cumulo - pensione privilegiata + stipendio ruoli civili
Inviato: sab lug 22, 2017 10:06 am
=== REPUBBLICA ITALIANA 261/2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione prima giurisdizionale centrale di appello
composta dai magistrati:
dott. Enzo Rotolo Presidente
dott. Salvatore Nicolella Consigliere
dott.ssa Fernanda Fraioli Consigliere
dott.ssa Elena Tomassini Consigliere
dott.ssa Giuseppina Mignemi Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA - ORDINANZA
nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 50647del ruolo generale, promosso dal Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, in persona della dott.ssa Patrizia Cangini, contro il sig. Davide Fersini, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra, presso i quali ha eletto domicilio in Roma nello studio di via Magnagrecia n. 95, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia 24 febbraio 2016 n. 74.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Uditi nel pubblico dibattimento del 4 aprile 2017, con l’assistenza del segretario dott.ssa Rita Maria Dina Cerroni, il relatore Consigliere Salvatore Nicolella, la dott.ssa Rosa Maria Gianfico per il Ministero della difesa e l’avv. Paolo Guerra per la parte appellata.
Ritenuto in
FATTO
Con nota 2 maggio 2011 il Ministero della difesa ha respinto la istanza di pensione privilegiata avanzata dal sig. Davide Fersini, eccependo il divieto di cumulo, ex art. 133 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092, tra il trattamento collegato al servizio da costui prestato nella Marina Militare negli anni 2001-2009 e quello di attività relativo all’impiego poi assunto nei ruoli civili della predetta Amministrazione.
Con la sentenza in epigrafe la Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, adìta dal sig. Fersini, gli ha riconosciuto la pensione privilegiata di 7^ categoria, con decorrenza dalla domanda, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
A tal fine il Giudice territoriale ha evidenziato che il ricorrente era cessato dal ruolo militare non per effetto di transito nei ruoli civili ai sensi dell’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999 n. 266 (come affermato dall’Amministrazione) bensì per inidoneità al servizio, che il nuovo rapporto instaurato non costituisce derivazione ovvero continuazione del precedente e che nella fattispecie trova applicazione l’art. 139 del citato dPR n. 1092/1973, come interpretato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con la sentenza 24 settembre 1998 n. 21/QM.
Avverso la pronuncia ha interposto appello il Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, in persona della dott.ssa Patrizia Cangini, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e 139 del dPR n. 1092/1973.
L’appellante precisa preliminarmente che il sig. Fersini è transitato a domanda nei ruoli civili in data 24 aprile 2009 ai sensi dell’art. 36 del dPR 24 marzo 1981 n. 145, senza pubblico concorso, per cui il nuovo rapporto di impiego civile costituisce continuazione/derivazione del precedente.
Quindi sostiene che alla posizione del medesimo trova applicazione il divieto di cumulo recato dall’art. 133, lettera f), del dPR 1092/1973 e non il successivo art. 139, ultimo comma, in quanto quest’ultimo si riferisce all’ipotesi, di cui alla lettera c) del predetto art. 133, del passaggio all’impiego civile del personale militare, mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad essi riservati ai sensi degli artt. 57 e seguenti della legge 13 luglio 1954 n. 599 e dell’art. 33 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168.
Segnala altresì, a sostegno della propria tesi, che il personale in attesa delle determinazioni dell’Amministrazione sulla domanda di transito, è considerato in aspettativa con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.
Conclusivamente, chiede la sospensione dell’esecutività della sentenza e, di conseguenza, l’annullamento/riforma della medesima, con vittoria di spese.
Il sig. Fersini si è costituito in giudizio col patrocinio degli avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra.
Nel gravame, corredato da un elaborato sulla normativa del transito e da una nota operativa dell’Inpdap, nonché da varie sentenze, i difensori ripercorrono la storia del giudizio e, quindi, analizzano dettagliatamente l’evoluzione della giurisprudenza in materia, soffermandosi in particolare sulla decisione delle Sezioni riunite 24 settembre 1998 n. 21/QM.
