CAUSE DI SERVIZIO negative.

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Re: CAUSE DI SERVIZIO negative.

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Il CdS rigetta l'Appello dell'Amministrazione
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201602456
- Public 2016-06-09 -


N. 02456/2016REG.PROV.COLL.
N. 02686/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2686 del 2016, proposto da:
Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Donatello Genovese, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione del Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA – Sezione staccata di LECCE - SEZIONE II n. 03438/2015, resa tra le parti, concernente mancato riconoscimento dipendenza infermita' da causa di servizio e diniego concessione equo indennizzo

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 il consigliere Fabio Taormina e rilevata l’assenza delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 03438/2015 il Tar della Puglia –Sezione staccata di Lecce – ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata volto ad ottenere l’annullamento del decreto n. 3226/N, posizione n. 674861 /A, dell'11.7.2013, del Ministero della Difesa, Direzione generale della prevenzione militare e della leva, II Reparto, 6^ Divisione, II Sezione, col quale si era dichiarato non dipendente da causa di servizio il decesso del coniuge della originaria ricorrente, verificatosi in data 11.12.2011, ed era stata respinta la domanda di concessione dell'equo indennizzo presentata da quest'ultima, della delibera del Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze del 18.6.2013, adunanza n. 281/2013 (posizione 15693/2012), e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

2. Il Ministero della Difesa ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze si erano costituiti chiedendo la reiezione del ricorso.

3. Con la sentenza impugnata il Tar, dopo avere riepilogato in punto di fatto la controversia ha dato atto della circostanza che erano state articolate macrodoglianze di violazione di legge ed eccesso di potere; in rito ha richiamato gli artt. 54 e 73 del c.p.a., ed ha escluso di poter prendere in considerazione la memoria tardiva depositata dall’Avvocatura dello Stato (e l’allegato parere medico legale in data 15.4.2015) e nel merito ha accolto il ricorso deducendo che:

a) la reiezione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità e della morte del coniuge, si fondava sulla motivazione per cui “l’infermità Exitus da arresto cardiorespiratorio in soggetto con sospetta cardiopatia dilatativa non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio trattandosi di affezione del muscolo cardiaco, comportante un aumento del volume e del peso del cuore … non suscettibile di essere nocivamente influenzata da eventi esterni ..”.

b) il Comitato aveva quindi diagnosticato una cardiomiopatia dilatativa senza tuttavia evidenziare quali fossero stati gli elementi che abbiano condotto a tale diagnosi e senza prendere in considerazione i referti medici della visita presso l’Ospedale che il Maresciallo aveva effettuato pochi giorni prima del decesso;

c) ivi in particolare, il dott. T.., specialista cardiologo dell’Ospedale, aveva trascritto nell’anamnesi “sospetto di cardiopatia ipertrofica non ostruttiva in fase ipocinetica”, con ciò evidenziando una patologia differente da quella accertata dal Comitato di verifica;

d) ne discendeva che le valutazioni dell’amministrazione non avevano preso in adeguata considerazione le analisi e le diagnosi mediche effettuate pochi giorni prima del decesso dal Maresciallo, e non erano state neanche valutate le particolari condizioni di lavoro in relazione alla patologia;

e) l’Amministrazione si era limitata a supportare il diniego con una motivazione stereotipata ed erano riscontrabili il difetto di motivazione e l'insufficienza istruttoria inficianti il giudizio del Comitato in questione e di conseguenza il provvedimento di mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle malattie sofferte dal coniuge della originaria ricorrente e dell'equo indennizzo.

4. L’Amministrazione originaria resistente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità.

Dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del contenzioso ha sostenuto che erroneamente la sentenza di primo grado non aveva preso atto della circostanza che il parere medico-legale collegiale aveva escluso che la patologia che condusse a morte il coniuge della odierna appellata fosse ascrivibile a causa di servizio, in quanto la stessa dipendeva da una causa ereditaria.

4. In data 18 maggio 2015 parte appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato ed evidenziando che le tesi dell’appellante amministrazione si fondavano su un atto (parere del Collegio medico di difesa) sopravvenuto rispetto al provvedimento reiettivo impugnato (risalente al 2013): era evidente quindi la violazione del principio di non integrabilità postuma della motivazione dei provvedimenti.

