alla maggiore pesantezza della prestazione. In tali casi il trattamento economico non ha natura risarcitoria, ma retributiva con le relative ulteriori conseguenze (cfr. Cass. n. 861 del 2005).

13. A valutazioni del tutto analoghe si presta il quarto motivo che pone il problema della insussistenza del comportamento illecito per mancanza dell’elemento psicologico, senza peraltro spiegare se e come la questione sia stata posta nei motivi di appello, introducendo una serie di questioni di fatto nuove, inammissibili in sede di giudizio di legittimità.

14. Con il quinto motivo si prospetta un ulteriore vizio della sentenza costituito dalla “errata applicazione dei principi in materia di oneri probatori”, ma in realtà nella esposizione del motivo, non si sviluppa questa impostazione, perché il ragionamento mira a dimostrare e censurare la valutazione della Corte di merito in ordine alla idoneità dei benefici inseriti nel contratto a compensare il mancato recupero delle energie lavorative derivante dalla disciplina dei riposi. Non di onere probatorio si tratta, ma di valutazione della prova, con la conseguenza che il ricorso propone nei fatti una diversa valutazione di merito, inammissibile in sede di legittimità. In ogni caso, in materia di distribuzione dell’onere della prova sono quelli della giurisprudenza prima richiamata.

15. Con il quinto motivo si denunzia violazione dell’art. 39 delle “code contrattuali” del ccnl 14 settembre 2000 in ordine all’attività lavorativa prestata nel giorno di riposo settimanale in occasione di tornate elettorali.

16. La sentenza della Corte sul punto ha compiuto un’affermazione molto precisa affermando che nel giudizio di primo grado non era stata sollevata “eccezione” alcuna con riferimento alle prestazioni rese in periodo elettorale. Per censurare questa affermazione sarebbe bastato riportare il punto della memoria di costituzione in cui, ai sensi dell’art. 416 c.p.c., il Comune resistente formulò tale eccezione. Il ricorso per cassazione del Comune riporta amplissimi brani della memoria di costituzione, ma non vi è un punto dell’atto in cui si dichiari di formulare una eccezione in tal senso.

La lettura della memoria compiuta dalla Corte di merito non è pertanto contraddetta.

17. Con il sesto motivo si denunzia un “difetto di legittimazione passiva del Comune di Torino con riferimento al TOROC”. Una parte della condanna riguarda un periodo di lavoro svolto dal N. presso il “Comitato per l’organizzazione dei giochi olimpici invernali Torino 2006″. La Corte sulla questione ha specificamente motivato a pag. 15-16 della sentenza, argomentando la sua decisione sulla base della sua interpretazione delle clausole del protocollo d’intesa stipulato tra il Comune e il Comitato. L’interpretazione dell’atto negoziale attiene al merito della controversia e non può essere riformulata in sede di giudizio di legittimità, in assenza di specifiche e puntuali denunzie di violazione di uno o più dei criteri ermeneutici fissati dagli artt. 1362 e ss. c.c., che nel caso specifico mancano. Nel corso della esposizione del motivo si fa poi riferimento ad una eccezione di mancato espletamento dell’attività lavorativa nei giorni 22 gennaio e 28 febbraio, che secondo il Comune sarebbe stata formulata in primo grado e riproposta in appello, ma si omette di riportare il testo di tale eccezione.

18. Con il settimo motivo si denunzia violazione dei principi in materia di onere della prova del danno, censurando la sentenza “laddove ha escluso che facesse carico al lavoratore ricorrente la prova del preteso danno da usura psico-fisica”. Il motivo è infondato alla luce dei principi fissati dalla giurisprudenza prima richiamata.

19. Con l’ottavo motivo si denunzia violazione dell’art. 2087 c.c. per carenza degli elementi costitutivi dell’illecito, per mancanza di antigiuridicità dell’azione, del nesso eziologico e dell’elemento psicologico. Si tratta della ripetizione di censure già proposte con alcuni dei motivi precedenti, che sono state pertanto già esaminate, tanto con riferimento ai profili oggettivi, che soggettivi.

20. Con l’ultimo motivo si denunzia violazione degli artt. 2946 c.c. assumendo che il termine di prescrizione nella specie non sarebbe quello decennale, come affermato dalla Corte, bensì quinquennale.

21. Anche questo motivo è infondato. Come si è visto, la giurisprudenza distingue in sostanza tre situazioni.

22. Quella in cui il la fruizione del riposo oltre il settimo giorno è legittima in base alle previsioni normative di vario livello che disciplinano il rapporto e la specifica organizzazione del tempo di lavoro, prevedendo deroghe consentite dalla legge e benefici economici compensativi. In tal caso, la maggiorazione del compenso per la peculiare gravosità del lavoro ha natura retributiva e la prescrizione è quinquennale.

23. Vi è poi l’ipotesi, in cui, in assenza di previsioni legittimanti, la scelta datoriale contrasta con gli artt. 36 Cost. e 2109 c.c, ed il lavoratore propone una domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro. Come si è visto, si è ritenuto in questi casi che la sussistenza del danno deve ritenersi presunta, il diritto non ha natura retributiva e si prescrive in dieci anni.

24. Se poi il lavoratore sostiene di aver ricevuto un ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una “infermità” determinata dall’attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali, il quadro cambia ancora sotto il profilo dell’onere della prova, perché questo danno ulteriore non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale.

25. La Corte d’appello di Torino, con motivazione adeguatamente argomentata, ha inquadrato il caso sottoposto al suo esame nella seconda ipotesi, traendone coerentemente le conseguenze sul piano probatorio, sulla natura del diritto e, da ultimo, sul termine di prescrizione, che è stato correttamente individuato in dieci anni.

26. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della parte che perde il giudizio e vengono liquidate secondo i parametri previsti dal D.M. Giustizia, 20 luglio 2012, n. 140 (cfr. Cass. Sez. un. 17405 e 17406 del 2012).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 3.000,00 euro per compensi professionali, 50,00 euro per spese borsuali, oltre accessori come per legge.