In estrema sintesi, essi sostengono il diritto del proprio assistito a cumulare la pensione privilegiata col trattamento di attività sulla base del disposto dell’art. 139 del dPR n. 1092/1973, che a loro avviso ha introdotto un regime derogatorio rispetto a quello pur eccezionale dettato dal precedente art. 133, regime fondato sul concetto di “diversità” tra i rapporti in questione, che costituisce caratteristica speciale rispetto a quella generale di “derivazione” su cui si fonda l’altra norma citata.
Chiedono pertanto che, respinte doglianze riferite alla circostanza che la pronuncia non sia limitata alla dichiarazione di inammissibilità della domanda pensionistica per intervenuto transito nei ruoli civili, la sentenza venga confermata in ossequio alle motivazioni della pronuncia di massima delle Sezioni riunite n. 21/1998/QM.
In subordine, laddove la Sezione non intendesse uniformarsi a detta decisione, che gli atti vengano rimessi alle Sezioni riunite per una nuova pronuncia che tenga eventualmente conto di altre osservazioni e deduzioni non valutate dal precedente Consesso.
In via ulteriormente gradata, che si sollevi questione di costituzionalità - per violazione degli artt. 2, 3, 4, 35 e 97 della Carta fondamentale - sia dell’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092 in combinato disposto con il precedente art. 133, anche per illegittimità sopravvenuta a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 con il quale è stato soppresso l’istituto della causa di servizio e della pensione privilegiata; sia, per quanto di interesse, dell’art. 930 del decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66 (ex art. 14, comma 5, della legge n. 266/ 1999), nella parte in cui è stato omesso di regolamentare, in siffatte fattispecie, il diritto al cumulo della pensione privilegiata col trattamento di attività conseguente al transito e, quindi, con il relativo trattamento di quiescenza.
Gli avv.ti Guerra hanno poi fatto avere una memoria scritta intesa a illustrare la vicenda e a insistere in particolare perché, stante il contrasto giurisprudenziale in sede di appello, la Sezione valuti, già prima della statuizione cautelare, la rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite.
A seguito dell’udienza camerale del 18 ottobre 2016, con ordinanza n. 96/2016 la Sezione ha respinto la richiesta cautelare.
Alla pubblica udienza del 4 aprile 2017 la dott.ssa Gianfico si è riportata agli atti e ha affermato che il richiamo alla sentenza 24 settembre 1998 n. 21/QM non è pertinente in quanto la stessa riguardava transiti diversi da quelli presi in considerazione dalla normativa successiva.
Depositata quindi copia del d.m. 18 aprile 2002, ha chiarito che il medesimo ha disciplinato la tipologia di passaggio di cui si discute e che da esso si rileva come non esista in realtà alcuna soluzione di continuità, anche in ragione del transito avvenuto a domanda.
L’avv. Guerra ha sottolineato che la vicenda riguarda il passaggio di un soggetto che, a causa di un incidente patito, fu dichiarato inabile al servizio militare e riconosciuto invece idoneo a quello civile.
Richiamata la nota Inpdap già depositata, in tema di diritto alla richiesta del trattamento di privilegio, il legale ha quindi sostenuto che nello specifico non si configura alcuna riunione di servizi perché quello anteriore non ha alcun rilievo ai fini della successiva prestazione civile.
Rilevato che l’ordinanza pronunciata dalla Sezione ha in sostanza disatteso la richiesta cautelare sotto il profilo del fumus boni iuris, ha poi sottolineato che i problemi interpretativi sono insorti circa due anni addietro, quando non si è più tenuta in considerazione la sentenza n. 21/1998/ QM.
Depositate quindi alcune pronunce favorevoli e richiamata la normativa che ha escluso la possibilità dei dipendenti civili di chiedere il riconoscimento della pensione privilegiata, il legale ha insistito per la rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite ovvero, in via gradata, perché si sollevi questione di costituzionalità e, comunque, perché l’appello sia respinto.
