Sospensione dall'impiego per bancarotta fraudolenta aggravata
Inviato: dom apr 21, 2019 10:52 pm
- Sospensione dall'impiego per "bancarotta fraudolenta aggravata" e “fatti di bancarotta fraudolenta”
Ricorso straordinario perso
Il CdS scrive:
1) - In particolare, il citato sottufficiale, quale socio di una società a responsabilità limitata, avrebbe predisposto una contabilità del tutto inattendibile, sottraendo documentazione contabile e distratto beni aziendali.
2) - Le condotte ascritte all’imputato avrebbero contribuito al dissesto economico della società, successivamente dichiarata fallita, cagionando un danno patrimoniale di rilevante entità, ammontante a euro 1.340.953,63 con pregiudizio dei creditori.
3) - Nel caso di specie il reato contestato al ricorrente comporta, in astratto, per il caso di condanna, l’applicazione della misura della perdita del grado atteso che per i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e fatti di bancarotta fraudolenta (art. 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) è prevista la pena della reclusione da tre a 10 anni.
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201901112
Numero 01112/2019 e data 12/04/2019 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 13 marzo 2019
NUMERO AFFARE 01256/2015
OGGETTO:
Ministero della difesa - Direzione generale per il personale militare.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dal primo Maresciallo -OMISSIS- ed ivi residente, nei confronti del Ministero della difesa per l’annullamento del D.M. n. 144/I-3 del 9 aprile 2014, notificatogli il 18 aprile 2014 e del foglio del 13 aprile 2014 del Comandante di Corpo, di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego connessa a procedimento penale di cui all’art. 916 del d. lgs. 15 marzo 2010, n. 66.
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. 96243 del 19 febbraio 2016 con la quale il Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare - ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
visto il ricorso notificato il 31 luglio 2014;
vista la memoria difensiva del 18 marzo 2015;
vista la memoria difensiva del 22 giugno 2015;
visto il proprio parere interlocutorio n. 3730 del 30 dicembre 2015;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Saverio Capolupo.
Premesso:
1. Il giudice per le indagini preliminari presso il -OMISSIS- in data 28 gennaio 2014 emetteva decreto di giudizio immediato nei confronti del ricorrente nell’ambito del procedimento penale n. 894/12 R.G.N.R. in ordine ai reati di “bancarotta fraudolenta aggravata” e “fatti di bancarotta fraudolenta” di cui agli artt. 216 e 223 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare). In particolare, il citato sottufficiale, quale socio di una società a responsabilità limitata, avrebbe predisposto una contabilità del tutto inattendibile, sottraendo documentazione contabile e distratto beni aziendali.
Le condotte ascritte all’imputato avrebbero contribuito al dissesto economico della società, successivamente dichiarata fallita, cagionando un danno patrimoniale di rilevante entità, ammontante a euro 1.340.953,63 con pregiudizio dei creditori.
2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il Maresciallo Capo OMISSIS ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del decreto ministeriale n. 144/I-3 del 9 aprile 2014, con cui il Ministero della difesa lo ha sospeso precauzionalmente dal servizio ai sensi dell’art. 916 del d. lgs. 10 marzo 2010, n. 66 e della nota del 13 febbraio 2014 cui il Comandante del corpo ha proposto l’adozione del contestato provvedimento; dei pareri di concordanza del Comandante delle forze di combattimento; dei pareri di concordanza formulati rispettivamente il 13 e il 26 febbraio 2014 del provvedimento con cui il Direttore generale del personale militare ha approvato l’istruttoria relativa alla contestata sospensione, non noto e non conosciuto; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
3. Con la relazione istruttoria del 26 settembre 2014 il Ministero riferente eccepiva l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio dell’alternatività di cui all’art. 8, comma 2 del d. P.R. n. 1199 del 1971, rilevando che il ricorrente, prima di proporre il ricorso straordinario in esame, avrebbe presentato un ricorso giurisdizionale dinanzi al Tar per la Puglia avverso il medesimo provvedimento impugnato in questa sede, ovvero il decreto ministeriale n. 144/I-3 del 9 aprile 2014.
