Soppressa della Casa circondariale.
Inviato: gio nov 24, 2016 7:20 pm
soppressa la Casa circondariale di Sala Consilina.
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SENTENZA ,sede di SALERNO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201602269, - Public 2016-10-11 -
Pubblicato il 11/10/2016
N. 02269/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00056/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 56 del 2016, proposto da:
-OMISSIS- e -OMISSIS- dell’-OMISSIS- degli -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avv. Demetrio Fenucciu C. F. FNCDTR68A19H703M, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Memoli, 12;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;
Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Regione Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ugo Cornetta C. F. CRNGUO71M25H703E, con domicilio eletto, in Salerno, al Largo dei Pioppi, 1, presso Avvocatura Provinciale;
per l’annullamento
- a) del decreto ministeriale del 27 ottobre 2015, comunicato in data 4.11.2015, con il quale è stata soppressa la Casa circondariale di Sala Consilina;
- b) della nota, prot. n. 2442 dell’11.03.2015, con la quale il Provveditorato Regionale della Campania del D. A. P. ha proposto la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina;
- c) d’ogni altro atto collegato, presupposto e/o consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti, incluse le note prot. n. 2005 del 18.03.15 della Direzione Generale delle Risorse Materiali, dei Beni e dei Servizi; n. 1429 del 24.03.2015 del DAP – Direzione Generale del Personale e della Formazione; GDAP-0120453-2015 del 3.4.2015 del capo DAP;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e della Provincia di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2016, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
I ricorrenti, premesso che:
- 1) con decreto ministeriale del 30 gennaio 2001 la Casa circondariale di Sala Consilina veniva inserita nell’elenco degli istituti penitenziari “strutturalmente non idonei” per i quali veniva “ritenuta necessaria e conveniente la dismissione”; sennonché l’art. 2 dello stesso provvedimento incaricava il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di “promuovere le intese necessarie con le regioni o con gli enti locali interessati per reperire le aree per la localizzazione dei nuovi istituiti penitenziari da costruire in sostituzione di quelli che saranno dismessi”;
- 2) e infatti, con decreto ministeriale del 26 ottobre 2001, recante “variante al programma ordinario di edilizia penitenziaria”, veniva prevista la costruzione di nuovi istituti penitenziari tra cui quello di Sala Consilina, da realizzarsi in via prioritaria unitamente ad altri istituti; a tal fine, con decreto del 3.06.2002, assunto dal Ministero di Giustizia di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, veniva stanziata la somma di € 32.053.000,00 per la costruzione urgente di un nuovo istituto penitenziario;
- 3) a distanza di soli due anni, con D. M. 21 maggio 2004 veniva disposta, nelle more della costruzione di un nuovo istituto penitenziario, la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina;
- 4) successivamente, con D. M. 9/3/2005, veniva revocato il citato provvedimento di soppressione, sia in ragione delle delibere degli Organi Locali della Regione Campania con le quali veniva chiesto il mantenimento dell’istituto, essendo Sala Consilina sede di Tribunale e la Casa circondariale di vitale importanza dal punto di vista operativo, per l’assistenza alle traduzioni di detenuti da e per la Calabria, nonché per il centro – nord, sia in ragione della proposta della stessa Amministrazione comunale, formalizzata con deliberazione di G. C., di provvedere, con onere a proprio carico, all’esecuzione degli interventi di manutenzione necessari per il mantenimento in esercizio della struttura;
- 5) intanto, a causa del cronico sovraffollamento degli istituti penitenziari, con DPCM 13/01/2010 veniva dichiarato lo stato di emergenza, fino al 31.12.2010 (poi prorogato, fino al 31.07.2014); indi era disposto il commissariamento del D. A. P.;
- 6) l’attività, affidata ai Commissari, si è tradotta nella definizione dei cd. “Piani carceri”, con i quali venivano previsti interventi finalizzati ad incrementare i posti detentivi e a migliorare le condizioni dei detenuti anche attraverso la riduzione degli istituti esistenti; nulla veniva previsto per la Casa circondariale di Sala Consilina, di cui quindi si prevedeva il mantenimento;
- 7) durante la fase commissariale è stato svolto un “proficuo lavoro di programmazione finalizzato a ridefinire l’assetto degli istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale”;
- 8) tale attività, in particolare, ha portato all’adozione delle circolari DAP n. G – DAP0206745 – 2012 del 30.05.2012 e PU – G0036997 – 2013 del 29.01.2013, aventi ad oggetto “Realizzazione circuito regionale ex art. 115 d. P. R. 30 giugno 2000 n. 230; linee programmatiche”, la prima contenente i principi di indirizzo, e, la seconda, la nuova e definitiva geografia degli istituti penitenziari italiani, raggruppati per circuiti regionali;
- 9) nella circolare da ultimo richiamata, la Casa circondariale di Sala Consilina rientra nel quadro definitivo del circuito regionale campano: l’Amministrazione penitenziaria ha infatti programmato il mantenimento dell’istituto in quanto parte integrante del sistema carcerario regionale (a differenza di altre strutture carcerarie espressamente destinate alla dismissione);
lamentavano che “incredibilmente, i suddetti atti programmatori, contenenti autovincoli per la PA intimata, sono stati superati, in carenza di istruttoria ed in contrasto con l’interesse pubblico, dalla soppressione qui impugnata”; in particolare, con nota prot. n. 2442 dell’11.03.2015, il Provveditorato regionale della Campania, “senza confrontarsi con i citati atti programmatori”, proponeva la soppressione dell’istituto attesa “la modesta ricettività della struttura” e la “inadeguatezza sotto il profilo strutturale della sicurezza e, quindi, l’antieconomicità del mantenimento dello stabile in attività ai fini detentivi”; tanto senza considerare l’impegno, assunto dal Comune, di realizzare l’adeguamento funzionale della struttura con accollo dei relativi oneri (attività culminata nella predisposizione di apposito progetto a cura dell’ente); facevano presente che quindi, con nota prot. n. 2005 del 18.03.2015, il DAP – Direzione Generale delle Risorse Materiali, dei Beni e dei Servizi Segreteria del Direttore Generale – esprimeva parere favorevole alla soppressione dell’istituto; nello stesso senso s’esprimeva, con nota prot. n. 1429 del 24.03.2015, il DAP – Direzione Generale del Personale e della Formazione; ancora, con nota prot. n. GDAP – 0120453 – 2015 del 3.04.2015, il DAP – Ufficio Capo del Dipartimento – dichiarava di condividere la proposta di soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, rilevando da un lato che “la soppressione della locale sede giudiziaria, avvenuta con D. Lgs. n. 155 del 7.09.2012, non rende più giustificabile il mantenimento della Casa Circondariale in questione che appare del tutto antieconomico sotto il rapporto costi/benefici” e, dall’altro lato, che “la proposta di soppressione ben si inquadra nell’orientamento secondo cui, tenere in funzione istituti penitenziari o sezioni distaccate di istituti penitenziari con disponibilità di meno di 100 posti detenuto, contrasta in linea generale – fatte salve peculiarissime eccezioni – con il principio di buona amministrazione, atteso che tali piccole strutture assorbono risorse economiche e risorse umane più proficuamente spendibili altrove”; tale nota, dunque, veniva rimessa al Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia, per le eventuali determinazioni di competenza; segnalavano che la soppressione privava l’intero circondario del Tribunale, in cui è compreso il -OMISSIS-, di una struttura carceraria, in contrasto con elementari principi di efficienza dell’azione amministrativa, con la territorialità dell’esecuzione penale e con il principio, pure affermato dal capo del dipartimento, per cui il collegamento funzionale con una sede di Tribunale giustificherebbe la conservazione dell’istituto penitenziario; proseguivano i ricorrenti,
