Accesso agli atti relat a proc. pen. pendenti e NOS
Inviato: gio gen 27, 2011 6:48 pm
N. 09381/2010 REG.SEN.
N. 10467/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10467 del 2009, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 10451/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 10451/2009, resa tra le parti, concernente ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI A PROCEDIMENTI PENALI PENDENTI.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Galluzzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto proposto al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con atto notificato in data 3 luglio 2009 il Omissis dell’Esercito Italiano Omissis agiva per l’annullamento della nota Omissis 2009 Omissis del Comando Regione Carabinieri Omissis- Stazione di Omissis, con riferimento alla parte in cui veniva espresso motivato diniego di accesso ai documenti, chiesto con istanza del medesimo datata omissis 2009.
Tale istanza di accesso documentale riguardava “comunicazioni effettuate dal Comando verso l’ente di servizio di Omissis ed avente ad oggetto procedimenti penali pendenti a carico dello stesso” ed era motivata con riguardo al fatto di essere stato assolto in un procedimento penale iscritto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Omissis nonché al fatto di essere venuto a conoscenza della trasmissione al Comando CC di Omissis di una comunicazione proveniente dalla competente FFPP, indicante la esistenza a suo carico di altri procedimenti penali.
Con la sopra menzionata nota, oggetto della impugnativa, l’amministrazione Comando Carabinieri Stazione di Omissis comunicava che essa non poteva trovare accoglimento perché “la documentazione è espressamente esclusa dall’accesso ai sensi dell’art. 24 L.241/90, avendo questa i requisiti del D.M. 14 giugno 1995 n.519 e specificamente indicate nell’allegato 1, punto 13 e 14 del medesimo D.M.”
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, ritenendo che:
1) se si tratta di atti relativi a procedimenti penali, non risulta che essi siano stati sottoposti a segreto da parte della autorità giudiziaria, né sono stati fatti oggetto di sequestro;
2) non rientrano nelle categorie che l’art. 24 esclude dall’accesso;
3) inoltre, secondo la sentenza di primo grado, non risulta che sussistano i presupposti per fare applicazione nella specie dei punti 13 e 14 dell’allegato 1) al DM 14 giugno 1995 n.519, in quanto non si tratta di atti e documenti relativi alla concessione di nulla osta di segretezza (punto 13) e non si tratta di rapporti informativi, ma di mere informazioni di polizia attinenti a fatti specifici e determinati di cui il militare ha diritto di avere cognizione per la tutela dei propri diritti (punto 14).
Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello il Ministero della Difesa, deducendo che nel corpo del diniego impugnato il Comando aveva ben rappresentato i motivi, richiamando sia l’art. 24 della L.241 del 1990 (e cioè gli atti che, come riservati, sono esclusi dalla divulgazione) che il DM 14 giugno 1995 n.519, che prevede che siano sottratti all’accesso i documenti concernenti sia la “Concessione di nulla osta di segretezza” (allegato 1 punto 13) che i rapporti informativi sul personale militare (punto 14). Pertanto, i documenti oggetto della richiesta sono inaccessibili in quanto riservati. La sentenza sarebbe da riformare perché si fonda sul presupposto errato per cui sarebbe stato negato l’accesso perché si tratterebbe di “informazioni di polizia”, mentre nella specie tali atti sarebbero sottratti all’accesso perché si tratta di atti inerenti al rilascio di NOS, aventi ad oggetto espressamente “Esito informazioni NOS” e quindi classificati come “Riservato” secondo le direttive attuative delle disposizioni per la protezione e la tutela delle informazioni classificate nell’art. 50 DPCM del 3 febbraio 2006 dalla Autorità nazionale per la Sicurezza.
Il giudice di primo grado ha errato in quanto ha considerato soltanto la posizione del richiedente l’accesso, senza tenere conto della posizione dell’Amministrazione e dell’interesse pubblico, per il quale i documenti connessi ad informazioni NOS sono un’area di notizie e dati estremamente riservata, la cui conoscibilità è garantita solo agli appartenenti a organismi e strutture che svolgono attività di Intelligence e che con il DM 519/1995 è sottratta alla conoscenza anche degli interessati.
Nessuno si è costituito per l’appellato.
Alla camera di consiglio del 2 febbraio 2010 la Sezione ha accolto la richiesta cautelare di sospensione della esecutività della sentenza, ritenendo sussistenti i presupposti e in particolare il pregiudizio che sarebbe derivato da una immediata ostensione.
Alla camera di consiglio del 17 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato, avendo riguardo: 1) alla posizione del richiedente la ostensione dei documenti, rispetto a quella della amministrazione e in assenza di esigenze di tutela della riservatezza di terzi; 2) al rapporto tra l’invocato D.M. 519 del 1995 e la disciplina generale prevista dalla legge primaria in materia, che è legge di principi generali sull’azione amministrativa; 3) al contenuto dei documenti oggetto della richiesta di accesso.