6. Alla odierna adunanza camerale del 26 maggio 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Stante la completezza del contraddittorio, la non necessità di disporre incombenti istruttorii e la mancata opposizione delle parti, alla possibilità di immediata definizione nel merito della causa l’appello può essere definitivamente deciso nel merito.

1.1. Ritiene il Collegio doversi affermare la infondatezza dell’appello, alla stregua delle seguenti considerazioni:

a) con il ricorso di primo grado la originaria ricorrente aveva impugnato il decreto n. 3226/N, posizione n. 674861 /A, dell'11.7.2013 e gli atti connessi, laddove avevano escluso la riconducibilità a causa di servizio della patologia che aveva condotto a morte il proprio coniuge;

b) aveva ipotizzato, tra l’atro, i vizi di difetto di istruttoria, di ponderazione e di motivazione in quanto la reiezione della domanda si era fondata su accertamenti superficiali, ed erano state obliate le resultanze della documentazione medica –anche di parte- versata in atti;

c) la stessa amministrazione odierna appellante, in corso di giudizio, aveva ritenuto necessario un supplemento di indagine, tanto che aveva disposto che venisse reso un ulteriore parere dal Collegio medico-legale della difesa;

d) detto parere del 15.4.2014 in cui vennero esaminati i referti di parte, non trovò ingresso nel giudizio di primo grado a cagione di una preclusione processuale;

e) l’intero appello dell’amministrazione si incentra sul responso contenuto nel predetto parere collegiale che – a dire dell’appellante amministrazione- non sarebbe infirmato da alcun vizio di difetto di istruttoria e motivazione.

f) il Collegio –che ha ben chiaro e condivide il processo di progressiva dequotazione del principio di immodificabilità della motivazione del provvedimento amministrativo ascrivibile anche a recenti innovazioni legislative quali l’introduzione dell’art. 21 octies nella legge generale del procedimento amministrativo (ex aliis di recente: Consiglio di Stato sez. III 02 maggio 2016 n. 1656 ) – ritiene che in subiecta materia, nell’ambito della quale la deliberazione sui nodali interessi coinvolti è rimessa a delicate valutazioni tecniche non sia condivisibile l’operato dell’Amministrazione, che (non integra ma) sostituisce integralmente l’apparato motivazionale reiettivo con altre valutazioni;

g) ciò, a tacere d’altro, priva la parte della possibilità di articolare una completa difesa in giudizio, e nel caso in esame priverebbe la parte privata della garanzia “effettiva” del doppio grado di giudizio;

h) i denunciati vizi di difetto di istruttoria, ponderazione, e motivazione, sussistono con riferimento agli atti impugnati e la difesa di parte appellata ha giuoco facile nel richiamare le risultanze diagnostiche ascrivibili al Professore T.. e nell’evidenziare la carenza di approfondimento delle conclusioni diagnostiche del Comitato di verifica;

i) tanto è sufficiente ad accogliere l’appello, non potendo in ogni caso la riscontrata sussistenza di tali vizi essere “emendata” da sopravvenute valutazioni dell’Amministrazione rese in atti successivi a quelli impugnati, con conseguente (non già integrazione ma) inammissibile sostituzione, in corso di giudizio, della motivazione reiettiva.

2. L’appello va pertanto respinto, per tali ragioni, e la sentenza di primo grado deve essere confermata, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

3. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).

3.1. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

4. Le spese processuali seguono la soccombenza, e pertanto l’appellante amministrazione deve essere condannata al pagamento delle medesime in favore di parte appellata nella misura di Euro tremila (€ 3000/00) oltre oneri accessori.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Condanna l’appellante amministrazione al pagamento delle spese processuali in favore di parte appellata nella misura di Euro tremila (€ 3000/00) oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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Re: CAUSE DI SERVIZIO negative.

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Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA ha trovato il modo per rigettare gli appelli relative al riconoscimento delle cds.

Infatti, in diversi appelli si legge:

- posto alcuni brani di una sentenza
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L’interessato ripropone le censure di cui al ricorso di primo grado e muove motivate critiche alla sentenza.

Insiste sulla gravosità delle mansioni esercitate, in particolare dal 2005 al 2009, durante il servizio alla squadra operativa volante.

