QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
elciad,
Si, sarà la prima sentenza di Appello e, mi sembra, che però sia stato fatto proprio alle Sezioni Riunite.
Ancora meglio se ciò è veritiero, così potremmo capire di più e meglio.
Adesso, non resta che attendere il dibattito e la pubblicazione della decisione.
Si, sarà la prima sentenza di Appello e, mi sembra, che però sia stato fatto proprio alle Sezioni Riunite.
Ancora meglio se ciò è veritiero, così potremmo capire di più e meglio.
Adesso, non resta che attendere il dibattito e la pubblicazione della decisione.
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elciad1963
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da elciad1963 »
speriamo bene e a breve in modo tale che ci venga riconosciuto questo sacrosanto diritto.
buona domenica a tutti.
buona domenica a tutti.
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dib0231
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da dib0231 »
Ciao Gianluigi ti allego l'elenco delle sentenze favorevoli a mia conoscenza. Se qualcuno ne ha altre a me sconosciute le pubblichi pure.
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dib0231
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da dib0231 »
E queste sono le negative a mia conoscenza
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naturopata
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Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da naturopata »
Sezione: LOMBARDIA
Esito: SENTENZA
Numero: 97
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 07/05/2018
n.29067 Sent.
97/2018
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
rappresentata ai sensi dell’art.151, d.lgs. n.174 del 2016 e dell'art. 5 della
legge 21 luglio 2000, n. 205 dal giudice unico per le pensioni prof.Vito Tenore,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n.29067 promosso da
C. C. - c.f.: Omissis - nato a Omissis (Omissis) l’Omissis, residente a Omissis
(Omissis) via Omissis; elettivamente domiciliato in Roma, al Viale Africa, n.
120, presso lo studio dell’avv. Michela SCAFETTA (SCFMHL79E55A485U)
posta elettronica certificata: scafetta@pec.it, che lo rappresenta ed assiste in
virtù del mandato in atti;
CONTRO
INPS,
OGGETTO: ricomputo del trattamento pensionistico in applicazione dell’art.3,
co.7, d.l. n.165 del 1997.
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453,
convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n.
20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9; il d.lgs.
26.8.2016 n.174;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa;
VISTA la memoria di costituzione dell’INPS;
VISTE le parti presenti all’udienza del 18.4.2018; avv. Scafetta per l’attore,
avv. Peco per l’INPS. FATTO
1.Con ricorso depositato il 2.3.2018, parte attrice, ex militare in quiescenza
dal 25.01.2017 (per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo
lavoro) e titolare di pensione ordinaria diretta di inabilità n. 17748433,
invocava il ricomputo del proprio trattamento per infermità senza ausiliaria,
già vanamente richiesto all’Inps, in applicazione della maggiorazione
dell’art.3, co.7, d.l. n.165 del 1997. Invocava precedenti univocamente
favorevoli di questa Corte.
Si costituiva l’Inps che, con accurata memoria, ricostruiva il quadro
normativo e la più corretta interpretazione dello stesso al fine di confutare gli
argomenti attorei. Dava contezza, correttamente, di talune pronunce
favorevoli all’attore, in contrasto però con un diverso e più condivisibile
recente indirizzo.
All’udienza del 18.4.2018 le parti presenti si riportavano ai rispettivi
argomenti. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione e veniva data lettura
del dispositivo in udienza.
DIRITTO
1.La domanda, sulla scorta di univoca giurisprudenza di questa Corte, è
fondata e va accolta. Ed invero un pacifico indirizzo di questa Corte (C.conti,
sez.Abruzzo, 26.1.2012 n.28; id., sez.Abruzzo, 7.3.2017 n.27; id., sez.Molise,
6.10.2017 n.53; id., sez.Sardegna, 19.12.2017 n.162; id., sez.Calabria,
20.12.2017 n.350; id., sez.Piemonte 17.1.2018 n.3; id., sez.Sardegna
24.1.2018 n.16; id., sez.Emilia Romagna 25.1.2018 n.29; contra id., sez.
Veneto 2018 n. 46; id., sez. Liguria 2018 n. 128) ha chiarito che, essendo
l’interessato cessato dal servizio senza transitare nella posizione di ausiliaria,
essendo stato posto in congedo assoluto per inabilità, versa nella condizione
di legge per usufruire del beneficio accordato dalla norma invocata.
Tale norma prevedeva (all’epoca del loro collocamento a riposo) quanto
segue: “Per il personale di cui all’articolo 1 escluso dall’applicazione
dell’istituto dell’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti
di età previsto dall’ordinamento di appartenenza e per il personale militare
che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere
nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o
in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio
moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in
alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato”.
Come affermato da C.conti Sez.Molise n. 53/2017 e Sez.Sardegna
n.162/2017, “occorre innanzitutto rilevare l’attuale vigenza della disposizione
normativa, pur successivamente all’entrata in vigore del codice
dell’ordinamento militare, considerato che detto decreto legislativo n. 66/2010
espressamente prevede (art. 2268, comma 1, n. 930) l’abrogazione dei soli
commi da 1 a 5 dell’articolo 3 del d. lgs. n. 165/1997.
Venendo dunque all’ambito applicativo della disposizione, si osserva che il
legislatore ha riconosciuto l’incremento del montante contributivo sia al
“personale di cui all’art. 1 escluso dall’ausiliaria che cessa dal servizio per
raggiungimento dei limiti di età”, che “al personale militare che non sia in
possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di
ausiliaria”, categoria quest’ultima nella quale evidentemente rientra l’ufficiale
ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d’Istituto ex art.
