vittime del dovere

Avatar utente
antoniomlg
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3641
Iscritto il: ven set 03, 2010 10:18 am

Re: vittime del dovere

Messaggio da antoniomlg »

e vi faccio un esempio

1^ invalidita 10%
2^ invalidità 10% = a scalare 9% perche tolti i primi 10% il periziato vale 90%
il 10% di 90 equivale a 9%
3^ invalidità 10% di 80%.........

e così via a scalare

ciao


christian71
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3216
Iscritto il: sab ago 24, 2013 9:23 am

Re: vittime del dovere

Messaggio da christian71 »

Adottare un sistema di calcolo più semplice e di facile comprensione per tutti no è !?!?!?!?....

Inviato dal mio GT-I9300 utilizzando Tapatalk
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

Con questa sentenza che mi trovo accantonata del 20/02/2013 il CdS nell'accogliere l'Appello del Min. Int. specifica quanto segue:

1) - altrimenti diventerebbero vittime del “ dovere” tutti gli autisti dipendenti dall’amministrazione pubblica, sia civili che militari, che per ipotesi siano coinvolti in un incidente stradale.

2) - Secondo la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge per le vittime del dovere non basta pertanto che l'evento legale sia connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma occorre pure che sia dipendente da rischio specificamente attinente “a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso” e, in sostanza, che “il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività d'istituto” (CdS, Sez. IV, n. 480/2012).

3) - Analogamente, nella giurisprudenza meno recente, l’evento deve essere connotato “da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso" (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1404); inoltre si richiede che il rischio stesso vada oltre quello ordinario (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 24 giugno 2006, n. 4042).

4) - In altra recente sentenza di questa Sezione si nota che : “il concetto di "vittima del dovere" presenta caratteristiche speciali rispetto a chi è deceduto per "causa di servizio”. Il concetto di "ferite o lesioni nell'espletamento di attività istituzionali" enunciato dalla norma presenta, quindi, caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio” (CdS, Sez. III, n. 6574/2011).

5) - Pertanto l’evento che è oggetto del presente giudizio consente certamente il sorgere del pieno diritto alla pensione privilegiata e all’equo indennizzo, ma non può invece essere un valido presupposto per la concessione della elargizione straordinaria, che deve essere attribuita, ai sensi della normativa e della giurisprudenza richiamata, a chi svolge i compiti di soccorso in modo specifico e diretto affrontando quindi i rischi speciali connessi all’attività di soccorso, aggiuntivi rispetto a quelli comuni ad una più ampia cerchia di attività.

Il resto leggetelo qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------

20/02/2013 201301050 Sentenza 3


N. 01050/2013REG.PROV.COLL.
N. 00946/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 946 del 2007, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
D. L. A.;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 02691/2006, resa tra le parti, concernente negata corresponsione elargizione per incidente durante il servizio

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2012 il Cons. Alessandro Palanza e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Santoro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Il Ministero dell’interno ha impugnato la sentenza del TAR Lazio cha accolto il ricorso del signor A. L. per l'annullamento del decreto emesso in data 21 marzo 1997 dal Direttore generale della Direzione della Protezione civile – Servizio trattamento economico del Personale presso il Ministero dell’interno, con il quale era stata negata al ricorrente la speciale elargizione di cui alla legge n. 466 del 1980.

2. - La sentenza è fondata sulla normativa che prevede, ai sensi del primo comma dell’art. 2 della legge 13 agosto 1980 n. 466, che la speciale elargizione di cui all'art. 3 della legge 27 ottobre 1973, n. 629, successivamente integrata con L. 28 novembre 1975, n. 624, “si applica anche alle famiglie dei vigili del fuoco e dei militari delle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso, vittime del dovere”. Dispone conseguentemente il secondo comma dell’art. 2 citato che “a tal fine, per l'individuazione delle vittime del dovere valgono i criteri indicati nell'art. 1 della presente legge, facendosi riferimento, per quanto riguarda i vigili del fuoco, alle funzioni proprie di istituto”. Nel caso di specie non è infatti contestato, né invero contestabile, che l’evento che aveva interessato il ricorrente sia accaduto in occasione ed in ragione dello svolgimento dei propri compiti di istituto, trattandosi di incidente occorso durante lo svolgimento del servizio di prevenzione incendi boschivi, che è tipico compito assegnato al Corpo dei vigili del fuoco.

3. – L’Amministrazione appellante contesta la sentenza osservando che le circostanze dell’incidente sono tali da giustificare pienamente il diritto del signor L.. a conseguire la pensione privilegiata e l’equo indennizzo, ma non sono tali da comportare anche il riconoscimento della speciale elargizione prevista per le vittime del “ dovere” in quanto, secondo l’art. 2 della legge n. 466/1980, deve parlarsi di eventi connessi a rischi specificatamente attinenti alle funzioni proprie d’istituto e dunque quelle che riguardano compiti specifici dei vigili del fuoco nell’espletamento delle funzioni di soccorso; altrimenti diventerebbero vittime del “ dovere” tutti gli autisti dipendenti dall’amministrazione pubblica, sia civili che militari, che per ipotesi siano coinvolti in un incidente stradale

4. – La causa è andata in decisione alla udienza pubblica del 16 novembre 2012,

5. L’appello è fondato.

5.1. – Ai fini della definizione dell’appello occorre fare riferimento alle disposizioni di cui all’art.1, comma 563, della legge n. 266/2005, che hanno esteso e fissato il campo dei soggetti a cui la speciale elargizione di cui alla legge n. 466/1980 può essere concessa: “563. Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità” .

5.2. - Nella interpretazione della norma la giurisprudenza del Consiglio di Stato si attiene ad un criterio rigoroso proprio per evitare, in una materia di grande delicatezza per gli aspetti civili e umani coinvolti, sperequazioni di trattamento e violare la sostanziale ratio dell’istituto che intende riconoscere uno speciale riconoscimento per i dipendenti che affrontano specifici rischi nello svolgimento dei compiti di istituto quando ricorrono le circostanze in cui essi si trovano ad affrontarli.

5.4. - Secondo la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge per le vittime del dovere non basta pertanto che l'evento legale sia connesso all'espletamento di funzioni d'istituto, ma occorre pure che sia dipendente da rischio specificamente attinente “a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso” e, in sostanza, che “il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività d'istituto” (CdS, Sez. IV, n. 480/2012). Analogamente, nella giurisprudenza meno recente, l’evento deve essere connotato “da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso" (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2001, n. 1404); inoltre si richiede che il rischio stesso vada oltre quello ordinario (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 24 giugno 2006, n. 4042). In altra recente sentenza di questa Sezione si nota che : “il concetto di "vittima del dovere" presenta caratteristiche speciali rispetto a chi è deceduto per "causa di servizio”. Il concetto di "ferite o lesioni nell'espletamento di attività istituzionali" enunciato dalla norma presenta, quindi, caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio” (CdS, Sez. III, n. 6574/2011).

5.5. - Pertanto l’evento che è oggetto del presente giudizio consente certamente il sorgere del pieno diritto alla pensione privilegiata e all’equo indennizzo, ma non può invece essere un valido presupposto per la concessione della elargizione straordinaria, che deve essere attribuita, ai sensi della normativa e della giurisprudenza richiamata, a chi svolge i compiti di soccorso in modo specifico e diretto affrontando quindi i rischi speciali connessi all’attività di soccorso, aggiuntivi rispetto a quelli comuni ad una più ampia cerchia di attività. Non è quindi sufficiente che l’incidente stradale in questione sia avvenuto nel corso dello svolgimento del servizio di vigilanza della prevenzione incendi boschivi alla guida di un automezzo di servizio, in quanto tale attività non presenta gli specifici requisiti di rischiosità connessi allo svolgimento dei compiti di istituto dei vigili del fuoco nello svolgimento dell’attività di soccorso, ma presenta aspetti identici a situazioni nelle quali pubblici dipendenti sono esposti ad analoghe sollecitazioni senza rientrare nell’ambito preso in considerazione ai fini della concessione della elargizione in questione.

6. – In conclusione l’appello dell’Amministrazione deve essere accolto.

7. – Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese nella natura della controversia e nell’andamento della vicenda processuale.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, per l'effetto, respinge il ricorso in primo grado.

Spese compensate del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Botto, Presidente FF
Vittorio Stelo, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/02/2013
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

Ministero dell'Interno 30 luglio 2014

presentazione delle istanze - modalità

vedi/leggi e scarica
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

SENTENZA ,sede di NAPOLI ,sezione SEZIONE 7 ,numero provv.: 201406535 Public 2014-12-12
----------------------------------------------------------------------------------------
N. 06535/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04176/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4176 del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A. B., con domicilio eletto presso la stessa in Napoli, piazza Giuseppe Zanardelli n. 17;

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, n. 11;

per l'annullamento
del decreto n. -OMISSIS-, recante il diniego dei benefici previsti dal d.P.R. n. 243 del 2006; del verbale della Commissione Medica Ospedaliera mod. BL/G n. …. del 29/10/2012; del parere del Comitato di Verifica n. …./2012 del 5/3/2013 (adunanza n. … del 29/1/2013); con accertamento del diritto del ricorrente al riconoscimento dei suddetti benefici e del risarcimento del danno biologico derivante dall’infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio e condanna dell’amministrazione al pagamento di quanto dovuto maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le produzioni delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 il dott. Fabio Donadono e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato il 29/7/2013, -OMISSIS-, caporal maggiore capo dell’Esercito Italiano, riferiva che:

- il ricorrente ha operato in molteplici missioni in teatri operativi in Bosnia Herzegovina dal 19/10/2001 al 25/2/2002 e dal 28/6 al 24/10/2002, in Kosovo dal 8/4 al 30/7/2003, in Iraq dal 29/3 al 24/8/2005;

- con decreto n. -OMISSIS-, su conforme parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio espresso nell’adunanza n. 521 del 6/11/2009, veniva riconosciuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità relativa ad esiti di pregressa -OMISSIS- sottoposto a terapia-OMISSIS- denunciata dal ricorrente e riscontrata dalla Commissione Medica Ospedaliera;

- con determinazione R-E-…. del 19/1/2011 veniva altresì conferito il distintivo d’onore di “ferito in servizio”;

- sennonché, con decreto n. -OMISSIS-, previo parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, veniva respinta l’istanza presentata dal ricorrente (in data 3/5/2010) per la concessione dei benefici di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006, concernente l’estensione alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati delle provvidenze in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo.

A seguito di ciò il ricorrente proponeva l’impugnativa in epigrafe.

Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio.

DIRITTO

1. Nel merito il ricorrente deduce che:

- dai rapporti informativi in atti emergerebbero elementi idonei a dimostrare il nesso causale tra la patologia ed i fatti di servizio, attesa la prolungata esposizione del ricorrente all’uranio impoverito durante le missioni in Bosnia e nel Kosovo; la dipendenza da causa di servizio risulta già riconosciuta nel 2009; con l’art. 4-bis della legge n. 27 del 2001 sarebbe disposto il monitoraggio sanitario dei soggetti che avrebbero operato nei Balcani;

- l’infermità permanente andrebbe quantificata, in base al decreto ministeriale del 5/2/1992, nella misura del 50%; la CMO avrebbe riconosciuto una percentuale di invalidità del 67%;

- in base all’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006 ed al decreto ministeriale del 12/7/2000, il danno biologico andrebbe calcolato in misura pari al 22%;

- comunque spetterebbe al ricorrente, in base all’art. 2087 c.c., il risarcimento del danno biologico subito a causa del servizio prestato, senza protezione ed in condizioni di stress incidenti sulle difese immunitarie, in zone contaminate che avrebbero provocato il -OMISSIS-

1.1. Il Tribunale giudica il ricorso fondato per quanto di ragione.

In base all’art. 1, co. 562 e ss., della legge n. 266 del 2005, è disposta l’estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a tutte le vittime del dovere che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di particolari eventi ed ai soggetti “equiparati”, ivi compresi i militari che “abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti … in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali, e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

Con l’art. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006, recante il relativo regolamento, è precisato che rientrano nei presupposti per la concessione delle provvidenze tutte le missioni autorizzate dall'autorità sopraordinata al dipendente e tutte le condizioni comunque implicanti l'esistenza o la sopravvenienza “di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

Ai sensi dell’art. 6 dello stesso d.P.R. n. 243/2006, la dipendenza da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative di missione è accertata, con le procedure di cui al d.P.R. n. 461 del 2001, su parere vincolante specificamente motivato del Comitato di verifica per le cause di servizio, allorché le suddette “straordinarie circostanze e i fatti di servizio” sono stati la causa ovvero la concausa efficiente e determinante dell’infermità invalidante.

Giova soggiungere che gli artt. 603 e 1907 del codice dell'ordinamento militare (d.P.R. n. 66 del 2010), nel testo originario anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 5, co. 3-bis, lett. b), del decreto-legge n. 228 del 2010, facevano espresso riferimento alle “infermità -OMISSIS- connesse all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e alla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico”. Tale formulazione deriva dal recepimento delle disposizioni dettate dal d.P.R. n. 37 del 2009, recante il regolamento per il riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali, in attuazione dell'art. 2, co. 78 e 79, della legge n. 244 del 2007, disposizioni abrogate appunto a seguito dell’entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare.