In sede di replica, la dott.ssa Gianfico, richiamato l’orientamento del Consiglio di Stato, si è associata alla richiesta di rimessione di questione di massima.
In tale stato il giudizio è passato in decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. Come si è riferito in narrativa, la difesa del sig. Fersini ha avanzato una serie di eccezioni di incostituzionalità, peraltro in via di mero subordine rispetto alle richieste di rigetto del gravame, ovvero di deferimento di questione di massima alle Sezioni riunite sull’argomento che ne occupa.
Al riguardo il Collegio, che d’ufficio non rileva alcun profilo di illegittimità, ritiene che l’esame di dette censure andrebbe subordinato alla soluzione che le medesime Sezioni riunite daranno alla questione di massima che si promuove col presente atto.
In ogni caso, al fine di prevenire un’eventuale dichiarazione di inammissibilità della questione stessa e ritenuto quindi opportuno procedere fin d’ora all’esame dei dubbi esposti, il Collegio rileva innanzitutto che rispetto all’art. 139 del dPR n. 1092/1973, in combinato disposto con il precedente art. 133 dello stesso testo normativo, la parte lamenta la violazione dell’art. 97 della Costituzione; sul punto, però, va osservato che questa censura risulta del tutto generica (e, quindi inammissibile) poiché non reca la precisazione delle ragioni del vulnus che deriverebbe dal prospettato difetto di preventiva informazione dell’interessato.
Con riguardo agli artt. 2, 4 e 35 della Costituzione, poi, l’appellato sospetta di incostituzionalità la normativa in questione in quanto non realizzerebbe il principio secondo il quale il lavoro deve reputarsi quale strumento di esplicazione e realizzazione della personalità del lavoratore.
Detta censura, però, deve ritenersi manifestamente infondata, atteso che “il divieto del cumulo tra pensione e stipendio, o la riduzione del trattamento di pensione in concorso con un trattamento di attività, non appaiono costituzionalmente illegittimi, atteso che la funzione previdenziale della pensione non si esplica, o almeno viene notevolmente ridotta, quando il lavoratore si trovi ancora in godimento di un trattamento di attività” (Corte costituzionale, sentenza n. 275/1976).
Neppure può riconoscersi fondata l’eccezione sollevata con riferimento all’art. 3 della Costituzione, atteso che a tal fine l’appellato pone a raffronto due situazioni non omologhe (soggetto che riporti una invalidità parziale dipendente da causa di servizio e che permanga nel ruolo di appartenenza con mansioni meno impegnative - soggetto dichiarato del tutto inidoneo al servizio militare e che transita pertanto nel ruolo civile).
Né hanno rilevanza alcuna, ai fini del presente giudizio, le “critiche” mosse con riguardo alla normativa che ha disposto l’abrogazione dell’istituto della pensione privilegiata nei confronti del personale civile dello Stato, atteso che trattasi di disposizione intervenuta in epoca successiva a quella di riferimento.
Le censure riferite all’art. 930 del decreto legislativo n. 66/2010, infine, sono manifestamente infondate, atteso che la disciplina del cumulo pensione-stipendio è materia demandata al dPR n. 1092/1973, di cui si è detto.
2. Va poi chiarito che, per quanto consta, nell’appello che ne occupa il Ministero della difesa non ha sollevato alcuna critica circa il fatto che la pronuncia impugnata non sia limitata alla dichiarazione di inammissibilità della domanda pensionistica per intervenuto transito nei ruoli civili, tant’è che, nelle premesse del gravame, si dà atto che con nota n. 74348/2011, impugnata in primo grado, l’Amministrazione “respingeva” (pronunciando quindi nel merito) le istanze di pensione privilegiata avanzate dall’interessato, “conformandosi alle vigenti disposizioni di stato giuridico”.
Pertanto neppure tale circostanza può essere di ostacolo alcuno alla rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite.