Produce elementi informativi e fogli di servizio, nonché perizia medico legale di parte, e verbale della CMO del 1998 che riconosce dipendente da causa di servizio la pregressa patologia “-OMISSIS-”.

Critica la sentenza laddove ritiene “normale” il servizio svolto, in quanto anche un “servizio normale” può esser causa di una patologi -OMISSIS-.

Insiste nella richiesta istruttoria di CTU o verificazione.

Il CGAS scrive:

5.1. Nella verifica della dipendenza di infermità da causa di servizio occorre valutare il tipo di patologia e le sue cause, secondo lo stato attuale delle conoscenze medico-scientifiche, la tipologia di servizi svolti dal dipendente, la sussistenza o meno del nesso di causalità tra servizio e malattia.
Si tratta di un giudizio di tipo fattuale e tecnico, riservato al Comitato di verifica per le cause di servizio, e sindacabile da parte del giudice solo in caso di travisamento dei fatti, di illogicità o irragionevolezza.
Laddove lo stato attuale delle conoscenze medico-scientifiche consentano un giudizio “allo stato dell’arte”, tale giudizio, ove si attenga a una corretta ricostruzione dei fatti e applichi correttamente le conoscenze medico-scientifiche, non può essere sindacato, per quanto lo si possa ritenere “opinabile”.
Pertanto, non è ammissibile la pretesa di parte di sostituire tale giudizio medico-scientifico con quello di un proprio tecnico di fiducia, né la pretesa di sostituire detto giudizio con quello di un CTU o di un verificatore nominato d’ufficio.

5.2. Ciò premesso, il Collegio osserva che nel caso specifico il giudizio del Comitato di verifica per le cause di servizio rispetta i parametri di una corretta ricostruzione dei fatti e della patologia, e di una corretta valutazione del nesso di causalità tra fatti di servizio e patologia.

5.3. Che il giudizio sia espresso con una formula standardizzata, non significa che il medesimo non sia stato accurato, perché il giudizio ben può essere sintetico, specie a fronte di situazioni che hanno connotazioni di normalità statistica.

5.4. Ora, nel caso specifico, si controverte di una patologia, -OMISSIS-, che, secondo le attuali conoscenze mediche, può derivare da molteplici fattori di rischio: età, sesso, fumo, diabete mellito, elevati livelli di colesterolo o trigliceridi nel sangue, -OMISSIS-, familiarità, sovrappeso e obesità, uso di droghe, stress.

5.5. Lo stress, invocato da parte appellante come causa della sua patologia, è solo uno dei fattori di rischio.
Lo stress per assumere rilevanza come “causa di servizio” deve essere suscettibile di misurazione “oggettiva” e non meramente “soggettiva”: non può condividersi, in parte qua, l’assunto di parte appellante, in critica alla sentenza appellata, secondo cui situazioni di servizio “normali” potrebbero comunque essere, per taluni soggetti, causa di patologia. Che questo possa all’apparenza accadere in fatto, non è discutibile, ma che se questo accada, sia da qualificare in diritto come causa di servizio, non può essere condiviso.
La causa di servizio deve essere una situazione che “oggettivamente” e non solo “soggettivamente”, può determinare, secondo lo stato delle conoscenze, una patologia.
All’Amministrazione pubblica deve essere addossata la responsabilità per rischi specifici in cui sono messi i suoi dipendenti, secondo il criterio cuius commoda eius et incommoda, mentre non può esserle addossata la responsabilità per normali attività di servizio che non espongano il dipendente a situazioni fuori dal comune.

5.6. Nel caso specifico, la produzione documentale di parte ricorrente, relativa alle attività di servizio svolte, evidenzia una normale attività rientrante nelle mansioni ordinarie del militare, mentre non si evincono situazioni di particolare aggravio di lavoro, né situazioni di particolare pericolo, o di particolare criticità emotiva.

5.7. Una patologia è non di rado conseguenza della fisiologica usura del corpo e della mente umani, dello stile di vita, delle molteplici evenienze anche della vita privata della persona, sicché la prova che l’attività lavorativa alle dipendenze della P.A. sia stata causa esclusiva o quanto meno concausa scatenante, deve essere puntuale e specifica.
Tale prova specifica difetta nella specie, e nulla aggiungerebbe a siffatta valutazione una CTU o una verificazione.

