Equiparazione tra ruolo speciale e ruolo normale dell’Arma d
Inviato: gio mag 19, 2016 3:48 pm
Equiparazione tra Ufficiali del ruolo speciale e ruolo normale dell’Arma dei CC.
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Il Tar precisa:
1) - In conclusione, a far data dal 24.11.2010 non esiste più per l’Arma dei Carabinieri l’avanzamento a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore, ma solo quella per anzianità.
2) - E, siccome – per quanto visto in precedenza – il signor OMISSIS ha maturato il requisito di anzianità minima in data 27.12.2010, cioè successivamente all’abrogazione dell’istituto in discussione, non poteva più aspirare a ottenere la promozione per scelta.
Per completezza leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600164, - Public 2016-05-12 -
N. 00164/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00205/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Colautti e Giuseppe Sbisà, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, Via Donota n. 3;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati ex lege presso gli uffici della medesima, in Trieste, piazza Dalmazia n. 3;
nei confronti di
OMISSIS, non costituito;
per l’accertamento
del diritto del ricorrente appartenente al ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri alla equiparazione formale e sostanziale ai pari grado del ruolo normale, con il conseguente riconoscimento dei diritti di status, disciplina, progressione di carriera, emolumenti e quant’altro,
per l’annullamento in parte qua
del decreto dirigenziale di data 4 aprile 2012 del Ministero della Difesa -Direzione Generale per il Personale Militare, e relativa divulgazione avente prot. n. M_D GMIL II 4 1 2012/0171874, di data 5 aprile 2012, con cui si comunicava la promozione al grado di maggiore, ai sensi dell’art. 1055, comma 1, D.Lgs. n. 66/2010, con anzianità assoluta dal 27 dicembre 2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2016 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor OMISSIS è un ufficiale del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri: attualmente ricopre il grado di maggiore con anzianità dal 27.12.2010.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, il ricorrente, da un lato, impugna il decreto in epigrafe compiutamente indicato con il quale è stato promosso al grado superiore (da capitano a maggiore) “per anzianità” anziché “a scelta”, domandandone l’annullamento in parte qua; dall’altro lato, chiede che, previa - se del caso - remissione della questione alla Corte costituzionale, ovvero alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, venga accertato il proprio diritto a una totale equiparazione giuridica, quanto a status, progressione di carriera e trattamento economico dei propri pari grado appartenenti al ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, con condanna della Amministrazione alla consequenziale ricostruzione della carriera.
Espone a tale riguardo il deducente che il D.Lgs. n. 117/1993 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 298/2000) ha istituito, in luogo dell’esistente ruolo unico degli ufficiali in servizio permanente dell’Arma dei Carabinieri, tre distinti ruoli:
- il ruolo normale, nel quale sono inseriti, con il grado di sottotenente, gli ufficiali tratti dagli allievi provenienti dall’Accademia militare che abbiano superato il relativo corso (articolo 2), nonché gli ufficiali provenienti dai corsi applicativi sino al 28° compreso;
- il ruolo speciale, nel quale sono inseriti, all’esito di un concorso per titoli ed esami, e sempre con il grado di sottotenente, gli ufficiali tratti dagli ufficiali subalterni di complemento che abbiano compiuto il servizio di prima nomina, dai marescialli in possesso dei necessari requisiti anagrafici e di titoli di studio, dai capitani del ruolo normale che ne facciano richiesta (articolo 9);
- il ruolo tecnico, nel quale sono inseriti gli ufficiali i servizio permanente con specializzazione in informatica, psicologia applicata, investigazioni scientifiche (articolo 15).
Espone, altresì, che il successivo D.Lgs. n. 298/2000 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 66/2010):
- ha conservato l’articolazione nei tre ruoli, e – per quanto qui di interesse - la distinzione basata sulla provenienza nel reclutamento per i ruoli normale e speciale (articoli 2, 6 e 7);
- ha previsto il transito dal ruolo normale al ruolo speciale per gli ufficiali che non abbiano portato a termine il corso di studi, ovvero a domanda e con riconoscimento – in questo ultimo caso - di un’anzianità maggiore di quella effettiva (articolo 29), mentre ha reso più difficoltoso il percorso di carriera inverso (articolo 21);
- ha differenziato l’avanzamento di carriera per gli appartenenti ai due ruoli, con previsione di periodi maggiori di permanenza in ruolo o negli incarichi di comando da parte degli ufficiali del ruolo speciale (tabelle 1 e 2);
- ha aumentato l’organico del ruolo normale degli ufficiali con riguardo alle posizioni di vertice (tabelle 1 e 2).
Espone, infine, che tale differenziazione è stata pressoché mantenuta inalterata dal nuovo Codice dell’Ordinamento Militare - COM, approvato con D.Lgs. n. 66/2010, e dal relativo Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare – TUROM, emanato con D.P.R. n. 90/2010.
In sintesi, il trattamento giuridico meno favorevole per gli ufficiali appartenenti al ruolo speciale consiste:
- nella limitazione di carriera al grado apicale di colonnello;
- nella maggiore permanenza nei gradi di tenente (un anno in più), di capitano (tre anni in più) e di tenente colonnello (almeno due anni in più);
- nel conseguente deteriore trattamento economico;
- nell’esclusione dai corsi di formazione e di aggiornamento avanzati;
- nella diversa disciplina per il transito di ruolo e di collocamento all’interno dello stesso;
- nella medesima mobilità d’impiego;
- nella limitazione a ricoprire incarichi di comando nei gradi superiori.
Peraltro, sempre secondo il ricorrente, gli ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri sono soggetti a un trattamento giuridico meno favorevole rispetto a quello degli omologhi appartenenti ai ruoli speciali delle altre Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica), per i quali gli incarichi di comando obbligatori – ove previsti – hanno un’incidenza minima e la mobilità di impiego è contenuta, se non addirittura occasionale, e rispetto a quello degli ufficiali del ruolo speciale della Guardia di Finanza, per i quali i periodi di permanenza nei gradi fino a quello di tenente colonnello e gli incarichi ricopribili sono identici a quelli degli ufficiali del ruolo normale.