929 del d. lgs. n. 66/2010, e dunque impossibilitato a prestare i conseguenti
(pur delimitati ed eventuali) servizi d’Istituto e dunque ad accedere all’istituto
dell’ausiliaria (cfr: C. conti, sez. giur. Abruzzo, sent. n. 28/2012).
Ovviamente, considerate le ragioni dell’impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento dell’ufficiale in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l’esercizio di un’opzione da parte dell’interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio”.
Il ricorso va pertanto accolto con accertamento del diritto attoreo alla
riliquidazione della pensione in godimento mediante applicazione del
beneficio previsto dall’art. 3, co.7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165
con interessi legali sugli arretrati e rivalutazione, quest’ultima limitatamente
all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per gli interessi, calcolati
con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e sino al pagamento.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano, ex dm
55/2014 (con applicazione di una riduzione, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del
suddetto decreto, tenuto conto della non particolare complessità dell’affare,
anche in relazione all’esistenza di un consolidato orientamento
giurisprudenziale) in euro 1.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto da C. C. - c.f.:
Omissis - nato a Omissis (Omissis) l’Omissis e, per l’effetto, dichiara il diritto
del medesimo alla riliquidazione della pensione in godimento mediante
applicazione del beneficio previsto dall’art. 3, co.7 del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 165 con interessi legali sugli arretrati e rivalutazione,
quest’ultima, limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello
dovuto per gli interessi, calcolati con decorrenza dal giorno della maturazione
del diritto e sino al pagamento.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro
1.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Milano, 18.4.2018
Depositato in Segreteria il 07/05/2018 Il giudice
Prof. Vito Tenore
Esito: SENTENZA
Numero: 97
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 07/05/2018
n.29067 Sent.
97/2018
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
rappresentata ai sensi dell’art.151, d.lgs. n.174 del 2016 e dell'art. 5 della
legge 21 luglio 2000, n. 205 dal giudice unico per le pensioni prof.Vito Tenore,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n.29067 promosso da
C. C. - c.f.: Omissis - nato a Omissis (Omissis) l’Omissis, residente a Omissis
(Omissis) via Omissis; elettivamente domiciliato in Roma, al Viale Africa, n.
120, presso lo studio dell’avv. Michela SCAFETTA (SCFMHL79E55A485U)
posta elettronica certificata: scafetta@pec.it, che lo rappresenta ed assiste in
virtù del mandato in atti;
CONTRO
INPS,
OGGETTO: ricomputo del trattamento pensionistico in applicazione dell’art.3,
co.7, d.l. n.165 del 1997.
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453,
convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n.
20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9; il d.lgs.
26.8.2016 n.174;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa;
VISTA la memoria di costituzione dell’INPS;
VISTE le parti presenti all’udienza del 18.4.2018; avv. Scafetta per l’attore,
avv. Peco per l’INPS. FATTO
1.Con ricorso depositato il 2.3.2018, parte attrice, ex militare in quiescenza
dal 25.01.2017 (per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo
lavoro) e titolare di pensione ordinaria diretta di inabilità n. 17748433,
invocava il ricomputo del proprio trattamento per infermità senza ausiliaria,
già vanamente richiesto all’Inps, in applicazione della maggiorazione
dell’art.3, co.7, d.l. n.165 del 1997. Invocava precedenti univocamente
favorevoli di questa Corte.
Si costituiva l’Inps che, con accurata memoria, ricostruiva il quadro
normativo e la più corretta interpretazione dello stesso al fine di confutare gli
argomenti attorei. Dava contezza, correttamente, di talune pronunce
favorevoli all’attore, in contrasto però con un diverso e più condivisibile
recente indirizzo.
All’udienza del 18.4.2018 le parti presenti si riportavano ai rispettivi
argomenti. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione e veniva data lettura
del dispositivo in udienza.
DIRITTO
1.La domanda, sulla scorta di univoca giurisprudenza di questa Corte, è
fondata e va accolta. Ed invero un pacifico indirizzo di questa Corte (C.conti,
sez.Abruzzo, 26.1.2012 n.28; id., sez.Abruzzo, 7.3.2017 n.27; id., sez.Molise,
6.10.2017 n.53; id., sez.Sardegna, 19.12.2017 n.162; id., sez.Calabria,
20.12.2017 n.350; id., sez.Piemonte 17.1.2018 n.3; id., sez.Sardegna
24.1.2018 n.16; id., sez.Emilia Romagna 25.1.2018 n.29; contra id., sez.
Veneto 2018 n. 46; id., sez. Liguria 2018 n. 128) ha chiarito che, essendo
l’interessato cessato dal servizio senza transitare nella posizione di ausiliaria,
essendo stato posto in congedo assoluto per inabilità, versa nella condizione
di legge per usufruire del beneficio accordato dalla norma invocata.
Tale norma prevedeva (all’epoca del loro collocamento a riposo) quanto
segue: “Per il personale di cui all’articolo 1 escluso dall’applicazione
dell’istituto dell’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti
di età previsto dall’ordinamento di appartenenza e per il personale militare
che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere
nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o
in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio
moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in
alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato”.
Come affermato da C.conti Sez.Molise n. 53/2017 e Sez.Sardegna
n.162/2017, “occorre innanzitutto rilevare l’attuale vigenza della disposizione
normativa, pur successivamente all’entrata in vigore del codice
dell’ordinamento militare, considerato che detto decreto legislativo n. 66/2010
espressamente prevede (art. 2268, comma 1, n. 930) l’abrogazione dei soli
commi da 1 a 5 dell’articolo 3 del d. lgs. n. 165/1997.