Nel testo attualmente vigente l’art. 603 del citato d.P.R. n. 66 del 2010 espressamente prevede l’erogazione delle provvidenze di cui alle leggi n. 466 del 1980 (speciali elargizioni a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche), n. 302 del 1990 (norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata), n. 407 del 1998 (nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata) e n. 206 del 2004 (nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice) “al personale italiano che, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura effettuate entro e fuori i confini nazionali, abbia contratto infermità -OMISSIS- per le particolari condizioni ambientali od operative, al personale impiegato nei poligoni di tiro e nei siti dove vengono stoccati munizionamenti …”.

Sennonché il venir meno del riferimento specifico all’uranio impoverito, sostituito dal più generico riferimento alle “particolari condizioni ambientali od operative” non significa certamente che l’esposizione all’uranio impoverito viene considerato estraneo all’insorgenza delle infermità e patologie tumorali.

Tant’è che l’art. 2185 dello stesso d.P.R. n. 66 del 2010 tuttora disciplina la speciale elargizione per il personale civile e cittadini italiani esposti all’uranio impoverito e ad altro materiale bellico.

Del resto la definizione delle “particolari condizioni ambientali od operative” dettata dagli artt. 1078 e 1079 del d.P.R. n. 90 del 2010, recante il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, fa ampio e generale riferimento a tutte “le condizioni comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie o fatti di servizio che, anche per effetto di successivi riscontri, hanno esposto il personale militare e civile a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto ... ivi comprese l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico”.

E’ opportuno notare che tale definizione corrisponde sostanzialmente a quella dettata dall’art. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006, riguardante appunto “le condizioni comunque implicanti l'esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

Ne consegue che i militari affetti da patologie causate dall’esposizione a sostanze tossiche (ivi compreso l’uranio impoverito), anche dopo la scadenza dei termini previsti dall’art. 1080 del d.P.R. n. 90 del 2010, continuano a trovare tutela nell’art. 1, co. 564, della legge n. 266 del 2005, applicabile appunto ai soggetti equiparati alle vittime del dovere che abbiano contratto invalidità permanenti riconosciute dipendenti da causa di servizio “per le particolari condizioni ambientali e operative”, come definite dall’art. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006 coincidente come si è visto con gli artt. 1078 e 1079 del d. P.R. n. 90 del 2010.

1.2. Orbene nella specie risulta pacificamente dagli atti di causa che:

- il ricorrente, impiegato in missioni operative in Bosnia e Kosovo, è affetto dagli esiti di -OMISSIS- per -OMISSIS--OMISSIS-

- la dipendenza da causa di servizio dell’infermità è stata già accertata su parere del Comitato di verifica per le cause di servizio espresso nell’adunanza n. -OMISSIS-

- il ricorrente è stato altresì autorizzato a fregiarsi del distintivo d’onore di ferito in servizio ai sensi del regio-decreto n. 1820 del 1935.

Sennonché il parere negativo del Comitato di verifica per le cause di servizio espresso nell’adunanza n. .. del 29/1/2013, in base al quale è stato adottato l’impugnato diniego dei benefici previsti per le vittime del dovere e soggetti equiparati, è motivato dal ritenuto difetto di evidenze sulla sussistenza di condizioni ambientali ed operative implicanti circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il ricorrente a maggiori disagi o fatiche rispetto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, in rapporto di causa o concausa efficiente e determinante con l’infermità riscontrata.

Al riguardo va in primo luogo rilevato, ad avviso del Tribunale, che il quadro normativo non fa riferimento a “disagi”, ma piuttosto a “rischi”.

Inoltre non risulta che l’impugnata determinazione abbia tenuto in debito conto la circostanza, evidenziata anche nel parere medico-legale prodotto in giudizio dal ricorrente, che l’attività di militare svolta nelle missioni operative all’estero abbiano appunto comportato i “rischi” derivanti dall’esposizione all’uranio impoverito impiegato negli armamenti impiegati durante l’intervento nei Balcani.

Neppure risulta espressamente escluso nell’impugnato parere che l’infermità sofferta dal ricorrente sia associabile alla contaminazione derivante dall’inquinamento bellico.

L’impugnato diniego risulta altresì in contraddizione con il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, già disposto nel 2009 con il parere favorevole del Comitato di verifica. Infatti il nesso di causalità tra la patologia -OMISSIS- e l’attività svolta non è stato imputato a ragioni diverse dai rischi associati alle specifiche condizioni ambientali dei suddetti contesti operativi.

Ne consegue che gli atti impugnati risultano viziati per difetto di istruttoria, difetto di motivazione e contraddittorietà rispetto a precedenti determinazioni.

1.3. Va ancora soggiunto che le provvidenze previste dall’art. 4 del d.P.R. n. 243 del 2006 comprendono la speciale elargizione di cui alla legge n. 302 del 1990.

Il danno biologico è considerato nel computo dell’invalidità, ai sensi dell’art. 5 del ripetuto d.P.R. n. 243, e viene calcolato in conformità del d.P.R. n. 181 del 2009, regolante i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi (estendibile alle vittime del dovere, tant’è che nel preambolo è richiamato anche il d.P.R. n. 243/2006), a norma dell'articolo 6 della legge n. 206 del 2004 che impone la rivalutazione delle indennità tenendo conto anche del danno biologico.

2. Le domande di accertamento e di condanna sono, per contro, inammissibili.

Infatti, a seguito dell’annullamento degli atti impugnati l'autorità amministrativa dovrà pronunciarsi sull'istanza avanzata dal ricorrente sulla base di un nuovo parere, emendato dei vizi rilevati nella presente sede giudiziale, del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, il quale dovrà valutare tutti i presupposti di fatto rilevanti, ivi compresi quelli risultanti dalla documentazione allegata dal ricorrente nel presente giudizio e da apposita relazione informativa in merito dell’amministrazione di appartenenza.

3. Le spese seguono, come di norma, la soccombenza.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), in accoglimento per quanto di ragione del ricorso in epigrafe, annulla gli atti impugnati.

Dichiara inammissibili le domande di accertamento e di condanna.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento, in favore di -OMISSIS-, delle spese di giudizio liquidate in misura di euro 2.000,00= (duemila), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere, Estensore
Luca De Gennaro, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2014
Carlo F11

Re: vittime del dovere

Messaggio da Carlo F11 »

anche nel giudizio amministrativo ci sono i 3 gradi di giudizio quindi aspettate sempre il 3° grado che è quello a dettare legge.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

per orientamento agli interessati e vi invito a leggere tutto il contesto poiché la sentenza abbraccia varie tematiche che erano state esposte.
----------------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201501243
- Public 2015-03-11 -


N. 01243/2015REG.PROV.COLL.
N. 03889/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3889 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. A. L., con domicilio eletto presso M. M. in Roma, Via Marianna Dionigi, 29;

contro
INPS, quale successore dell’INPDAP, rappresentato e difeso dall'avv. Dario Marinuzzi, con domicilio eletto presso Dario Marinuzzi in Roma, Via Cesare Beccaria, 29;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE III, n. 02774/2009, resa tra le parti, concernente liquidazione indennita' di buonuscita;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di INPS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22, comma 8, del d.lgs. 196/2003;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udito per la parte appellante l’avvocato omissis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, OMISSIS dell’Esercito ha riportato, a seguito della missione di pace in Bosnia Erzegovina, infermità che hanno determinato: l’accertamento della permanente non idoneità al servizio (ad opera della C.M.O. di OMISSIS, in data 22 novembre 2007), il riconoscimento dello status di vittima del dovere ai sensi del d.P.R. 243/2006 (mediante decreto del Prefetto di OMISSIS in data 13 dicembre 2007) ed il collocamento in quiescenza a decorrere dal 31 ottobre 2007 (mediante decreto del Ministero della difesa in data 20 dicembre 2007).

2. L’INPDAP, con delibera 2008, gli ha liquidato il T.F.S., calcolandolo sulla base del periodo di servizio di anni 17, mesi 5 e giorni 2.

Con delibera n. 8300 in data 18 aprile 2008, ha poi rigettato il ricorso amministrativo con cui lamentava l’omessa applicazione, ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita, dei benefici previsti dagli artt. 3 (aumento convenzionale dell’anzianità di servizio pari a dieci anni) e 2 (tre aumenti biennali di anzianità), della legge 336/1970.

3. Ha pertanto impugnato detti provvedimenti dinanzi al TAR Puglia, sostenendo che:

(a) - in quanto titolare di pensione di 1^ categoria per infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, deve essere considerato a tutti gli effetti come invalido di guerra, ex art. 14 del d.P.R. 915/1978, e quindi gli spettano i benefici previsti dagli artt. 2 e 3, comma 2, della legge 336/1970;

(b) - vi è contraddittorietà rispetto al progetto di riliquidazione dell’indennità predisposto dalla Scuola in data 4 febbraio 2008, che contempla la spettanza dei dieci anni di aumento convenzionale.

Con motivi aggiunti, avverso il rigetto del ricorso amministrativo, ha poi aggiunto che:

(c) - è stato espressamente riconosciuto vittima del dovere – grande invalido di guerra, non semplicemente invalido per servizio, e quindi (anche in forza dell’equiparazione, ex art. 2, comma 105, della legge 244/2007, delle vittime del dovere a quelle del terrorismo e della criminalità organizzata, le quali ex art. 3 legge 206/2004 godono dell’aumento decennale figurativo) gli spettano i benefici previsti dalla legge 336/1970.

4. Il TAR Puglia, con la sentenza appellata (Lecce, III, n. 2774/2009), ha respinto il ricorso, affermando che:

(a) - per il godimento dei benefici di cui all’art. 3, della legge 336/1970, deve ritenersi necessario (in applicazione dell’art. 1, comma 3, della legge 824/1971, e dell’art. 1, comma 5, del d.l. 261/1974, conv. in legge 355/1974), che il dipendente abbia raggiunto il limite di anzianità di servizio entro il termine del 19 ottobre 1974, oppure l’età pensionabile entro il termine del 31 dicembre 1979, mentre il beneficio non può essere applicato oltre i termini decadenziali prescritti dall’art. 1, comma 1, del d.l. 261/1974;

(b) - quanto al beneficio di cui all’art. 2, della legge 336/1970:
(b.1) - al ricorrente non può essere riconosciuta la qualifica di invalido di guerra in quanto le patologie non sono state contratte in periodo di guerra (bensì durante la “missione di pace” in Bosnia, così qualificata dalla legge di autorizzazione 428/1996, di conversione del d.l. 346/1996), e le disposizioni della legge 336/1970 hanno natura eccezionale e sono quindi insuscettibili di applicazione estensiva agli invalidi per causa di servizio;
(b.2) - né a tal fine può valere l’equiparazione tra invalidi di servizio e invalidi di guerra in base all’art. 1 della legge 539/1950 ed all’art. 5 della legge 474/1958, che non hanno introdotto un’equiparazione automatica tra le due categorie e spiegano effetti riguardo soltanto ai benefici già spettanti, con esclusione di quelli successivamente riconosciuti;

(c) - il richiamo all’art. 2 del d.P.R. 915/1978 (spettanza di pensione, assegno e indennità di guerra ai militari impiegati per conto dell’ONU nelle zone di intervento di cui alla legge 1746/1962), risulta non conferente, posto che l’art. 5 della legge 824/1971 sancisce che le disposizioni della legge 336/1970 non si applicano ai soggetti di cui alla legge 1746/1962;

(d) - nemmeno la qualifica di vittima del dovere costituisce titolo per i benefici richiesti, posto che da essa, in forza dell’invocato art. 2, comma 105, della legge 244/2007, deriva soltanto la corresponsione dei benefici economici di cui all’art. 5, commi 3 e 4, della legge 206/2004.

5. Nell’appello, si sostiene che:

(a) - il TAR ha confuso il diritto di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico in virtù della legge 336/1970 con il diritto alla contribuzione figurativa ex art. 3; tale ultimo beneficio (a differenza del primo) non ha cessato di avere applicazione;

(b) - l’ambito operativo in cui l’appellante si è trovato costretto a svolgere il proprio dovere deve essere considerato a tutti gli effetti come “servizio di guerra”, essendovi stati bombardamenti per 78 giorni, prima della pace siglata a Dayton; tant’è vero, che l’appellante è stato riconosciuto Grande Invalido di Guerra;

(c) - la sentenza omette ogni motivazione in ordine alla sostanziale equiparazione (ex art. 2, comma 105, della legge 244/2007) delle vittime del dovere alle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo (alle quali, l’art. 3 della legge 206/2004 attribuisce un incremento figurativo di dieci anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione nonché il trattamento di fine rapporto);

(d) - in subordine (qualora, cioè, non si accedesse all’interpretazione ampia sottesa al motivo di appello precedente), l’art. 2, comma 105, della legge 244/2007, risulterebbe illegittimo per violazione dell’art. 3 Cost., posto che alla sostanziale equiparazione tra le due categorie non corrisponderebbe il riconoscimento degli stessi benefici, con evidente disparità di trattamento.

