Speciale indennità pensionabile (SIP)
Inviato: lun gen 13, 2014 4:41 pm
Visto che il titolo riguarda gli ufficiali, posto qui queste 2 sentenze che riguardano le alte cariche con particolari incarichi.
N.B.: queste sono già state pubblicate nel forum Carabinieri.
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Il massimo organo della Corte di Appello ha respinto il ricorso, la cui sentenza è stata depositata in data 03/04/2013.
N.B.: la parte che colpisce di più è questa: "il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio".
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 03/04/2013
Ecco alcuni passaggi di quello che la Corte dei Conti d'Appello precisa:
1) - L’appello è palesemente infondato.
2) - Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
3) - E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
4) - Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
5) - Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
6) - Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
7) - Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
8) - La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
9) - La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
10) - Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
11) - E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
12) - E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Il resto leggetelo qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 2013 PENSIONI 03/04/2013
210/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Ignazio de Marco Presidente
Dott. Angelo De Marco Presidente aggiunto
Dott. Nicola Leone Consigliere
D.ssa Marta Tonolo Consigliere
Dott. Bruno Tridico Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello in materia di pensioni proposto avverso la sentenza n. 342/08 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna dal sig. B. S. B., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Modena,
contro
il Ministero della difesa.
Visto l’atto di appello, iscritto al n. 34677 del registro di segreteria;
Esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, con l’assistenza della segretaria Elisabetta Barrella, il Giudice relatore, dott. Bruno Tridico, l’avv. Modena per l’appellante ed il dott. Michele Grisolia in rappresentanza dell’Amministrazione resistente.
Esposizione del fatto
1. Con la sentenza in epigrafe è stato negato all’odierno appellante, Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri in ausiliaria, la riliquidazione dell’indennità di ausiliaria con la richiesta inclusione, a tali fini, della “speciale indennità pensionabile” (SIP) ex art. 5 comma 3 legge n. 121/81 e art. 11-bis legge n. 472/87.
Il primo Giudice ha basato il suo convincimento sul fatto che trattasi di indennità di funzione e non di grado, spettante quindi in relazione all’effettivo esercizio di determinate funzioni apicali e alle correlate responsabilità e rischi. Non è quindi condivisibile l’assunto dell’automatica estensione del trattamento economico riconosciuto ai pari grado in servizio.
2. Con il proposto gravame, nel premettere che l’appellante ha ottenuto il grado di generale di divisione in s.p.e. “ora per allora”, e quello di Generale di Corpo d’Armata in ausiliaria, a seguito di contenzioso giurisdizionale fondato sul confronto con altro collega, il Gen. N., si insiste nel richiesto allineamento, ai fini pensionistici, con il trattamento economico riconosciuto a tale collega. Precisa che questi, unitamente ad altri colleghi, ha ottenuto il riconoscimento della SIP a seguito della sentenza n. 923/01 della Sezione Lazio, con la quale sarebbe stato riconosciuto detto diritto ad un gruppo di Generali di divisione in spe, tra i quali il Gen. N., collocati in ausiliaria prima della riforma dell’Arma attuata con i d.lgs. nn. 297/00 e 298/00, che hanno previsto la figura del Generale di Corpo d’Armata in spe, prima inesistente. La gravata sentenza sarebbe erronea laddove fa riferimento, ai fini del decidere, a giurisprudenza negativa concernente situazioni diverse, in quanto l’odierno appellante, così come i colleghi destinatari delle favorevoli decisioni della Sezione Lazio menzionate nell’atto d’appello, ha raggiunto il grado di Generale di Corpo d’Armata soltanto “in ausiliaria”, perché cessati dal servizio attivo prima dell’introduzione di detto grado nell’Arma dei Carabinieri, senza comunque ricoprire le funzioni “vicarie” di Vice Comandante Generale. Si sostiene, in buona sostanza, che solo per i Generali di Corpo d’Armata in servizio dopo il 2000 deve sussistere la triplice condizione della parità di grado, ruolo e funzioni delineata dalle Sezioni d’appello della Corte dei conti per l’equiparazione al Comandante generale, situazione impossibile da verificarsi fino al 2000. Nessun Generale, infatti, prima del 2000, poteva rivestire lo stesso grado del Comandante generale, neanche il Vice Comandante Generale, pacificamente destinatario della SIP.