A fondamento delle domande formulate con il ricorso il maggiore OMISSIS deduce:
1) “Violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, per erronea applicazione dell’art. 1055 COM”;
2) “Violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, in relazione alle disposizioni degli artt.: - 3, 36, 52, 97 della Costituzione; - 8 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già art. 3 par. 2 del Trattato istitutivo della Comunità europea); - 20 e 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza), vincolanti in virtù dell’art. 6 par. 1 del Trattato sull’Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ratificato con la Legge n. 130/08 del 2 agosto 2008”.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa unitamente al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, eccependo preliminarmente la litispendenza con giudizio analogo introdotto dall’odierno ricorrente, congiuntamente ad altri ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri, avanti al TAR per il Lazio.
Nel merito, la difesa erariale, alla luce di una dettagliata ricostruzione del quadro normativo di riferimento e delle finalità da esso perseguite, si oppone alle tesi avversarie, concludendo per la reiezione delle domande tutte formulate in ricorso.
Replica con memoria parte ricorrente, rappresentando come sia medio tempore venuta meno la situazione di litispendenza, insistendo sulla competenza territoriale del TAR adito, e argomentando ulteriormente sulle questioni sottoposte al vaglio di questo Giudice.
Alla pubblica udienza del 23 marzo 2016 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, il Collegio ritiene di affrontare la questione della propria competenza in relazione ai criteri territoriali declinati dall’articolo 13 Cod. proc. amm..
Va detto che ancorché nella relazione del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, depositata in giudizio dalla difesa erariale sub doc. 1, venga adombrata l’incompetenza di questo TAR a favore di quello del Lazio, sede di Roma, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha reputato (e a ragione, come si vedrà) di non sollevare la relativa eccezione.
Tuttavia, considerato che sul punto la difesa di parte ricorrente ha stimato opportuno argomentare in ordine alla fondatezza della scelta effettuata nel radicare la controversia, e vieppiù considerato che, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del Codice di rito, l’incompetenza può essere rilevata d’ufficio finché la causa non sia decisa in primo grado, questo Giudice preferisce esplicitare le ragioni per cui trattiene la competenza sulla causa sottoposta al proprio vaglio.
Al riguardo, va ricordato come la competenza dell’Organo giurisdizionale si determini in ragione delle domande che gli vengono proposte.
Nel caso di specie il ricorrente è un pubblico dipendente, appartenente a una delle categorie non contrattualizzate, che chiede che venga annullato un provvedimento collettivo esclusivamente nella parte che lo riguarda (senza dunque intaccare la promozione degli altri ufficiali ivi contemplati) e che venga riconosciuta la propria (e non anche quella degli altri ufficiali del ruolo speciale) equiparazione ai pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri.
Ne consegue che la causa, in quanto inerente il rapporto di pubblico impiego, e in quanto incidente sulla singola posizione del ricorrente, rientra nel campo di applicazione dell’articolo 13, comma 2, Cod. proc. amm. (cfr., TAR. Molise, sentenza n. 525/2014).
Pertanto, competente a conoscerla è il Tribunale nella cui circoscrizione territoriale rientra la sede di servizio del dipendente ricorrente: nel caso di specie, quello per il Friuli Venezia Giulia, prestando servizio il maggiore OMISSIS a OMISSIS.
Sempre preliminarmente, il Collegio deve affrontare la questione della litispendenza, avendo il maggiore OMISSIS promosso, congiuntamente ad altri colleghi, ricorso avanti al TAR del Lazio – sede di Roma (rubricato al n. 7581/210 di R.G.), volto ad ottenere l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla piena equiparazione con i pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri e la condanna dell’Amministrazione alle conseguenti determinazioni.
Ebbene, nel caso di specie la litispendenza, ovvero la contemporanea pendenza di cause identiche per parti, petitum e causa petendi, avanti a Giudici diversi ma di pari grado del medesimo Plesso giurisdizionale, sarebbe al più parziale.
Peraltro, nel processo amministrativo, in assenza di una specifica disciplina sulla litispendenza, ma ponendosi comunque la medesima esigenza di evitare decisioni contrastanti sulla medesima res litigiosa, oltre che di duplicare inutilmente l’attività giurisdizionale, si applicano, in virtù del rinvio esterno operato dall’articolo 39, comma 1, Cod. proc. amm., le regole del processo civile (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 3100/2013).
Ora, in sede di interpretazione di quelle norme, la Corte di Cassazione è ferma nell’affermare che la sussistenza di una situazione di litispendenza va verificata al momento in cui il Giudice emette la propria pronuncia (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. VI^, sentenza n. 18252/2015, e, Sez. II^, sentenza n. 24376/2010).
Nel caso in esame, risulta per tabulas che il summenzionato ricorso avanti al TAR per il Lazio si è concluso con la sentenza n. 6709/2014, che lo ha dichiarato inammissibile per carenza delle condizioni dell’azione.
Ne consegue, in primis, che non sussiste più una situazione di litispendenza, atteso che il giudizio precedentemente instaurato non è più pendente.
Ne consegue, in secundis, che non opera nemmeno la preclusione del ne bis in idem, posto che le pronunce di rito (quali quelle che, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lettera b), Cod. proc. amm., dichiarano l’inammissibilità del ricorso per assenza dei presupposti processuali) non sono suscettibili di costituire cosa giudicata (cfr., TA.R. Lazio – Roma, Sez. III^, sentenza n. 7433/2013), e quindi di impedire, per tale esclusiva ragione, a un nuovo Giudice di ripronunciarsi sulla medesima domanda (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 8549/2010).
In conclusione, può passarsi all’esame delle due domande promosse da parte ricorrente e dei motivi di diritto svolti a fondamento delle medesime.
