I rimborsi delle missioni nel 2025
Inviato: gio feb 27, 2025 8:33 pm
La disciplina sul rimborso delle spese di missione è una delle più stabili di tutto il complicato mondo del diritto amministrativo e contabile italiano. A differenza di tanti ambiti (su tutti, quello degli appalti) soggetti a continui cambiamenti, infatti, le regole per il rimborso delle missioni si rifanno spesso a regolamenti e circolari vecchi lustri se non decenni.
In questo mondo di certezze fa irruzione ora la legge di bilancio del 2025, con una norma che potrebbe avere una portata dirompente.
L’art. 1 comma 81 lett. a) (e seguenti) della legge 207/2024 infatti modifica l’art. 51 comma 5 del TUIR che indica le regole fiscali per il rimborso delle spese di missione. In cosa consiste la novità? Semplice, include i rimborsi delle spese di missione sostenute dal 1 gennaio 2025 nel reddito di chi li riceve, a meno che le spese (e i rimborsi) non siano avvenute con strumenti tracciabili.
La novità
In altre parole, se il lavoratore paga ad es. il ristorante con carta di credito, non cambia nulla rispetto a prima.
Se invece lo paga in contanti, la somma che gli sarà accreditata a rimborso della spesa costituirà per lui reddito e quindi il dipendente dovrà pagarci sopra l’IRPEF come se fosse un compenso.
Lo stesso vale se la spesa è stata sostenuta in modo tracciabile ma il rimborso avviene in contanti.
A quali spese di trasferta si applica questa nuova regola? A tutte le le spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuate mediante servizi pubblici non di linea (taxi, noleggio auto, car sharing, NCC). Quindi pare che non rientrino nella nuova disposizione ad es. le spese per parcheggio, pedaggio, trasporti di linea (treno, bus…), assicurazioni, visti ecc. insomma tutto ciò che non rientra nelle tre macrocategorie vitto-alloggio-trasporti non di linea.
Quali sono i mezzi di pagamento tracciabili? Quelli che già conosciamo, definiti dall’art. 23 del Dlgs 241/1997, ossia carte di credito e di debito (bancomat), bonifici bancari o postali, assegni bancari e circolari, altri metodi di pagamento elettronico.
La ratio
Ma perchè questa novità che assoggetta a tassazione il rimborso di una spesa anticipata? Semplice.
Perchè nel privato è abbastanza frequente che le aziende paghino una buona fetta degli emolumenti di alcuni dei loro dipendenti (spesso con il consenso di questi) come “rimborsi”, così da evitare i costi connessi alle imposte e contributi.
Nel pubblico, bè, non pagare in prima persona le spese di trasferta (es. farsi offrire il pranzo da una ditta) e metterle comunque a rimborso è una delle forme di microcorruzione più subdole e difficili da scoprire.
Insomma, la norma ha una finalità antielusiva: se non vuoi pagare le tasse sul rimborso, devi dimostrare che davvero hai anticipato la spesa, altrimenti per lo Stato è un compenso a tutti gli effetti.
Chiaramente le conseguenze rischiano di essere paradossali, con lavoratori che non solo hanno veramente sostenuto una spesa, ma si vedono il relativo rimborso decurtato dall’IRPEF (insomma una doppia imposizione). Ma al legislatore non interessa.
Ma si applica anche nel pubblico?
Una simile novità nel settore pubblico dovrebbe far fiorire decine di circolari di avvertimento ai lavoratori e scatenare la protesta furibonda dei sindacati. Invece nessun sindacato ha fiatato, ed è veramente insolito.
Questo mi fa sospettare che molti non si siano accorti della norma (che -ripeto- incide sul testo unico delle imposte sui redditi quindi vale per tutti i lavoratori soggetti a IRPEF) e/o il legislatore stia per introdurre un’eccezione per i pubblici dipendenti.
Ma qualche PA si è accorta eccome della novità, ed ha emanato circolari ai suoi lavoratori. In particolare le università (un esempio fra i tanti potete leggerlo qui) e questo mi conforta sul fatto che non sto avendo le visioni nè sto facendo catastrofismo inutile.
Che succede in concreto
Venendo al “che fare”, il mio consiglio per evitare spiacevoli conseguenze fiscali è che:
da adesso in poi tutti coloro che vanno in missione paghino tutto con sistemi tracciabili e alleghino le relative ricevute alle richieste di rimborso
le PA informino i loro lavoratori dell’opportunità di pagare tutto in modo tracciabile e consegnare le ricevute di pagamento, in attesa che la situazione si chiarisca, sperabilmente con un’eccezione per le PA
le PA non rimborsino più le spese di trasferta col fondo economale ma solo con metodi tracciabili
Su cosa si dovrà fare verso chi non si attiene a questi consigli prudenziali, invece, non mi sento di dare indicazioni certe perchè confido che usciranno circolari esplicative sul tema. Nel privato la situazione è abbastanza complicata, con una soglia forfettaria esentasse, ad esempio, e spero che non saremo costretti ad applicare lo stesso sistema.
Immagino comunque che gli uffici pubblici dovranno indicare in qualche modo (presumo nella CU) l’importo dei compensi erogati a titolo di rimborso spese di trasferta non tracciate. Suggerisco quindi caldamente a tutti ma specialmente a coloro che hanno frequenti missioni del personale, di prepararsi un file in cui annotare via via che si effettuano i rimborsi delle missioni -per ogni lavoratore- a quanto ammontano i rimborsi da tassare.