6. Si è costituito in giudizio, con memoria formale, l’INPS (Gestione ex INPDAP), quale successore dell’INPDAP.

7. Il Collegio ritiene condivisibili le conclusioni cui è giunta la sentenza appellata, per le considerazioni appresso indicate.

(a) – quanto all’applicazione dell’art. 3 della legge 336/1970, la giurisprudenza ha affermato la limitata applicazione nel tempo, entro i termini decadenziali previsti dall’art. 1, comma 1, del d.l. 261/1974, così come convertito dalla legge 355/1974, non soltanto per il pensionamento anticipato, ma anche per la contribuzione figurativa ai fini previdenziali (cfr. Cons. Stato, IV, n. 739/1992; TAR Sicilia, I, n. 770/2002), ed il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale orientamento.

(b) quanto all’applicazione dell’art. 2 della legge 336/1970:
(b.1) - l’appellante non ha riproposto in appello il profilo di censura basato sull’equiparazione tra invalidi di servizio e invalidi di guerra (peraltro, l’equiparazione automatica tra le due categorie è negata dalla giurisprudenza: cfr. Cons. Stato, V, n. 921/1991 e n. 195/1997);
(b.2) - il beneficio dell’aumento dello stipendio ai fini previdenziali è previsto dall’art. 2 per i periodi di “servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento”;
(b.3) – deve ritenersi che il servizio durante il quale l’appellante ha riportato l’invalidità non possa rientrare in detta previsione, non trattandosi formalmente di un “servizio prestato in territorio dichiarato in stato di guerra”, o conseguente ad esso; infatti, non è controverso che il contesto fosse quello successivo agli Accordi di Dayton del 1995, e che il ricorrente abbia operato (nell’ambito della partecipazione italiana, infine autorizzata con d.l. 346/1996, conv. in legge 428/1996) con la Implemention Force - IFOR, forza multinazionale della NATO dispiegata in Bosnia ed Erzegovina, per un mandato di un anno dal dicembre 1995 al dicembre 1996, sotto il nome in codice di operazione Joint Endeavour, con il compito di assicurare l’applicazione da parte delle ex fazioni combattenti del General Framework Agreement for Peace (noto come Accordi di Dayton); la circostanza che detto contesto operativo fosse caratterizzato anche da bombardamenti e scontri armati a terra, non può condurre a superare la qualificazione formale della missione e del servizio prestato;
(b.4) – d’altro canto, il TAR ha correttamente evidenziato che le disposizioni della legge 336/1970, ai sensi dell’art. 5 della legge 824/1971, non si applicano ai soggetti di cui alla legge 1746/1962, mentre la circostanza che il servizio in questione ricadesse in zone di intervento di cui all’art. 11 della legge 1746/1962, può desumersi dalla nota prot. 13937 in data 14 maggio 2007 e dalla determinazione dello Stato Maggiore della difesa in data 11 gennaio 2007 (che comprende nella tabella allegata, per il periodo 18 dicembre 1995- 19 dicembre 1996, il personale impiegato nell’operazione Joint Endeavour, riportata ed evidenziata nello stato matricolare del ricorrente - cfr. documentazione depositata in primo grado);
(b.5) - riguardo alla qualifica di invalido di guerra, l’appellante sostiene che è stato riconosciuto Grande Invalido di Guerra, citando a tal fine il provvedimento del Comando in data 10 dicembre 2007, ma, a ben vedere, si tratta (come l’altro atto analogo, in data 4 febbraio 2008) di un progetto di liquidazione dell’indennità di buonuscita, che indica in nota che l’interessato è stato riformato per infermità dipendenti da causa di servizio, 1^ categoria di pensione, e che conseguentemente, ex art. 14 della legge 915/1978, gli è stata attribuita la qualifica di grande invalido di guerra; non si tratta dunque di un provvedimento attributivo di status, mentre quella di invalido di guerra è qualificazione formale, che presuppone un riconoscimento espresso, nel caso in esame non dimostrato.

(c) – quanto alla pretesa sostanziale equiparazione delle vittime del dovere alle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo, va sottolineato che l’art. 2, comma 105, della legge 244/2007, si limita ad attribuire ad entrambe le categorie ed ai loro familiari superstiti i benefìci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 206/2004, vale a dire un assegno vitalizio e l’aumento della pensione di reversibilità; quindi, non sussiste una generale sostanziale equiparazione invocabile ai fini dell’attribuzione dei diversi benefici previsti dalla legge 336/1970.

(d) – né, infine, può sostenersi che la mancanza di detta piena equiparazione comporti una irragionevole disparità di trattamento e contrasti con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., in quanto è evidente che le categorie non sono ontologicamente sovrapponibili e che rientra nella discrezionalità del legislatore graduare i benefici, non risultando quindi irragionevoli le differenze dei benefici attribuiti dalle diverse normative.

8. In conclusione, correttamente il TAR ha ritenuto che quelle della legge 336/1970 sono norme eccezionali, non suscettibili di essere applicate estensivamente o analogicamente, al di fuori dei presupposti e limiti da esse espressamente previsti per la concessione dei benefici (cfr., in senso analogo, anche Cass. lav., n. 1830/1986; Corte Conti, sez. giur. Piemonte, n. 513/1999).

L’appello deve pertanto essere respinto.

9. Considerate la relativa novità di alcuni aspetti delle questioni affrontate e la consistenza delle difese dell’Amministrazione, può essere disposta l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/03/2015
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

Il TAR con questa sentenza ha dato un chiarimento inerente la "tardività della produzione documentale", infatti scrive quanto sotto:

1) - Preliminarmente, occorre muovere dalla dedotta tardività della produzione documentale del Ministero intimato, ritenendo parte ricorrente che il termine di 40 giorni liberi ex art.73, comma 1, cod. proc. amm., sarebbe scaduto il sabato 24 gennaio 2015 e non il lunedì successivo.

1.1.) Il rilievo è fondato, atteso che, come evidenziato anche da recente giurisprudenza (Cass. Civ., sez. III, 30 giugno 2014, n.14767), ai fini di un corretto conteggio dei termini a ritroso, il dies ad quem va individuato nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l’effetto contrario di un’abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo.

1.2) - Orbene, con riferimento all’udienza pubblica del 6 marzo 2015 (dies a quo), il termine di 40 giorni liberi cadeva il giorno di sabato 24 gennaio e non il lunedì, pertanto la produzione documentale in esame risulta tardiva e quindi inutilizzabile.
-----------------------------------------------------------------------------------------------
Per altri fattori sempre il TAR scrive:

1) - Nel merito il ricorso è fondato.

2) - Tanto premesso, ad avviso del Collegio, nel caso, le dedotte censure di difetto di istruttoria e di motivazione degli atti impugnati, in relazione alla fattispecie di “equiparato alle vittime del dovere”, colgono nel segno.

3) - Quali siano stati questi “elementi” esaminati, e come lo siano stati in relazione alle concrete condizioni ambientali ed operative, non è dato capire.

4) - Resta, inoltre, oscuro il ragionamento seguito dall’Amministrazione per escludere il nesso eziologico tra l’aver svolto l’attività di -OMISSIS- alla “-OMISSIS-” nei -OMISSIS- e l’evento che ha colpito il dipendente; così come priva di adeguata motivazione è l’asserzione che il ricorrente avrebbe svolto attività di pilota osservatore in zone non contaminate da fattori tossici o radioattivi, a fronte della circostanza che risulta essere stata svolta tale attività nelle dette zone.

Per comprendere la parte che interessa, leggete direttamente a partire dal punto 4.2. in poi, della presente sentenza postata.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CATANZARO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201500608 - Public 2015-04-08 -


N. 00608/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01068/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1068 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. G. B., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M. G. in Catanzaro, Via Cortese N 12;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Catanzaro, domiciliata in Catanzaro, Via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento
a) del decreto negativo n.57 del 04.06.2012, emesso dal Ministero della Difesa – Direzione Generale della previdenza militare, della leva e del collocamento al lavoro dei volontari congedati;

b) di ogni atto presupposto, connesso e dipendente, ivi compresi i pareri del Comitato di Verifica per le causa di servizio-OMISSIS-

e per la declaratoria
del diritto del ricorrente di avere accesso ai benefici previsti per le vittime del dovere ed i soggetti alle stesse equiparati, con conseguente condanna del resistente Ministero al pagamento delle relative spettanze.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2015 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il -OMISSIS--OMISSIS- ha impugnato gli atti in epigrafe con cui è stata respinta l’istanza volta all’ottenimento dei benefici previsti dal D.P.R. n. 243 del 2006 e ss.mm.ii. per l’infermità “OMISSIS”, ritenuta non dipendente da causa di servizio.

Avverso tale diniego ha dedotto i seguenti motivi:

a) “Violazione dell’art.10 bis della L. n. 241/1990 e ss.mm.ii.”: a seguito di nota del -OMISSIS-, con cui si comunicava il parere negativo del Comitato -OMISSIS- e si invitava a presentare osservazioni, il ricorrente ha inoltrato propria memoria, di cui, però, né il Ministero né il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio hanno tenuto conto, omettendo in particolare di considerare il parere del C.M.O.- OMISSIS- e la circostanza che il -OMISSIS- ha partecipato a numerose esercitazioni e missioni operative sia in Italia che all’estero, tra cui quella nei -OMISSIS-, territorio contaminato da fattori tossici e radioattivi;

b) “Violazione dell’art.1, c. 563 e 564 della L. n. 266/2005. Violazione degli artt. 1, 3, 5 e 6 del D.P.R. n.243/2006. Violazione dell’art.7 del D.P.R. n.461/2001”: il ricorrente sarebbe annoverabile tra le vittime del dovere di cui all’art.1, c.563, della L.n.266/2005, per il riconoscimento del cui status non sarebbe necessario il parere del Comitato di Verifica delle Cause di servizio, essendo sufficiente unicamente il parere della Commissione Medica Ospedaliera; comunque, anche ove dovesse considerarsi soggetto “equiparato” alle vittime del dovere, ex art.1 c.564 L. n. 266/2005, sarebbero state violate le norme procedimentali che disciplinano l’ottenimento dei benefici di cui al D.P.R. n.243 del 2006; senza recesso dai superiori rilievi, comunque il Comitato avrebbe omesso di valutare la sussistenza delle particolari condizioni ambientali od operative di missione in cui ha operato il ricorrente e, limitandosi a rendere il parere di cui all’art.6, c.4 del d.p.r. n.243/2006, avrebbe omesso quello, pure dovuto, di cui all’art.11 del d.p.r. n.461/2001;

c) “Eccesso di potere. Erronea e/o travisata valutazione dei fatti. Erroneità nei presupposti. Difetto di istruttoria. Contraddittorietà estrinseca ed intrinseca. Difetto di motivazione. Ingiustizia manifesta”: il parere si porrebbe in contrasto con il precedente Decreto n.1969/2008 del Ministero della Difesa con cui, ritenendo plausibile l’avvenuta contaminazione da radioattività del ricorrente in zone d’impiego all’estero, è stato stanziato, in favore dello stesso, uno specifico contributo economico; sarebbe affetto da carenza di istruttoria, essendosi limitato il Comitato di Verifica, nella prima parte, a riportare una generica indicazione di una presunta eziopatogenesi della patologia in questione e, nella seconda parte, a dimostrare di non avere alcuna conoscenza dell’attività prestata da -OMISSIS- -OMISSIS- in seno all’esercito; la carenza di istruttoria sarebbe dimostrata anche dalla circostanza di non avere preso in considerazione il parere della C.M.O. -OMISSIS-, nonostante la sollecitazione del ricorrente; la giurisprudenza, inoltre, avrebbe più volte riscontrato la sussistenza di un legame deterministico tra l’insorgenza di patologie tumorali e l’esposizione ai fattori tossici e radioattivi presenti in Albania e Kosovo; il decreto di rigetto sarebbe illegittimo in quanto avrebbe acriticamente e senza alcuna motivazione richiamato il parere del Comitato di Verifica; gli atti impugnati sarebbero carenti di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa per resistere al gravame.

In data 26 gennaio 2015, l’amministrazione resistente ha prodotto documentazione.

In data 2 febbraio 2015, parte ricorrente ha sostenuto l’irricevibilità della documentazione da ultimo prodotta dall’amministrazione.

Alla pubblica udienza del 6 marzo 2015, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorrente si duole dell’illegittimità dei pareri negativi espressi dal Comitato di Verifica e del conseguente provvedimento dell’amministrazione che ha respinto l’istanza volta all’ottenimento dei benefici previsti dal d.p.r. n.243/2006 sotto molteplici profili.