Si contesta, poi, che si tratti di indennità di funzione, sempre alla luce delle sentenze della Sezione Lazio dalla n. 2218/96 alla n. 2228/96 e la n. 923/01, poiché, ai sensi dell’art. 4 legge n. 113/54, ogni diritto in ambito militare è collegato al grado, indipendente dalle funzioni, specie per l’ausiliaria, posto che l’ufficiale non è più in servizio attivo.
Si invoca l’interpretazione autentica recata dall’art. 6, comma 2, legge n. 404/90, ritenendo tassativo l’elenco di cui alla lettera b), recante le voci escluse dall’indennità di ausiliaria, tra le quali non v’è la SIP.
3. Con ulteriore memoria sono state sostanzialmente ribadite le argomentazioni già riportate in domanda introduttiva del presente grado di giudizio.
4. All’odierna udienza, l’avv. Modena ha insistito nel rimarcare la diversità della posizione del Gen. B. S. B. rispetto a quelle oggetto dei giudicati citati nella gravata sentenza, concludendo come da atti scritti. Il rappresentante dell’Amministrazione ha, al contrario, ritenuto conforme a legge la sentenza impugnata, chiedendone la conferma.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello è palesemente infondato.
L’appellante fonda l’atto di gravame essenzialmente sulle argomentazioni poste a base della sentenza n. 923/01, e su altre precedenti, della Sezione giurisdizionale Lazio, che ha riconosciuto l’invocato diritto ad altri Generali versanti nell’identica situazione del ricorrente.
Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
Come chiaramente evidenziato nella sentenza appellata, la speciale indennità pensionabile (SIP) – fu introdotta dalla legge n. 121 del 1981, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione di P.S., il cui art. 5, dopo aver stabilito che al Dipartimento della P.S. è preposto il capo della Polizia-direttore generale della P.S., gli attribuisce una speciale indennità pensionabile “la cui misura è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro”.
Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
Il fatto stesso che la SIP non è determinata in forma fissa ed oggettiva, ma varia in funzione dell’impegno personale che si richiede e della situazione ambientale esistente, potendo essere anche differenziata con riferimento ai singoli destinatari, pone in evidenza ancora di più che è proprio lo svolgimento di una ben determinata funzione che ne giustifica l’erogazione.
La circostanza che l’indennità in questione sia attribuita promiscuamente a funzionari civili e ad ufficiali conferma, poi, che si tratta di una indennità di funzione e non di grado, concessa in relazione all’esercizio effettivo di determinati compiti, ritenuti dal legislatore di particolare rilievo politico-amministrativo, e comportanti specifiche responsabilità ed esposizione a particolari rischi.
La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
La mutata organizzazione dell’Arma dei Carabinieri (d.l.vo n. 297/2000), come detto, non può incidere sull’assetto funzionale della stessa: in concreto, il Comandante generale riveste funzioni tipiche, non rapportabili a quelle degli altri pari grado, ai quali è funzionalmente sovraordinato e rispetto ai quali svolge funzioni, al pari degli altri comandanti e capi di corpi di polizia, di speciale contenuto e rilevanza.
La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, devono e possono essere incluse nell’indennità di ausiliaria solo le indennità connesse, con carattere di generalità, al grado rivestito e non alle funzioni particolari svolte, né, per una diversa interpretazione, appare invocabile l’art. 6 lett. a) della legge n. 404/1990. Tale articolo, invero, nell’interpretare il citato art. 44 della legge n. 224 del 1986 dispone che il trattamento economico spettante al pari grado in servizio va inteso come comprensivo di tutte le maggiorazioni e di tutte le indennità…, e tale trattamento deve essere inteso come comprensivo delle indennità corrisposte ai pari grado, ma non già delle indennità che siano attribuite non per il grado ricoperto, bensì solo per particolari funzioni” (cfr. la sopra richiamata sentenza della Sezione I d’Appello n. 190/2011 e la giurisprudenza ivi richiamata).
E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Per quanto sopra rappresentato, il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la normativa vigente nella soggetta materia, in conformità, peraltro, alla giurisprudenza delle Sezioni centrali di appello e delle Sezioni territoriali.
Ne consegue che l’appello deve essere respinto.
Non luogo a provvedere sulle spese di giustizia, stante il principio di gratuità operante nei giudizi pensionistici.