3. La presente fattispecie concerne il diritto del soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità al servizio, di vedersi riconosciuta la pensione privilegiata per infermità insorta a causa del servizio stesso, pur essendo transitato a un impiego civile.
Il tema, in ultima analisi, viene a incentrarsi sulla portata da riconoscere agli artt. 130, 133 e 139 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092, in particolare:
· se trovi applicazione in merito il divieto di cumulo sancito dall’art. 133, dovendo tenersi conto del concetto di “derivazione, continuazione o rinnovo” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata;
· se, in contrario, trovi applicazione la disposizione recata dall’art. 139 e, quindi, debba tenersi conto del concetto di “diversità” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata.
Negli ultimi anni questa Sezione si è espressa al riguardo in termini negativi (cfr. sentenze 12 aprile 2013 n. 284; 9 luglio 2015 n. 432; 21 dicembre 2015 n. 614) e a tale ripensamento si era allineata anche la Sezione Seconda centrale giurisdizionale di appello con la sentenza 17 febbraio 2014 n. 59, salvo poi operare un ripensamento (cfr. sentenza 20 giugno 2016 n. 640).
In quest’ultimo senso si è posta quindi anche questa Sezione con la sentenza 31 gennaio 2017 n. 24, nella quale peraltro vengono messe in ampio risalto le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è detto.
In sintesi, l’iniziale orientamento favorevole, che faceva seguito alla pronuncia delle Sezioni riunite 24 settembre 1998 n. 21/QM, di cui si è detto in narrativa, fonda l’ammissibilità del cumulo sul concetto di “diversità” da applicare nell’art. 139 del dPR n. 1092, ritenuto differente da quello di “non derivazione” dal precedente rapporto, indipendentemente dalla circostanza che il militare sia o meno transitato nel servizio civile.
L’orientamento negativo, invece, nega l’ammissibilità di detto cumulo alla luce delle continuità del rapporto civile seguente alla dichiarazione di idoneità al servizio del soggetto che in seguito abbia richiesto la concessione della pensione privilegiata, sulla base dell’interpretazione dell’art. 133, lett. f) del dPR n. 1092, che esclude dall’operatività del divieto i casi di accesso al secondo rapporto a seguito di pubblico concorso, sia pure con quote di riserva.
Orbene, il contrasto che emerge con tutta evidenza da quanto innanzi riportato è chiaramente rilevante ai fini della definizione del presente giudizio.
La questione, inoltre, è caratterizzata da particolare importanza, desumibile dalla complessità della materia, dall'ampiezza della platea di riferimento e dalla specifica necessità di assicurare la tendenziale coerenza giurisprudenziale, oltretutto attraverso pronuncia di massima dotata del carattere “vincolante” ribadito dal codice della giustizia contabile approvato col decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
Per tali ragioni, quindi, il Collegio è indotto a rimettere alle Sezioni riunite la seguente questione di massima:
“Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Visto l’art. 114, commi 1 e 2, del codice della giustizia contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, pronunciando non definitivamente, dichiara inammissibili ovvero rigetta, nei termini precisati in motivazione, le questioni di costituzionalità sollevate da parte appellata.
Sospesa quindi ogni ulteriore pronuncia, rimette alle Sezioni riunite in sede giurisdizionale la seguente questione di massima:
“Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Manda alla Segreteria, per la trasmissione del fascicolo di ufficio alla Segreteria delle Sezioni riunite e per tutti gli altri adempimenti di rito.
Spese al definitivo.