2. Preliminarmente, occorre muovere dalla dedotta tardività della produzione documentale del Ministero intimato, ritenendo parte ricorrente che il termine di 40 giorni liberi ex art.73, comma 1, cod. proc. amm., sarebbe scaduto il sabato 24 gennaio 2015 e non il lunedì successivo.

2.1. Il rilievo è fondato, atteso che, come evidenziato anche da recente giurisprudenza (Cass. Civ., sez. III, 30 giugno 2014, n.14767), ai fini di un corretto conteggio dei termini a ritroso, il dies ad quem va individuato nel giorno non festivo cronologicamente precedente rispetto a quello di scadenza, in quanto, altrimenti, si produrrebbe l’effetto contrario di un’abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio per le esigenze garantite dalla previsione del termine medesimo.

Orbene, con riferimento all’udienza pubblica del 6 marzo 2015 (dies a quo), il termine di 40 giorni liberi cadeva il giorno di sabato 24 gennaio e non il lunedì, pertanto la produzione documentale in esame risulta tardiva e quindi inutilizzabile.

3. Nel merito il ricorso è fondato.

3.1. Il Collegio ritiene di procedere, per ragioni logico-giuridiche, all’esame della doglianza con cui il ricorrente, ritenendosi annoverabile nella categoria di vittima del dovere di cui all’art.1, c.563, della l. n. 266/2005, ritiene la sufficienza del parere della Commissione Medica Ospedaliera, non essendo, per tale fattispecie, necessario il parere del Comitato per la Verifica.

3.2. La doglianza è infondata.

Secondo quanto disposto dall’art. 1 della l. 23 dicembre 2005 n. 266, al comma 563: “per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”; per il comma 564: “Sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.

Il successivo D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, recante il “Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell’articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266”, specifica che “si intendono: … c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto” (art. 1).

3.2.1. Ebbene, il ricorrente ritiene che le attività per le quali ha contratto la patologia lamentata rientrerebbero, “oltre che nelle “missioni di qualunque natura” di cui al comma 564 del medesimo articolo di legge, nelle situazioni previste dal comma precedente”, ma non dice in quale delle dette ipotesi la sua situazione sarebbe da ascrivere.

Giova ricordare che la giurisprudenza più recente ha specificato (Sez. I parere n. 02324/2011 del 09.06.2011; Consiglio di Stato, sez. III, 11 aprile 2014, n.1794), in merito alla definizione ora contenuta nell’art. 1 comma 563 della l. 266 del 2005, che “Il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio e deve quindi essere tenuto distinto dal decesso in o per causa di servizio; quindi, per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge per le vittime del dovere, non basta che l’evento letale sia connesso all’espletamento di funzioni d’istituto, ma occorre pure che sia dipendente “da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all’espletamento di attività di soccorso” (art. 3 comma 2 l. 27 ottobre 1973 n. 629, aggiunto dall'art. 1 l. 13 agosto 1980 n. 466), occorrendo in sostanza che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto” (Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2001 , n. 1404).

Lo stesso è a dirsi allorquando si prospetti un’invalidità permanente.

Insomma, l’ordinamento riconosce la speciale elargizione di cui si discute come espressione del dovere di solidarietà sociale che incombe in presenza di fatti dai quali alcuni cittadini (militari o civili) sono colpiti nell’adempimento di doveri specifici o particolari che travalicano quelli propri d’istituto e che sono svolti a difesa degli interessi dell’intera comunità per un gesto che rasenta l’eroicità, al fine di evitare un male oramai imminente (Consiglio di Stato, sez. I, 31 gennaio 2013, n.7595; T.A.R. Lazio Roma sez. I ter, 2 agosto 2013, n.7807; sez. I bis 6 novembre 2014, n.1147).

Dette condizioni, però, non risultano essere state dedotte né nell’istanza del 16.11.2007 con cui il ricorrente chiedeva genericamente i benefici previsti dal d.p.r. n.243/2006 per l’infermità denunciata, né peraltro in sede di ricorso, tali non potendosi considerare i fatti esposti.

4. Nel procedere all’esame delle censure, in relazione alla fattispecie di “equiparato alle vittime del dovere”, occorre innanzitutto premettere che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudizio del Comitato di verifica per le cause di servizio è espressione di discrezionalità tecnica e, come tale, non è sindacabile nel merito e può essere censurato solo in caso di carenza assoluta di motivazione, manifesta irragionevolezza sulla valutazione dei fatti o mancata considerazione della sussistenza di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva (ex plurimis Consiglio di Stato, Sezione III, 27 gennaio 2012, n.404; IV, 18 febbraio 2003, n.877).

4.1. Tanto premesso, ad avviso del Collegio, nel caso, le dedotte censure di difetto di istruttoria e di motivazione degli atti impugnati, in relazione alla fattispecie di “equiparato alle vittime del dovere”, colgono nel segno.

4.2. Occorre, intanto, ricordare che l’art. 6 del D.P.R. n. 243/2006 statuisce che “L'accertamento della dipendenza da causa di servizio, per particolari condizioni ambientali od operative di missione, delle infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegue il decesso, nei casi previsti dall’art. 1, c. 564 della legge 23/12/2005, n. 266, è effettuato secondo le procedure di cui al D.P.R. 29/10/2001, n. 461 …”; l’articolo in questione è chiaro ed inequivoco nel suo tenore testuale, oltre che logico-funzionale, nel senso di richiamare, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, le modalità e le procedure previste per il riconoscimento (ordinario) della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ma non anche, invece, gli atti ed i provvedimenti a quel fine licenziati dall’amministrazione.

In altri termini, ai sensi della normativa di settore (art. 6, D.P.R. n. 243/2006), l’Amministrazione (rectius, il Comitato per le verifiche delle cause di servizio), instata per la concessione dei benefici in questione, è tenuta ad esprimersi in ordine al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio in relazione ad uno specifico nesso eziologico autonomo e diverso, ontologicamente e funzionalmente, rispetto a quello contemplato dalla procedura di cui al D.P.R. 29.10.2001, n. 461, da valutarsi in relazione all’accertata sussistenza, in concreto, di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il militare ad un maggior rischio rispetto alle condizioni ordinarie di servizio (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 16 agosto 2012, n.7363).

A tal fine, l’Amministrazione è vincolata ad uno stringente onere motivazionale ed istruttorio dovendo avviare, su istanza di parte, un apposito ed autonomo procedimento amministrativo nell’ambito del quale le è fatto onere di acquisire e riconsiderare tutti gli elementi di fatto connessi al servizio prestato dal dipendente, esplicitando una motivazione adeguata e congruente rispetto ai presupposti contemplati dal paradigma normativo di riferimento, in grado di far comprendere, a fronte dell’ampia discrezionalità valutativa di cui essa dispone, l’iter logico decisionale seguito.

4.3. Senonchè, nel caso, il Comitato per le verifiche delle cause di servizio, nell’impugnato parere, menziona il parere della C.M.O. -OMISSIS-, che sarebbe stato reso in altro procedimento antecedente rispetto al ricevimento della domanda del ricorrente da parte del Ministero della Difesa (avvenuto il -OMISSIS-), e non l’altro parere della C.M.O. di cui riferisce il ricorrente (-OMISSIS-) - emesso a seguito della richiesta ai fini dei benefici in questione ed a seguito di apposita visita medica presso la C.M.O. di-OMISSIS- –, nonostante le segnalazioni dello stesso in sede di osservazioni ex art.10 bis L. n. 241/1990.
Sul punto nulla controdeduce la difesa dell’Amministrazione resistente.

Ciò evidentemente inficia la legittimità del procedimento di concessione dei benefici di cui alla l. n.243/2006 e del provvedimento finale, dal momento che non risulta essere stato preso in considerazione un documento previsto dalla legge ai fini della validità del procedimento stesso, evidenziato in sede di osservazioni dal ricorrente, senza che a tale specifica circostanza sia stato dato riscontro.

5. Inoltre, l’intimata Amministrazione non risulta si sia rappresentata né abbia adeguatamente valutato tutti gli elementi di fatto della fattispecie, inclusi quelli rappresentati dal ricorrente in seno al procedimento de quo, ai fini del giudizio sulla sussistenza delle circostanze straordinarie e dei fatti di servizio che avrebbero esposto il dipendente a maggiori rischi in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto, tali da porsi come causa ovvero concausa efficiente e determinante dell’evento.

Ed invero, mal si comprende, sotto questo profilo, l’iter logico decisionale seguito dal Comitato per le verifiche, poi riversato nel decreto impugnato, essendosi limitato l’organo valutativo a rilevare che “…nel caso specifico l’attività svolta dal militare come -OMISSIS- non sembra aver potuto assumere ruolo predominante nella genesi della malattia tumorale. Inoltre l’attività quale -OMISSIS- è stata svolta come risulta dai rapporti normativi allegati agli atti in basi militari o in zone in cui non è stata comunicata/accertata la presenza di materiali tossici o radioattivi”.

Non v’è dubbio che la motivazione risulta, in parte qua, del tutto inadeguata ed insufficiente, oltre che tautologica, laddove l’Amministrazione conclude per il parere negativo “dopo aver esaminato e valutato, senza tralasciarne alcuno, gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente risultanti dagli atti”.

Quali siano stati questi “elementi” esaminati, e come lo siano stati in relazione alle concrete condizioni ambientali ed operative, non è dato capire.

Resta, inoltre, oscuro il ragionamento seguito dall’Amministrazione per escludere il nesso eziologico tra l’aver svolto l’attività di -OMISSIS- alla “-OMISSIS-” nei -OMISSIS- e l’evento che ha colpito il dipendente; così come priva di adeguata motivazione è l’asserzione che il ricorrente avrebbe svolto attività di pilota osservatore in zone non contaminate da fattori tossici o radioattivi, a fronte della circostanza che risulta essere stata svolta tale attività nelle dette zone.

Quantomeno, a fronte di circostanze quali la notorietà che i -OMISSIS- rappresentano un territorio contaminato da sostanze tossiche e radioattive e quali il Decreto -OMISSIS- con cui lo stesso Ministero della Difesa riconosceva al ricorrente l’intervento assistenziale, ai sensi della circolare DGPM/308 del 19.1.2001 recante “Presunta contaminazione da radioattività del personale militare in zone d’impiego all’estero.

Interventi assistenziali a favore del personale dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”, il Comitato avrebbe dovuto adeguatamente motivare le ragioni per cui, nel caso, non riteneva sussistere il detto nesso eziologico.

Al riguardo, secondo un nuovo filone giurisprudenziale, nelle fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante missioni all’estero in cui non è possibile stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, e per il riconoscimento del concorso di altri fattori collegati ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei Teatri Operativi ove i soggetti operano, non deve essere richiesta la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione, in termini probabilistico-statistici (cfr: T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 2 ottobre 2014, n.1568; T.A.R. Piemonte, Torino sez. I, 6 marzo 2015, n.429).

Inoltre, come sottolineato dalla giurisprudenza citata, occorre verificare se l’attività sia stata svolta senza il previo apprestamento delle misure di protezione, come, nel caso, sostenuto dalla difesa di parte ricorrente.

6. L’accoglimento delle superiori censure comporta l’assorbimento delle altre sollevate in giudizio.

7. Il Collegio non ritiene, invece, di accogliere la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, tenuto conto, altresì, dei limiti che, per costante giurisprudenza, connotano l’utilizzo di questo mezzo istruttorio nel processo amministrativo, specialmente in relazione a valutazioni - quali quelle in questione – che, comunque, l’ordinamento riserva a determinati organi tecnici (C.G.A. in sede giurisd., 4 novembre 2008, n. 873; Consiglio di Stato, IV, 7 luglio 2008, n. 3380; T.a.r. Lazio, Roma, n. 1494/2012 cit.; T.a.r. Friuli Venezia Giulia, 15 dicembre 2005, n. 1028).

8. In conclusione, per quanto sopra argomentato, dalla fondatezza delle assorbenti e trancianti censure sopra scrutinate deriva l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento degli atti impugnati, facendo obbligo all’amministrazione resistente di riesaminare la fattispecie tenendo conto delle motivazioni svolte.

9. Le spese del giudizio possono eccezionalmente compensarsi tra le parti tenuto conto degli specifici profili della presente controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati, facendo obbligo all’amministrazione di riesaminare la fattispecie.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere
Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2015
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

respinta l'istanza per ottenere la concessione dei benefici previsti dal D.P.R. 243/2006.

Per coloro che hanno bisogno di dati certi, posto ulteriormente questa sentenza POSITIVA.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------

1) - Ha inoltre svolto diverse missioni all’estero.

2) - In vista di ciascuna di tali missioni gli sono stati somministrati consistenti dosi di vaccini, che ne hanno indebolito le difese immunitarie.

IL TAR precisa:

3) - Nel caso in esame ritiene il Collegio - in applicazione di principi già enunciati da questa Sezione con la pronuncia del 6 marzo 2015, n. 429 - che la peculiarità del caso meriti particolare considerazione, venendo in rilievo non già affezioni tipiche da attività usuranti o svolte all’aperto, ma una grave e rara patologia, insorta in un giovane di 37 anni senza familiarità neoplastica.

