La CdC T.A.A. sede di Bolzano con la
sentenza n. 7 pubblicata in data 02/03/2021 Accoglie parzialmente il ricorso dei ricorrenti della GdF al 2,44% con
+ 15 anni.
La sentenza n. 8 della stessa CdC e data qui sotto postata,
merita attenzione, poiché l’Avvocato del ricorrente in qualche maniera depositando il 15/01/2021 “brevi note” al ricorso,
ha impostato un argomento facendo capire al Giudice un particolare che potete leggere direttamente anche se
alla fine il ricorso è stato ACCOLTO parzialmente con il 2,44%.
Sentenza n. 8/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER IL TRENTINO - ALTO ADIGE
SEDE DI BOLZANO
In composizione monocratica e in funzione di Giudice Unico delle pensioni ai sensi dell'art. 151 c.g.c. ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio iscritto al n. 2223/M del registro di Segreteria, sul ricorso presentato da OMISSIS OMISSIS (c.f. OMISSIS), residente a OMISSIS (OMISSIS),
rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro De Pascalis, (c.f. DPS MRA 67T21 I729K), presso il cui studio in Bolzano, Piazza Mazzini, n. 49 (tel.: 0471/976061; fax: 0471/324616; pec:
mauro.depascalis@legalmail.it) è elettivamente domiciliato giusta procura a margine dell’atto introduttivo del giudizio;
CONTRO
- I.N.P.S. - Istituto Nazionale Della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti Pubblici – Direzione Provinciale di Bolzano (c.f. 80078750587), in persona del Dirigente pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lucia Orsingher (c.f. RSNLCU63L52F205H) e Raimund Bauer (c.f. BRARND68B29A952F), giusta procura generale alle liti, rog notaio Paolo Castellini in Roma, del 21 luglio 2015, rep. n. 80974, elettivamente domiciliato presso la sede di Bolzano, C.so Libertà n. 1;
PER OTTENERE
In via principale, l’accertamento del diritto del ricorrente “alla rideterminazione della pensione liquidata con il sistema retributivo con aliquota di rendimento del 44% in applicazione dell'art.54 del D.P.R. n. 1092/1973 per il conseguente ricalcolo del trattamento pensionistico complessivamente erogato e conseguente condanna al pagamento/rimborso degli arretrati maturati dopo l’erogazione e quindi a far data dal OMISSIS ad oggi e, conseguentemente condannare l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) al pagamento degli arretrati, con i relativi interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze dovute, nonché ordinare/condannare alla rideterminazione del computo pensionistico del ricorrente tenuto conto dell’art. 54 T.U. 1092/1973. Con vittoria di spese e onorari di causa.”
Visto il decreto del 16 settembre 2020 con il quale è stata fissata l’udienza di discussione della causa per il giorno 20 gennaio 2020;
Visto il decreto dell’11 gennaio 2021 con cui, in applicazione dell'art. 85, comma 5 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, è stata disposta la trattazione del giudizio senza discussione orale, sulla base degli atti depositati;
Ritenuto in
FATTO
1. Con atto depositato il OMISSIS OMISSIS OMISSIS il ricorrente,
ex dipendente dell’Arma dei Carabinieri, cessato dal servizio in data OMISSIS per limiti di servizio con un’anzianità maturata al OMISSIS di anni OMISSIS, mesi OMISSIS e OMISSIS giorni, ha adito questo Giudice al fine di ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento con l'attribuzione dell’aliquota di rendimento del 44% di cui all’ art. 54 d.P.R. n. 1092/1973 in ordine alla quota regolata con il sistema retributivo (sino al 31 dicembre 1995), oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese ed onorari.
In particolare, il OMISSIS, titolare di pensione diretta di anzianità n. OMISSIS, liquidata con sistema misto a decorrere dal OMISSIS, si duole del fatto che “l'Inps calcola la quota relativa agli anni di anzianità maturati prima del 31/12/1995 applicando l’aliquota prevista e disciplinata dall’art. 44 del DPR nr. 1092/1973, quella valida per i dipendenti civili dello Stato, ammontante al 35,9% e non quella stabilita dall’art. 54 del citato decreto valida per il personale militare che è pari al 44%”.