Venendo dunque all’ambito applicativo della disposizione, si osserva che il
legislatore ha riconosciuto l’incremento del montante contributivo sia al
“personale di cui all’art. 1 escluso dall’ausiliaria che cessa dal servizio per
raggiungimento dei limiti di età”, che “al personale militare che non sia in
possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di
ausiliaria”, categoria quest’ultima nella quale evidentemente rientra l’ufficiale
ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d’Istituto ex art.
929 del d. lgs. n. 66/2010, e dunque impossibilitato a prestare i conseguenti
(pur delimitati ed eventuali) servizi d’Istituto e dunque ad accedere all’istituto
dell’ausiliaria (cfr: C. conti, sez. giur. Abruzzo, sent. n. 28/2012).
Ovviamente, considerate le ragioni dell’impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento dell’ufficiale in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l’esercizio di un’opzione da parte dell’interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio”.
Il ricorso va pertanto accolto con accertamento del diritto attoreo alla
riliquidazione della pensione in godimento mediante applicazione del
beneficio previsto dall’art. 3, co.7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165
con interessi legali sugli arretrati e rivalutazione, quest’ultima limitatamente
all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per gli interessi, calcolati
con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e sino al pagamento.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano, ex dm
55/2014 (con applicazione di una riduzione, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del
suddetto decreto, tenuto conto della non particolare complessità dell’affare,
anche in relazione all’esistenza di un consolidato orientamento
giurisprudenziale) in euro 1.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto da C. C. - c.f.:
Omissis - nato a Omissis (Omissis) l’Omissis e, per l’effetto, dichiara il diritto
del medesimo alla riliquidazione della pensione in godimento mediante
applicazione del beneficio previsto dall’art. 3, co.7 del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 165 con interessi legali sugli arretrati e rivalutazione,
quest’ultima, limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello
dovuto per gli interessi, calcolati con decorrenza dal giorno della maturazione
del diritto e sino al pagamento.
Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro
1.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Milano, 18.4.2018
Depositato in Segreteria il 07/05/2018 Il giudice
Prof. Vito Tenore
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dib0231
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da dib0231 »
Conoscevo l'esistenza di questa sentenza (anche perchè conosco l'istante) però aspettavo la sua pubblicazione sul sito della CdC (che non è ancora avvenuta) per correttezza nei suoi confronti.
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dib0231
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da dib0231 »
A questo punto quante altre sentenze non ho indicato nei miei due elenchi precedenti? Un grazie a tutti coloro che me le segnaleranno.
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lando63
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da lando63 »
Salve, questo della sezione Lombardia, sebbene sia il più stringato e conciso pronunciamento in merito all'art. 3 comma 7 legge 165/97, è secondo me il più pesante verdetto che si è avuto sinora sulla materia. Ciò deriva dalla particolare professionalità del giudice che l'ha emesso, il prof. Vito Tenore. Ecco il suo CV:
http://albosegretari.interno.it/wp-cont ... ito_cv.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;
http://albosegretari.interno.it/wp-cont ... ito_cv.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Perso per l'art. 3 e accolto per l'art. 54,
Il Giudice è Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 79 Pubblicazione 10/05/2018
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n.79/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21618 del registro di segreteria, proposto da L. M., nato in data omissis a Omissis (Omissis), residente in Omissis (RC) alla Omissis.
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 4 ottobre 2016, n. RC012016856050.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dagli avvocati Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 20 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
Al riguardo, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Il Giudice è Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 79 Pubblicazione 10/05/2018
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n.79/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21618 del registro di segreteria, proposto da L. M., nato in data omissis a Omissis (Omissis), residente in Omissis (RC) alla Omissis.
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 4 ottobre 2016, n. RC012016856050.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dagli avvocati Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 20 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
Al riguardo, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Perso per l'art. 3 e accolto per l'art. 54,
Anche questa volta trattasi del Giudice Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 78 Pubblicazione 10/05/2018
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N NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 78/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21598 del registro di segreteria, proposto da C. L., nato a Omissis (Omissis), in data 9 aprile 1962, residente in Reggio Calabria alla Omissis.
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 16 maggio 2017, n. RC01201787197.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dall’avvocato Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 20 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto
dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
In materia, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Anche questa volta trattasi del Giudice Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 78 Pubblicazione 10/05/2018
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N NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 78/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21598 del registro di segreteria, proposto da C. L., nato a Omissis (Omissis), in data 9 aprile 1962, residente in Reggio Calabria alla Omissis.
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 16 maggio 2017, n. RC01201787197.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dall’avvocato Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 20 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto
dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
In materia, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Perso per l'art. 3 e accolto per l'art. 54,
Ancora il Giudice Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 73 Pubblicazione 10/05/2018
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 73/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21605 del registro di segreteria, proposto da C. D. S., nato a Omissis il Omissis, ivi residente alla via omissis..
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 18 ottobre 2016, n. RC012016857207.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dall’avvocato Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 19 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto
dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
In materia, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Ancora il Giudice Andrea Luberti
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 73 Pubblicazione 10/05/2018
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
R E P U BB L I C A I T A L I A N A
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA CALABRIA
Il giudice unico delle pensioni
Primo referendario Andrea Luberti
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 73/2018
Sul ricorso in materia di pensioni militari numero 21605 del registro di segreteria, proposto da C. D. S., nato a Omissis il Omissis, ivi residente alla via omissis..