4) - Sulla problematica del nesso eziologico fra le vaccinazioni, le conseguenze da esposizione ad “uranio impoverito” e l’insorgenza dei tumori, nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte dalle Forze Armate Nazionali, è in via di formazione un orientamento giurisprudenziale, al quale questa Sezione ha aderito con la richiamata sentenza n. 429/2015, ben rappresentato dalla pronuncia resa dal T.A.R. Catanzaro, sez. II, 02 ottobre 2014 n. 1568, che ha approfonditamente esaminato la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali e l’attività militare svolta in determinati ambienti, contaminati da uranio impoverito.

5) - Il parere qui impugnato, che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non ha fatto alcun cenno ai dati e alle indagini sopra citate.

6) - Dati e risultati che hanno portato il legislatore a riconoscere l’esistenza del rischio specifico, correlato all’impiego di militari nei principali Teatri Operativi, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano, e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell’esposizione all’uranio impoverito ed alla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 – e già con l’abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell’art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).

7) - Oltre alla sentenza sopra citata, si devono richiamare le ulteriori decisioni relative a fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante le missioni di pace all’estero, in cui la domanda di riconoscimento di invalidità per causa di servizio è stata accolta (T.A.R. Friuli, 19 giugno 2014 n. 308; Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4440; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 agosto 2012, n. 7363; T.A.R. Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).

8) - Ai medesimi fini occorre verificare se la Direttiva del Comando Generale, che prescrive che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria, sia stata effettivamente rispettata, poiché l’omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione è stato posto a fondamento di numerose sentenze di accoglimento di azioni risarcitorie fondate sulla violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 cod. civ. (conf.: Trib. Civ. Roma, Sez. XII, nr 19437/2010 e n. 10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (conf.: Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012).

9) - E’ indubbio che il ricorrente abbia vissuto in ambiti contaminati e abbia svolto la missione senza le necessarie protezioni, così come è fatto notorio che in quegli ambiti è presente l’uranio impoverito: vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell’esposizione alle polveri sottili e ultra sottili.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di TORINO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500659 - Public 2015-04-17 -


N. 00659/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01434/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1434 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti M. M. e A. C., con domicilio eletto presso quest’ultima in Torino, corso San Martino, 4;

contro
Ministero della Difesa e Ministero dell'Economia e Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliati in Torino, corso Stati Uniti, 45;

per l'annullamento
- del decreto n. 146 Posizione N. 74197/20^ del Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, I Reparto - 4^ Divisione Servizio Speciali Benefici, a firma del Direttore della Divisione, in data 20 agosto 2014, successivamente notificato, con cui è stata respinta l'istanza per ottenere la concessione dei benefici previsti dal D.P.R. 243/2006;
- degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi al relativo procedimento, in particolare:
- il rapporto informativo resi ai sensi del D.P.R. 243/2006;
- il parere del comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia delle Finanze posizione n. 23702/2013 reso nell'adunanza n. 342/2013 in data 12 settembre 2013;
- la comunicazione M-D PREV/74197/20^/SBAFg. prot. n. 079538 in data 15 novembre 2013;
- la richiesta di ulteriore supporto istruttorio formulata dal Comitato di verifica per le cause di servizio in data 3 marzo 2014;
- il parere di riesame del Comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Posizione n. 23830/2013, reso nell'adunanza n. 195/2014 in data 24 giugno 2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e Ministero dell'Economia e Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con atto notificato in data 15 novembre 2014 e depositato in data 11 dicembre 2014, il ricorrente, militare di carriera dal 1997 dell’esercito italiano, ha impugnato i pareri del Comitato di verifica e il successivo Decreto del Ministero della Difesa, che hanno escluso la dipendenza da causa di servizio - ai fini della concessione dei benefici di cui al DPR 243/2006 - dell’infermità diagnosticatagli nel corso del 2011 (-OMISSIS-) al rientro da una missione militare all’estero.

2. Nel corso della sua carriera il ricorrente è stato assegnato dapprima alla sede di Taranto, quindi a Frosinone, Cassino, Verona, e da ultimo a -OMISSIS- e -OMISSIS-, alloggiando a suo dire presso caserme costruite con materiali contenenti amianto.

Ha inoltre svolto diverse missioni all’estero.

In particolare, dal 18 dicembre 2001 al 16 aprile 2002 è stato in missione in Kosovo – Peje, svolgendo attività di -OMISSIS-. Nel periodo in questione ha prestato spesso servizio fuori dalla base militare, rimanendo esposto ad intemperie ed entrando in contatto con un ambiente devastato dai bombardamenti e contaminato da esalazioni, rifiuti tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causati dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche.

Dal 29 luglio 2008 al febbraio 2009 ha svolto una missione in Libano, prestando servizio di -OMISSIS- e all’occorrenza -OMISSIS-. Anche in tale missione sovente il ricorrente ha prestato servizio fuori dalla base militare. Infine, dal 5 aprile 2011 al 4 ottobre 2011 ha svolto la sua ultima missione in Afghanistan, come addetto mensa.

In vista di ciascuna di tali missioni gli sono stati somministrati consistenti dosi di vaccini, che ne hanno indebolito le difese immunitarie. Ulteriore fattore di rischio per la salute è derivato dal fatto che i cibi somministrati nei campi militari risultavano congelati e di dubbia provenienza, e comunque probabilmente scaduti, contaminati o deteriorati. Anche in Afghanistan il ricorrente è entrato in contatto con un ambiente potenzialmente inquinato da nano particelle di metalli pesanti (specialmente uranio impoverito altamente cancerogeno). In quel contesto ha accusato i primi malesseri, sotto forma di fitte al fianco destro e all’addome.

Al rientro, si è sottoposto ad accertamenti medici e gli è stata diagnosticata la patologia “OMISSIS”, per cui, è stato sottoposto ad un primo intervento di resezione (in data 30 gennaio 2012) e successivamente a termo ablazione delle lesioni epatiche con radiofrequenza (in data 29 febbraio 2012).

Nel corso della malattia si sono alternate fasi di stabilizzazione e di aggravamento, che hanno costretto il degente a subire plurimi interventi chirurgici e ripetuti cicli di cure e di chemioterapia. A causa delle conseguenze della malattia, il ricorrente (soggetto giovane senza familiarità neoplastiche) a tutt’oggi risulta sottoposto a continue cure ospedaliere ed è impossibilitato a camminare.

3. Esaminando la domanda di riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio inoltrata in data il 18 maggio 2012, la CMO di Torino, con verbale del 4 marzo 2013, ha giudicato il ricorrente affetto dalla infermità “-OMISSIS-”.

Con parere n. 23702/2013 del 12 settembre 2013, il Comitato di verifica per le causa di servizio ha ritenuto l’infermità non dipendente da causa di servizio, motivando che “dall’esame degli atti non si evidenziano condizioni ambientali ed operative di missione comunque implicanti l’esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e che si pongano quale causa ovvero concausa efficiente e determinante dell’infermità in questione”. Detta valutazione è stata confermata dal successivo parere reso in data 24 giugno 2014, emesso a seguito delle osservazioni presentate dal ricorrente in data 28 novembre 2013, recepito nel decreto n. 146 del 20 agosto 2014 di reiezione dell’istanza di concessione dei benefici di cui al DPR 243/2006.

4. Il secondo parere del Comitato di Verifica (datato 24 giugno 2014) recita testualmente: “nelle osservazioni presentate dall’interessato non si rilevano elementi di valutazione tali da modificare il precedente giudizio espresso”.

5. Va ulteriormente segnalato che con le osservazioni del 28 novembre 2013 il ricorrente ha fornito una dettagliata ricostruzione dell'attività prestata nel corso degli anni di servizio, segnatamente durante le missioni estere a cui ha preso parte, evidenziando le particolari condizioni ambientali ed operative nelle quali si è trovato ad operare. Lo stesso ricorrente ha prodotto (unitamente alla precitata memoria di osservazioni) completa documentazione medica (in particolare la relazione medica a firma del Prof. OMISSIS) al fine di ulteriormente comprovare che l'accertata infermità di cui soffre è riconducibile alle particolari condizioni ambientali od operative di missione.

6. Avverso gli atti indicati in epigrafe e qui impugnati, sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:
Violazione e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 243/2006, dell'art. 1. commi 563, 564, 565 della Legge n. 266/2005 (c.d. Finanziaria 2006); violazione e/o erronea applicazione della Legge n. 466/1980; violazione e/o erronea applicazione della Legge n. 206/2004. Violazione e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 461/2001. Violazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost. Eccesso di potere per erronea e/o mancata valutazione dei presupposti in fatto ed in diritto; manifesta illogicità, irragionevolezza grave e manifesta, travisamento, contraddittorietà. Difetto e/o insufficienza di istruttoria da valersi, altresì, quale violazione di legge ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera a) e b) della Legge n. 241/1990. Difetto e/o insufficienza di motivazione (da valersi, altresì, quale violazione di legge ai sensi dell'art. 3 della Legge n. 241/1990). Violazione dell'art. 10 bis della Legge n. 24111990. Disparità di trattamento: ingiustizia manifesta.

In sintesi, i punti di doglianza si concentrano sui seguenti profili:

a) l’Amministrazione ha omesso di valutare i fattori specifici di rischio, evidenziati invece nelle relazioni mediche, ed in particolare la circostanza che il ricorrente, dopo massicce somministrazioni di vaccini, si sia trovato ad operare in siti devastati dai bombardamenti, senza essere munito di adeguata protezione, quindi in ambienti altamente inquinati vuoi da esalazioni e residui tossici (uranio impoverito) derivanti dalla combustione e dalla ossidazione dei metalli pesanti nell'ambito delle operazioni belliche; vuoi dall’amianto presente negli ambienti e negli indumenti in dotazione ai militari, così esponendosi in ogni momento all'inquinamento atmosferico causato dalle suddette contaminazioni tossiche;

b) sussistono i requisiti per riconoscere l’indennizzabilità, atteso che le circostanze straordinarie nelle quali è stato espletato il servizio risultano idonee ad integrare causa o concausa efficiente della infermità;

c) il riconoscimento della indennità non richiede la certezza di dimostrazione del nesso causale, mentre spetta all’Amministrazione fornire la prova che gli specifici elementi del servizio svolto dal ricorrente non abbiano determinato l’insorgere della patologia, attraverso un’adeguata confutazione dei dati scientifici di segno contrario offerti dalla parte nel corso del procedimento;

d) nel caso di specie non risulta che fra i componenti del Comitato di Verifica vi fossero soggetti esperti della materia, ovvero medici specializzati in oncologia, il che accresce la segnalata carenza di adeguata istruttoria;

e) il Comitato di Verifica non ha svolto alcun approfondimento istruttorio neppure dopo la produzione da parte del ricorrente, nel corso del procedimento, di osservazioni tecniche e di documentazione medica;

f) da ciò consegue anche un profilo di illegittimità per difetto di motivazione, stante la genericità delle locuzioni adottate a giustificazione del provvedimento di rigetto dell’istanza.

7. Si è ritualmente costituita in giudizio l’amministrazione intimata, deducendo argomenti in replica a quelli avversari e chiedendo la reiezione delle domande avanzate.

8. All’esito della pubblica udienza del 2 aprile 2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorrente ha impugnato i due pareri del Comitato di Verifica per le causa di servizio, che hanno negato la dipendenza della patologia da lui sofferta dal servizio prestato. Il secondo parere costituisce mera conferma del primo.

Unitamente a tali atti presupposti è stato impugnato il consequenziale decreto di reiezione dell’istanza di concessione dei benefici di cui al DPR 243/2006.

2. In ordine alla disamina dei motivi proposti avverso il parere reso nell’Adunanza n. 342/2013 in data 12 settembre 2013, giova premettere che, per giurisprudenza costante, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all’equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di Verifica per le cause di servizio, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi la inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (in termini, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454).

Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal Comitato di Verifica, unico organo competente, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio) ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.

3. Nel caso in esame ritiene il Collegio - in applicazione di principi già enunciati da questa Sezione con la pronuncia del 6 marzo 2015, n. 429 - che la peculiarità del caso meriti particolare considerazione, venendo in rilievo non già affezioni tipiche da attività usuranti o svolte all’aperto, ma una grave e rara patologia, insorta in un giovane di 37 anni senza familiarità neoplastica.

4. Sulla problematica del nesso eziologico fra le vaccinazioni, le conseguenze da esposizione ad “uranio impoverito” e l’insorgenza dei tumori, nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte dalle Forze Armate Nazionali, è in via di formazione un orientamento giurisprudenziale, al quale questa Sezione ha aderito con la richiamata sentenza n. 429/2015, ben rappresentato dalla pronuncia resa dal T.A.R. Catanzaro, sez. II, 02 ottobre 2014 n. 1568, che ha approfonditamente esaminato la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali e l’attività militare svolta in determinati ambienti, contaminati da uranio impoverito.

