VITTIME DEL DOVERE VITALIZIO DA 500 EURO ANZICHE' 250
Inviato: mer mag 28, 2014 8:50 pm
Con ricorso depositato il 27 novembre 2013 il XXXXXXXXXXXXX, conveniva in giudizio il Ministero delL?Interno esponendo di avere, persistente sindrome ansioso depressiva, azoospermia”; che tali patologie ne comportavano il congedo per inidoneità; di essersi avvalso della normativa in tema di Vittime del Dovere; che il legislatore modificando la nozione preesistente di vittime del dovere aveva equiparato a tale figura quella dei soggetti equiparati e cioè coloro che erano stati esposti a particolari condizioni ambientali operative ed avevano contratto infermità permanentemente invalidanti o erano deceduti; che a seguito di istruttoria e di visite mediche l’amministrazione aveva riconosciuto la qualifica di vittima del dovere del ricorrente ed aveva erogato gli assegni vitalizi di pertinenza e la speciale elargizione; che l’assegno vitalizio era stato erogato nell’importo di euro 258,33 (corrispondente all’originario importo di lire 500.000) nonostante fosse stato nel frattempo elevato ad euro 500 dall’art. 4 comma 238 legge 350/2004 con decorrenza dal 1 gennaio 2004; che l’amministrazione aveva comunicato al ricorrente che tale importo era stato determinato sulla base di quanto previsto dall’art. 4 d.p.r. 243/06, il quale recitava che alle vittime del dovere spettava l’assegno vitalizio nella misura originaria prevista di L. 500.000 mensili, pari ora € 258,23, soggetta perequazione annua; che la speciale elargizione era stata corrisposta semplicemente pagando la differenza sulla base del parametro dell’invalidità del 60% quantificato dalla commissione medica ospedaliera; che tuttavia il ricorrente aveva invocato l’applicazione in proprio favore dell’art. 3 legge 466/80 rivendicando l’erogazione della speciale elargizione per intero in ragione della perdita di impiego causata dalla patologia oltre che una rivalutazione dell’invalidità in base ad un intervenuto aggravamento; il ministero motivava il rigetto di tale istanza argomentando che la normativa in esame non consentiva la possibilità di prendere in considerazione aggravamenti e che la corresponsione della speciale elargizione nella misura del 100% in conseguenza di un provvedimento di riforma era prevista solamente per le vittime del terrorismo.
Ciò premesso, il ricorrente sosteneva, contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione, che la norma richiamata ai fini dell’erogazione dell’assegno nella misura originaria non aveva la funzione di specificare quali benefici erano stati estesi ai soggetti equiparati ma solamente di determinare la data di decorrenza di questi benefici. La norma che aveva invece individuato i benefici estesi ai soggetti equiparati alle vittime del dovere era contenuta nell’articolo 1 dello stesso d.p.r. 243/06. Pertanto dovevano essere estesi automaticamente anche ai soggetti equiparati alle vittime del dovere i provvedimenti normativi con i quali vi erano state successive modifiche dell’importo dell’assegno vitalizio e, in particolare, l’articolo 4 comma 238 legge 350/2004, che aveva modificato l’art. 2 legge 407/98 con decorrenza al 1 gennaio, elevando l’importo dell’assegno vitalizio a € 500 mensili. Parte ricorrente osservava che l’interpretazione sostenuta dalla amministrazione contrastava con il fatto che il regolamento in esame aveva solamente la funzione di disciplinari i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, mentre invece le caratteristiche gli importi di tali provvidenze erano disciplinate dalla norma primaria.
.
Ciò premesso il ricorrente chiedeva che previa disapplicazione dei decreti del Ministro della Difesa in data 27/11/2012 e 8 novembre 2012, fosse dichiarato il suo diritto, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento dell’assegno ex art. 2 legge 407/98 nell’importo di euro 500 oltre perequazione ex le,ge dal 1 gennaio 2006 nonché alla riliquidazione per intero della speciale elargizione ex art. 34 legge 222/07 ed ex art. 5 comma 1 e 3 legge 206/04, detratte le somme già percepite
All’udienza di comparizione delle parti si costituiva il Ministero dell'Interno con l’Avvocatura delle Stato ed eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi a suo avviso di questioni relative ad interesse legittimo, derivanti dalla natura pubblicistica del rapporto che lega il personale militare all’amministrazione statale. Nel merito chiedeva il rigetto delle domande di parte ricorrente …
Poiché la causa non necessitava di istruttoria vertente su questioni di diritto il giudice invitava le parti alla discussione e all’esito della quale pronunciava sentenza mediante pubblica lettura del dispositivo.
***
L’eccezione relativa al difetto di giurisdizione, sollevata dal Ministero convenuto è infondata.
Infatti nella presente causa si discute del diritto soggettivo ad una prestazione di natura assistenziale. La situazione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente quindi non è connessa al pregresso rapporto di natura pubblicistica tra il militare e lo Stato, ma trova fondamento in specifiche previsioni normative, riguardanti differenti categorie di soggetti, nella cui applicazione la pubblica amministrazione non è titolare di poteri discrezionali.
le domande di parte ricorrente sono fondate.
Il Consiglio di Stato nella sentenza 6156/2013, prodotta in giudizio dalla difesa di parte ricorrente, ha aderito alla tesi di parte ricorrente osservando che il d.p.r. 243/2006, emanato in attuazione del comma 565 dell’articolo 1 della legge 266/2005, ha disciplinato i tempi e le modalità di erogazione delle provvidenze in discussione, con la previsione di una graduatoria unica nazionale delle posizioni. Il regolamento in questione non ha inteso determinare in senso restrittivo l’ambito dei soggetti destinatari dei benefici in questione. Infatti all’art. 1 il DPR fa riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate, in tal modo estendendo la elargizione dei benefici già riconosciuti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a tutte le vittime che hanno riportato lesioni o menomazioni nell’adempimento del dovere.
