Il Tar Lazio apre una strada a tutti i militari e penso che questo vale anche per le altre FF.OO..
Diniego riammissione in servizio nel ruolo di provenienza.
1) - Il ricorrente è transitato, ai sensi del D.M. 18 aprile 2002, (per giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato) nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della Difesa con la qualifica di direttore amministrativo (provvedimento del 19 dicembre 2008).
2) - Ritenendosi nuovamente idoneo al servizio militare, ha chiesto, in data 28 gennaio 2011, di essere riammesso nei ruoli militari previo riesame da parte della commissione medica.
3) - L’amministrazione ha respinto l’istanza, ostandovi l’art. 2, c. 9 del D.M. 18/4/2002 (norma regolamentare che esclude la possibilità di riammissione in servizio una volta che il militare sia stato trasferito nei ruoli civili).
4) - L’interessato ha proposto ricorso gerarchico dichiarato inammissibile dal Ministero della Difesa in data 21 luglio 2011.
5) - Il ricorrente deduce difetto di motivazione, violazione dei principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 26 gennaio 1994, n. 3 e 13 novembre 2009, n. 294 nonché violazione della legge delega per il riordino del personale militare 28 luglio 1999, n. 266 nella parte in cui, prevedendosi il divieto di riammissione nel ruolo di provenienza del militare, è stato introdotto un principio non previsto dal delegante ed in contrasto con quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale.
IL TAR PRECISA:
6) - Il Collegio ritiene che la norma regolamentare impugnata violi i principi affermati in tema di riassunzione in servizio dalla Corte Costituzionale nelle pronunce 26 gennaio 1994, n. 3 e 13 novembre 2009, n. 294.
7) - Il Collegio ritiene, pertanto, illegittimo l’art. 2. c. 9 del DM. 18 aprile 2002 trattandosi di disposizione che non ha copertura normativa primaria e che rappresenta lo sbocco di un irragionevole esercizio della discrezionalità amministrativa laddove priva l’Amministrazione di qualsiasi valutazione in concreto riguardo all'effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione del richiedente.

- Va annullato, pertanto, l’art. 2, c. 9 del D.M. 18 aprile 2002.
9) - Più in generale, il Collegio non ravvede motivi per non fare applicazione alla fattispecie dell’art. 132., T.U. n. 3 del 1957.
10) - La norma in commento configura l'istituto della riammissione in servizio in termini di facoltà dell'Amministrazione di procedere alla ricostituzione del rapporto di impiego, sulla scorta di una valutazione ampiamente discrezionale in ordine alle esigenze organizzative e di servizio.
In virtù di quanto sopra abbreviato, per completezza vi invito a leggere la sentenza.
Complimenti al ricorrente e alla sua difesa.
Personalmente, fino ad oggi ho reso un importante ed unico servizio a tutti gli iscritti/lettori del sito.
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15/11/2012 201209416 Sentenza 1B
N. 09416/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09704/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9704 del 2011, proposto da:
L. C., rappresentato e difeso dagli avv. Claudio Pipitone Federico, Alberto Alessandro Caretta, con domicilio eletto presso Carlo Marzano in Roma, via Sabotino, 45;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento di diniego riammissione in servizio nel ruolo di provenienza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2012 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è transitato, ai sensi del D.M. 18 aprile 2002, (per giudizio di inidoneità al servizio militare incondizionato) nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della Difesa con la qualifica di direttore amministrativo (provvedimento del 19 dicembre 2008).
Ritenendosi nuovamente idoneo al servizio militare, ha chiesto, in data 28 gennaio 2011, di essere riammesso nei ruoli militari previo riesame da parte della commissione medica.
L’amministrazione ha respinto l’istanza con provvedimento datata 27 maggio 2011, notificato il successivo 10 giugno, ostandovi l’art. 2, c. 9 del D.M. 18/4/2002 (norma regolamentare che esclude la possibilità di riammissione in servizio una volta che il militare sia stato trasferito nei ruoli civili).
