Sentenza Corte dei Conti a SS.RR. cumlo PPO e stipendio
Inviato: gio dic 14, 2017 12:03 pm
Sentenza n. 42/2017/QM
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
composta dai seguenti magistrati:
Alberto AVOLI Presidente
Antonio GALEOTA Consigliere
Antonio CIARAMELLA Consigliere
Chiara BERSANI Consigliere relatore
Piero Carlo FLOREANI Consigliere
Stefania FUSARO Consigliere
Anna BOMBINO Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sulla questione di massima, iscritto al n. 573/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni riunite, deferita dalla Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti con sentenza non definitiva/ordinanza n. 261/2017, depositata il 18 luglio 2017, pronunciata sul giudizio di appello n. 50647 R.G., proposto dal Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia n. 74 del 14 dicembre 2015, depositata il 24 febbraio 2016, e contro Davide FERSINI, rappresentato e difeso dagli Avvocati Paolo GUERRA e Maurizio GUERRA, e presso gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Magnagrecia, n.95.
Visti gli atti di causa.
Uditi, nell’udienza del 15 novembre 2017, con l’assistenza del Segretario Dr.ssa Adele Mei, il relatore Cons. Chiara Bersani, l’Avv. Alfredo VENDITTI per il Ministero della Difesa, gli Avv.ti Paolo GUERRA e Maurizio GUERRA per Davide FERSINI, ed il pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale Antongiulio MARTINA. Non presente l’Avvocatura dello Stato.
Ritenuto in
FATTO
1.Con la sentenza/ordinanza in epigrafe la Sezione Prima giurisdizionale centrale d’appello ha posto la seguente questione di massima: “Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.
2.Il giudice di prime cure ha accertato il diritto del sig. Davide Fersini, cessato dal servizio militare per inidoneità al S.M.I. e transitato a domanda nei ruoli civili dell’amministrazione della difesa in applicazione dell’art. 14, quinto co., della legge 28 luglio 1999, n. 266, ad ottenere, in cumulo con il trattamento di attività, la pensione privilegiata di 7° cat. per infermità giudicate, in base a CTU positiva assunta in giudizio, dipendenti dal servizio prestato nella Marina Militare negli anni 2001-2009; la sua domanda di pensione di privilegio era stata respinta dal Ministero della Difesa “per divieto di cumulo tra trattamento di attività e pensione privilegiata ai sensi degli artt. 133 e 139 del D.P.R. n.1092/73, consistendo il nuovo servizio nelle Aree funzionali del personale civile di questa A.D. derivazione e continuazione del precedente servizio”. Il giudice, viceversa, ha ritenuto che nella fattispecie trovasse applicazione l’art. 139 del citato D.P.R. nell’interpretazione datane dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella sentenza n. 21/QM del 24 settembre 1998 e, rilevando che il Sig. Fersini era stato assunto nella qualifica di “operatore di amministrazione” - profilo professionale cod. 0102 settore 100 – seconda Area – fascia retributiva F 2, ha accertato il diritto al cumulo sulla base del rilievo che il nuovo rapporto non potesse considerarsi derivazione ovvero continuazione del precedente.
3.Nel giudizio di appello, intentato dal Ministero della difesa, l’amministrazione sostiene che la fattispecie, concernente il transito a domanda in soprannumero nei ruoli civili, di cui all’art. 14, quinto co., della legge n. 266/1999, ora trasfuso nell’art. 930 del Codice dell’Ordinamento Militare approvato con il d.lgs. n. 66/2010, non rientrerebbe nell’ambito dell’unica ipotesi in cui l’art.139 consentirebbe il diritto al cumulo, ipotesi prevista alla lettera c) dell’art. 133, ivi richiamata, la quale concernerebbe il solo passaggio del personale militare all’impiego civile mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad esso riservati ai sensi degli artt. 57 e seguenti della legge 13 luglio 1954, n. 599, e dell’art. 33 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168. Non rientrando la fattispecie in questa ipotesi, essa sarebbe disciplinata nell’ambito del divieto di cumulo previsto dall’art. 133, lettera f), del D.P.R. n. 1092/1973 (transito senza concorso).
La Sezione remittente, respinta la domanda cautelare dell’appellante Ministero con la sentenza non definitiva/ordinanza n.96 emessa alla camera di consiglio del 18 ottobre 2016, respinte le censure preliminari e dichiarate inammissibili e/o manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dal ricorrente avverso gli artt. 133 e 139 del citato D.P.R., ha individuato la questione del decidere nell’accertamento del diritto di un soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità al servizio e transitato a un impiego civile, di vedersi riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata, maturata per infermità insorta a causa del servizio militare, con riferimento all’ambito di applicazione degli artt. 130, 133 e 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nei seguenti termini:
• se trovi applicazione, in merito, il divieto di cumulo sancito dall’art. 133, dovendosi tener conto del rapporto di “derivazione, continuazione o rinnovo” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata;
• se, in contrario, trovi applicazione la disposizione recata dall’art. 139 e, quindi, debba tenersi conto del concetto di “diversità” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata, anche al di furi delle ipotesi di nomina a seguito di concorso.
Così delineata la questione, la Sezione remittente ha rilevato che, sul punto, sussisterebbe un contrasto di orientamenti nella giurisprudenza sia della Prima che della Seconda Sezione Centrale di Appello. Ad un orientamento conforme ai criteri interpretativi degli art. 133 e 139 cit. enunziati nella sentenza delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 21/QM/2008 (richiama Sezione I, sentenza 31 gennaio 2017, n. 24; Sezione II, sentenza 20 giugno 2016, n. 640), si affiancherebbe un orientamento opposto (Sezione I, sentenze 12 aprile 2013, n. 284; 9 luglio 2015, n. 432; 21 dicembre 2015, n. 614; Sezione II, sentenza 17 febbraio 2014, n. 59). Più precisamente, per il primo, il concetto di “diversità” di cui all’art. 139 del D.P.R. è da ritenersi differente dal concetto di “derivazione” dal precedente rapporto di cui all’art. 133, e l’art. 139 troverebbe “comunque” applicazione anche al di fuori dei casi di pubblico concorso, “indipendentemente dalla circostanza che il militare sia o meno transitato nel servizio civile”; per il secondo orientamento, “negativo”, qualora il militare sia stato transitato nel ruolo civile al di fuori delle ipotesi di nomina con concorso, richiamata dall’art. 139 ult.co. e indicata dall’art. 133, lett. c), troverebbe applicazione l’art. 133, e si rileverebbero i tratti della continuità dei due rapporti ricadenti nella fattispecie di cui alla lettera f) dell’articolo medesimo, conseguendone il divieto di cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività.
Rileva la remittente Sezione che la questione è “caratterizzata da particolare importanza, desumibile dalla complessità della materia, dall’ampiezza della platea di riferimento e dalla specifica necessità di assicurare la tendenziale coerenza giurisprudenziale, oltretutto attraverso pronuncia di massima dotata del carattere “vincolante” ribadito dal codice della giustizia contabile approvato col decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174”.
4. Il signor Fersini si è costituito nel presente giudizio con memoria del 23 ottobre 2017 con il patrocinio degli Avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra, chiedendo che sia accertato che “in esatta applicazione dell’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, al soggetto cessato dal ruolo militare per inidoneità e transitato a domanda nel diverso ruolo civile, anche della stessa amministrazione, va riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata per invalidità dipendenti dal primo servizio in cumulo con lo stipendio percepito o la pensione ordinaria maturata per il secondo”.
In sostanza, la tesi del ricorrente è che “il Legislatore all’art. 133 ha utilizzato i termini di “derivazione", "continuazione" e "rinnovo" per individuare le ipotesi di incumulabilità dei "trattamenti ordinari di quiescenza" (e soltanto di questi) con il trattamento di attività o di altra pensione ordinaria, mentre all’art. 139 ha utilizzato il termine di "diversità" per ammettere la pensione privilegiata in cumulo col trattamento di attività (o di altra pensione ordinaria) anche nelle predette ipotesi di cui all'art. 133”. A suffragio di tale affermazione la difesa ha ampiamente ripreso, e positivamente commentato, il percorso argomentativo della citata sentenza di queste Sezioni n. 21/QM/98, ed ha sottolineato il particolare valore interpretativo che detta decisione ha rivestito nel contesto peculiare che ne vide la proposizione da parte del Procuratore Generale della Corte dei conti non per risolvere un caso specifico, ma proprio al fine di “assicurare un uniforme indirizzo della giurisprudenza di merito”, e nel quale essa assunse, a suo tempo, la funzione di individuare quale fosse l’interpretazione da dare alla richiamata disciplina dopo le conclusioni a cui era addivenuto il Consiglio di Stato nel parere emesso in data 3 luglio 1995, dalla Commissione Speciale Pubblico Impiego, riguardo alla posizione dei militari transitati al ruolo civile dei Commissari di leva ad esito di concorso che presupponeva l’appartenenza ai ruoli militari, parere che avrebbe dato origine ad un mutamento del consolidato opposto orientamento, sia da parte dei competenti uffici dell’amministrazione, sia in seno alla Corte dei conti, originando in tale ultimo ambito quel contrasto giurisprudenziale poi risolto con la medesima sentenza n.QM/21/98. Le conclusioni a cui queste Sezioni riunite sono addivenute nell’invocata sentenza non potrebbero subire alcuna rivisitazione in relazione alla sopravvenuta emanazione dell’art. 14, comma 5, della legge n. 266/1999 (ora art. 930 del D.lgs. n. 66/2010), che ha esteso al personale delle Forze armate, incluso quello dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, la facoltà di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa e, per la Guardia di Finanza, del personale civile del Ministero delle Finanze, secondo modalità e procedure analoghe a quelle previste dal D.P.R. 24 aprile 1982, n. 339 (che prevede il diritto del personale dei ruoli della Polizia di Stato con funzioni di polizia, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, di essere trasferito, a domanda, nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato). Difatti, né quest’ultimo D.P.R., né alcuna disposizione di legge o dei due decreti ministeriali di attuazione del 18 aprile 2002 - decreto del Ministro della Difesa di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per la Funzione Pubblica, che ha disciplinato il transito del personale delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri, e decreto del Ministro dell’Economia di concerto con il Ministro per la Funzione Pubblica, che ha disciplinato il transito del personale della Guardia di Finanza – contengono alcuna disposizione abrogativa del diritto al cumulo, in capo a detto personale, del trattamento di attività con quello di pensione privilegiata, e, per l’effetto, quest’ultimo continuerebbe ad essere consentito dall’art. 139 cit.. La tesi sarebbe suffragata anche dalla conforme interpretazione fornita dall’INPDAP nella nota operativa n. 27 del 25/07/2007, nella quale l’Istituto si è espresso per la cumulabilità ex art. 139, in questi casi, del nuovo trattamento di attività con la pensione di privilegio.
