floyd ha scritto:Secondo la mia modesta interpretazione, prendera la percentuale sulla pal marurata sino al momento del transito.
Prima di cantare vittoria leggete bene cosa dice la sezione di appello della corte dei conti- Non compete la pp se si transita nei ruoli civili della stessa amministrazione- dopo riforma-in quanto non vi e cessazione ed interruzione del rapporto di lavoro ma solo un trasferimento
Sent. n. 529/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello
Composta dai sig.ri Magistrati:
dott. Enzo ROTOLO Presidente
dott.ssa Emma ROSATI Consigliere relatore
dott. Antonio CIARAMELLA Consigliere
dott.ssa Pina Maria Adriana LA CAVA Consigliere
dott.ssa Giuseppina MIGNEMI Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 50893 del ruolo generale, promosso dal sig. Giuseppe DE MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi NOBILE, elettivamente domiciliato in Benevento, al Viale Mellusi, n. 85, presso il di lui studio, CONTRO l’INPS, con sede in Roma, Via Ciro il Grande, n. 21, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi CALIULO, Clementina PULLI, Emanuela CAPANNOLI e Mauro RICCI, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cesare Beccaria, n. 29,
AVVERSO
la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la CAMPANIA, n. 984/2015, depositata il 4 novembre 2015.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 6 luglio 2017, il relatore Consigliere dott.ssa Emma ROSATI nonché l’avv. Lidia CARCAVALLO, per delega verbale dell’avv. Emanuela CAPANNOLO, per l’INPS. Assente il legale di parte appellante.
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata, la Sezione giudicante territoriale della CAMPANIA ha rigettato il ricorso del signor Giuseppe DE MARIA (ex Dipendente del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa circondariale di BENEVENTO, transitato nel ruolo civile dell’Amministrazione penitenziaria in data 6 maggio 2011) che aveva chiesto in prime cure il riconoscimento della pensione ex art. 42, DPR 29.12.1973, n. 1092, che gli era stata negata in sede amministrativa.
Il sig. DE MARIA ha impugnato la statuizione di rigetto, deducendo la violazione dell’art. 42, DPR n. 1092/1973, in quanto la sentenza impugnata non aveva preso in adeguata considerazione due fondamentali elementi del ricorso: il motivo per cui vi fu dispensa dal servizio e se vi sia stata o meno la risoluzione del rapporto di lavoro; ha dedotto poi violazione e/o erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 130 e 133, DPR n. 1092/1973. Concludendo, l’appellante ha affermato come sia evidente che il DE MARIA cessò dal servizio solo ed esclusivamente perché non riconosciuto idoneo allo svolgimento di mansioni militari dalla CMO di seconda istanza, dunque a causa della sua infermità psicofisica. Inoltre, vi fu una chiara risoluzione del rapporto di lavoro, in quanto il transito nei ruoli civili non comportò alcuna prosecuzione del lavoro fino ad allora svolto, sia in senso formale che sostanziale: il DE MARIA, infatti, sottoscrisse un nuovo e diverso contratto di lavoro, svolgendo attività lavorativa del tutto differente dalla precedente.
Ha chiesto, perciò, il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere la pensione diretta di inabilità, ex art. 42, DPR n. 1092/1973 e la condanna dell’INPS al pagamento di detta pensione, a far data dal 29.10.2008 (giorno successivo alla cessazione del primo rapporto di lavoro), oltre a interessi e rivalutazione.
Con memoria difensiva, recepita in data 21.12.2016, l’INPS ha chiesto il rigetto dell’appello, per infondatezza, richiamando la disciplina prevista dall’art. 191, DPR n. 1092/1973, quale disciplina applicabile nella fattispecie.
All’odierna pubblica udienza, l’avv. L. CARCAVALLO, per l’INPS appellato, si è riportata all’atto scritto, insistendo per il rigetto dell’appello. Assente l’avv. Luigi NOBILE, per l’appellante.
Considerato in diritto
L’appello è infondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge un iter ragionativo ed argomentativo coerente con le documentazioni versate in atti e con la disciplina legislativa applicabile nella fattispecie, vale a dire, l’art. 191 del DPR n. 1092/1973 e non quella speciale prevista invece dall’art. 42 dello stesso testo normativo, invocata dall’appellante; a tenore di quest’ultimo articolo, infatti, il dipendente che cessa dal servizio per raggiungimento del limite d’età o per infermità non dipendente da causa di servizio ha diritto alla pensione normale se ha compiuto quindici anni di servizio effettivo; nei casi di dimissioni, di decadenza, di destituzione e di ogni altro caso di cessazione dal servizio, il dipendente ha diritto alla pensione normale se ha compiuto venti anni di servizio effettivo”. (Cfr., art. 42, 1° e 2° comma, DPR 29 dicembre 1973, n. 1092).
In questa sede d’appello – come del resto in prime cure – non si forniscono argomentazioni sufficienti per superare il fatto, incontestato, che il procedimento che regola il passaggio dell’appartenente ai ruoli del Corpo della Polizia Penitenziaria ad altro ruolo della stessa o di altra amministrazione (come del resto accade per gli appartenenti ai corpi armati dello Stato) non può essere definito come ‘cessazione’ bensì come ‘trasferimento in altri ruoli’; stabilisce infatti, a tal uopo, l’art. 75, 1° comma, D. Lgs. 30.10.1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria) che il personale del Corpo di polizia penitenziaria, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all’assolvimento di compiti d’istituto può a domanda essere trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell’Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato semprechè l’infermità accertata ne consenta l’ulteriore impiego”. Pare perciò indubbio che il trasferimento de quo non possa essere considerato una ‘cessazione’ nel senso voluto dal legislatore affinchè si configuri l’ipotesi di conferimento d’ufficio della pensione di privilegio. Del resto, sul punto, anche la giurisprudenza di questa Corte dei conti appare consolidata. (Cfr., per un caso analogo, questa stessa Sez. I^ d’appello, n. 228/2015). Non si rinvengono, perciò, irragionevolezze e/o carenze di motivazione nella sentenza qui impugnata, quali errori di diritto, scrutinabili in questa sede d’appello.
E’ importante sottolineare, a conclusione, che il sig. DE MARIA non è cessato dalla Polizia Penitenziaria e poi transitato altrove, bensì, a seguito di sua richiesta, è transitato dai ruoli della Polizia Penitenziaria, ai ruoli del personale civile del Ministero della Giustizia e pertanto il caso rientra nella disciplina di cui all’art. 191 del DPR n. 1092 del 1973 e non in quella (speciale), di cui all’art. 42 dello stesso Decreto presidenziale.
La sentenza qui impugnata va pertanto confermata, in quanto condivisibile e di esatto rigore giuridico, restando assorbìte tutte le altre questioni sollevate dall’appellante, con conseguente liquidazione delle spese di giudizio a carico di parte soccombente, come da dispositivo.
Nulla per le spese di giustizia.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI - SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RIGETTA l’appello epìgrafato e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.
LIQUIDA in favore dell’INPS le spese di giudizio, nella somma totale di euro 1.000,00.
Nulla per le spese di giustizia.
Manda alla Segreteria per il seguito di competenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del giorno 6 luglio 2017.