rappresentando che, con nota, prot. 0015914.0 del 21.04.2015, l’Ufficio del Gabinetto del Ministro prendeva atto della proposta di soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, ritenendo opportuno interloquire sull’argomento con i vertici dell’Autorità Giudiziaria lucana e di Lagonegro, anche in relazione alla futura allocazione dei detenuti; conseguentemente, con nota acquisita al prot. GDAP – 0276864 – 2015 dell’8.08.2015, il Procuratore della Repubblica di Lagonegro evidenziava che dalla soppressione dell’istituto di Sala Consilina sarebbero derivate oggettive difficoltà in -OMISSIS- all’allocazione dei detenuti presso la Casa circondariale di Potenza, attesa la notevole distanza dalla sede del Tribunale e le note difficoltà di collegamento; per tali ragioni – osservava il Procuratore – sarebbe stato opportuno riattivare l’istituto penitenziario di Chiaromonte (ma secondo i ricorrenti “distante circa 60 km e ancor peggio collegato rispetto Potenza”), in disuso da moltissimi anni e necessitante di interventi di ristrutturazione e di ampliamento; ma anche il parere del Procuratore della Repubblica veniva disatteso, procedendosi alla soppressione, “senza alcuna valutazione atta a scongiurare i paventati disservizi”; infatti, con D. M. 27 ottobre 2015, il Ministero della Giustizia ha disposto la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, senza garantire l’apertura del carcere di Chiaromonte e dunque “privando il circondario del Tribunale di Lagonegro di una struttura carceraria, con immaginabili oneri e gravi disservizi per tutti gli utenti della giustizia”; tanto premesso, i ricorrenti articolavano, avverso gli atti specificati in epigrafe, le seguenti censure:
- I) VIOLAZIONE DI LEGGE: ARTT. 97 COST., 115 D.P.R. n. 230/2000; 2 D. Lgs. n. 444/92; 32 L. n. 395/1990; 3 L. n. 241/90; VIOLAZIONE DELLE CIRCOLARI D.A.P. n. 0206745 – 2012 del 30.05.2012 e n. 0036997 – 2013 del 29.01.2013; ECCESSO DI POTERE PER: DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA; CARENZA DI MOTIVAZIONE; FALSITÀ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO; CONTRADDITTORIETÀ; ILLOGICITÀ; ARBITRARIETÀ; IRRAGIONEVOLEZZA; INGIUSTIZIA MANIFESTA: la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina si fondava sull’asserita antieconomicità, in termini di costi/benefici, del suo mantenimento e richiamava la programmazione di un sistema integrato di istituti penitenziari a livello regionale, ex art. 115 DPR 203/2000; in particolare, si leggeva nel decreto impugnato che “la soppressione di detto istituto può consentire una significativa economia di risorse complessive, più efficacemente ed efficientemente utilizzabili in altre strutture penitenziarie, in aderenza al principio di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali di cui si dispone, attraverso la razionalizzazione delle attività istituzionali nonché la complessiva gestione del patrimonio demaniale, ed in linea con la riorganizzazione dei circuiti penitenziari, operata attraverso la definizione, a livello regionale, di un sistema integrato di istituti penitenziari in conformità alla previsione normativa di cui all’art. 115 del d. P. R. 230/2000”; ma destava stupore la circostanza che la soppressione contrastasse proprio con le precedenti determinazioni assunte dall’Amministrazione penitenziaria in materia di organizzazione dei circuiti penitenziari regionali (di cui alle circolari DAP indicate in rubrica) richiamate nello stesso atto impugnato; invero, all’interno del quadro definitivo dei circuiti regionali, contenuto nella Tabella B della circolare DAP n. 0036997 del 29.01.2013, avente ad oggetto “realizzazione circuito regionale ex art. 115 d. P. R. 30 giugno 2000 n. 230 – Linee programmatiche”, la Casa circondariale di Sala Consilina rientrava tra gli istituti penitenziari del circuito campano i quali, nel complesso, formavano un sistema integrato di strutture carcerarie, finalizzato a differenziare ed elevare gli standard di trattamento in conformità alle ripetute condanne e ai richiami della Corte Europea di Strasburgo (cfr. sentenza CEDU Torreggiani c/ Italia dell'8 gennaio 2013); tale provvedimento, pertanto, faceva espressamente salvo l’istituto in parola; l’atto programmatorio, infatti, individuava gli istituti, attivi a livello regionale, ed elencava quelli da dismettere (per i quali, cioè, l’Amministrazione aveva ritenuto non conveniente il mantenimento); tra questi non era incluso il carcere di Sala Consilina, che andava dunque conservato; del resto, rilevavano i ricorrenti, “la succitata circolare è stata adottata all’esito di un’approfondita istruttoria all’interno della quale sono stati discussi tutti i progetti presentati dai Provveditorati regionali per la creazione/revisione dei circuiti penitenziari regionali, in conformità alle linee direttive emanate con circolare n. 0206745 del 30.05.2012, e raccolte le osservazioni delle Direzioni Generali al fine di dare coerenza nella dimensione nazionale delle diverse proposte presentate”, del tutto illegittimamente, quindi, gli atti impugnati avevano ritenuto sufficiente una generica valutazione di “opportunità economica”, per cancellare il complesso lavoro di pianificazione, sino ad allora svolto, che pure aveva considerato il dato economico, nell’ambito di una valutazione più ampia delle ragioni che giustificavano il mantenimento dell’istituto di detenzione salese; ciò era tanto più vero, se si considerava che la programmazione, intervenuta nel 2013, aveva previsto il mantenimento dell’istituto, pur dopo la soppressione del locale Tribunale, enfaticamente richiamata dal Capo DAP che, tuttavia, trascurava di considerare la mancanza di un carcere nell’intero circondario della sede giudiziaria del locale Tribunale, il che rendeva “ancora attuale l’interesse pubblico alla conservazione dell’istituto”; inoltre la proposta di soppressione era stata formulata dal Provveditorato regionale, in contrasto con le previsioni del circuito regionale, ex art. 115 D.P.R. 230/2000, “peraltro inopinatamente richiamato nel decreto ministeriale impugnato”; ancora, l’Amministrazione non aveva contemplato alcuna misura, atta a mitigare gli effetti della soppressione dell’istituto sul circuito regionale, affermando la mera possibilità di utilizzare le risorse ricavate, “più efficacemente ed efficientemente”, in altre strutture penitenziarie, appariva dunque evidente, secondo