Il maggiore OMISSIS chiede, innanzitutto, che venga annullato il decreto dirigenziale del Ministero della Difesa del 4.04.2012 nella parte in cui ha disposto il passaggio del medesimo dal grado di capitano a quello di maggiore per anzianità ai sensi dell’articolo 1055 D.lgs. n. 66/2010, anziché per scelta ai sensi degli articoli 1031, 1050, 1053,1054, 1057 e ss., 1097, 1234 e ss. del medesimo Codice dell’Ordinamento Militare.
Assume, invero, il ricorrente di aver maturato il requisito dell’anzianità minima per accedere al grado superiore prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 20/2012, che ha disposto che l’avanzamento da capitano a maggiore avvenga esclusivamente per anzianità.
La domanda è infondata alla luce della successione delle fonti normative che regolano l’avanzamento di carriera degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri.
Invero, ai sensi dell’articolo 1053 D.Lgs. n. 66/2010, nella formulazione applicabile ratione temporis, entro il 31 ottobre di ciascun anno vengono approvati i quadri di avanzamento di carriera per l’anno successivo, nel quale – per quanto qui di interesse - vengono inseriti gli ufficiali che, tra le altre cose, abbiano maturato il periodo minimo di permanenza nel grado inferiore.
Detto periodo minimo di permanenza nel grado inferiore, fissato in via generale per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri dall’articolo 1229 COM, può ai sensi dell’articolo 2248 COM, essere modificato annualmente con decreto del Ministro della Difesa. Per gli anni 2010 e 2011 il decreto ministeriale ha stabilito un’anzianità minima nel grado di capitano di 9 anni e 5 mesi.
Secondo quanto allegato dall’interessato, il signor OMISSIS è diventato capitano in data 27.07.2001: quindi, ha maturato l’anzianità minima per essere inserito nei quadri di avanzamento al grado di maggiore in data 27.12.2010.
Sennonché, l’articolo 27, comma 5, L. 4.11.2010 n. 183, pubblicata in G.U. il 9.11.2.10 e conseguentemente entrata in vigore, in assenza di disposizione specifica di segno contrario, il 24.11.2010, ha abrogato le disposizioni del D.Lgs. n. 298/2000 che prevedevano il passaggio a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore.
E’ ben vero che - come osservato dalla difesa di parte ricorrente - il D.Lgs. n. 298/2000 era già stato abrogato dall’articolo 2268 D.Lgs. n. 15.03.2010 n. 66, a far data dal 9.10.2010, giusta quanto dispone l’articolo 2272 del medesimo testo normativo.
Nondimeno, va considerato che il D.Lgs. n. 66/2010 ha sostituito il D.Lgs. n. 298/2000, recependone sostanzialmente la disciplina ivi contenuta.
Pertanto, poiché la L. n. 183/2010 è successiva al D.Lgs. n. 66/2010, poiché la voluntas legis è inequivoca nel senso di abolire l’istituto dell’avanzamento a scelta per il grado da capitano a maggiore, e poiché – in applicazione al criterio ermeneutico della conservazione – tra più possibili interpretazioni deve preferirsi quella che attribuisce efficacia al testo normativo rispetto a quella che lo rende privo di qualunque effetto, deve ritenersi che l’abrogazione disposta dalla L. n. 183/2010 si abbia interessato non già le disposizioni del D.Lgs. n. 298/2000 (già abrogate), ma quelle del D.Lgs. n. 66/2010 (che le hanno sostituite).
In conclusione, a far data dal 24.11.2010 non esiste più per l’Arma dei Carabinieri l’avanzamento a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore, ma solo quella per anzianità.
E, siccome – per quanto visto in precedenza – il signor OMISSIS ha maturato il requisito di anzianità minima in data 27.12.2010, cioè successivamente all’abrogazione dell’istituto in discussione, non poteva più aspirare a ottenere la promozione per scelta.
Deve, dunque, affermarsi la legittimità, in relazione al dedotto profilo, del decreto dirigenziale del Ministero della Difesa che ha promosso il ricorrente per anzianità.
Con il secondo ordine di doglianze il ricorrente mira a ottenere la piena equiparazione ai pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri.
Sostiene, invero, che la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 66/2010 concernente gli ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri violi il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 Cost., se raffrontata con quella degli ufficiali reclutati nel ruolo normale della medesima Arma, con quella degli ufficiali aventi la medesima provenienza ma ricompresi fino al 28° corso applicativo comunque confluiti nel ruolo normale, con quella degli ufficiali dei ruoli speciali delle altre Forze Armate, con quella degli ufficiali del ruolo speciale della Guardia di Finanza.
Ulteriormente, la disciplina in esame, introducendo distinzioni irragionevoli tra dipendenti che svolgono analoghe funzioni, sarebbe altresì in contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento, che, ai sensi dell’articolo 97 Cost., informano l’azione della pubblica Amministrazione e, in particolare, l’organizzazione dei pubblici uffici, nonché, con lo spirito democratico della Repubblica, che, a sensi dell’articolo 52, III^ comma, Cost., connota l’ordinamento delle Forze Armate. Da ultimo, il trattamento discriminatorio sfocerebbe in una ingiustificata disparità di retribuzione in violazione dell’articolo 36 Cost..
Per le medesime ragioni, la contestata regolamentazione dello status, della carriera e del trattamento economico degli ufficiali appartenenti al ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri confliggerebbe poi con la normativa dell’Unione europea che vieta le discriminazioni di ogni genere, e che – per converso - riconosce il diritto a un trattamento equo e imparziale.
Val la pena puntualizzare come non sia in discussione il fatto che gli ufficiali del ruolo speciale sono soggetti a una precipua disciplina giuridica; quel che è in discussione è se tale precipua disciplina giuridica sia o meno conforme alla Costituzione, ovvero se sia o meno conforme alla normativa dell’Unione europea.