Parte ricorrente, rappresentata e difesa dall’avvocato Santo Delfino, con studio in Villa San Giovanni (RC), alla via Umberto Zanotti Bianco, 33, ivi elettivamente domiciliata in forza di procura speciale ad litem.
Contro:
Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, alla via Ciro il Grande, 21.
Ente rappresentato e difeso dall’avvocato Giacinto Greco e dall’avvocato Francesco Muscari Tomaioli; domiciliato presso la sede dell’Avvocatura dell’INPS in Catanzaro, alla Via Francesco Acri, 81.
Parte resistente.
Per: Annullamento della determinazione del 18 ottobre 2016, n. RC012016857207.
Riliquidazione della pensione ai sensi degli articoli 44, comma 2, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1973, n. 1092, con ogni altro consequenziale provvedimento di legge, compresa la liquidazione dei ratei maturati, interessi di legge e rivalutazione monetaria.
Riconoscimento del diritto dei benefici economici derivanti dalla corretta applicazione dell’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.
Con vittoria di spese, competenze e onorari.
Visto l’articolo 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Udita alla pubblica udienza del 30 marzo 2018 la parte ricorrente e quella resistente, rappresentate dall’avvocato Santo Delfino e, su delega dell’avvocato Giacinto Greco, dall’avvocato Silvia Parisi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, ritualmente proposto, il ricorrente ha contestato il provvedimento di determinazione del proprio trattamento pensionistico. In particolare, la parte ricorrente ha gravato tale atto sotto il duplice profilo: i) dei criteri adottati nel calcolo della quota retributiva della pensione, invocando l’applicazione dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica, in luogo dell’articolo 44 della medesima atto normativo; ii) della mancata concessione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 165/1997.
L’INPS si è costituita in giudizio con note di memoria del 19 febbraio 2018, contestando la fondatezza di entrambe le pretese proposte dal ricorrente.
Secondo quanto argomentato dall’ente previdenziale, infatti, in situazioni analoghe a quella del ricorrente, in cui cioè alla data del 31 dicembre 1992 l’interessato vanti un'anzianità di servizio inferiore a quindici anni (quota “A”)
non sarebbe applicabile il disposto dell’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973.
Quanto alla seconda doglianza, l’INPS ha sostenuto che il beneficio previsto
dall'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 165/1997 non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità al servizio senza avere maturato i requisiti per il collocamento nella carriera ausiliaria.
In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha proposto ulteriori note di memoria. All’udienza del 30 marzo 2018 le parti si sono riportate ai propri scritti defensionali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le questioni giuridiche sottese al primo punto del ricorso sono state già affrontate dalla Sezione con una giurisprudenza ormai consolidata (sentenza 6 gennaio 2018, n. 12; sentenza 26 marzo 2018, n. 44; sentenze 18 aprile 2018, n. 46 e 53).
In particolare, la Sezione, con argomentazioni da cui non sussistono motivi per discostarsi, ha avuto modo di precisare che il chiaro tenore letterale della disposizione dettata dal citato articolo 54, comma 1, determina il beneficio del calcolo della pensione con l’aliquota del 44% della base pensionabile in favore del militare che cessi dalla propria attività avendo compiuto anche con un solo giorno in più di servizio oltre il quindicesimo anno di servizio utile.
Tale affermazione costituisce il precipitato logico della circostanza che la detta previsione costituisce evidentemente un beneficio migliorativo rispetto a quanto comminato dall’articolo 44, comma 1, per il personale civile dello Stato, fermo restando il limite massimo finale costituito dall’80%.
Infatti, la disposizione in commento recita espressamente che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Tale profilo di illegittimità merita, pertanto, di essere condiviso in considerazione del chiaro tenore letterale della norma e, come si ha avuto modo di precisare, dell’orientamento della Sezione.
Non si ritiene invece di condividere il secondo motivo di ricorso, diretto a far valere i benefici compensativi della esclusione dalla ausiliaria, sempre in considerazione del tenore letterale delle disposizioni invocate.
Al riguardo, occorre precisare che l’istituto della carriera ausiliaria è disciplinata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), che la configura come una situazione sostanzialmente intermedia tra il servizio e la quiescenza. Infatti, da un lato, durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, ed è soggetto a richiamo, sotto il versante opposto egli percepisce una specifica indennità e ha diritto a una successiva rideterminazione del trattamento previdenziale maturato.
In materia, i requisiti per il collocamento nella carriera sono puntualmente dettati dall’articolo 992 del codice dell’ordinamento militare che, tra gli altri, lo consente in favore del personale militare cessato dal servizio per il raggiungimento del limite di età.
Laddove (come nel caso di specie, in cui il ricorrente è stato dispensato per inidoneità psico-fisica al servizio) non sussistano i requisiti astratti per il collocamento nella carriera ausiliaria, non è invece ravvisabile alcuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria, né risultano erogabili i benefici compensativi previsti dalle disposizioni invocate.
P.Q.M.
Il giudice unico delle pensioni presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, lo accoglie in parte e, per l’effetto riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’articolo 54, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973 per la parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Condanna l’INPS al pagamento delle somme dovute a titolo di arretrati per i maggiori ratei.
Tale importo dovrà, inoltre, essere incrementato della maggior somma tra la rivalutazione monetaria su base annua secondo indici gli ISTAT e gli interessi legali dalla data del fatto sino a quella della pubblicazione della presente sentenza, e ancora degli interessi legali da quest'ultima data sino all’effettivo
soddisfacimento del credito.
Le spese sono compensate, in considerazione della soccombenza reciproca sulle questioni in punto di diritto.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 30 marzo 2018.