i ricorrenti, l’illegittimità degli atti impugnati, per violazione dei citati atti di programmazione, difetto d’istruttoria e contrarietà all’interesse pubblico e alla corretta organizzazione del servizio giustizia; in ogni caso, la violazione delle circolari con la quali il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, aveva dettato le linee guida programmatiche per il riordino del sistema penitenziario, viziava “insanabilmente la proposta della soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina di cui alla nota prot. n. 2442 del 11.3.2015 del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, che ha dato avvio al procedimento controverso. E invero, ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 444/1992, il Provveditorato regionale, in qualità di amministrazione competente alla formulazione di proposte di soppressione degli istituti penitenziari, esercita le sue attribuzioni “secondo i programmi, gli indirizzi e le direttive disposti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, anche al fine di assicurare l’uniformità dell’azione penitenziaria sul territorio nazionale”; ancora, ai sensi dell’art. 32, comma 2, della l. n. 395/1990, rubricato “Istituzione dei Provveditorati regionale dell'Amministrazione penitenziaria”, “2. I provveditorati regionali sono organi decentrati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Essi operano nel settore degli istituti e servizi per adulti, sulla base di programmi, indirizzi e direttive disposti dal Dipartimento stesso, in materia di personale, organizzazione dei servizi e degli istituti (...)”. Appariva quindi “evidente che l’amministrazione penitenziaria regionale, nel formulare la proposta di soppressione dell’istituto penitenziario de quo, non ha tenuto conto della circostanza che lo stesso fosse inserito nel quadro definitivo dei circuiti regionali integrati di cui alla circolare DAP n. 0036997 del 29.01.2013; l’organo periferico avrebbe dovuto rispettare gli atti di programmazione e, comunque, ogni diversa proposta avrebbe imposto una valutazione complessiva del circuito penitenziario regionale, da espletarsi nell’ambito di un progetto unitario, del tutto mancante nella specie”; tanto comportava “l’illegittimità del decreto ministeriale impugnato per illegittimità derivata del provvedimento presupposto che ha dato avvio al procedimento”; pur rivestendo, quanto sopra affermato, rilievo assorbente, gli atti impugnati erano illegittimi anche per contrasto con il principio di territorialità dell’esecuzione penale, posto dall'art. 115, comma 1, del d. P. R. n. 230/2000 e ribadito dalla circolare DAP n. 0206745 del 30.05.2012; in particolare, l’art. 115 cit., co. 1, prevede che: “1. In ciascuna regione è realizzato un sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive la cui ricettività complessiva soddisfi il principio di territorialità dell’esecuzione penale, tenuto conto anche di eventuali esigenze di carattere generale”; a sua volta, la circolare n. 0206745 del 30.05.2012, al § 4, prevede che “I Signori Provveditori (...) avranno cura di predisporre un progetto regionale ispirato a un “sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive (...)” che possa poi, in stretta collaborazione con la Direzione Generale Detenuti e Trattamento, soddisfare il principio di territorializzazione e valga a rendere operativi i criteri indicati dall’art. 14 della legge 354/75 e dall’art. 115 d. P. R. 230/2000”; nella specie, i suddetti principi sarebbero stati “arbitrariamente disattesi”; l’attuazione del principio di territorialità avrebbe imposto “che le scelte di localizzazione, dimensione e tipologia costruttiva degli insediamenti penitenziari si fossero basate (anche) sull’analisi della realtà socio – criminale della zona di riferimento e sulla geografia degli uffici giudiziari” (detti parametri erano stati oggetto di “richiamo erroneo” da parte del Capo del D. A. P., che ha invocato la soppressione del Tribunale di Sala senza considerare l’unicità del carcere di Sala Consilina anche nel circondario del Tribunale di Lagonegro); i ricorrenti lamentavano che, nella specie, non v’era traccia di siffatta valutazione, e che quindi, in maniera ingiustificata, la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina privava “un vastissimo territorio, coincidente con il circondario del Tribunale di Lagonegro, di un istituto penitenziario con ingiustificato pregiudizio per la comunità locale e per gli operatori del diritto”; né, del resto, “la valorizzata, ma non specificata, salvezza di risorse economiche e di personale, altrimenti più efficacemente utilizzabili, può assorbire ogni altra valutazione in -OMISSIS- al suddetto principio di territorializzazione della pena”; nel merito, poi, gli atti censurati fondavano “su presupposti erronei, frutto di una lettura distorta della realtà producendo, in concreto, forti disagi a tutti coloro che chiedono o producono giustizia e, in generale, all’intera comunità del territorio interessato”; in particolare, con la nota prot. n. 0120453 del 3.04.2015 il DAP – Ufficio del Capo del Dipartimento aveva rimesso la proposta di soppressione dell'istituto al Ministero della Giustizia in quanto: - 1) “la soppressione del Tribunale di Sala Consilina, avvenuta con D. Lgs. n. 155/2012, non rende più giustificabile il mantenimento della Casa circondariale in questione”; 2) il mantenimento della stessa “appare del tutto antieconomico sotto il rapporto costi/benefici, sia per la modestissima ricettività della struttura – che, con una capienza di 22 posti detentivi, alla data del 30.04.2015 ospita 27 detenuti – sia per l’inadeguatezza sotto il profilo strutturale che si ripercuote sull’aspetto della sicurezza”; 3) pertanto, “la proposta di soppressione ben si inquadra nell’orientamento secondo cui, tenere in funzione istituti penitenziari o sezioni distaccate di istituti penitenziari con disponibilità di meno di 100 posti detenuto, contrasta in linea generale – fatte salve peculiarissime eccezioni – con il principio di buona amministrazione, atteso che tali piccole strutture assorbono risorse umane più proficuamente spendibili altrove”; tali assunti, ad avviso dei ricorrenti, erano però infondati: per quanto concerne il punto sub 1), andava ribadito che la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina rendeva il circondario del Tribunale di Lagonegro privo di una struttura carceraria, con evidenti ripercussioni anche sull’ordinaria amministrazione della giustizia; dunque il Capo DAP contraddittoriamente affermava il principio secondo il quale in ogni circondario di Tribunale deve esistere un istituto penitenziario, salvo poi contraddirlo; il grave disservizio che derivava dagli atti censurati contrastava, inoltre, con l’art. 60, III comma, della l. n. 354/75, rubricato “Istituti di custodia preventiva”, a norma del quale “Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario”; “illegittimamente, infatti, l’impugnata soppressione costringe l’Autorità Giudiziaria di Lagonegro ad utilizzare una delle seguenti strutture penitenziarie, tutte esterne al circondario del Tribunale: - casa circondariale di Castrovillari (CS), distante circa 75 km e con tempi di percorrenza di 1 ora e 15 min.; - casa circondariale di Potenza, distante oltre 100 km e raggiungibile in 1 ora e 30 min.; - casa circondariale di Vallo della Lucania (SA), distante circa 100 km e raggiungibile in 1 ora e 10 min.; - casa di reclusione di Eboli, distante 100 km, con tempi di percorrenza superiori a un’ora; mentre la Casa circondariale di Sala Consilina distava, dal Tribunale di Lagonegro, solo 40 km e i tempi di percorrenza erano inferiori ai 30 minuti; né l’istituto penitenziario di Chiaromonte (distante circa 55 km e raggiungibile in circa un’ora), sulla cui riattivazione si era speso il Procuratore di Lagonegro nel parere in atti, poteva, ad avviso dei ricorrenti, giustificare la disposta soppressione, trattandosi di istituto chiuso da anni che richiede onerosi interventi strutturali neppure programmati; del pari infondati erano pure i rilievi di cui ai punti sub 2) e sub 3), concernenti la ridotta dimensione dell’istituto penitenziario di Sala Consilina; in particolare, contrariamente a quanto sostenuto dal DAP, gli istituti penitenziari con capienza inferiore ai 100 posti detenuto non costituirebbero affatto “peculiarissime eccezioni”, ma piuttosto “una quota cospicua delle strutture penitenziarie italiane” (infatti, come si poteva verificare sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia, sono oltre 30 gli istituti penitenziari (su un totale di 190), a tutt’oggi aperti, che hanno una capienza di molto inferiore ai 100 detenuti (vedi la C.C. di Sondrio con capienza regolamentare di 31 detenuti, la C. C. di Lauro in Campania, con capienza regolamentare di 38 detenuti e presenza effettiva di soli 11 detenuti o Empoli, in Toscana, con capienza regolamentare di 18 detenuti e presenza effettiva di 24 detenuti, ecc.); sicché appariva “evidente che il sistema penitenziario italiano è caratterizzato da numerosi istituti di piccole dimensioni che, in alcuni casi, risultano persino sottoutilizzati, ma dei quali, ciononostante, viene ritenuto necessario il mantenimento”;
l’istituto penitenziario in esame, invece, pur essendo di ridotte dimensioni, presentava una capienza che poteva essere agevolmente incrementata “di talché, per logica, si sarebbe dovuto procedere al suo ampliamento, piuttosto che alla sua soppressione. E ciò a maggior ragione in considerazione della disponibilità del ricorrente Comune a consentire la costruzione di un nuovo carcere e, addirittura, a garantire a proprie spese l’adeguamento di quello esistente con incremento della capienza ad oltre 50 posti”;
- II) VIOLAZIONE GIUSTO PROCEDIMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALE COOPERAZIONE TRA ENTI: i ricorrenti non erano stati posti in condizione di partecipare al procedimento amministrativo che, “in contraddizione con gli atti programmatori vigenti”, ha disposto la soppressione del carcere di Sala Consilina; ove coinvolti nel relativo procedimento, i ricorrenti avrebbero potuto agevolmente rappresentare sia la contrarietà della soppressione ai citati atti programmatori, sia la sua irragionevolezza alla luce della manifestata disponibilità del Comune a garantire l’adeguamento della struttura penitenziaria esistente e, comunque, ad agevolare la costruzione di un nuovo istituto; era evidente, inoltre, il concreto interesse dei ricorrenti alla partecipazione del procedimento attese le ricadute negative nella comunità ricorrente e per tutti gli operatori del diritto, onerati di gravose trasferte in contrasto con il principio di territorialità dell’esecuzione penale e di ragionevolezza delle misure di organizzazione del sistema penale.
I ricorrenti formulavano, altresì, istanze istruttorie e cautelari, e concludevano per l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati, e vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, indi depositando ampia memoria difensiva e documentazione.
L’Avvocatura Erariale, per conto del Ministero, preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, attesa la natura di “atti politici”, ovvero in sub-OMISSIS- di “atti di alta amministrazione”, caratteristica dei provvedimenti impugnati, i primi sottratti all’impugnativa in via giurisdizionale amministrativa e i secondi, dal carattere ampiamente discrezionale, che, pur astrattamente impugnabili, sono soggetti esclusivamente a un sindacato di tipo estrinseco, limitato alla loro sola manifesta irragionevolezza e abnormità; sotto tale profilo, segnalava che il D. M. del 27.10.2015 resisteva a tutte le censure in termini di difetto d’istruttoria e di motivazione, essendo stato dettato dalla finalità precipua di portare avanti il processo di razionalizzazione del “sistema giustizia”, iniziato con la soppressione di talune sedi distaccate di Tribunale, onde evitare antieconomicità, in termini di rapporti costi/benefici; onde la Casa circondariale di Sala Consilina era resistita, fino alla sua recente soppressione, esclusivamente per effetto della sopravvivenza del locale Tribunale, indi soppresso nel 2012; eccepiva, altresì, l’inammissibilità del ricorso, per carenza di legittimazione ad agire e d’interesse ad agire del ricorrente -OMISSIS-, posto che la mera “vicinitas” dell’ente, rispetto all’istituto penitenziario compreso nel suo territorio, non era idoneo a configurare, in capo al medesimo, una posizione giuridica qualificata e differenziata, anche in relazione alla natura generale delle scelte di politica penitenziaria, che travalicavano i confini del singolo territorio comunale; eccepiva ulteriormente l’inammissibilità del gravame, per carenza d’interesse ad agire, sotto l’ulteriore profilo della mancanza di un vantaggio sostanziale, arrecabile al ricorrente -OMISSIS- dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato; nel merito, sosteneva l’infondatezza del ricorso, chiedendo che lo stesso fosse respinto, unitamente alla domanda cautelare ivi formulata.
All’esito dell’udienza in camera di -OMISSIS- del 9.02.2016, la Sezione respingeva la domanda cautelare, articolata da parte ricorrente, con la seguente motivazione:
“Ritenuto che la domanda cautelare non pare prima facie meritevole di favorevole considerazione, per difetto del requisito del periculum in mora, alla luce delle circostanze – attestate dall’Avvocatura Erariale nella memoria in atti – secondo cui: “Attualmente la struttura è chiusa e vuota, sorvegliata a fini di sicurezza esterna e interna dai due poliziotti penitenziari e l’archivio afferente la documentazione cartacea è stato costituito presso l’ICAT di Eboli con compiti di gestione amministrativa”; “una eventuale apertura dovrebbe essere innanzitutto preceduta da una serie di interventi igienico – sanitari, attesa la decadenza della struttura (…)”; “una eventuale apertura della casa di reclusione imporrebbe oneri assai gravosi (…) la riattivazione di tutte le utenze e dei servizi indispensabili primari (pulizia, mensa etc.)”; Ritenuto che sussistono eccezionali ragioni per compensare, tra le parti, le spese di fase; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
respinge la domanda cautelare; compensa le spese della presente fase cautelare”.
Seguiva il deposito di un documento nell’interesse del Ministero, e di copie di articoli di stampa, nell’interesse dei ricorrenti, i quali quindi replicavano, con scritto difensivo, alle eccezioni d’inammissibilità del gravame, formulate ex adverso.
Si costituiva quindi in giudizio la Provincia di Salerno, che aderiva alle ragioni del ricorso in esame.
Alla pubblica udienza del 14 maggio 2016, il ricorso era trattenuto in decisione.