5.8. Infine, alcuna contraddittorietà il Collegio ravvisa con il precedente riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della -OMISSIS-, che a sua volta è un fattore di rischio per -OMISSIS-, atteso che il Comitato di verifica non può essere ritenuto vincolato da un pregresso giudizio medico-legale reso da un diverso organo. E tanto, in disparte la considerazione che non vi è, allo stato attuale delle conoscenze medico-legali, una evidenzia scientifica certa della connessione tra stress e -OMISSIS-.
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Re: CAUSE DI SERVIZIO negative.

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Il 22 maggio 2020 il CdS pubblica 4 sentenze tutte negative e tutte con condanna dei ricorrenti alle spese di €. 2.000, cosa ormai risaputa.
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Alla camera di consiglio del 21 maggio 2020, svolta in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18/2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello non merita accoglimento.

Il ricorrente lamenta che la diagnosi dichiarata dal Comitato di verifica per la cause di servizio (-OMISSIS-) sarebbe difforme dalla diagnosi per cui il ricorrente ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (--OMISSIS-).

Lamenta, inoltre, il lungo tempo trascorso per la chiusura del procedimento, essendo il decreto ministeriale intervenuto a circa dieci anni dalla presentazione della domanda.

Contesta poi nel merito il giudizio di non dipendenza espresso dal C.V.C.S.

I motivi sono infondati.

In ordine alla asserita non corrispondenza tra le patologie, va evidenziato che la competenza alla formulazione della diagnosi dell’infermità o della lesione spetta in via esclusiva al C.M.O., che nel caso di specie, dopo aver valutato tutti gli esami specialistici cui è stato sottoposto l’interessato, con p.v. n. 385 del 16 settembre 2020, ha giudicato lo stesso affetto dalla infermità “-OMISSIS-”, con verbale, peraltro, sottoscritto per accettazione dal ricorrente.

Pertanto, le censure volte ad evidenziare l’erroneità di giudizio in cui sarebbe incorso il Comitato di Verifica, stante le presunte differenze esistenti tra “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”, non possono trovare accoglimento.

Quanto alle altre doglienze, che investono il merito della valutazione espressa dal C.V.C.S., è sufficiente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il C.V.C.S. perviene alle proprie conclusioni in ordine alla dipendenza da causa di servizio della patologia da cui è affetto il dipendente, assumendo a base le cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il relativo parere è espressione di discrezionalità tecnica. Di conseguenza, il sindacato giurisdizionale sulle decisioni dell'Amministrazione che recepiscono il parere del C.V.C.S. sulla dipendenza di un'infermità da causa di servizio è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l'inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione stessa, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito. Il G.A., pertanto, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa, neanche in caso di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari compulsati autonomamente dalla parte. Il sindacato giurisdizionale si incentra, dunque, prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal C.V.C.S., unico organo competente ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di un'infermità da causa di servizio.

Nel caso di specie non si riscontra alcun difetto di motivazione e di istruttoria.

Quanto ai tempi procedimentali, lo stesso ricorrente riconosce che il termine per la conclusione del procedimento non è perentorio e la sua violazione, pertanto, non determina ex se, l’illegittimità del procedimento.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 2.000.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi € 2.000.
orso347
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Iscritto il: ven mar 22, 2019 10:38 pm

Re: CAUSE DI SERVIZIO negative.

Messaggio da orso347 »

In ottemperanza al DPR 30 giugno 1965 n. 1124, una commissione scientifica è incaricata di aggiornare la lista delle malattie professionali (di cui l’ultimo aggiornamento è del 2014) per le quali è riconosciuto il nesso causale con le condizioni dell’attività lavorativa. Il dipendente quindi è tenuto solo a dimostrare di avervi prestato servizio, ma questo non avviene mai perché lo Stato continua a chiedere pareri interlocutori, relazioni integrative, etc, con l’unico fine di ostacolare il riconoscimento dei diritti ai servitori dello Stato che hanno contratto invalidità o addirittura perso la vita nell’adempimento del proprio dovere.
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