La CdC sez. 2^ d’Appello n. 313 in rif. alla
CdC Lombardia n. 97/2018, in merito all’Appello dell’INPS inerente il c.d. “
Moltiplicatore”,
lo dichiara inammissibile per problemi notificazione errata.
N.B.: questi principi sono applicabili anche per l’art. 54 se vengono riscontrati.
Il Giudice scrive:
Risulta pacifico in causa che la sentenza gravata, non notificata, è stata depositata in data 7 maggio 2018 e che la richiesta di notificazione dell’atto di gravame, presso l’attuale indirizzo di studio dell’avvocato domiciliatario (Viale dei Primati Sportivi n. 19), è intervenuta in data 19 giugno 2019, dopo un primo tentativo, non andato a buon fine, di notifica, in data 4 giugno 2019, presso il precedente indirizzo (Viale Africa n. 120), dal quale il medesimo legale risultava trasferito.
L’art. 178 c. 4 del codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174/2016) dispone che, in difetto della notificazione della sentenza, l’appello deve essere notificato “a pena di decadenza, entro un anno dalla pubblicazione della sentenza…”.
Nella fattispecie il primo tentativo di notificazione dell’atto di gravame da parte dell’INPS è stato effettuato entro l’anno e 30 giorni (di sospensione feriale) dal deposito della sentenza stessa, ma irritualmente, in quanto non in via telematica presso l’indirizzo pec del legale, indicato specificamente nel ricorso introduttivo del giudizio, ma attraverso la richiesta di notificazione mediante Ufficiali giudiziari presso l’indirizzo, non più attuale, del legale domiciliatario.
Va rilevato che, nel caso di specie, l’avv. Scafetta, che esercitava fuori dal circondario della Sezione territoriale lombarda della Corte, non aveva eletto domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale si svolgeva il giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 82, c. 1 del r.d. n. 37 del 22 gennaio 1934, ma aveva indicato puntualmente, nel ricorso introduttivo del giudizio, l’indirizzo di posta elettronica certificata (
scafetta@pec.it ) come recapito “ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni nel corso del procedimento”.
La notificazione dell’atto di appello, conseguentemente, avrebbe dovuto effettuarsi presso l’indirizzo pec indicato nell’atto introduttivo del giudizio, ai sensi dell’art. 16 xxxxxxxxxxxx d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, applicabile al giudizio pensionistico avanti alla Corte dei conti in forza dell’art. 42 c.g.c., per cui “quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata…”.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di notificazioni al difensore, in seguito all’introduzione del domicilio digitale degli avvocati, ai sensi del richiamato art. 16-xxxxxxxxxxxx d.l. n. 179/2012 e s.m.i., “non è più possibile procedere alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorre altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario” (
Cass., 8 giugno 2018, n. 14914).
Ancora, è stato rilevato che “l’indicazione compiuta dalla parte, che pure abbia eletto domicilio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, di un indirizzo di posta elettronica certificata, senza che ne sia circoscritta la portata alle sole comunicazioni, implica l’obbligo di procedere alle successive notificazioni nei confronti della stessa parte esclusivamente in via telematica” (
Cass, 1 giugno 2020, n. 10355).
Ciò in quanto “la domiciliazione ex lege presso la cancelleria è oggi prevista solamente nelle ipotesi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario. Nelle restanti ipotesi, ovverosia quando l’indirizzo PEC è disponibile, è fatto espresso divieto di procedere a notificazioni o comunicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa” (
Cass., II, ord. 12 febbraio 2021, n. 3685).
Anche la giurisprudenza contabile, in adesione alla richiamata giurisprudenza di legittimità, ha avuto modo di ribadire che “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione del "domicilio digitale", corrispondente all'indirizzo pec che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, la notificazione dell'atto, nella specie di appello, va eseguita all'indirizzo pec del difensore costituito risultante dal
ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo” (
Corte dei conti, I n. 318/2021).
Nella fattispecie la notificazione dell’atto di gravame, lungi dall’essere stata disposta per via telematica presso l’indirizzo pec ritualmente indicato ai fini delle “comunicazioni e notificazioni”, è stata effettuata, per il tramite degli ufficiali giudiziari, nel termine annuale, presso un indirizzo di studio non più attuale dell’avv. Scafetta.
Alla luce del quadro normativo delineato il Collegio reputa che l’errore nella notifica dell’atto processuale al procuratore domiciliatario della controparte che si è trasferito in corso di giudizio è imputabile, nella fattispecie, al notificante, posto che il difensore (avv. Scafetta), pur svolgendo la sua attività al di fuori del circondario del tribunale a cui era professionalmente assegnato, in assenza di elezione di domicilio ex art. 82, c. 2 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, aveva indicato l’indirizzo pec per ogni comunicazione e notificazione in corso di procedimento, non sussistendo ragioni per ritenersi incombere, conseguentemente, sul medesimo, l’onere di comunicazione di cambiamento di indirizzo di studio.
Sul punto va rilevato che la Corte di cassazione, con orientamento giurisprudenziale consolidato, ha chiarito che, “in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica- arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione” (
Cass. SS.UU., 18 febbraio 2009, n. 3818).
Infatti, all'onere di verificare, anteriormente alla notifica dell'impugnazione presso l'albo professionale, il domicilio del procuratore presso il quale notificare l'impugnazione, corrisponde l'assunzione da parte del notificante del rischio dell'esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo (
Cass., SS.UU., 18 febbraio 2009, n. 3818).
Solo nel caso di notifica di atti processuali non andati a buon fine per ragioni non imputabili al notificante questi, appreso l’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, può riattivare il processo notificatorio con immediatezza, “entro il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (
Cass. SS.UU., n. 14594/2016): presupposto da ritenersi insussistente nel caso di specie.
L’appello va, quindi, dichiarato inammissibile, per violazione del termine decadenziale di cui all’art. 178 c.g.c., con conseguente conferma della sentenza di primo grado.