Con riferimento al primo parametro di valutazione, il ragionamento deve necessariamente muovere da quello che è il granitico insegnamento della Corte costituzionale in tema di principio di uguaglianza e di sindacato di ragionevolezza delle leggi. Ci si riferisce segnatamente alla costante affermazione per cui «si ha violazione dell’art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche, essendo insindacabile in tali casi la discrezionalità del legislatore» (così, Corte cost., sentenza n. 340/2004).
Ora, per quanto riguarda la distinzione di trattamento giuridico tra ufficiali del ruolo speciale e ufficiali del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, il Collegio ritiene che, come ampiamente argomentato dalla difesa erariale, esso trovi giustificazione nella differenziazione di accesso al ruolo e della relativa formazione.
Vero è, infatti, che, rispetto a quelli del ruolo speciale, per gli ufficiali del ruolo normale l’età media di ingresso nella vita militare è più bassa (al massimo 28 anni, in luogo di 40), l’accesso presuppone il superamento di un pubblico concorso estremamente selettivo (quello per l’Accademia militare), il percorso di formazione è più lungo (cinque anni, anziché l’anno del corso applicativo) e di tipo accademico (con conseguimento della laurea magistrale in giurisprudenza, mentre per gli ufficiali del ruolo speciale è sufficiente il diploma di scuola media superiore), il successivo aggiornamento professionale è più impegnativo (almeno 6 mesi, contro 5 settimane).
Conseguentemente, i primi sono chiamati a diventare le figure dirigenziali, anche di vertice, dell’Arma, mentre i secondi a svolgere i compiti più prettamente operativi.
Questo rende ragionevole la diversità di disciplina quanto a gradi apicali, consistenze organiche di dirigenza nei due ruoli, condizioni di passaggio da un ruolo all’altro, così come la differente durata della permanenza nei gradi e la diseguale attribuzione di funzioni di comando territoriale. In sintesi, e utilizzando le sopra richiamate parole della Corte costituzionale, poiché per provenienza, formazione e funzioni attribuite, la situazione degli ufficiali del ruolo speciale non è “sostanzialmente identica” a quella degli ufficiali del ruolo normale, la relativa - differente - disciplina giuridica non viola l’articolo 3 Cost..
Quanto, invece, al trattamento economico, gli articoli 43 e 43 bis L. n. 121/1981 assoggettano alla medesima disciplina gli ufficiali del ruolo speciale e quelli del ruolo normale, che, dunque, pur svolgendo compiti diversi, a parità di grado, ricevono la medesima retribuzione. Sicché, non sussiste nemmeno la lamentata sperequazione retributiva.
Sono dunque infondate le censure di incostituzionalità del differente trattamento giuridico economico, cui il maggiore OMISSIS è sottoposto, quale ufficiale del ruolo speciale, rispetto a quello dei pari grado del ruolo normale.
Così come sono infondate le censure discendenti dal raffronto con gli ufficiali appartenenti ai corsi applicativi fino al 28°, i quali – pur avendo medesima provenienza e formazione – di quelli assegnati al ruolo speciale, sono confluiti dal ruolo unico a quello normale, con i già esposti benefici di progressione di carriera.
E’, infatti, inevitabile che nel passaggio da un regime giuridico (ruolo unico) a un altro (tripartizione dei ruoli) si creino classi diverse di dipendenti pubblici: quelli fino al concorso anteriore al mutamento di disciplina (nel nostro caso, il 28°) beneficiano della disciplina previgente (e, quindi, dal ruolo unico al ruolo normale), quelli dal concorso successivo (nel nostro caso, dal 29°) ne sono esclusi (e, quindi, inserimento nel ruolo speciale).
Si tratta, invero, di un effetto ineludibile nel mutamento di disciplina giuridica del rapporto di servizio, a meno di non voler ritenere precluso al legislatore il potere di innovazione in quel campo dell’ordinamento: il che, ovviamente, non può essere. Né, d’altro canto, può pensarsi di ovviare al problema con una disciplina transitoria, che, al contrario, non farebbe che acuire le differenze fra dipendenti, legate ad un prima e a un poi.
Infine, per quanto attiene il raffronto con il trattamento giuridico-economico degli appartenenti ai ruoli speciali delle altre Forze Armate e della Guardia di Finanza, va rilevato come la questione sia già stata affrontata e risolta in senso contrario alle tesi del ricorrente dalla Corte costituzionale: né il Collegio non ravvisa ulteriori e diverse ragioni per sollevare nuovamente la questione di costituzionalità.
Ci si riferisce, segnatamente all’ordinanza n. 83/2009 e alla sentenza n. 231/2009, nelle quali la Corte, sulla scorta della propria consolidata giurisprudenza, ha escluso «la possibilità di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli appartenenti a corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all'ordinamento militare», concludendo, pertanto, che «non è configurabile una violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza […] in quanto, in ragione della specialità degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi arbitraria».
Passando ora al versante della compatibilità della disciplina in esame rispetto alla normativa eurounitaria, occorre fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Al riguardo, la Corte ha avuto modo di chiarire che le decisioni dei singoli Stati membri in tema di accesso all’impiego nelle proprie Forze Armate, di addestramento all’impiego e di condizioni di lavoro nelle Forze Armate, allo scopo di assicurarsi l’efficienza bellica, non sono in linea generale escluse dall’applicazione del diritto comunitario (cfr., causa C-273/97). Tuttavia, gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità, da esercitarsi nei limiti del criterio di proporzionalità tra misura adottata e fine perseguito (cfr., sentenza cit.).
Ebbene, il Collegio ritiene che la differenziazione di disciplina tra ufficiali del ruolo speciale e ufficiali del ruolo normale sia misura adeguatamente rispondente e, comunque, non eccedente rispetto all’esigenza di addestrare e impiegare personale con attitudini, capacità operative e conseguentemente compiti diversi.
Sicché è parimente da escludere che detta disciplina contrasti con il diritto dell’Unione.
