Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Rsa,
Aduc prepara ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
L’Aduc ha annunciato che si rivolgerà alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro lo Stato e le Regioni che tardano nella definizione dei LIVEAS come “comandato” dall’art. 46 della legge 289/02 (dieci anni fa). La questione è complessa ed è scoppiata dopo che la Corte Costituzionale, con sentenza 296/12, ha dichiarato «non fondata» la questione della legittimità costituzionale dell’articolo 14 della Legge Regionale Toscana 66 del 2008. Articolo che prevede che «la quota di partecipazione dovuta alla persona ultra 65enne ricoverata in una Rsa venga calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado». La Corte era stata chiamata in causa nel 2011 dal Tar della Toscana a seguito del ricorso dei familiari di una donna non autosufficiente ricoverata in una Rsa del casentinese. Questi cittadini chiedevano l’annullamento dei provvedimenti con i quali la Comunità montana del Casentino aveva stabilito – sulla base della legge regionale 66 – che il pagamento della retta fosse integrato dai familiari dell’assistita. Di fronte al Tar i ricorrenti avevano lamentato la violazione della normativa nazionale che in riferimento agli interventi assistenziali di natura socio-sanitaria rivolti a persone con handicap grave o a soggetti ultra 65enni non autosufficienti, impone di valutare la situazione economica del solo assistito, anche i relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.
“E’ scandaloso e paradossale affermare che – per evidenti ragioni di risparmio sul fronte della spesa pubblica – si proclami l’esigenza di una maggior equità distributiva non nei confronti della generalità degli assistiti dal sistema sanitario, ma esclusivamente con riferimento alle persone in condizione di handicap permanente grave e di conclamata non autosufficienza. Perché applicare “la logica del risparmio” esclusivamente nei confronti di persone che presentano bisogni di salute tali da richiedere elevati livelli di protezione sanitaria e socio sanitaria di lungo periodo? Perché non applicare il (malinteso) “principio di equità” solo nei confronti dei più deboli e non estenderlo al servizio sanitario nel suo complesso? Con buona pace del principio – sancito dall’articolo 1 della vigente legge sanitaria che prevede venga assicurata «l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del SSN” si legge nella nota con cui l’Aduc annuncia anche che denuncerà “al Tribunale dei Ministri per “omissione di atti dovuti” i tre Presidenti del Consiglio che non hanno provveduto alla definizione dei LIVEAS”.
Aduc prepara ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
L’Aduc ha annunciato che si rivolgerà alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro lo Stato e le Regioni che tardano nella definizione dei LIVEAS come “comandato” dall’art. 46 della legge 289/02 (dieci anni fa). La questione è complessa ed è scoppiata dopo che la Corte Costituzionale, con sentenza 296/12, ha dichiarato «non fondata» la questione della legittimità costituzionale dell’articolo 14 della Legge Regionale Toscana 66 del 2008. Articolo che prevede che «la quota di partecipazione dovuta alla persona ultra 65enne ricoverata in una Rsa venga calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado». La Corte era stata chiamata in causa nel 2011 dal Tar della Toscana a seguito del ricorso dei familiari di una donna non autosufficiente ricoverata in una Rsa del casentinese. Questi cittadini chiedevano l’annullamento dei provvedimenti con i quali la Comunità montana del Casentino aveva stabilito – sulla base della legge regionale 66 – che il pagamento della retta fosse integrato dai familiari dell’assistita. Di fronte al Tar i ricorrenti avevano lamentato la violazione della normativa nazionale che in riferimento agli interventi assistenziali di natura socio-sanitaria rivolti a persone con handicap grave o a soggetti ultra 65enni non autosufficienti, impone di valutare la situazione economica del solo assistito, anche i relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.
“E’ scandaloso e paradossale affermare che – per evidenti ragioni di risparmio sul fronte della spesa pubblica – si proclami l’esigenza di una maggior equità distributiva non nei confronti della generalità degli assistiti dal sistema sanitario, ma esclusivamente con riferimento alle persone in condizione di handicap permanente grave e di conclamata non autosufficienza. Perché applicare “la logica del risparmio” esclusivamente nei confronti di persone che presentano bisogni di salute tali da richiedere elevati livelli di protezione sanitaria e socio sanitaria di lungo periodo? Perché non applicare il (malinteso) “principio di equità” solo nei confronti dei più deboli e non estenderlo al servizio sanitario nel suo complesso? Con buona pace del principio – sancito dall’articolo 1 della vigente legge sanitaria che prevede venga assicurata «l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del SSN” si legge nella nota con cui l’Aduc annuncia anche che denuncerà “al Tribunale dei Ministri per “omissione di atti dovuti” i tre Presidenti del Consiglio che non hanno provveduto alla definizione dei LIVEAS”.
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Protesi anca tossiche, indagati cinque AD della DePuy Italia
Cinque amministratori delegati della DePuy Italia sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di frode in commercio e commercializzazione di prodotti dannosi per la salute. Al centro dell’inchiesta della Procura di Torino le protesi d’anca prodotte dalla Johnson&Johnson (e commercializzate dalla DePuy Italia) tra il 2003 e il 2010 che sarebbero tossiche in quanto avrebbero rilasciato tracce di metalli nel sangue. Il cui caso era già stato segnalato lo scorso anno da un’allerta del Ministero della Salute.
Secondo i dati raccolti al momento dall’azienda produttrice il 12-13% delle protesi già impiantate devono essere sostituite. Solo in Italia, tra il 2003 e il 2010, il periodo preso in esame dal pm Raffaele Guariniello, almeno 1.500 pazienti, dei 4.800 a cui sono state impiantate le protesti, si sono dovuti sottoporre a un intervento di sostituzione. I carabinieri del Nas di Torino e di Roma stanno controllando a tappeto tutti gli ospedali d’Italia per censire i casi e verificare che tutte le protesi sotto inchiesta siano state ritirate dal commercio.
“Una situazione molto grave, con ripercussioni pesantissime per la salute dei pazienti sottoposti all’intervento – dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – come Adoc stiamo seguendo con molta attenzione l’evoluzione della vicenda e stiamo valutando le possibili ipotesi di tutela dei soggetti vittime dell’accaduto, sia passati che futuri”.
Cinque amministratori delegati della DePuy Italia sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di frode in commercio e commercializzazione di prodotti dannosi per la salute. Al centro dell’inchiesta della Procura di Torino le protesi d’anca prodotte dalla Johnson&Johnson (e commercializzate dalla DePuy Italia) tra il 2003 e il 2010 che sarebbero tossiche in quanto avrebbero rilasciato tracce di metalli nel sangue. Il cui caso era già stato segnalato lo scorso anno da un’allerta del Ministero della Salute.
Secondo i dati raccolti al momento dall’azienda produttrice il 12-13% delle protesi già impiantate devono essere sostituite. Solo in Italia, tra il 2003 e il 2010, il periodo preso in esame dal pm Raffaele Guariniello, almeno 1.500 pazienti, dei 4.800 a cui sono state impiantate le protesti, si sono dovuti sottoporre a un intervento di sostituzione. I carabinieri del Nas di Torino e di Roma stanno controllando a tappeto tutti gli ospedali d’Italia per censire i casi e verificare che tutte le protesi sotto inchiesta siano state ritirate dal commercio.
“Una situazione molto grave, con ripercussioni pesantissime per la salute dei pazienti sottoposti all’intervento – dichiara Lamberto Santini, Presidente dell’Adoc – come Adoc stiamo seguendo con molta attenzione l’evoluzione della vicenda e stiamo valutando le possibili ipotesi di tutela dei soggetti vittime dell’accaduto, sia passati che futuri”.