Si afferma della menzionata pronuncia che “sono state svolte diverse indagini e studi da parte di organismi internazionali – sulla base dei quali sono state adottate specifiche misure di protezione dal Governo degli Stati Uniti, l’ONU e la NATO, conosciute dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipmente Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995), che hanno indotto l’ONU a vietare l’utilizzo di armi contenenti uranio impoverito (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (in particolare, Direttiva del Ministero della Difesa del 26.11.99).

In Italia, sono stati condotti studi epidemiologici che hanno riscontrato, tra i militari impiegati nelle missioni all’estero con esposizione a polveri di uranio impoverito, l’insorgenza del linfoma (Rapporto del 2001 della cd. Commissione Mandelli), con un tasso di correlazione statisticamente significativo, particolarmente per quanto concerne i casi di “Linfoma di Hodgkin”, che hanno evidenziato numeri triplicati, rispetto a quelli attesi.

A seguito dell’entrata in vigore della Legge 28.2.2001 n. 27 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania”), è stata avviata, con Decreto del 2.10. 2002 del Ministero della Salute e con la Direttiva del Ministero della Difesa – Direzione Generale della sanità Militare del 23 luglio 2004, una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori interessati, i cui risultati sono riportati nella relazione della “Commissione Parlamentare d’inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e della dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico”, istituita con deliberazione del Senato dell’11 ottobre 2006.

Nelle relazioni delle Commissioni Parlamentari di inchiesta, approvate nelle sedute del 12.2.2008 e del 9.1.2013, vengono richiamati i risultati dei diversi studi che hanno evidenziato gli effetti nocivi derivanti dall’esposizione all’uranio impoverito, i dati dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa nonché i dati dell’Istituto Superiore della Sanità, che hanno confermato le conseguenze patogene dell’esposizione a tale sostanza, l’abbassamento delle difese immunitarie indotto dai vaccini cui vengono sottoposti i militari destinati all’estero (in particolare, l’ingente numero di militari malati, ammontanti 70.000 casi, anche tra quelli mai inviati all’estero), per cui è stata ipotizzata la possibile azione concausale dei vaccini a questi somministrati, per via dell’effetto immunodeprimente.

Conseguentemente, la Commissione Parlamentare di inchiesta istituita con Deliberazione del Senato del 16.3.2010, nella relazione del 9.1.2013, ha ritenuto che gli studi in questione vadano estesi anche all’effetto di tali inquinanti nei poligoni di tiro”.

5. Il parere qui impugnato, che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non ha fatto alcun cenno ai dati e alle indagini sopra citate.

Dati e risultati che hanno portato il legislatore a riconoscere l’esistenza del rischio specifico, correlato all’impiego di militari nei principali Teatri Operativi, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano, e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell’esposizione all’uranio impoverito ed alla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 – e già con l’abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell’art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).

Oltre alla sentenza sopra citata, si devono richiamare le ulteriori decisioni relative a fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante le missioni di pace all’estero, in cui la domanda di riconoscimento di invalidità per causa di servizio è stata accolta (T.A.R. Friuli, 19 giugno 2014 n. 308; Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4440; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 agosto 2012, n. 7363; T.A.R. Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).

5.1 Il Collegio condivide, dunque, l’orientamento giurisprudenziale prevalente, il quale afferma che a causa sia dell’impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, sia del concorso di altri fattori collegati a contesti ambientali fortemente degradati ed inquinati, non deve essere richiesta la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013, con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan e il Libano (conf.: T.A.R. Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).

5.2 Nella medesima ottica, è stato ritenuto che il verificarsi dell’evento costituisca un dato sufficiente ex se, secondo il cosiddetto “criterio di probabilità”, a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari agli strumenti indennitari, previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui, accertata l’esposizione del militare all’inquinante in parola, la P.A. non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l’insorgenza della patologia e che questa dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità (T.A.R. Palermo, sez. I, 10 febbraio 2012, n. 321; Id., sez. I, 04 marzo 2014, n. 649).

5.2 Ai medesimi fini occorre verificare se la Direttiva del Comando Generale, che prescrive che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria, sia stata effettivamente rispettata, poiché l’omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione è stato posto a fondamento di numerose sentenze di accoglimento di azioni risarcitorie fondate sulla violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 cod. civ. (conf.: Trib. Civ. Roma, Sez. XII, nr 19437/2010 e n. 10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (conf.: Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012).

6. In applicazioni di questi principi, il ricorso deve essere accolto, in considerazione dell’evidente difetto di istruttoria e di motivazione: il Comitato si è limitato a respingere la richiesta affermando che “dall’esame degli atti non si evidenziano condizioni ambientali ed operative di missione comunque implicanti l’esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e che si pongano quale causa ovvero concausa efficiente e determinante dell’infermità in questione”.

E’ indubbio che il ricorrente abbia vissuto in ambiti contaminati e abbia svolto la missione senza le necessarie protezioni, così come è fatto notorio che in quegli ambiti è presente l’uranio impoverito: vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell’esposizione alle polveri sottili e ultra sottili.

L’Amministrazione non ha dimostrato che l’attività svolta dal ricorrente non comportasse esposizione all’uranio impoverito, ovvero si svolgesse in condizioni “di sicurezza” con l’adozione di forme e sistemi di protezione, considerato che già al momento della prima missione gli effetti dell’uranio impoverito erano conosciuti.

Ne consegue anche la violazione dell’obbligo generale di motivazione, dal momento che il diniego della richiesta del ricorrente non tiene conto della particolare situazione rappresentata al fine di ottenere il beneficio richiesto, né contesta le certificazioni mediche con dati scientifici.

Anche secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie, in funzione della tutela del diritto alla salute, garantito dall’art. 32 Cost, deve essere disposta la rinnovazione del parere infraprocedimentale del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, e della relativa istruttoria, affinché la fattispecie possa essere riesaminata, tenendo conto delle più recenti scoperte scientifiche, delle più aggiornate indagini sul punto, di tutta la copiosa documentazione medica versata in atti dal ricorrente, della sua storia clinica, della sua anamnesi personale e familiare, della sua anamnesi patologica, nonché di ogni altro elemento ritenuto opportuno.

7. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso principale va accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato e dei pareri presupposti, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto dei criteri illustrati nella presente sentenza.

8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l’effetto, annulla il provvedimento di diniego impugnato e i pareri presupposti, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, ai sensi di cui in motivazione.

Condanna l’Amministrazione resistente a liquidare in favore del ricorrente le spese di giudizio, quantificate in € 3.000,00 (tremila), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in -OMISSIS- nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2015
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

1) - La sig.ra C. S. ha proposto ricorso lamentando che l’INPS, gestione ex Inpdap, non le corrisponde, né le ha mai corrisposto, la tredicesima mensilità sulla pensione erogatale quale vedova del Brigadiere CC. S. S., caduto in servizio, a ragione del fatto che ella presta attività lavorativa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La Corte dei Conti precisa:

2) - Di tanto l’INPS non si cura, limitandosi ad affermare che ritiene legittima l’applicazione di detta norma e richiamando, impropriamente, pretese iniziative del Legislatore non adottate.

3) - Affermazione di un obbligo che, oltre ad essere giuridicamente non corretta, appare extravagante ove non riferita, unicamente, al costante e granitico indirizzo di questa Corte – che l’INPS ritiene di dover ignorare – alla luce del quale la tredicesima mensilità sul trattamento di pensione va corrisposta per intero, qualunque sia il livello della retribuzione corrisposta in costanza di attività lavorativa, non essendo intervenuto il Legislatore a fissare un “tetto” retributivo.

4) - E’ ampiamente noto alla difesa INPS che le pronunce di accoglimento, anche additive, della Corte Costituzionale, hanno effetto retroattivo con il solo naturale limite nella intangibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici ormai esauriti cosicché, dal momento della pubblicazione della decisione della Consulta in Gazzetta Ufficiale, la norma non può più trovare applicazione nel senso indicato in decisione.

Ricorso ACCOLTO.

Per completezza dell'argomento, leggete il tutto qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------------------
LAZIO SENTENZA 96 05/02/2015
-------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 96 2015 PENSIONI 05/02/2015


Sent. 96/2015


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
dott. Luigi IMPECIATI
nella pubblica udienza del 26 gennaio 2015, con l’assistenza del segretario d’udienza sig. Roberto DESIDERI,
esaminati gli atti ed i documenti di causa,
uditi gli avv. Nicoletta Fazioli, su delega dell’avv. Catoni, per la parte ricorrente e l’avv. Giuseppe Cipriani per l’INPS resistente,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio pensionistico iscritto al n. 073628/PM del registro di Segreteria promosso dalla sig.ra C. S., rappresentata e difesa dall’avv. Anna CATONI, elettivamente domiciliata, con il difensore, presso lo studio dell’avv. Giovanni Sacchetti in Roma, via Frangipane n. 13

AVVERSO

La mancata corresponsione di tredicesima mensilità su pensione di privilegio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra C. S. ha proposto ricorso lamentando che l’INPS, gestione ex Inpdap, non le corrisponde, né le ha mai corrisposto, la tredicesima mensilità sulla pensione erogatale quale vedova del Brigadiere CC. S. S., caduto in servizio, a ragione del fatto che ella presta attività lavorativa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Un’istanza, inoltrata in data 5 novembre 2012, con la quale, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 232/92, chiedeva la corresponsione - dalla data del 1° luglio 2002, momento dell’insorgenza del diritto – della citata mensilità, aveva trovato negativo riscontro perché, asseritamente, non inclusa tra i benefici previsti per gli aventi diritto delle “ Vittime del dovere ”.

Osserva, la difesa della ricorrente, come la negazione del diritto contrasti sia con la citata decisione della Corte Costituzionale - che ha, con sentenza additiva, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 97, comma 1 del T.U. n. 1092/73 – sia di questa Corte in materia di ammissibilità di cumulo di percezione di indennità integrative speciali che di tredicesime mensilità su trattamenti di pensione in costanza di attività lavorativa dipendente.

Chiede, pertanto, il riconoscimento del diritto patrimoniale negato, con arretrati e accessori di legge.

Si è costituito l’INPS, con memoria del 14 gennaio 2015, contestando la pretesa attrice, della quale chiede il rigetto.

Ricordati i fatti, l’INPS espone che alla sig.ra C. S. è stata corrisposta la pensione a cura del Comando Generale dell’Arma, in compartecipazione con i figli all’epoca minorenni e, a seguito del trasferimento della partita pensionistica all’INPS e della dichiarazione di attività della ricorrente, non le è stata più erogata la tredicesima mensilità e recuperato quanto indebitamente già versato.

Oltre al rigetto del ricorso, l’INPS chiede che, in caso di accoglimento, non vengano riconosciuti interessi legali e, cumulativamente, la rivalutazione monetaria e, in ogni caso, eccepisce la prescrizione quinquennale dei ratei.

All’odierna udienza l’avv. Fazioli, per la ricorrente, ha contestato la memoria avversaria ricordando la pronuncia della Corte Costituzionale in merito all’art. 97 del T.U. n. 1092/73 e obiettando che la prescrizione non sarebbe maturata in quanto decennale. Ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

L’avv. Cipriani, per l’INPS, nel richiamare le argomentazioni esposte nella memoria depositata, ha insistito per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La sig.ra C. S. ha proposto ricorso a questa Corte lamentando l’illegittimità della mancata corresponsione, sul proprio trattamento pensionistico, della tredicesima mensilità in relazione al fatto che ella presta attività lavorativa presso la Presidenza del Consiglio.

Invero tale motivazione è stata esplicitata nella memoria difensiva dell’INPS che, però, nella nota di riscontro all’istanza della ricorrente aveva indicato solo che la tredicesima mensilità non sarebbe stata prevista tra i benefici annessi alla pensione concessa alle “ vittime del dovere ”.

A parte l’erroneità di questo richiamo, evidente alla sola lettura dell’art. 1 della legge n. 437/8 – che fa riferimento alle pensioni privilegiate, modulandone l’importo in maniera più favorevole – vi è da dire che l’INPS, gestione ex Inpdap, ha ritenuto (confermandolo in udienza) di dover applicare la disposizione di cui all’art. 97, comma 2, del d.P.R. n. 1092/73, malgrado la sentenza della Corte Costituzionale n. 232/92 con la quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma di cui al primo comma dello stesso articolo e che, della disposizione di cui al secondo comma, costituisce presupposto logico e giuridico.

Di tanto l’INPS non si cura, limitandosi ad affermare che ritiene legittima l’applicazione di detta norma e richiamando, impropriamente, pretese iniziative del Legislatore non adottate.

Affermazione di un obbligo che, oltre ad essere giuridicamente non corretta, appare extravagante ove non riferita, unicamente, al costante e granitico indirizzo di questa Corte – che l’INPS ritiene di dover ignorare – alla luce del quale la tredicesima mensilità sul trattamento di pensione va corrisposta per intero, qualunque sia il livello della retribuzione corrisposta in costanza di attività lavorativa, non essendo intervenuto il Legislatore a fissare un “tetto” retributivo.