Con la prima memoria difensiva del 18 marzo 2015 il ricorrente rappresentava di aver notificato alle controparti un ricorso al Tar per la Puglia avverso il contestato decreto ministeriale ma che “a detta notificazione non è seguita la necessaria iscrizione a ruolo”.
L’Amministrazione, con nota del 22 aprile 2015 prot. n. M-DGMIL0218451, trasmetteva una seconda relazione istruttoria ritenendo il ricorso ammissibile e si esprimeva per il rigetto nel merito del ricorso stesso e per la declaratoria d’inammissibilità dell’eccezione d’illegittimità costituzionale degli artt. 866, comma 1, e 923, comma 1, lettera i) del d. lgs. n. 66 del 2010, formulata dal ricorrente.
Con una seconda memoria del 22 giugno 2015 il ricorrente ha controdedotto a quanto rilevato dall’Amministrazione con la relazione istruttoria del 22 aprile 2015 ed ha, inoltre, ulteriormente articolato le censure di cui al ricorso straordinario de quo.
Con l’odierno gravame il ricorrente impugna i provvedimenti, deducendone la illegittimità, per i seguenti motivi:
1. violazione e falsa applicazione degli artt. 865, 866, 916 e 917 del d. lgs 2010, n. 66. Eccesso di poter per travisamento dei presupposti di fatto; ingiustizia manifesta. Contraddittorietà;
2. accertamento del diritto a rientrare in servizio, con condanna dell’Amministrazione al pagamento degli stipendi mensili non percepiti;
3. violazione del principio del favor rei;
4. in subordine, la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 866, comma 1 e 923, comma 1, lettera i) del d. lgs. n. 66 del 2010 per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.
Il Ministero riferente ritiene il ricorso infondato.
Il ricorrente ha prodotto memorie difensive.
Considerato:
1. La Sezione premette che i fatti oggetto del giudizio penale, come si evince dal decreto del Giudice per le indagini preliminari, sono stati commessi in OMISSIS dal “dal 2009 a novembre 2011”.
L’indicato arco temporale, per quanto interessa in questa sede, è stato interessato da una rilevante modifica del quadro giuridico di riferimento atteso che il d. lgs n. 10 marzo 2010, n. 66, con il quale è stato approvato il codice dell’ordinamento militare, è entrato in vigore il 9 ottobre 2010, cioè nel periodo interessato dalla condotta antigiuridica posta in essere dal ricorrente.
Al riguardo, dalla lettura del decreto impugnato, è possibile rilevare che il provvedimento è stato adottato:
- in quanto, in caso di condanna per i reati ascritti all’istante, “potrebbe derivare la perdita del grado della rimozione all’esito del procedimento disciplinare ovvero la perdita del grado per condanna penale, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 865 e 866 del codice dell’ordinamento militare”;
- “ai sensi dell’art. 916 dell’ordinamento militare”.
2. L’art. 916 d. lgs. 15 marzo 20109 n. 66 , all’art. 916, nell’ambito della Sezione IV (Capo II del Titolo V), dedicata ai casi di “sospensione dall’impiego”, prevede, oltre alla “sospensione a seguito di condanna penale” (art. 914), ed alla “sospensione precauzionale obbligatoria” (art. 915), anche la “sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale” (art. 916), la quale “può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado” e non può avere comunque durata superiore a cinque anni (art. 919, co. 1).
L’indicata norma giuridica deve essere considerata norma generale in tema di sospensione precauzionale facoltativa che individua, quali presupposti per la "possibile" (e dunque discrezionale) applicazione della misura:
- la sussistenza della qualità di "imputato",
- e che tale qualifica, che si acquisisce con l'esercizio dell'azione penale da parte del Pubblico Ministero, attenga ad "un reato da cui può derivare la perdita del grado".
Ai sensi dell'art. 866 C.O.M., "la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale.
L'art. 915 rappresenta, invece, la norma generale in tema di sospensione precauzionale obbligatoria (riconducibile, dunque, ad attività "vincolata" dell'amministrazione), per l'adozione della quale il presupposto (vincolante) non è rapportato ad una particolare categoria di reati, bensì - indipendentemente dal reato contestato - ai casi puntualmente indicati alle lettere da a) a d) del comma 1 e sostanzialmente riconducibili a provvedimenti cautelari limitativi della libertà personale ovvero impeditivi (misure cautelari o di prevenzione) della prestazione del servizio (quale che sia il reato contestato).