IL GIUDICE
f.to Andrea Luberti
Depositata in Segreteria il 10/05/2018
Il responsabile della Segreteria pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
art. 54 e art. 3
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 81 Pubblicazione 15/05/2018
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 81/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21633 del registro di segreteria, proposto da A. M., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino
C O N T R O
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 13/4/2018;
uditi all’udienza del 14 maggio 2018, l’avv.to Santo Delfino per il ricorrente e l’avv. Giacinto Greco per l’INPS, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza
F A T T O
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 14/3/2018, il sig. A. M., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n. RC012014787796 del 31.3.2014, iscrizione. n.17491638 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44, primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e conseguentemente ordinare che l’I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t. provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1002/1973;
dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3, comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 13/4/2018 si è costituito in giudizio l’INPS, eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la determinazione n° RC012014787796 del 31.3.2014, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l’INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vanta un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Secondo l’INPS il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 29/11/2012: con un'anzianità di servizio comprensiva delle maggiorazioni di servizio pari ad anni 32 e 2 mesi, di cui: 8 anni e 7 mesi maturati fino alla data del 31/12/1992, cui corrisponde un'aliquota di rendimento pari allo 0,20028, e un'anzianità contributiva di 12 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995, cui corrisponde un'aliquota di rendimento pari allo 0,28389, così come determinate con la determinazione RC012014787796, l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento annua del 44 per cento, atteso che il disposto normativo dettato dall'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare che matura diritto a pensione con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e non già alla quota di rendimento annua per la "quota retributiva", determinata con il sistema misto.
Ritiene quindi l’ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15 anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni = 44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all’applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l’INPS, parimenti, deduce la inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie. Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
Il 3-5-2018 il ricorrente ha depositato una memoria difensiva ed esplicativa, insistendo nell’accoglimento delle conclusioni di cui al ricorso introduttivo.
All’udienza di discussione del 14-5-2018 i procuratori costituiti si sono riportati alle rispettive difese e conclusioni.
D I R I T T O
1. La prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 44 del medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente, l’invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”. Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che
“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l’INPS che l'art.54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.
L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80% della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell’ordinamento militare la c.d. riforma).
L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L’art. 992 del C.O.M. così dispone:
“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni.”.
In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.
4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all’atto del collocamento in ausiliaria.
L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione".
Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n.53/2017).
In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.”.
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell’INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;
2) Condanna altresì l’INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 14 maggio 2018.
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 15/05/2018
Il Responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 81 Pubblicazione 15/05/2018
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 81/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21633 del registro di segreteria, proposto da A. M., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino
C O N T R O
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 13/4/2018;
uditi all’udienza del 14 maggio 2018, l’avv.to Santo Delfino per il ricorrente e l’avv. Giacinto Greco per l’INPS, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza
F A T T O
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 14/3/2018, il sig. A. M., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n. RC012014787796 del 31.3.2014, iscrizione. n.17491638 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44, primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e conseguentemente ordinare che l’I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t. provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1002/1973;
dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3, comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 13/4/2018 si è costituito in giudizio l’INPS, eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la determinazione n° RC012014787796 del 31.3.2014, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l’INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vanta un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Secondo l’INPS il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 29/11/2012: con un'anzianità di servizio comprensiva delle maggiorazioni di servizio pari ad anni 32 e 2 mesi, di cui: 8 anni e 7 mesi maturati fino alla data del 31/12/1992, cui corrisponde un'aliquota di rendimento pari allo 0,20028, e un'anzianità contributiva di 12 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995, cui corrisponde un'aliquota di rendimento pari allo 0,28389, così come determinate con la determinazione RC012014787796, l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento annua del 44 per cento, atteso che il disposto normativo dettato dall'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare che matura diritto a pensione con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e non già alla quota di rendimento annua per la "quota retributiva", determinata con il sistema misto.
Ritiene quindi l’ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15 anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni = 44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all’applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l’INPS, parimenti, deduce la inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie. Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
Il 3-5-2018 il ricorrente ha depositato una memoria difensiva ed esplicativa, insistendo nell’accoglimento delle conclusioni di cui al ricorso introduttivo.
All’udienza di discussione del 14-5-2018 i procuratori costituiti si sono riportati alle rispettive difese e conclusioni.
D I R I T T O
1. La prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 44 del medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente, l’invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”. Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che
“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l’INPS che l'art.54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.
L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80% della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell’ordinamento militare la c.d. riforma).
L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L’art. 992 del C.O.M. così dispone:
“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni.”.
In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.
4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all’atto del collocamento in ausiliaria.
L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione".
Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n.53/2017).
In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.”.
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3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell’INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;
2) Condanna altresì l’INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 14 maggio 2018.
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 15/05/2018
Il Responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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dib0231
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Messaggio da dib0231 »
Qualcuno è a conoscenza se è stata fissata una data per una futura udienza in Appello a Roma?
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Art. 3 Accolto, mentre, l'art. 54 respinto.
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1) - Il ricorrente, già primo maresciallo dell’E.I., espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 28 maggio 2015 per infermità e di godere di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
2) - Nella specie il ricorrente, …....., è congedato con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (37 anni e 7 mesi).