In definitiva, il ricorso è infondato; la complessità delle questioni giuridiche ad esso sottese giustifica, nondimeno, l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/05/2016
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Il Tar precisa:
1) - In conclusione, a far data dal 24.11.2010 non esiste più per l’Arma dei Carabinieri l’avanzamento a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore, ma solo quella per anzianità.
2) - E, siccome – per quanto visto in precedenza – il signor OMISSIS ha maturato il requisito di anzianità minima in data 27.12.2010, cioè successivamente all’abrogazione dell’istituto in discussione, non poteva più aspirare a ottenere la promozione per scelta.
Per completezza leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600164, - Public 2016-05-12 -
N. 00164/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00205/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Colautti e Giuseppe Sbisà, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, Via Donota n. 3;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati ex lege presso gli uffici della medesima, in Trieste, piazza Dalmazia n. 3;
nei confronti di
OMISSIS, non costituito;
per l’accertamento
del diritto del ricorrente appartenente al ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri alla equiparazione formale e sostanziale ai pari grado del ruolo normale, con il conseguente riconoscimento dei diritti di status, disciplina, progressione di carriera, emolumenti e quant’altro,
per l’annullamento in parte qua
del decreto dirigenziale di data 4 aprile 2012 del Ministero della Difesa -Direzione Generale per il Personale Militare, e relativa divulgazione avente prot. n. M_D GMIL II 4 1 2012/0171874, di data 5 aprile 2012, con cui si comunicava la promozione al grado di maggiore, ai sensi dell’art. 1055, comma 1, D.Lgs. n. 66/2010, con anzianità assoluta dal 27 dicembre 2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa - Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 marzo 2016 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor OMISSIS è un ufficiale del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri: attualmente ricopre il grado di maggiore con anzianità dal 27.12.2010.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, il ricorrente, da un lato, impugna il decreto in epigrafe compiutamente indicato con il quale è stato promosso al grado superiore (da capitano a maggiore) “per anzianità” anziché “a scelta”, domandandone l’annullamento in parte qua; dall’altro lato, chiede che, previa - se del caso - remissione della questione alla Corte costituzionale, ovvero alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, venga accertato il proprio diritto a una totale equiparazione giuridica, quanto a status, progressione di carriera e trattamento economico dei propri pari grado appartenenti al ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, con condanna della Amministrazione alla consequenziale ricostruzione della carriera.
Espone a tale riguardo il deducente che il D.Lgs. n. 117/1993 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 298/2000) ha istituito, in luogo dell’esistente ruolo unico degli ufficiali in servizio permanente dell’Arma dei Carabinieri, tre distinti ruoli:
- il ruolo normale, nel quale sono inseriti, con il grado di sottotenente, gli ufficiali tratti dagli allievi provenienti dall’Accademia militare che abbiano superato il relativo corso (articolo 2), nonché gli ufficiali provenienti dai corsi applicativi sino al 28° compreso;
- il ruolo speciale, nel quale sono inseriti, all’esito di un concorso per titoli ed esami, e sempre con il grado di sottotenente, gli ufficiali tratti dagli ufficiali subalterni di complemento che abbiano compiuto il servizio di prima nomina, dai marescialli in possesso dei necessari requisiti anagrafici e di titoli di studio, dai capitani del ruolo normale che ne facciano richiesta (articolo 9);
- il ruolo tecnico, nel quale sono inseriti gli ufficiali i servizio permanente con specializzazione in informatica, psicologia applicata, investigazioni scientifiche (articolo 15).
Espone, altresì, che il successivo D.Lgs. n. 298/2000 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 66/2010):
- ha conservato l’articolazione nei tre ruoli, e – per quanto qui di interesse - la distinzione basata sulla provenienza nel reclutamento per i ruoli normale e speciale (articoli 2, 6 e 7);
- ha previsto il transito dal ruolo normale al ruolo speciale per gli ufficiali che non abbiano portato a termine il corso di studi, ovvero a domanda e con riconoscimento – in questo ultimo caso - di un’anzianità maggiore di quella effettiva (articolo 29), mentre ha reso più difficoltoso il percorso di carriera inverso (articolo 21);
- ha differenziato l’avanzamento di carriera per gli appartenenti ai due ruoli, con previsione di periodi maggiori di permanenza in ruolo o negli incarichi di comando da parte degli ufficiali del ruolo speciale (tabelle 1 e 2);
- ha aumentato l’organico del ruolo normale degli ufficiali con riguardo alle posizioni di vertice (tabelle 1 e 2).
Espone, infine, che tale differenziazione è stata pressoché mantenuta inalterata dal nuovo Codice dell’Ordinamento Militare - COM, approvato con D.Lgs. n. 66/2010, e dal relativo Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare – TUROM, emanato con D.P.R. n. 90/2010.
In sintesi, il trattamento giuridico meno favorevole per gli ufficiali appartenenti al ruolo speciale consiste:
- nella limitazione di carriera al grado apicale di colonnello;
- nella maggiore permanenza nei gradi di tenente (un anno in più), di capitano (tre anni in più) e di tenente colonnello (almeno due anni in più);
- nel conseguente deteriore trattamento economico;
- nell’esclusione dai corsi di formazione e di aggiornamento avanzati;
- nella diversa disciplina per il transito di ruolo e di collocamento all’interno dello stesso;
- nella medesima mobilità d’impiego;
- nella limitazione a ricoprire incarichi di comando nei gradi superiori.
Peraltro, sempre secondo il ricorrente, gli ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri sono soggetti a un trattamento giuridico meno favorevole rispetto a quello degli omologhi appartenenti ai ruoli speciali delle altre Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica), per i quali gli incarichi di comando obbligatori – ove previsti – hanno un’incidenza minima e la mobilità di impiego è contenuta, se non addirittura occasionale, e rispetto a quello degli ufficiali del ruolo speciale della Guardia di Finanza, per i quali i periodi di permanenza nei gradi fino a quello di tenente colonnello e gli incarichi ricopribili sono identici a quelli degli ufficiali del ruolo normale.