Il diniego di accesso dall’amministrazione è stato motivato con riguardo al richiamo alla disciplina generale di cui all’art. 24 e al decreto ministeriale n.519 del 1995.
2. In ordine al primo aspetto, il diniego di accesso non può fondarsi su una asserita esigenza di riservatezza dei terzi (in vero neanche rappresentata), dovendosi al riguardo rilevare che, secondo i principi stabiliti dall'art. 24 della citata l. n. 241 del 1990 e delle norme regolamentari attuative di cui al citato d.P.R. n. 352 del 1992, l'accesso, qualora venga in rilievo per la cura o la difesa di propri interessi, deve prevalere rispetto alla esigenza di riservatezza del terzo (così, Cons. Stato, Ad. Plen. 4 febbraio 1997, n. 5; Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1128).
Nella specie, stante la potenziale capacità delle note informative – sia pure definite riservate - di influire sulla carriera del dipendente, è innegabile l'interesse del sottufficiale interessato a tutelare la propria situazione.
In ogni caso, la riservatezza tutelata non può essere - come si pretende e in assenza di ulteriori previsioni e specificazioni rispetto al D.M. n.519 del 1995, più volte ritenuto illegittimo e come tale disapplicato da questo Consesso - quella dell'Amministrazione che ha formato i documenti cui l'interessato intende accedere ovvero delle persone chiamate ad esprimere il giudizio valutativo, ma solo quella di "terzi, persone, gruppi ed imprese" (così, Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1228).
Torna, pertanto, ad emergere l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione della difesa che ha impedito all'interessato di prendere visione e di estrarre copia delle schede informative o valutative che lo riguardino.
3. Con riguardo alla prevalenza della legge sul decreto ministeriale, che individua gli atti sottratti all’accesso, secondo giurisprudenza di questo Consesso, dalla quale non vi sono ragioni allo stato per discostarsi, il regolamento del Ministero della difesa (d.m. 14 giugno 1995 n. 519) che individua gli atti sottratti all' accesso in applicazione dell'art. 24 comma 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, è illegittimo, e va pertanto disapplicato, nella parte in cui non consente la visione degli atti riguardanti la carriera dell'interessato e, come tali, non incidenti sulla riservatezza di altri soggetti terzi, ma solo per asserite ragioni di riservatezza dell’amministrazione (così Consiglio Stato , sez. IV, 11 febbraio 1998 , n. 266): la legge, in quanto fonte superiore, prevale sempre sulla normazione secondaria e la tutela dei terzi, riconosciuta dall'art. 24 l. 7 agosto 1990 n. 241, non preclude comunque l' accesso agli atti in cui vengano in rilievo espressamente gli interessi del richiedente (così, Consiglio Stato , sez. IV, 24 marzo 1998 , n. 498).
Secondo i principi di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241 ed al suo regolamento attuativo approvato con d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, sussiste il diritto soggettivo di accesso "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", garantendo "ai richiedenti la visione degli atti ... la cui conoscenza sia necessaria per curare e per difendere i loro stessi interessi giuridici".
Sotto tale profilo, quindi, la disciplina dell’invocato D.M. deve essere disapplicata, in quanto, secondo i principi generali sulla gerarchia delle fonti, nel conflitto di due norme diverse, occorre dare preminenza a quella legislativa, di livello superiore rispetto alla disposizione regolamentare ogni volta che preclude l'esercizio di un diritto soggettivo; al Giudice amministrativo, infatti, va riconosciuta la potestà anche in mancanza di richiesta delle parti, di sindacare gli atti di normativa secondaria al fine di stabilire se essi abbiano attitudine, in generale, ad innovare l'ordinamento e, in concreto, a fornire la regola di giudizio per risolvere la questione controversa (così, Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1128; Sez. V, 7 aprile 1995, n. 531 e 26 febbraio 1992, n. 154).
Per conseguenza, si deve escludere che la menzionata disposizione ministeriale possa precludere l'accesso ai documenti (informazioni di polizia, notizie riservate sul dipendente, schede valutative e simili) di cui si tratta.
Inoltre, in riferimento alla situazione degli atti e dei procedimenti ai quali essi afferiscono – in disparte la considerazione assorbente che laddove si tratta di atti facenti parte di procedimenti giurisdizionali penali, e non di documentazione oggetto di attività amministrativa, l’interessato può accedervi direttamente nelle forme previste dall’ordinamento - l'obbligo di segretezza degli atti d'indagine, previsto dall'art. 329 c.p.p., vale «solo fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza» e quindi non può essere opposto al militare per negargli l'accesso ad atti che lo riguardino.
Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza.
Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Nulla sulle spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2010
N. 10467/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10467 del 2009, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 10451/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 10451/2009, resa tra le parti, concernente ACCESSO AGLI ATTI RELATIVI A PROCEDIMENTI PENALI PENDENTI.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Galluzzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto proposto al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con atto notificato in data 3 luglio 2009 il Omissis dell’Esercito Italiano Omissis agiva per l’annullamento della nota Omissis 2009 Omissis del Comando Regione Carabinieri Omissis- Stazione di Omissis, con riferimento alla parte in cui veniva espresso motivato diniego di accesso ai documenti, chiesto con istanza del medesimo datata omissis 2009.
Tale istanza di accesso documentale riguardava “comunicazioni effettuate dal Comando verso l’ente di servizio di Omissis ed avente ad oggetto procedimenti penali pendenti a carico dello stesso” ed era motivata con riguardo al fatto di essere stato assolto in un procedimento penale iscritto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Omissis nonché al fatto di essere venuto a conoscenza della trasmissione al Comando CC di Omissis di una comunicazione proveniente dalla competente FFPP, indicante la esistenza a suo carico di altri procedimenti penali.
Con la sopra menzionata nota, oggetto della impugnativa, l’amministrazione Comando Carabinieri Stazione di Omissis comunicava che essa non poteva trovare accoglimento perché “la documentazione è espressamente esclusa dall’accesso ai sensi dell’art. 24 L.241/90, avendo questa i requisiti del D.M. 14 giugno 1995 n.519 e specificamente indicate nell’allegato 1, punto 13 e 14 del medesimo D.M.”
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, ritenendo che:
1) se si tratta di atti relativi a procedimenti penali, non risulta che essi siano stati sottoposti a segreto da parte della autorità giudiziaria, né sono stati fatti oggetto di sequestro;
2) non rientrano nelle categorie che l’art. 24 esclude dall’accesso;
3) inoltre, secondo la sentenza di primo grado, non risulta che sussistano i presupposti per fare applicazione nella specie dei punti 13 e 14 dell’allegato 1) al DM 14 giugno 1995 n.519, in quanto non si tratta di atti e documenti relativi alla concessione di nulla osta di segretezza (punto 13) e non si tratta di rapporti informativi, ma di mere informazioni di polizia attinenti a fatti specifici e determinati di cui il militare ha diritto di avere cognizione per la tutela dei propri diritti (punto 14).
Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello il Ministero della Difesa, deducendo che nel corpo del diniego impugnato il Comando aveva ben rappresentato i motivi, richiamando sia l’art. 24 della L.241 del 1990 (e cioè gli atti che, come riservati, sono esclusi dalla divulgazione) che il DM 14 giugno 1995 n.519, che prevede che siano sottratti all’accesso i documenti concernenti sia la “Concessione di nulla osta di segretezza” (allegato 1 punto 13) che i rapporti informativi sul personale militare (punto 14). Pertanto, i documenti oggetto della richiesta sono inaccessibili in quanto riservati. La sentenza sarebbe da riformare perché si fonda sul presupposto errato per cui sarebbe stato negato l’accesso perché si tratterebbe di “informazioni di polizia”, mentre nella specie tali atti sarebbero sottratti all’accesso perché si tratta di atti inerenti al rilascio di NOS, aventi ad oggetto espressamente “Esito informazioni NOS” e quindi classificati come “Riservato” secondo le direttive attuative delle disposizioni per la protezione e la tutela delle informazioni classificate nell’art. 50 DPCM del 3 febbraio 2006 dalla Autorità nazionale per la Sicurezza.
Il giudice di primo grado ha errato in quanto ha considerato soltanto la posizione del richiedente l’accesso, senza tenere conto della posizione dell’Amministrazione e dell’interesse pubblico, per il quale i documenti connessi ad informazioni NOS sono un’area di notizie e dati estremamente riservata, la cui conoscibilità è garantita solo agli appartenenti a organismi e strutture che svolgono attività di Intelligence e che con il DM 519/1995 è sottratta alla conoscenza anche degli interessati.
Nessuno si è costituito per l’appellato.
Alla camera di consiglio del 2 febbraio 2010 la Sezione ha accolto la richiesta cautelare di sospensione della esecutività della sentenza, ritenendo sussistenti i presupposti e in particolare il pregiudizio che sarebbe derivato da una immediata ostensione.
Alla camera di consiglio del 17 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato, avendo riguardo: 1) alla posizione del richiedente la ostensione dei documenti, rispetto a quella della amministrazione e in assenza di esigenze di tutela della riservatezza di terzi; 2) al rapporto tra l’invocato D.M. 519 del 1995 e la disciplina generale prevista dalla legge primaria in materia, che è legge di principi generali sull’azione amministrativa; 3) al contenuto dei documenti oggetto della richiesta di accesso.