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Sezione PIEMONTE Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 45 Pubblicazione 18/05/2018
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SENT. N. 45/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale
per la regione Piemonte
in composizione monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI, quale Giudice unico ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20433 del registro di Segreteria, proposto da L.. Giuseppe, nato a Torino il …… 1966, residente in …………. (TO), c.f. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Chiara Chessa e Eleonora Barbini del Foro di Arezzo come da procura speciale in calce al ricorso;
contro
INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti pubblici, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09 H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio legale dell’Istituto, come da procura generale ad lites conferita con atto del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via dell’Arcivescovado n. 9;
avverso
la determinazione INPS di conferimento al ricorrente della pensione ordinaria d’inabilità n. 17592704 nella parte in cui non attribuisce l’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 e non riconosce l’aliquota di rendimento del 44% in ordine alla quota fino alla data del 31 dicembre 1995, regolata dal sistema retributivo;
e per l’accertamento
del diritto al beneficio di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché all’attribuzione del coefficiente complessivo di rendimento del 44% ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973;
e la conseguente condanna
dell’INPS rideterminare il trattamento pensionistico, incrementandone l’ammontare della somma di euro 6.361,62 o nella misura che verrà accertata in corso di causa, e a corrispondere gli arretrati maggiorati di rivalutazione e interessi legali.
Visto il decreto con il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.
Uditi, alla pubblica udienza del 17 aprile 2018, l’Avv. Eleonora Barbini per il ricorrente e l’Avv. Giorgio Ruta per l’INPS.
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente, già primo maresciallo dell’E.I., espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 28 maggio 2015 per infermità e di godere di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
Egli con richiesta inviata all’INPS il 25 settembre 2017 ha lamentato la mancata concessione dell’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché il fatto che l’aliquota di rendimento relativa alla quota retributiva della pensione (sino al 31 dicembre 1995) era stata applicata nella misura del 35,30 % e non del 44%, come disposto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973.
In mancanza di risposta ha depositato il ricorso in esame in data 1 febbraio 2018 con le conclusioni in epigrafe.
L’INPS si è costituito in data 5 aprile 2018 chiedendo il rigetto del ricorso. L’INPS ha articolatamente argomentato tali conclusioni con ampi richiami a favorevole giurisprudenza della Corte dei conti (Sez. Calabria n. 12/2018 sulla prima questione e Sez. Veneto n. 46/2018 su entrambe le questioni). In particolare, sulla prima questione ha evidenziato l’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 non consente l’interpretazione propugnata dal ricorrente, applicandosi solo a coloro che, pur avendo in astratto la possibilità per accedere all’ausiliaria (cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età), mancano dei relativi requisiti psico-fisici. Diversamente, rimarca la difesa dell’Istituto, si cumulerebbero ingiustificatamente i benefici del trattamento di inabilità con quelli previsti dalla norma in questione e si creerebbe una disparità di trattamento con il personale civile delle forze di polizia.
In data 6 aprile 2018 il ricorrente ha depositato una memoria in cui illustra ulteriormente i motivi del ricorso e richiama la cospicua giurisprudenza della Corte formatasi sulla questione dell’ambito di applicazione dell’art. 3, comma 7 D.lgs. n. 165/1997 in senso favorevole alla propria tesi (Sez. Abruzzo nn. 28/2012 e 27/2017, Sez. Molise n. 53/2017, Sez. Calabria n. 350/2017, Sez. Sardegna nn. 156, 162/2017 e 15/2018, Sez. Emilia Romagna n. 29/2018, Sez. Lazio n. 94/2018, nonché questa Sez. nn. 3 e 18/2018).
Richiama altresì la giurisprudenza favorevole sull’applicazione dell’art. 54, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973 (Sez. Sardegna nn. 15, 42 e 43/2018).
All’udienza del 17 aprile 2018 il difensore del ricorrente ha ancora ampiamente illustrato le proprie posizioni. Entrambe le parti hanno richiamato le conclusioni in atti e la causa è stata decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
1. Il ricorso invoca innanzitutto l’applicazione dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 (recante “Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”), che dispone: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare e per il personale delle Forze armate che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Tale beneficio non risulta in effetti riconosciuto nel provvedimento di liquidazione, che infatti menziona a tal fine solo l’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997.
Nella specie l’interessato è cessato dal servizio senza poter transitare nella posizione di ausiliaria essendo stato posto in congedo assoluto per infermità prima di poter raggiungere gli ordinari limiti di età e pertanto si trova nella condizione di usufruire del beneficio accordato dalla norma citata (cfr. questa Sezione nn. 3 e 18/2018, oltre ai numerosi precedenti conformi citati da parte ricorrente e sopra richiamati).
La lettura restrittiva del testo della norma sostenuta dall’INPS non appare condivisibile in base ad una sua interpretazione costituzionalmente orientata.
La domanda di applicazione del beneficio di cui al citato art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 risulta dunque fondata e va accolta.
2. Il ricorso invoca poi l’applicazione, in ordine alla quota di pensione al 31 dicembre 1995 da determinarsi con il sistema retributivo, dell’art. 54 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), rubricato “Misura del trattamento normale”, che dispone: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto dal penultimo comma del presente articolo”. Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 15 e mesi 7 di servizio utile, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 36,05 per cento.
Egli sostiene che l’Ente, invece di utilizzare il coefficiente previsto dall’art. 54 cit., avrebbe utilizzato quello previsto dall’art. 44 dello stesso D.P.R. n. 1092 per i dipendenti statali civili nella misura del 35 per cento della base pensionabile. Provvede quindi a riformulare i conteggi evidenziando dove il procedimento di calcolo della pensione seguito dall’INPS presenti l’errore denunciato con deviazione dal modello normativo di riferimento
L’INPS ha obiettato che l’applicazione della norma citata, in base al suo testo letterale, presuppone che la cessazione dal servizio sia avvenuta con un’anzianità superiore a 15 anni, ma, nel contempo, inferiore a 20 anni, mentre il ricorrente è cessato con oltre 37 anni di anzianità. Invero, La ratio della disposizione sarebbe quella di tutelare i militari cessati con anzianità di poco superiore a quella minima.