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FINE PRIMA PARTE
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SENTENZA ,sede di SALERNO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201602269, - Public 2016-10-11 -
Pubblicato il 11/10/2016
N. 02269/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00056/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 56 del 2016, proposto da:
-OMISSIS- e -OMISSIS- dell’-OMISSIS- degli -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avv. Demetrio Fenucciu C. F. FNCDTR68A19H703M, con domicilio eletto, in Salerno, alla via Memoli, 12;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;
Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Regione Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Ugo Cornetta C. F. CRNGUO71M25H703E, con domicilio eletto, in Salerno, al Largo dei Pioppi, 1, presso Avvocatura Provinciale;
per l’annullamento
- a) del decreto ministeriale del 27 ottobre 2015, comunicato in data 4.11.2015, con il quale è stata soppressa la Casa circondariale di Sala Consilina;
- b) della nota, prot. n. 2442 dell’11.03.2015, con la quale il Provveditorato Regionale della Campania del D. A. P. ha proposto la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina;
- c) d’ogni altro atto collegato, presupposto e/o consequenziale, comunque lesivo per i ricorrenti, incluse le note prot. n. 2005 del 18.03.15 della Direzione Generale delle Risorse Materiali, dei Beni e dei Servizi; n. 1429 del 24.03.2015 del DAP – Direzione Generale del Personale e della Formazione; GDAP-0120453-2015 del 3.4.2015 del capo DAP;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e della Provincia di Salerno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2016, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
I ricorrenti, premesso che:
- 1) con decreto ministeriale del 30 gennaio 2001 la Casa circondariale di Sala Consilina veniva inserita nell’elenco degli istituti penitenziari “strutturalmente non idonei” per i quali veniva “ritenuta necessaria e conveniente la dismissione”; sennonché l’art. 2 dello stesso provvedimento incaricava il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di “promuovere le intese necessarie con le regioni o con gli enti locali interessati per reperire le aree per la localizzazione dei nuovi istituiti penitenziari da costruire in sostituzione di quelli che saranno dismessi”;
- 2) e infatti, con decreto ministeriale del 26 ottobre 2001, recante “variante al programma ordinario di edilizia penitenziaria”, veniva prevista la costruzione di nuovi istituti penitenziari tra cui quello di Sala Consilina, da realizzarsi in via prioritaria unitamente ad altri istituti; a tal fine, con decreto del 3.06.2002, assunto dal Ministero di Giustizia di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, veniva stanziata la somma di € 32.053.000,00 per la costruzione urgente di un nuovo istituto penitenziario;
- 3) a distanza di soli due anni, con D. M. 21 maggio 2004 veniva disposta, nelle more della costruzione di un nuovo istituto penitenziario, la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina;
- 4) successivamente, con D. M. 9/3/2005, veniva revocato il citato provvedimento di soppressione, sia in ragione delle delibere degli Organi Locali della Regione Campania con le quali veniva chiesto il mantenimento dell’istituto, essendo Sala Consilina sede di Tribunale e la Casa circondariale di vitale importanza dal punto di vista operativo, per l’assistenza alle traduzioni di detenuti da e per la Calabria, nonché per il centro – nord, sia in ragione della proposta della stessa Amministrazione comunale, formalizzata con deliberazione di G. C., di provvedere, con onere a proprio carico, all’esecuzione degli interventi di manutenzione necessari per il mantenimento in esercizio della struttura;
- 5) intanto, a causa del cronico sovraffollamento degli istituti penitenziari, con DPCM 13/01/2010 veniva dichiarato lo stato di emergenza, fino al 31.12.2010 (poi prorogato, fino al 31.07.2014); indi era disposto il commissariamento del D. A. P.;
- 6) l’attività, affidata ai Commissari, si è tradotta nella definizione dei cd. “Piani carceri”, con i quali venivano previsti interventi finalizzati ad incrementare i posti detentivi e a migliorare le condizioni dei detenuti anche attraverso la riduzione degli istituti esistenti; nulla veniva previsto per la Casa circondariale di Sala Consilina, di cui quindi si prevedeva il mantenimento;
- 7) durante la fase commissariale è stato svolto un “proficuo lavoro di programmazione finalizzato a ridefinire l’assetto degli istituti penitenziari su tutto il territorio nazionale”;
- 8) tale attività, in particolare, ha portato all’adozione delle circolari DAP n. G – DAP0206745 – 2012 del 30.05.2012 e PU – G0036997 – 2013 del 29.01.2013, aventi ad oggetto “Realizzazione circuito regionale ex art. 115 d. P. R. 30 giugno 2000 n. 230; linee programmatiche”, la prima contenente i principi di indirizzo, e, la seconda, la nuova e definitiva geografia degli istituti penitenziari italiani, raggruppati per circuiti regionali;
- 9) nella circolare da ultimo richiamata, la Casa circondariale di Sala Consilina rientra nel quadro definitivo del circuito regionale campano: l’Amministrazione penitenziaria ha infatti programmato il mantenimento dell’istituto in quanto parte integrante del sistema carcerario regionale (a differenza di altre strutture carcerarie espressamente destinate alla dismissione);
lamentavano che “incredibilmente, i suddetti atti programmatori, contenenti autovincoli per la PA intimata, sono stati superati, in carenza di istruttoria ed in contrasto con l’interesse pubblico, dalla soppressione qui impugnata”; in particolare, con nota prot. n. 2442 dell’11.03.2015, il Provveditorato regionale della Campania, “senza confrontarsi con i citati atti programmatori”, proponeva la soppressione dell’istituto attesa “la modesta ricettività della struttura” e la “inadeguatezza sotto il profilo strutturale della sicurezza e, quindi, l’antieconomicità del mantenimento dello stabile in attività ai fini detentivi”; tanto senza considerare l’impegno, assunto dal Comune, di realizzare l’adeguamento funzionale della struttura con accollo dei relativi oneri (attività culminata nella predisposizione di apposito progetto a cura dell’ente); facevano presente che quindi, con nota prot. n. 2005 del 18.03.2015, il DAP – Direzione Generale delle Risorse Materiali, dei Beni e dei Servizi Segreteria del Direttore Generale – esprimeva parere favorevole alla soppressione dell’istituto; nello stesso senso s’esprimeva, con nota prot. n. 1429 del 24.03.2015, il DAP – Direzione Generale del Personale e della Formazione; ancora, con nota prot. n. GDAP – 0120453 – 2015 del 3.04.2015, il DAP – Ufficio Capo del Dipartimento – dichiarava di condividere la proposta di soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, rilevando da un lato che “la soppressione della locale sede giudiziaria, avvenuta con D. Lgs. n. 155 del 7.09.2012, non rende più giustificabile il mantenimento della Casa Circondariale in questione che appare del tutto antieconomico sotto il rapporto costi/benefici” e, dall’altro lato, che “la proposta di soppressione ben si inquadra nell’orientamento secondo cui, tenere in funzione istituti penitenziari o sezioni distaccate di istituti penitenziari con disponibilità di meno di 100 posti detenuto, contrasta in linea generale – fatte salve peculiarissime eccezioni – con il principio di buona amministrazione, atteso che tali piccole strutture assorbono risorse economiche e risorse umane più proficuamente spendibili altrove”; tale nota, dunque, veniva rimessa al Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia, per le eventuali determinazioni di competenza; segnalavano che la soppressione privava l’intero circondario del Tribunale, in cui è compreso il -OMISSIS-, di una struttura carceraria, in contrasto con elementari principi di efficienza dell’azione amministrativa, con la territorialità dell’esecuzione penale e con il principio, pure affermato dal capo del dipartimento, per cui il collegamento funzionale con una sede di Tribunale giustificherebbe la conservazione dell’istituto penitenziario; proseguivano i ricorrenti,