L’interessato ha proposto ricorso gerarchico dichiarato inammissibile dal Ministero della Difesa in data 21 luglio 2011.
Con il ricorso in esame, egli impugna, unitamente al provvedimento con il quale gli è stata negata la riammissione in servizio, il presupposto decreto ministeriale 18 aprile 2002 (nella parte di interesse) nonché il decreto che ha deciso il ricorso gerarchico.
Il ricorrente deduce difetto di motivazione, violazione dei principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 26 gennaio 1994, n. 3 e 13 novembre 2009, n. 294 nonché violazione della legge delega per il riordino del personale militare 28 luglio 1999, n. 266 nella parte in cui, prevedendosi il divieto di riammissione nel ruolo di provenienza del militare, è stato introdotto un principio non previsto dal delegante ed in contrasto con quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale.
In limine, va osservato che il ricorso in esame – in disparte ogni considerazione sulla legittimità o meno del decreto con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico - è tempestivo siccome proposto nei termini decadenziale avverso il provvedimento di diniego alla riammissione in servizio.
Nel merito, il ricorso è fondato.
Recita l’art. 2, c. 9 del D.M. 18 aprile 2002, n. 22680:
“Il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza”.
Il Collegio ritiene che la norma regolamentare impugnata violi i principi affermati in tema di riassunzione in servizio dalla Corte Costituzionale nelle pronunce 26 gennaio 1994, n. 3 e 13 novembre 2009, n. 294.
Gli affermati principi costituivano, altresì, criteri guida nell’esercizio della potestà regolamentare di cui all’art. 14, c. 5 della legge 28 luglio1999, n. 266 di riordino del personale militare che l’amministrazione ha immotivatamente disatteso.
Ed invero, l’art. 2, comma 9 del citato decreto, nell’escludere categoricamente la possibilità della riammissione del lavoratore nel ruolo di provenienza, ha introdotto nell’ordinamento di settore una regola che contrasta con i principi affermati dalle pronunce della Corte costituzionale in tema di riammissione e che avrebbero dovuto ispirare anche l’esercizio della delega.
Non ravvede, il Collegio, motivi ostativi all’applicazione dei medesimi principi nell’ambito dell’organizzazione militare.
Anche considerata la specificità dell’ordinamento militare, e ferma restando la posizione di interesse legittimo del lavoratore, non c’è plausibile ragione, alla luce dei principi che informano l’istituto della riammissione in servizio, per sottrarre all'Amministrazione la potestà di valutare, di volta in volta, in concreto, la sussistenza dei presupposti in presenza dei quali essa ritiene non rispondente al pubblico interesse il reinserimento del lavoratore nel ruolo di provenienza.
Il Collegio ritiene, pertanto, illegittimo l’art. 2. c. 9 del DM. 18 aprile 2002 trattandosi di disposizione che non ha copertura normativa primaria e che rappresenta lo sbocco di un irragionevole esercizio della discrezionalità amministrativa laddove priva l’Amministrazione di qualsiasi valutazione in concreto riguardo all'effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione del richiedente.
Va annullato, pertanto, l’art. 2, c. 9 del D.M. 18 aprile 2002.
Più in generale, il Collegio non ravvede motivi per non fare applicazione alla fattispecie dell’art. 132., T.U. n. 3 del 1957.
La norma in commento configura l'istituto della riammissione in servizio in termini di facoltà dell'Amministrazione di procedere alla ricostituzione del rapporto di impiego, sulla scorta di una valutazione ampiamente discrezionale in ordine alle esigenze organizzative e di servizio.
A tale valutazione non si contrappone alcun diritto soggettivo del lavoratore, in quanto l'art. 132 citato non impone l'obbligo di riammettere comunque nei ruoli il dipendente che ne faccia richiesta, ma rimette all'Amministrazione la valutazione discrezionale circa l'opportunità della riammissione, con particolare riguardo all'effettiva sussistenza di un interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione del richiedente.
In conclusione, il ricorso è fondato nei sensi che precedono.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi in motivazione.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2012