Così deciso non definitivamente e disposto in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2017.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(f.to dott. Salvatore Nicolella) (f.to dott. Enzo Rotolo)
Depositata in Segreteria il giorno 18 LUG.2017
IL DIRIGENTE
f.to Daniela D’Amaro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione prima giurisdizionale centrale di appello
composta dai magistrati:
dott. Enzo Rotolo Presidente
dott. Salvatore Nicolella Consigliere
dott.ssa Fernanda Fraioli Consigliere
dott.ssa Elena Tomassini Consigliere
dott.ssa Giuseppina Mignemi Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA NON DEFINITIVA - ORDINANZA
nel giudizio di appello in materia pensionistica iscritto al n. 50647del ruolo generale, promosso dal Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, in persona della dott.ssa Patrizia Cangini, contro il sig. Davide Fersini, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra, presso i quali ha eletto domicilio in Roma nello studio di via Magnagrecia n. 95, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia 24 febbraio 2016 n. 74.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Uditi nel pubblico dibattimento del 4 aprile 2017, con l’assistenza del segretario dott.ssa Rita Maria Dina Cerroni, il relatore Consigliere Salvatore Nicolella, la dott.ssa Rosa Maria Gianfico per il Ministero della difesa e l’avv. Paolo Guerra per la parte appellata.
Ritenuto in
FATTO
Con nota 2 maggio 2011 il Ministero della difesa ha respinto la istanza di pensione privilegiata avanzata dal sig. Davide Fersini, eccependo il divieto di cumulo, ex art. 133 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092, tra il trattamento collegato al servizio da costui prestato nella Marina Militare negli anni 2001-2009 e quello di attività relativo all’impiego poi assunto nei ruoli civili della predetta Amministrazione.
Con la sentenza in epigrafe la Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, adìta dal sig. Fersini, gli ha riconosciuto la pensione privilegiata di 7^ categoria, con decorrenza dalla domanda, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
A tal fine il Giudice territoriale ha evidenziato che il ricorrente era cessato dal ruolo militare non per effetto di transito nei ruoli civili ai sensi dell’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999 n. 266 (come affermato dall’Amministrazione) bensì per inidoneità al servizio, che il nuovo rapporto instaurato non costituisce derivazione ovvero continuazione del precedente e che nella fattispecie trova applicazione l’art. 139 del citato dPR n. 1092/1973, come interpretato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con la sentenza 24 settembre 1998 n. 21/QM.
Avverso la pronuncia ha interposto appello il Ministero della difesa, Direzione generale della previdenza militare e della leva, 1° Reparto, 4^ Divisione, in persona della dott.ssa Patrizia Cangini, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e 139 del dPR n. 1092/1973.
L’appellante precisa preliminarmente che il sig. Fersini è transitato a domanda nei ruoli civili in data 24 aprile 2009 ai sensi dell’art. 36 del dPR 24 marzo 1981 n. 145, senza pubblico concorso, per cui il nuovo rapporto di impiego civile costituisce continuazione/derivazione del precedente.
Quindi sostiene che alla posizione del medesimo trova applicazione il divieto di cumulo recato dall’art. 133, lettera f), del dPR 1092/1973 e non il successivo art. 139, ultimo comma, in quanto quest’ultimo si riferisce all’ipotesi, di cui alla lettera c) del predetto art. 133, del passaggio all’impiego civile del personale militare, mediante procedure selettive e nei limiti dei posti organici ad essi riservati ai sensi degli artt. 57 e seguenti della legge 13 luglio 1954 n. 599 e dell’art. 33 della legge 18 ottobre 1961 n. 1168.
Segnala altresì, a sostegno della propria tesi, che il personale in attesa delle determinazioni dell’Amministrazione sulla domanda di transito, è considerato in aspettativa con il trattamento economico goduto all’atto del giudizio di non idoneità.
Conclusivamente, chiede la sospensione dell’esecutività della sentenza e, di conseguenza, l’annullamento/riforma della medesima, con vittoria di spese.
Il sig. Fersini si è costituito in giudizio col patrocinio degli avv.ti Paolo Guerra e Maurizio Maria Guerra.
Nel gravame, corredato da un elaborato sulla normativa del transito e da una nota operativa dell’Inpdap, nonché da varie sentenze, i difensori ripercorrono la storia del giudizio e, quindi, analizzano dettagliatamente l’evoluzione della giurisprudenza in materia, soffermandosi in particolare sulla decisione delle Sezioni riunite 24 settembre 1998 n. 21/QM.