Le spese legali possono essere compensate, ratione materiae.
Per questi motivi
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RIGETTA
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la gravata sentenza.
Spese compensate.
Nulla per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2013.
L'estensore Il Presidente
F.to Bruno Tridico F.to Ignazio de Marco
Pubblicata mediante deposito in segreteria il giorno 03/04/2013
IL DIRIGENT
F.to Dott. Michele Lorenzelli
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2^ sentenza:
1) - L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
2) - Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Il resto leggetelo qui sotto.
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LAZIO SENTENZA 744 04/11/2013
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 744 2013 PENSIONI 04/11/2013
Sent 744/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
rappresentata ai sensi dell'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 dal cons. dr.A. LUPI , assistito dal segretario d’udienza dott. Marco Olivieri, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n. 72377/PM, sul ricorso prodotto da T. M. rappresentato e difeso dall'avvocato Matilde De Paola e dall'avvocato Sandro Picciolini con i quali è elettivamente domiciliato presso lo studio della prima, in Roma, alla via Mercati, 42,
CONTRO
Il Ministero della difesa
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa.
FATTO
Con il presente ricorso, il signor T. lamenta il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile di cui all'art. 5 della legge 121/1981, in quanto dichiara aver svolto la funzione vicaria di capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 9 ottobre 2010 al 27 luglio 2011 e, perciò di avere diritto alla corresponsione della SIP ai sensi dell' art. 1818 del dlgs 66/2006 (Codice dell'Ordinamento Militare)
Si è costituito il Ministero della Difesa che ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza le parti non sono comparse.
D I R I T T O
Il ricorso è infondato.
In disparte il fatto che dallo stato di servizio dell'Ammiraglio T. non risulta né l'attribuzione né lo svolgimento della funzione vicaria di Capo dello Stato Maggiore della Marina Militare, il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile, di cui all'art. 1818 del Codice dell'Ordinamento Militare, deriva dalla stessa legge.
L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Sulla base delle argomentazioni riferite il ricorso prodotto dal sig. T. va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio , in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
R I G E T T A
il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
Così deciso, in Roma, il 25 ottobre 2013.
IL GIUDICE
f.to Andrea Lupi
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 04/11/2013
P. Il Direttore
f.to Domenica LAGANA’
N.B.: queste sono già state pubblicate nel forum Carabinieri.
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Il massimo organo della Corte di Appello ha respinto il ricorso, la cui sentenza è stata depositata in data 03/04/2013.
N.B.: la parte che colpisce di più è questa: "il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio".
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 03/04/2013
Ecco alcuni passaggi di quello che la Corte dei Conti d'Appello precisa:
1) - L’appello è palesemente infondato.
2) - Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
3) - E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
4) - Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
5) - Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
6) - Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
7) - Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
8) - La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
9) - La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
10) - Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
11) - E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
12) - E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Il resto leggetelo qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 2013 PENSIONI 03/04/2013
210/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Ignazio de Marco Presidente
Dott. Angelo De Marco Presidente aggiunto
Dott. Nicola Leone Consigliere
D.ssa Marta Tonolo Consigliere
Dott. Bruno Tridico Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello in materia di pensioni proposto avverso la sentenza n. 342/08 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna dal sig. B. S. B., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Modena,
contro
il Ministero della difesa.
Visto l’atto di appello, iscritto al n. 34677 del registro di segreteria;
Esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, con l’assistenza della segretaria Elisabetta Barrella, il Giudice relatore, dott. Bruno Tridico, l’avv. Modena per l’appellante ed il dott. Michele Grisolia in rappresentanza dell’Amministrazione resistente.
Esposizione del fatto
1. Con la sentenza in epigrafe è stato negato all’odierno appellante, Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri in ausiliaria, la riliquidazione dell’indennità di ausiliaria con la richiesta inclusione, a tali fini, della “speciale indennità pensionabile” (SIP) ex art. 5 comma 3 legge n. 121/81 e art. 11-bis legge n. 472/87.
Il primo Giudice ha basato il suo convincimento sul fatto che trattasi di indennità di funzione e non di grado, spettante quindi in relazione all’effettivo esercizio di determinate funzioni apicali e alle correlate responsabilità e rischi. Non è quindi condivisibile l’assunto dell’automatica estensione del trattamento economico riconosciuto ai pari grado in servizio.