Infine, il principio espresso nell’invocata sentenza delle Sezioni riunite n. 21/QM/1998 sarebbe applicabile anche alla fattispecie rimessa a queste Sezioni Riunite, diversa da quella allora decisa per non concernere dipendenti civili assunti a seguito di concorso, ma a domanda, in quanto destinata ad affermare un principio interpretativo del diritto applicabile a tutte le ipotesi di passaggio dal ruolo militare ad altro ruolo, della stessa o di altre amministrazioni dello Stato.
5. Il Ministero della Difesa si è costituito ribadendo la tesi che nella fattispecie di nomina senza concorso troverebbero applicazione le disposizioni di cui all’art.133, secondo co., lettera f), in combinato disposto con l’art. 139, terzo co., del D.P.R. n.1092/73: per effetto del richiamo di tale ultima disposizione all’art. 133, lett.c), per il personale militare l’unica fattispecie in cui è consentito il cumulo della pensione di privilegio sarebbe quella della “nomina all’impiego civile di sottufficiale o graduato, in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari”, la quale, sostiene, identificherebbe unicamente le fattispecie di “passaggio all’impiego civile mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad esso riservati ex artt.57 e segg. della legge 31 luglio 1954, n. 599, ed ex art. 33 della legge 18 ottobre 1961, n.1168” (previsioni che, aggiunge, non sarebbero peraltro più attuali, essendo state abrogate). Al di fuori di tali ipotesi, e dunque in quella di immissione nei ruoli civili a domanda, troverebbe applicazione l’art. 133, quale norma speciale richiamata dall’art. 139, alla luce del quale anche per le pensioni privilegiate, come per quelle normali, il diritto al cumulo deve accertarsi nell’ambito del sistema binario rapporti derivati — rapporti diversi, con la conseguenza che, concretando il transito dal ruolo civile una derivazione dal precedente rapporto militare, la pensione privilegiata che trovi titolo in questo non sarebbe cumulabile con il trattamento di attività spettante per quello.
A tale conclusione si addiverrebbe necessariamente, per l’amministrazione, anche in considerazione del particolare regime di transito di cui alla fattispecie, disciplinato dall’art. 14, comma 5, della citata legge n.266/1999, il quale prevede la conservazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’inquadramento nel nuovo ruolo civile; concludendo in senso opposto si recherebbe vulnus al principio generale, di cui sarebbe espressione anche l’art. 132 del D.P.R. n. 1092/73, del divieto di valutare due volte a diversi fini il medesimo servizio, vulnus che potrebbe essere scongiurato solo se, contemporaneamente all’affermazione del diritto al cumulo in tale ipotesi, si accertasse che il precedente servizio militare che ha dato luogo a pensione privilegiata non può più essere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 132 cit., riunito o ricongiunto al nuovo servizio per essere ulteriormente valorizzato ai fini di carriera e/o dell’eventuale trattamento di quiescenza spettante al transitato al termine del nuovo servizio prestato presso la medesima Amministrazione della difesa. Ha concluso l’amministrazione per la soluzione negativa del quesito, sollevando, per l’ipotesi di rigetto della domanda, “profili di incostituzionalità in relazione all’art.3 della Costituzione per disparità di trattamento tra personale civile di pari livello e medesimo status, ormai escluso dal beneficio della pensione privilegiata dalla legge n 201/2011, che potrebbero configurarsi a seguito di una interpretazione estensiva della norme all’esame”, e, in via subordinata, chiedendo l’affermazione del principio che, nell’ipotesi di riconoscimento del diritto al cumulo, “il precedente servizio militare che ha dato luogo a pensione privilegiata non può più essere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 132 del D.P.R. n. 1092/73, riunito o ricongiunto al nuovo servizio per essere ulteriormente valorizzato ai fini di carriera e/o dell’eventuale trattamento di quiescenza spettante al transitato al termine del nuovo servizio prestato presso la medesima Amministrazione della difesa”.
6. La Procura, con memoria del 2 novembre 2017, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione di massima sotto due profili.
Sotto un primo aspetto, rileva che “contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, la questione ovviamente non verte sull’applicabilità dell’art. 133 o dell'art. 139 del D.P.R. 1092/1973, quanto piuttosto in ordine all’interpretazione di quest'ultimo articolo ed in particolare del requisito della "diversità" dei rapporti - cui, a termini della suddetta disposizione è subordinato il cumulo fra pensione privilegiata e trattamento di attività - e cioè se lo stesso debba interpretarsi in termini "speculari" rispetto alle condizioni in presenza delle quali, a termini del precedente art. 133, ricorre il divieto di cumulo fra pensione normale e trattamento di attività (nel senso di negare la "diversità" quando il nuovo rapporto costituisca derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente) o se, invece, debba essere interpretato in termini "autonomi" (nel senso di poterne ritenere la diversità ancorché il nuovo rapporto costituisca derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente). Ciò premesso, secondo la Procura la Sezione rimettente avrebbe dovuto farsi carico di illustrare la rilevanza del contrasto orizzontale sulla fattispecie, oggetto del giudizio a quo, evidenziando l’elemento della “diversità” del rapporto, poiché in assenza di questa il cumulo non dovrebbe considerarsi comunque ammesso, qualunque sia l’orientamento interpretativo cui si ritenga di aderire; difatti, l’invocata sentenza n.21/QM/1998 consente il cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività solo qualora sussista una “relazione di profonda modificazione del rapporto di servizio … tale da escludere la compresenza di elementi caratterizzanti nonostante la possibile derivazione”, ma nel caso di specie a tale verifica il giudice a quo non ha proceduto, in tal modo non operando, e non consentendo, il vaglio della rilevanza della questione sul giudizio.
Sotto un secondo profilo, la questione sarebbe inammissibile in quanto, nei termini in cui essa è stata formulata, non porterebbe all’enunciazione di un principio di diritto suscettibile di generale applicazione oltre la singola fattispecie oggetto del giudizio a quo che ne ha occasionato la proposizione. Il giudizio a quo è incentrato sul punto se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, mentre la questione di massima sarebbe incentrata sulla cumulabilità del trattamento di attività con la “pensione privilegiata” non altrimenti specificata, cioè senza riferimento ai requisiti richiesti dall’art. 67 del DPR 1092/73, e avrebbe dovuto essere formulato nei più esatti termini: “se, il soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, e transitato all’impiego statale civile senza concorso, abbia o meno diritto a cumulare, ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1092/1973, al relativo trattamento di attività la pensione privilegiata militare che potesse eventualmente spettargli in relazione ad infermità contratta durante il servizio militare”. Ne risulterebbe una equivocità di fondo del quesito, vieppiù avuto riguardo alle previsioni delle ipotesi di ultrattività della disciplina vigente in materia di pensione privilegiata anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011, non recando l’ordinanza di rimessione le necessarie indicazioni di ordine cronologico.
Nel merito, la Procura ha chiesto che al quesito sia data soluzione negativa “nel senso che il militare transitato per infermità all’impiego civile senza concorso non abbia diritto a cumulare, ex art. 139 D.P.R. 1092/1973, il trattamento privilegiato che gli potesse eventualmente spettare per infermità contratte durante il servizio militare con il trattamento di attività (e la pensione di riposo spettantegli alla cessazione del servizio civile)”. Il richiamo alla lett. c) dell’art. 133 comporterebbe l’applicabilità delle disposizioni dettate per il cumulo tra pensione privilegiata e trattamento di attività solo per i sottufficiali e i graduati che abbiano conseguito, con o senza soluzione di continuità, la nomina ad impiego civile in quelle determinate ipotesi, le quali concernerebbero solo i casi di nomina a seguito di concorso. A di fuori di tali casi, l’impiego civile conseguito non sarebbe ex sé “diverso” dall’impiego militare, e la corretta definizione del requisito della “diversità” sarebbe da risolversi caso per caso mediante “una verifica, secondo i diversi casi di nomina all’impiego civile, se si tratti del medesimo o di diverso rapporto”; tale verifica andrebbe condotta utilizzando l’art. 133 “ai fini dell’interpretazione logica e sistematica dell’art.139”, sulla base dei criteri interpretativi ricavabili dalle diverse ipotesi di “derivazione”, “continuazione” e “rinnovo” ivi indicate nelle lettere da a) a f), tutte accomunate dal legislatore ai fini di escludere il diritto al cumulo. In particolare, il divieto di cui alla lettera f) sarebbe stato posto dal legislatore in considerazione del rilievo che l’accesso all’impiego pubblico senza concorso costituisce una deroga al principio enunciato all’art. 97, quarto comma, Cost. Inoltre, in base ai generali principi di diritto in materia di novazione dei rapporti giuridici, il requisito della “diversità” sarebbe da escludersi “quando la nomina all’impiego costituisca continuazione del precedente rapporto”, e ciò avverrebbe qualora le modificazioni del rapporto, anche “profonde”, si concretino in “vicende interne… quali mutamenti di mansioni, di qualifica e di categoria (ivi compreso il passaggio dalla categoria operaia a quella impiegatizia)”, poiché queste non ne pregiudicano l’unicità e la continuità.
Così ricostruiti i criteri definitori della “diversità” richiesta dall’art. 139 per la maturazione del diritto al cumulo dei due trattamenti, la Procura ne conclude che nella fattispecie detta diversità debba escludersi, poiché il “transito” previsto dal D.M. 18 aprile 2002 è caratterizzato (art. 2, quinto co.) dall’inquadramento in soprannumero nella qualifica corrispondente al grado rivestito al momento del trasferimento, con conservazione dell’anzianità assoluta riferita al predetto grado, dell’anzianità complessivamente maturata e della posizione economica acquisita, e dall’immediata immissione del richiedente nello status di aspettativa (art.2, settimo co.), questa ultima “con ogni evidenza funzionale ad evitare soluzioni di continuità nelle more del transito”. Inoltre, il computo del precedente servizio a fini economici e di carriera sarebbe elemento incompatibile con l’ammissibilità del cumulo, analogamente a quanto espressamente sancito dal legislatore nell’art. 132 del D.P.R. n.1092/73 per il regime del cumulo tra trattamento di attività e pensione ordinaria; “ne conseguirebbe la duplicazione della valutazione del servizio militare” in virtù del fatto che, “in disparte le pensioni tabellari di cui all’art. 67 u.c. del D.P.R. 1092/1973, che hanno natura risarcitoria, la misura delle pensioni privilegiate dei militari dipende dalla durata del servizio prestato e dal grado (ovvero dall’evoluzione della carriera)”.