rappresentando che, con nota, prot. 0015914.0 del 21.04.2015, l’Ufficio del Gabinetto del Ministro prendeva atto della proposta di soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, ritenendo opportuno interloquire sull’argomento con i vertici dell’Autorità Giudiziaria lucana e di Lagonegro, anche in relazione alla futura allocazione dei detenuti; conseguentemente, con nota acquisita al prot. GDAP – 0276864 – 2015 dell’8.08.2015, il Procuratore della Repubblica di Lagonegro evidenziava che dalla soppressione dell’istituto di Sala Consilina sarebbero derivate oggettive difficoltà in -OMISSIS- all’allocazione dei detenuti presso la Casa circondariale di Potenza, attesa la notevole distanza dalla sede del Tribunale e le note difficoltà di collegamento; per tali ragioni – osservava il Procuratore – sarebbe stato opportuno riattivare l’istituto penitenziario di Chiaromonte (ma secondo i ricorrenti “distante circa 60 km e ancor peggio collegato rispetto Potenza”), in disuso da moltissimi anni e necessitante di interventi di ristrutturazione e di ampliamento; ma anche il parere del Procuratore della Repubblica veniva disatteso, procedendosi alla soppressione, “senza alcuna valutazione atta a scongiurare i paventati disservizi”; infatti, con D. M. 27 ottobre 2015, il Ministero della Giustizia ha disposto la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina, senza garantire l’apertura del carcere di Chiaromonte e dunque “privando il circondario del Tribunale di Lagonegro di una struttura carceraria, con immaginabili oneri e gravi disservizi per tutti gli utenti della giustizia”; tanto premesso, i ricorrenti articolavano, avverso gli atti specificati in epigrafe, le seguenti censure:
- I) VIOLAZIONE DI LEGGE: ARTT. 97 COST., 115 D.P.R. n. 230/2000; 2 D. Lgs. n. 444/92; 32 L. n. 395/1990; 3 L. n. 241/90; VIOLAZIONE DELLE CIRCOLARI D.A.P. n. 0206745 – 2012 del 30.05.2012 e n. 0036997 – 2013 del 29.01.2013; ECCESSO DI POTERE PER: DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA; CARENZA DI MOTIVAZIONE; FALSITÀ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO; CONTRADDITTORIETÀ; ILLOGICITÀ; ARBITRARIETÀ; IRRAGIONEVOLEZZA; INGIUSTIZIA MANIFESTA: la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina si fondava sull’asserita antieconomicità, in termini di costi/benefici, del suo mantenimento e richiamava la programmazione di un sistema integrato di istituti penitenziari a livello regionale, ex art. 115 DPR 203/2000; in particolare, si leggeva nel decreto impugnato che “la soppressione di detto istituto può consentire una significativa economia di risorse complessive, più efficacemente ed efficientemente utilizzabili in altre strutture penitenziarie, in aderenza al principio di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie e materiali di cui si dispone, attraverso la razionalizzazione delle attività istituzionali nonché la complessiva gestione del patrimonio demaniale, ed in linea con la riorganizzazione dei circuiti penitenziari, operata attraverso la definizione, a livello regionale, di un sistema integrato di istituti penitenziari in conformità alla previsione normativa di cui all’art. 115 del d. P. R. 230/2000”; ma destava stupore la circostanza che la soppressione contrastasse proprio con le precedenti determinazioni assunte dall’Amministrazione penitenziaria in materia di organizzazione dei circuiti penitenziari regionali (di cui alle circolari DAP indicate in rubrica) richiamate nello stesso atto impugnato; invero, all’interno del quadro definitivo dei circuiti regionali, contenuto nella Tabella B della circolare DAP n. 0036997 del 29.01.2013, avente ad oggetto “realizzazione circuito regionale ex art. 115 d. P. R. 30 giugno 2000 n. 230 – Linee programmatiche”, la Casa circondariale di Sala Consilina rientrava tra gli istituti penitenziari del circuito campano i quali, nel complesso, formavano un sistema integrato di strutture carcerarie, finalizzato a differenziare ed elevare gli standard di trattamento in conformità alle ripetute condanne e ai richiami della Corte Europea di Strasburgo (cfr. sentenza CEDU Torreggiani c/ Italia dell'8 gennaio 2013); tale provvedimento, pertanto, faceva espressamente salvo l’istituto in parola; l’atto programmatorio, infatti, individuava gli istituti, attivi a livello regionale, ed elencava quelli da dismettere (per i quali, cioè, l’Amministrazione aveva ritenuto non conveniente il mantenimento); tra questi non era incluso il carcere di Sala Consilina, che andava dunque conservato; del resto, rilevavano i ricorrenti, “la succitata circolare è stata adottata all’esito di un’approfondita istruttoria all’interno della quale sono stati discussi tutti i progetti presentati dai Provveditorati regionali per la creazione/revisione dei circuiti penitenziari regionali, in conformità alle linee direttive emanate con circolare n. 0206745 del 30.05.2012, e raccolte le osservazioni delle Direzioni Generali al fine di dare coerenza nella dimensione nazionale delle diverse proposte presentate”, del tutto illegittimamente, quindi, gli atti impugnati avevano ritenuto sufficiente una generica valutazione di “opportunità economica”, per cancellare il complesso lavoro di pianificazione, sino ad allora svolto, che pure aveva considerato il dato economico, nell’ambito di una valutazione più ampia delle ragioni che giustificavano il mantenimento dell’istituto di detenzione salese; ciò era tanto più vero, se si considerava che la programmazione, intervenuta nel 2013, aveva previsto il mantenimento dell’istituto, pur dopo la soppressione del locale Tribunale, enfaticamente richiamata dal Capo DAP che, tuttavia, trascurava di considerare la mancanza di un carcere nell’intero circondario della sede giudiziaria del locale Tribunale, il che rendeva “ancora attuale l’interesse pubblico alla conservazione dell’istituto”; inoltre la proposta di soppressione era stata formulata dal Provveditorato regionale, in contrasto con le previsioni del circuito regionale, ex art. 115 D.P.R. 230/2000, “peraltro inopinatamente richiamato nel decreto ministeriale impugnato”; ancora, l’Amministrazione non aveva contemplato alcuna misura, atta a mitigare gli effetti della soppressione dell’istituto sul circuito regionale, affermando la mera possibilità di utilizzare le risorse ricavate, “più efficacemente ed efficientemente”, in altre strutture penitenziarie, appariva dunque evidente, secondo i ricorrenti, l’illegittimità degli atti impugnati, per violazione dei