E’ ampiamente noto alla difesa INPS che le pronunce di accoglimento, anche additive, della Corte Costituzionale, hanno effetto retroattivo con il solo naturale limite nella intangibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici ormai esauriti cosicché, dal momento della pubblicazione della decisione della Consulta in Gazzetta Ufficiale, la norma non può più trovare applicazione nel senso indicato in decisione.

Questo è un effetto legale delle pronunce della Corte Costituzionale che non lascia spazi a dispute di sorta.

Ora, se la Corte Costituzionale, con la sentenza richiamata, ha riconosciuto l’illegittimità dell’art. 97, primo comma, del d.P.R. n. 1092/73, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione, oltre la quale non compete la tredicesima mensilità, ad avviso di questo Giudice, e della costante giurisprudenza in materia, non vi è modo di aggirare il significato della stessa regola secondo le modifiche recate per effetto della medesima pronuncia.

Alla luce di quanto precede, pertanto, il ricorso va accolto con il consequenziale riconoscimento del diritto della sig.ra C. S. a percepire la tredicesima mensilità nell’intero importo mensile.

Va peraltro accolta l’eccezione di prescrizione quinquennale (e non decennale) posta da parte resistente perché in materia di ratei di pensioni di pubblici dipendenti trova applicazione la speciale norma sulla prescrizione quinquennale dei ratei (art. 2 R.D.L. 295/1939) per cui il dies a quo della liquidazione dei ratei va individuato nel quinquennio anteriore alla data di spedizione dell’istanza del 5.11.2012.

Ne consegue che dal riconoscimento del diritto come sopra specificato discende la spettanza, in applicazione dell’art. 429, comma 3, c.p.c. (giusta interpretazione delle Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n. 10/2002/QM depositata il 18 ottobre 2002), degli interessi nella misura di legge e della rivalutazione monetaria - in base agli indici ISTAT di cui all’art. 150 disp. att. c.p.c. nella misura in cui l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi – da liquidarsi dalla scadenza di ciascun rateo al soddisfo.

Alla soccombenza dell’INPS consegue la condanna dell’Istituto al pagamento delle spese di difesa, in favore del ricorrente che, in mancanza di notula, possono equitativamente stabilirsi in €. 750,00 (euro settecentocinquanta/00), oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Il Giudice Unico delle Pensioni della Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando,

ACCOGLIE PARZIALMENTE

il ricorso n. 073628/PC del registro di Segreteria proposto dalla sig.ra C. S. e, per l’effetto, riconosce il suo diritto a percepire, sulla pensione di privilegio in godimento, la tredicesima mensilità in misura intera.

Al ricorrente spettano anche i ratei arretrati nel termine del quinquennio antecedente la nota del 5/9 novembre 2012, muniti degli accessori di legge secondo i criteri di cui alla sentenza n. 10/QM/2002, come meglio indicato in parte motiva.

Condanna l’INPS a pagare al ricorrente, per spese di difesa, la somma di €. 750,00, (euro settecentocinquanta/00) oltre IVA e CPA.

Così deciso in Roma nell’udienza del 26 gennaio 2015 , nella quale è stata data lettura del dispositivo.

IL GIUDICE
F.to dott. Luigi IMPECIATI


Depositata in Segreteria il 05/02/2015

Per IL DIRIGENTE
F.to Domenica Laganà
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

Ricorso ACCOLTO.
------------------------------------------------------------
1) - Nell’eseguire la sentenza il Ministero della Difesa ha trattenuto dalla somma dovuta a titolo di elargizione ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, l’importo di euro 25.822,84, già erogato ai sensi dell’art. 6 della L. 308/1981, al momento del decesso del marinaio

Il CdS precisa:

2) - Ed invero, nella pronuncia del Tribunale di Genova non si rinviene alcun accenno alla possibilità del Ministero della Difesa di recuperare, dalle somme dovute ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, quanto a suo tempo erogato a titolo di speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981.

3) - In virtù del giudicato, le somme di cui al citato art. 5, comma 1, dovevano essere, pertanto, integralmente versate all’appellante.

Per completezza leggete qui sotto il tutto.
-----------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201502435
- Public 2015-05-14 -


N. 02435/2015REG.PROV.COLL.
N. 09603/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9603 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Bava e Enrico Rossi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Ottaviano n. 66;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è legalmente domiciliato;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. Liguria Sezione II n. 1178/2014, resa tra le parti, concernente esecuzione del giudicato sentenza n. 67/2012 del Tribunale di Genova - Sezione Lavoro.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati.
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Enrico Rossi e l'Avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Su ricorso della sig.ra OMISSIS, madre ed erede del sig. OMISSIS, marinaio deceduto in servizio, il Tribunale di Genova – Sezione Lavoro, ha emesso la sentenza n. 67 del 23/1/2012, con la quale ha dichiarato il Ministero della Difesa tenuto al riconoscimento, quale vittima del dovere, del marinaio OMISSIS, ha accertato il diritto a che il nominativo di quest’ultimo fosse inserito nella graduatoria cronologica di cui all’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 243/2006, ai fini della concessione dei benefici assistenziali di legge previsti per le vittime del dovere e ha condannato il suddetto Ministero a corrispondere alla sig.ra OMISSIS l’elargizione ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, nonché, nella misura di legge, lo speciale assegno vitalizio ex art. 5, comma 3, della stessa L. n. 206/2004, con decorrenza dalla data della domanda.

Nell’eseguire la sentenza il Ministero della Difesa ha trattenuto dalla somma dovuta a titolo di elargizione ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, l’importo di euro 25.822,84, già erogato ai sensi dell’art. 6 della L. 308/1981, al momento del decesso del marinaio OMISSIS.

Ritenendo che l’esecuzione data fosse solo parziale, la sig.ra OMISSIS ha proposto ricorso al T.A.R. Liguria, ex art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., con cui ha chiesto che venisse ordinato l’integrale adempimento del giudicato mediante l’erogazione della residua somma di euro 25.822,84, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di saldo della speciale elargizione ex art. 5, comma 1, della legge n. 206/2004.

Con sentenza 24/7/2014 n. 1178, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, rilevando che la decurtazione contestata dalla ricorrente, era specificamente imposta dall’art. 13, della L. n. 302/1990, che regola il “concorso di benefici”.

Avverso la sentenza del T.A.R. la sig.ra OMISSIS propone il presente appello, con cui ne chiede la riforma deducendo che il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere conforme al giudicato la decurtazione praticata dall’intimato Ministero della Difesa.

Domanda, inoltre, la nomina di un commissario ad acta per il caso di perdurante inadempimento.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata depositando memoria con cui si è opposta all’accoglimento dell’appello.

Alla camera di consiglio del 14/4/2015 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

Occorre premettere che il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, e solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita.

Orbene, il T.A.R. ha affermato che il recupero dell’importo di euro 25.822,84, già a suo tempo erogato quale speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981, fosse corretto perché <<specificamente imposto dall’art. 13 della L. n. 302/1990 che regola il “concorso di benefici”>>.

Cosi facendo, però, il TAR ha esorbitato dai propri poteri di giudice dell’ottemperanza, legittimando una modifica del rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire, non più consentita in virtù del vincolo nascente dal giudicato.

Ed invero, nella pronuncia del Tribunale di Genova non si rinviene alcun accenno alla possibilità del Ministero della Difesa di recuperare, dalle somme dovute ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, quanto a suo tempo erogato a titolo di speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981.

In virtù del giudicato, le somme di cui al citato art. 5, comma 1, dovevano essere, pertanto, integralmente versate all’appellante.

Così come reclamato dalla ricorrente, sul residuo credito di € 25.822,84, dovranno essere calcolati gli interessi legali, mentre il maggior danno da svalutazione, stante la natura previdenziale della pretesa, potrà essere attribuito - ex art. 16, comma 6, della L. 30/12/1991 n. 412 - solo se (e nella misura in cui) il tasso di questa ultima superi quello degli interessi legali.

Va, riservata al caso di ulteriore inadempimento la nomina di un commissario ad acta.

Spese ed onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, ordina all’intimato Ministero della Difesa di dare, entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia o dalla sua notificazione a cura della parte più diligente, integrale esecuzione al giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Genova – Sezione Lavoro, n. 1883/2011, secondo quanto specificato in motivazione.

Condanna l’intimata amministrazione al pagamento delle spese processuali in favore della parte ricorrente, liquidandole forfettariamente in complessivi € 3.000/00 (tremila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2015
-----------------------------------------------------------------------

N.B.: dello stesso giudizio vi è anche

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201502434
- Public 2015-05-14 -
Avatar utente
antoniomlg
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3641
Iscritto il: ven set 03, 2010 10:18 am

Re: vittime del dovere

Messaggio da antoniomlg »

ciao
non è un copia ed incolla ma sentenze collegate

leggendo questa che pubblico si resta comunque senza parole.
panorama, rnon riesco a trovare al sentenza cui si riporta il CDS la (sent. 20/12/2013 n. 6156)