Va osservato che sull’ambito di applicazione dell’art. 54 primo comma del D.P.R. n. 1092 cit. si fronteggiano due tesi. La prima, più restrittiva e aderente al testo letterale, fatta propria dall’INPS, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio nella tutela dei militari che cessino dal servizio con anzianità di poco superiori a quelle minime. L’altra, più estensiva, sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
Questo Giudice ritiene di prestare adesione al primo orientamento interpretativo (cfr. questa Sez. nn. 3 e 18/2018, Sez. Veneto n. 46/2018), maggiormente aderente al dato letterale e, in quanto più restrittivo, consono alla natura speciale della norma de qua.
Nella specie il ricorrente, come si legge nel provvedimento di pensione, è congedato con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (37 anni e 7 mesi).
Pertanto, la sua situazione non rientra nella fattispecie normativa contemplata dal ridetto primo comma dell’art. 54 cit., il cui ambito di applicazione riguarda i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio.
Le domande contenute sul punto nel ricorso, laddove basate su diversa interpretazione della norma sopra richiamata, non possono quindi essere accolte.
3. L’accoglimento della prima domanda comporta il diritto del ricorrente alla rideterminazione con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997.
4. Consegue il diritto ai conseguenti arretrati.
5. Su tali arretrati vanno applicati gli interessi corrispettivi al saggio legale, calcolati dalla decorrenza di ciascun rateo di pensione sino al pagamento effettivo.
6. Compete la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c., da calcolarsi, secondo quanto specificato dalle SS.RR. (n. 10/2002/QM), quale parziale possibile integrazione degli interessi al saggio legale, ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi.
7. Ogni altra domanda va respinta.
8. Le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997;
dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione dei conseguenti arretrati oltre interessi e rivalutazione secondo quanto precisato in motivazione;
respinge ogni altra domanda;
compensa le spese.
Così deciso in Torino, il 17 aprile 2018.
IL GIUDICE
(F.to Dott. Walter BERRUTI)
Depositata in Segreteria il 18 Maggio 2018
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
----------------------------------------------------------------
1) - Il ricorrente, già primo maresciallo dell’E.I., espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 28 maggio 2015 per infermità e di godere di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
2) - Nella specie il ricorrente, …....., è congedato con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (37 anni e 7 mesi).
--------------------------------------------------------------------------------
Sezione PIEMONTE Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 45 Pubblicazione 18/05/2018
-----------------------------------------------------------------------------------
SENT. N. 45/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale
per la regione Piemonte
in composizione monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI, quale Giudice unico ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20433 del registro di Segreteria, proposto da L.. Giuseppe, nato a Torino il …… 1966, residente in …………. (TO), c.f. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Chiara Chessa e Eleonora Barbini del Foro di Arezzo come da procura speciale in calce al ricorso;
contro
INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti pubblici, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09 H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio legale dell’Istituto, come da procura generale ad lites conferita con atto del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via dell’Arcivescovado n. 9;
avverso
la determinazione INPS di conferimento al ricorrente della pensione ordinaria d’inabilità n. 17592704 nella parte in cui non attribuisce l’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 e non riconosce l’aliquota di rendimento del 44% in ordine alla quota fino alla data del 31 dicembre 1995, regolata dal sistema retributivo;
e per l’accertamento
del diritto al beneficio di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché all’attribuzione del coefficiente complessivo di rendimento del 44% ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973;
e la conseguente condanna
dell’INPS rideterminare il trattamento pensionistico, incrementandone l’ammontare della somma di euro 6.361,62 o nella misura che verrà accertata in corso di causa, e a corrispondere gli arretrati maggiorati di rivalutazione e interessi legali.
Visto il decreto con il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.
Uditi, alla pubblica udienza del 17 aprile 2018, l’Avv. Eleonora Barbini per il ricorrente e l’Avv. Giorgio Ruta per l’INPS.
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente, già primo maresciallo dell’E.I., espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 28 maggio 2015 per infermità e di godere di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
Egli con richiesta inviata all’INPS il 25 settembre 2017 ha lamentato la mancata concessione dell’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché il fatto che l’aliquota di rendimento relativa alla quota retributiva della pensione (sino al 31 dicembre 1995) era stata applicata nella misura del 35,30 % e non del 44%, come disposto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973.
In mancanza di risposta ha depositato il ricorso in esame in data 1 febbraio 2018 con le conclusioni in epigrafe.
L’INPS si è costituito in data 5 aprile 2018 chiedendo il rigetto del ricorso. L’INPS ha articolatamente argomentato tali conclusioni con ampi richiami a favorevole giurisprudenza della Corte dei conti (Sez. Calabria n. 12/2018 sulla prima questione e Sez. Veneto n. 46/2018 su entrambe le questioni). In particolare, sulla prima questione ha evidenziato l’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 non consente l’interpretazione propugnata dal ricorrente, applicandosi solo a coloro che, pur avendo in astratto la possibilità per accedere all’ausiliaria (cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età), mancano dei relativi requisiti psico-fisici. Diversamente, rimarca la difesa dell’Istituto, si cumulerebbero ingiustificatamente i benefici del trattamento di inabilità con quelli previsti dalla norma in questione e si creerebbe una disparità di trattamento con il personale civile delle forze di polizia.