Da quanto esposto consegue che:
- per un verso, il potere di disporre la sospensione facoltativa, previsto dall’art. 915, co. 2, d. lgs. n. 66/2010 costituisce ipotesi speciale rispetto a quella generale, disciplinata dall’art. 916, posto che, nel primo caso, la sospensione facoltativa presuppone l’intervenuta adozione di una sospensione obbligatoria;
- per altro verso (ed anche ciò fonda la specialità della norma), il presupposto della sospensione facoltativa ex art. 915, comma 2, non è rappresentato dallo status di imputato per reati da cui può derivare, in caso di condanna, la perdita del grado, bensì dall’essere stato il militare colpito da misura cautelare (o di prevenzione) coercitiva della libertà personale o comunque impeditiva della prestazione lavorativa, quale che sia il reato per il quale la misura sia stata in precedenza adottata.
Nel caso in esame, per effetto del decreto di giudizio immediato, il sottufficiale ha assunto la qualità di imputato e, quindi potenzialmente, la sanzione disciplinare di stato poteva essere adottata, fermo restando che l'emanazione del provvedimento di cui trattasi è rimessa esclusivamente all'apprezzamento necessitato dall'Amministrazione pubblica essendo una misura discrezionale da adottare, ove se ne ravvisi la necessità e ne sussistano i presupposti, immediatamente all'atto della sottoposizione del dipendente a procedimento penale per imputazione dalla quale può derivare la perdita del grado.
Trattasi di una misura cautelare che, per sua natura, prescinde da ogni accertamento sulla responsabilità dell'interessato, spettante solo al giudice penale, connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell'incolpato (Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2016 n. 477; Id, 23 novembre 2015, n. 5364).
La discrezionalità dell'atto impone che la sua sindacabilità sia limitata a quei profili di manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza o palese travisamento dei fatti che, nel caso di specie, non sussistono.
La giurisprudenza ha, peraltro, conseguentemente affermato che non è necessaria una specifica motivazione del provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio qualora i fatti contestati al dipendente siano particolarmente gravi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2001 n. 334; 8 febbraio 2016, n. 477) ed è indubbio che, considerato lo status di militare del ricorrente, l’imputazione per il delitto di bancarotta aggravata debba essere considerata tale anche in considerazione dei doveri derivanti dal giuramento di fedeltà alla Repubblica ed al rispetto delle leggi dello Stato prestato dal sottufficiale.
3. Circa l’estraneità della condotta incriminata tenuta dal ricorrente all’attività di servizio, in presenza dell’oggettiva gravità dei fatti, l'Amministrazione resistente ha, peraltro, dato compiutamente conto delle ragioni della disposta sospensione facoltativa evidenziando la turbativa che la permanenza in servizio effettivo del sottufficiale avrebbe recato al decoro e alla funzionalità dell'Istituzione; lo stesso decreto richiama i pareri di concordanza formulati dai Comandanti delle forze di combattimento e dal Comandante di squadra aerea, rispettivamente, del 13 e 26 febbraio 2014.
In tale parere si evidenziano:
-"gli interessi di rilevo pubblico coinvolti, stanti, da un lato la peculiarità e delicatezza delle funzioni esercitate in virtù dello status di militare e, dall'altro, la corrispondente necessità di tutela del prestigio, dell’imparzialità e dell’immagine interna ed esterna dell'amministrazione";
- la "necessità di tutela dell'immagine dell'amministrazione e della moralità dei suoi dipendenti";
- la gravità degli addebiti mossi in sede penale;
- l'impedimento allo svolgimento regolare, corretto e con pienezza di autorità e credibilità, delle funzioni istituzionali da parte del militare.
Risulta, quindi, che l'Amministrazione abbia congruamente motivato i propri atti e abbia disposto l'impugnata misura per soddisfare l'esigenza di buon andamento ed efficacia della propria attività istituzionale, da apprezzarsi non solo sotto l'aspetto dell'ordinato e regolare svolgimento dei compiti istituzionali, ma anche sotto il profilo del prestigio, del decoro e della propria credibilità, sia esterna che interna.