Questo perchè l’alternativa rischia di essere l’impazzire a fine anno a riaprire i fascicoli dei giustificativi e vedere che so, su 100 euro rimborsati quanti erano per vitto-alloggio-trasporti non di linea (diciamo 80 euro) e di questi 80 quanti erano spese senza la ricevuta di pagamento tracciabile, quindi da tassare.
In questo mondo di certezze fa irruzione ora la legge di bilancio del 2025, con una norma che potrebbe avere una portata dirompente.
L’art. 1 comma 81 lett. a) (e seguenti) della legge 207/2024 infatti modifica l’art. 51 comma 5 del TUIR che indica le regole fiscali per il rimborso delle spese di missione. In cosa consiste la novità? Semplice, include i rimborsi delle spese di missione sostenute dal 1 gennaio 2025 nel reddito di chi li riceve, a meno che le spese (e i rimborsi) non siano avvenute con strumenti tracciabili.
La novità
In altre parole, se il lavoratore paga ad es. il ristorante con carta di credito, non cambia nulla rispetto a prima.
Se invece lo paga in contanti, la somma che gli sarà accreditata a rimborso della spesa costituirà per lui reddito e quindi il dipendente dovrà pagarci sopra l’IRPEF come se fosse un compenso.
Lo stesso vale se la spesa è stata sostenuta in modo tracciabile ma il rimborso avviene in contanti.
A quali spese di trasferta si applica questa nuova regola? A tutte le le spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto effettuate mediante servizi pubblici non di linea (taxi, noleggio auto, car sharing, NCC). Quindi pare che non rientrino nella nuova disposizione ad es. le spese per parcheggio, pedaggio, trasporti di linea (treno, bus…), assicurazioni, visti ecc. insomma tutto ciò che non rientra nelle tre macrocategorie vitto-alloggio-trasporti non di linea.
Quali sono i mezzi di pagamento tracciabili? Quelli che già conosciamo, definiti dall’art. 23 del Dlgs 241/1997, ossia carte di credito e di debito (bancomat), bonifici bancari o postali, assegni bancari e circolari, altri metodi di pagamento elettronico.
La ratio
Ma perchè questa novità che assoggetta a tassazione il rimborso di una spesa anticipata? Semplice.
Perchè nel privato è abbastanza frequente che le aziende paghino una buona fetta degli emolumenti di alcuni dei loro dipendenti (spesso con il consenso di questi) come “rimborsi”, così da evitare i costi connessi alle imposte e contributi.
Nel pubblico, bè, non pagare in prima persona le spese di trasferta (es. farsi offrire il pranzo da una ditta) e metterle comunque a rimborso è una delle forme di microcorruzione più subdole e difficili da scoprire.
Insomma, la norma ha una finalità antielusiva: se non vuoi pagare le tasse sul rimborso, devi dimostrare che davvero hai anticipato la spesa, altrimenti per lo Stato è un compenso a tutti gli effetti.
Chiaramente le conseguenze rischiano di essere paradossali, con lavoratori che non solo hanno veramente sostenuto una spesa, ma si vedono il relativo rimborso decurtato dall’IRPEF (insomma una doppia imposizione). Ma al legislatore non interessa.
Ma si applica anche nel pubblico?
Una simile novità nel settore pubblico dovrebbe far fiorire decine di circolari di avvertimento ai lavoratori e scatenare la protesta furibonda dei sindacati. Invece nessun sindacato ha fiatato, ed è veramente insolito.
Questo mi fa sospettare che molti non si siano accorti della norma (che -ripeto- incide sul testo unico delle imposte sui redditi quindi vale per tutti i lavoratori soggetti a IRPEF) e/o il legislatore stia per introdurre un’eccezione per i pubblici dipendenti.
Ma qualche PA si è accorta eccome della novità, ed ha emanato circolari ai suoi lavoratori. In particolare le università (un esempio fra i tanti potete leggerlo qui) e questo mi conforta sul fatto che non sto avendo le visioni nè sto facendo catastrofismo inutile.
Che succede in concreto
Venendo al “che fare”, il mio consiglio per evitare spiacevoli conseguenze fiscali è che:
da adesso in poi tutti coloro che vanno in missione paghino tutto con sistemi tracciabili e alleghino le relative ricevute alle richieste di rimborso
le PA informino i loro lavoratori dell’opportunità di pagare tutto in modo tracciabile e consegnare le ricevute di pagamento, in attesa che la situazione si chiarisca, sperabilmente con un’eccezione per le PA
le PA non rimborsino più le spese di trasferta col fondo economale ma solo con metodi tracciabili
Su cosa si dovrà fare verso chi non si attiene a questi consigli prudenziali, invece, non mi sento di dare indicazioni certe perchè confido che usciranno circolari esplicative sul tema. Nel privato la situazione è abbastanza complicata, con una soglia forfettaria esentasse, ad esempio, e spero che non saremo costretti ad applicare lo stesso sistema.
Immagino comunque che gli uffici pubblici dovranno indicare in qualche modo (presumo nella CU) l’importo dei compensi erogati a titolo di rimborso spese di trasferta non tracciate. Suggerisco quindi caldamente a tutti ma specialmente a coloro che hanno frequenti missioni del personale, di prepararsi un file in cui annotare via via che si effettuano i rimborsi delle missioni -per ogni lavoratore- a quanto ammontano i rimborsi da tassare.
Questo perchè l’alternativa rischia di essere l’impazzire a fine anno a riaprire i fascicoli dei giustificativi e vedere che so, su 100 euro rimborsati quanti erano per vitto-alloggio-trasporti non di linea (diciamo 80 euro) e di questi 80 quanti erano spese senza la ricevuta di pagamento tracciabile, quindi da tassare.