A fondamento delle domande formulate con il ricorso il maggiore OMISSIS deduce:
1) “Violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, per erronea applicazione dell’art. 1055 COM”;
2) “Violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, in relazione alle disposizioni degli artt.: - 3, 36, 52, 97 della Costituzione; - 8 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già art. 3 par. 2 del Trattato istitutivo della Comunità europea); - 20 e 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza), vincolanti in virtù dell’art. 6 par. 1 del Trattato sull’Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ratificato con la Legge n. 130/08 del 2 agosto 2008”.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa unitamente al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, eccependo preliminarmente la litispendenza con giudizio analogo introdotto dall’odierno ricorrente, congiuntamente ad altri ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri, avanti al TAR per il Lazio.
Nel merito, la difesa erariale, alla luce di una dettagliata ricostruzione del quadro normativo di riferimento e delle finalità da esso perseguite, si oppone alle tesi avversarie, concludendo per la reiezione delle domande tutte formulate in ricorso.
Replica con memoria parte ricorrente, rappresentando come sia medio tempore venuta meno la situazione di litispendenza, insistendo sulla competenza territoriale del TAR adito, e argomentando ulteriormente sulle questioni sottoposte al vaglio di questo Giudice.
Alla pubblica udienza del 23 marzo 2016 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, il Collegio ritiene di affrontare la questione della propria competenza in relazione ai criteri territoriali declinati dall’articolo 13 Cod. proc. amm..
Va detto che ancorché nella relazione del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, depositata in giudizio dalla difesa erariale sub doc. 1, venga adombrata l’incompetenza di questo TAR a favore di quello del Lazio, sede di Roma, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha reputato (e a ragione, come si vedrà) di non sollevare la relativa eccezione.
Tuttavia, considerato che sul punto la difesa di parte ricorrente ha stimato opportuno argomentare in ordine alla fondatezza della scelta effettuata nel radicare la controversia, e vieppiù considerato che, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del Codice di rito, l’incompetenza può essere rilevata d’ufficio finché la causa non sia decisa in primo grado, questo Giudice preferisce esplicitare le ragioni per cui trattiene la competenza sulla causa sottoposta al proprio vaglio.
Al riguardo, va ricordato come la competenza dell’Organo giurisdizionale si determini in ragione delle domande che gli vengono proposte.
Nel caso di specie il ricorrente è un pubblico dipendente, appartenente a una delle categorie non contrattualizzate, che chiede che venga annullato un provvedimento collettivo esclusivamente nella parte che lo riguarda (senza dunque intaccare la promozione degli altri ufficiali ivi contemplati) e che venga riconosciuta la propria (e non anche quella degli altri ufficiali del ruolo speciale) equiparazione ai pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri.
Ne consegue che la causa, in quanto inerente il rapporto di pubblico impiego, e in quanto incidente sulla singola posizione del ricorrente, rientra nel campo di applicazione dell’articolo 13, comma 2, Cod. proc. amm. (cfr., TAR. Molise, sentenza n. 525/2014).
Pertanto, competente a conoscerla è il Tribunale nella cui circoscrizione territoriale rientra la sede di servizio del dipendente ricorrente: nel caso di specie, quello per il Friuli Venezia Giulia, prestando servizio il maggiore OMISSIS a OMISSIS.
Sempre preliminarmente, il Collegio deve affrontare la questione della litispendenza, avendo il maggiore OMISSIS promosso, congiuntamente ad altri colleghi, ricorso avanti al TAR del Lazio – sede di Roma (rubricato al n. 7581/210 di R.G.), volto ad ottenere l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla piena equiparazione con i pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri e la condanna dell’Amministrazione alle conseguenti determinazioni.
Ebbene, nel caso di specie la litispendenza, ovvero la contemporanea pendenza di cause identiche per parti, petitum e causa petendi, avanti a Giudici diversi ma di pari grado del medesimo Plesso giurisdizionale, sarebbe al più parziale.
Peraltro, nel processo amministrativo, in assenza di una specifica disciplina sulla litispendenza, ma ponendosi comunque la medesima esigenza di evitare decisioni contrastanti sulla medesima res litigiosa, oltre che di duplicare inutilmente l’attività giurisdizionale, si applicano, in virtù del rinvio esterno operato dall’articolo 39, comma 1, Cod. proc. amm., le regole del processo civile (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 3100/2013).
Ora, in sede di interpretazione di quelle norme, la Corte di Cassazione è ferma nell’affermare che la sussistenza di una situazione di litispendenza va verificata al momento in cui il Giudice emette la propria pronuncia (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. VI^, sentenza n. 18252/2015, e, Sez. II^, sentenza n. 24376/2010).
Nel caso in esame, risulta per tabulas che il summenzionato ricorso avanti al TAR per il Lazio si è concluso con la sentenza n. 6709/2014, che lo ha dichiarato inammissibile per carenza delle condizioni dell’azione.
Ne consegue, in primis, che non sussiste più una situazione di litispendenza, atteso che il giudizio precedentemente instaurato non è più pendente.
Ne consegue, in secundis, che non opera nemmeno la preclusione del ne bis in idem, posto che le pronunce di rito (quali quelle che, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lettera b), Cod. proc. amm., dichiarano l’inammissibilità del ricorso per assenza dei presupposti processuali) non sono suscettibili di costituire cosa giudicata (cfr., TA.R. Lazio – Roma, Sez. III^, sentenza n. 7433/2013), e quindi di impedire, per tale esclusiva ragione, a un nuovo Giudice di ripronunciarsi sulla medesima domanda (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 8549/2010).
In conclusione, può passarsi all’esame delle due domande promosse da parte ricorrente e dei motivi di diritto svolti a fondamento delle medesime.
Il maggiore OMISSIS chiede, innanzitutto, che venga annullato il decreto dirigenziale del Ministero della Difesa del 4.04.2012 nella parte in cui ha disposto il passaggio del medesimo dal grado di capitano a quello di maggiore per anzianità ai sensi dell’articolo 1055 D.lgs. n. 66/2010, anziché per scelta ai sensi degli articoli 1031, 1050, 1053,1054, 1057 e ss., 1097, 1234 e ss. del medesimo Codice dell’Ordinamento Militare.