In estrema sintesi, essi sostengono il diritto del proprio assistito a cumulare la pensione privilegiata col trattamento di attività sulla base del disposto dell’art. 139 del dPR n. 1092/1973, che a loro avviso ha introdotto un regime derogatorio rispetto a quello pur eccezionale dettato dal precedente art. 133, regime fondato sul concetto di “diversità” tra i rapporti in questione, che costituisce caratteristica speciale rispetto a quella generale di “derivazione” su cui si fonda l’altra norma citata.
Chiedono pertanto che, respinte doglianze riferite alla circostanza che la pronuncia non sia limitata alla dichiarazione di inammissibilità della domanda pensionistica per intervenuto transito nei ruoli civili, la sentenza venga confermata in ossequio alle motivazioni della pronuncia di massima delle Sezioni riunite n. 21/1998/QM.
In subordine, laddove la Sezione non intendesse uniformarsi a detta decisione, che gli atti vengano rimessi alle Sezioni riunite per una nuova pronuncia che tenga eventualmente conto di altre osservazioni e deduzioni non valutate dal precedente Consesso.
In via ulteriormente gradata, che si sollevi questione di costituzionalità - per violazione degli artt. 2, 3, 4, 35 e 97 della Carta fondamentale - sia dell’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092 in combinato disposto con il precedente art. 133, anche per illegittimità sopravvenuta a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 con il quale è stato soppresso l’istituto della causa di servizio e della pensione privilegiata; sia, per quanto di interesse, dell’art. 930 del decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66 (ex art. 14, comma 5, della legge n. 266/ 1999), nella parte in cui è stato omesso di regolamentare, in siffatte fattispecie, il diritto al cumulo della pensione privilegiata col trattamento di attività conseguente al transito e, quindi, con il relativo trattamento di quiescenza.
Gli avv.ti Guerra hanno poi fatto avere una memoria scritta intesa a illustrare la vicenda e a insistere in particolare perché, stante il contrasto giurisprudenziale in sede di appello, la Sezione valuti, già prima della statuizione cautelare, la rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite.
A seguito dell’udienza camerale del 18 ottobre 2016, con ordinanza n. 96/2016 la Sezione ha respinto la richiesta cautelare.
Alla pubblica udienza del 4 aprile 2017 la dott.ssa Gianfico si è riportata agli atti e ha affermato che il richiamo alla sentenza 24 settembre 1998 n. 21/QM non è pertinente in quanto la stessa riguardava transiti diversi da quelli presi in considerazione dalla normativa successiva.
Depositata quindi copia del d.m. 18 aprile 2002, ha chiarito che il medesimo ha disciplinato la tipologia di passaggio di cui si discute e che da esso si rileva come non esista in realtà alcuna soluzione di continuità, anche in ragione del transito avvenuto a domanda.
L’avv. Guerra ha sottolineato che la vicenda riguarda il passaggio di un soggetto che, a causa di un incidente patito, fu dichiarato inabile al servizio militare e riconosciuto invece idoneo a quello civile.
Richiamata la nota Inpdap già depositata, in tema di diritto alla richiesta del trattamento di privilegio, il legale ha quindi sostenuto che nello specifico non si configura alcuna riunione di servizi perché quello anteriore non ha alcun rilievo ai fini della successiva prestazione civile.
Rilevato che l’ordinanza pronunciata dalla Sezione ha in sostanza disatteso la richiesta cautelare sotto il profilo del fumus boni iuris, ha poi sottolineato che i problemi interpretativi sono insorti circa due anni addietro, quando non si è più tenuta in considerazione la sentenza n. 21/1998/ QM.
Depositate quindi alcune pronunce favorevoli e richiamata la normativa che ha escluso la possibilità dei dipendenti civili di chiedere il riconoscimento della pensione privilegiata, il legale ha insistito per la rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite ovvero, in via gradata, perché si sollevi questione di costituzionalità e, comunque, perché l’appello sia respinto.