2. Con il proposto gravame, nel premettere che l’appellante ha ottenuto il grado di generale di divisione in s.p.e. “ora per allora”, e quello di Generale di Corpo d’Armata in ausiliaria, a seguito di contenzioso giurisdizionale fondato sul confronto con altro collega, il Gen. N., si insiste nel richiesto allineamento, ai fini pensionistici, con il trattamento economico riconosciuto a tale collega. Precisa che questi, unitamente ad altri colleghi, ha ottenuto il riconoscimento della SIP a seguito della sentenza n. 923/01 della Sezione Lazio, con la quale sarebbe stato riconosciuto detto diritto ad un gruppo di Generali di divisione in spe, tra i quali il Gen. N., collocati in ausiliaria prima della riforma dell’Arma attuata con i d.lgs. nn. 297/00 e 298/00, che hanno previsto la figura del Generale di Corpo d’Armata in spe, prima inesistente. La gravata sentenza sarebbe erronea laddove fa riferimento, ai fini del decidere, a giurisprudenza negativa concernente situazioni diverse, in quanto l’odierno appellante, così come i colleghi destinatari delle favorevoli decisioni della Sezione Lazio menzionate nell’atto d’appello, ha raggiunto il grado di Generale di Corpo d’Armata soltanto “in ausiliaria”, perché cessati dal servizio attivo prima dell’introduzione di detto grado nell’Arma dei Carabinieri, senza comunque ricoprire le funzioni “vicarie” di Vice Comandante Generale. Si sostiene, in buona sostanza, che solo per i Generali di Corpo d’Armata in servizio dopo il 2000 deve sussistere la triplice condizione della parità di grado, ruolo e funzioni delineata dalle Sezioni d’appello della Corte dei conti per l’equiparazione al Comandante generale, situazione impossibile da verificarsi fino al 2000. Nessun Generale, infatti, prima del 2000, poteva rivestire lo stesso grado del Comandante generale, neanche il Vice Comandante Generale, pacificamente destinatario della SIP.
Si contesta, poi, che si tratti di indennità di funzione, sempre alla luce delle sentenze della Sezione Lazio dalla n. 2218/96 alla n. 2228/96 e la n. 923/01, poiché, ai sensi dell’art. 4 legge n. 113/54, ogni diritto in ambito militare è collegato al grado, indipendente dalle funzioni, specie per l’ausiliaria, posto che l’ufficiale non è più in servizio attivo.
Si invoca l’interpretazione autentica recata dall’art. 6, comma 2, legge n. 404/90, ritenendo tassativo l’elenco di cui alla lettera b), recante le voci escluse dall’indennità di ausiliaria, tra le quali non v’è la SIP.
3. Con ulteriore memoria sono state sostanzialmente ribadite le argomentazioni già riportate in domanda introduttiva del presente grado di giudizio.
4. All’odierna udienza, l’avv. Modena ha insistito nel rimarcare la diversità della posizione del Gen. B. S. B. rispetto a quelle oggetto dei giudicati citati nella gravata sentenza, concludendo come da atti scritti. Il rappresentante dell’Amministrazione ha, al contrario, ritenuto conforme a legge la sentenza impugnata, chiedendone la conferma.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello è palesemente infondato.
L’appellante fonda l’atto di gravame essenzialmente sulle argomentazioni poste a base della sentenza n. 923/01, e su altre precedenti, della Sezione giurisdizionale Lazio, che ha riconosciuto l’invocato diritto ad altri Generali versanti nell’identica situazione del ricorrente.
Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
Come chiaramente evidenziato nella sentenza appellata, la speciale indennità pensionabile (SIP) – fu introdotta dalla legge n. 121 del 1981, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione di P.S., il cui art. 5, dopo aver stabilito che al Dipartimento della P.S. è preposto il capo della Polizia-direttore generale della P.S., gli attribuisce una speciale indennità pensionabile “la cui misura è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro”.
Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
Il fatto stesso che la SIP non è determinata in forma fissa ed oggettiva, ma varia in funzione dell’impegno personale che si richiede e della situazione ambientale esistente, potendo essere anche differenziata con riferimento ai singoli destinatari, pone in evidenza ancora di più che è proprio lo svolgimento di una ben determinata funzione che ne giustifica l’erogazione.
