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Risorge il danno morale: il D.P.R. in tema di danni alle vittime del terrorismo
D.P.R. 30.10.2009 n° 181 , G.U. 16.12.2009 (Giuseppe Buffone)
Il danno morale, «definitivamente accantonato» dalle Sezioni unite dell’11 novembre 2008, risorge dalla sue ceneri come l’araba fenice: è, ormai, abbastanza chiara l’intenzione del Legislatore di riaffermarne, con forza, la valenza ontologica quale autonoma categoria di danno in seno al pregiudizio non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c.
Si ricorderà che, secondo quanto indicato dalle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, la risarcibilità del danno da reato era da ritenere senz’altro ammessa, atteso che ricorre una ipotesi legale di danno non patrimoniale (art. 185 c.p.). E, però, tale danno doveva essere inteso nel senso di voce descrittiva del pregiudizio, non cumulabile con il danno alla salute, ove ricorrente un danno biologico, quale degenerazione patologica della sofferenza che tutto assorbe (sia consentito rinviare, per un esame, a BUFFONE, Liquidazione del danno biologico e del danno morale, da sinistro stradale : progressiva erosione della tesi della somatizzazione (SS.UU. 26972/2008) in Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri, 2009, fasc. 10, 783, La Tribuna ed.).
La tesi della somatizzazione, prima facie ritenuta baluardo dei nuovi interventi quadrifoglio del novembre 2008, si era andata, però, sgretolando sotto la spinta delle forti obiezioni di buona parte della Dottrina e per effetto delle osservazioni della più attenta giurisprudenza che denunciava il rischio di un vulnus di tutela per il danneggiato che veniva esposto al rischio di non poter trovare un ristoro integrale, così strappando il tessuto connettivo degli artt. 2 e 3 Cost. (atteso che il risarcimento del danno alla persona rimuove un ostacolo al completo e sano sviluppo della personalità).
Non va, poi, sottaciuto che la figura del dommage morale, era stata, comunque, valorizzata anche dalla giurisprudenza di legittimità successiva alle Sezioni Unite: Cassazione civile , sez. III, 28 novembre 2008, n. 28407[1] aveva ribadito come il danno morale godesse di propria autonomia ontologica affermandone la meritevolezza di tutela; Cassazione civile, sez. III, 12 dicembre 2008, n. 29191[2] aveva, ulteriormente, affermato come il danno morale fosse dotato di propria autonomia rispetto alla lesione del diritto alla salute; Cass. civ., sez. III, 20 maggio 2009 n. 11701[3] aveva ulteriormente ribadito l’importanza del ristoro dei danni all’integrità morale.
Si è, poi, infine, giunti ad una smentita legislativa (su cui, sia consentito rinviare a BUFFONE, I limiti legali al risarcimento del danno alla salute dopo le Sezioni Unite del 2008 in Responsabilità civile e previdenza, 2009, 7-8, 1674): il d.P.R. 3 marzo 2009 n. 37 (seppur in uno specifico settore normativo) ha tipizzato una distinta risarcibilità di “DB = danno biologico” e “DM = danno morale”, espressamente dichiarando l’indipendenza del dommage moral.
Il Legislatore rincara la dose.
E’ appena entrato in vigore, infatti, il Decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2009, n. 181 ove si introduce un Regolamento recante i criteri medico-legali per l'accertamento e la determinazione dell'individualità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, a norma dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206.
In questo nuovo intervento normativo, il Legislatore non solo continua a tenere distinte le due voci di danno ma addirittura offre una nozione legale di danno morale.
Ai sensi dell’art. 1, infatti:
a) per danno biologico, si intende la lesione di carattere permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito
b) per danno morale, si intende il pregiudizio non patrimoniale costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal fatto lesivo in sé considerato
Che incidenza assegnare a questo ennesimo intervento?
A parere di chi scrive, sono assolutamente da condividere le parole spese in calce al già chiaro d.P.R. 37/2009 dall’autorevolissimo estensore della sentenza Corte d’Appello di Torino, sez. III, civile, 5 ottobre 2009 (Presidente Prat, est. Scotti in
http://www.dirittoegiustizia.it" onclick="window.open(this.href);return false;, 2009, 12):
sembra difficile ritenere, oltretutto in un contesto interpretativo perlomeno contrastato, che l’espressa considerazione normativa di una ipotesi specifica in cui il danno morale si sovrappone al danno biologico, suoni come eccezionale e ingiustificata deroga e non già come ragionevole riconferma di un principio generale in una materia specifica.
Altrimenti detto: il d.P.R. 181/2009 è l’ennesima ragionevole riconferma di un principio generale in una materia specifica (sia consentito ricordare quanto già scritto: BUFFONE, Limiti risarcitori per il danno alla salute non per quello morale, Caso pratico di “Responsabilità & Risarcimento”, Guida al Diritto, il Sole24ore, 2009, maggio).
Quest’ennesimo intervento legislativo, peraltro, fa riflettere sulle tabelle meneghine già in uso in diversi Tribunali: se è vero (come afferma il Legislatore) che il danno morale è danno autonomo, che gode di indipendenza e dignità proprie, allora non pare adeguata una valutazione automatica per indici percentuali che non tenga conto, caso per caso, del tipo di lesione, della natura del danno e delle circostanze dell’illecito.
Ad ogni modo, sono da ritenere definitivamente “bocciate” quelle prassi liquidatorie che avevano falcidiato la risarcibilità del morale.
Affermata la sicura risarcibilità del danno non patrimoniale (sub specie di danno morale) qualche osservazione può essere spesa quanto alla sua liquidazione. E’ chiaro che deve farsi ricorso all’equità, trattandosi di danno che, se pur accertato nell’an, non è di semplice liquidazione nel quantum debeatur. Come insegna la giurisprudenza di Cassazione, unica possibile forma di liquidazione di ogni danno privo - come il danno morale - delle caratteristiche della patrimonialità è quella equitativa, essendo il ricorso a tale criterio insito nella natura di tale danno e nella funzione del risarcimento mediante la dazione di una somma di denaro, che non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico[4].
Possono, però, essere utilizzati diversi indici sintomatici o, se si vuole, di riferimento per ricavare, nel caso concreto, l’intensità del nocumento. Si può arrivare al risarcimento del danno morale, ovviamente, anche per via di presunzioni o ricorrendo a fatti notori (App. Milano, 10 dicembre 2005 in Foro It., 2006, 6, 1, 1924).
Il parametro di valutazione equitativa del danno morale deve considerare, comunque, innanzitutto la soglia della gravità e della permanenza degli effetti del danno ingiusto[5]; sono, poi, ancora, elementi di riferimento pertinenti, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e degli eventuali postumi permanenti ove al pregiudizio morale consegua anche una lesione dell’integrità fisica.
Il d.P.R. 181/2009 afferma che la determinazione della percentuale del danno morale (DM) viene effettuata, caso per caso, tenendo conto della entità della sofferenza e del turbamento dello stato d'animo, oltre che della lesione alla dignità della persona, connessi ed in rapporto all'evento dannoso.
Le parole - chiave, nel delicato tema della risarcibilità del danno non patrimoniale, restano «persona» e «dignità».
(Altalex, 21 dicembre 2009. Nota di Giuseppe Buffone)
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Saluti