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Sars, allarme nuovo virus dagli Emirati Arabi: in Italia nessun caso
L’allarme nuova Sars si allarga anche all’Europa: il virus che si è diffuso negli Emirati Arabi ha contagiato 30 persone e causato 18 vittime; due i casi registrati in Francia. In Italia, ad oggi non è stato segnalato nessun caso sospetto e il Ministero della Salute assicura che è già attiva una rete di sorveglianza delle gravi infezioni respiratorie acute (SARI) e delle sindromi da distress respiratorio acuto (ARDS) che coinvolge gli uffici periferici del Ministero e le strutture regionali.
Inoltre, è presente una Rete nazionale per la gestione della sindrome da insufficienza respiratoria acuta grave da polmoniti, con eventuale utilizzo della terapia ECMO. La situazione è costantemente monitorata dal Ministero che è in continuo contatto con l’OMS e l’ECDC e pubblica tempestivamente ogni nuovo aggiornamento sul suo Portale.
Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto agli stati di aumentare l’attenzione nei confronti del coronavirus responsabile della “nuova Sars”, che si trasmette da persona a persona, ma con contatti stretti come quelli familiari. Non si consigliano “particolari misure di protezione speciale nei punti di ingresso dei viaggiatori dall’estero e non raccomanda misure di restrizioni di viaggio o di commercio”. Con una nota l’Oms si incoraggia però l’osservazione sulle infezioni respiratorie acute, analizzando attentamente eventuali casi insoliti. “Gli operatori sanitari sono invitati a essere vigili sulle condizioni di salute dei viaggiatori di ritorno dalle zone colpite dal virus”, in particolare, precisa l’organizzazione mondiale della Sanità, coloro che sviluppino infezioni delle vie respiratorie inferiori.
E’ da precisare che in Francia il primo caso di contagio del virus riguarda un uomo rientrato da una vacanza a Dubai, il secondo riguarda una persona che era stata a stretto contatto con il primo paziente.
L’allarme nuova Sars si allarga anche all’Europa: il virus che si è diffuso negli Emirati Arabi ha contagiato 30 persone e causato 18 vittime; due i casi registrati in Francia. In Italia, ad oggi non è stato segnalato nessun caso sospetto e il Ministero della Salute assicura che è già attiva una rete di sorveglianza delle gravi infezioni respiratorie acute (SARI) e delle sindromi da distress respiratorio acuto (ARDS) che coinvolge gli uffici periferici del Ministero e le strutture regionali.
Inoltre, è presente una Rete nazionale per la gestione della sindrome da insufficienza respiratoria acuta grave da polmoniti, con eventuale utilizzo della terapia ECMO. La situazione è costantemente monitorata dal Ministero che è in continuo contatto con l’OMS e l’ECDC e pubblica tempestivamente ogni nuovo aggiornamento sul suo Portale.
Intanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto agli stati di aumentare l’attenzione nei confronti del coronavirus responsabile della “nuova Sars”, che si trasmette da persona a persona, ma con contatti stretti come quelli familiari. Non si consigliano “particolari misure di protezione speciale nei punti di ingresso dei viaggiatori dall’estero e non raccomanda misure di restrizioni di viaggio o di commercio”. Con una nota l’Oms si incoraggia però l’osservazione sulle infezioni respiratorie acute, analizzando attentamente eventuali casi insoliti. “Gli operatori sanitari sono invitati a essere vigili sulle condizioni di salute dei viaggiatori di ritorno dalle zone colpite dal virus”, in particolare, precisa l’organizzazione mondiale della Sanità, coloro che sviluppino infezioni delle vie respiratorie inferiori.
E’ da precisare che in Francia il primo caso di contagio del virus riguarda un uomo rientrato da una vacanza a Dubai, il secondo riguarda una persona che era stata a stretto contatto con il primo paziente.
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Nuova Sars e influenza H7N9, attenzione alta anche in Italia
L’allarme sulla nuova Sars non si placa, anzi c’è anche un altro virus, quello dell’influenza H7N9. Per ora il rischio di diffusione di questo virus in Europa è considerato basso, ma non può essere escluso l’ingresso in Italia di pazienti provenienti dalla Cina. Pertanto, la sorveglianza dovrà essere rinforzata per ricercare l’influenza A (H7N9) in persone di ritorno dalla Cina, che presentano un quadro respiratorio grave”. Lo scrive direttamente il Ministero della Salute che ha emanato 2 circolari in merito e pubblicato sul suo sito pagine con le risposte ai dubbi principali sulle due infezioni.
Le circolari, che seguono l’invito da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ad alzare il livello di attenzione, contengono tutte le informazioni per gli operatori sanitari sul riconoscimento, il trattamento e la segnalazione dei casi sospetti.
“Fondamentale é, adesso, la sorveglianza e il controllo dell’infezione – si legge nella circolare sulla nuova Sars – sia nelle aree fino ad oggi interessate dai casi di infezione da nuovo coronavirus che per i cluster di malattie respiratorie inusuali che si verificano in altri Paesi”.
L’Oms, sottolineano entrambi i documenti, per il momento non raccomanda controlli speciali o restrizioni ai viaggi.
“In questa fase, il rischio di diffusione del virus in Europa è considerato basso – spiega la circolare sull’influenza H7N9 – Tuttavia, non può essere escluso. Pertanto, la sorveglianza dovrà essere rinforzata”.
L’allarme sulla nuova Sars non si placa, anzi c’è anche un altro virus, quello dell’influenza H7N9. Per ora il rischio di diffusione di questo virus in Europa è considerato basso, ma non può essere escluso l’ingresso in Italia di pazienti provenienti dalla Cina. Pertanto, la sorveglianza dovrà essere rinforzata per ricercare l’influenza A (H7N9) in persone di ritorno dalla Cina, che presentano un quadro respiratorio grave”. Lo scrive direttamente il Ministero della Salute che ha emanato 2 circolari in merito e pubblicato sul suo sito pagine con le risposte ai dubbi principali sulle due infezioni.
Le circolari, che seguono l’invito da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ad alzare il livello di attenzione, contengono tutte le informazioni per gli operatori sanitari sul riconoscimento, il trattamento e la segnalazione dei casi sospetti.
“Fondamentale é, adesso, la sorveglianza e il controllo dell’infezione – si legge nella circolare sulla nuova Sars – sia nelle aree fino ad oggi interessate dai casi di infezione da nuovo coronavirus che per i cluster di malattie respiratorie inusuali che si verificano in altri Paesi”.
L’Oms, sottolineano entrambi i documenti, per il momento non raccomanda controlli speciali o restrizioni ai viaggi.
“In questa fase, il rischio di diffusione del virus in Europa è considerato basso – spiega la circolare sull’influenza H7N9 – Tuttavia, non può essere escluso. Pertanto, la sorveglianza dovrà essere rinforzata”.
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Pure caffeine, allarme su dimagrante venduto in rete
Nuovo allarme sul fronte dei prodotti dimagranti: riguarda “Pure caffeine 200 mg” venduto su Internet come prodotto dimagrante. Tra i principi attivi c’è il DNP, sostanza fortemente tossica che può provocare intossicazioni anche letali. A lanciare l’allerta è stato qualche giorno fa il Ministero della Salute tedesco: in Germania il prodotto è venduto come medicinale ed è stato analizzato in laboratorio. In Italia il prodotto non è classificato né come farmaco né come integratore.
Altroconsumo invita a non acquistarlo e non utilizzarlo se lo si è già comprato e fa sapere che il produttore è sconosciuto. Si sa solo che su internet viene commercializzato da D-Hacks Laboratories. Pure caffeine 200mg viene spacciato come prodotto dimagrante, ma il riferimento alla “caffeina” (sostanza utilizzata in genere nelle formule dimagranti) in questo caso è usato solo per ingannare i consumatori. In realtà il prodotto è altamente tossico perché contiene 296 mg di DNP (2,4 dinitrofenolo), sostanza che si accumula nell’organismo e può provocare intossicazioni, anche letali. La dose letale di DNP è molto bassa: pari a 1.000-3.000 mg (circa 4-10 compresse). Nel 2008 sono stati appurati casi di morte dopo aver consumato 600 mg al giorno di questa sostanza per 4 giorni.