La circostanza che l’indennità in questione sia attribuita promiscuamente a funzionari civili e ad ufficiali conferma, poi, che si tratta di una indennità di funzione e non di grado, concessa in relazione all’esercizio effettivo di determinati compiti, ritenuti dal legislatore di particolare rilievo politico-amministrativo, e comportanti specifiche responsabilità ed esposizione a particolari rischi.
La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
La mutata organizzazione dell’Arma dei Carabinieri (d.l.vo n. 297/2000), come detto, non può incidere sull’assetto funzionale della stessa: in concreto, il Comandante generale riveste funzioni tipiche, non rapportabili a quelle degli altri pari grado, ai quali è funzionalmente sovraordinato e rispetto ai quali svolge funzioni, al pari degli altri comandanti e capi di corpi di polizia, di speciale contenuto e rilevanza.
La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, devono e possono essere incluse nell’indennità di ausiliaria solo le indennità connesse, con carattere di generalità, al grado rivestito e non alle funzioni particolari svolte, né, per una diversa interpretazione, appare invocabile l’art. 6 lett. a) della legge n. 404/1990. Tale articolo, invero, nell’interpretare il citato art. 44 della legge n. 224 del 1986 dispone che il trattamento economico spettante al pari grado in servizio va inteso come comprensivo di tutte le maggiorazioni e di tutte le indennità…, e tale trattamento deve essere inteso come comprensivo delle indennità corrisposte ai pari grado, ma non già delle indennità che siano attribuite non per il grado ricoperto, bensì solo per particolari funzioni” (cfr. la sopra richiamata sentenza della Sezione I d’Appello n. 190/2011 e la giurisprudenza ivi richiamata).
E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Per quanto sopra rappresentato, il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la normativa vigente nella soggetta materia, in conformità, peraltro, alla giurisprudenza delle Sezioni centrali di appello e delle Sezioni territoriali.
Ne consegue che l’appello deve essere respinto.
Non luogo a provvedere sulle spese di giustizia, stante il principio di gratuità operante nei giudizi pensionistici.
Le spese legali possono essere compensate, ratione materiae.
Per questi motivi
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RIGETTA
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la gravata sentenza.
Spese compensate.
Nulla per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2013.
L'estensore Il Presidente
F.to Bruno Tridico F.to Ignazio de Marco
Pubblicata mediante deposito in segreteria il giorno 03/04/2013
IL DIRIGENT
F.to Dott. Michele Lorenzelli
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2^ sentenza:
1) - L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
2) - Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Il resto leggetelo qui sotto.
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LAZIO SENTENZA 744 04/11/2013
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 744 2013 PENSIONI 04/11/2013
Sent 744/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
rappresentata ai sensi dell'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 dal cons. dr.A. LUPI , assistito dal segretario d’udienza dott. Marco Olivieri, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n. 72377/PM, sul ricorso prodotto da T. M. rappresentato e difeso dall'avvocato Matilde De Paola e dall'avvocato Sandro Picciolini con i quali è elettivamente domiciliato presso lo studio della prima, in Roma, alla via Mercati, 42,
CONTRO
Il Ministero della difesa
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa.
FATTO
Con il presente ricorso, il signor T. lamenta il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile di cui all'art. 5 della legge 121/1981, in quanto dichiara aver svolto la funzione vicaria di capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 9 ottobre 2010 al 27 luglio 2011 e, perciò di avere diritto alla corresponsione della SIP ai sensi dell' art. 1818 del dlgs 66/2006 (Codice dell'Ordinamento Militare)
Si è costituito il Ministero della Difesa che ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza le parti non sono comparse.
D I R I T T O
Il ricorso è infondato.
In disparte il fatto che dallo stato di servizio dell'Ammiraglio T. non risulta né l'attribuzione né lo svolgimento della funzione vicaria di Capo dello Stato Maggiore della Marina Militare, il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile, di cui all'art. 1818 del Codice dell'Ordinamento Militare, deriva dalla stessa legge.
L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Sulla base delle argomentazioni riferite il ricorso prodotto dal sig. T. va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio , in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
R I G E T T A
il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
Così deciso, in Roma, il 25 ottobre 2013.
IL GIUDICE
f.to Andrea Lupi
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 04/11/2013
P. Il Direttore
f.to Domenica LAGANA’