Né, al riguardo, può rilevare l’attribuzione di un riconoscimento di ordine morale all’interessato in quanto trattasi di comportamenti da valutarsi in modo autonomo per cui non è configurabile alcuna contraddittorietà nell’operato dell’Amministrazione.
Né può sussistere alcun obbligo per l'Amministrazione di attendere gli sviluppi del procedimento penale prima di adottare la sospensione precauzionale dall'impiego, considerato che la misura ha carattere cautelare e che, ai fini della sua applicazione, il legislatore ha posto come unica e sufficiente condizione la qualità di imputato del militare per un reato dal quale possa derivare la perdita del grado.
4. Questo Consiglio di Stato (sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559), nell’esaminare i presupposti per l’esercizio del potere di cui all’art. 916 c.o.m., ha avuto modo di osservare che tale norma, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa, fa riferimento a reati (e più precisamente, a delitti) che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.
In particolare, per quel che interessa nella presente sede, giova ricordare che l’art. 29 cod. pen. prevede che la interdizione temporanea dai pubblici uffici consegue ad una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.
In virtù dei rinvii effettuati dalle norme innanzi indicate, può dunque affermarsi che l’applicazione della sospensione precauzionale facoltativa può aversi allorché il militare sia imputato (cioè vi sia stato esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, in uno dei modi previsti dal c.p.p.) e che lo sia per un reato per il quale la eventuale futura condanna possa comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e cioè per un delitto la cui pena edittale massima sia pari o superiore a tre anni.
In altre parole, l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa fa riferimento a delitti che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.
Ovviamente, stante la natura facoltativa della misura cautelare, compete all’amministrazione militare vagliare, in esercizio della propria potestà discrezionale, la opportunità dell’applicazione della misura (Consiglio di Stato, sez. IV, 19 gennaio 2017, n. 559).
Nel caso di specie il reato contestato al ricorrente comporta, in astratto, per il caso di condanna, l’applicazione della misura della perdita del grado atteso che per i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e fatti di bancarotta fraudolenta (art. 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) è prevista la pena della reclusione da tre a 10 anni.
5. Con riferimento al mancato avvio del procedimento disciplinare, può essere sufficiente ricordare che la previgente formulazione dell’art. 1393 del codice dell’ordinamento militare precludeva l’avvio di tale procedimento “fino al termine di quello penale o di prevenzione”.
In merito all’applicazione del principio del favor rei, la Sezione evidenzia che, ai sensi dell’art. 2187 c.o.m. “i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla previgente normativa”.
Ne consegue che ciò che appare dirimente ai fini della applicazione delle disposizioni in materia disciplinare non è la data della commissione del fatto, ma quella dell'inizio del procedimento sanzionatorio.
Con riferimento al caso di specie, l’Amministrazione ha avuto conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a carico del ricorrente, il 14 febbraio 2014, data di acquisizione del decreto di giudizio immediato nei confronti del ricorrente.
Risulta, pertanto, infondata la censura volta a ritenere applicabile la disciplina previgente all’entrata in vigore (9 ottobre 2010) del codice dell’ordinamento militare.
6. In merito all’eccezione di incostituzionalità dell’art. 866 del Codice dell'ordinamento militare in relazione al successivo art. 923, comma 1, lett. i), la Sezione, concordando con l’Amministrazione riferente - la quale, oltre ad segnalare che analoga questione di legittimità è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 276 del 2013, ne ha anche escluso la rilevanza - evidenzia che in effetti la questione è priva del requisito della rilevanza: la disposizione applicata dall’atto impugnato è l’articolo 916 del Codice dell'ordinamento militare, mentre l’applicazione del precedente art. 866 è, nella fattispecie, soltanto eventuale.
Per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
L’esame della richiesta di sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto impugnato resta assorbito.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Saverio Capolupo Giancarlo Luttazi
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Ricorso straordinario perso
Il CdS scrive:
1) - In particolare, il citato sottufficiale, quale socio di una società a responsabilità limitata, avrebbe predisposto una contabilità del tutto inattendibile, sottraendo documentazione contabile e distratto beni aziendali.