All’udienza del 14 novembre 2017 il rappresentante del Ministero della Difesa ha ripercorso le argomentazioni e confermato le conclusioni, i difensori del Sig.Fersini hanno anche replicato alle argomentazioni sviluppate dalla Procura nella memoria scritta e oralmente in udienza, confermando le conclusioni, e la Procura ha argomentato e concluso come in atti.
La causa in questi termini è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. Il Collegio deve, preliminarmente, valutare l’ammissibilità e la rilevanza nel giudizio a quo della questione di massima deferita.
La sorte dell’eccezione di inammissibilità della questione, sollevata dalla Procura sotto il profilo della equivocità del relativo quesito nei termini in cui esso è posto, è strettamente collegata all’esatta delimitazione dell’oggetto del deferimento.
Queste Sezioni rilevano che il quesito, formulato nella domanda “se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso”, è chiaramente “incentrato” non sulla possibilità di riconoscere ad un ex militare la pensione privilegiata per infermità dipendenti dal servizio, ma sulla possibilità dello stesso di maturare il diritto al cumulo di tale trattamento, in applicazione dell’art. 139, anche se la sua nomina è avvenuta non ad esito di concorso con posti riservati ai militari.
Nel caso di specie, infatti, la questione della spettanza della pensione di privilegio al ricorrente in base ai requisiti di cui all’art.167 è stata positivamente risolta in primo grado, ed è rimasta estranea al giudizio di appello (avendo il Ministero respinto la domanda del ricorrente solo per ritenuta operatività del divieto di cumulo ex artt. 133 e 139 cit, e appellato unicamente su tale questione). Correttamente, pertanto, la Sezione remittente non ha fatto alcun riferimento, nella motivazione della rimessione della questione, alla prospettiva in cui la questione medesima possa rilevare su una pretesa di pensione di privilegio militare, anziché su un diritto già accertato a termini dell’art.167.
La stessa conclusione di infondatezza deve trarsi per l’eccezione di inammissibilità che la Procura trae dal mancato vaglio, da parte del remittente, degli elementi cronologici della posizione del ricorrente alla luce della possibile incidenza dell’art. 6 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011: anche sulla questione dell’intervenuta disciplina abrogativa della pensione di privilegio il giudice di prime cure si è pronunziato, e con riferimento all’oggetto dell’appello promosso dal Ministero, incentrato esclusivamente sulla portata degli artt. 133 e 139, deve escludersi che la Sezione remittente fosse onerata di svolgere un previo vaglio di rilevanza di tale questione sul quesito, essendo anch’essa, come l’altra, estranea al giudizio a quo.
2. L’eccezione di inammissibilità del quesito sollevata dalla Procura sotto l’ulteriore profilo che il giudice remittente non ha evidenziato gli elementi della “diversità” che consentirebbero, ai sensi dell’art. 139 cit. come interpretato dalla citata sentenza 21/QM/1998, la maturazione del diritto al cumulo del trattamento di attività con la pensione di privilegio, è infondata per le seguenti considerazioni.
Occorre brevemente e preliminarmente definire i termini del riferito contrasto giurisprudenziale sui presupposti per la maturazione del diritto al cumulo della pensione di privilegio, derivante dal pregresso servizio militare, con il trattamento di attività, relativo al ruolo civile nel quale il militare sia successivamente immesso, per accertare se e in quale modo esso possa pregiudicare la soluzione del giudizio a quo nello stato in cui questo si trova attualmente.
Va rilevato che, mentre una parte della giurisprudenza ritiene che in caso di transito a ruolo civile l’accertamento del diritto al cumulo de quo sia circoscritto, in base all’art. 139, primo co., alla verifica della “diversità” del rapporto dal quale la pensione privilegiata trae titolo, da accertarsi, in applicazione del criterio di cui alla sentenza di queste Sezioni riunite n. 21/QM/1998, in relazione alla qualifica rivestita o allo status del dipendente nei due servizi prestati (Sez.II, sent. 20 giugno 2016, n. 640; Sez. I, sent. 31 gennaio 2017, n. 24), altra parte ritiene che nella suddetta fattispecie ostino le situazioni di “derivazione” tra rapporti specificatamente descritte e previste all’art. 133.
Tale secondo orientamento, definito “negativo” dalla remittente Sezione, si basa quasi interamente sul presupposto che, in tali casi, per la definizione del concetto di “diversità”, anche ai fini dell’art. 139 debba farsi riferimento all’art. 133, valevole ai fini interpretativi, e alle specifiche fattispecie di derivazione/continuazione ivi contemplate (cfr. Sez. I, sentenza 12 aprile 2013, n. 284, in una fattispecie relativa al un maresciallo ordinario in congedo della Guardia di Finanza, transitato agli impieghi civili, nella quale la Sezione ha ritenuto “l’applicabilità del divieto di cumulo ai sensi del citato articolo 133” sul rilievo che “…dall’esame dell’articolo 133, con effetti interpretativi sul successivo articolo 139, si desume con chiarezza che il legislatore ha posto in alternatività i criteri di continuazione, derivazione e rinnovo. Il che a significare che il divieto di cumulo sussiste ove ricorra una delle tre fattispecie”, e che “…non ha pregio quanto sostenuto da parte appellante in relazione alla pretesa diversità dell’attività svolta dall’interessato rispetto alla sua funzione militare”, in quanto il legislatore “nel prevedere la casistica determinante il divieto di cumulo” avrebbe richiamato anche la mera derivazione dell’un rapporto nell’altro. Anche per Sez. I, sent. 9 luglio 2015, n.432, concernente un ex militare dell’Arma dei Carabinieri cessato per congedo assoluto e transitato nei ruoli civili del Ministero della Difesa in qualità di Operatore di Amministrazione 2^ Area F2, “per il corretto inquadramento giuridico del concetto di rapporto <<diverso>> ai sensi della succitata disposizione” – cioè dell’art. 139 – “occorre far riferimento anzitutto all’art. 130” e, si precisa nel prosieguo, del successivo art. 133, “per il quale il cumulo dei trattamenti di cui al primo comma dell’art. 130 non è ammesso nei casi in cui il nuovo rapporto costituisce derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente che ha dato luogo alla pensione”, concludendo nel senso che il “transito” nei ruoli civili integra una derivazione/continuazione/rinnovo di quello precedente e, pertanto, impedisce il cumulo “in conformità anche a quanto indicato nell’Ad. del 03.07.1995 del Consiglio di Stato”. Negli identici termini si è espressa la medesima Sezione, nella sentenza n.614 del 21 dicembre 2015, nonché, per una fattispecie riguardante la posizione di un appartenente all’Aeronautica Militare addetto al funzionamento dei servizi gestiti dall’A.A.A.V.T.A.G., transitato nella medesima ai sensi dell’art.36, comma 1, lett. a), del D.P.R. n.145 del 24 marzo 1981, la Sez. II nella sentenza n.58 del 17 febbraio 2014).
Alla luce delle motivazioni delle sentenze sopra evidenziate non c’è dubbio che il quesito, come posto, è senz’altro rilevante ai fini della decisione della causa a quo, anche senza che il giudice remittente abbia preliminarmente proceduto all’analisi della peculiare disciplina che nella fattispecie regola il “passaggio” e determina i contenuti del rapporto di impiego civile e lo status del nuovo dipendente, ed abbia, conseguentemente, evidenziato nella ordinanza di rimessione gli elementi della “diversità” che, nel caso a quo, potrebbero consentire la maturazione del diritto al cumulo ai sensi dell’art. 139, primo co., in applicazione dei criteri interpretativi enunciati dalla citata sentenza di queste Sezioni Riunite n.21/QM/1998.
Difatti, l’accoglimento del riferito orientamento “negativo”, laddove sancisce l’automatica valenza delle disposizioni dell’art. 133, e segnatamente, per la fattispecie di nomina senza concorso, della lett. f) del medesimo, porterebbe necessariamente e comunque ad escludere il diritto al cumulo, determinando la necessità per il giudice di arrestare il suo accertamento al mero riscontro della “derivazione”, certamente esistente in questo caso sotto il profilo genetico, del rapporto civile da quello antecedente. Per contro, il vaglio della sussistenza di elementi, ulteriori rispetto alla semplice derivazione genetica del rapporto di servizio civile dal precedente militare, che siano indicativi di una “diversità” o di una sostanziale identità dei due servizi, costituisce un momento logicamente successivo al preliminare accertamento del criterio alla luce del quale detto vaglio deve condursi da parte del giudice; pertanto, è del tutto corretto che a tale accertamento il giudice non abbia ancora proceduto, rimettendo il quesito per la soluzione della questione di massima sulla problematica di carattere generale.
Non v’è dubbio, del pari, che il quesito sia idoneo ad ottenere l’enunciazione di un principio generale, perché è volto ad un chiarimento sulla necessità e sull’estensione di un accertamento “autonomo” (indipendente da quanto prevede l’art. 133 nelle diverse fattispecie ivi indicate) dell’elemento della “diversità” dei due rapporti in tutti i casi di passaggio al ruolo civile senza concorso, alla luce del combinato disposto degli artt. 130, 133 e 139: in altri termini, si vuole chiarire se in tutte le fattispecie in cui il titolare di pensione privilegiata militare è cessato per inidoneità ed è passato nei ruoli civili (con o senza concorso) il giudice debba procedere ad un accertamento sulla “diversità” mediante il mero riscontro della non “derivazione” del secondo rapporto dal primo in termini del tutto analoghi a quelli che definiscono le ipotesi di cui all’art. 133, ovvero se, al contrario, non rilevando il concetto di “derivazione”, proprio del solo art.133 e della disciplina del cumulo tra pensione ordinaria e altri trattamenti, il giudice debba procedere ad accertare la “diversità” del servizio senza che la ricorrenza in concreto di elementi inquadrabili in quelle ipotesi – quelle di cui alle lettere dell’art. 133 - indichi automaticamente ed ex sé la mancanza di tale diversità, e ciò anche nelle fattispecie di immissione nei ruoli “senza concorso… trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Nei termini in cui esso è formulato, pertanto, la questione deferita risulta applicabile ad una serie di fattispecie astratte, nelle quali la pensione di privilegio è relativa ad un servizio militare cessato per inidoneità ed il passaggio al ruolo civile, della stessa o di altra amministrazione, sia avvenuto senza concorso, tra le quali sono comprese sia quelle nelle quali il Ministero della difesa abbia respinto la domanda di pensione privilegiata nel preliminare arresto di una supposta non cumulabilità della pensione privilegiata con il trattamento economico di attività, sia quelle nelle quali, per lo stesso motivo, abbia sospeso la pensione privilegiata già in godimento al militare.