citati atti di programmazione, difetto d’istruttoria e contrarietà all’interesse pubblico e alla corretta organizzazione del servizio giustizia; in ogni caso, la violazione delle circolari con la quali il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, aveva dettato le linee guida programmatiche per il riordino del sistema penitenziario, viziava “insanabilmente la proposta della soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina di cui alla nota prot. n. 2442 del 11.3.2015 del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, che ha dato avvio al procedimento controverso. E invero, ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 444/1992, il Provveditorato regionale, in qualità di amministrazione competente alla formulazione di proposte di soppressione degli istituti penitenziari, esercita le sue attribuzioni “secondo i programmi, gli indirizzi e le direttive disposti dal Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, anche al fine di assicurare l’uniformità dell’azione penitenziaria sul territorio nazionale”; ancora, ai sensi dell’art. 32, comma 2, della l. n. 395/1990, rubricato “Istituzione dei Provveditorati regionale dell'Amministrazione penitenziaria”, “2. I provveditorati regionali sono organi decentrati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Essi operano nel settore degli istituti e servizi per adulti, sulla base di programmi, indirizzi e direttive disposti dal Dipartimento stesso, in materia di personale, organizzazione dei servizi e degli istituti (...)”. Appariva quindi “evidente che l’amministrazione penitenziaria regionale, nel formulare la proposta di soppressione dell’istituto penitenziario de quo, non ha tenuto conto della circostanza che lo stesso fosse inserito nel quadro definitivo dei circuiti regionali integrati di cui alla circolare DAP n. 0036997 del 29.01.2013; l’organo periferico avrebbe dovuto rispettare gli atti di programmazione e, comunque, ogni diversa proposta avrebbe imposto una valutazione complessiva del circuito penitenziario regionale, da espletarsi nell’ambito di un progetto unitario, del tutto mancante nella specie”; tanto comportava “l’illegittimità del decreto ministeriale impugnato per illegittimità derivata del provvedimento presupposto che ha dato avvio al procedimento”; pur rivestendo, quanto sopra affermato, rilievo assorbente, gli atti impugnati erano illegittimi anche per contrasto con il principio di territorialità dell’esecuzione penale, posto dall'art. 115, comma 1, del d. P. R. n. 230/2000 e ribadito dalla circolare DAP n. 0206745 del 30.05.2012; in particolare, l’art. 115 cit., co. 1, prevede che: “1. In ciascuna regione è realizzato un sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive la cui ricettività complessiva soddisfi il principio di territorialità dell’esecuzione penale, tenuto conto anche di eventuali esigenze di carattere generale”; a sua volta, la circolare n. 0206745 del 30.05.2012, al § 4, prevede che “I Signori Provveditori (...) avranno cura di predisporre un progetto regionale ispirato a un “sistema integrato di istituti differenziato per le varie tipologie detentive (...)” che possa poi, in stretta collaborazione con la Direzione Generale Detenuti e Trattamento, soddisfare il principio di territorializzazione e valga a rendere operativi i criteri indicati dall’art. 14 della legge 354/75 e dall’art. 115 d. P. R. 230/2000”; nella specie, i suddetti principi sarebbero stati “arbitrariamente disattesi”; l’attuazione del principio di territorialità avrebbe imposto “che le scelte di localizzazione, dimensione e tipologia costruttiva degli insediamenti penitenziari si fossero basate (anche) sull’analisi della realtà socio – criminale della zona di riferimento e sulla geografia degli uffici giudiziari” (detti parametri erano stati oggetto di “richiamo erroneo” da parte del Capo del D. A. P., che ha invocato la soppressione del Tribunale di Sala senza considerare l’unicità del carcere di Sala Consilina anche nel circondario del Tribunale di Lagonegro); i ricorrenti lamentavano che, nella specie, non v’era traccia di siffatta valutazione, e che quindi, in maniera ingiustificata, la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina privava “un vastissimo territorio, coincidente con il circondario del Tribunale di Lagonegro, di un istituto penitenziario con ingiustificato pregiudizio per la comunità locale e per gli operatori del diritto”; né, del resto, “la valorizzata, ma non specificata, salvezza di risorse economiche e di personale, altrimenti più efficacemente utilizzabili, può assorbire ogni altra valutazione in -OMISSIS- al suddetto principio di territorializzazione della pena”; nel merito, poi, gli atti censurati fondavano “su presupposti erronei, frutto di una lettura distorta della realtà producendo, in concreto, forti disagi a tutti coloro che chiedono o producono giustizia e, in generale, all’intera comunità del territorio interessato”; in particolare, con la nota prot. n. 0120453 del 3.04.2015 il DAP – Ufficio del Capo del Dipartimento aveva rimesso la proposta di soppressione dell'istituto al Ministero della Giustizia in quanto: - 1) “la soppressione del Tribunale di Sala Consilina, avvenuta con D. Lgs. n. 155/2012, non rende più giustificabile il mantenimento della Casa circondariale in questione”; 2) il mantenimento della stessa “appare del tutto antieconomico sotto il rapporto costi/benefici, sia per la modestissima ricettività della struttura – che, con una capienza di 22 posti detentivi, alla data del 30.04.2015 ospita 27 detenuti – sia per l’inadeguatezza sotto il profilo strutturale che si ripercuote sull’aspetto della sicurezza”; 3) pertanto, “la proposta di soppressione ben si inquadra nell’orientamento secondo cui, tenere in funzione istituti penitenziari o sezioni distaccate di istituti penitenziari con disponibilità di meno di 100 posti detenuto, contrasta in linea generale – fatte salve peculiarissime eccezioni – con il principio di buona amministrazione, atteso che tali piccole strutture assorbono risorse umane più proficuamente spendibili altrove”; tali assunti, ad avviso dei ricorrenti, erano però infondati: per quanto concerne il punto sub 1), andava ribadito che la soppressione della Casa circondariale di Sala Consilina rendeva il circondario del Tribunale di Lagonegro privo di una struttura carceraria, con evidenti ripercussioni anche sull’ordinaria amministrazione della giustizia; dunque il Capo DAP contraddittoriamente affermava il principio secondo il quale in ogni circondario di Tribunale deve esistere un istituto penitenziario, salvo poi contraddirlo; il grave disservizio che derivava dagli atti censurati contrastava, inoltre, con l’art. 60, III comma, della l. n. 354/75, rubricato “Istituti di custodia preventiva”, a norma del quale “Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario”; “illegittimamente, infatti, l’impugnata soppressione costringe l’Autorità Giudiziaria di Lagonegro ad utilizzare una delle seguenti strutture penitenziarie, tutte esterne al circondario del Tribunale: - casa circondariale di Castrovillari (CS), distante circa 75 km e con tempi di percorrenza di 1 ora e 15 min.; - casa circondariale di Potenza, distante oltre 100 km e raggiungibile in 1 ora e 30 min.; - casa circondariale di Vallo della Lucania (SA), distante circa 100 km e raggiungibile in 1 ora e 10 min.; - casa