2) - Le condotte ascritte all’imputato avrebbero contribuito al dissesto economico della società, successivamente dichiarata fallita, cagionando un danno patrimoniale di rilevante entità, ammontante a euro 1.340.953,63 con pregiudizio dei creditori.
3) - Nel caso di specie il reato contestato al ricorrente comporta, in astratto, per il caso di condanna, l’applicazione della misura della perdita del grado atteso che per i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e fatti di bancarotta fraudolenta (art. 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) è prevista la pena della reclusione da tre a 10 anni.
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201901112
Numero 01112/2019 e data 12/04/2019 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 13 marzo 2019
NUMERO AFFARE 01256/2015
OGGETTO:
Ministero della difesa - Direzione generale per il personale militare.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dal primo Maresciallo -OMISSIS- ed ivi residente, nei confronti del Ministero della difesa per l’annullamento del D.M. n. 144/I-3 del 9 aprile 2014, notificatogli il 18 aprile 2014 e del foglio del 13 aprile 2014 del Comandante di Corpo, di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego connessa a procedimento penale di cui all’art. 916 del d. lgs. 15 marzo 2010, n. 66.
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. 96243 del 19 febbraio 2016 con la quale il Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare - ha chiesto il parere sull’affare indicato in oggetto;
visto il ricorso notificato il 31 luglio 2014;
vista la memoria difensiva del 18 marzo 2015;
vista la memoria difensiva del 22 giugno 2015;
visto il proprio parere interlocutorio n. 3730 del 30 dicembre 2015;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Saverio Capolupo.
Premesso:
1. Il giudice per le indagini preliminari presso il -OMISSIS- in data 28 gennaio 2014 emetteva decreto di giudizio immediato nei confronti del ricorrente nell’ambito del procedimento penale n. 894/12 R.G.N.R. in ordine ai reati di “bancarotta fraudolenta aggravata” e “fatti di bancarotta fraudolenta” di cui agli artt. 216 e 223 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare). In particolare, il citato sottufficiale, quale socio di una società a responsabilità limitata, avrebbe predisposto una contabilità del tutto inattendibile, sottraendo documentazione contabile e distratto beni aziendali.
Le condotte ascritte all’imputato avrebbero contribuito al dissesto economico della società, successivamente dichiarata fallita, cagionando un danno patrimoniale di rilevante entità, ammontante a euro 1.340.953,63 con pregiudizio dei creditori.
2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il Maresciallo Capo OMISSIS ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, del decreto ministeriale n. 144/I-3 del 9 aprile 2014, con cui il Ministero della difesa lo ha sospeso precauzionalmente dal servizio ai sensi dell’art. 916 del d. lgs. 10 marzo 2010, n. 66 e della nota del 13 febbraio 2014 cui il Comandante del corpo ha proposto l’adozione del contestato provvedimento; dei pareri di concordanza del Comandante delle forze di combattimento; dei pareri di concordanza formulati rispettivamente il 13 e il 26 febbraio 2014 del provvedimento con cui il Direttore generale del personale militare ha approvato l’istruttoria relativa alla contestata sospensione, non noto e non conosciuto; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
3. Con la relazione istruttoria del 26 settembre 2014 il Ministero riferente eccepiva l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio dell’alternatività di cui all’art. 8, comma 2 del d. P.R. n. 1199 del 1971, rilevando che il ricorrente, prima di proporre il ricorso straordinario in esame, avrebbe presentato un ricorso giurisdizionale dinanzi al Tar per la Puglia avverso il medesimo provvedimento impugnato in questa sede, ovvero il decreto ministeriale n. 144/I-3 del 9 aprile 2014.
Con la prima memoria difensiva del 18 marzo 2015 il ricorrente rappresentava di aver notificato alle controparti un ricorso al Tar per la Puglia avverso il contestato decreto ministeriale ma che “a detta notificazione non è seguita la necessaria iscrizione a ruolo”.