Inoltre, rilevano queste Sezioni Riunite, la soluzione del quesito risulta funzionale a colmare uno spazio interpretativo dell’art. 139 non esaminato nella precedente sentenza n.21/QM/1998, che si è espressa sull’applicabilità dell’art. 139 alla fattispecie del militare che sia transitato nel ruolo civile per concorso.
3. Nel merito, la soluzione della questione deferita impone l’accertamento della portata dell’art. 139 nei suoi rapporti con l’art. 133, onde individuare correttamente i presupposti che il legislatore richiede ai fini della maturazione del diritto al cumulo della pensione privilegiata militare con il trattamento di attività.
La sentenza delle Sezioni Riunite n. 21/QM/1998, con riguardo ad un caso che concerneva il personale civile di ruolo dei Commissari di leva che, per disposto dell’art. 1 della legge 18 settembre 1952, n. 43, era tratto per concorso per titoli dagli ufficiali dell'Esercito in servizio permanente, nella posizione di ausiliario o della riserva, ha ritenuto che:
-l’art. 133, che disciplina le pensioni ordinarie, pur ponendo una serie di eccezioni alla regola generale dell’art.130 che consente il cumulo tra il trattamento di pensione ordinaria e quello di servizio e/o pensione, concerne un’ampia serie di ipotesi, normativamente delineate nelle lettere dalla a) alla f) dell’art.133, tutte “riconducibili alla ampia casistica dei rapporti derivati”; ne consegue, in sostanza, che il combinato disposto delle due norme pone con portata generale il divieto del cumulo per le pensioni ordinarie nei casi di derivazione genetica tra il nuovo ed il vecchio rapporto;
-l’art.139, che disciplina invece le pensioni di privilegio, si caratterizza come “vera e propria norma di deroga al principio del divieto del cumulo”, in quanto “consente il cumulo del trattamento privilegiato ordinario con quello di attività, seppure a condizione che il rapporto di attività sia <<diverso>> da quello che ha dato origine alla pensione”;
-la nozione di “diversità” destinata a definire la condizione per il cumulo del trattamento di attività (o di pensione) con la pensione di privilegio, pertanto, “non può coincidere con la mancanza di derivazione”, per la differente funzione assolta dai due elementi nel contesto delle rispettive previsioni (la “diversità” costituisce condizione per la maturazione del diritto al cumulo per l’art.139, mentre ogni ipotesi di “derivazione genetica” impedisce il cumulo agli effetti dell’art.133); ai fini dell’art.139 “il rapporto di natura diversa che non esclude il diritto al cumulo ...non può essere inteso come rapporto non derivato, altrimenti la norma con diversa previsione non avrebbe significato”, e “la diversità va individuata come specificazione nell’ambito derivato, essendo già fuori del divieto i rapporti non derivati”;
- in tale specifica funzione, valevole ai fini della disciplina del cumulo del trattamento di attività e/o pensione con la pensione di privilegio avente titolo nel rapporto pregresso, l’elemento della diversità “deve essere individuato nella concreta disciplina del nuovo rapporto in termini oggettivi avuto riguardo alla natura della prestazione e allo status del dipendente, quand’anche immutati siano i soggetti del rapporto di servizio”.
L’interpretazione data da queste Sezioni Riunite alle citate norme non può che trovare integrale conferma, per le condivisibili conclusioni alle quali la sentenza n. 21/QM/1998 è giunta in merito alla portata delle disposizioni citate e alla delineazione del concetto di “rapporto diverso” nell’ambito della più vasta estensione dei “rapporti derivati”.
Risulta evidente che all’art. 139 il legislatore ha inteso dettare, per la disciplina del cumulo tra pensione di privilegio relativa ad un servizio e trattamento di attività e/o pensione afferente ad altro successivo servizio, una regola del tutto diversa da quella imposta negli artt. 130 e 133 per la disciplina del cumulo di detti trattamenti con la pensione ordinaria. Tale disciplina è improntata ad un maggior favor per il soggetto che, a termini del vigente ordinamento, ha diritto alla pensione di privilegio, e la sua “ratio va individuata nella natura indennitaria o risarcitoria della pensione privilegiata”, come correttamente rilevato nella sopra citata sentenza. In base a tale disciplina, infatti, risultano irrilevanti le situazioni di derivazione del secondo rapporto dal primo, e il diritto al cumulo con la pensione di privilegio è sussistente solo che il successivo rapporto di servizio, pur se “derivato”, sia “diverso” da quello che costituisce il titolo della pensione di privilegio medesima, in termini oggettivi e concreti.
Nessun’altra interpretazione può darsi al sistema degli artt. 130, 133 e 139 quanto al “cumulo” della pensione privilegiata: come non è possibile accedere ad un orientamento che rinvenga una necessaria “identità” in ogni ipotesi di derivazione del rapporto di attività da quello che costituisce il titolo per la pensione di privilegio, perché tale interpretazione comporterebbe un’inammissibile assimilazione del concetto di “diversità” (espresso per le pensioni di privilegio dall’art. 139) a quello di “derivazione” (la cui valenza è circoscritta dagli artt. 130 e 133 alla disciplina delle pensioni ordinarie), del pari non è possibile accedere ad una tesi per la quale ogni ipotesi di mutamento del servizio costituisca ex sé un elemento di diversità tra i due servizi tale da integrare il diritto al cumulo di cui all’art. 139, perché altrimenti tale ultima disposizione non si giustificherebbe. Ne consegue che del tutto correttamente la citata QM n.21/1998, dopo aver affermato che la diversità che costituisce condizione del diritto al cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività non scaturisce automaticamente e necessariamente dalla derivazione del rapporto civile dal precedente in termini genetici, ha affermato che essa deve essere vagliata, però, caso per caso, alla luce degli elementi concreti che caratterizzano il successivo servizio civile e lo status del dipendente, tenuto conto della disciplina delle singole fattispecie.
Sin qui il condivisibile traguardo interpretativo raggiunto con la citata QM n. 21/1998.
4. Ai fini della soluzione del quesito, che concerne specificatamente le pensioni privilegiate dei militari “passati a un impiego statale civile anche senza concorso”, vanno svolte ulteriori osservazioni.
Per le pensioni ordinarie l’art. 133 lett. c), nel disporre il divieto di cumulo con il trattamento di attività in caso di “nomina all’impiego civile di sottufficiale o graduato in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari”, si pone quale previsione di carattere assolutamente generale perché non contiene alcuna espressa limitazione che consenta di circoscriverne l’ambito alle fattispecie di nomina a seguito di concorso.
La disposizione ha la funzione di definire una categoria di rapporti di servizio civile per i quali si configura il divieto di “cumulo” per le pensioni ordinarie relative a pregresso rapporto militare, e a tal fine non individua come scriminante il tipo di procedura ad esito della quale la nomina nel servizio civile è stata conseguita, bensì il fatto che il posto che il militare va a ricoprire nel ruolo civile gli sia “riservato” in quanto tale. E’ evidente che il concetto di “riserva di posti” qui espresso non ha la medesima estensione di quello che definisce la riserva matematica a favore di militari nei concorsi per l’accesso al pubblico impiego, perché esso ha funzione del tutto diversa; ed è altrettanto evidente che, rispetto a tale funzione, identifica nel passaggio del “sottufficiale o graduato” al ruolo civile, e nella sua destinazione ad un posto che egli abbia il diritto di ricoprire in virtù della sua appartenenza a quello militare, un elemento sufficiente ad esprimere quel nesso di derivazione tra i due servizi che costituisce la ratio del divieto di cumulo per le pensioni ordinarie, senza che possa ulteriormente incidere la specifica procedura prevista per il passaggio al nuovo ruolo, per cui rimaneva inutile ogni precisazione “con o senza concorso”.
Laddove il legislatore ha inteso definire la portata del divieto di cumulo in relazione a tale circostanza, invece, lo ha fatto. La lettera d) del medesimo articolo concerne specificatamente i casi di “nomina conseguita mediante concorso riservato esclusivamente a soggetti che hanno già prestato servizio…”, ed individua il nesso di derivazione nel fatto che l’un servizio abbia costituito il titolo abilitativo esclusivo alla partecipazione al concorso per la nomina al servizio successivo. La lettera f), viceversa, concerne i casi in cui la nomina sia avvenuta “senza concorso … conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d’impiego…”. Tale ultima fattispecie, segnatamente, appare delineata in via altrettanto generale per ricondurre all’ambito del divieto, nei casi di “derivazione”, le fattispecie di mutamento del servizio all’interno di un medesimo ruolo (il passaggio del personale dipendente civile ad altro servizio civile), a meno di non voler stirare l’interpretazione letterale della disposizione, la quale contempla la “nomina senza concorso a posto statale o presso gli enti di cui all'art. 130, conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d’impiego rispettivamente con lo Stato o con gli enti stessi”. Viceversa, nessuna espressa limitazione è formulata dalla lett.c), che appare incentrare la fattispecie ivi delineata non in funzione della procedura ad esito della quale la nomina è conseguita, bensì della circostanza che il posto nel nuovo ruolo civile sia riservato al militare in virtù della sua posizione, seppure nelle modalità più varie previste dalle “particolari disposizioni” dell’ordinamento.
Orbene, l’interpretazione appena sopra data alla lett.c) esclude in sé che ai casi di transito del militare a domanda nel ruolo civile possa applicarsi un regime diverso da quello dettato ai primi due commi del medesimo art. 139, atteso che per effetto del richiamo al suo ambito applicativo – così inteso - anche le ipotesi di nomina senza concorso rientrerebbero nel generale regime dell’art. 139.
5. Tuttavia, osservano queste Sezioni, anche una diversa lettura dell’art. 133, lett. c), e conseguentemente dell’ultimo comma dell’art. 139, porta inevitabilmente alla medesima conclusione, con la conseguenza che risulta indifferente, ai fini dell’applicazione dell’art. 139, se il passaggio dal ruolo militare a quello civile senza concorso trovi più corretto inquadramento nella lett. c) ovvero nella lett. f) dell’art. 133 (come per altro verso lo è anche ai fini dell’art. 133, laddove in ogni caso la fattispecie risulta sottoposta alla regola del divieto di cumulo per la pensione ordinaria).