In data 6 aprile 2018 il ricorrente ha depositato una memoria in cui illustra ulteriormente i motivi del ricorso e richiama la cospicua giurisprudenza della Corte formatasi sulla questione dell’ambito di applicazione dell’art. 3, comma 7 D.lgs. n. 165/1997 in senso favorevole alla propria tesi (Sez. Abruzzo nn. 28/2012 e 27/2017, Sez. Molise n. 53/2017, Sez. Calabria n. 350/2017, Sez. Sardegna nn. 156, 162/2017 e 15/2018, Sez. Emilia Romagna n. 29/2018, Sez. Lazio n. 94/2018, nonché questa Sez. nn. 3 e 18/2018).
Richiama altresì la giurisprudenza favorevole sull’applicazione dell’art. 54, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973 (Sez. Sardegna nn. 15, 42 e 43/2018).
All’udienza del 17 aprile 2018 il difensore del ricorrente ha ancora ampiamente illustrato le proprie posizioni. Entrambe le parti hanno richiamato le conclusioni in atti e la causa è stata decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
1. Il ricorso invoca innanzitutto l’applicazione dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 (recante “Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”), che dispone: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare e per il personale delle Forze armate che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Tale beneficio non risulta in effetti riconosciuto nel provvedimento di liquidazione, che infatti menziona a tal fine solo l’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997.
Nella specie l’interessato è cessato dal servizio senza poter transitare nella posizione di ausiliaria essendo stato posto in congedo assoluto per infermità prima di poter raggiungere gli ordinari limiti di età e pertanto si trova nella condizione di usufruire del beneficio accordato dalla norma citata (cfr. questa Sezione nn. 3 e 18/2018, oltre ai numerosi precedenti conformi citati da parte ricorrente e sopra richiamati).
La lettura restrittiva del testo della norma sostenuta dall’INPS non appare condivisibile in base ad una sua interpretazione costituzionalmente orientata.
La domanda di applicazione del beneficio di cui al citato art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 risulta dunque fondata e va accolta.
2. Il ricorso invoca poi l’applicazione, in ordine alla quota di pensione al 31 dicembre 1995 da determinarsi con il sistema retributivo, dell’art. 54 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), rubricato “Misura del trattamento normale”, che dispone: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto dal penultimo comma del presente articolo”. Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 15 e mesi 7 di servizio utile, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 36,05 per cento.
Egli sostiene che l’Ente, invece di utilizzare il coefficiente previsto dall’art. 54 cit., avrebbe utilizzato quello previsto dall’art. 44 dello stesso D.P.R. n. 1092 per i dipendenti statali civili nella misura del 35 per cento della base pensionabile. Provvede quindi a riformulare i conteggi evidenziando dove il procedimento di calcolo della pensione seguito dall’INPS presenti l’errore denunciato con deviazione dal modello normativo di riferimento
L’INPS ha obiettato che l’applicazione della norma citata, in base al suo testo letterale, presuppone che la cessazione dal servizio sia avvenuta con un’anzianità superiore a 15 anni, ma, nel contempo, inferiore a 20 anni, mentre il ricorrente è cessato con oltre 37 anni di anzianità. Invero, La ratio della disposizione sarebbe quella di tutelare i militari cessati con anzianità di poco superiore a quella minima.
Va osservato che sull’ambito di applicazione dell’art. 54 primo comma del D.P.R. n. 1092 cit. si fronteggiano due tesi. La prima, più restrittiva e aderente al testo letterale, fatta propria dall’INPS, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio nella tutela dei militari che cessino dal servizio con anzianità di poco superiori a quelle minime. L’altra, più estensiva, sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
Questo Giudice ritiene di prestare adesione al primo orientamento interpretativo (cfr. questa Sez. nn. 3 e 18/2018, Sez. Veneto n. 46/2018), maggiormente aderente al dato letterale e, in quanto più restrittivo, consono alla natura speciale della norma de qua.
Nella specie il ricorrente, come si legge nel provvedimento di pensione, è congedato con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (37 anni e 7 mesi).
Pertanto, la sua situazione non rientra nella fattispecie normativa contemplata dal ridetto primo comma dell’art. 54 cit., il cui ambito di applicazione riguarda i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio.
Le domande contenute sul punto nel ricorso, laddove basate su diversa interpretazione della norma sopra richiamata, non possono quindi essere accolte.
3. L’accoglimento della prima domanda comporta il diritto del ricorrente alla rideterminazione con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997.
4. Consegue il diritto ai conseguenti arretrati.
5. Su tali arretrati vanno applicati gli interessi corrispettivi al saggio legale, calcolati dalla decorrenza di ciascun rateo di pensione sino al pagamento effettivo.
6. Compete la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c., da calcolarsi, secondo quanto specificato dalle SS.RR. (n. 10/2002/QM), quale parziale possibile integrazione degli interessi al saggio legale, ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi.
7. Ogni altra domanda va respinta.
8. Le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997;
dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione dei conseguenti arretrati oltre interessi e rivalutazione secondo quanto precisato in motivazione;
respinge ogni altra domanda;
compensa le spese.
Così deciso in Torino, il 17 aprile 2018.
IL GIUDICE
(F.to Dott. Walter BERRUTI)
Depositata in Segreteria il 18 Maggio 2018
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
Re: QUESITO ART.3 COMMA 7 LEGGE 165/97 (Moltiplicatore)
Sono già 4 gg. che il sito della Corte dei Conti non è funzionante, in quanto è in manutenzione. Quindi, non si possono vedere le sentenze emesse.
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