L’Amministrazione, con nota del 22 aprile 2015 prot. n. M-DGMIL0218451, trasmetteva una seconda relazione istruttoria ritenendo il ricorso ammissibile e si esprimeva per il rigetto nel merito del ricorso stesso e per la declaratoria d’inammissibilità dell’eccezione d’illegittimità costituzionale degli artt. 866, comma 1, e 923, comma 1, lettera i) del d. lgs. n. 66 del 2010, formulata dal ricorrente.
Con una seconda memoria del 22 giugno 2015 il ricorrente ha controdedotto a quanto rilevato dall’Amministrazione con la relazione istruttoria del 22 aprile 2015 ed ha, inoltre, ulteriormente articolato le censure di cui al ricorso straordinario de quo.
Con l’odierno gravame il ricorrente impugna i provvedimenti, deducendone la illegittimità, per i seguenti motivi:
1. violazione e falsa applicazione degli artt. 865, 866, 916 e 917 del d. lgs 2010, n. 66. Eccesso di poter per travisamento dei presupposti di fatto; ingiustizia manifesta. Contraddittorietà;
2. accertamento del diritto a rientrare in servizio, con condanna dell’Amministrazione al pagamento degli stipendi mensili non percepiti;
3. violazione del principio del favor rei;
4. in subordine, la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 866, comma 1 e 923, comma 1, lettera i) del d. lgs. n. 66 del 2010 per violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97 della Costituzione.
Il Ministero riferente ritiene il ricorso infondato.
Il ricorrente ha prodotto memorie difensive.
Considerato:
1. La Sezione premette che i fatti oggetto del giudizio penale, come si evince dal decreto del Giudice per le indagini preliminari, sono stati commessi in OMISSIS dal “dal 2009 a novembre 2011”.
L’indicato arco temporale, per quanto interessa in questa sede, è stato interessato da una rilevante modifica del quadro giuridico di riferimento atteso che il d. lgs n. 10 marzo 2010, n. 66, con il quale è stato approvato il codice dell’ordinamento militare, è entrato in vigore il 9 ottobre 2010, cioè nel periodo interessato dalla condotta antigiuridica posta in essere dal ricorrente.
Al riguardo, dalla lettura del decreto impugnato, è possibile rilevare che il provvedimento è stato adottato:
- in quanto, in caso di condanna per i reati ascritti all’istante, “potrebbe derivare la perdita del grado della rimozione all’esito del procedimento disciplinare ovvero la perdita del grado per condanna penale, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 865 e 866 del codice dell’ordinamento militare”;
- “ai sensi dell’art. 916 dell’ordinamento militare”.
2. L’art. 916 d. lgs. 15 marzo 20109 n. 66 , all’art. 916, nell’ambito della Sezione IV (Capo II del Titolo V), dedicata ai casi di “sospensione dall’impiego”, prevede, oltre alla “sospensione a seguito di condanna penale” (art. 914), ed alla “sospensione precauzionale obbligatoria” (art. 915), anche la “sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale” (art. 916), la quale “può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado” e non può avere comunque durata superiore a cinque anni (art. 919, co. 1).
L’indicata norma giuridica deve essere considerata norma generale in tema di sospensione precauzionale facoltativa che individua, quali presupposti per la "possibile" (e dunque discrezionale) applicazione della misura:
- la sussistenza della qualità di "imputato",
- e che tale qualifica, che si acquisisce con l'esercizio dell'azione penale da parte del Pubblico Ministero, attenga ad "un reato da cui può derivare la perdita del grado".
Ai sensi dell'art. 866 C.O.M., "la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale.
L'art. 915 rappresenta, invece, la norma generale in tema di sospensione precauzionale obbligatoria (riconducibile, dunque, ad attività "vincolata" dell'amministrazione), per l'adozione della quale il presupposto (vincolante) non è rapportato ad una particolare categoria di reati, bensì - indipendentemente dal reato contestato - ai casi puntualmente indicati alle lettere da a) a d) del comma 1 e sostanzialmente riconducibili a provvedimenti cautelari limitativi della libertà personale ovvero impeditivi (misure cautelari o di prevenzione) della prestazione del servizio (quale che sia il reato contestato).