Ciò posto, l’art. 4 dello stesso d.p.r. menziona l’assegno vitalizio nella misura originaria prevista di L. 500.000 mensili al solo fine di individuazione del beneficio, senza che il regolamento abbia voluto in realtà cristallizzare in tale misura l’assegno in questione. In caso contrario, sarebbe difficilmente giustificabile l’introduzione, da parte di una fonte normativa secondaria, di una disparità di trattamento nei confronti di soggetti che, invece, la fonte normativa primaria ha voluto espressamente equiparare agli originari assegnatari delle provvidenze spettanti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Sulla base di tali argomentazioni ,deve pertanto essere riconosciuto il diritto del ricorrente a percepire l’assegno ex art. 2 legge 407/98 dell’importo di euro 500 oltre perequazione dal 1 gennaio 2006 e il Ministero convenuto deve essere condannato a versare gli importi dovuti per tale titolo, detratto quanto già ricevuto dal ricorrente.
OKKKKKKKKKKKKKKK
Ciò premesso, il ricorrente sosteneva, contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione, che la norma richiamata ai fini dell’erogazione dell’assegno nella misura originaria non aveva la funzione di specificare quali benefici erano stati estesi ai soggetti equiparati ma solamente di determinare la data di decorrenza di questi benefici. La norma che aveva invece individuato i benefici estesi ai soggetti equiparati alle vittime del dovere era contenuta nell’articolo 1 dello stesso d.p.r. 243/06. Pertanto dovevano essere estesi automaticamente anche ai soggetti equiparati alle vittime del dovere i provvedimenti normativi con i quali vi erano state successive modifiche dell’importo dell’assegno vitalizio e, in particolare, l’articolo 4 comma 238 legge 350/2004, che aveva modificato l’art. 2 legge 407/98 con decorrenza al 1 gennaio, elevando l’importo dell’assegno vitalizio a € 500 mensili. Parte ricorrente osservava che l’interpretazione sostenuta dalla amministrazione contrastava con il fatto che il regolamento in esame aveva solamente la funzione di disciplinari i termini e le modalità per la corresponsione delle provvidenze, mentre invece le caratteristiche gli importi di tali provvidenze erano disciplinate dalla norma primaria.
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Ciò premesso il ricorrente chiedeva che previa disapplicazione dei decreti del Ministro della Difesa in data 27/11/2012 e 8 novembre 2012, fosse dichiarato il suo diritto, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento dell’assegno ex art. 2 legge 407/98 nell’importo di euro 500 oltre perequazione ex le,ge dal 1 gennaio 2006 nonché alla riliquidazione per intero della speciale elargizione ex art. 34 legge 222/07 ed ex art. 5 comma 1 e 3 legge 206/04, detratte le somme già percepite
All’udienza di comparizione delle parti si costituiva il Ministero dell'Interno con l’Avvocatura delle Stato ed eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi a suo avviso di questioni relative ad interesse legittimo, derivanti dalla natura pubblicistica del rapporto che lega il personale militare all’amministrazione statale. Nel merito chiedeva il rigetto delle domande di parte ricorrente …
Poiché la causa non necessitava di istruttoria vertente su questioni di diritto il giudice invitava le parti alla discussione e all’esito della quale pronunciava sentenza mediante pubblica lettura del dispositivo.
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L’eccezione relativa al difetto di giurisdizione, sollevata dal Ministero convenuto è infondata.
Infatti nella presente causa si discute del diritto soggettivo ad una prestazione di natura assistenziale. La situazione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente quindi non è connessa al pregresso rapporto di natura pubblicistica tra il militare e lo Stato, ma trova fondamento in specifiche previsioni normative, riguardanti differenti categorie di soggetti, nella cui applicazione la pubblica amministrazione non è titolare di poteri discrezionali.
le domande di parte ricorrente sono fondate.
Il Consiglio di Stato nella sentenza 6156/2013, prodotta in giudizio dalla difesa di parte ricorrente, ha aderito alla tesi di parte ricorrente osservando che il d.p.r. 243/2006, emanato in attuazione del comma 565 dell’articolo 1 della legge 266/2005, ha disciplinato i tempi e le modalità di erogazione delle provvidenze in discussione, con la previsione di una graduatoria unica nazionale delle posizioni. Il regolamento in questione non ha inteso determinare in senso restrittivo l’ambito dei soggetti destinatari dei benefici in questione. Infatti all’art. 1 il DPR fa riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate, in tal modo estendendo la elargizione dei benefici già riconosciuti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a tutte le vittime che hanno riportato lesioni o menomazioni nell’adempimento del dovere.
Ciò posto, l’art. 4 dello stesso d.p.r. menziona l’assegno vitalizio nella misura originaria prevista di L. 500.000 mensili al solo fine di individuazione del beneficio, senza che il regolamento abbia voluto in realtà cristallizzare in tale misura l’assegno in questione. In caso contrario, sarebbe difficilmente giustificabile l’introduzione, da parte di una fonte normativa secondaria, di una disparità di trattamento nei confronti di soggetti che, invece, la fonte normativa primaria ha voluto espressamente equiparare agli originari assegnatari delle provvidenze spettanti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Sulla base di tali argomentazioni ,deve pertanto essere riconosciuto il diritto del ricorrente a percepire l’assegno ex art. 2 legge 407/98 dell’importo di euro 500 oltre perequazione dal 1 gennaio 2006 e il Ministero convenuto deve essere condannato a versare gli importi dovuti per tale titolo, detratto quanto già ricevuto dal ricorrente.
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