In sede di replica, la dott.ssa Gianfico, richiamato l’orientamento del Consiglio di Stato, si è associata alla richiesta di rimessione di questione di massima.
In tale stato il giudizio è passato in decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. Come si è riferito in narrativa, la difesa del sig. Fersini ha avanzato una serie di eccezioni di incostituzionalità, peraltro in via di mero subordine rispetto alle richieste di rigetto del gravame, ovvero di deferimento di questione di massima alle Sezioni riunite sull’argomento che ne occupa.
Al riguardo il Collegio, che d’ufficio non rileva alcun profilo di illegittimità, ritiene che l’esame di dette censure andrebbe subordinato alla soluzione che le medesime Sezioni riunite daranno alla questione di massima che si promuove col presente atto.
In ogni caso, al fine di prevenire un’eventuale dichiarazione di inammissibilità della questione stessa e ritenuto quindi opportuno procedere fin d’ora all’esame dei dubbi esposti, il Collegio rileva innanzitutto che rispetto all’art. 139 del dPR n. 1092/1973, in combinato disposto con il precedente art. 133 dello stesso testo normativo, la parte lamenta la violazione dell’art. 97 della Costituzione; sul punto, però, va osservato che questa censura risulta del tutto generica (e, quindi inammissibile) poiché non reca la precisazione delle ragioni del vulnus che deriverebbe dal prospettato difetto di preventiva informazione dell’interessato.
Con riguardo agli artt. 2, 4 e 35 della Costituzione, poi, l’appellato sospetta di incostituzionalità la normativa in questione in quanto non realizzerebbe il principio secondo il quale il lavoro deve reputarsi quale strumento di esplicazione e realizzazione della personalità del lavoratore.
Detta censura, però, deve ritenersi manifestamente infondata, atteso che “il divieto del cumulo tra pensione e stipendio, o la riduzione del trattamento di pensione in concorso con un trattamento di attività, non appaiono costituzionalmente illegittimi, atteso che la funzione previdenziale della pensione non si esplica, o almeno viene notevolmente ridotta, quando il lavoratore si trovi ancora in godimento di un trattamento di attività” (Corte costituzionale, sentenza n. 275/1976).
Neppure può riconoscersi fondata l’eccezione sollevata con riferimento all’art. 3 della Costituzione, atteso che a tal fine l’appellato pone a raffronto due situazioni non omologhe (soggetto che riporti una invalidità parziale dipendente da causa di servizio e che permanga nel ruolo di appartenenza con mansioni meno impegnative - soggetto dichiarato del tutto inidoneo al servizio militare e che transita pertanto nel ruolo civile).
Né hanno rilevanza alcuna, ai fini del presente giudizio, le “critiche” mosse con riguardo alla normativa che ha disposto l’abrogazione dell’istituto della pensione privilegiata nei confronti del personale civile dello Stato, atteso che trattasi di disposizione intervenuta in epoca successiva a quella di riferimento.
Le censure riferite all’art. 930 del decreto legislativo n. 66/2010, infine, sono manifestamente infondate, atteso che la disciplina del cumulo pensione-stipendio è materia demandata al dPR n. 1092/1973, di cui si è detto.
2. Va poi chiarito che, per quanto consta, nell’appello che ne occupa il Ministero della difesa non ha sollevato alcuna critica circa il fatto che la pronuncia impugnata non sia limitata alla dichiarazione di inammissibilità della domanda pensionistica per intervenuto transito nei ruoli civili, tant’è che, nelle premesse del gravame, si dà atto che con nota n. 74348/2011, impugnata in primo grado, l’Amministrazione “respingeva” (pronunciando quindi nel merito) le istanze di pensione privilegiata avanzate dall’interessato, “conformandosi alle vigenti disposizioni di stato giuridico”.
Pertanto neppure tale circostanza può essere di ostacolo alcuno alla rimessione di questione di massima alle Sezioni riunite.