Da quanto esposto consegue che:
- per un verso, il potere di disporre la sospensione facoltativa, previsto dall’art. 915, co. 2, d. lgs. n. 66/2010 costituisce ipotesi speciale rispetto a quella generale, disciplinata dall’art. 916, posto che, nel primo caso, la sospensione facoltativa presuppone l’intervenuta adozione di una sospensione obbligatoria;
- per altro verso (ed anche ciò fonda la specialità della norma), il presupposto della sospensione facoltativa ex art. 915, comma 2, non è rappresentato dallo status di imputato per reati da cui può derivare, in caso di condanna, la perdita del grado, bensì dall’essere stato il militare colpito da misura cautelare (o di prevenzione) coercitiva della libertà personale o comunque impeditiva della prestazione lavorativa, quale che sia il reato per il quale la misura sia stata in precedenza adottata.
Nel caso in esame, per effetto del decreto di giudizio immediato, il sottufficiale ha assunto la qualità di imputato e, quindi potenzialmente, la sanzione disciplinare di stato poteva essere adottata, fermo restando che l'emanazione del provvedimento di cui trattasi è rimessa esclusivamente all'apprezzamento necessitato dall'Amministrazione pubblica essendo una misura discrezionale da adottare, ove se ne ravvisi la necessità e ne sussistano i presupposti, immediatamente all'atto della sottoposizione del dipendente a procedimento penale per imputazione dalla quale può derivare la perdita del grado.
Trattasi di una misura cautelare che, per sua natura, prescinde da ogni accertamento sulla responsabilità dell'interessato, spettante solo al giudice penale, connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell'incolpato (Consiglio di Stato, sez. IV, 8 febbraio 2016 n. 477; Id, 23 novembre 2015, n. 5364).
La discrezionalità dell'atto impone che la sua sindacabilità sia limitata a quei profili di manifesta illogicità, abnormità, irragionevolezza o palese travisamento dei fatti che, nel caso di specie, non sussistono.
La giurisprudenza ha, peraltro, conseguentemente affermato che non è necessaria una specifica motivazione del provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio qualora i fatti contestati al dipendente siano particolarmente gravi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 gennaio 2001 n. 334; 8 febbraio 2016, n. 477) ed è indubbio che, considerato lo status di militare del ricorrente, l’imputazione per il delitto di bancarotta aggravata debba essere considerata tale anche in considerazione dei doveri derivanti dal giuramento di fedeltà alla Repubblica ed al rispetto delle leggi dello Stato prestato dal sottufficiale.
3. Circa l’estraneità della condotta incriminata tenuta dal ricorrente all’attività di servizio, in presenza dell’oggettiva gravità dei fatti, l'Amministrazione resistente ha, peraltro, dato compiutamente conto delle ragioni della disposta sospensione facoltativa evidenziando la turbativa che la permanenza in servizio effettivo del sottufficiale avrebbe recato al decoro e alla funzionalità dell'Istituzione; lo stesso decreto richiama i pareri di concordanza formulati dai Comandanti delle forze di combattimento e dal Comandante di squadra aerea, rispettivamente, del 13 e 26 febbraio 2014.
In tale parere si evidenziano:
-"gli interessi di rilevo pubblico coinvolti, stanti, da un lato la peculiarità e delicatezza delle funzioni esercitate in virtù dello status di militare e, dall'altro, la corrispondente necessità di tutela del prestigio, dell’imparzialità e dell’immagine interna ed esterna dell'amministrazione";
- la "necessità di tutela dell'immagine dell'amministrazione e della moralità dei suoi dipendenti";
- la gravità degli addebiti mossi in sede penale;
- l'impedimento allo svolgimento regolare, corretto e con pienezza di autorità e credibilità, delle funzioni istituzionali da parte del militare.
Risulta, quindi, che l'Amministrazione abbia congruamente motivato i propri atti e abbia disposto l'impugnata misura per soddisfare l'esigenza di buon andamento ed efficacia della propria attività istituzionale, da apprezzarsi non solo sotto l'aspetto dell'ordinato e regolare svolgimento dei compiti istituzionali, ma anche sotto il profilo del prestigio, del decoro e della propria credibilità, sia esterna che interna.