Il testo dell’art. 139, ult. co., prevede che la disciplina generale (di cui ai primi due commi del medesimo articolo) si applica “anche per i sottufficiali e i graduati che abbiano conseguito, con o senza soluzione di continuità, la nomina ad impiego civile di cui all’art. 133, lettera c)”.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
composta dai seguenti magistrati:
Alberto AVOLI Presidente
Antonio GALEOTA Consigliere
Antonio CIARAMELLA Consigliere
Chiara BERSANI Consigliere relatore
Piero Carlo FLOREANI Consigliere
Stefania FUSARO Consigliere
Anna BOMBINO Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sulla questione di massima, iscritto al n. 573/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni riunite, deferita dalla Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti con sentenza non definitiva/ordinanza n. 261/2017, depositata il 18 luglio 2017, pronunciata sul giudizio di appello n. 50647 R.G., proposto dal Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia n. 74 del 14 dicembre 2015, depositata il 24 febbraio 2016, e contro Davide FERSINI, rappresentato e difeso dagli Avvocati Paolo GUERRA e Maurizio GUERRA, e presso gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Magnagrecia, n.95.
Visti gli atti di causa.
Uditi, nell’udienza del 15 novembre 2017, con l’assistenza del Segretario Dr.ssa Adele Mei, il relatore Cons. Chiara Bersani, l’Avv. Alfredo VENDITTI per il Ministero della Difesa, gli Avv.ti Paolo GUERRA e Maurizio GUERRA per Davide FERSINI, ed il pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore Generale Antongiulio MARTINA. Non presente l’Avvocatura dello Stato.
Ritenuto in
FATTO
1.Con la sentenza/ordinanza in epigrafe la Sezione Prima giurisdizionale centrale d’appello ha posto la seguente questione di massima: “Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.
2.Il giudice di prime cure ha accertato il diritto del sig. Davide Fersini, cessato dal servizio militare per inidoneità al S.M.I. e transitato a domanda nei ruoli civili dell’amministrazione della difesa in applicazione dell’art. 14, quinto co., della legge 28 luglio 1999, n. 266, ad ottenere, in cumulo con il trattamento di attività, la pensione privilegiata di 7° cat. per infermità giudicate, in base a CTU positiva assunta in giudizio, dipendenti dal servizio prestato nella Marina Militare negli anni 2001-2009; la sua domanda di pensione di privilegio era stata respinta dal Ministero della Difesa “per divieto di cumulo tra trattamento di attività e pensione privilegiata ai sensi degli artt. 133 e 139 del D.P.R. n.1092/73, consistendo il nuovo servizio nelle Aree funzionali del personale civile di questa A.D. derivazione e continuazione del precedente servizio”. Il giudice, viceversa, ha ritenuto che nella fattispecie trovasse applicazione l’art. 139 del citato D.P.R. nell’interpretazione datane dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nella sentenza n. 21/QM del 24 settembre 1998 e, rilevando che il Sig. Fersini era stato assunto nella qualifica di “operatore di amministrazione” - profilo professionale cod. 0102 settore 100 – seconda Area – fascia retributiva F 2, ha accertato il diritto al cumulo sulla base del rilievo che il nuovo rapporto non potesse considerarsi derivazione ovvero continuazione del precedente.
3.Nel giudizio di appello, intentato dal Ministero della difesa, l’amministrazione sostiene che la fattispecie, concernente il transito a domanda in soprannumero nei ruoli civili, di cui all’art. 14, quinto co., della legge n. 266/1999, ora trasfuso nell’art. 930 del Codice dell’Ordinamento Militare approvato con il d.lgs. n. 66/2010, non rientrerebbe nell’ambito dell’unica ipotesi in cui l’art.139 consentirebbe il diritto al cumulo, ipotesi prevista alla lettera c) dell’art. 133, ivi richiamata, la quale concernerebbe il solo passaggio del personale militare all’impiego civile mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad esso riservati ai sensi degli artt. 57 e seguenti della legge 13 luglio 1954, n. 599, e dell’art. 33 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168. Non rientrando la fattispecie in questa ipotesi, essa sarebbe disciplinata nell’ambito del divieto di cumulo previsto dall’art. 133, lettera f), del D.P.R. n. 1092/1973 (transito senza concorso).
La Sezione remittente, respinta la domanda cautelare dell’appellante Ministero con la sentenza non definitiva/ordinanza n.96 emessa alla camera di consiglio del 18 ottobre 2016, respinte le censure preliminari e dichiarate inammissibili e/o manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale sollevate dal ricorrente avverso gli artt. 133 e 139 del citato D.P.R., ha individuato la questione del decidere nell’accertamento del diritto di un soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità al servizio e transitato a un impiego civile, di vedersi riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata, maturata per infermità insorta a causa del servizio militare, con riferimento all’ambito di applicazione degli artt. 130, 133 e 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nei seguenti termini:
• se trovi applicazione, in merito, il divieto di cumulo sancito dall’art. 133, dovendosi tener conto del rapporto di “derivazione, continuazione o rinnovo” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata;
• se, in contrario, trovi applicazione la disposizione recata dall’art. 139 e, quindi, debba tenersi conto del concetto di “diversità” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata, anche al di furi delle ipotesi di nomina a seguito di concorso.
Così delineata la questione, la Sezione remittente ha rilevato che, sul punto, sussisterebbe un contrasto di orientamenti nella giurisprudenza sia della Prima che della Seconda Sezione Centrale di Appello. Ad un orientamento conforme ai criteri interpretativi degli art. 133 e 139 cit. enunziati nella sentenza delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 21/QM/2008 (richiama Sezione I, sentenza 31 gennaio 2017, n. 24; Sezione II, sentenza 20 giugno 2016, n. 640), si affiancherebbe un orientamento opposto (Sezione I, sentenze 12 aprile 2013, n. 284; 9 luglio 2015, n. 432; 21 dicembre 2015, n. 614; Sezione II, sentenza 17 febbraio 2014, n. 59). Più precisamente, per il primo, il concetto di “diversità” di cui all’art. 139 del D.P.R. è da ritenersi differente dal concetto di “derivazione” dal precedente rapporto di cui all’art. 133, e l’art. 139 troverebbe “comunque” applicazione anche al di fuori dei casi di pubblico concorso, “indipendentemente dalla circostanza che il militare sia o meno transitato nel servizio civile”; per il secondo orientamento, “negativo”, qualora il militare sia stato transitato nel ruolo civile al di fuori delle ipotesi di nomina con concorso, richiamata dall’art. 139 ult.co. e indicata dall’art. 133, lett. c), troverebbe applicazione l’art. 133, e si rileverebbero i tratti della continuità dei due rapporti ricadenti nella fattispecie di cui alla lettera f) dell’articolo medesimo, conseguendone il divieto di cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività.
Rileva la remittente Sezione che la questione è “caratterizzata da particolare importanza, desumibile dalla complessità della materia, dall’ampiezza della platea di riferimento e dalla specifica necessità di assicurare la tendenziale coerenza giurisprudenziale, oltretutto attraverso pronuncia di massima dotata del carattere “vincolante” ribadito dal codice della giustizia contabile approvato col decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174”.
4. Il signor Fersini si è costituito nel presente giudizio con memoria del 23 ottobre 2017 con il patrocinio degli Avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra, chiedendo che sia accertato che “in esatta applicazione dell’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, al soggetto cessato dal ruolo militare per inidoneità e transitato a domanda nel diverso ruolo civile, anche della stessa amministrazione, va riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata per invalidità dipendenti dal primo servizio in cumulo con lo stipendio percepito o la pensione ordinaria maturata per il secondo”.
In sostanza, la tesi del ricorrente è che “il Legislatore all’art. 133 ha utilizzato i termini di “derivazione", "continuazione" e "rinnovo" per individuare le ipotesi di incumulabilità dei "trattamenti ordinari di quiescenza" (e soltanto di questi) con il trattamento di attività o di altra pensione ordinaria, mentre all’art. 139 ha utilizzato il termine di "diversità" per ammettere la pensione privilegiata in cumulo col trattamento di attività (o di altra pensione ordinaria) anche nelle predette ipotesi di cui all'art. 133”. A suffragio di tale affermazione la difesa ha ampiamente ripreso, e positivamente commentato, il percorso argomentativo della citata sentenza di queste Sezioni n. 21/QM/98, ed ha sottolineato il particolare valore interpretativo che detta decisione ha rivestito nel contesto peculiare che ne vide la proposizione da parte del Procuratore Generale della Corte dei conti non per risolvere un caso specifico, ma proprio al fine di “assicurare un uniforme indirizzo della giurisprudenza di merito”, e nel quale essa assunse, a suo tempo, la funzione di individuare quale fosse l’interpretazione da dare alla richiamata disciplina dopo le conclusioni a cui era addivenuto il Consiglio di Stato nel parere emesso in data 3 luglio 1995, dalla Commissione Speciale Pubblico Impiego, riguardo alla posizione dei militari transitati al ruolo civile dei Commissari di leva ad esito di concorso che presupponeva l’appartenenza ai ruoli militari, parere che avrebbe dato origine ad un mutamento del consolidato opposto orientamento, sia da parte dei competenti uffici dell’amministrazione, sia in seno alla Corte dei conti, originando in tale ultimo ambito quel contrasto giurisprudenziale poi risolto con la medesima sentenza n.QM/21/98. Le conclusioni a cui queste Sezioni riunite sono addivenute nell’invocata sentenza non potrebbero subire alcuna rivisitazione in relazione alla sopravvenuta emanazione dell’art. 14, comma 5, della legge n. 266/1999 (ora art. 930 del D.lgs. n. 66/2010), che ha esteso al personale delle Forze armate, incluso quello dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, la facoltà di transito nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della Difesa e, per la Guardia di Finanza, del personale civile del Ministero delle Finanze, secondo modalità e procedure analoghe a quelle previste dal D.P.R. 24 aprile 1982, n. 339 (che prevede il diritto del personale dei ruoli della Polizia di Stato con funzioni di polizia, giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, di essere trasferito, a domanda, nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Polizia di Stato o di altre amministrazioni dello Stato). Difatti, né quest’ultimo D.P.R., né alcuna disposizione di legge o dei due decreti ministeriali di attuazione del 18 aprile 2002 - decreto del Ministro della Difesa di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per la Funzione Pubblica, che ha disciplinato il transito del personale delle Forze Armate e dell’Arma dei Carabinieri, e decreto del Ministro dell’Economia di concerto con il Ministro per la Funzione Pubblica, che ha disciplinato il transito del personale della Guardia di Finanza – contengono alcuna disposizione abrogativa del diritto al cumulo, in capo a detto personale, del trattamento di attività con quello di pensione privilegiata, e, per l’effetto, quest’ultimo continuerebbe ad essere consentito dall’art. 139 cit.. La tesi sarebbe suffragata anche dalla conforme interpretazione fornita dall’INPDAP nella nota operativa n. 27 del 25/07/2007, nella quale l’Istituto si è espresso per la cumulabilità ex art. 139, in questi casi, del nuovo trattamento di attività con la pensione di privilegio.