Assume, invero, il ricorrente di aver maturato il requisito dell’anzianità minima per accedere al grado superiore prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 20/2012, che ha disposto che l’avanzamento da capitano a maggiore avvenga esclusivamente per anzianità.
La domanda è infondata alla luce della successione delle fonti normative che regolano l’avanzamento di carriera degli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri.
Invero, ai sensi dell’articolo 1053 D.Lgs. n. 66/2010, nella formulazione applicabile ratione temporis, entro il 31 ottobre di ciascun anno vengono approvati i quadri di avanzamento di carriera per l’anno successivo, nel quale – per quanto qui di interesse - vengono inseriti gli ufficiali che, tra le altre cose, abbiano maturato il periodo minimo di permanenza nel grado inferiore.
Detto periodo minimo di permanenza nel grado inferiore, fissato in via generale per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri dall’articolo 1229 COM, può ai sensi dell’articolo 2248 COM, essere modificato annualmente con decreto del Ministro della Difesa. Per gli anni 2010 e 2011 il decreto ministeriale ha stabilito un’anzianità minima nel grado di capitano di 9 anni e 5 mesi.
Secondo quanto allegato dall’interessato, il signor OMISSIS è diventato capitano in data 27.07.2001: quindi, ha maturato l’anzianità minima per essere inserito nei quadri di avanzamento al grado di maggiore in data 27.12.2010.
Sennonché, l’articolo 27, comma 5, L. 4.11.2010 n. 183, pubblicata in G.U. il 9.11.2.10 e conseguentemente entrata in vigore, in assenza di disposizione specifica di segno contrario, il 24.11.2010, ha abrogato le disposizioni del D.Lgs. n. 298/2000 che prevedevano il passaggio a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore.
E’ ben vero che - come osservato dalla difesa di parte ricorrente - il D.Lgs. n. 298/2000 era già stato abrogato dall’articolo 2268 D.Lgs. n. 15.03.2010 n. 66, a far data dal 9.10.2010, giusta quanto dispone l’articolo 2272 del medesimo testo normativo.
Nondimeno, va considerato che il D.Lgs. n. 66/2010 ha sostituito il D.Lgs. n. 298/2000, recependone sostanzialmente la disciplina ivi contenuta.
Pertanto, poiché la L. n. 183/2010 è successiva al D.Lgs. n. 66/2010, poiché la voluntas legis è inequivoca nel senso di abolire l’istituto dell’avanzamento a scelta per il grado da capitano a maggiore, e poiché – in applicazione al criterio ermeneutico della conservazione – tra più possibili interpretazioni deve preferirsi quella che attribuisce efficacia al testo normativo rispetto a quella che lo rende privo di qualunque effetto, deve ritenersi che l’abrogazione disposta dalla L. n. 183/2010 si abbia interessato non già le disposizioni del D.Lgs. n. 298/2000 (già abrogate), ma quelle del D.Lgs. n. 66/2010 (che le hanno sostituite).
In conclusione, a far data dal 24.11.2010 non esiste più per l’Arma dei Carabinieri l’avanzamento a scelta dal grado di capitano a quello di maggiore, ma solo quella per anzianità.
E, siccome – per quanto visto in precedenza – il signor OMISSIS ha maturato il requisito di anzianità minima in data 27.12.2010, cioè successivamente all’abrogazione dell’istituto in discussione, non poteva più aspirare a ottenere la promozione per scelta.
Deve, dunque, affermarsi la legittimità, in relazione al dedotto profilo, del decreto dirigenziale del Ministero della Difesa che ha promosso il ricorrente per anzianità.
Con il secondo ordine di doglianze il ricorrente mira a ottenere la piena equiparazione ai pari grado del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri.
Sostiene, invero, che la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 66/2010 concernente gli ufficiali del ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri violi il principio di uguaglianza sancito nell’articolo 3 Cost., se raffrontata con quella degli ufficiali reclutati nel ruolo normale della medesima Arma, con quella degli ufficiali aventi la medesima provenienza ma ricompresi fino al 28° corso applicativo comunque confluiti nel ruolo normale, con quella degli ufficiali dei ruoli speciali delle altre Forze Armate, con quella degli ufficiali del ruolo speciale della Guardia di Finanza.
Ulteriormente, la disciplina in esame, introducendo distinzioni irragionevoli tra dipendenti che svolgono analoghe funzioni, sarebbe altresì in contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento, che, ai sensi dell’articolo 97 Cost., informano l’azione della pubblica Amministrazione e, in particolare, l’organizzazione dei pubblici uffici, nonché, con lo spirito democratico della Repubblica, che, a sensi dell’articolo 52, III^ comma, Cost., connota l’ordinamento delle Forze Armate. Da ultimo, il trattamento discriminatorio sfocerebbe in una ingiustificata disparità di retribuzione in violazione dell’articolo 36 Cost..
Per le medesime ragioni, la contestata regolamentazione dello status, della carriera e del trattamento economico degli ufficiali appartenenti al ruolo speciale dell’Arma dei Carabinieri confliggerebbe poi con la normativa dell’Unione europea che vieta le discriminazioni di ogni genere, e che – per converso - riconosce il diritto a un trattamento equo e imparziale.
Val la pena puntualizzare come non sia in discussione il fatto che gli ufficiali del ruolo speciale sono soggetti a una precipua disciplina giuridica; quel che è in discussione è se tale precipua disciplina giuridica sia o meno conforme alla Costituzione, ovvero se sia o meno conforme alla normativa dell’Unione europea.
Con riferimento al primo parametro di valutazione, il ragionamento deve necessariamente muovere da quello che è il granitico insegnamento della Corte costituzionale in tema di principio di uguaglianza e di sindacato di ragionevolezza delle leggi. Ci si riferisce segnatamente alla costante affermazione per cui «si ha violazione dell’art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche, essendo insindacabile in tali casi la discrezionalità del legislatore» (così, Corte cost., sentenza n. 340/2004).