Nuovo allarme sul fronte dei prodotti dimagranti: riguarda “Pure caffeine 200 mg” venduto su Internet come prodotto dimagrante. Tra i principi attivi c’è il DNP, sostanza fortemente tossica che può provocare intossicazioni anche letali. A lanciare l’allerta è stato qualche giorno fa il Ministero della Salute tedesco: in Germania il prodotto è venduto come medicinale ed è stato analizzato in laboratorio. In Italia il prodotto non è classificato né come farmaco né come integratore.
Altroconsumo invita a non acquistarlo e non utilizzarlo se lo si è già comprato e fa sapere che il produttore è sconosciuto. Si sa solo che su internet viene commercializzato da D-Hacks Laboratories. Pure caffeine 200mg viene spacciato come prodotto dimagrante, ma il riferimento alla “caffeina” (sostanza utilizzata in genere nelle formule dimagranti) in questo caso è usato solo per ingannare i consumatori. In realtà il prodotto è altamente tossico perché contiene 296 mg di DNP (2,4 dinitrofenolo), sostanza che si accumula nell’organismo e può provocare intossicazioni, anche letali. La dose letale di DNP è molto bassa: pari a 1.000-3.000 mg (circa 4-10 compresse). Nel 2008 sono stati appurati casi di morte dopo aver consumato 600 mg al giorno di questa sostanza per 4 giorni.
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Malagrotta, Codici chiede Commissione d’inchiesta su responsabilità delle morti
Malagrotta e dintorni: continuano le richieste d’aiuto (inascoltate) da parte dei cittadini che abitano nella zona di Valle Galeria e che, da tempo, lamentano malattie e morti anomale in percentuali rilevanti. Codici ha avviato la campagna “Azione Collettiva Popolare per le morti sospette in Valle Galeria” in conseguenza alle indagini svolte sulla condizione degli abitanti del XV e XVI municipio di Roma; l’Associazione chiede di essere audita in Commissione Sanità e in Commissione Ambiente, per poter illustrare l’attività svolta e le proposte da poter avviare per la risoluzione della critica situazione presente a Valle Galeria.
Numerosi studi dimostrano che l’area è fortemente inquinata. Si rileva un’alta incidenza di gravi patologie tra la popolazione, come malattie bronchiali, alla tiroide, alle vie respiratorie, allergie. Altrettanto preoccupanti sono, per via del numero in costante crescita e per l’incidenza decisamente più alta rispetto al resto della città, le morti per tumore alla vescica, ai bronchi, ai polmoni. La grave situazione sanitaria è certamente riferibile alle condizioni di insalubrità ambientale, visto che nella zona sono ubicati la discarica più grande d’Europa, Malagrotta, una raffineria e un gassificatore, i quali tutti concorrono a determinare gravi situazioni di pericolo per l’ambiente e la salute dei cittadini.
Il Codici ha avviato una campagna denominata “Azione Collettiva Popolare per le morti sospette in Valle Galeria” in conseguenza alle indagini svolte prendendo in esame la condizione dei gli abitanti del XV e XVI municipio di Roma in cui si sviluppa la Valle Galeria. “In base ai dati in esistenti, derivanti anche da indagini sull’inquinamento della zona, esiste una netta associazione tra l’inconsueta incidenza di mortalità in loco e i livelli di esposizione al alcune particolari molecole – commenta Marisa Barbieri, Responsabile Codici – Per questo motivo il Codici chiede al Consiglio Regionale di istituire una Commissione d’Inchiesta per accertare la reale incidenza e responsabilità delle numerose morti sospette nella zona di Valle Galeria. L’Associazione chiede di essere audita in Commissione Sanità e in Commissione Ambiente, per poter illustrare l’attività svolta e le proposte da poter avviare per la risoluzione della critica situazione presente a Valle Galeria”.
Malagrotta e dintorni: continuano le richieste d’aiuto (inascoltate) da parte dei cittadini che abitano nella zona di Valle Galeria e che, da tempo, lamentano malattie e morti anomale in percentuali rilevanti. Codici ha avviato la campagna “Azione Collettiva Popolare per le morti sospette in Valle Galeria” in conseguenza alle indagini svolte sulla condizione degli abitanti del XV e XVI municipio di Roma; l’Associazione chiede di essere audita in Commissione Sanità e in Commissione Ambiente, per poter illustrare l’attività svolta e le proposte da poter avviare per la risoluzione della critica situazione presente a Valle Galeria.
Numerosi studi dimostrano che l’area è fortemente inquinata. Si rileva un’alta incidenza di gravi patologie tra la popolazione, come malattie bronchiali, alla tiroide, alle vie respiratorie, allergie. Altrettanto preoccupanti sono, per via del numero in costante crescita e per l’incidenza decisamente più alta rispetto al resto della città, le morti per tumore alla vescica, ai bronchi, ai polmoni. La grave situazione sanitaria è certamente riferibile alle condizioni di insalubrità ambientale, visto che nella zona sono ubicati la discarica più grande d’Europa, Malagrotta, una raffineria e un gassificatore, i quali tutti concorrono a determinare gravi situazioni di pericolo per l’ambiente e la salute dei cittadini.
Il Codici ha avviato una campagna denominata “Azione Collettiva Popolare per le morti sospette in Valle Galeria” in conseguenza alle indagini svolte prendendo in esame la condizione dei gli abitanti del XV e XVI municipio di Roma in cui si sviluppa la Valle Galeria. “In base ai dati in esistenti, derivanti anche da indagini sull’inquinamento della zona, esiste una netta associazione tra l’inconsueta incidenza di mortalità in loco e i livelli di esposizione al alcune particolari molecole – commenta Marisa Barbieri, Responsabile Codici – Per questo motivo il Codici chiede al Consiglio Regionale di istituire una Commissione d’Inchiesta per accertare la reale incidenza e responsabilità delle numerose morti sospette nella zona di Valle Galeria. L’Associazione chiede di essere audita in Commissione Sanità e in Commissione Ambiente, per poter illustrare l’attività svolta e le proposte da poter avviare per la risoluzione della critica situazione presente a Valle Galeria”.
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Nuova Sars, i casi salgono a 10 (tutti in Toscana)
Sale a 10 (tutti in Toscana) il numero di persone che hanno contratto il virus della nuova Sars, denominato Mers (Middle-East Respiratory Sindrome). Da martedì scorso l’Ospedale di Careggi di Firenze è alle prese con il nuovo virus: il primo caso è stato un uomo giordano di 45 anni, che ha poi contagiato la nipotina e una collega di lavoro. Da ieri i contagi sono diventati 10: si tratta di persone risultate positive al test del nuova virus, ma in una situazione asintomatica.
I campioni sono stati inviati all’Istituto Superiore di Sanità per conferma. Sembra che il virus sia facilmente degradabile quindi nell’aria non rimane a lungo, anche se si trasmette anche attraverso uno starnuto. Si sta cercando di capire meglio che forma di virus sia visto che non segue lo schema indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: invece di essere un virus fortemente aggressivo, ma difficilmente trasmissibile, sembra essere esattamente il contrario.
“I casi di Sars verificatisi recentemente hanno rivelato una nuova forma di contagio, privo di evidenti sintomatologie – scrive Federconsumatori in una nota – Di fronte a tali novità è fondamentale il ruolo della comunità scientifica, che deve dare indicazioni chiare e tempestive ai cittadini, indicando i comportamenti da assumere in questi casi. Ora più che mai è necessario garantire ai cittadini diagnosi rapide e terapie efficaci, che si devono inserire in un quadro di prevenzione e verifiche continue”. Per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini, Federconsumatori chiede all’intera comunità scientifica di accelerare sia i tempi di accertamento circa le modalità di contagio, sia quelli di verifica dell’efficacia delle terapie. È necessario, infatti, che le autorità sanitarie mettano in atto uno sforzo costante per comunicare ai cittadini i risultati dei controlli e delle verifiche, tenendoli aggiornati anche sulla diffusione del contagio.
Sale a 10 (tutti in Toscana) il numero di persone che hanno contratto il virus della nuova Sars, denominato Mers (Middle-East Respiratory Sindrome). Da martedì scorso l’Ospedale di Careggi di Firenze è alle prese con il nuovo virus: il primo caso è stato un uomo giordano di 45 anni, che ha poi contagiato la nipotina e una collega di lavoro. Da ieri i contagi sono diventati 10: si tratta di persone risultate positive al test del nuova virus, ma in una situazione asintomatica.
I campioni sono stati inviati all’Istituto Superiore di Sanità per conferma. Sembra che il virus sia facilmente degradabile quindi nell’aria non rimane a lungo, anche se si trasmette anche attraverso uno starnuto. Si sta cercando di capire meglio che forma di virus sia visto che non segue lo schema indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: invece di essere un virus fortemente aggressivo, ma difficilmente trasmissibile, sembra essere esattamente il contrario.
“I casi di Sars verificatisi recentemente hanno rivelato una nuova forma di contagio, privo di evidenti sintomatologie – scrive Federconsumatori in una nota – Di fronte a tali novità è fondamentale il ruolo della comunità scientifica, che deve dare indicazioni chiare e tempestive ai cittadini, indicando i comportamenti da assumere in questi casi. Ora più che mai è necessario garantire ai cittadini diagnosi rapide e terapie efficaci, che si devono inserire in un quadro di prevenzione e verifiche continue”. Per garantire la sicurezza e la salute dei cittadini, Federconsumatori chiede all’intera comunità scientifica di accelerare sia i tempi di accertamento circa le modalità di contagio, sia quelli di verifica dell’efficacia delle terapie. È necessario, infatti, che le autorità sanitarie mettano in atto uno sforzo costante per comunicare ai cittadini i risultati dei controlli e delle verifiche, tenendoli aggiornati anche sulla diffusione del contagio.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Cassazione: i malati di Alzheimer non devono pagare il ricovero
Gli enti pubblici e le case di cura convenzionate non possono far pagare la retta per il ricovero di una persona affetta dal morbo di Alzheimer al malato o al parente. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012 con la quale statuisce che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Con l’effetto che il Comune non può rivalersi sul malato o, se questi è nel frattempo deceduto, sui suoi parenti. A darne notizia è la Confconsumatori che già in passato ha ottentuto sentenze analoghe circa il ricovero di ultrasessantacinquenni non autosufficienti: anche in questo caso, secondo l’art. 23 della legge n. 328/2000, non è possibile per un ente pubblico o una casa di cura rivalersi sui parenti dell’assistito. Per approfondire è possibile leggere l’articolo di Giovanni Franchi, legale di Confconsumatori Parma.
Gli enti pubblici e le case di cura convenzionate non possono far pagare la retta per il ricovero di una persona affetta dal morbo di Alzheimer al malato o al parente. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012 con la quale statuisce che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Con l’effetto che il Comune non può rivalersi sul malato o, se questi è nel frattempo deceduto, sui suoi parenti. A darne notizia è la Confconsumatori che già in passato ha ottentuto sentenze analoghe circa il ricovero di ultrasessantacinquenni non autosufficienti: anche in questo caso, secondo l’art. 23 della legge n. 328/2000, non è possibile per un ente pubblico o una casa di cura rivalersi sui parenti dell’assistito. Per approfondire è possibile leggere l’articolo di Giovanni Franchi, legale di Confconsumatori Parma.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Ecco l'articolo di cui alla mia notizia precedente.
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I Comuni e le Case di cura convenzionate non possono più chiedere la restituzione delle rette di ricovero delle persone affette dal morbo di Alzheimer
È ormai da lungo tempo che ci occupiamo delle rette di ricovero degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti, sostenendo che le norme in materia, in primo luogo l'art. 23 della legge n. 328/2000, "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", siano di cristallina chiarezza nell’escludere che ai parenti, figli o nipoti, possa essere richiesto alcunché.
Oggi si deve esaminare un’altra analoga questione: se gli enti pubblici o le case di cure convenzionate possano far pagare al malato o al parente la retta per il ricovero di una persona affetta dal morbo di Alzheimer.
Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012, statuendo che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Con l’effetto che il Comune non può rivalersi sul malato o, se questi è nel frattempo deceduto, sui suoi parenti.
La vicenda decisa dalla S.C. prendeva le mosse da una domanda di restituzione, avanzata dai figli di una persone malata di Alzheimer, di quanto versato al Comune a titolo di quota sociale per la degenza in RSA. Nel giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Treviso il Comune, da parte sua, aveva chiesto la condanna dei tenuti agli alimenti al pagamento della retta. Quel giudice aveva dato torto ai figli, perché –a suo avviso- “le prestazioni fornite alla persona degente in RSA –malata di Alzheimer- avevano carattere sia sanitario che assistenziale e che, in relazione al secondo aspetto, esse gravavano sul Comune solo nell'ipotesi di indigenza della persona assistita”.
La Corte d'appello di Venezia ha riformato la sentenza, dando invece ragione ai familiari della persona degente. Secondo i giudici di appello infatti, “la natura di carattere sanitario delle prestazioni eseguite nei confronti della Z., gravemente affetta dal morbo di Alzheimer e sottoposta a terapie continue, a fronte delle quali le prestazioni di natura non sanitaria assumevano un carattere marginale e accessorio.”
Il Comune ricorreva allora in Cassazione rilevando che la Corte d'Appello non aveva tenuto in debito conto le determinazioni comunali e regionali sulla ripartizione delle quota, sanitaria e sociale: “La pretesa dell'ente territoriale a ben vedere si fonda principalmente sulla scindibilità delle prestazioni di natura sanitaria effettuata nei confronti della paziente ricoverata da quelle poste a carico del Comune e quindi, di natura meramente assistenziale, virtualmente recuperabili mediante azioni di rivalsa.”.
La Cassazione si è schierata con le famiglie dei malati di Alzheimer, affermando che quando ci sono condizioni di salute che richiedono una «stretta correlazione» tra «prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del Sevizio sanitario nazionale», non «vi è luogo per una determinazione di quote nel senso invocato dal Comune di Carbonera». Una simile distinzione tra gli aspetti della cura e quelli dell'assistenza, spiega la Suprema Corte, «presuppone una scindibilità delle prestazioni» che non ricorre nell'ipotesi dei malati di Alzheimer, che hanno bisogno di una «stretta correlazione» di prestazioni sanitarie e assistenziali, con «netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria».
Inutile che il Comune abbia fatto presente che la giunta comunale si era adeguata alla Regione che suddivide il budget in quote giornaliere di spesa sanitaria rimborsabile, ad esclusione dei costi di assistenza. Per la Cassazione, in fatto di sanità la legge che più conta «è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana».
La Corte, che sul punto ha confermato una decisione precedente, è partita dall’assunto dell'esigenza di un'interpretazione che tenga conto del nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana: “In tale quadro, ed alla luce del principio affermato, in linea generale, dalla legge di riforma sanitaria, che prevede la erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, da parte del servizio sanitario nazionale, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale (L. n. 833 del 1978, artt. 1, 3, 19, 53 e 63), di per sé ostativa a qualsiasi azione di rivalsa (Cass., 26 marzo 2003, n. 4460), la lettura della norma contenuta nella L. n. 730 del 1983, art. 30 deve effettuarsi, per altro in maniera conforme al tenore letterale della disposizione, nel senso di ritenere che gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali sono a carico del fondo sanitario nazionale. In tale prospettiva si è consolidato un indirizzo interpretativo del tutto omogeneo, tale da costituire diritto vivente, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale”
Tale interpretazione è in linea con quanto indicato dal D.P.C.M. 8 agosto 1985 soprattutto laddove al punto 1 definisce attività di rilievo sanitario quelle – che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio assistenziali, purché siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo –“ .Sottolinea la Corte di Cassazione che il diritto alla salute è protetto dalla Costituzione come “ambito inviolabile della dignità umana ed è di per sé ostativo a qualsiasi azione di rivalsa”.
Se ne deduce pertanto che nessuna rivalsa può essere posta in essere nei confronti di pazienti e, soprattutto, dei parenti di questi ultimi, dal momento che nella patologia del morbo di Alzheimer, se non sono inscindibili le attività socio assistenziali da quelle sanitarie e la cura dei pazienti, deve essere considerata di rilievo totalmente sanitario e, quindi, -si cita ancora la sentenza -“trattasi di prestazioni totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.
Importantissima anche la decisione della S.C. relativamente alla “promessa di pagamento” sottoscritta dai parenti dell'assistito al momento del ricovero, ritenuta nulla perché -si cita ancora la sentenza –trattasi “(indiscutibilmente) di prestazioni totalmente a carico del Sistema Sanitario Nazionale”.
Arrivati a questo punto della trattazione, devono esaminarsi le conseguenze della sentenza. Ovunque sia o sia stato ricoverato il malato, a meno che lo stesso non avesse preferito una casa di cura privata non convenzionata, nulla può essere a lui richiesto o ai suoi figli se deceduto. Lui o gli eredi possono chiedere la restituzione di quanto corrisposto negli ultimi dieci anni.
E chi è il debitore? A chi, in altri termini, può essere chiesta la rifusione? Il Comune se il ricovero è o era presso una RSA comunale, la casa di cura convenzionata se la persona affetta da Alzheimer si trova o trovava in una di queste strutture. Mai comunque il Servizio Sanitario Nazionale, che è solo il soggetto tenuto al pagamento del ricovero e nei confronti del quale devono rivalersi il Comune o la casa di cura.
Un ultimo problema riguarda il giudice competente per territorio, davanti al quale promuovere eventuali causa di restituzione. Siamo del parere che, essendo il malato un consumatore, sia invocabile il c.d. foro del consumatore, con l’effetto che l’azione andrà esercitata davanti al Tribunale del luogo dove egli risiede, magari – perché no? -, versandosi al cospetto di un giudizio che non richiede una istruzione con il rito semplificato di cui all’art. 702 bis c.p.c.
avv. Giovanni Franchi
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I Comuni e le Case di cura convenzionate non possono più chiedere la restituzione delle rette di ricovero delle persone affette dal morbo di Alzheimer
È ormai da lungo tempo che ci occupiamo delle rette di ricovero degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti, sostenendo che le norme in materia, in primo luogo l'art. 23 della legge n. 328/2000, "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", siano di cristallina chiarezza nell’escludere che ai parenti, figli o nipoti, possa essere richiesto alcunché.
Oggi si deve esaminare un’altra analoga questione: se gli enti pubblici o le case di cure convenzionate possano far pagare al malato o al parente la retta per il ricovero di una persona affetta dal morbo di Alzheimer.
Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012, statuendo che la retta deve essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Con l’effetto che il Comune non può rivalersi sul malato o, se questi è nel frattempo deceduto, sui suoi parenti.
La vicenda decisa dalla S.C. prendeva le mosse da una domanda di restituzione, avanzata dai figli di una persone malata di Alzheimer, di quanto versato al Comune a titolo di quota sociale per la degenza in RSA. Nel giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Treviso il Comune, da parte sua, aveva chiesto la condanna dei tenuti agli alimenti al pagamento della retta. Quel giudice aveva dato torto ai figli, perché –a suo avviso- “le prestazioni fornite alla persona degente in RSA –malata di Alzheimer- avevano carattere sia sanitario che assistenziale e che, in relazione al secondo aspetto, esse gravavano sul Comune solo nell'ipotesi di indigenza della persona assistita”.
La Corte d'appello di Venezia ha riformato la sentenza, dando invece ragione ai familiari della persona degente. Secondo i giudici di appello infatti, “la natura di carattere sanitario delle prestazioni eseguite nei confronti della Z., gravemente affetta dal morbo di Alzheimer e sottoposta a terapie continue, a fronte delle quali le prestazioni di natura non sanitaria assumevano un carattere marginale e accessorio.”
Il Comune ricorreva allora in Cassazione rilevando che la Corte d'Appello non aveva tenuto in debito conto le determinazioni comunali e regionali sulla ripartizione delle quota, sanitaria e sociale: “La pretesa dell'ente territoriale a ben vedere si fonda principalmente sulla scindibilità delle prestazioni di natura sanitaria effettuata nei confronti della paziente ricoverata da quelle poste a carico del Comune e quindi, di natura meramente assistenziale, virtualmente recuperabili mediante azioni di rivalsa.”.
La Cassazione si è schierata con le famiglie dei malati di Alzheimer, affermando che quando ci sono condizioni di salute che richiedono una «stretta correlazione» tra «prestazioni sanitarie e assistenziali, tale da determinare la totale competenza del Sevizio sanitario nazionale», non «vi è luogo per una determinazione di quote nel senso invocato dal Comune di Carbonera». Una simile distinzione tra gli aspetti della cura e quelli dell'assistenza, spiega la Suprema Corte, «presuppone una scindibilità delle prestazioni» che non ricorre nell'ipotesi dei malati di Alzheimer, che hanno bisogno di una «stretta correlazione» di prestazioni sanitarie e assistenziali, con «netta prevalenza degli aspetti di natura sanitaria».
Inutile che il Comune abbia fatto presente che la giunta comunale si era adeguata alla Regione che suddivide il budget in quote giornaliere di spesa sanitaria rimborsabile, ad esclusione dei costi di assistenza. Per la Cassazione, in fatto di sanità la legge che più conta «è il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana».
La Corte, che sul punto ha confermato una decisione precedente, è partita dall’assunto dell'esigenza di un'interpretazione che tenga conto del nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana: “In tale quadro, ed alla luce del principio affermato, in linea generale, dalla legge di riforma sanitaria, che prevede la erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, da parte del servizio sanitario nazionale, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale (L. n. 833 del 1978, artt. 1, 3, 19, 53 e 63), di per sé ostativa a qualsiasi azione di rivalsa (Cass., 26 marzo 2003, n. 4460), la lettura della norma contenuta nella L. n. 730 del 1983, art. 30 deve effettuarsi, per altro in maniera conforme al tenore letterale della disposizione, nel senso di ritenere che gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali sono a carico del fondo sanitario nazionale. In tale prospettiva si è consolidato un indirizzo interpretativo del tutto omogeneo, tale da costituire diritto vivente, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio Sanitario Nazionale”
Tale interpretazione è in linea con quanto indicato dal D.P.C.M. 8 agosto 1985 soprattutto laddove al punto 1 definisce attività di rilievo sanitario quelle – che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio assistenziali, purché siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo –“ .Sottolinea la Corte di Cassazione che il diritto alla salute è protetto dalla Costituzione come “ambito inviolabile della dignità umana ed è di per sé ostativo a qualsiasi azione di rivalsa”.
Se ne deduce pertanto che nessuna rivalsa può essere posta in essere nei confronti di pazienti e, soprattutto, dei parenti di questi ultimi, dal momento che nella patologia del morbo di Alzheimer, se non sono inscindibili le attività socio assistenziali da quelle sanitarie e la cura dei pazienti, deve essere considerata di rilievo totalmente sanitario e, quindi, -si cita ancora la sentenza -“trattasi di prestazioni totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale”.
Importantissima anche la decisione della S.C. relativamente alla “promessa di pagamento” sottoscritta dai parenti dell'assistito al momento del ricovero, ritenuta nulla perché -si cita ancora la sentenza –trattasi “(indiscutibilmente) di prestazioni totalmente a carico del Sistema Sanitario Nazionale”.
Arrivati a questo punto della trattazione, devono esaminarsi le conseguenze della sentenza. Ovunque sia o sia stato ricoverato il malato, a meno che lo stesso non avesse preferito una casa di cura privata non convenzionata, nulla può essere a lui richiesto o ai suoi figli se deceduto. Lui o gli eredi possono chiedere la restituzione di quanto corrisposto negli ultimi dieci anni.
E chi è il debitore? A chi, in altri termini, può essere chiesta la rifusione? Il Comune se il ricovero è o era presso una RSA comunale, la casa di cura convenzionata se la persona affetta da Alzheimer si trova o trovava in una di queste strutture. Mai comunque il Servizio Sanitario Nazionale, che è solo il soggetto tenuto al pagamento del ricovero e nei confronti del quale devono rivalersi il Comune o la casa di cura.
Un ultimo problema riguarda il giudice competente per territorio, davanti al quale promuovere eventuali causa di restituzione. Siamo del parere che, essendo il malato un consumatore, sia invocabile il c.d. foro del consumatore, con l’effetto che l’azione andrà esercitata davanti al Tribunale del luogo dove egli risiede, magari – perché no? -, versandosi al cospetto di un giudizio che non richiede una istruzione con il rito semplificato di cui all’art. 702 bis c.p.c.
avv. Giovanni Franchi
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Ozopulmin
Farmaco per bambini contraffatto, sequestrate 35 mila confezioni di Ozopulmin
I Nas hanno sequestrato tre lotti di supposte di Ozopulmin dell’azienda farmaceutica Geymonat, pari a 35mila confezioni in tutto, usato prevalentemente per i lattanti e i bambini: dovevano curare la tosse ma non lo facevano perché privi di principio attivo. L’azienda non lo aveva più a disposizione ma non voleva smettere di produrre per non perdere la fetta di mercato, così vi aveva inserito una sostanza che ne simulava la presenza durante le analisi. “Controllate se avente in casa Ozopulmin, in caso sospendetene l’uso e consegnate le scatole ai Nas o al farmacista” ha detto il vicecomandante dei Nas, Antonio Diomeda. I farmaci, con scadenza al marzo 2016, sono stati ritirati dal commercio ma 9 mila confezioni potrebbero essere già state utilizzate.
L’indagine è stata condotta con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed ha portato anche all’arresto ai domiciliari di tre dirigenti, accusati di aver “deliberatamente contraffatto un medicinale utilizzato anche per la cura di affezioni respiratorie di bambini e lattanti”. L’operazione è partita dalla segnalazione al sistema di farmacovigilanza da parte di un farmacista.
Il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha espresso grande soddisfazione per il lavoro di Nas, ISS e AIFA: “Ho voluto chiamare personalmente il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Leonardo Gallitelli – ha dichiarato il Ministro Lorenzin – per esprimere la mia gratitudine ai Nas per lo straordinario profilo dell’operazione a tutela della salute dei cittadini, e in particolare di bambini e lattanti. Il sequestro del farmaco Ozopulmin e il fermo dei presunti responsabili della contraffazione - ha proseguito il Ministro - è stato reso possibile dalla sinergia di tutti gli organi del Ministero della salute impegnati nella salvaguardia della sicurezza del malato e a tutti voglio rivolgere un sentito ringraziamento”.
“Come rappresentante della professione posso sottolineare con soddisfazione che a segnalare le anomalie del medicinale oggetto dell’intervento dei NAS è stato un farmacista. Anche se non sempre dà luogo a casi clamorosi come questo, l’opera di farmacovigilanza è una delle incombenze quotidiane di tutti i farmacisti, che operino nelle farmacie di comunità, nell’ospedale o nelle strutture territoriali. E non a caso è uno degli aspetti sui quali si è concentrata l’attività di formazione della Federazione”, ha detto il presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, Andrea Mandelli a commento della vicenda che ha coinvolto il medicinale Ozopulmin.
Parole di rassicurazione arrivano da Federfarma: “L’Ozopulmin, il farmaco della Geymonat al centro del caso di contraffazione denunciato oggi dai Carabinieri dei Nas, non è più in commercio nelle farmacie italiane da circa un anno”. La precisazione arriva dopo l’appello con cui stamattina il vicecomandante dei Nas ha invitato a non usare il prodotto. “E’ un avvertimento rivolto a pazienti e famiglie – spiega la presidente di Federfarma, Annarosa Racca – perché negli armadietti dei medicinali qualcuno potrebbe ancora avere qualche confezione di Ozopulmin. Abbiamo già dato indicazioni alle farmacie associate perché rivolgano la stessa raccomandazione alla clientela”. Impossibile invece che il farmaco possa essere acquistato: nel giugno dell’anno scorso, infatti, l’Aifa aveva ordinato il ritiro del prodotto da tutte le farmacie del territorio, in concomitanza con l’avvio dell’indagine e i primi controlli dell’Istituto superiore di sanità sui campioni sequestrati.
E si mobilita il Codacons. “Stiamo già predisponendo le basi per una azione collettiva da parte dei consumatori di Ozopulmin finalizzata, una volta accertati gli illeciti, a far ottenere a chi ha acquistato o utilizzato il prodotto il risarcimento dei danni subiti, sia sotto il profilo economico che sotto quello dei rischi sanitari corsi, in relazione all’inefficacia del medicinale e al conseguente possibile aggravamento delle condizioni di salute di chi lo assunto – spiega il presidente Carlo Rienzi – Ci costituiremo inoltre parte offesa nel procedimento nei confronti dei responsabili degli illeciti contestati”.
Farmaco per bambini contraffatto, sequestrate 35 mila confezioni di Ozopulmin
I Nas hanno sequestrato tre lotti di supposte di Ozopulmin dell’azienda farmaceutica Geymonat, pari a 35mila confezioni in tutto, usato prevalentemente per i lattanti e i bambini: dovevano curare la tosse ma non lo facevano perché privi di principio attivo. L’azienda non lo aveva più a disposizione ma non voleva smettere di produrre per non perdere la fetta di mercato, così vi aveva inserito una sostanza che ne simulava la presenza durante le analisi. “Controllate se avente in casa Ozopulmin, in caso sospendetene l’uso e consegnate le scatole ai Nas o al farmacista” ha detto il vicecomandante dei Nas, Antonio Diomeda. I farmaci, con scadenza al marzo 2016, sono stati ritirati dal commercio ma 9 mila confezioni potrebbero essere già state utilizzate.
L’indagine è stata condotta con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed ha portato anche all’arresto ai domiciliari di tre dirigenti, accusati di aver “deliberatamente contraffatto un medicinale utilizzato anche per la cura di affezioni respiratorie di bambini e lattanti”. L’operazione è partita dalla segnalazione al sistema di farmacovigilanza da parte di un farmacista.
Il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha espresso grande soddisfazione per il lavoro di Nas, ISS e AIFA: “Ho voluto chiamare personalmente il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Leonardo Gallitelli – ha dichiarato il Ministro Lorenzin – per esprimere la mia gratitudine ai Nas per lo straordinario profilo dell’operazione a tutela della salute dei cittadini, e in particolare di bambini e lattanti. Il sequestro del farmaco Ozopulmin e il fermo dei presunti responsabili della contraffazione - ha proseguito il Ministro - è stato reso possibile dalla sinergia di tutti gli organi del Ministero della salute impegnati nella salvaguardia della sicurezza del malato e a tutti voglio rivolgere un sentito ringraziamento”.
“Come rappresentante della professione posso sottolineare con soddisfazione che a segnalare le anomalie del medicinale oggetto dell’intervento dei NAS è stato un farmacista. Anche se non sempre dà luogo a casi clamorosi come questo, l’opera di farmacovigilanza è una delle incombenze quotidiane di tutti i farmacisti, che operino nelle farmacie di comunità, nell’ospedale o nelle strutture territoriali. E non a caso è uno degli aspetti sui quali si è concentrata l’attività di formazione della Federazione”, ha detto il presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, Andrea Mandelli a commento della vicenda che ha coinvolto il medicinale Ozopulmin.
Parole di rassicurazione arrivano da Federfarma: “L’Ozopulmin, il farmaco della Geymonat al centro del caso di contraffazione denunciato oggi dai Carabinieri dei Nas, non è più in commercio nelle farmacie italiane da circa un anno”. La precisazione arriva dopo l’appello con cui stamattina il vicecomandante dei Nas ha invitato a non usare il prodotto. “E’ un avvertimento rivolto a pazienti e famiglie – spiega la presidente di Federfarma, Annarosa Racca – perché negli armadietti dei medicinali qualcuno potrebbe ancora avere qualche confezione di Ozopulmin. Abbiamo già dato indicazioni alle farmacie associate perché rivolgano la stessa raccomandazione alla clientela”. Impossibile invece che il farmaco possa essere acquistato: nel giugno dell’anno scorso, infatti, l’Aifa aveva ordinato il ritiro del prodotto da tutte le farmacie del territorio, in concomitanza con l’avvio dell’indagine e i primi controlli dell’Istituto superiore di sanità sui campioni sequestrati.
E si mobilita il Codacons. “Stiamo già predisponendo le basi per una azione collettiva da parte dei consumatori di Ozopulmin finalizzata, una volta accertati gli illeciti, a far ottenere a chi ha acquistato o utilizzato il prodotto il risarcimento dei danni subiti, sia sotto il profilo economico che sotto quello dei rischi sanitari corsi, in relazione all’inefficacia del medicinale e al conseguente possibile aggravamento delle condizioni di salute di chi lo assunto – spiega il presidente Carlo Rienzi – Ci costituiremo inoltre parte offesa nel procedimento nei confronti dei responsabili degli illeciti contestati”.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Creme da giorno al retinolo, Il Salvagente lancia l’allarme
Retinolo e sole. Un mix pericoloso. A lanciare l’allarme un’inchiesta firmata da Il Salvagente, da oggi in edicola, secondo cui “basta una manciata di minuti al caldissimo sole delle ore centrali della giornata per rischiare irritazioni cutanee, eritemi, bruciature. E persino una più rapida formazione di tumori cutanei. Il profilo di rischio fototossicologico del retinolo emerge con costanza in letteratura. Eppure, negli scaffali dei nostri negozi continuiamo a trovarlo nelle creme da giorno. Senza alcuna avvertenza”.
Nel campione finito sotto la lente de Il Salvagente compaiono Clinians con la sua crema Intense A Lifting rughe; Garnier Ultralift , con il nuovo prodotto che da una confezione a spirale eroga contemporaneamente un fluido e una più corposa crema. Bottega verde ne ha persino due: la crema rimodellante Retilift ultra e la Retinolo bio plus. Due prodotti guardano alle ragazze, educandole al retinolo da giorno anzitempo: Cera di cupra, pelli giovani e Venus prime rughe. Altre due – uniche del campione – prevedono una protezione dalle radiazioni solari: l’Oréal con Revitalift 10 total repair, con spf 20, ed Equilibra all’aloe.
A starne alla larga sono i marchi delle linee cosmetiche di alta gamma (in profumeria), che inseriscono il retinolo soltanto nei prodotti da notte. Nei cosmetici affidati alla grande distribuzione, secondo il settimanale dei consumatori, la molecola derivata dalla vitamina A campeggia in bella vista sulla confezione di 8 creme da giorno. Nella lista degli ingredienti (Inci) cambia il nome – retinolo, retinyl palmitate o linoleate – ma non la sostanza.
La fototossicologicità del retinolo è stata valutata dalle autorità sanitarie francesi e canadesi, tra le più attive in cosmetovigilanza. Ma a condurre una battaglia senza tregua per eliminarlo dai cosmetici da giorno e dai solari è il gruppo statunitense Ewg (Enviromental Working Group). Gli studi scientifici che elenca sono netti: il retinolo combinato con i raggi ultravioletti può causare fotosensibilità cutanea, irritazioni e ustioni. Che si sommano al rischio di accumulo della vitamina A. Ad aggravare il quadro, però, Ewg riferisce anche di uno studio che ha testato sui topi gli effetti del retinyl palmitate e dei raggi Uv. E ha concluso che la combinazione determina una accelerazione nella comparsa di tumori della pelle.
Retinolo e sole. Un mix pericoloso. A lanciare l’allarme un’inchiesta firmata da Il Salvagente, da oggi in edicola, secondo cui “basta una manciata di minuti al caldissimo sole delle ore centrali della giornata per rischiare irritazioni cutanee, eritemi, bruciature. E persino una più rapida formazione di tumori cutanei. Il profilo di rischio fototossicologico del retinolo emerge con costanza in letteratura. Eppure, negli scaffali dei nostri negozi continuiamo a trovarlo nelle creme da giorno. Senza alcuna avvertenza”.
Nel campione finito sotto la lente de Il Salvagente compaiono Clinians con la sua crema Intense A Lifting rughe; Garnier Ultralift , con il nuovo prodotto che da una confezione a spirale eroga contemporaneamente un fluido e una più corposa crema. Bottega verde ne ha persino due: la crema rimodellante Retilift ultra e la Retinolo bio plus. Due prodotti guardano alle ragazze, educandole al retinolo da giorno anzitempo: Cera di cupra, pelli giovani e Venus prime rughe. Altre due – uniche del campione – prevedono una protezione dalle radiazioni solari: l’Oréal con Revitalift 10 total repair, con spf 20, ed Equilibra all’aloe.
A starne alla larga sono i marchi delle linee cosmetiche di alta gamma (in profumeria), che inseriscono il retinolo soltanto nei prodotti da notte. Nei cosmetici affidati alla grande distribuzione, secondo il settimanale dei consumatori, la molecola derivata dalla vitamina A campeggia in bella vista sulla confezione di 8 creme da giorno. Nella lista degli ingredienti (Inci) cambia il nome – retinolo, retinyl palmitate o linoleate – ma non la sostanza.
La fototossicologicità del retinolo è stata valutata dalle autorità sanitarie francesi e canadesi, tra le più attive in cosmetovigilanza. Ma a condurre una battaglia senza tregua per eliminarlo dai cosmetici da giorno e dai solari è il gruppo statunitense Ewg (Enviromental Working Group). Gli studi scientifici che elenca sono netti: il retinolo combinato con i raggi ultravioletti può causare fotosensibilità cutanea, irritazioni e ustioni. Che si sommano al rischio di accumulo della vitamina A. Ad aggravare il quadro, però, Ewg riferisce anche di uno studio che ha testato sui topi gli effetti del retinyl palmitate e dei raggi Uv. E ha concluso che la combinazione determina una accelerazione nella comparsa di tumori della pelle.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Nuovi antistaminici a base di rupatadina, segnalati rischi per il cuore
C’è un antistaminico di seconda generazione, a cui soprattutto i cardiopatici devono prestare particolare attenzione perché può causare alterazioni del ritmo e della frequenza cardiaca: si tratta della rupatadina, principio attivo contenuto nel Pafinur e nel Rupafin, venduti su prescrizione medica e rimborsati ai pazienti con allergia cronica. Sono quattro i casi segnalati in Italia ma sul foglietto illustrativo non c’è alcuna informazione. A rilanciare la notizia è Altroconsumo.
Spiega l’associazione: “Quattro i casi segnalati recentemente di persone che, dopo aver assunto il farmaco, hanno avuto problemi al cuore di vario tipo: fibrillazione atriale, extrasistole ventricolare, bradicardia. Si tratta di aritmie, cioè alterazioni dell’attività elettrica del cuore, di vari livelli di pericolosità”. A darne notizia è stata l’Agenzia Italiana del Farmaco che raccoglie le segnalazioni provenienti da medici, farmacisti e pazienti sugli effetti indesiderati dei medicinali. Anche nella banca dati di farmacovigilanza europea (Eudravigilance) sono stati inseriti 13 casi (di cui 2 gravi) di problemi al cuore. Le possibili reazioni avverse non sono ancora presenti sul foglietto illustrativo dei medicinali alla voce “effetti indesiderati”, visto che per ora si tratta solo di alcune segnalazioni e che la comunità scientifica non si è ancora espressa a riguardo.
C’è un antistaminico di seconda generazione, a cui soprattutto i cardiopatici devono prestare particolare attenzione perché può causare alterazioni del ritmo e della frequenza cardiaca: si tratta della rupatadina, principio attivo contenuto nel Pafinur e nel Rupafin, venduti su prescrizione medica e rimborsati ai pazienti con allergia cronica. Sono quattro i casi segnalati in Italia ma sul foglietto illustrativo non c’è alcuna informazione. A rilanciare la notizia è Altroconsumo.
Spiega l’associazione: “Quattro i casi segnalati recentemente di persone che, dopo aver assunto il farmaco, hanno avuto problemi al cuore di vario tipo: fibrillazione atriale, extrasistole ventricolare, bradicardia. Si tratta di aritmie, cioè alterazioni dell’attività elettrica del cuore, di vari livelli di pericolosità”. A darne notizia è stata l’Agenzia Italiana del Farmaco che raccoglie le segnalazioni provenienti da medici, farmacisti e pazienti sugli effetti indesiderati dei medicinali. Anche nella banca dati di farmacovigilanza europea (Eudravigilance) sono stati inseriti 13 casi (di cui 2 gravi) di problemi al cuore. Le possibili reazioni avverse non sono ancora presenti sul foglietto illustrativo dei medicinali alla voce “effetti indesiderati”, visto che per ora si tratta solo di alcune segnalazioni e che la comunità scientifica non si è ancora espressa a riguardo.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Per notizia, dal sito di linea amica:
http://www.lineaamica.gov.it/risposte/g ... omiciliare" onclick="window.open(this.href);return false;
Guardia medica: richiesta di visita domiciliare
13/03/2013
DOMANDA:
Il paziente può richiedere al sanitario di guardia medica la visita domiciliare?
RISPOSTA:
Nell'ambito del sistema organizzazione dell'emergenza sanitaria rientrano anche i presidi di guardia medica, ora definiti di continuità assistenziale e regolamentati dagli articoli 48 al 59 del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 luglio 2000, n. 270.
Nello specifico l'articolo 52 del Decreto Del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 270 dispone: «Il medico di guardia medica, che assicura la continuità assistenziale, deve essere presente all'inizio del turno nella sede assegnatagli e rimane a disposizione fino alla fine del turno per effettuare gli interventi domiciliari e territoriali richiesti».
Per il medico di guardia medica sussiste l'obbligo giuridico di effettuare la visita domiciliare quando la richiesta presenti i connotati di serietà e di urgenza.
http://www.lineaamica.gov.it/risposte/g ... omiciliare" onclick="window.open(this.href);return false;
Guardia medica: richiesta di visita domiciliare
13/03/2013
DOMANDA:
Il paziente può richiedere al sanitario di guardia medica la visita domiciliare?
RISPOSTA:
Nell'ambito del sistema organizzazione dell'emergenza sanitaria rientrano anche i presidi di guardia medica, ora definiti di continuità assistenziale e regolamentati dagli articoli 48 al 59 del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 luglio 2000, n. 270.
Nello specifico l'articolo 52 del Decreto Del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 270 dispone: «Il medico di guardia medica, che assicura la continuità assistenziale, deve essere presente all'inizio del turno nella sede assegnatagli e rimane a disposizione fino alla fine del turno per effettuare gli interventi domiciliari e territoriali richiesti».
Per il medico di guardia medica sussiste l'obbligo giuridico di effettuare la visita domiciliare quando la richiesta presenti i connotati di serietà e di urgenza.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
L'hospice: struttura sanitaria per malati terminali
13/03/2013
Domanda:
In cosa consiste e quali servizi offre l'hospice?
Risposta:
L'hospice, centro residenziale di cure palliative, è un luogo di accoglienza e ricovero temporaneo nel quale il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita, con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale affinché le viva con dignità nel modo meno traumatico e doloroso possibile. Include anche il sostegno psicologico e sociale delle persone che sono legate al paziente.
L'hospice è situato all’interno di strutture ospedaliere o sul territorio e può essere gestito direttamente dalle Aziende sanitarie o da associazioni di volontariato no profit in convenzione con le Aziende sanitarie.
13/03/2013
Domanda:
In cosa consiste e quali servizi offre l'hospice?
Risposta:
L'hospice, centro residenziale di cure palliative, è un luogo di accoglienza e ricovero temporaneo nel quale il paziente viene accompagnato nelle ultime fasi della sua vita, con un appropriato sostegno medico, psicologico e spirituale affinché le viva con dignità nel modo meno traumatico e doloroso possibile. Include anche il sostegno psicologico e sociale delle persone che sono legate al paziente.
L'hospice è situato all’interno di strutture ospedaliere o sul territorio e può essere gestito direttamente dalle Aziende sanitarie o da associazioni di volontariato no profit in convenzione con le Aziende sanitarie.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Disabilità: tempi minimi di rinnovo ausili visivi forniti dal Servizio Sanitario Nazionale
14/06/2013
Domanda:
La normativa prevede dei tempi minimi di rinnovo per gli ausili visivi forniti dal Servizio Sanitario Nazionale a non vedenti e ipovedenti?
Risposta:
Si, il Decreto Ministeriale n. 332 del 1999 stabilisce dei tempi minimi per il rinnovo degli ausili protesici erogati dal Servizio Sanitario Nazionale.
La nuova fornitura di ausili e protesi visive viene autorizzata dall'ASL solo dopo che sia trascorso il tempo minimo di rinnovo, previsto per ogni specifico dispositivo. I tempi possono essere abbreviati per particolari necessità terapeutiche e riabilitative o in caso di modifica dello stato psicofisico del disabile, mediante presentazione di una dettagliata relazione da parte del medico prescrittore.
Le disposizioni inerenti i tempi minimi di rinnovo non si applicano ai disabili minori di 18 anni.
14/06/2013
Domanda:
La normativa prevede dei tempi minimi di rinnovo per gli ausili visivi forniti dal Servizio Sanitario Nazionale a non vedenti e ipovedenti?
Risposta:
Si, il Decreto Ministeriale n. 332 del 1999 stabilisce dei tempi minimi per il rinnovo degli ausili protesici erogati dal Servizio Sanitario Nazionale.
La nuova fornitura di ausili e protesi visive viene autorizzata dall'ASL solo dopo che sia trascorso il tempo minimo di rinnovo, previsto per ogni specifico dispositivo. I tempi possono essere abbreviati per particolari necessità terapeutiche e riabilitative o in caso di modifica dello stato psicofisico del disabile, mediante presentazione di una dettagliata relazione da parte del medico prescrittore.
Le disposizioni inerenti i tempi minimi di rinnovo non si applicano ai disabili minori di 18 anni.
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