di reclusione di Eboli, distante 100 km, con tempi di percorrenza superiori a un’ora; mentre la Casa circondariale di Sala Consilina distava, dal Tribunale di Lagonegro, solo 40 km e i tempi di percorrenza erano inferiori ai 30 minuti; né l’istituto penitenziario di Chiaromonte (distante circa 55 km e raggiungibile in circa un’ora), sulla cui riattivazione si era speso il Procuratore di Lagonegro nel parere in atti, poteva, ad avviso dei ricorrenti, giustificare la disposta soppressione, trattandosi di istituto chiuso da anni che richiede onerosi interventi strutturali neppure programmati; del pari infondati erano pure i rilievi di cui ai punti sub 2) e sub 3), concernenti la ridotta dimensione dell’istituto penitenziario di Sala Consilina; in particolare, contrariamente a quanto sostenuto dal DAP, gli istituti penitenziari con capienza inferiore ai 100 posti detenuto non costituirebbero affatto “peculiarissime eccezioni”, ma piuttosto “una quota cospicua delle strutture penitenziarie italiane” (infatti, come si poteva verificare sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia, sono oltre 30 gli istituti penitenziari (su un totale di 190), a tutt’oggi aperti, che hanno una capienza di molto inferiore ai 100 detenuti (vedi la C.C. di Sondrio con capienza regolamentare di 31 detenuti, la C. C. di Lauro in Campania, con capienza regolamentare di 38 detenuti e presenza effettiva di soli 11 detenuti o Empoli, in Toscana, con capienza regolamentare di 18 detenuti e presenza effettiva di 24 detenuti, ecc.); sicché appariva “evidente che il sistema penitenziario italiano è caratterizzato da numerosi istituti di piccole dimensioni che, in alcuni casi, risultano persino sottoutilizzati, ma dei quali, ciononostante, viene ritenuto necessario il mantenimento”;
l’istituto penitenziario in esame, invece, pur essendo di ridotte dimensioni, presentava una capienza che poteva essere agevolmente incrementata “di talché, per logica, si sarebbe dovuto procedere al suo ampliamento, piuttosto che alla sua soppressione. E ciò a maggior ragione in considerazione della disponibilità del ricorrente Comune a consentire la costruzione di un nuovo carcere e, addirittura, a garantire a proprie spese l’adeguamento di quello esistente con incremento della capienza ad oltre 50 posti”;
- II) VIOLAZIONE GIUSTO PROCEDIMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALE COOPERAZIONE TRA ENTI: i ricorrenti non erano stati posti in condizione di partecipare al procedimento amministrativo che, “in contraddizione con gli atti programmatori vigenti”, ha disposto la soppressione del carcere di Sala Consilina; ove coinvolti nel relativo procedimento, i ricorrenti avrebbero potuto agevolmente rappresentare sia la contrarietà della soppressione ai citati atti programmatori, sia la sua irragionevolezza alla luce della manifestata disponibilità del Comune a garantire l’adeguamento della struttura penitenziaria esistente e, comunque, ad agevolare la costruzione di un nuovo istituto; era evidente, inoltre, il concreto interesse dei ricorrenti alla partecipazione del procedimento attese le ricadute negative nella comunità ricorrente e per tutti gli operatori del diritto, onerati di gravose trasferte in contrasto con il principio di territorialità dell’esecuzione penale e di ragionevolezza delle misure di organizzazione del sistema penale.
I ricorrenti formulavano, altresì, istanze istruttorie e cautelari, e concludevano per l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati, e vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, indi depositando ampia memoria difensiva e documentazione.
L’Avvocatura Erariale, per conto del Ministero, preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del ricorso, attesa la natura di “atti politici”, ovvero in sub-OMISSIS- di “atti di alta amministrazione”, caratteristica dei provvedimenti impugnati, i primi sottratti all’impugnativa in via giurisdizionale amministrativa e i secondi, dal carattere ampiamente discrezionale, che, pur astrattamente impugnabili, sono soggetti esclusivamente a un sindacato di tipo estrinseco, limitato alla loro sola manifesta irragionevolezza e abnormità; sotto tale profilo, segnalava che il D. M. del 27.10.2015 resisteva a tutte le censure in termini di difetto d’istruttoria e di motivazione, essendo stato dettato dalla finalità precipua di portare avanti il processo di razionalizzazione del “sistema giustizia”, iniziato con la soppressione di talune sedi distaccate di Tribunale, onde evitare antieconomicità, in termini di rapporti costi/benefici; onde la Casa circondariale di Sala Consilina era resistita, fino alla sua recente soppressione, esclusivamente per effetto della sopravvivenza del locale Tribunale, indi soppresso nel 2012; eccepiva, altresì, l’inammissibilità del ricorso, per carenza di legittimazione ad agire e d’interesse ad agire del ricorrente -OMISSIS-, posto che la mera “vicinitas” dell’ente, rispetto all’istituto penitenziario compreso nel suo territorio, non era idoneo a configurare, in capo al medesimo, una posizione giuridica qualificata e differenziata, anche in relazione alla natura generale delle scelte di politica penitenziaria, che travalicavano i confini del singolo territorio comunale; eccepiva ulteriormente l’inammissibilità del gravame, per carenza d’interesse ad agire, sotto l’ulteriore profilo della mancanza di un vantaggio sostanziale, arrecabile al ricorrente -OMISSIS- dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato; nel merito, sosteneva l’infondatezza del ricorso, chiedendo che lo stesso fosse respinto, unitamente alla domanda cautelare ivi formulata.
All’esito dell’udienza in camera di -OMISSIS- del 9.02.2016, la Sezione respingeva la domanda cautelare, articolata da parte ricorrente, con la seguente motivazione:
“Ritenuto che la domanda cautelare non pare prima facie meritevole di favorevole considerazione, per difetto del requisito del periculum in mora, alla luce delle circostanze – attestate dall’Avvocatura Erariale nella memoria in atti – secondo cui: “Attualmente la struttura è chiusa e vuota, sorvegliata a fini di sicurezza esterna e interna dai due poliziotti penitenziari e l’archivio afferente la documentazione cartacea è stato costituito presso l’ICAT di Eboli con compiti di gestione amministrativa”; “una eventuale apertura dovrebbe essere innanzitutto preceduta da una serie di interventi igienico – sanitari, attesa la decadenza della struttura (…)”; “una eventuale apertura della casa di reclusione imporrebbe oneri assai gravosi (…) la riattivazione di tutte le utenze e dei servizi indispensabili primari (pulizia, mensa etc.)”; Ritenuto che sussistono eccezionali ragioni per compensare, tra le parti, le spese di fase; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
respinge la domanda cautelare; compensa le spese della presente fase cautelare”.
Seguiva il deposito di un documento nell’interesse del Ministero, e di copie di articoli di stampa, nell’interesse dei ricorrenti, i quali quindi replicavano, con scritto difensivo, alle eccezioni d’inammissibilità del gravame, formulate ex adverso.
Si costituiva quindi in giudizio la Provincia di Salerno, che aderiva alle ragioni del ricorso in esame.
Alla pubblica udienza del 14 maggio 2016, il ricorso era trattenuto in decisione.
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FINE PRIMA PARTE