Ora, per quanto riguarda la distinzione di trattamento giuridico tra ufficiali del ruolo speciale e ufficiali del ruolo normale dell’Arma dei Carabinieri, il Collegio ritiene che, come ampiamente argomentato dalla difesa erariale, esso trovi giustificazione nella differenziazione di accesso al ruolo e della relativa formazione.
Vero è, infatti, che, rispetto a quelli del ruolo speciale, per gli ufficiali del ruolo normale l’età media di ingresso nella vita militare è più bassa (al massimo 28 anni, in luogo di 40), l’accesso presuppone il superamento di un pubblico concorso estremamente selettivo (quello per l’Accademia militare), il percorso di formazione è più lungo (cinque anni, anziché l’anno del corso applicativo) e di tipo accademico (con conseguimento della laurea magistrale in giurisprudenza, mentre per gli ufficiali del ruolo speciale è sufficiente il diploma di scuola media superiore), il successivo aggiornamento professionale è più impegnativo (almeno 6 mesi, contro 5 settimane).
Conseguentemente, i primi sono chiamati a diventare le figure dirigenziali, anche di vertice, dell’Arma, mentre i secondi a svolgere i compiti più prettamente operativi.
Questo rende ragionevole la diversità di disciplina quanto a gradi apicali, consistenze organiche di dirigenza nei due ruoli, condizioni di passaggio da un ruolo all’altro, così come la differente durata della permanenza nei gradi e la diseguale attribuzione di funzioni di comando territoriale. In sintesi, e utilizzando le sopra richiamate parole della Corte costituzionale, poiché per provenienza, formazione e funzioni attribuite, la situazione degli ufficiali del ruolo speciale non è “sostanzialmente identica” a quella degli ufficiali del ruolo normale, la relativa - differente - disciplina giuridica non viola l’articolo 3 Cost..
Quanto, invece, al trattamento economico, gli articoli 43 e 43 bis L. n. 121/1981 assoggettano alla medesima disciplina gli ufficiali del ruolo speciale e quelli del ruolo normale, che, dunque, pur svolgendo compiti diversi, a parità di grado, ricevono la medesima retribuzione. Sicché, non sussiste nemmeno la lamentata sperequazione retributiva.
Sono dunque infondate le censure di incostituzionalità del differente trattamento giuridico economico, cui il maggiore OMISSIS è sottoposto, quale ufficiale del ruolo speciale, rispetto a quello dei pari grado del ruolo normale.
Così come sono infondate le censure discendenti dal raffronto con gli ufficiali appartenenti ai corsi applicativi fino al 28°, i quali – pur avendo medesima provenienza e formazione – di quelli assegnati al ruolo speciale, sono confluiti dal ruolo unico a quello normale, con i già esposti benefici di progressione di carriera.
E’, infatti, inevitabile che nel passaggio da un regime giuridico (ruolo unico) a un altro (tripartizione dei ruoli) si creino classi diverse di dipendenti pubblici: quelli fino al concorso anteriore al mutamento di disciplina (nel nostro caso, il 28°) beneficiano della disciplina previgente (e, quindi, dal ruolo unico al ruolo normale), quelli dal concorso successivo (nel nostro caso, dal 29°) ne sono esclusi (e, quindi, inserimento nel ruolo speciale).
Si tratta, invero, di un effetto ineludibile nel mutamento di disciplina giuridica del rapporto di servizio, a meno di non voler ritenere precluso al legislatore il potere di innovazione in quel campo dell’ordinamento: il che, ovviamente, non può essere. Né, d’altro canto, può pensarsi di ovviare al problema con una disciplina transitoria, che, al contrario, non farebbe che acuire le differenze fra dipendenti, legate ad un prima e a un poi.
Infine, per quanto attiene il raffronto con il trattamento giuridico-economico degli appartenenti ai ruoli speciali delle altre Forze Armate e della Guardia di Finanza, va rilevato come la questione sia già stata affrontata e risolta in senso contrario alle tesi del ricorrente dalla Corte costituzionale: né il Collegio non ravvisa ulteriori e diverse ragioni per sollevare nuovamente la questione di costituzionalità.
Ci si riferisce, segnatamente all’ordinanza n. 83/2009 e alla sentenza n. 231/2009, nelle quali la Corte, sulla scorta della propria consolidata giurisprudenza, ha escluso «la possibilità di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli appartenenti a corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all'ordinamento militare», concludendo, pertanto, che «non è configurabile una violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza […] in quanto, in ragione della specialità degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi arbitraria».
Passando ora al versante della compatibilità della disciplina in esame rispetto alla normativa eurounitaria, occorre fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Al riguardo, la Corte ha avuto modo di chiarire che le decisioni dei singoli Stati membri in tema di accesso all’impiego nelle proprie Forze Armate, di addestramento all’impiego e di condizioni di lavoro nelle Forze Armate, allo scopo di assicurarsi l’efficienza bellica, non sono in linea generale escluse dall’applicazione del diritto comunitario (cfr., causa C-273/97). Tuttavia, gli Stati membri conservano un certo margine di discrezionalità, da esercitarsi nei limiti del criterio di proporzionalità tra misura adottata e fine perseguito (cfr., sentenza cit.).
Ebbene, il Collegio ritiene che la differenziazione di disciplina tra ufficiali del ruolo speciale e ufficiali del ruolo normale sia misura adeguatamente rispondente e, comunque, non eccedente rispetto all’esigenza di addestrare e impiegare personale con attitudini, capacità operative e conseguentemente compiti diversi.
Sicché è parimente da escludere che detta disciplina contrasti con il diritto dell’Unione.
In definitiva, il ricorso è infondato; la complessità delle questioni giuridiche ad esso sottese giustifica, nondimeno, l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 23 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/05/2016