Infine, il principio espresso nell’invocata sentenza delle Sezioni riunite n. 21/QM/1998 sarebbe applicabile anche alla fattispecie rimessa a queste Sezioni Riunite, diversa da quella allora decisa per non concernere dipendenti civili assunti a seguito di concorso, ma a domanda, in quanto destinata ad affermare un principio interpretativo del diritto applicabile a tutte le ipotesi di passaggio dal ruolo militare ad altro ruolo, della stessa o di altre amministrazioni dello Stato.
5. Il Ministero della Difesa si è costituito ribadendo la tesi che nella fattispecie di nomina senza concorso troverebbero applicazione le disposizioni di cui all’art.133, secondo co., lettera f), in combinato disposto con l’art. 139, terzo co., del D.P.R. n.1092/73: per effetto del richiamo di tale ultima disposizione all’art. 133, lett.c), per il personale militare l’unica fattispecie in cui è consentito il cumulo della pensione di privilegio sarebbe quella della “nomina all’impiego civile di sottufficiale o graduato, in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari”, la quale, sostiene, identificherebbe unicamente le fattispecie di “passaggio all’impiego civile mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad esso riservati ex artt.57 e segg. della legge 31 luglio 1954, n. 599, ed ex art. 33 della legge 18 ottobre 1961, n.1168” (previsioni che, aggiunge, non sarebbero peraltro più attuali, essendo state abrogate). Al di fuori di tali ipotesi, e dunque in quella di immissione nei ruoli civili a domanda, troverebbe applicazione l’art. 133, quale norma speciale richiamata dall’art. 139, alla luce del quale anche per le pensioni privilegiate, come per quelle normali, il diritto al cumulo deve accertarsi nell’ambito del sistema binario rapporti derivati — rapporti diversi, con la conseguenza che, concretando il transito dal ruolo civile una derivazione dal precedente rapporto militare, la pensione privilegiata che trovi titolo in questo non sarebbe cumulabile con il trattamento di attività spettante per quello.
A tale conclusione si addiverrebbe necessariamente, per l’amministrazione, anche in considerazione del particolare regime di transito di cui alla fattispecie, disciplinato dall’art. 14, comma 5, della citata legge n.266/1999, il quale prevede la conservazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’inquadramento nel nuovo ruolo civile; concludendo in senso opposto si recherebbe vulnus al principio generale, di cui sarebbe espressione anche l’art. 132 del D.P.R. n. 1092/73, del divieto di valutare due volte a diversi fini il medesimo servizio, vulnus che potrebbe essere scongiurato solo se, contemporaneamente all’affermazione del diritto al cumulo in tale ipotesi, si accertasse che il precedente servizio militare che ha dato luogo a pensione privilegiata non può più essere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 132 cit., riunito o ricongiunto al nuovo servizio per essere ulteriormente valorizzato ai fini di carriera e/o dell’eventuale trattamento di quiescenza spettante al transitato al termine del nuovo servizio prestato presso la medesima Amministrazione della difesa. Ha concluso l’amministrazione per la soluzione negativa del quesito, sollevando, per l’ipotesi di rigetto della domanda, “profili di incostituzionalità in relazione all’art.3 della Costituzione per disparità di trattamento tra personale civile di pari livello e medesimo status, ormai escluso dal beneficio della pensione privilegiata dalla legge n 201/2011, che potrebbero configurarsi a seguito di una interpretazione estensiva della norme all’esame”, e, in via subordinata, chiedendo l’affermazione del principio che, nell’ipotesi di riconoscimento del diritto al cumulo, “il precedente servizio militare che ha dato luogo a pensione privilegiata non può più essere, ai sensi e per gli effetti dell’art. 132 del D.P.R. n. 1092/73, riunito o ricongiunto al nuovo servizio per essere ulteriormente valorizzato ai fini di carriera e/o dell’eventuale trattamento di quiescenza spettante al transitato al termine del nuovo servizio prestato presso la medesima Amministrazione della difesa”.
6. La Procura, con memoria del 2 novembre 2017, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione di massima sotto due profili.
Sotto un primo aspetto, rileva che “contrariamente a quanto ritenuto dal giudice rimettente, la questione ovviamente non verte sull’applicabilità dell’art. 133 o dell'art. 139 del D.P.R. 1092/1973, quanto piuttosto in ordine all’interpretazione di quest'ultimo articolo ed in particolare del requisito della "diversità" dei rapporti - cui, a termini della suddetta disposizione è subordinato il cumulo fra pensione privilegiata e trattamento di attività - e cioè se lo stesso debba interpretarsi in termini "speculari" rispetto alle condizioni in presenza delle quali, a termini del precedente art. 133, ricorre il divieto di cumulo fra pensione normale e trattamento di attività (nel senso di negare la "diversità" quando il nuovo rapporto costituisca derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente) o se, invece, debba essere interpretato in termini "autonomi" (nel senso di poterne ritenere la diversità ancorché il nuovo rapporto costituisca derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente). Ciò premesso, secondo la Procura la Sezione rimettente avrebbe dovuto farsi carico di illustrare la rilevanza del contrasto orizzontale sulla fattispecie, oggetto del giudizio a quo, evidenziando l’elemento della “diversità” del rapporto, poiché in assenza di questa il cumulo non dovrebbe considerarsi comunque ammesso, qualunque sia l’orientamento interpretativo cui si ritenga di aderire; difatti, l’invocata sentenza n.21/QM/1998 consente il cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività solo qualora sussista una “relazione di profonda modificazione del rapporto di servizio … tale da escludere la compresenza di elementi caratterizzanti nonostante la possibile derivazione”, ma nel caso di specie a tale verifica il giudice a quo non ha proceduto, in tal modo non operando, e non consentendo, il vaglio della rilevanza della questione sul giudizio.
Sotto un secondo profilo, la questione sarebbe inammissibile in quanto, nei termini in cui essa è stata formulata, non porterebbe all’enunciazione di un principio di diritto suscettibile di generale applicazione oltre la singola fattispecie oggetto del giudizio a quo che ne ha occasionato la proposizione. Il giudizio a quo è incentrato sul punto se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, mentre la questione di massima sarebbe incentrata sulla cumulabilità del trattamento di attività con la “pensione privilegiata” non altrimenti specificata, cioè senza riferimento ai requisiti richiesti dall’art. 67 del DPR 1092/73, e avrebbe dovuto essere formulato nei più esatti termini: “se, il soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, e transitato all’impiego statale civile senza concorso, abbia o meno diritto a cumulare, ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1092/1973, al relativo trattamento di attività la pensione privilegiata militare che potesse eventualmente spettargli in relazione ad infermità contratta durante il servizio militare”. Ne risulterebbe una equivocità di fondo del quesito, vieppiù avuto riguardo alle previsioni delle ipotesi di ultrattività della disciplina vigente in materia di pensione privilegiata anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011, non recando l’ordinanza di rimessione le necessarie indicazioni di ordine cronologico.
Nel merito, la Procura ha chiesto che al quesito sia data soluzione negativa “nel senso che il militare transitato per infermità all’impiego civile senza concorso non abbia diritto a cumulare, ex art. 139 D.P.R. 1092/1973, il trattamento privilegiato che gli potesse eventualmente spettare per infermità contratte durante il servizio militare con il trattamento di attività (e la pensione di riposo spettantegli alla cessazione del servizio civile)”. Il richiamo alla lett. c) dell’art. 133 comporterebbe l’applicabilità delle disposizioni dettate per il cumulo tra pensione privilegiata e trattamento di attività solo per i sottufficiali e i graduati che abbiano conseguito, con o senza soluzione di continuità, la nomina ad impiego civile in quelle determinate ipotesi, le quali concernerebbero solo i casi di nomina a seguito di concorso. A di fuori di tali casi, l’impiego civile conseguito non sarebbe ex sé “diverso” dall’impiego militare, e la corretta definizione del requisito della “diversità” sarebbe da risolversi caso per caso mediante “una verifica, secondo i diversi casi di nomina all’impiego civile, se si tratti del medesimo o di diverso rapporto”; tale verifica andrebbe condotta utilizzando l’art. 133 “ai fini dell’interpretazione logica e sistematica dell’art.139”, sulla base dei criteri interpretativi ricavabili dalle diverse ipotesi di “derivazione”, “continuazione” e “rinnovo” ivi indicate nelle lettere da a) a f), tutte accomunate dal legislatore ai fini di escludere il diritto al cumulo. In particolare, il divieto di cui alla lettera f) sarebbe stato posto dal legislatore in considerazione del rilievo che l’accesso all’impiego pubblico senza concorso costituisce una deroga al principio enunciato all’art. 97, quarto comma, Cost. Inoltre, in base ai generali principi di diritto in materia di novazione dei rapporti giuridici, il requisito della “diversità” sarebbe da escludersi “quando la nomina all’impiego costituisca continuazione del precedente rapporto”, e ciò avverrebbe qualora le modificazioni del rapporto, anche “profonde”, si concretino in “vicende interne… quali mutamenti di mansioni, di qualifica e di categoria (ivi compreso il passaggio dalla categoria operaia a quella impiegatizia)”, poiché queste non ne pregiudicano l’unicità e la continuità.
Così ricostruiti i criteri definitori della “diversità” richiesta dall’art. 139 per la maturazione del diritto al cumulo dei due trattamenti, la Procura ne conclude che nella fattispecie detta diversità debba escludersi, poiché il “transito” previsto dal D.M. 18 aprile 2002 è caratterizzato (art. 2, quinto co.) dall’inquadramento in soprannumero nella qualifica corrispondente al grado rivestito al momento del trasferimento, con conservazione dell’anzianità assoluta riferita al predetto grado, dell’anzianità complessivamente maturata e della posizione economica acquisita, e dall’immediata immissione del richiedente nello status di aspettativa (art.2, settimo co.), questa ultima “con ogni evidenza funzionale ad evitare soluzioni di continuità nelle more del transito”. Inoltre, il computo del precedente servizio a fini economici e di carriera sarebbe elemento incompatibile con l’ammissibilità del cumulo, analogamente a quanto espressamente sancito dal legislatore nell’art. 132 del D.P.R. n.1092/73 per il regime del cumulo tra trattamento di attività e pensione ordinaria; “ne conseguirebbe la duplicazione della valutazione del servizio militare” in virtù del fatto che, “in disparte le pensioni tabellari di cui all’art. 67 u.c. del D.P.R. 1092/1973, che hanno natura risarcitoria, la misura delle pensioni privilegiate dei militari dipende dalla durata del servizio prestato e dal grado (ovvero dall’evoluzione della carriera)”.