Né, al riguardo, può rilevare l’attribuzione di un riconoscimento di ordine morale all’interessato in quanto trattasi di comportamenti da valutarsi in modo autonomo per cui non è configurabile alcuna contraddittorietà nell’operato dell’Amministrazione.
Né può sussistere alcun obbligo per l'Amministrazione di attendere gli sviluppi del procedimento penale prima di adottare la sospensione precauzionale dall'impiego, considerato che la misura ha carattere cautelare e che, ai fini della sua applicazione, il legislatore ha posto come unica e sufficiente condizione la qualità di imputato del militare per un reato dal quale possa derivare la perdita del grado.
4. Questo Consiglio di Stato (sez. IV, 8 febbraio 2017 n. 559), nell’esaminare i presupposti per l’esercizio del potere di cui all’art. 916 c.o.m., ha avuto modo di osservare che tale norma, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa, fa riferimento a reati (e più precisamente, a delitti) che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.
In particolare, per quel che interessa nella presente sede, giova ricordare che l’art. 29 cod. pen. prevede che la interdizione temporanea dai pubblici uffici consegue ad una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni.
In virtù dei rinvii effettuati dalle norme innanzi indicate, può dunque affermarsi che l’applicazione della sospensione precauzionale facoltativa può aversi allorché il militare sia imputato (cioè vi sia stato esercizio nei suoi confronti dell’azione penale, in uno dei modi previsti dal c.p.p.) e che lo sia per un reato per il quale la eventuale futura condanna possa comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e cioè per un delitto la cui pena edittale massima sia pari o superiore a tre anni.
In altre parole, l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare, nell’individuare il presupposto perché l’amministrazione possa valutare l’applicazione (o meno) della misura cautelare facoltativa fa riferimento a delitti che “possono” astrattamente comportare l’applicazione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, e non già alla pena irrogata in concreto.
Ovviamente, stante la natura facoltativa della misura cautelare, compete all’amministrazione militare vagliare, in esercizio della propria potestà discrezionale, la opportunità dell’applicazione della misura (Consiglio di Stato, sez. IV, 19 gennaio 2017, n. 559).
Nel caso di specie il reato contestato al ricorrente comporta, in astratto, per il caso di condanna, l’applicazione della misura della perdita del grado atteso che per i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) e fatti di bancarotta fraudolenta (art. 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267) è prevista la pena della reclusione da tre a 10 anni.
5. Con riferimento al mancato avvio del procedimento disciplinare, può essere sufficiente ricordare che la previgente formulazione dell’art. 1393 del codice dell’ordinamento militare precludeva l’avvio di tale procedimento “fino al termine di quello penale o di prevenzione”.
In merito all’applicazione del principio del favor rei, la Sezione evidenzia che, ai sensi dell’art. 2187 c.o.m. “i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla previgente normativa”.
Ne consegue che ciò che appare dirimente ai fini della applicazione delle disposizioni in materia disciplinare non è la data della commissione del fatto, ma quella dell'inizio del procedimento sanzionatorio.
Con riferimento al caso di specie, l’Amministrazione ha avuto conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a carico del ricorrente, il 14 febbraio 2014, data di acquisizione del decreto di giudizio immediato nei confronti del ricorrente.
Risulta, pertanto, infondata la censura volta a ritenere applicabile la disciplina previgente all’entrata in vigore (9 ottobre 2010) del codice dell’ordinamento militare.
6. In merito all’eccezione di incostituzionalità dell’art. 866 del Codice dell'ordinamento militare in relazione al successivo art. 923, comma 1, lett. i), la Sezione, concordando con l’Amministrazione riferente - la quale, oltre ad segnalare che analoga questione di legittimità è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 276 del 2013, ne ha anche escluso la rilevanza - evidenzia che in effetti la questione è priva del requisito della rilevanza: la disposizione applicata dall’atto impugnato è l’articolo 916 del Codice dell'ordinamento militare, mentre l’applicazione del precedente art. 866 è, nella fattispecie, soltanto eventuale.
Per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
L’esame della richiesta di sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto impugnato resta assorbito.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Saverio Capolupo Giancarlo Luttazi
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa