VITTIME DEL TERRORISMO
- antoniomlg
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Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Messaggio da antoniomlg »
purtroppo per i Ministeri
le sentenze passate in giudicato
devono essere eseguite a prescindere dalla copertura
finanziaria.....
e mi sembra strano che l'avvocato in questo caso non abbia chiesto
gli interessi e relativa rivalutazione monetaria
maturata dal giorno della sentenza, fino al soddisfo.
ciao
le sentenze passate in giudicato
devono essere eseguite a prescindere dalla copertura
finanziaria.....
e mi sembra strano che l'avvocato in questo caso non abbia chiesto
gli interessi e relativa rivalutazione monetaria
maturata dal giorno della sentenza, fino al soddisfo.
ciao
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Quanto qui sotto NON è un Parere definitivo ma, il CdS aspetta di sapere cosa esattamente vuole sapere il Ministero dell'Interno.
Quindi, si attende prossimamente un Parere definitivo sulla questione.
Lo posto giusto per la partecipazione a tutti voi interessati.
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PARERE INTERLOCUTORIO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501295
- Public 2015-04-29 -
Numero 01295/2015 e data 29/04/2015 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 18 marzo 2015
NUMERO AFFARE 02961/2013
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, comma 105, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, che disciplina i benefici spettanti alle vittime del dovere.
LA SEZIONE
Vista la relazione 23 luglio 2013 prot. n. 16386 con la quale il Ministero dell’interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile - ha posto i quesiti sopra indicati;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula al Consiglio di Stato taluni quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, commi 105 e 106 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che disciplinano i benefici spettanti alle vittime del dovere.
Precisamente, chiede se:
1) il beneficio previsto in favore dei figli maggiorenni superstiti spetti nella misura di euro 500, ai sensi dell’art. 2 della legge 407 del 1998, ovvero nella misura di euro 258, 23, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) decreto del presidente della repubblica 243 del 2006;
2) il beneficio si riferisca a qualsiasi figlio maggiorenne superstite ovvero solo a quelli non a carico della vittima, considerato che per questi ultimi già era previsto, prima della legge n. 244 del 2007, l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998;
3) per i figli superstiti di vittime del dovere e della criminalità organizzata il beneficio decorra dal 26 agosto 2004, come previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo dell’art. 5, comma 3, lett. b) delle legge 3 agosto 2004, ovvero dall’1 agosto 2008, data d’entrata in vigore della legge n. 204 del 2007.
È stata disposta l’acquisizione dei pareri della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’economia.
Ha adempiuto solo la Presidenza del Consiglio, illustrando i contrastanti orientamenti che, con riguardo al primo punto, sono emersi nel “tavolo tecnico” istituito per lo studio della normativa in materia.
Considerato:
L’art. 2, commi 105 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 stabilisce:
“A decorrere dal 1º gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonchè ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefıci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”.
Il successivo comma 106, alla lett. b), prevede che “all’articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni»;”.
L’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal citato comma 106, prevede che “A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un'invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, é concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all'elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l'anno 2004, di 8.474.834 euro per l'anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall'anno 2006. Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell'evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere del 26 agosto 2004, l'assegno vitalizio non reversibile di cui all'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.
L'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, per quanto qui rileva, prevede:
“1. A chiunque, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n.302, come modificati dall'articolo 1, comma 1, della presente legge, subisca una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata e' concesso, oltre alle elargizioni di cui alla citata legge n.302 del 1990, un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per l'attuazione del presente comma é autorizzata la spesa di lire 1.993 milioni per l'anno 1998, di lire 2.092 milioni per l'anno 1999, di lire 2.193 milioni per l'anno 2000 e di lire 2.293 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
1-bis. […]
2. Ai fini di cui al comma 1 si considerano superstiti le persone di cui al primo comma dell'articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n.466, come sostituito dall'articolo 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720, secondo l'ordine ivi indicato”.
L’art. 4, comma 238, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha disposto che “Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili”.
Il primo quesito posto dal Ministero non è chiaro, in particolare non si comprende se esso sia diretto a stabilire se l’ultima disposizione citata si applichi anche ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del dovere, sul presupposto che essa sia già applicabile ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del terrorismo in virtù del diretto richiamo operato dall’art. 5, comma 106 della legge n. 244 del 2007 all’art. 2 della legge n. 407 del 1998. Se così fosse, però, resterebbe oscuro quale sia – secondo il Ministero richiedente – l’argomentazione posta a base della soluzione positiva, atteso che l’art. 2, commi 105 e 106 della legge n. 244 del 2007 nulla ha innovato con riguardo ai figli maggiorenni superstiti delle vittime.
Detta previsione, infatti, da un lato estende alle vittime del dovere e della criminalità organizzata lo speciale assegno di cui all’art. 5, comma 3, primo periodo. della legge n. 206 del 2004 previsto per le vittime del terrorismo, dall’altro estende ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del terrorismo, ancorchè non conviventi, il beneficio previsto dall'art. 2 della legge 23 novembre 1998 n. 407.
Tale incertezza si riflette sugli altri due quesiti, perché il beneficio di cui all’art. 2, comma 106, della legge n. 244 del 2007 non riguarda i figli superstiti di vittime del dovere, ma si riferisce ai figli maggiorenni superstiti di vittime del terrorismo.
Occorre, quindi che il Ministero chiarisca il contenuto dei quesiti posti e il quadro ermeneutico da cui essi muovono.
P.Q.M.
sospende l’emanazione del parere all’esito dell’adempimento di cui sopra.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Quindi, si attende prossimamente un Parere definitivo sulla questione.
Lo posto giusto per la partecipazione a tutti voi interessati.
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Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 18 marzo 2015
NUMERO AFFARE 02961/2013
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, comma 105, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, che disciplina i benefici spettanti alle vittime del dovere.
LA SEZIONE
Vista la relazione 23 luglio 2013 prot. n. 16386 con la quale il Ministero dell’interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile - ha posto i quesiti sopra indicati;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula al Consiglio di Stato taluni quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, commi 105 e 106 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che disciplinano i benefici spettanti alle vittime del dovere.
Precisamente, chiede se:
1) il beneficio previsto in favore dei figli maggiorenni superstiti spetti nella misura di euro 500, ai sensi dell’art. 2 della legge 407 del 1998, ovvero nella misura di euro 258, 23, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) decreto del presidente della repubblica 243 del 2006;
2) il beneficio si riferisca a qualsiasi figlio maggiorenne superstite ovvero solo a quelli non a carico della vittima, considerato che per questi ultimi già era previsto, prima della legge n. 244 del 2007, l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998;
3) per i figli superstiti di vittime del dovere e della criminalità organizzata il beneficio decorra dal 26 agosto 2004, come previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo dell’art. 5, comma 3, lett. b) delle legge 3 agosto 2004, ovvero dall’1 agosto 2008, data d’entrata in vigore della legge n. 204 del 2007.
È stata disposta l’acquisizione dei pareri della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’economia.
Ha adempiuto solo la Presidenza del Consiglio, illustrando i contrastanti orientamenti che, con riguardo al primo punto, sono emersi nel “tavolo tecnico” istituito per lo studio della normativa in materia.
Considerato:
L’art. 2, commi 105 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 stabilisce:
“A decorrere dal 1º gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonchè ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefıci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”.
Il successivo comma 106, alla lett. b), prevede che “all’articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni»;”.
L’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal citato comma 106, prevede che “A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un'invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, é concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all'elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l'anno 2004, di 8.474.834 euro per l'anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall'anno 2006. Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell'evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere del 26 agosto 2004, l'assegno vitalizio non reversibile di cui all'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.
L'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, per quanto qui rileva, prevede:
“1. A chiunque, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n.302, come modificati dall'articolo 1, comma 1, della presente legge, subisca una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata e' concesso, oltre alle elargizioni di cui alla citata legge n.302 del 1990, un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per l'attuazione del presente comma é autorizzata la spesa di lire 1.993 milioni per l'anno 1998, di lire 2.092 milioni per l'anno 1999, di lire 2.193 milioni per l'anno 2000 e di lire 2.293 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
1-bis. […]
2. Ai fini di cui al comma 1 si considerano superstiti le persone di cui al primo comma dell'articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n.466, come sostituito dall'articolo 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720, secondo l'ordine ivi indicato”.
L’art. 4, comma 238, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha disposto che “Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili”.
Il primo quesito posto dal Ministero non è chiaro, in particolare non si comprende se esso sia diretto a stabilire se l’ultima disposizione citata si applichi anche ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del dovere, sul presupposto che essa sia già applicabile ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del terrorismo in virtù del diretto richiamo operato dall’art. 5, comma 106 della legge n. 244 del 2007 all’art. 2 della legge n. 407 del 1998. Se così fosse, però, resterebbe oscuro quale sia – secondo il Ministero richiedente – l’argomentazione posta a base della soluzione positiva, atteso che l’art. 2, commi 105 e 106 della legge n. 244 del 2007 nulla ha innovato con riguardo ai figli maggiorenni superstiti delle vittime.
Detta previsione, infatti, da un lato estende alle vittime del dovere e della criminalità organizzata lo speciale assegno di cui all’art. 5, comma 3, primo periodo. della legge n. 206 del 2004 previsto per le vittime del terrorismo, dall’altro estende ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del terrorismo, ancorchè non conviventi, il beneficio previsto dall'art. 2 della legge 23 novembre 1998 n. 407.
Tale incertezza si riflette sugli altri due quesiti, perché il beneficio di cui all’art. 2, comma 106, della legge n. 244 del 2007 non riguarda i figli superstiti di vittime del dovere, ma si riferisce ai figli maggiorenni superstiti di vittime del terrorismo.
Occorre, quindi che il Ministero chiarisca il contenuto dei quesiti posti e il quadro ermeneutico da cui essi muovono.
P.Q.M.
sospende l’emanazione del parere all’esito dell’adempimento di cui sopra.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Scusate, ma al contrario di quanto si legge nel parere provvisorio in questione, l'art.2 comma 106 della legge 244/2007 riguarda anche i figli maggiorenni superstiti delle vittime del dovere, in quanto l'art.2 comma 105 della stessa legge estende anche ai familiari superstiti delle vittime del dovere i benefici previsti dagli art. 3 e 4 della legge 204/2006.
Inoltre, si dovrebbe anche evidenziare quanto stabilito dalle sentenze del Consiglio di Stato del Dicembre 2013 in materia di Vittime del Dovere (sentenze N.6156 e N.6199).
Inoltre, si dovrebbe anche evidenziare quanto stabilito dalle sentenze del Consiglio di Stato del Dicembre 2013 in materia di Vittime del Dovere (sentenze N.6156 e N.6199).
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
1) - Dopo aver spiegato di essersi trovato sul posto -OMISSIS- e di averne subito un grave trauma fisico e psichico, fa presente che era stato riconosciuto inidoneo al servizio in via permanente e collocato in congedo assoluto.
2) - Gli venne riconosciuto lo status di vittima del terrorismo e ricevette in data 5 ottobre 2005 l’indennizzo pari -OMISSIS- dalla Compagnia assicurativa Lloyd’s.
3) - Con il provvedimento gravato il Ministero, pur riconoscendo l’indennità richiesta, ne compensava l’importo con il trattamento assicurativo già ottenuto.
IL TAR precisa:
4) - Il ricorso merita accoglimento sulla base del noto principio secondo cui la normativa speciale prevale su quella generale. Orbene, la disciplina generale di cui all’articolo 50 del d.p.r. 686 del 1957, che vieta il cumulo tra trattamento previsto per l’invalidità con quello assicurativo, cede a fronte della normativa speciale, e specificatamente all’articolo tre del decreto legge 451 del 2001, applicabile per effetto delle richiamo di cui all’articolo 10 del decreto-legge 165 del 2003 convertito nella legge 219 del 2003.
N.B.: - In più occasioni ho postato analoghe sentenze in modo che i diretti interessati possano far valere i propri diritti, senza cedere ai loro dinieghi.
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500199 - Public 2015-05-06 -
N. 00199/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00622/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 622 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. R. B. ed E. D., con domicilio eletto presso il primo, in Trieste, Via Cicerone 4;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
- del decreto 3071/D dd. 22.7.2010 del Ministero della Difesa, notificato in data 24.8.2010, con cui veniva negata al ricorrente la liquidazione dell'equo indennizzo;
-di ogni altro atto presupposto e connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, già militare, impugna il provvedimento del 22 luglio 2010 del Ministero della difesa che gli ha negato la liquidazione dell’equo indennizzo.
Dopo aver spiegato di essersi trovato sul posto -OMISSIS- e di averne subito un grave trauma fisico e psichico, fa presente che era stato riconosciuto inidoneo al servizio in via permanente e collocato in congedo assoluto.
Gli venne riconosciuto lo status di vittima del terrorismo e ricevette in data 5 ottobre 2005 l’indennizzo pari -OMISSIS- dalla Compagnia assicurativa Lloyd’s.
Con il provvedimento gravato il Ministero, pur riconoscendo l’indennità richiesta, ne compensava l’importo con il trattamento assicurativo già ottenuto.
Il ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento per le seguenti ragioni.
Violazione art 3 del dl 451 del 2001 convertito nella legge n. 15 del 2002, carenza di motivazione e disparità di trattamento.
L’art 3 del dl 451/01 dispone che il trattamento previsto per il decesso e invalidità si cumula con quello assicurativo. A fronte di tale espressa previsione non può operare la riduzione della somma; il trattamento assicurativo risulta aggiuntivo e non sostitutivo.
Deduce altresì la disparità di trattamento.
Resiste in giudizio l’amministrazione che ritiene applicabile l’art 50 comma II del dPR 686 del 1957 che prevede la deduzione di quanto percepito a titolo di assicurazione.
Con apposita memoria depositata di data 1 aprile 2010 il ricorrente replica alle deduzioni avversarie.
Infine nella pubblica udienza del 22 aprile 2015 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente ricorso è il diniego dell’amministrazione di concedere al ricorrente, vittima -OMISSIS-, l’equo indennizzo in aggiunta al premio assicurativo già liquidatogli.
Il ricorso merita accoglimento sulla base del noto principio secondo cui la normativa speciale prevale su quella generale. Orbene, la disciplina generale di cui all’articolo 50 del d.p.r. 686 del 1957, che vieta il cumulo tra trattamento previsto per l’invalidità con quello assicurativo, cede a fronte della normativa speciale, e specificatamente all’articolo tre del decreto legge 451 del 2001, applicabile per effetto delle richiamo di cui all’articolo 10 del decreto-legge 165 del 2003 convertito nella legge 219 del 2003.
Invero il decreto legge 10 luglio 2003 n.165 convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 2003, n. 219 recita all’art 10:
“Salvo quanto previsto dal presente decreto, si applicano gli articoli 2, commi 2 e 3, 3, 4, 5, 7, 8, commi 1 e 2, 9, 10, 13, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15”.
A sua volta il decreto legge 28 dicembre 2001, n. 451 convertito, con modificazioni, in l. 27 febbraio 2002, n. 15, all’art 3 reca:
“1. Al personale militare e della Polizia di Stato è attribuito il trattamento assicurativo di cui alla legge 18 maggio 1982, n. 301, con l'applicazione del coefficiente previsto dall'articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417, ragguagliandosi il massimale minimo al trattamento economico del personale con il grado di sergente maggiore o grado corrispondente.
2. Nei casi di decesso e di invalidità per causa di servizio si applicano, rispettivamente, l'articolo 3 della legge 3 giugno 1981, n. 308, e successive modificazioni, e le disposizioni in materia di pensione privilegiata ordinaria di cui al testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni. Il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità si cumula con quello assicurativo di cui al comma 1, nonché con la speciale elargizione e con l'indennizzo privilegiato aeronautico previsti, rispettivamente, dalla legge 3 giugno 1981, n. 308, e dal regio decreto-legge 15 luglio 1926, n. 1345, convertito dalla legge 5 agosto 1927, n. 1835, e successive modificazioni, nei limiti stabiliti dall'ordinamento vigente. Nei casi di infermità contratta in servizio si applica l'articolo 4-ter del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n. 27, come modificato dall'articolo 3-bis del decreto-legge 19 luglio 2001, n. 294, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 agosto 2001, n. 339”.
Invero la norma speciale prevede che, nei casi indicati, tra cui rientra la situazione del ricorrente, il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità si cumula con quello assicurativo.
La fondatezza della censura principale sollevata in ricorso comporta il suo accoglimento e l’annullamento del diniego in questa sede impugnato.
Le spese di giudizio, secondo la nota regola codicistica, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Condanna l’amministrazione a rifondere ricorrente le spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3000 oltre al rimborso del contributo unificato nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2015
2) - Gli venne riconosciuto lo status di vittima del terrorismo e ricevette in data 5 ottobre 2005 l’indennizzo pari -OMISSIS- dalla Compagnia assicurativa Lloyd’s.
3) - Con il provvedimento gravato il Ministero, pur riconoscendo l’indennità richiesta, ne compensava l’importo con il trattamento assicurativo già ottenuto.
IL TAR precisa:
4) - Il ricorso merita accoglimento sulla base del noto principio secondo cui la normativa speciale prevale su quella generale. Orbene, la disciplina generale di cui all’articolo 50 del d.p.r. 686 del 1957, che vieta il cumulo tra trattamento previsto per l’invalidità con quello assicurativo, cede a fronte della normativa speciale, e specificatamente all’articolo tre del decreto legge 451 del 2001, applicabile per effetto delle richiamo di cui all’articolo 10 del decreto-legge 165 del 2003 convertito nella legge 219 del 2003.
N.B.: - In più occasioni ho postato analoghe sentenze in modo che i diretti interessati possano far valere i propri diritti, senza cedere ai loro dinieghi.
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500199 - Public 2015-05-06 -
N. 00199/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00622/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 622 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. R. B. ed E. D., con domicilio eletto presso il primo, in Trieste, Via Cicerone 4;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'annullamento
- del decreto 3071/D dd. 22.7.2010 del Ministero della Difesa, notificato in data 24.8.2010, con cui veniva negata al ricorrente la liquidazione dell'equo indennizzo;
-di ogni altro atto presupposto e connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2015 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, già militare, impugna il provvedimento del 22 luglio 2010 del Ministero della difesa che gli ha negato la liquidazione dell’equo indennizzo.
Dopo aver spiegato di essersi trovato sul posto -OMISSIS- e di averne subito un grave trauma fisico e psichico, fa presente che era stato riconosciuto inidoneo al servizio in via permanente e collocato in congedo assoluto.
Gli venne riconosciuto lo status di vittima del terrorismo e ricevette in data 5 ottobre 2005 l’indennizzo pari -OMISSIS- dalla Compagnia assicurativa Lloyd’s.
Con il provvedimento gravato il Ministero, pur riconoscendo l’indennità richiesta, ne compensava l’importo con il trattamento assicurativo già ottenuto.
Il ricorrente ritiene illegittimo il provvedimento per le seguenti ragioni.
Violazione art 3 del dl 451 del 2001 convertito nella legge n. 15 del 2002, carenza di motivazione e disparità di trattamento.
L’art 3 del dl 451/01 dispone che il trattamento previsto per il decesso e invalidità si cumula con quello assicurativo. A fronte di tale espressa previsione non può operare la riduzione della somma; il trattamento assicurativo risulta aggiuntivo e non sostitutivo.
Deduce altresì la disparità di trattamento.
Resiste in giudizio l’amministrazione che ritiene applicabile l’art 50 comma II del dPR 686 del 1957 che prevede la deduzione di quanto percepito a titolo di assicurazione.
Con apposita memoria depositata di data 1 aprile 2010 il ricorrente replica alle deduzioni avversarie.
Infine nella pubblica udienza del 22 aprile 2015 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente ricorso è il diniego dell’amministrazione di concedere al ricorrente, vittima -OMISSIS-, l’equo indennizzo in aggiunta al premio assicurativo già liquidatogli.
Il ricorso merita accoglimento sulla base del noto principio secondo cui la normativa speciale prevale su quella generale. Orbene, la disciplina generale di cui all’articolo 50 del d.p.r. 686 del 1957, che vieta il cumulo tra trattamento previsto per l’invalidità con quello assicurativo, cede a fronte della normativa speciale, e specificatamente all’articolo tre del decreto legge 451 del 2001, applicabile per effetto delle richiamo di cui all’articolo 10 del decreto-legge 165 del 2003 convertito nella legge 219 del 2003.
Invero il decreto legge 10 luglio 2003 n.165 convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 2003, n. 219 recita all’art 10:
“Salvo quanto previsto dal presente decreto, si applicano gli articoli 2, commi 2 e 3, 3, 4, 5, 7, 8, commi 1 e 2, 9, 10, 13, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15”.
A sua volta il decreto legge 28 dicembre 2001, n. 451 convertito, con modificazioni, in l. 27 febbraio 2002, n. 15, all’art 3 reca:
“1. Al personale militare e della Polizia di Stato è attribuito il trattamento assicurativo di cui alla legge 18 maggio 1982, n. 301, con l'applicazione del coefficiente previsto dall'articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417, ragguagliandosi il massimale minimo al trattamento economico del personale con il grado di sergente maggiore o grado corrispondente.
2. Nei casi di decesso e di invalidità per causa di servizio si applicano, rispettivamente, l'articolo 3 della legge 3 giugno 1981, n. 308, e successive modificazioni, e le disposizioni in materia di pensione privilegiata ordinaria di cui al testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni. Il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità si cumula con quello assicurativo di cui al comma 1, nonché con la speciale elargizione e con l'indennizzo privilegiato aeronautico previsti, rispettivamente, dalla legge 3 giugno 1981, n. 308, e dal regio decreto-legge 15 luglio 1926, n. 1345, convertito dalla legge 5 agosto 1927, n. 1835, e successive modificazioni, nei limiti stabiliti dall'ordinamento vigente. Nei casi di infermità contratta in servizio si applica l'articolo 4-ter del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n. 27, come modificato dall'articolo 3-bis del decreto-legge 19 luglio 2001, n. 294, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 agosto 2001, n. 339”.
Invero la norma speciale prevede che, nei casi indicati, tra cui rientra la situazione del ricorrente, il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità si cumula con quello assicurativo.
La fondatezza della censura principale sollevata in ricorso comporta il suo accoglimento e l’annullamento del diniego in questa sede impugnato.
Le spese di giudizio, secondo la nota regola codicistica, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Condanna l’amministrazione a rifondere ricorrente le spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3000 oltre al rimborso del contributo unificato nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario
Alessandra Tagliasacchi, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2015
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Fa seguito al mio post provvisorio del 04/05/2015.
Notizie positive.
Ecco ora il Parere definitivo del CdS in merito al Quesito posto dal M.I..
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201502155 - Public 2015-07-23 -
Numero 02155/2015 e data 23/07/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 1 luglio 2015
NUMERO AFFARE 02961/2013
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, comma 105, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, che disciplina i benefìci spettanti alle vittime del dovere;
LA SEZIONE
Vista la relazione 23 luglio 2013 prot. n. 16386 con la quale il Ministero dell’interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile - ha posto i quesiti sopra indicati;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula al Consiglio di Stato taluni quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, commi 105 e 106 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che disciplinano i benefici spettanti alle vittime del dovere.
Precisamente, chiede se:
1) il beneficio previsto in favore dei figli maggiorenni superstiti spetti nella misura di euro 500, ai sensi dell’art. 2 della legge 407 del 1998, ovvero nella misura di euro 258, 23, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) decreto del presidente della repubblica 243 del 2006;
2) il beneficio si riferisca a qualsiasi figlio maggiorenne superstite ovvero solo a quelli non a carico della vittima, considerato che per questi ultimi già era prevista, prima della legge n. 244 del 2007, l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998;
3) per i figli superstiti di vittime del dovere e della criminalità organizzata il beneficio decorra dal 26 agosto 2004, come previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo dell’art. 5, comma 3, lett. b) delle legge 3 agosto 2004, ovvero dall’1 gennaio 2008, data d’entrata in vigore della legge n. 204 del 2007.
È stata disposta l’acquisizione dei pareri della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell’economia.
Ha adempiuto solo la Presidenza del Consiglio, illustrando i contrastanti orientamenti che, con riguardo al primo punto, sono emersi nel “tavolo tecnico” istituito per lo studio della normativa in materia.
Considerato:
L’art. 2, comma 105 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 stabilisce:
“A decorrere dal 1º gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonchè ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefıci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”.
Il successivo comma 106, alla lett. b), prevede che “all’articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni;”.
L’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal citato comma 106, prevede che “A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, é concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all’elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l'anno 2004, di 8.474.834 euro per l'anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall'anno 2006. Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere del 26 agosto 2004, l'assegno vitalizio non reversibile di cui all'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.
L'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, per quanto qui rileva, prevede:
“1. A chiunque, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n.302, come modificati dall’articolo 1, comma 1, della presente legge, subisca una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata e' concesso, oltre alle elargizioni di cui alla citata legge n.302 del 1990, un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per l'attuazione del presente comma é autorizzata la spesa di lire 1.993 milioni per l'anno 1998, di lire 2.092 milioni per l’anno 1999, di lire 2.193 milioni per l'anno 2000 e di lire 2.293 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
1-bis. […]
2. Ai fini di cui al comma 1 si considerano superstiti le persone di cui al primo comma dell’articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n.466, come sostituito dall’articolo 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720, secondo l'ordine ivi indicato”.
L’art. 4, comma 238, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha disposto che “Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili”.
Il Ministero ha chiarito il primo quesito, nel senso che esso è diretto a stabilire se l’ultima disposizione citata si applichi anche ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del dovere.
La soluzione a tale quesito è positiva.
L’art. 2, comma 105 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 estende alle vittime del dovere i benefici di cui all’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206 – introdotto dall’art. 2 comma 106, lett. b) della stessa legge n. 244 del 2007 – , il quale prevede che “Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”. Poiché la disposizione da ultimo citata contiene un rinvio formale all’art. 2 della legge 23 novembre 1998 n. 407, comprensivo delle successive modificazioni, deve ritenersi che la misura dell’assegno vitalizio spetti ai figli maggiorenni superstiti nella misura di euro 500 mensili.
Con riferimento al secondo quesito, il beneficio si riferisce ai soli figli maggiorenni non a carico della vittima, considerato che per quelli a carico era già prevista l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998, mentre la legge n. 244 del 2007 introduce tale beneficio per i figli maggiorenni ancorchè non conviventi con la vittima di atti di terrorismo e lo estende ai figli maggiorenni ancorchè non conviventi con la vittima del dovere, sicchè non può che trattarsi di beneficio attribuito per la prima volta.
Con riferimento al terzo quesito, che per i figli superstiti di vittime del dovere il beneficio decorre dall’1 agosto 2008, e non già dal 26 agosto 2004, come invece previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo. Ciò perché il richiamo operato dalla legge n. 244 del 2007 all’art. 5, comma 3, lett. b) della legge n. 206 del 2004 – che tale termine prevede – si riferisce alla spettanza del beneficio e non alla sua misura, che è espressamente prevista dalla stessa legge n. 244 del 2007, la quale appunto fissa la decorrenza al 1º gennaio 2008.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Notizie positive.
Ecco ora il Parere definitivo del CdS in merito al Quesito posto dal M.I..
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201502155 - Public 2015-07-23 -
Numero 02155/2015 e data 23/07/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 1 luglio 2015
NUMERO AFFARE 02961/2013
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, comma 105, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, che disciplina i benefìci spettanti alle vittime del dovere;
LA SEZIONE
Vista la relazione 23 luglio 2013 prot. n. 16386 con la quale il Ministero dell’interno – dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile - ha posto i quesiti sopra indicati;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula al Consiglio di Stato taluni quesiti in ordine all’applicazione dell’art. 2, commi 105 e 106 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che disciplinano i benefici spettanti alle vittime del dovere.
Precisamente, chiede se:
1) il beneficio previsto in favore dei figli maggiorenni superstiti spetti nella misura di euro 500, ai sensi dell’art. 2 della legge 407 del 1998, ovvero nella misura di euro 258, 23, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) decreto del presidente della repubblica 243 del 2006;
2) il beneficio si riferisca a qualsiasi figlio maggiorenne superstite ovvero solo a quelli non a carico della vittima, considerato che per questi ultimi già era prevista, prima della legge n. 244 del 2007, l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998;
3) per i figli superstiti di vittime del dovere e della criminalità organizzata il beneficio decorra dal 26 agosto 2004, come previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo dell’art. 5, comma 3, lett. b) delle legge 3 agosto 2004, ovvero dall’1 gennaio 2008, data d’entrata in vigore della legge n. 204 del 2007.
È stata disposta l’acquisizione dei pareri della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero dell’economia.
Ha adempiuto solo la Presidenza del Consiglio, illustrando i contrastanti orientamenti che, con riguardo al primo punto, sono emersi nel “tavolo tecnico” istituito per lo studio della normativa in materia.
Considerato:
L’art. 2, comma 105 della legge 24 dicembre 2007 n. 244 stabilisce:
“A decorrere dal 1º gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all’articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonchè ai sindaci vittime di atti criminali nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefıci di cui all’articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal comma 106”.
Il successivo comma 106, alla lett. b), prevede che “all’articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni;”.
L’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dal citato comma 106, prevede che “A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, é concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all’elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l'anno 2004, di 8.474.834 euro per l'anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall'anno 2006. Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere del 26 agosto 2004, l'assegno vitalizio non reversibile di cui all'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.
L'art. 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, per quanto qui rileva, prevede:
“1. A chiunque, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza degli eventi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n.302, come modificati dall’articolo 1, comma 1, della presente legge, subisca una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata e' concesso, oltre alle elargizioni di cui alla citata legge n.302 del 1990, un assegno vitalizio, non reversibile, di lire 500 mila mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni. Per l'attuazione del presente comma é autorizzata la spesa di lire 1.993 milioni per l'anno 1998, di lire 2.092 milioni per l’anno 1999, di lire 2.193 milioni per l'anno 2000 e di lire 2.293 milioni annue a decorrere dall'anno 2001.
1-bis. […]
2. Ai fini di cui al comma 1 si considerano superstiti le persone di cui al primo comma dell’articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n.466, come sostituito dall’articolo 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720, secondo l'ordine ivi indicato”.
L’art. 4, comma 238, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha disposto che “Con effetto dal 1° gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili”.
Il Ministero ha chiarito il primo quesito, nel senso che esso è diretto a stabilire se l’ultima disposizione citata si applichi anche ai figli maggiorenni superstiti delle vittime del dovere.
La soluzione a tale quesito è positiva.
L’art. 2, comma 105 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 estende alle vittime del dovere i benefici di cui all’art. 5, comma 3 della legge 3 agosto 2004, n. 206 – introdotto dall’art. 2 comma 106, lett. b) della stessa legge n. 244 del 2007 – , il quale prevede che “Ai figli maggiorenni superstiti, ancorchè non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”. Poiché la disposizione da ultimo citata contiene un rinvio formale all’art. 2 della legge 23 novembre 1998 n. 407, comprensivo delle successive modificazioni, deve ritenersi che la misura dell’assegno vitalizio spetti ai figli maggiorenni superstiti nella misura di euro 500 mensili.
Con riferimento al secondo quesito, il beneficio si riferisce ai soli figli maggiorenni non a carico della vittima, considerato che per quelli a carico era già prevista l’attribuzione dell’assegno di cui all’art. 2, comma 2 della legge n. 407 del 1998, mentre la legge n. 244 del 2007 introduce tale beneficio per i figli maggiorenni ancorchè non conviventi con la vittima di atti di terrorismo e lo estende ai figli maggiorenni ancorchè non conviventi con la vittima del dovere, sicchè non può che trattarsi di beneficio attribuito per la prima volta.
Con riferimento al terzo quesito, che per i figli superstiti di vittime del dovere il beneficio decorre dall’1 agosto 2008, e non già dal 26 agosto 2004, come invece previsto per i figli superstiti delle vittime del terrorismo. Ciò perché il richiamo operato dalla legge n. 244 del 2007 all’art. 5, comma 3, lett. b) della legge n. 206 del 2004 – che tale termine prevede – si riferisce alla spettanza del beneficio e non alla sua misura, che è espressamente prevista dalla stessa legge n. 244 del 2007, la quale appunto fissa la decorrenza al 1º gennaio 2008.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
corresponsione dei benefìci previsti a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Buone notizie.
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1) - Il Ministero dell’interno formula un quesito relativo all’applicabilità dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi d’istituto.
2) - Il Ministero dell’interno riporta due esempi:
- ) - il caso dell’appartenente alle Forze dell’ordine ferito a seguito di investimento stradale da parte di persona che voleva sottrarsi al controllo, che dopo l’investimento ha esploso colpi di arma da fuoco all’indirizzo della vettura in fuga, allo scopo di arrestarne la marcia, uccidendo accidentalmente la persona stessa;
- ) - e quello dell’appartenente alle Forze dell’ordine il quale, nel corso di un delicato servizio di vigilanza, volendo procedere al controllo di un’autovettura sospetta, scivolava nell’uscire dal mezzo di servizio e determinava l’esplosione di colpi con l’arma d’ordinanza, che uccidevano il conducente del veicolo e procuravano a lui gravi lesioni.
3) - La questione in esame non attiene all’estensione del beneficio a titolo di analogia, ma all’interpretazione di una disposizione di legge che regola i limiti per la sua attribuzione, fissando il principio dell’irrilevanza del concorso involontario – anche colposo – della vittima.
Con il presente Parere il CdS precisa:
4) - In conclusione si ritiene che l’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) sia applicabile anche ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi di istituto, con la conseguenza che il beneficio è erogabile anche nei confronti di costoro, sempre che, ovviamente, sia previsto dalla legge e ne sussistano i presupposti nel caso concreto.
Per completezza leggete l tutto qui sotto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201502156 - Public 2015-07-23 -
Numero 02156/2015 e data 23/07/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 1 luglio 2015
NUMERO AFFARE 04781/2010
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesito sull’applicazione dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302, modificato dall’art. 82, comma 7, della legge 23 dicembre 2000 n. 388: corresponsione dei benefìci previsti a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
LA SEZIONE
Vista la relazione 27 ottobre 2010 prot. n. 559/C/10/74 con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento della pubblica sicurezza - ha posto al Consiglio di Stato un quesito sulla materia sopra indicata;
visto il proprio parere istruttorio adottato nell’adunanza del 22 dicembre 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula un quesito relativo all’applicabilità dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi d’istituto.
Il citato art. 11, dal titolo “Involontario concorso nell’evento e uso legittimo delle armi”, nel testo modificato dall’art. 82, comma 7, della legge n. 388/2000, prevede che “Ai fini dell’applicazione dei benefici previsti dalla presente legge, è irrilevante l’eventuale involontario concorso, anche di natura colposa, della vittima o del soggetto leso al verificarsi dell’evento, nonché l’uso legittimo delle armi”.
Il Ministero dell’interno riporta due esempi: il caso dell’appartenente alle Forze dell’ordine ferito a seguito di investimento stradale da parte di persona che voleva sottrarsi al controllo, che dopo l’investimento ha esploso colpi di arma da fuoco all’indirizzo della vettura in fuga, allo scopo di arrestarne la marcia, uccidendo accidentalmente la persona stessa; e quello dell’appartenente alle Forze dell’ordine il quale, nel corso di un delicato servizio di vigilanza, volendo procedere al controllo di un’autovettura sospetta, scivolava nell’uscire dal mezzo di servizio e determinava l’esplosione di colpi con l’arma d’ordinanza, che uccidevano il conducente del veicolo e procuravano a lui gravi lesioni.
La questione attiene alla definizione del concetto di vittima del dovere, presupposto per l’applicabilità della normativa richiamata, e, quindi per la concessione della speciale contribuzione ivi prevista, nel senso che il Ministero dell’interno sembra ritenere l’applicabilità della disposizione in esame anche alle Forze di polizia nelle ipotesi-tipo sopra delineate.
La Sezione ha disposto l’acquisizione del parere dei seguenti ministeri, a vario titolo interessati alla questione: della difesa, perché vi sono analoghe questioni per i militari, delle politiche agricole alimentari e forestali, per quanto attiene al personale del Corpo forestale dello Stato, della giustizia, per quanto attiene ai magistrati ordinari, al Corpo degli agenti di custodia e al personale civile dell’Amministrazione degl’istituti di prevenzione e di pena per la valutazione degli effetti della cosa giudicata penale, dell’economia e delle finanze, con riguardo alla Guardia di finanza e anche in considerazione dei riflessi economici del parere; nonché alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, essendo opportuna anche la valutazione della fattispecie sotto il profilo giuridico, da parte del detto dipartimento, per la molteplicità dei risvolti implicati dal quesito.
Tutte le Amministrazioni – tranne il Ministero dell’economia e delle finanze – hanno adempiuto, esprimendo, pur con diversità di argomentazioni, un’opinione favorevole all’applicazione della norma all’ipotesi indicata nel quesito.
Considerato:
La questione in esame non attiene all’estensione del beneficio a titolo di analogia, ma all’interpretazione di una disposizione di legge che regola i limiti per la sua attribuzione, fissando il principio dell’irrilevanza del concorso involontario – anche colposo – della vittima.
Sul piano letterale, la proposizione secondo cui “Ai fini dell’applicazione dei benefici previsti dalla presente legge, è irrilevante l’eventuale involontario concorso, anche di natura colposa, della vittima o del soggetto leso al verificarsi dell’evento, nonché l’uso legittimo delle armi” non distingue in base alla qualificazione giuridica di detto concorso, che, dunque, non esclude di per sé la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di vittima del dovere in presenza di una condanna penale della medesima per omicidio colposo.
Sul piano sistematico, occorre verificare la compatibilità di tale esegesi con l’art. 1, comma 563 della legge n. 266 del 2005, il quale stabilisce che “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.
La citata disposizione è interpretata da una pluridecennale giurisprudenza amministrativa, che ne ha precisato i tratti distintivi dall’istituto della causa di servizio, nel senso che ai fini del riconoscimento dello status di vittima del dovere non è sufficiente la connessione dell’evento lesivo con l’attività istituzionale, occorrendo che esso, per la sua natura altamente traumatica, sia riconducibile a un rischio qualificato, eccedente quello ordinario esistente durante l’attività di servizio.
Ne discende che se tale rischio – unitamente al rapporto di causalità – sussiste pur in presenza della condotta colposa dell’interessato, anche colui che sia stato condannato per omicidio colposo in relazione al comportamento tenuto nel contesto dei fatti che hanno prodotto l’evento lesivo può beneficiare dello status di vittima del dovere.
Quanto alla rilevanza della condotta colposa e penalmente rilevante della vittima ai fini dell’accertamento del rapporto causale tra il servizio svolto e l’evento lesivo, l’interpretazione seguita è coerente con il principio desumibile dall’art. 41 del codice penale, secondo cui il concorso del fatto illecito altrui (quindi anche della vittima) non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione del colpevole e l’evento, sempre che non si tratti di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
In conclusione si ritiene che l’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) sia applicabile anche ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi di istituto, con la conseguenza che il beneficio è erogabile anche nei confronti di costoro, sempre che, ovviamente, sia previsto dalla legge e ne sussistano i presupposti nel caso concreto.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Buone notizie.
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1) - Il Ministero dell’interno formula un quesito relativo all’applicabilità dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi d’istituto.
2) - Il Ministero dell’interno riporta due esempi:
- ) - il caso dell’appartenente alle Forze dell’ordine ferito a seguito di investimento stradale da parte di persona che voleva sottrarsi al controllo, che dopo l’investimento ha esploso colpi di arma da fuoco all’indirizzo della vettura in fuga, allo scopo di arrestarne la marcia, uccidendo accidentalmente la persona stessa;
- ) - e quello dell’appartenente alle Forze dell’ordine il quale, nel corso di un delicato servizio di vigilanza, volendo procedere al controllo di un’autovettura sospetta, scivolava nell’uscire dal mezzo di servizio e determinava l’esplosione di colpi con l’arma d’ordinanza, che uccidevano il conducente del veicolo e procuravano a lui gravi lesioni.
3) - La questione in esame non attiene all’estensione del beneficio a titolo di analogia, ma all’interpretazione di una disposizione di legge che regola i limiti per la sua attribuzione, fissando il principio dell’irrilevanza del concorso involontario – anche colposo – della vittima.
Con il presente Parere il CdS precisa:
4) - In conclusione si ritiene che l’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) sia applicabile anche ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi di istituto, con la conseguenza che il beneficio è erogabile anche nei confronti di costoro, sempre che, ovviamente, sia previsto dalla legge e ne sussistano i presupposti nel caso concreto.
Per completezza leggete l tutto qui sotto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201502156 - Public 2015-07-23 -
Numero 02156/2015 e data 23/07/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 1 luglio 2015
NUMERO AFFARE 04781/2010
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesito sull’applicazione dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302, modificato dall’art. 82, comma 7, della legge 23 dicembre 2000 n. 388: corresponsione dei benefìci previsti a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
LA SEZIONE
Vista la relazione 27 ottobre 2010 prot. n. 559/C/10/74 con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento della pubblica sicurezza - ha posto al Consiglio di Stato un quesito sulla materia sopra indicata;
visto il proprio parere istruttorio adottato nell’adunanza del 22 dicembre 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.
Premesso:
Il Ministero dell’interno formula un quesito relativo all’applicabilità dell’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi d’istituto.
Il citato art. 11, dal titolo “Involontario concorso nell’evento e uso legittimo delle armi”, nel testo modificato dall’art. 82, comma 7, della legge n. 388/2000, prevede che “Ai fini dell’applicazione dei benefici previsti dalla presente legge, è irrilevante l’eventuale involontario concorso, anche di natura colposa, della vittima o del soggetto leso al verificarsi dell’evento, nonché l’uso legittimo delle armi”.
Il Ministero dell’interno riporta due esempi: il caso dell’appartenente alle Forze dell’ordine ferito a seguito di investimento stradale da parte di persona che voleva sottrarsi al controllo, che dopo l’investimento ha esploso colpi di arma da fuoco all’indirizzo della vettura in fuga, allo scopo di arrestarne la marcia, uccidendo accidentalmente la persona stessa; e quello dell’appartenente alle Forze dell’ordine il quale, nel corso di un delicato servizio di vigilanza, volendo procedere al controllo di un’autovettura sospetta, scivolava nell’uscire dal mezzo di servizio e determinava l’esplosione di colpi con l’arma d’ordinanza, che uccidevano il conducente del veicolo e procuravano a lui gravi lesioni.
La questione attiene alla definizione del concetto di vittima del dovere, presupposto per l’applicabilità della normativa richiamata, e, quindi per la concessione della speciale contribuzione ivi prevista, nel senso che il Ministero dell’interno sembra ritenere l’applicabilità della disposizione in esame anche alle Forze di polizia nelle ipotesi-tipo sopra delineate.
La Sezione ha disposto l’acquisizione del parere dei seguenti ministeri, a vario titolo interessati alla questione: della difesa, perché vi sono analoghe questioni per i militari, delle politiche agricole alimentari e forestali, per quanto attiene al personale del Corpo forestale dello Stato, della giustizia, per quanto attiene ai magistrati ordinari, al Corpo degli agenti di custodia e al personale civile dell’Amministrazione degl’istituti di prevenzione e di pena per la valutazione degli effetti della cosa giudicata penale, dell’economia e delle finanze, con riguardo alla Guardia di finanza e anche in considerazione dei riflessi economici del parere; nonché alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, essendo opportuna anche la valutazione della fattispecie sotto il profilo giuridico, da parte del detto dipartimento, per la molteplicità dei risvolti implicati dal quesito.
Tutte le Amministrazioni – tranne il Ministero dell’economia e delle finanze – hanno adempiuto, esprimendo, pur con diversità di argomentazioni, un’opinione favorevole all’applicazione della norma all’ipotesi indicata nel quesito.
Considerato:
La questione in esame non attiene all’estensione del beneficio a titolo di analogia, ma all’interpretazione di una disposizione di legge che regola i limiti per la sua attribuzione, fissando il principio dell’irrilevanza del concorso involontario – anche colposo – della vittima.
Sul piano letterale, la proposizione secondo cui “Ai fini dell’applicazione dei benefici previsti dalla presente legge, è irrilevante l’eventuale involontario concorso, anche di natura colposa, della vittima o del soggetto leso al verificarsi dell’evento, nonché l’uso legittimo delle armi” non distingue in base alla qualificazione giuridica di detto concorso, che, dunque, non esclude di per sé la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento dello status di vittima del dovere in presenza di una condanna penale della medesima per omicidio colposo.
Sul piano sistematico, occorre verificare la compatibilità di tale esegesi con l’art. 1, comma 563 della legge n. 266 del 2005, il quale stabilisce che “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.
La citata disposizione è interpretata da una pluridecennale giurisprudenza amministrativa, che ne ha precisato i tratti distintivi dall’istituto della causa di servizio, nel senso che ai fini del riconoscimento dello status di vittima del dovere non è sufficiente la connessione dell’evento lesivo con l’attività istituzionale, occorrendo che esso, per la sua natura altamente traumatica, sia riconducibile a un rischio qualificato, eccedente quello ordinario esistente durante l’attività di servizio.
Ne discende che se tale rischio – unitamente al rapporto di causalità – sussiste pur in presenza della condotta colposa dell’interessato, anche colui che sia stato condannato per omicidio colposo in relazione al comportamento tenuto nel contesto dei fatti che hanno prodotto l’evento lesivo può beneficiare dello status di vittima del dovere.
Quanto alla rilevanza della condotta colposa e penalmente rilevante della vittima ai fini dell’accertamento del rapporto causale tra il servizio svolto e l’evento lesivo, l’interpretazione seguita è coerente con il principio desumibile dall’art. 41 del codice penale, secondo cui il concorso del fatto illecito altrui (quindi anche della vittima) non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione del colpevole e l’evento, sempre che non si tratti di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
In conclusione si ritiene che l’art. 11 della legge 20 ottobre 1990 n. 302 (“Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) sia applicabile anche ad appartenenti delle Forze di Polizia rimasti feriti nel corso dell’attività di servizio, nei confronti dei quali sia stata pronunciata condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati colposi commessi nell’ambito dei servizi di istituto, con la conseguenza che il beneficio è erogabile anche nei confronti di costoro, sempre che, ovviamente, sia previsto dalla legge e ne sussistano i presupposti nel caso concreto.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Messaggio da uniko40 »
Se ho ben capito leggendo la sentenza del CdS, dopo il quesito del Ministero dell'Interno, per le Vittime del Dovere e/o eventuali superstiti spetta l'assegno di euro 500,00 mensili e non di euro 258,00 a decorrere dall'entrata in vigore della Legge, così come già previsto per le Vittime del Terrorismo.
La parola agli esperti del Forum !
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Re: VITTIME DEL TERRORISMO
non so se avete mai letto questa sentenza della Corte di Cassazione - Sez. Prima Civile - del 2015, interessante poiché tratta diversi aspetti.
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Cass. civ. Sez. I, Sent., 12/02/2015, n. 2822
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore - Presidente -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza della Balduina n. 44, presso l'avv. BENEDETTI MARIO, unitamente agli avv. SALVATORE MARTNO e VINCENZO MARINO del foro di Genova, dai quali è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELLA SALUTE, in persona dei Ministri p.t., nonchè AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore p.t., domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, dalla quale sono rappresentati e difesi per legge;
- controricorrenti
AZIENDA SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) GENOVESE, in persona del direttore generale p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla via D. De Blasi n. 5, presso l'avv. FERRARI MARCO PAOLO, dal quale, unitamente all'avv. ROSA PLACIDO del foro di Genova, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
e MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELLO INTERNO, PREFETTURA DI GENOVA e I.N.P.DA.P. - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE;
- intimati -
avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 3473/06, pubblicata il 10 ottobre 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 novembre 2014 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;
udito l'avv. Rosa per delega del difensore del ricorrente e l'avv. Ferrari per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, la quale ha concluso per la dichiarazione d'inammissibilità ed in subordine per l'accoglimento del primo motivo di ricorso, per il rigetto del secondo motivo, per la dichiarazione d'inammissibilità sopravvenuta del terzo motivo e per l'accoglimento del quarto e del quinto motivo, per quanto di ragione.
Svolgimento del processo
1. - S.M., magistrato ordinario già vittima di un sequestro di persona a scopo di terrorismo, convenne in giudizio il Ministero della giustizia, il Ministero dell'interno, la Prefettura di Genova, il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze. l'Agenzia delle entrale e l'I.N.P.D.A.P. - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, chiedendo il riconoscimento dei benefici previsti dalla L. 3 agosto 2004, n. 206 , in favore delle vittime degli atti di terrorismo.
Si costituirono i convenuti, ed eccepirono il difetto di giurisdizione del giudice ordinano, l'incompetenza del Tribunale adito e l'inammissibilità della domanda, chiedendone il rigetto anche nel merito.
Nel corso del giudizio, fu disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Azienda sanitaria locale n. (OMISSIS) Genovese, la quale si costituì, ed eccepì il proprio difetto di legittimazione, chiedendo comunque il rigetto della domanda.
1.1. - Con sentenza del 10 ottobre 2006, il Tribunale di Genova ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia, accogliendo invece parzialmente la domanda proposta nei confronti del Ministero della giustizia, e condannandolo al pagamento della somma di Euro 100.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di elargizione prevista dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, previa detrazione della somma di Euro 12.000.00. già corrisposta all'attore, nonchè al pagamento di un assegno vitalizio di Euro 1.033.00, con decorrenza dal 23 febbraio 2006, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; ha dichiaralo infine inammissibili le domande riguardanti il trattamento pensionistico, la liquidazione, le esenzioni fiscali ed il rimborso Irpef ed ha posto le spese processuali a carico dello Stato, senza facoltà di rivalsa.
Premesso che la disciplina processuale dettata dalla L. n. 206 del 2004, artt. 11 e 12, rende evidente la volontà del legislatore di sottrarre la materia in esame alle giurisdizioni speciali e di attribuirla alla giurisdizione ordinaria, al fine di consentire una rapida definizione dei procedimenti, e dato atto che il ricorrente aveva già ottenuto il riconoscimento di un'invalidità permanente pari al 6% e dell'importo complessivo di Euro 12.000.00, a titolo di speciale elargizione prevista dalla normativa anteriore alla L. n. 206 del 2004 , il Tribunale, per quanto ancora interessa in questa sede, ha rilevato che la Commissione medica competente aveva accertato un aggravamento dell'invalidità, rideterminata nella misura del 25%, affermando che. ai sensi della L. n. 206 cit., art. 5, comma 2, e art. 6, la percentuale d'invalidità già riconosciuta ed indennizzata doveva essere rivalutata tenendo conto del predetto aggravamento e del danno biologico e morale. Ha osservato al riguardo che, in quanto emanata in epoca immediatamente successiva alle pronunce innovative della Corte costituzionale e della giurisprudenza di legittimità in materia di qualificazione e liquidazione del danno, la predetta legge doveva essere interpretata conformemente al principio secondo cui il danno alla persona, ravvisabile in re ipsa nel caso di lesione dei diritti fondamentali ed inviolabili, primo fra tutti quello all'integrità psico-fisica, comprende tutte le Figure di danno non patrimoniale e può essere liquidalo solo in via equitativa. Precisato che nella specie la prova di tale pregiudizio emergeva con evidenza dalla durata e dalle modalità del sequestro, nonchè dalle gravissime conseguenze psico-fisiche che ne erano derivate, il Tribunale ha ritenuto che la misura economica del punteggio invalidante stimato in sede medico-legale potesse costituire un valido parametro anche per il ristoro degli altri danni risarcibili, nei quali doveva considerarsi assorbito anche il danno morale propriamente detto. Ha pertanto riconosciuto all'attore la speciale elargizione nella misura unitaria prevista dall' art. 5, comma primo, della legge n. 206 del 2004, rapportata ad una percentuale d'invalidità del 50%, ivi compreso il 25% per invalidità permanente ed il 25% per danno non patrimoniale, oltre interessi con decorrenza dal quarto mese successivo dal 15 settembre 2004, ai sensi della L. n. 206 cit., art. 14, e rivalutazione monetaria dal 28 giugno 2004.
Quanto all'assegno vitalizio, il Tribunale ha ritenuto che, ai sensi della L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, tale emolumento dovesse essere accordato con decorrenza dalla data in cui era stata riconosciuta all'attore una percentuale d'invalidità pari al 25%, rigettando pertanto la domanda di corresponsione degli arretrali. Ha dichiarato invece inammissibili, per carenza d'interesse, le domande riguardanti il trattamento pensionistico e la liquidazione, in quanto all'epoca del deposito del ricorso l'attore era ancora in servizio.
Premesso inoltre che la legittimazione passiva in ordine alla domanda di rimborso delle spese sanitarie sostenute dall'attore e dai suoi familiari spettava all'Asl. in qualità di soggetto tenuto all'erogazione delle relative prestazioni, ha escluso la fondatezza della pretesa, osservando che la L. n. 206 del 2004, art. 9, nel prevedere l'esonero dalla partecipazione alla spesa per ogni prestazione sanitaria e farmaceutica, si riferisce esclusivamente alle prestazioni rese previo pagamento del ticket, e non consente di prospettare un'interpretazione che superi tale limite letterale: ha ritenuto altresì infondata fa domanda di esenzione dalla partecipazione alla spesa per i farmaci di fascia C, rilevando che il costo degli stessi è posto a totale carico del cittadino, fatta eccezione soltanto per i titolari di pensione di guerra vitalizia, sempre che il medico ne attesti la comprovata utilità terapeutica.
Il Tribunale ha dichiarato infine inammissibili la domanda volta ad ottenere la dichiarazione di esenzione delle somme elargite da tasse ed imposte e quella di rimborso degl'importi trattenuti a tale titolo sulla retribuzione, osservando che in riferimento al trattamento pensionistico, il ricorrente era carente d'interesse ad agire, non essendo ancora pensionato al momento della proposizione della domanda, mentre, per la parte riguardante l'imposizione sul reddito, non aveva impugnato i singoli atti impositivi.
2. - Avverso la predetta sentenza il S. propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero della giustizia, il Ministero della salute, l'Agenzia e l'Asl resistono con controricorsi, anch'essi illustrati con memoria. I Ministeri dell'economia e dell'interno, la Prefettura e l'INPDAP non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. n. 206 del 2004, art. 14, e della L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 2, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto gl'interessi sulla somma accordata a titolo di speciale elargizione con decorrenza dal quarto mese successivo al 15 settembre 2004, senza tener conto della documentazione prodotta, da cui risultava che la predetta data non era quella di presentazione della domanda di ammissione al beneficio, risalente al 17 agosto 2004. ma quella della nota con cui il Ministero dell'interno aveva comunicato ad esso ricorrente di averla trasmessa al Ministero della Giustizia.
1.1. - Il motivo è fondalo.
La natura in parte previdenziale, in parte assistenziale delle prestazioni assicurate dalla predetta legge e dalle altre che prevedono benefici in favore delle vittime di atti di terrorismo comporta infatti l'applicabilità della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, ai sensi del quale sulle prestazioni dovute dagli enti previdenziali ed assistenziali sono dovuti gl'interessi legali con decorrenza dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento sulla relativa domanda. Il termine in questione è stato correttamente individuato dalla sentenza impugnata in base al disposto della L. n. 206 del 2004, art. 14, il quale prevede che il procedimento per il ricalcolo dell'aggravamento dell'infermità e delle pensioni, nonchè ogni liquidazione economica in favore delle vittime di atti di terrorismo deve concludersi entro quattro mesi dalla presentazione della domanda alla prefettura competente.
Nell'applicazione di tale disposizione, il Tribunale ha tuttavia trascurato la data di presentazione della domanda alla Prefettura di Genova, avendo fatto immotivatamente riferimento a quella successiva della nota con cui il Ministero dell'interno provvide a trasmetterla al Ministero della giustizia: tale scelta, verosimilmente giustificata dalla qualità di magistrato ordinario rivestita dal ricorrente, e dalla conseguente competenza del Ministero della giustizia a provvedere al riconoscimento della speciale elargizione e dell'assegno vitalizio in favore degli appartenenti a tale categoria, ai sensi del D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, art. 2, comma 1, lett. b), richiamato dalla L. n. 206 del 2004, art. 14, non tiene conto della pluralità dei benefici sollecitati dall'istante, alcuni dei quali, e segnatamente quelli riguardanti l'esenzione dalle spese sanitarie, risultavano estranei alla competenza del predetto Ministero, ai sensi dell'art. 2 cit., u.c., con la conseguenza che. avuto riguardo al dovere della Prefettura di trasmettere l'istanza alle Amministrazioni competenti, non poteva escludersi, in linea di principio, l'idoneità della domanda a provocare l'avvio del procedimento, e quindi a far decorrere il termine per la sua conclusione.
2. - E' invece infondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. , sostenendo che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine alla domanda di riconoscimento dell'importo dovuto a titolo di arretrati sull'assegno vitalizio previsto dalla L. 23 novembre 1998, n. 407 , richiesto da esso ricorrente con decorrenza dall'entrata in vigore di detta legge, in quanto a tale data si era già verificato l'aggravamento dell'invalidità successivamente accertato.
2.1. - La sentenza impugnata non ha a (Tatto trascuralo la predetta domanda, ma l'ha presa specificamente in esame, avendo accordato l'assegno vitalizio con decorrenza dalla data in cui fu accertato il superamento della percentuale d'invalidità indicata dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, ed avendo, per tale ragione, espressamente negato il riconoscimento di ogni altro assegno e degli arretrati richiesti.
Tale diniego trova giustificazione nella circostanza, risultante dalla sentenza impugnata, che l'aggravamento dell'invalidità fu constatato soltanto il 23 febbraio 2006, nell'ambito della rivalutazione prevista dalla L. n. 206 cit., art. 6, la quale consentì di accertare che la menomazione della capacità lavorativa dei ricorrente, precedentemente quantificata nella misura del 6%, si era nel frattempo accresciuta al 25%.
La mancata contestazione del precedente accertamento, nell'ambito del procedimento volto a conseguire i benefici previsti dalla normativa anteriore alla L. n. 206 , esclude la possibilità di attribuire efficacia retroattiva a detto aggravamento, il quale non consente pertanto di accordare al ricorrente, in aggiunta all'assegno previsto dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, l'analogo emolumento di cui alla L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 1, la cui fruizione era subordinata all'accertamento della medesima percentuale di riduzione della capacità lavorativa. In tal senso depongono da un lato il rilievo della sentenza impugnata, secondo cui, a differenza di altri benefici, il cui godimento è assoggettato ad altri parametri, il riconoscimento dell'assegno è correlato esclusivamente alla menomazione della capacità lavorativa, dall'altro l'osservazione che la L. n. 206 del 2004 , nel consentire una nuova valutazione delle percentuali d'invalidità già riconosciute ed indennizzate in base ai criteri previsti dalla normativa previgente (art. 6), ha escluso espressamente la possibilità di far retroagire il diritto all'assegno. Illuminante, al riguardo, è il confronto tra i primi due commi dell'art. 5, i quali, nel rideterminare la misura dell'elargizione di cui alla L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 1, comma 1, stabiliscono espressamente che tale disposizione si applica anche alle elargizioni già erogate prima dell'entrata in vigore della L. n. 206 , ed il terzo comma, il quale dispone invece che l'assegno vitalizio da esso previsto è concesso soltanto a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge. Ciò significa che l'assegno previsto dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, costituisce un beneficio distinto ed autonomo rispetto all'analogo beneficio disciplinato dalla L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 1, che può essere concesso anche a seguito della rivalutazione della percentuale d'invalidità, ma solo con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge n. 206 cit.: ove infatti il legislatore avesse inteso disporre semplicemente un aumento dell'originario assegno e l'efficacia retroattiva della rivalutazione, si sarebbe limitato a prevedere una disciplina analoga a quella dettata per la speciale elargizione, richiamando la normativa previgente ed estendendo l'operatività delle nuove disposizioni al periodo anteriore.
3. - Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 206 del 2004, art. 9, e del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, art. 7, convertito in L. 16 novembre 2001, n. 405 , affermando che, nel rigettare la domanda di esonero dalla partecipazione alla spesa sanitaria per i farmaci equivalenti e per quelli di fascia C, il Tribunale non ha considerato che, in quanto avente diritto all'assegno vitalizio di cui alla L. n. 407 del 1998 , ed a quello di cui alla L. n. 206 del 2004 , equiparati alle pensioni di guerra, egli aveva diritto a fruire anche del predetto beneficio, ai sensi della L. 19 luglio 2000, n. 203, art. 1, e della L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 9.
3.1. - Il motivo merita accoglimento, con la seguente precisazione.
Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. , il difensore del ricorrente ha riferito che, nonostante la decisione adottata dal Tribunale, l'Amministrazione ha provveduto ugualmente al riconoscimento dei benefici richiesti, ed ha pertanto sollecitato una pronuncia d'intervenuta cessazione della materia del contendere in ordine alla relativa domanda.
La pronuncia invocata non può peraltro tradursi in una dichiarazione d'inammissibilità del motivo, la cui natura meramente processuale comporterebbe la definizione del giudizio d'impugnazione senza l'eliminazione della statuizione censurata, la quale, ancorchè superata dall'intervenuto mutamento della situazione sostanziale sottesa alla lite, diverrebbe in tal modo definitiva, in contrasto con il venir meno dell'interesse delle parti alla decisione; si rende pertanto necessaria una pronuncia sull'impugnazione che, pur senza entrare nel merito di quanto deciso nella fase precedente, comporti la rimozione della statuizione impugnata, in quanto pronunciata sul presupposto dell'esistenza di una controversia ormai non più attuale, con la conseguente rimessione della relativa declaratoria al Giudice del rinvio (cfr. Cass. Sez. 1^, 13 settembre 2007. n. 19160; 21 marzo 2000. n. 3311; 9 aprile 1997, n. 3075).
4. - Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 8 della legge n. 206 del 2004, osservando che, nel dichiarare inammissibile la domanda volta ad ottenere la dichiarazione di esenzione dall'Irpef, il Tribunale ha richiamato un precedente della giurisprudenza di legittimità riguardante l'efficacia liberatoria di un pagamento effettuato in favore di un esattore per adempiere l'obbligo di versamento diretto delle ritenute di acconto dell'Irpef, senza considerare che nella specie la domanda aveva ad oggetto la restituzione di somme già trattenute a titolo d'imposta nei mesi intercorsi tra l'entrata in vigore della L. n. 206 del 2004 , ed il collocamento a riposo di esso ricorrente. In riferimento a tale domanda, era stata d'altronde eccepita l'illegittimità costituzionale della L. n. 206 cit., art. 3, comma 2, in quanto, limitando l'esenzione dall'Irpef ai trattamenti pensionistici, senza nulla disporre per quelli retributivi, omette di tenere conto dell'età avanzata di molte vittime del terrorismo, procrastinando il godimento del beneficio al momento del collocamento a riposo, in contrasto con gli artt. 3, 36, 38 e 563 Cost..
4.1. - Il motivo è fondato.
Pur avendo osservato che la disciplina processuale dettata dalla L. n. 206 del 2004 , evidenzia la volontà del legislatore di attribuire al giudice ordinario le controversie riguardanti il riconoscimento dei benefici previsti in favore delle vittime del terrorismo, con la conseguente esclusione della devoluzione alla giurisdizione contabile ed a quella tributaria delle domande concernenti i benefici previdenziali e fiscali invocati dal ricorrente, il Tribunale ha infatti omesso di trarne le dovute conseguenze, avendo rilevato che in materia tributaria la tutela giurisdizionale presuppone l'impugnazione di specifici atti impositivi, nella specie mai avvenuta. Tale affermazione si pone in contrasto con una recente pronuncia di legittimità, la quale, nel sottolineare il carattere eccezionale della disciplina dettata dalla legge in esame, ha espressamente riconosciuto che le esigenze di rapidità e semplicità sottese al procedimento dalla stessa previsto per la concessione dei predetti benefici consentono di ritenere, in mancanza d'indicazioni in senso contrario, che il legislatore abbia inteso derogare non solo alle norme sull'attribuzione ad autorità giurisdizionali diverse dal giudice ordinario della cognizione in ordine ai rapporti incisi dalla normativa sostanziale in favore delle vittime del terrorismo, ma anche a quei principi del processo tributario che ostacolerebbero la rapida e semplice attuazione del relativo diritto sostanziale, quale il divieto di pronunce dichiarative (cfr. Cass., Sez. Un., 8 agosto 2011, n. 17078). Tale divieto, com'è noto, costituisce null'altro che un risvolto del carattere impugnatorio del giudizio tributario, imperniato sull'impugnazione degli atti impositivi specificamente indicati dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, e destinato pertanto a concludersi, in via ordinaria, con una sentenza che, nel pronunciare sul rapporto sostanziale, comporta, in caso di accoglimento del ricorso, l'annullamento dell'atto impugnato:
l'inapplicabilità del predetto divieto si traduce pertanto nella possibilità di ottenere, in via eccezionale ed in conformità della disciplina dettata dalla normativa in esame, una sentenza che, prescindendo dall'impugnazione di singoli atti, dichiari il diritto del contribuente a fruire, ai sensi della L. n. 206, art. 4, u.c., ed art. 8, dell'esenzione dall'Irpef prevista dalla L. 23 novembre 1998, n. 407, art. 2, commi 5 e 6, sui trattamenti pensionistici, nonchè dell'esenzione da ogni imposta diretta ed indiretta sulle indennità erogate.
5. - La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall'accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso, restando invece assorbito il quinto motivo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. , censurando la sentenza impugnata nella parte concernente il regolamento delle spese processuali.
6. - La causa va conseguentemente rinviata al Tribunale di Genova, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia al Tribunale di Genova, anche per la liquidazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2015
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Cass. civ. Sez. I, Sent., 12/02/2015, n. 2822
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore - Presidente -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
Dott. SCALDAFERRI Andrea - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.M., elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza della Balduina n. 44, presso l'avv. BENEDETTI MARIO, unitamente agli avv. SALVATORE MARTNO e VINCENZO MARINO del foro di Genova, dai quali è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELLA SALUTE, in persona dei Ministri p.t., nonchè AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore p.t., domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, dalla quale sono rappresentati e difesi per legge;
- controricorrenti
AZIENDA SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) GENOVESE, in persona del direttore generale p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla via D. De Blasi n. 5, presso l'avv. FERRARI MARCO PAOLO, dal quale, unitamente all'avv. ROSA PLACIDO del foro di Genova, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
e MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELLO INTERNO, PREFETTURA DI GENOVA e I.N.P.DA.P. - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE;
- intimati -
avverso la sentenza del Tribunale di Genova n. 3473/06, pubblicata il 10 ottobre 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 novembre 2014 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;
udito l'avv. Rosa per delega del difensore del ricorrente e l'avv. Ferrari per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, la quale ha concluso per la dichiarazione d'inammissibilità ed in subordine per l'accoglimento del primo motivo di ricorso, per il rigetto del secondo motivo, per la dichiarazione d'inammissibilità sopravvenuta del terzo motivo e per l'accoglimento del quarto e del quinto motivo, per quanto di ragione.
Svolgimento del processo
1. - S.M., magistrato ordinario già vittima di un sequestro di persona a scopo di terrorismo, convenne in giudizio il Ministero della giustizia, il Ministero dell'interno, la Prefettura di Genova, il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze. l'Agenzia delle entrale e l'I.N.P.D.A.P. - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, chiedendo il riconoscimento dei benefici previsti dalla L. 3 agosto 2004, n. 206 , in favore delle vittime degli atti di terrorismo.
Si costituirono i convenuti, ed eccepirono il difetto di giurisdizione del giudice ordinano, l'incompetenza del Tribunale adito e l'inammissibilità della domanda, chiedendone il rigetto anche nel merito.
Nel corso del giudizio, fu disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'Azienda sanitaria locale n. (OMISSIS) Genovese, la quale si costituì, ed eccepì il proprio difetto di legittimazione, chiedendo comunque il rigetto della domanda.
1.1. - Con sentenza del 10 ottobre 2006, il Tribunale di Genova ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia, accogliendo invece parzialmente la domanda proposta nei confronti del Ministero della giustizia, e condannandolo al pagamento della somma di Euro 100.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di elargizione prevista dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, previa detrazione della somma di Euro 12.000.00. già corrisposta all'attore, nonchè al pagamento di un assegno vitalizio di Euro 1.033.00, con decorrenza dal 23 febbraio 2006, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria; ha dichiaralo infine inammissibili le domande riguardanti il trattamento pensionistico, la liquidazione, le esenzioni fiscali ed il rimborso Irpef ed ha posto le spese processuali a carico dello Stato, senza facoltà di rivalsa.
Premesso che la disciplina processuale dettata dalla L. n. 206 del 2004, artt. 11 e 12, rende evidente la volontà del legislatore di sottrarre la materia in esame alle giurisdizioni speciali e di attribuirla alla giurisdizione ordinaria, al fine di consentire una rapida definizione dei procedimenti, e dato atto che il ricorrente aveva già ottenuto il riconoscimento di un'invalidità permanente pari al 6% e dell'importo complessivo di Euro 12.000.00, a titolo di speciale elargizione prevista dalla normativa anteriore alla L. n. 206 del 2004 , il Tribunale, per quanto ancora interessa in questa sede, ha rilevato che la Commissione medica competente aveva accertato un aggravamento dell'invalidità, rideterminata nella misura del 25%, affermando che. ai sensi della L. n. 206 cit., art. 5, comma 2, e art. 6, la percentuale d'invalidità già riconosciuta ed indennizzata doveva essere rivalutata tenendo conto del predetto aggravamento e del danno biologico e morale. Ha osservato al riguardo che, in quanto emanata in epoca immediatamente successiva alle pronunce innovative della Corte costituzionale e della giurisprudenza di legittimità in materia di qualificazione e liquidazione del danno, la predetta legge doveva essere interpretata conformemente al principio secondo cui il danno alla persona, ravvisabile in re ipsa nel caso di lesione dei diritti fondamentali ed inviolabili, primo fra tutti quello all'integrità psico-fisica, comprende tutte le Figure di danno non patrimoniale e può essere liquidalo solo in via equitativa. Precisato che nella specie la prova di tale pregiudizio emergeva con evidenza dalla durata e dalle modalità del sequestro, nonchè dalle gravissime conseguenze psico-fisiche che ne erano derivate, il Tribunale ha ritenuto che la misura economica del punteggio invalidante stimato in sede medico-legale potesse costituire un valido parametro anche per il ristoro degli altri danni risarcibili, nei quali doveva considerarsi assorbito anche il danno morale propriamente detto. Ha pertanto riconosciuto all'attore la speciale elargizione nella misura unitaria prevista dall' art. 5, comma primo, della legge n. 206 del 2004, rapportata ad una percentuale d'invalidità del 50%, ivi compreso il 25% per invalidità permanente ed il 25% per danno non patrimoniale, oltre interessi con decorrenza dal quarto mese successivo dal 15 settembre 2004, ai sensi della L. n. 206 cit., art. 14, e rivalutazione monetaria dal 28 giugno 2004.
Quanto all'assegno vitalizio, il Tribunale ha ritenuto che, ai sensi della L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, tale emolumento dovesse essere accordato con decorrenza dalla data in cui era stata riconosciuta all'attore una percentuale d'invalidità pari al 25%, rigettando pertanto la domanda di corresponsione degli arretrali. Ha dichiarato invece inammissibili, per carenza d'interesse, le domande riguardanti il trattamento pensionistico e la liquidazione, in quanto all'epoca del deposito del ricorso l'attore era ancora in servizio.
Premesso inoltre che la legittimazione passiva in ordine alla domanda di rimborso delle spese sanitarie sostenute dall'attore e dai suoi familiari spettava all'Asl. in qualità di soggetto tenuto all'erogazione delle relative prestazioni, ha escluso la fondatezza della pretesa, osservando che la L. n. 206 del 2004, art. 9, nel prevedere l'esonero dalla partecipazione alla spesa per ogni prestazione sanitaria e farmaceutica, si riferisce esclusivamente alle prestazioni rese previo pagamento del ticket, e non consente di prospettare un'interpretazione che superi tale limite letterale: ha ritenuto altresì infondata fa domanda di esenzione dalla partecipazione alla spesa per i farmaci di fascia C, rilevando che il costo degli stessi è posto a totale carico del cittadino, fatta eccezione soltanto per i titolari di pensione di guerra vitalizia, sempre che il medico ne attesti la comprovata utilità terapeutica.
Il Tribunale ha dichiarato infine inammissibili la domanda volta ad ottenere la dichiarazione di esenzione delle somme elargite da tasse ed imposte e quella di rimborso degl'importi trattenuti a tale titolo sulla retribuzione, osservando che in riferimento al trattamento pensionistico, il ricorrente era carente d'interesse ad agire, non essendo ancora pensionato al momento della proposizione della domanda, mentre, per la parte riguardante l'imposizione sul reddito, non aveva impugnato i singoli atti impositivi.
2. - Avverso la predetta sentenza il S. propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero della giustizia, il Ministero della salute, l'Agenzia e l'Asl resistono con controricorsi, anch'essi illustrati con memoria. I Ministeri dell'economia e dell'interno, la Prefettura e l'INPDAP non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. n. 206 del 2004, art. 14, e della L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 2, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto gl'interessi sulla somma accordata a titolo di speciale elargizione con decorrenza dal quarto mese successivo al 15 settembre 2004, senza tener conto della documentazione prodotta, da cui risultava che la predetta data non era quella di presentazione della domanda di ammissione al beneficio, risalente al 17 agosto 2004. ma quella della nota con cui il Ministero dell'interno aveva comunicato ad esso ricorrente di averla trasmessa al Ministero della Giustizia.
1.1. - Il motivo è fondalo.
La natura in parte previdenziale, in parte assistenziale delle prestazioni assicurate dalla predetta legge e dalle altre che prevedono benefici in favore delle vittime di atti di terrorismo comporta infatti l'applicabilità della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, ai sensi del quale sulle prestazioni dovute dagli enti previdenziali ed assistenziali sono dovuti gl'interessi legali con decorrenza dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento sulla relativa domanda. Il termine in questione è stato correttamente individuato dalla sentenza impugnata in base al disposto della L. n. 206 del 2004, art. 14, il quale prevede che il procedimento per il ricalcolo dell'aggravamento dell'infermità e delle pensioni, nonchè ogni liquidazione economica in favore delle vittime di atti di terrorismo deve concludersi entro quattro mesi dalla presentazione della domanda alla prefettura competente.
Nell'applicazione di tale disposizione, il Tribunale ha tuttavia trascurato la data di presentazione della domanda alla Prefettura di Genova, avendo fatto immotivatamente riferimento a quella successiva della nota con cui il Ministero dell'interno provvide a trasmetterla al Ministero della giustizia: tale scelta, verosimilmente giustificata dalla qualità di magistrato ordinario rivestita dal ricorrente, e dalla conseguente competenza del Ministero della giustizia a provvedere al riconoscimento della speciale elargizione e dell'assegno vitalizio in favore degli appartenenti a tale categoria, ai sensi del D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, art. 2, comma 1, lett. b), richiamato dalla L. n. 206 del 2004, art. 14, non tiene conto della pluralità dei benefici sollecitati dall'istante, alcuni dei quali, e segnatamente quelli riguardanti l'esenzione dalle spese sanitarie, risultavano estranei alla competenza del predetto Ministero, ai sensi dell'art. 2 cit., u.c., con la conseguenza che. avuto riguardo al dovere della Prefettura di trasmettere l'istanza alle Amministrazioni competenti, non poteva escludersi, in linea di principio, l'idoneità della domanda a provocare l'avvio del procedimento, e quindi a far decorrere il termine per la sua conclusione.
2. - E' invece infondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. , sostenendo che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine alla domanda di riconoscimento dell'importo dovuto a titolo di arretrati sull'assegno vitalizio previsto dalla L. 23 novembre 1998, n. 407 , richiesto da esso ricorrente con decorrenza dall'entrata in vigore di detta legge, in quanto a tale data si era già verificato l'aggravamento dell'invalidità successivamente accertato.
2.1. - La sentenza impugnata non ha a (Tatto trascuralo la predetta domanda, ma l'ha presa specificamente in esame, avendo accordato l'assegno vitalizio con decorrenza dalla data in cui fu accertato il superamento della percentuale d'invalidità indicata dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, ed avendo, per tale ragione, espressamente negato il riconoscimento di ogni altro assegno e degli arretrati richiesti.
Tale diniego trova giustificazione nella circostanza, risultante dalla sentenza impugnata, che l'aggravamento dell'invalidità fu constatato soltanto il 23 febbraio 2006, nell'ambito della rivalutazione prevista dalla L. n. 206 cit., art. 6, la quale consentì di accertare che la menomazione della capacità lavorativa dei ricorrente, precedentemente quantificata nella misura del 6%, si era nel frattempo accresciuta al 25%.
La mancata contestazione del precedente accertamento, nell'ambito del procedimento volto a conseguire i benefici previsti dalla normativa anteriore alla L. n. 206 , esclude la possibilità di attribuire efficacia retroattiva a detto aggravamento, il quale non consente pertanto di accordare al ricorrente, in aggiunta all'assegno previsto dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, l'analogo emolumento di cui alla L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 1, la cui fruizione era subordinata all'accertamento della medesima percentuale di riduzione della capacità lavorativa. In tal senso depongono da un lato il rilievo della sentenza impugnata, secondo cui, a differenza di altri benefici, il cui godimento è assoggettato ad altri parametri, il riconoscimento dell'assegno è correlato esclusivamente alla menomazione della capacità lavorativa, dall'altro l'osservazione che la L. n. 206 del 2004 , nel consentire una nuova valutazione delle percentuali d'invalidità già riconosciute ed indennizzate in base ai criteri previsti dalla normativa previgente (art. 6), ha escluso espressamente la possibilità di far retroagire il diritto all'assegno. Illuminante, al riguardo, è il confronto tra i primi due commi dell'art. 5, i quali, nel rideterminare la misura dell'elargizione di cui alla L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 1, comma 1, stabiliscono espressamente che tale disposizione si applica anche alle elargizioni già erogate prima dell'entrata in vigore della L. n. 206 , ed il terzo comma, il quale dispone invece che l'assegno vitalizio da esso previsto è concesso soltanto a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge. Ciò significa che l'assegno previsto dalla L. n. 206 del 2004, art. 5, comma 3, costituisce un beneficio distinto ed autonomo rispetto all'analogo beneficio disciplinato dalla L. n. 407 del 1998, art. 2, comma 1, che può essere concesso anche a seguito della rivalutazione della percentuale d'invalidità, ma solo con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge n. 206 cit.: ove infatti il legislatore avesse inteso disporre semplicemente un aumento dell'originario assegno e l'efficacia retroattiva della rivalutazione, si sarebbe limitato a prevedere una disciplina analoga a quella dettata per la speciale elargizione, richiamando la normativa previgente ed estendendo l'operatività delle nuove disposizioni al periodo anteriore.
3. - Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 206 del 2004, art. 9, e del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, art. 7, convertito in L. 16 novembre 2001, n. 405 , affermando che, nel rigettare la domanda di esonero dalla partecipazione alla spesa sanitaria per i farmaci equivalenti e per quelli di fascia C, il Tribunale non ha considerato che, in quanto avente diritto all'assegno vitalizio di cui alla L. n. 407 del 1998 , ed a quello di cui alla L. n. 206 del 2004 , equiparati alle pensioni di guerra, egli aveva diritto a fruire anche del predetto beneficio, ai sensi della L. 19 luglio 2000, n. 203, art. 1, e della L. 20 ottobre 1990, n. 302, art. 9.
3.1. - Il motivo merita accoglimento, con la seguente precisazione.
Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c. , il difensore del ricorrente ha riferito che, nonostante la decisione adottata dal Tribunale, l'Amministrazione ha provveduto ugualmente al riconoscimento dei benefici richiesti, ed ha pertanto sollecitato una pronuncia d'intervenuta cessazione della materia del contendere in ordine alla relativa domanda.
La pronuncia invocata non può peraltro tradursi in una dichiarazione d'inammissibilità del motivo, la cui natura meramente processuale comporterebbe la definizione del giudizio d'impugnazione senza l'eliminazione della statuizione censurata, la quale, ancorchè superata dall'intervenuto mutamento della situazione sostanziale sottesa alla lite, diverrebbe in tal modo definitiva, in contrasto con il venir meno dell'interesse delle parti alla decisione; si rende pertanto necessaria una pronuncia sull'impugnazione che, pur senza entrare nel merito di quanto deciso nella fase precedente, comporti la rimozione della statuizione impugnata, in quanto pronunciata sul presupposto dell'esistenza di una controversia ormai non più attuale, con la conseguente rimessione della relativa declaratoria al Giudice del rinvio (cfr. Cass. Sez. 1^, 13 settembre 2007. n. 19160; 21 marzo 2000. n. 3311; 9 aprile 1997, n. 3075).
4. - Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 8 della legge n. 206 del 2004, osservando che, nel dichiarare inammissibile la domanda volta ad ottenere la dichiarazione di esenzione dall'Irpef, il Tribunale ha richiamato un precedente della giurisprudenza di legittimità riguardante l'efficacia liberatoria di un pagamento effettuato in favore di un esattore per adempiere l'obbligo di versamento diretto delle ritenute di acconto dell'Irpef, senza considerare che nella specie la domanda aveva ad oggetto la restituzione di somme già trattenute a titolo d'imposta nei mesi intercorsi tra l'entrata in vigore della L. n. 206 del 2004 , ed il collocamento a riposo di esso ricorrente. In riferimento a tale domanda, era stata d'altronde eccepita l'illegittimità costituzionale della L. n. 206 cit., art. 3, comma 2, in quanto, limitando l'esenzione dall'Irpef ai trattamenti pensionistici, senza nulla disporre per quelli retributivi, omette di tenere conto dell'età avanzata di molte vittime del terrorismo, procrastinando il godimento del beneficio al momento del collocamento a riposo, in contrasto con gli artt. 3, 36, 38 e 563 Cost..
4.1. - Il motivo è fondato.
Pur avendo osservato che la disciplina processuale dettata dalla L. n. 206 del 2004 , evidenzia la volontà del legislatore di attribuire al giudice ordinario le controversie riguardanti il riconoscimento dei benefici previsti in favore delle vittime del terrorismo, con la conseguente esclusione della devoluzione alla giurisdizione contabile ed a quella tributaria delle domande concernenti i benefici previdenziali e fiscali invocati dal ricorrente, il Tribunale ha infatti omesso di trarne le dovute conseguenze, avendo rilevato che in materia tributaria la tutela giurisdizionale presuppone l'impugnazione di specifici atti impositivi, nella specie mai avvenuta. Tale affermazione si pone in contrasto con una recente pronuncia di legittimità, la quale, nel sottolineare il carattere eccezionale della disciplina dettata dalla legge in esame, ha espressamente riconosciuto che le esigenze di rapidità e semplicità sottese al procedimento dalla stessa previsto per la concessione dei predetti benefici consentono di ritenere, in mancanza d'indicazioni in senso contrario, che il legislatore abbia inteso derogare non solo alle norme sull'attribuzione ad autorità giurisdizionali diverse dal giudice ordinario della cognizione in ordine ai rapporti incisi dalla normativa sostanziale in favore delle vittime del terrorismo, ma anche a quei principi del processo tributario che ostacolerebbero la rapida e semplice attuazione del relativo diritto sostanziale, quale il divieto di pronunce dichiarative (cfr. Cass., Sez. Un., 8 agosto 2011, n. 17078). Tale divieto, com'è noto, costituisce null'altro che un risvolto del carattere impugnatorio del giudizio tributario, imperniato sull'impugnazione degli atti impositivi specificamente indicati dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, e destinato pertanto a concludersi, in via ordinaria, con una sentenza che, nel pronunciare sul rapporto sostanziale, comporta, in caso di accoglimento del ricorso, l'annullamento dell'atto impugnato:
l'inapplicabilità del predetto divieto si traduce pertanto nella possibilità di ottenere, in via eccezionale ed in conformità della disciplina dettata dalla normativa in esame, una sentenza che, prescindendo dall'impugnazione di singoli atti, dichiari il diritto del contribuente a fruire, ai sensi della L. n. 206, art. 4, u.c., ed art. 8, dell'esenzione dall'Irpef prevista dalla L. 23 novembre 1998, n. 407, art. 2, commi 5 e 6, sui trattamenti pensionistici, nonchè dell'esenzione da ogni imposta diretta ed indiretta sulle indennità erogate.
5. - La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall'accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso, restando invece assorbito il quinto motivo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. , censurando la sentenza impugnata nella parte concernente il regolamento delle spese processuali.
6. - La causa va conseguentemente rinviata al Tribunale di Genova, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia al Tribunale di Genova, anche per la liquidazione delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 6 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2015
- antoniomlg
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Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Messaggio da antoniomlg »
Panorama SEI un GRANDE INSTANCABILE........
anche se mi viene difficile da credere e capire quanto riportato al punto 4.1 della sentenza
e cioè che il giudice ordinario è competente nel caso di specie anche nelle controversie
riguardante le esenzioni irpef ???????
potresti vedere se nel tuo archivio personale hai la sentenze cui si fà riferimento nel punto 4.1 ???
sarebbe utile allegarla a seguire per completezza di informazioni.
rinnovandoti i miei complimenti
ciao e GRAZIE
anche se mi viene difficile da credere e capire quanto riportato al punto 4.1 della sentenza
e cioè che il giudice ordinario è competente nel caso di specie anche nelle controversie
riguardante le esenzioni irpef ???????
potresti vedere se nel tuo archivio personale hai la sentenze cui si fà riferimento nel punto 4.1 ???
sarebbe utile allegarla a seguire per completezza di informazioni.
rinnovandoti i miei complimenti
ciao e GRAZIE
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
concessione dei benefici per le vittime della criminalità organizzata - legge n. 302 del 1990.
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1) - Con sentenza n. 1331 del 2009 il T.A.R. Puglia (BARI) dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine all’insorta controversia.
2) - Con la seguente sentenza il CdS dichiara l'Appello inammissibile.
Per i dettagli leggete il tutto qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201505272
- Public 2015-11-17 -
N. 05272/2015REG.PROV.COLL.
N. 10430/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10430 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avv. T. D. G., con domicilio eletto presso l’ avv. A. L. in Roma, Via Ombrone, 12 Pal. B;
contro
Ministero dell'Interno - Commissione Consultiva per la Concessione Benefici Vittime di Mafia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 01331/2009, resa tra le parti, concernente diniego di concessione dei benefici per le vittime della criminalità organizzata - legge n. 302 del 1990
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’avv. D. G. e l’ avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con istanza in data 29 marzo 2002 la sig.ra OMISSIS, in qualità di vedova, ed i due figli OMISSIS, richiedevano al Ministero dell’Interno la concessione dei benefici previsti dalla n. 302 del 1990 per le vittime della criminalità organizzata, in relazione all’omicidio OMISSIS.
Il Prefetto di Foggia, con diversi atti, esprimeva parere favorevole per la concessione delle provvidenze.
Il Ministero dell’Interno, con provvedimento prot. n. OMISSIS del 6 luglio 2005, disponeva il rigetto dell’istanza, sul rilievo che “le modalità dell’evento non sono inquadrabili nelle fattispecie di tipo mafioso” e asserendo che a parere della Commissione consultiva non fosse “stata raggiunta la prova certa della ricollegabilità dell’evento criminoso di cui si tratta……ad azioni proprie della criminalità organizzata di stampo mafioso”.
Avverso la determinazione negativa la vedova ed i due figli OMISSIS proponevano ricorso avanti al T.A.R. per la Puglia assumendone l’illegittimità per dedotti motivi di violazione di legge e eccesso di potere in diversi profili. Con sentenza n. 1331 del 2009 il T.A.R. adito dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine all’insorta controversia.
Appellano i sig.ri OMISSIS che hanno reiterato i motivi a contestazione dell’atto di diniego ed insistito sulla sussistenza dei presupposi per l’erogazione dei benefici previsti dalla legge n. 302 del 1990.
Il Ministero dell’ Interno, costituitosi in giudizio, ha chiesto la conferma della sentenza del T.A.R. che ha negato la giurisdizione nella materia de qua.
Con note di replica l’appellante ha insistito sulla cognizione del giudice amministrativo in ordine alla vicenda controversia.
All’udienza del 22 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Ai sensi dell’art. 9, comma 1, c.p.a. il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio, mentre nei giudizi di appello è rilevato solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione.
La disposizione codifica l’indirizzo affermato in giurisprudenza in base al quale la possibilità di rilevare il difetto di giurisdizione anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio deve essere coordinato con il sistema delle impugnazioni ed incontra, pertanto, un limite nel giudicato interno sulla giurisdizione, che si forma allorché il giudice di primo grado si pronuncia espressamente o implicitamente sulla giurisdizione con statuizione che non viene impugnata (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 n. 8212 del 15 dicembre 2003; sez. VI, n. 4028 del 07 luglio 2003; Cassazione, SS.UU. n. 7039 del 2006).
Nel caso di specie nel ricorso introduttivo del giudizio di secondo grado difetta ogni contestazione sul capo della sentenza del T.A.R. che, con richiamo alla regola di riparto della giurisdizione dettata dalla Corte di Cassazione nella materia di cui si contende, oltre che a precedenti giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, ha negato la propria giurisdizione sul rilievo che la situazione soggettiva azionata si qualifica come diritto soggettivo all' erogazione della speciale elargizione prevista in favore delle vittime della delinquenza mafiosa dalla legge n. 302 del 1990. Detta conclusione trova sostegno nel rilievo che la P.A. è priva di ogni potestà discrezionale sia con riguardo all'entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia in ordine ai presupposti della derogabilità, rispetto ai quali l'Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, resta estraneo al concetto di discrezionalità amministrativa (Corte di Cassazione SS. UU. n. 21927 del 28 agosto 2008; n. 26627 del 18 dicembre 2007; Cons. St., Sez. VI, n. 4568 del 15 luglio 2010; m- 5618 del 18 settembre 2010; n. 1338 del 14 marzo 2006).
Né il sindacato sulla statuizione del primo giudice può essere introdotto, come avvenuto nel caso di specie, con memoria in replica alle considerazioni formulate dalla difesa erariale a sostegno delle conclusioni del primo giudice, una volta consumatosi il termine per la proposizione dell’appello.
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
In relazione alla questione oggetto del contendere spese e orari del giudizio possono essere compensati fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2015
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1) - Con sentenza n. 1331 del 2009 il T.A.R. Puglia (BARI) dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine all’insorta controversia.
2) - Con la seguente sentenza il CdS dichiara l'Appello inammissibile.
Per i dettagli leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201505272
- Public 2015-11-17 -
N. 05272/2015REG.PROV.COLL.
N. 10430/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10430 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avv. T. D. G., con domicilio eletto presso l’ avv. A. L. in Roma, Via Ombrone, 12 Pal. B;
contro
Ministero dell'Interno - Commissione Consultiva per la Concessione Benefici Vittime di Mafia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, con domicilio per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 01331/2009, resa tra le parti, concernente diniego di concessione dei benefici per le vittime della criminalità organizzata - legge n. 302 del 1990
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti l’avv. D. G. e l’ avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con istanza in data 29 marzo 2002 la sig.ra OMISSIS, in qualità di vedova, ed i due figli OMISSIS, richiedevano al Ministero dell’Interno la concessione dei benefici previsti dalla n. 302 del 1990 per le vittime della criminalità organizzata, in relazione all’omicidio OMISSIS.
Il Prefetto di Foggia, con diversi atti, esprimeva parere favorevole per la concessione delle provvidenze.
Il Ministero dell’Interno, con provvedimento prot. n. OMISSIS del 6 luglio 2005, disponeva il rigetto dell’istanza, sul rilievo che “le modalità dell’evento non sono inquadrabili nelle fattispecie di tipo mafioso” e asserendo che a parere della Commissione consultiva non fosse “stata raggiunta la prova certa della ricollegabilità dell’evento criminoso di cui si tratta……ad azioni proprie della criminalità organizzata di stampo mafioso”.
Avverso la determinazione negativa la vedova ed i due figli OMISSIS proponevano ricorso avanti al T.A.R. per la Puglia assumendone l’illegittimità per dedotti motivi di violazione di legge e eccesso di potere in diversi profili. Con sentenza n. 1331 del 2009 il T.A.R. adito dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine all’insorta controversia.
Appellano i sig.ri OMISSIS che hanno reiterato i motivi a contestazione dell’atto di diniego ed insistito sulla sussistenza dei presupposi per l’erogazione dei benefici previsti dalla legge n. 302 del 1990.
Il Ministero dell’ Interno, costituitosi in giudizio, ha chiesto la conferma della sentenza del T.A.R. che ha negato la giurisdizione nella materia de qua.
Con note di replica l’appellante ha insistito sulla cognizione del giudice amministrativo in ordine alla vicenda controversia.
All’udienza del 22 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Ai sensi dell’art. 9, comma 1, c.p.a. il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio, mentre nei giudizi di appello è rilevato solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione.
La disposizione codifica l’indirizzo affermato in giurisprudenza in base al quale la possibilità di rilevare il difetto di giurisdizione anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio deve essere coordinato con il sistema delle impugnazioni ed incontra, pertanto, un limite nel giudicato interno sulla giurisdizione, che si forma allorché il giudice di primo grado si pronuncia espressamente o implicitamente sulla giurisdizione con statuizione che non viene impugnata (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 n. 8212 del 15 dicembre 2003; sez. VI, n. 4028 del 07 luglio 2003; Cassazione, SS.UU. n. 7039 del 2006).
Nel caso di specie nel ricorso introduttivo del giudizio di secondo grado difetta ogni contestazione sul capo della sentenza del T.A.R. che, con richiamo alla regola di riparto della giurisdizione dettata dalla Corte di Cassazione nella materia di cui si contende, oltre che a precedenti giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, ha negato la propria giurisdizione sul rilievo che la situazione soggettiva azionata si qualifica come diritto soggettivo all' erogazione della speciale elargizione prevista in favore delle vittime della delinquenza mafiosa dalla legge n. 302 del 1990. Detta conclusione trova sostegno nel rilievo che la P.A. è priva di ogni potestà discrezionale sia con riguardo all'entità della somma da erogare, prefissata dalla legge, sia in ordine ai presupposti della derogabilità, rispetto ai quali l'Amministrazione svolge un accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo, resta estraneo al concetto di discrezionalità amministrativa (Corte di Cassazione SS. UU. n. 21927 del 28 agosto 2008; n. 26627 del 18 dicembre 2007; Cons. St., Sez. VI, n. 4568 del 15 luglio 2010; m- 5618 del 18 settembre 2010; n. 1338 del 14 marzo 2006).
Né il sindacato sulla statuizione del primo giudice può essere introdotto, come avvenuto nel caso di specie, con memoria in replica alle considerazioni formulate dalla difesa erariale a sostegno delle conclusioni del primo giudice, una volta consumatosi il termine per la proposizione dell’appello.
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
In relazione alla questione oggetto del contendere spese e orari del giudizio possono essere compensati fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2015
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Il C.d.S. con il presente Parere a seguito di ricorso straordinario al PdR lo Dichiara inammissibile, in quanto le controversie relative alle speciale elargizione di cui alla legge n. 302/1990 appartengano alla cognizione del giudice ordinario.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600955 - Public 2016-04-19 -
Numero 00955/2016 e data 19/04/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 23 marzo 2016
NUMERO AFFARE 01189/2015
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. -OMISSIS- avverso diniego di concessione dei benefici previsti dalla legge n. 302/1990.
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.
Premesso:
Il sig. -OMISSIS-, -OMISSIS-, con atto datato 8 febbraio 2013 ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento del decreto del Ministero dell’interno prot. n. 85/CO del 2010 del 14 settembre 2011, recante il rigetto della istanza datata 15 novembre 2009 con la quale il ricorrente, quale -OMISSIS-, deceduto a seguito di un evento criminoso avvenuto in -OMISSIS-, chiedeva di accedere ai benefici previsti dalla normativa italiana a favore dei congiunti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
L'Amministrazione riferente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, attenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Con parere interlocutorio n. 260/2015, cui l’Amministrazione ha dato riscontro, sono stati disposti incombenti.
Considerato:
Come già rilevato da questa Sezione
(v., per tutti, il precedente parere n. 1978/2014 sul ricorso straordinario n. 1684/2012),
e come affermato dalla prevalente giurisprudenza
(v. : Cass. civ. - SS.UU., 18 dicembre 2007, n. 26626 e Cons. Stato - Sez. VI, 14 marzo 2006, n. 1338; v. anche T.a.r. Lazio - Roma 9 gennaio 2015, n. 244),
le controversie relative alle speciale elargizione di cui alla legge n. 302/1990 appartengano alla cognizione del giudice ordinario, poiché nessun margine di apprezzamento discrezionale residua in materia in capo all’Amministrazione, in quanto i presupposti per il riconoscimento del beneficio economico trovano fondamento direttamente nella legge e nella situazione di fatto e l’intermediazione amministrativa si limita ad una verifica oggettiva, priva di margini di valutazione discrezionale; e dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo i ricorsi straordinari nelle materie devolute alla giurisdizione ordinaria sono divenuti inammissibili ai sensi dell’art. 7, comma 8, dello stesso codice, ove è previsto che il ricorso è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.
P.Q.M.
Esprime il parere che ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Cristina Manupelli
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600955 - Public 2016-04-19 -
Numero 00955/2016 e data 19/04/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 23 marzo 2016
NUMERO AFFARE 01189/2015
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. -OMISSIS- avverso diniego di concessione dei benefici previsti dalla legge n. 302/1990.
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.
Premesso:
Il sig. -OMISSIS-, -OMISSIS-, con atto datato 8 febbraio 2013 ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento del decreto del Ministero dell’interno prot. n. 85/CO del 2010 del 14 settembre 2011, recante il rigetto della istanza datata 15 novembre 2009 con la quale il ricorrente, quale -OMISSIS-, deceduto a seguito di un evento criminoso avvenuto in -OMISSIS-, chiedeva di accedere ai benefici previsti dalla normativa italiana a favore dei congiunti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
L'Amministrazione riferente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, attenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Con parere interlocutorio n. 260/2015, cui l’Amministrazione ha dato riscontro, sono stati disposti incombenti.
Considerato:
Come già rilevato da questa Sezione
(v., per tutti, il precedente parere n. 1978/2014 sul ricorso straordinario n. 1684/2012),
e come affermato dalla prevalente giurisprudenza
(v. : Cass. civ. - SS.UU., 18 dicembre 2007, n. 26626 e Cons. Stato - Sez. VI, 14 marzo 2006, n. 1338; v. anche T.a.r. Lazio - Roma 9 gennaio 2015, n. 244),
le controversie relative alle speciale elargizione di cui alla legge n. 302/1990 appartengano alla cognizione del giudice ordinario, poiché nessun margine di apprezzamento discrezionale residua in materia in capo all’Amministrazione, in quanto i presupposti per il riconoscimento del beneficio economico trovano fondamento direttamente nella legge e nella situazione di fatto e l’intermediazione amministrativa si limita ad una verifica oggettiva, priva di margini di valutazione discrezionale; e dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo i ricorsi straordinari nelle materie devolute alla giurisdizione ordinaria sono divenuti inammissibili ai sensi dell’art. 7, comma 8, dello stesso codice, ove è previsto che il ricorso è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.
P.Q.M.
Esprime il parere che ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Cristina Manupelli
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Allegando questo parere del Consiglio di Stato alla domanda al giudice ordinario, in particolare nella parte in cui si discute sulle questioni preliminari e si individua la giurisdizione di quest'ultimo, sarà bene difficile che - come sta succedendo in qualche Tribunale - il giudice ordinario dichiari il difetto di giurisdizione!panorama ha scritto:Il C.d.S. con il presente Parere a seguito di ricorso straordinario al PdR lo Dichiara inammissibile, in quanto le controversie relative alle speciale elargizione di cui alla legge n. 302/1990 appartengano alla cognizione del giudice ordinario.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600955 - Public 2016-04-19 -
Numero 00955/2016 e data 19/04/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 23 marzo 2016
NUMERO AFFARE 01189/2015
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per le liberta' civili e l'immigrazione.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. -OMISSIS- avverso diniego di concessione dei benefici previsti dalla legge n. 302/1990.
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giancarlo Luttazi.
Premesso:
Il sig. -OMISSIS-, -OMISSIS-, con atto datato 8 febbraio 2013 ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento del decreto del Ministero dell’interno prot. n. 85/CO del 2010 del 14 settembre 2011, recante il rigetto della istanza datata 15 novembre 2009 con la quale il ricorrente, quale -OMISSIS-, deceduto a seguito di un evento criminoso avvenuto in -OMISSIS-, chiedeva di accedere ai benefici previsti dalla normativa italiana a favore dei congiunti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
L'Amministrazione riferente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, attenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
Con parere interlocutorio n. 260/2015, cui l’Amministrazione ha dato riscontro, sono stati disposti incombenti.
Considerato:
Come già rilevato da questa Sezione
(v., per tutti, il precedente parere n. 1978/2014 sul ricorso straordinario n. 1684/2012),
e come affermato dalla prevalente giurisprudenza
(v. : Cass. civ. - SS.UU., 18 dicembre 2007, n. 26626 e Cons. Stato - Sez. VI, 14 marzo 2006, n. 1338; v. anche T.a.r. Lazio - Roma 9 gennaio 2015, n. 244),
le controversie relative alle speciale elargizione di cui alla legge n. 302/1990 appartengano alla cognizione del giudice ordinario, poiché nessun margine di apprezzamento discrezionale residua in materia in capo all’Amministrazione, in quanto i presupposti per il riconoscimento del beneficio economico trovano fondamento direttamente nella legge e nella situazione di fatto e l’intermediazione amministrativa si limita ad una verifica oggettiva, priva di margini di valutazione discrezionale; e dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo i ricorsi straordinari nelle materie devolute alla giurisdizione ordinaria sono divenuti inammissibili ai sensi dell’art. 7, comma 8, dello stesso codice, ove è previsto che il ricorso è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.
P.Q.M.
Esprime il parere che ricorso debba essere dichiarato inammissibile.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Luttazi Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Cristina Manupelli
- antoniomlg
- Sostenitore
- Messaggi: 3641
- Iscritto il: ven set 03, 2010 10:18 am
Re: VITTIME DEL TERRORISMO
Messaggio da antoniomlg »
le questioni sono più che mai contorte.
succede quanto di seguito :
>fai ricorso al giudice del lavoro ed i ministeri eccepiscono la competenza in favore del tar.
>fai ricorso al tar ed i ministeri eccepiscono la competenza in favore del giudice ordinario;
>fai ricorso al Capo dello STATO ed il consiglio di stato dice che è competenza del giudice del lavoro.
--------------------
ci sono anche molti pareri del consiglio di stato che dicono l'esatto contrario
dichiarano al competenza del tar.
quindi non si capisce a che gioco i ministeri cercano invano di giocare.
succede quanto di seguito :
>fai ricorso al giudice del lavoro ed i ministeri eccepiscono la competenza in favore del tar.
>fai ricorso al tar ed i ministeri eccepiscono la competenza in favore del giudice ordinario;
>fai ricorso al Capo dello STATO ed il consiglio di stato dice che è competenza del giudice del lavoro.
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ci sono anche molti pareri del consiglio di stato che dicono l'esatto contrario
dichiarano al competenza del tar.
quindi non si capisce a che gioco i ministeri cercano invano di giocare.
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