Il diniego di accesso dall’amministrazione è stato motivato con riguardo al richiamo alla disciplina generale di cui all’art. 24 e al decreto ministeriale n.519 del 1995.
2. In ordine al primo aspetto, il diniego di accesso non può fondarsi su una asserita esigenza di riservatezza dei terzi (in vero neanche rappresentata), dovendosi al riguardo rilevare che, secondo i principi stabiliti dall'art. 24 della citata l. n. 241 del 1990 e delle norme regolamentari attuative di cui al citato d.P.R. n. 352 del 1992, l'accesso, qualora venga in rilievo per la cura o la difesa di propri interessi, deve prevalere rispetto alla esigenza di riservatezza del terzo (così, Cons. Stato, Ad. Plen. 4 febbraio 1997, n. 5; Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1128).
Nella specie, stante la potenziale capacità delle note informative – sia pure definite riservate - di influire sulla carriera del dipendente, è innegabile l'interesse del sottufficiale interessato a tutelare la propria situazione.
In ogni caso, la riservatezza tutelata non può essere - come si pretende e in assenza di ulteriori previsioni e specificazioni rispetto al D.M. n.519 del 1995, più volte ritenuto illegittimo e come tale disapplicato da questo Consesso - quella dell'Amministrazione che ha formato i documenti cui l'interessato intende accedere ovvero delle persone chiamate ad esprimere il giudizio valutativo, ma solo quella di "terzi, persone, gruppi ed imprese" (così, Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1228).
Torna, pertanto, ad emergere l'illegittimità del comportamento dell'Amministrazione della difesa che ha impedito all'interessato di prendere visione e di estrarre copia delle schede informative o valutative che lo riguardino.
3. Con riguardo alla prevalenza della legge sul decreto ministeriale, che individua gli atti sottratti all’accesso, secondo giurisprudenza di questo Consesso, dalla quale non vi sono ragioni allo stato per discostarsi, il regolamento del Ministero della difesa (d.m. 14 giugno 1995 n. 519) che individua gli atti sottratti all' accesso in applicazione dell'art. 24 comma 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, è illegittimo, e va pertanto disapplicato, nella parte in cui non consente la visione degli atti riguardanti la carriera dell'interessato e, come tali, non incidenti sulla riservatezza di altri soggetti terzi, ma solo per asserite ragioni di riservatezza dell’amministrazione (così Consiglio Stato , sez. IV, 11 febbraio 1998 , n. 266): la legge, in quanto fonte superiore, prevale sempre sulla normazione secondaria e la tutela dei terzi, riconosciuta dall'art. 24 l. 7 agosto 1990 n. 241, non preclude comunque l' accesso agli atti in cui vengano in rilievo espressamente gli interessi del richiedente (così, Consiglio Stato , sez. IV, 24 marzo 1998 , n. 498).
Secondo i principi di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241 ed al suo regolamento attuativo approvato con d.P.R. 27 giugno 1992, n. 352, sussiste il diritto soggettivo di accesso "a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti", garantendo "ai richiedenti la visione degli atti ... la cui conoscenza sia necessaria per curare e per difendere i loro stessi interessi giuridici".
Sotto tale profilo, quindi, la disciplina dell’invocato D.M. deve essere disapplicata, in quanto, secondo i principi generali sulla gerarchia delle fonti, nel conflitto di due norme diverse, occorre dare preminenza a quella legislativa, di livello superiore rispetto alla disposizione regolamentare ogni volta che preclude l'esercizio di un diritto soggettivo; al Giudice amministrativo, infatti, va riconosciuta la potestà anche in mancanza di richiesta delle parti, di sindacare gli atti di normativa secondaria al fine di stabilire se essi abbiano attitudine, in generale, ad innovare l'ordinamento e, in concreto, a fornire la regola di giudizio per risolvere la questione controversa (così, Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 1997, n. 1128; Sez. V, 7 aprile 1995, n. 531 e 26 febbraio 1992, n. 154).
Per conseguenza, si deve escludere che la menzionata disposizione ministeriale possa precludere l'accesso ai documenti (informazioni di polizia, notizie riservate sul dipendente, schede valutative e simili) di cui si tratta.
Inoltre, in riferimento alla situazione degli atti e dei procedimenti ai quali essi afferiscono – in disparte la considerazione assorbente che laddove si tratta di atti facenti parte di procedimenti giurisdizionali penali, e non di documentazione oggetto di attività amministrativa, l’interessato può accedervi direttamente nelle forme previste dall’ordinamento - l'obbligo di segretezza degli atti d'indagine, previsto dall'art. 329 c.p.p., vale «solo fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza» e quindi non può essere opposto al militare per negargli l'accesso ad atti che lo riguardino.
Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza.
Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Nulla sulle spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2010