All’udienza del 14 novembre 2017 il rappresentante del Ministero della Difesa ha ripercorso le argomentazioni e confermato le conclusioni, i difensori del Sig.Fersini hanno anche replicato alle argomentazioni sviluppate dalla Procura nella memoria scritta e oralmente in udienza, confermando le conclusioni, e la Procura ha argomentato e concluso come in atti.
La causa in questi termini è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. Il Collegio deve, preliminarmente, valutare l’ammissibilità e la rilevanza nel giudizio a quo della questione di massima deferita.
La sorte dell’eccezione di inammissibilità della questione, sollevata dalla Procura sotto il profilo della equivocità del relativo quesito nei termini in cui esso è posto, è strettamente collegata all’esatta delimitazione dell’oggetto del deferimento.
Queste Sezioni rilevano che il quesito, formulato nella domanda “se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso”, è chiaramente “incentrato” non sulla possibilità di riconoscere ad un ex militare la pensione privilegiata per infermità dipendenti dal servizio, ma sulla possibilità dello stesso di maturare il diritto al cumulo di tale trattamento, in applicazione dell’art. 139, anche se la sua nomina è avvenuta non ad esito di concorso con posti riservati ai militari.
Nel caso di specie, infatti, la questione della spettanza della pensione di privilegio al ricorrente in base ai requisiti di cui all’art.167 è stata positivamente risolta in primo grado, ed è rimasta estranea al giudizio di appello (avendo il Ministero respinto la domanda del ricorrente solo per ritenuta operatività del divieto di cumulo ex artt. 133 e 139 cit, e appellato unicamente su tale questione). Correttamente, pertanto, la Sezione remittente non ha fatto alcun riferimento, nella motivazione della rimessione della questione, alla prospettiva in cui la questione medesima possa rilevare su una pretesa di pensione di privilegio militare, anziché su un diritto già accertato a termini dell’art.167.
La stessa conclusione di infondatezza deve trarsi per l’eccezione di inammissibilità che la Procura trae dal mancato vaglio, da parte del remittente, degli elementi cronologici della posizione del ricorrente alla luce della possibile incidenza dell’art. 6 del D.L. 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011: anche sulla questione dell’intervenuta disciplina abrogativa della pensione di privilegio il giudice di prime cure si è pronunziato, e con riferimento all’oggetto dell’appello promosso dal Ministero, incentrato esclusivamente sulla portata degli artt. 133 e 139, deve escludersi che la Sezione remittente fosse onerata di svolgere un previo vaglio di rilevanza di tale questione sul quesito, essendo anch’essa, come l’altra, estranea al giudizio a quo.
2. L’eccezione di inammissibilità del quesito sollevata dalla Procura sotto l’ulteriore profilo che il giudice remittente non ha evidenziato gli elementi della “diversità” che consentirebbero, ai sensi dell’art. 139 cit. come interpretato dalla citata sentenza 21/QM/1998, la maturazione del diritto al cumulo del trattamento di attività con la pensione di privilegio, è infondata per le seguenti considerazioni.
Occorre brevemente e preliminarmente definire i termini del riferito contrasto giurisprudenziale sui presupposti per la maturazione del diritto al cumulo della pensione di privilegio, derivante dal pregresso servizio militare, con il trattamento di attività, relativo al ruolo civile nel quale il militare sia successivamente immesso, per accertare se e in quale modo esso possa pregiudicare la soluzione del giudizio a quo nello stato in cui questo si trova attualmente.
Va rilevato che, mentre una parte della giurisprudenza ritiene che in caso di transito a ruolo civile l’accertamento del diritto al cumulo de quo sia circoscritto, in base all’art. 139, primo co., alla verifica della “diversità” del rapporto dal quale la pensione privilegiata trae titolo, da accertarsi, in applicazione del criterio di cui alla sentenza di queste Sezioni riunite n. 21/QM/1998, in relazione alla qualifica rivestita o allo status del dipendente nei due servizi prestati (Sez.II, sent. 20 giugno 2016, n. 640; Sez. I, sent. 31 gennaio 2017, n. 24), altra parte ritiene che nella suddetta fattispecie ostino le situazioni di “derivazione” tra rapporti specificatamente descritte e previste all’art. 133.
Tale secondo orientamento, definito “negativo” dalla remittente Sezione, si basa quasi interamente sul presupposto che, in tali casi, per la definizione del concetto di “diversità”, anche ai fini dell’art. 139 debba farsi riferimento all’art. 133, valevole ai fini interpretativi, e alle specifiche fattispecie di derivazione/continuazione ivi contemplate (cfr. Sez. I, sentenza 12 aprile 2013, n. 284, in una fattispecie relativa al un maresciallo ordinario in congedo della Guardia di Finanza, transitato agli impieghi civili, nella quale la Sezione ha ritenuto “l’applicabilità del divieto di cumulo ai sensi del citato articolo 133” sul rilievo che “…dall’esame dell’articolo 133, con effetti interpretativi sul successivo articolo 139, si desume con chiarezza che il legislatore ha posto in alternatività i criteri di continuazione, derivazione e rinnovo. Il che a significare che il divieto di cumulo sussiste ove ricorra una delle tre fattispecie”, e che “…non ha pregio quanto sostenuto da parte appellante in relazione alla pretesa diversità dell’attività svolta dall’interessato rispetto alla sua funzione militare”, in quanto il legislatore “nel prevedere la casistica determinante il divieto di cumulo” avrebbe richiamato anche la mera derivazione dell’un rapporto nell’altro. Anche per Sez. I, sent. 9 luglio 2015, n.432, concernente un ex militare dell’Arma dei Carabinieri cessato per congedo assoluto e transitato nei ruoli civili del Ministero della Difesa in qualità di Operatore di Amministrazione 2^ Area F2, “per il corretto inquadramento giuridico del concetto di rapporto <<diverso>> ai sensi della succitata disposizione” – cioè dell’art. 139 – “occorre far riferimento anzitutto all’art. 130” e, si precisa nel prosieguo, del successivo art. 133, “per il quale il cumulo dei trattamenti di cui al primo comma dell’art. 130 non è ammesso nei casi in cui il nuovo rapporto costituisce derivazione, continuazione o rinnovo di quello precedente che ha dato luogo alla pensione”, concludendo nel senso che il “transito” nei ruoli civili integra una derivazione/continuazione/rinnovo di quello precedente e, pertanto, impedisce il cumulo “in conformità anche a quanto indicato nell’Ad. del 03.07.1995 del Consiglio di Stato”. Negli identici termini si è espressa la medesima Sezione, nella sentenza n.614 del 21 dicembre 2015, nonché, per una fattispecie riguardante la posizione di un appartenente all’Aeronautica Militare addetto al funzionamento dei servizi gestiti dall’A.A.A.V.T.A.G., transitato nella medesima ai sensi dell’art.36, comma 1, lett. a), del D.P.R. n.145 del 24 marzo 1981, la Sez. II nella sentenza n.58 del 17 febbraio 2014).
Alla luce delle motivazioni delle sentenze sopra evidenziate non c’è dubbio che il quesito, come posto, è senz’altro rilevante ai fini della decisione della causa a quo, anche senza che il giudice remittente abbia preliminarmente proceduto all’analisi della peculiare disciplina che nella fattispecie regola il “passaggio” e determina i contenuti del rapporto di impiego civile e lo status del nuovo dipendente, ed abbia, conseguentemente, evidenziato nella ordinanza di rimessione gli elementi della “diversità” che, nel caso a quo, potrebbero consentire la maturazione del diritto al cumulo ai sensi dell’art. 139, primo co., in applicazione dei criteri interpretativi enunciati dalla citata sentenza di queste Sezioni Riunite n.21/QM/1998.
Difatti, l’accoglimento del riferito orientamento “negativo”, laddove sancisce l’automatica valenza delle disposizioni dell’art. 133, e segnatamente, per la fattispecie di nomina senza concorso, della lett. f) del medesimo, porterebbe necessariamente e comunque ad escludere il diritto al cumulo, determinando la necessità per il giudice di arrestare il suo accertamento al mero riscontro della “derivazione”, certamente esistente in questo caso sotto il profilo genetico, del rapporto civile da quello antecedente. Per contro, il vaglio della sussistenza di elementi, ulteriori rispetto alla semplice derivazione genetica del rapporto di servizio civile dal precedente militare, che siano indicativi di una “diversità” o di una sostanziale identità dei due servizi, costituisce un momento logicamente successivo al preliminare accertamento del criterio alla luce del quale detto vaglio deve condursi da parte del giudice; pertanto, è del tutto corretto che a tale accertamento il giudice non abbia ancora proceduto, rimettendo il quesito per la soluzione della questione di massima sulla problematica di carattere generale.
Non v’è dubbio, del pari, che il quesito sia idoneo ad ottenere l’enunciazione di un principio generale, perché è volto ad un chiarimento sulla necessità e sull’estensione di un accertamento “autonomo” (indipendente da quanto prevede l’art. 133 nelle diverse fattispecie ivi indicate) dell’elemento della “diversità” dei due rapporti in tutti i casi di passaggio al ruolo civile senza concorso, alla luce del combinato disposto degli artt. 130, 133 e 139: in altri termini, si vuole chiarire se in tutte le fattispecie in cui il titolare di pensione privilegiata militare è cessato per inidoneità ed è passato nei ruoli civili (con o senza concorso) il giudice debba procedere ad un accertamento sulla “diversità” mediante il mero riscontro della non “derivazione” del secondo rapporto dal primo in termini del tutto analoghi a quelli che definiscono le ipotesi di cui all’art. 133, ovvero se, al contrario, non rilevando il concetto di “derivazione”, proprio del solo art.133 e della disciplina del cumulo tra pensione ordinaria e altri trattamenti, il giudice debba procedere ad accertare la “diversità” del servizio senza che la ricorrenza in concreto di elementi inquadrabili in quelle ipotesi – quelle di cui alle lettere dell’art. 133 - indichi automaticamente ed ex sé la mancanza di tale diversità, e ciò anche nelle fattispecie di immissione nei ruoli “senza concorso… trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Nei termini in cui esso è formulato, pertanto, la questione deferita risulta applicabile ad una serie di fattispecie astratte, nelle quali la pensione di privilegio è relativa ad un servizio militare cessato per inidoneità ed il passaggio al ruolo civile, della stessa o di altra amministrazione, sia avvenuto senza concorso, tra le quali sono comprese sia quelle nelle quali il Ministero della difesa abbia respinto la domanda di pensione privilegiata nel preliminare arresto di una supposta non cumulabilità della pensione privilegiata con il trattamento economico di attività, sia quelle nelle quali, per lo stesso motivo, abbia sospeso la pensione privilegiata già in godimento al militare.