3. La presente fattispecie concerne il diritto del soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità al servizio, di vedersi riconosciuta la pensione privilegiata per infermità insorta a causa del servizio stesso, pur essendo transitato a un impiego civile.
Il tema, in ultima analisi, viene a incentrarsi sulla portata da riconoscere agli artt. 130, 133 e 139 del dPR 29 dicembre 1973 n. 1092, in particolare:
· se trovi applicazione in merito il divieto di cumulo sancito dall’art. 133, dovendo tenersi conto del concetto di “derivazione, continuazione o rinnovo” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata;
· se, in contrario, trovi applicazione la disposizione recata dall’art. 139 e, quindi, debba tenersi conto del concetto di “diversità” tra il nuovo rapporto rispetto a quello precedente che costituisce titolo per il riconoscimento della pensione privilegiata.
Negli ultimi anni questa Sezione si è espressa al riguardo in termini negativi (cfr. sentenze 12 aprile 2013 n. 284; 9 luglio 2015 n. 432; 21 dicembre 2015 n. 614) e a tale ripensamento si era allineata anche la Sezione Seconda centrale giurisdizionale di appello con la sentenza 17 febbraio 2014 n. 59, salvo poi operare un ripensamento (cfr. sentenza 20 giugno 2016 n. 640).
In quest’ultimo senso si è posta quindi anche questa Sezione con la sentenza 31 gennaio 2017 n. 24, nella quale peraltro vengono messe in ampio risalto le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è detto.
In sintesi, l’iniziale orientamento favorevole, che faceva seguito alla pronuncia delle Sezioni riunite 24 settembre 1998 n. 21/QM, di cui si è detto in narrativa, fonda l’ammissibilità del cumulo sul concetto di “diversità” da applicare nell’art. 139 del dPR n. 1092, ritenuto differente da quello di “non derivazione” dal precedente rapporto, indipendentemente dalla circostanza che il militare sia o meno transitato nel servizio civile.
L’orientamento negativo, invece, nega l’ammissibilità di detto cumulo alla luce delle continuità del rapporto civile seguente alla dichiarazione di idoneità al servizio del soggetto che in seguito abbia richiesto la concessione della pensione privilegiata, sulla base dell’interpretazione dell’art. 133, lett. f) del dPR n. 1092, che esclude dall’operatività del divieto i casi di accesso al secondo rapporto a seguito di pubblico concorso, sia pure con quote di riserva.
Orbene, il contrasto che emerge con tutta evidenza da quanto innanzi riportato è chiaramente rilevante ai fini della definizione del presente giudizio.
La questione, inoltre, è caratterizzata da particolare importanza, desumibile dalla complessità della materia, dall'ampiezza della platea di riferimento e dalla specifica necessità di assicurare la tendenziale coerenza giurisprudenziale, oltretutto attraverso pronuncia di massima dotata del carattere “vincolante” ribadito dal codice della giustizia contabile approvato col decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
Per tali ragioni, quindi, il Collegio è indotto a rimettere alle Sezioni riunite la seguente questione di massima:
“Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Visto l’art. 114, commi 1 e 2, del codice della giustizia contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale di appello, pronunciando non definitivamente, dichiara inammissibili ovvero rigetta, nei termini precisati in motivazione, le questioni di costituzionalità sollevate da parte appellata.
Sospesa quindi ogni ulteriore pronuncia, rimette alle Sezioni riunite in sede giurisdizionale la seguente questione di massima:
“Se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione l’art. 139 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092”.
Manda alla Segreteria, per la trasmissione del fascicolo di ufficio alla Segreteria delle Sezioni riunite e per tutti gli altri adempimenti di rito.
Spese al definitivo.
Così deciso non definitivamente e disposto in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2017.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(f.to dott. Salvatore Nicolella) (f.to dott. Enzo Rotolo)
Depositata in Segreteria il giorno 18 LUG.2017
IL DIRIGENTE
f.to Daniela D’Amaro