potresti darmi una mano a cercarla potrebbe essere utile

Grazie
------------------------------------------
N. 02434/2015REG.PROV.COLL.
N. 09601/2014 REG.RIC.
logo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9601 del 2014, proposto da:
Mauro Cecchi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Bava e Enrico Rossi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Ottaviano n. 66;
contro
Ministero della Difesa e Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono legalmente domiciliati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Liguria – Genova, Sezione II, n. 1166/2014, resa tra le parti, concernente esecuzione giudicato sentenza n. 1883/2011 del Tribunale di Genova – Sezione Lavoro.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Interno.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Enrico Rossi e l'Avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Su ricorso del sig. Mauro Cecchi, padre ed erede del sig. Marco Martino Cecchi, marinaio deceduto in servizio, il Tribunale di Genova – Sezione lavoro, ha emesso la sentenza n. 1883 del 9 dicembre 2011, con la quale ha dichiarato il Ministero della Difesa tenuto al riconoscimento, quale vittima del dovere, del sig. Marco Martino Cecchi, ai fini della concessione dei benefici assistenziali di legge previsti per le vittime del dovere e lo ha condannato a corrispondere al sig. Mauro Cecchi, dalla data della domanda amministrativa, l’elargizione ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, come previsto dall’art. 34 della L. n. 222/2007, nonché, nella misura di legge, lo speciale assegno vitalizio ex art. 5, comma 3, della stessa L. n. 206/2004, così come previsto dall’art. 2, comma 105, della L. n. 244/2007.
Nell’eseguire la sentenza il Ministero della Difesa si è limitato a pagare le somme di cui alla pronuncia giudiziale, decurtando quella dovuta a titolo di elargizione ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, dell’importo di euro 25.822,84, già erogato ai sensi dell’art. 6 della L. 308/1981, al momento del decesso del sig. Marco Martino Cecchi.
Ritenendo che l’esecuzione data fosse solo parziale, il sig. Mauro Cecchi ha proposto ricorso al T.A.R. Liguria, ex art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., con cui ha chiesto che venisse ordinato l’integrale adempimento del giudicato mediante:
a) l’inserimento del nominativo del figlio, a cura dei Ministeri della Difesa e dell’Interno, nella graduatoria cronologica delle vittime del dovere (art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 243/2006), ad ogni fine ed effetto di legge, con particolare riferimento all’assegno da euro 500,00 oltre perequazioni di legge dall’1 gennaio 2006, ex art. 2 della legge n. 407/1998;
b) l’erogazione da parte del Ministero della Difesa della somma di euro 25.822,84, oltre interessi e rivalutazione dal 20 marzo 2012 (data di emissione del decreto di concessione del beneficio di cui all’art. 5, comma 1, L. 206/2004), a titolo di saldo della speciale elargizione ex art. 5, comma 1, della legge n. 206/2004.
Con sentenza 23/7/2014 n. 1166 il giudice di primo grado ha respinto il ricorso rilevando:
a) che il reclamato inserimento del nominativo del marinaio Marco Martino Cecchi nella graduatoria cronologica delle vittime del dovere, non rientrava nel giudicato;
b) che la decurtazione contestata dal ricorrente, era specificamente imposta dall’art. 13, della L. n. 302/1990, che regola il “concorso di benefici”.
Avverso la sentenza del T.A.R. il sig. Mauro Cecchi ha proposto il presente appello, con cui ne chiede la riforma deducendo, sostanzialmente, che il giudice di primo grado avrebbe errato sia nel ritenere la pretesa sub a) estranea al giudicato, sia nel reputare conforme ad esso la decurtazione sub b).
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa depositando memoria con cui si è opposto all’accoglimento dell’appello.
Alla camera di consiglio del 14/4/2015 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
Nella parte in cui disconosce la pretesa dell’odierno ricorrente all’inserimento del nominativo del figlio nella graduatoria cronologica delle vittime del dovere di cui all’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 243/2006, la sentenza di primo grado merita condivisione.
Ed invero, il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, e solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita.
Nel caso di specie, come correttamente rilevato dal T.A.R., la sentenza del Tribunale di Genova non contiene alcun riferimento alla sussistenza di un diritto dell’odierno ricorrente a veder inserito il nominativo del figlio nella suddetta graduatoria predisposta dal Ministero dell’Interno, ex art. 3, comma 3, del D.P.R., n. 243/2006, ai fini della corresponsione dei benefici previsti dal suddetto D.P.R., tra cui quello di cui all’art. 2 della L. 407/1998 (si veda art. 1 del medesimo D.P.R.).
Né, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, il dovere di provvedere a tale inserimento può farsi automaticamente discendere dalla declaratoria dell’obbligo del Ministero della Difesa di riconoscere il marinaio Marco Martino Cecchi, quale vittima del dovere “ai fini della concessione dei benefici assistenziali di legge previsti per le vittime del dovere”.
La condizione di vittima del dovere costituisce, infatti, il presupposto per la concessione di una serie di benefici contemplati dalla legge, i quali, però, devono essere specificamente attribuiti all’interessato o spontaneamente dall’amministrazione o, in mancanza, ad opera del giudice. Ed infatti, nel precedente di questa Sezione invocato dall’appellante (sent. 20/12/2013 n. 6156), la spettanza dell’assegno di cui alla L. n. 407/1998 era stata esplicitamente riconosciuta dal giudice ordinario.
Nel giudicato di cui si chiede l’ottemperanza, la declaratoria dello status di vittima del dovere del marinaio Cecchi, “ai fini della concessione dei benefici assistenziali di legge”, risulta strumentalmente collegata al successivo capo della sentenza recante la condanna del Ministero della Difesa a corrispondere all’interessato le elargizioni di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 5 della L. 206/2004. Conseguentemente dal riconoscimento di tale status, non può farsi discendere il diritto a percepire ulteriori benefici non espressamente contemplati nella sentenza da ottemperare.
A ciò aggiungasi che, dalla lettura della detta pronuncia, non emerge che l’odierno appellante avesse proposto un’espressa domanda volta ad ottenere l’assegno ex art. 2 della L. n. 407/1998 e l’inserimento del nominativo del figlio nella graduatoria cronologica di cui all’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 243/2006.
Infine, giova rilevare che la declaratoria dell’obbligo di riconoscere il marinaio Cecchi quale vittima del dovere, è rivolta nei confronti del Ministero della Difesa, mentre la competenza a predisporre la graduatoria cronologica di cui al’art. 3, comma 3, del citato D.P.R. n. 243/2006, appartiene al Ministero dell’Interno.
Le ragioni dell’appellante risultano, invece, fondate con riguardo al successivo capo della sentenza di primo grado, col quale è stata ritenuta conforme al giudicato la decurtazione operata dall’amministrazione sulle somme da corrispondere ai sensi dell’art. 5, comma 1, della L. 206/2004.
Il T.A.R. ha affermato che il recupero dell’importo di euro 25.822,84, già a suo tempo erogato quale speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981, fosse corretto perché <<specificamente imposto dall’art. 13 della L. n. 302/1990 che regola il “concorso di benefici”>>.
Cosi facendo, però, il TAR ha esorbitato dai propri poteri di giudice dell’ottemperanza, legittimando una modifica del rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire, non più consentita in virtù del vincolo nascente dal giudicato.
Ed invero, nella pronuncia del Tribunale di Genova non si rinviene alcun accenno alla possibilità del Ministero della Difesa di recuperare, dalle somme dovute ex art. 5, comma 1, della L. n. 206/2004, quanto a suo tempo erogato a titolo di speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981.
In virtù del giudicato, le somme di cui al citato art. 5, comma 1, dovevano essere, pertanto, integralmente versate all’appellante.
Così come reclamato dal ricorrente, sul residuo credito di € 25.822,84, dovranno essere calcolati gli interessi legali a far data dal 20/3/2012,
mentre il maggior danno da svalutazione, stante la natura previdenziale della pretesa, potrà essere attribuito - ex art. 16, comma 6, della L. 30/12/1991 n. 412 - solo se (e nella misura in cui) il tasso di questa ultima superi quello degli interessi legali.
In definitiva l’appello merita solo parziale accoglimento.
In considerazione della reciproca soccombenza, di spese e onorari di giudizio possono essere integralmente compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie in parte e, per l'effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, ordina all’intimato Ministero della Difesa di dare, entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia o dalla sua notificazione a cura della parte più diligente, integrale esecuzione al giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Genova – Sezione Lavoro, n. 1883/2011, secondo quanto specificato in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Avatar utente
Zenmonk
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 2371
Iscritto il: dom lug 13, 2014 2:38 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da Zenmonk »

Scusa Antonio ma più leggo e meno capisco. Tu che ci hai capito?
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13203
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: vittime del dovere

Messaggio da panorama »

per antoniomig

CdS (sent. 20/12/2013 n. 6156)

n.b.: il Ministero della Difesa perde l'appello.
----------------------------------------------------------------

20/12/2013 201306156 Sentenza Breve 4


N. 06156/2013REG.PROV.COLL.
N. 08084/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 8084 del 2013, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
E. P., rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Bava, con domicilio eletto presso Studio Studio Legale Rossi - De Nardo in Roma, via Ottaviano 66;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 00494/2013, resa tra le parti, concernente esecuzione del giudicato sentenza tribunale civile di Bologna sez. controversie di lavoro n° 1295/11 - concessione benefici per le vittime del dovere e riconoscimento assegno vitalizio

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di E. P.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per la parte appellante l’Avvocato dello Stato Elefante;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Con sentenza n. 1295/2011 il tribunale di Bologna, Sezione controversie del lavoro, dopo aver riconosciuto al sig. P. E. lo status di vittima del dovere , in accoglimento di relativo ricorso attribuiva al predetto una serie di benefici tra cui l’assegno vitalizio mensile ex lege 23 novembre 1998 n.407. L’Amministrazione, in dichiarata attuazione di tale decisum, con decreto n. 294 del 12/12/2012 erogava al P. siffatta provvidenza liquidata in euro 258,23 mensili .

L’ interessato, con ricorso di ottemperanza presentato ex art. 112 c.p.a., chiedeva al Tar dell’Emilia Romagna di dichiarare l’obbligo dell’Amministrazione di dare compiuta esecuzione alle statuizioni recate dalla sentenza n. 1295/2011 nel senso di provvedere alla corresponsione dell’assegno vitalizio de quo nella misura di 500 euro mensili in conformità a quanto previsto dall’art. 4, comma 238, della legge n. 350 del 2003.

L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n. 494/2013 ha accolto il ricorso condannando l’Amministrazione a corrispondere l’adeguamento in questione con l’attribuzione al P.. dell’assegno dovuto per il titolo di cui sopra nella somma di 500,00 euro mensili oltre alla perequazione automatica di cui all’art. 11 del dlgs n. 503 del 1992.

Il Ministero della Difesa ha impugnato con l’appello all’esame la suindicata sentenza sostenendo, in concreto, con un unico motivo di gravame che la decisione è il frutto di una errata interpretazione e applicazione di legge.

In particolare l’Amministrazione assume che l’elevazione dell’importo dell’assegno de quo, effettuata a decorrere dal 1 gennaio 2004 ad opera del comma 238 dell’art. 4 della legge n. 350/2003, è limitata solo alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata con esclusione della categoria riconosciuta al sig. P.., quella di vittima del dovere. Al riguardo, sempre ad avviso dell’appellante Ministero, si deve tener conto della normativa rappresentata dal DPR n. 243/2006 con cui si è provveduto a dettare i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze a tutte le vittime del dovere o categorie equiparate , laddove l’art. 4 del citato DPR precisa che l’importo dell’assegno è quello originariamente fissato nell’art.2 della legge n. 407/1998 in lire 500.000 mila corrispondenti ad euro 258,23, senza che si possa far luogo ad adeguamento alcuno di tale importo.

Si è costituito in giudizio il sig. P.. eccependo in via preliminare la inammissibilità dell’appello per avere l’Amministrazione introdotto solo in secondo grado una questione giuridica di merito che doveva essere sollevata eventualmente in prime cure. In ogni caso, ad avviso dell’appellato, nel merito il gravame del Ministero è infondato, in quanto basato su una erronea interpretazione della normativa all’uopo dettata.

Tanto premesso, ritiene il Collegio che l’appello sia privo di fondamento, potendosi, per ciò stesso prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del gravame pure sollevata da parte appellata.

Invero, l’esclusione dell’adeguamento economico dell’assegno vitalizio riconosciuto all’appellato, secondo la tesi propugnata dall’Amministrazione con il gravame all’esame, non risulta supportata da sufficienti ragioni giustificative ove si proceda ad una coordinata esegesi delle norme dettate in subjecta materia come cronologicamente intervenute, sulla scorta della quale si perviene a conclusioni di segno opposto a quelle sostenute dal Ministero.

L’art. 2 della legge n. 407 del 1998 ha previsto la concessione, oltre ad altre elargizioni, di un assegno vitalizio non reversibile di lire 500.000 mensili , soggetto alla perequazione automatica di cui all’art. 11 del dlgs n. 503/92, in favore dei soggetti di cui ai commi 1,2, 3 e 4 della legge n. 302/90, di coloro cioè che hanno subito una invalidità permanente in conseguenza di ferite riportate per atti terroristici , per fatti di criminalità organizzata e per azioni di repressione e prevenzione dei fenomeni di terrorismo e di criminalità organizzata.

Quindi la legge n. 350 del 2004, all’art. 4 comma 238, ha previsto che con effetto dal 1 gennaio 2004 i trattamenti mensili de soggetti destinatari dell’assegno vitalizio di cui all’art. 2 della legge 23 novembre 1998 n. 407 sono elevati a 500 euro mensili.

Ora in base al tenore letterale di tali disposizioni si rileva :

a) che l’assegno vitalizio fissato nella misura 500.000 lire corrispondenti ad euro 258,23 è stato riconosciuto in favore sia delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata sia dei soggetti che hanno avuto conseguenze fisiche in occasione di azione volte a reprimere o prevenire azioni delittuose del genere di quelle sopra evidenziate, con una equiparazione quindi delle vittime del dovere come indicate ai commi 1,2,3 e 4 della legge n. 302/1990 ;

b) che il legislatore, con la norma di cui al comma 238 dell’art. 4 della legge n.350/2004, ha inteso unicamente elevare l’importo dell’assegno vitalizio de quo, originariamente fissato in 500.000 lire, ( pari ad euro 258,23 ) portandolo ad euro 500,00 , esattamente il doppio della misura in origine prevista e determinata ( secondo il regime monetario della lira all’epoca vigente )

E’ intervenuto quindi il DPR n. 243 del 2006, emanato in attuazione del coma 565 dell’art. 1 della legge 23/12/2005 n. 266, che ha disciplinato i tempi e le modalità di erogazione delle provvidenze in parola , con la previsione di una graduatoria unica nazionale delle posizioni.

Detto regolamento, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, non va a modificare in senso restrittivo l’ambito dei soggetti destinatari dei benefici in questione, se è vero che all’art. 1 fa riferimento alle vittime del dovere e alle categorie a queste equiparate , con ciò estendendo la elargizione dei benefici già riconosciuti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a tutte le vittime che hanno riportate menomazioni e ferite nell’adempimento del dovere .

Per quanto attiene poi all’aspetto oggettivo, il successivo art. 4 dello stesso DPR, relativamente alla corresponsione dell’assegno vitalizio mensile menziona direttamente l’importo originariamente previsto dalla legge n. 407/98 ( euro 258,23 pari a lire cinquecentomila ), ai soli fini della individuazione del beneficio in questione, senza cristallizzare la misura dell’assegno stesso
In base a siffatto quadro normativo di riferimento, non v’ è quindi motivo per escludere l’adeguamento in euro 500 dell’importo dell’assegno in questione disposto dall’art. 4 comma 238 della legge n. 359/2002 nei confronti di alcuni soggetti che sono già stati in precedenza equiparati agli originari assegnatari delle provvidenze spettanti alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Se così non fosse, si verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie di soggetti posti sullo stesso piano in relazione alle conseguenze fisiche di tipo negativo riportate in occasione di eventi di violenza comune e terroristica

Ad escludere sul punto ogni distinguo sia soggettivo che oggettivo depone, infine, il fatto che anche alla luce delle successive modifiche intervenute nella normativa di settore è evincibile un intento perequativo del legislatore (cfr. Cons. Stato Sez. IV ordinanza 4843 del 6/11/2012).

Per quanto sopra esposto, l’appello si appalesa infondato e va, conseguentemente , respinto.

Si ravvisano nella specie ragioni tali da far disporre la compensazione delle spese e competenze del presente grado del giudizio tra le parti

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/12/2013
Avatar utente
antoniomlg
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3641
Iscritto il: ven set 03, 2010 10:18 am

Re: vittime del dovere

Messaggio da antoniomlg »

Grazie Panorama GENTILISSIMO
come sempre

ciao e grazie ancora
Rispondi