Inoltre, rilevano queste Sezioni Riunite, la soluzione del quesito risulta funzionale a colmare uno spazio interpretativo dell’art. 139 non esaminato nella precedente sentenza n.21/QM/1998, che si è espressa sull’applicabilità dell’art. 139 alla fattispecie del militare che sia transitato nel ruolo civile per concorso.
3. Nel merito, la soluzione della questione deferita impone l’accertamento della portata dell’art. 139 nei suoi rapporti con l’art. 133, onde individuare correttamente i presupposti che il legislatore richiede ai fini della maturazione del diritto al cumulo della pensione privilegiata militare con il trattamento di attività.
La sentenza delle Sezioni Riunite n. 21/QM/1998, con riguardo ad un caso che concerneva il personale civile di ruolo dei Commissari di leva che, per disposto dell’art. 1 della legge 18 settembre 1952, n. 43, era tratto per concorso per titoli dagli ufficiali dell'Esercito in servizio permanente, nella posizione di ausiliario o della riserva, ha ritenuto che:
-l’art. 133, che disciplina le pensioni ordinarie, pur ponendo una serie di eccezioni alla regola generale dell’art.130 che consente il cumulo tra il trattamento di pensione ordinaria e quello di servizio e/o pensione, concerne un’ampia serie di ipotesi, normativamente delineate nelle lettere dalla a) alla f) dell’art.133, tutte “riconducibili alla ampia casistica dei rapporti derivati”; ne consegue, in sostanza, che il combinato disposto delle due norme pone con portata generale il divieto del cumulo per le pensioni ordinarie nei casi di derivazione genetica tra il nuovo ed il vecchio rapporto;
-l’art.139, che disciplina invece le pensioni di privilegio, si caratterizza come “vera e propria norma di deroga al principio del divieto del cumulo”, in quanto “consente il cumulo del trattamento privilegiato ordinario con quello di attività, seppure a condizione che il rapporto di attività sia <<diverso>> da quello che ha dato origine alla pensione”;
-la nozione di “diversità” destinata a definire la condizione per il cumulo del trattamento di attività (o di pensione) con la pensione di privilegio, pertanto, “non può coincidere con la mancanza di derivazione”, per la differente funzione assolta dai due elementi nel contesto delle rispettive previsioni (la “diversità” costituisce condizione per la maturazione del diritto al cumulo per l’art.139, mentre ogni ipotesi di “derivazione genetica” impedisce il cumulo agli effetti dell’art.133); ai fini dell’art.139 “il rapporto di natura diversa che non esclude il diritto al cumulo ...non può essere inteso come rapporto non derivato, altrimenti la norma con diversa previsione non avrebbe significato”, e “la diversità va individuata come specificazione nell’ambito derivato, essendo già fuori del divieto i rapporti non derivati”;
- in tale specifica funzione, valevole ai fini della disciplina del cumulo del trattamento di attività e/o pensione con la pensione di privilegio avente titolo nel rapporto pregresso, l’elemento della diversità “deve essere individuato nella concreta disciplina del nuovo rapporto in termini oggettivi avuto riguardo alla natura della prestazione e allo status del dipendente, quand’anche immutati siano i soggetti del rapporto di servizio”.
L’interpretazione data da queste Sezioni Riunite alle citate norme non può che trovare integrale conferma, per le condivisibili conclusioni alle quali la sentenza n. 21/QM/1998 è giunta in merito alla portata delle disposizioni citate e alla delineazione del concetto di “rapporto diverso” nell’ambito della più vasta estensione dei “rapporti derivati”.
Risulta evidente che all’art. 139 il legislatore ha inteso dettare, per la disciplina del cumulo tra pensione di privilegio relativa ad un servizio e trattamento di attività e/o pensione afferente ad altro successivo servizio, una regola del tutto diversa da quella imposta negli artt. 130 e 133 per la disciplina del cumulo di detti trattamenti con la pensione ordinaria. Tale disciplina è improntata ad un maggior favor per il soggetto che, a termini del vigente ordinamento, ha diritto alla pensione di privilegio, e la sua “ratio va individuata nella natura indennitaria o risarcitoria della pensione privilegiata”, come correttamente rilevato nella sopra citata sentenza. In base a tale disciplina, infatti, risultano irrilevanti le situazioni di derivazione del secondo rapporto dal primo, e il diritto al cumulo con la pensione di privilegio è sussistente solo che il successivo rapporto di servizio, pur se “derivato”, sia “diverso” da quello che costituisce il titolo della pensione di privilegio medesima, in termini oggettivi e concreti.
Nessun’altra interpretazione può darsi al sistema degli artt. 130, 133 e 139 quanto al “cumulo” della pensione privilegiata: come non è possibile accedere ad un orientamento che rinvenga una necessaria “identità” in ogni ipotesi di derivazione del rapporto di attività da quello che costituisce il titolo per la pensione di privilegio, perché tale interpretazione comporterebbe un’inammissibile assimilazione del concetto di “diversità” (espresso per le pensioni di privilegio dall’art. 139) a quello di “derivazione” (la cui valenza è circoscritta dagli artt. 130 e 133 alla disciplina delle pensioni ordinarie), del pari non è possibile accedere ad una tesi per la quale ogni ipotesi di mutamento del servizio costituisca ex sé un elemento di diversità tra i due servizi tale da integrare il diritto al cumulo di cui all’art. 139, perché altrimenti tale ultima disposizione non si giustificherebbe. Ne consegue che del tutto correttamente la citata QM n.21/1998, dopo aver affermato che la diversità che costituisce condizione del diritto al cumulo della pensione di privilegio con il trattamento di attività non scaturisce automaticamente e necessariamente dalla derivazione del rapporto civile dal precedente in termini genetici, ha affermato che essa deve essere vagliata, però, caso per caso, alla luce degli elementi concreti che caratterizzano il successivo servizio civile e lo status del dipendente, tenuto conto della disciplina delle singole fattispecie.
Sin qui il condivisibile traguardo interpretativo raggiunto con la citata QM n. 21/1998.
4. Ai fini della soluzione del quesito, che concerne specificatamente le pensioni privilegiate dei militari “passati a un impiego statale civile anche senza concorso”, vanno svolte ulteriori osservazioni.
Per le pensioni ordinarie l’art. 133 lett. c), nel disporre il divieto di cumulo con il trattamento di attività in caso di “nomina all’impiego civile di sottufficiale o graduato in applicazione delle particolari disposizioni concernenti riserva di posti in favore di detti militari”, si pone quale previsione di carattere assolutamente generale perché non contiene alcuna espressa limitazione che consenta di circoscriverne l’ambito alle fattispecie di nomina a seguito di concorso.
La disposizione ha la funzione di definire una categoria di rapporti di servizio civile per i quali si configura il divieto di “cumulo” per le pensioni ordinarie relative a pregresso rapporto militare, e a tal fine non individua come scriminante il tipo di procedura ad esito della quale la nomina nel servizio civile è stata conseguita, bensì il fatto che il posto che il militare va a ricoprire nel ruolo civile gli sia “riservato” in quanto tale. E’ evidente che il concetto di “riserva di posti” qui espresso non ha la medesima estensione di quello che definisce la riserva matematica a favore di militari nei concorsi per l’accesso al pubblico impiego, perché esso ha funzione del tutto diversa; ed è altrettanto evidente che, rispetto a tale funzione, identifica nel passaggio del “sottufficiale o graduato” al ruolo civile, e nella sua destinazione ad un posto che egli abbia il diritto di ricoprire in virtù della sua appartenenza a quello militare, un elemento sufficiente ad esprimere quel nesso di derivazione tra i due servizi che costituisce la ratio del divieto di cumulo per le pensioni ordinarie, senza che possa ulteriormente incidere la specifica procedura prevista per il passaggio al nuovo ruolo, per cui rimaneva inutile ogni precisazione “con o senza concorso”.
Laddove il legislatore ha inteso definire la portata del divieto di cumulo in relazione a tale circostanza, invece, lo ha fatto. La lettera d) del medesimo articolo concerne specificatamente i casi di “nomina conseguita mediante concorso riservato esclusivamente a soggetti che hanno già prestato servizio…”, ed individua il nesso di derivazione nel fatto che l’un servizio abbia costituito il titolo abilitativo esclusivo alla partecipazione al concorso per la nomina al servizio successivo. La lettera f), viceversa, concerne i casi in cui la nomina sia avvenuta “senza concorso … conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d’impiego…”. Tale ultima fattispecie, segnatamente, appare delineata in via altrettanto generale per ricondurre all’ambito del divieto, nei casi di “derivazione”, le fattispecie di mutamento del servizio all’interno di un medesimo ruolo (il passaggio del personale dipendente civile ad altro servizio civile), a meno di non voler stirare l’interpretazione letterale della disposizione, la quale contempla la “nomina senza concorso a posto statale o presso gli enti di cui all'art. 130, conseguita in derivazione o in continuazione o, comunque, in costanza di un precedente rapporto d’impiego rispettivamente con lo Stato o con gli enti stessi”. Viceversa, nessuna espressa limitazione è formulata dalla lett.c), che appare incentrare la fattispecie ivi delineata non in funzione della procedura ad esito della quale la nomina è conseguita, bensì della circostanza che il posto nel nuovo ruolo civile sia riservato al militare in virtù della sua posizione, seppure nelle modalità più varie previste dalle “particolari disposizioni” dell’ordinamento.
Orbene, l’interpretazione appena sopra data alla lett.c) esclude in sé che ai casi di transito del militare a domanda nel ruolo civile possa applicarsi un regime diverso da quello dettato ai primi due commi del medesimo art. 139, atteso che per effetto del richiamo al suo ambito applicativo – così inteso - anche le ipotesi di nomina senza concorso rientrerebbero nel generale regime dell’art. 139.
5. Tuttavia, osservano queste Sezioni, anche una diversa lettura dell’art. 133, lett. c), e conseguentemente dell’ultimo comma dell’art. 139, porta inevitabilmente alla medesima conclusione, con la conseguenza che risulta indifferente, ai fini dell’applicazione dell’art. 139, se il passaggio dal ruolo militare a quello civile senza concorso trovi più corretto inquadramento nella lett. c) ovvero nella lett. f) dell’art. 133 (come per altro verso lo è anche ai fini dell’art. 133, laddove in ogni caso la fattispecie risulta sottoposta alla regola del divieto di cumulo per la pensione ordinaria).
Il testo dell’art. 139, ult. co., prevede che la disciplina generale (di cui ai primi due commi del medesimo articolo) si applica “anche per i sottufficiali e i graduati che abbiano conseguito, con o senza soluzione di continuità, la nomina ad impiego civile di cui all’art. 133, lettera c)”.