Testo unico sul Pubblico impiego (Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).
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Art. 54.
Codice di comportamento.
1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.
2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente, che lo sottoscrive all'atto dell'assunzione.
3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55-quater, comma 1.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia, il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.
7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.
(1) L’articolo che recitava: “1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'ARAN indirizzi, ai sensi dell'articolo 41, comma 1 e dell'articolo 70, comma 4, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi principi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico che viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall'organo di autogoverno.
5. L'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43 e le associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo.” è stato così sostituito dall'art. 1, co. 44, L. 6 novembre 2012, n. 190.
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Art. 54-bis
Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (1)
1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. (2)
2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.
3. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.
4. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
(1) Articolo inserito dall'art. 1, co. 51, L. 6 novembre 2012, n. 190.
(2) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.
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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62
Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (GU Serie Generale n.129 del 4-6-2013)
Art. 8
Prevenzione della corruzione
1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.
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In un Parere del CdS di questi giorni, relativo ad un ricorso straordinario al P.D.R., proposto da un PolStato per l’annullamento della sanzione disciplinare della deplorazione, inflittagli con decreto del Capo della polizia, ove il ricorrente aveva anche lamentato la violazione dell’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165 e dell’art. 8 del d.P.R. 16 aprile 2013 n. 62, in quanto in virtù delle suddette disposizioni normative, che tutelano i dipendenti pubblici che segnalano condotte illecite, non avrebbe dovuto essere sottoposto a procedimento disciplinare.
Ebbene, il CdS nel Parere scrive:
Nel caso di specie, poi, non sono riscontrabili situazioni, fatti o circostanze che giustifichino l’iniziativa di informare l’Autorità giudiziaria, tenendone all’oscuro i superiori, né può essere invocata la tutela, apprestata dall’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001, per il dipendente pubblico che segnali condotte illecite delle quali sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, trattandosi di disposizione non applicabile al personale delle forze di polizia per l’esclusione di cui all’art. 3 dello stesso decreto legislativo.
T.U. sul Pubblico impiego: d.lgs. n. 165/2001
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