Al riguardo, l’interessato ha altresì fatto presente di aver inviato in data OMISSIS formale atto di diffida all’INPS, seguito da rituale rigetto, con nota in data OMISSIS, da parte dell’Istituto.
Le argomentazioni svolte a sostegno della domanda dalla difesa del ricorrente sono fondate sostanzialmente sul richiamo alle norme dettate in materia di liquidazione della pensione secondo il sistema cd. “misto”, nell’ambito delle quali troverebbe applicazione l’invocato art. 54 (per la parte liquidata con il sistema retributivo) e sui molteplici precedenti giurisprudenziali, soprattutto delle tre Sezioni centrali di appello, favorevoli alla posizione fatta valere nel presente giudizio.
2. L’INPS si è costituito in giudizio con memoria depositata il 7 gennaio 2021 sottolineando innanzitutto, “al fine di definire l’oggetto del contendere, come le domande amministrative all’Inps e il ricorso giudiziale siano esclusivamente incentrate sull’applicazione del coefficiente del 44% alla quota di pensione in regime retributivo”.
Dopo aver quindi riassunto i termini della questione controversa - incentrata sostanzialmente sul problema legato alla lettura dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092 del 1973 alla luce delle profonde innovazioni introdotte nel sistema previdenziale dalla legge n. 335 del 1995 – il patrocinio dell’Istituto previdenziale ha svolto deduzioni in ordine alla infondatezza della domanda proposta col presente ricorso, che non può trovare accoglimento anche alla luce della sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM, che hanno escluso che l’art. 54 del D.P.R. 1092/73 (e l’aliquota di rendimento ivi indicata) possa trovare applicazione generalizzata al di fuori dei casi nei quali ricorrano i presupposti nella medesima disposizione indicati (che all’evidenza non sussistono nel caso in esame).
Il patrocinio dell’istituto previdenziale ha, a sua volta, citato pronunce di Sezioni territoriali della Corte dei conti favorevoli alla tesi sostenuta.
Ha quindi concluso, in via principale, per il rigetto del gravame.
4.
In data 15 gennaio 2021 l’avv. De Pascalis ha depositato note d’udienza ex art. 85 comma 5 d.l. n. 18/2020, in cui ha confutato quanto sostenuto dall’INPS nella memoria di costituzione ed ha insistito per l’accoglimento della domanda così come originariamente formulata.
L’avv. Orsingher dell’INPS ha, a sua volta, depositato, in data 18 gennaio 2021, “quale precedente, dispositivo della Corte dei Conti sez. giur. Veneto, del 18.1.2021”.
5. In data 20 gennaio 2021 la causa è stata trattata senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ai sensi dell’art. 85, comma 5 del d.l. 17 marzo 2020 n. 18 e decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
1. La questione in esame riguarda l’applicabilità - ai fini del calcolo del trattamento pensionistico liquidato in favore del ricorrente con il sistema misto - del disposto di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, ancorché l’interessato non sia cessato dal servizio con un’anzianità di servizio complessiva compresa tra i 15 e i 20 anni, bensì con un’anzianità ben superiore (OMISSIS anni).
2.1. Premesso che i “fatti decisivi” concernenti la presente controversia sono incontestati, ai sensi dell’art. 17 delle norme di attuazione del c.g.c. sarà necessaria, e sufficiente, “una concisa esposizione dei principi di diritto su cui la decisione e fondata”; principi che, come è noto, sono di recente stati oggetto di rivisitazione da parte dell’organo di nomofilachia nella sentenza SS.RR. del 4 gennaio 2021, n. 1/2012/QM.
Le Sezioni Riunite – chiamate a pronunciarsi in merito all’interpretazione dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, la cui applicazione si invoca anche nel presente giudizio - sono state adite al fine di dirimere un conflitto giurisprudenziale “orizzontale tra giudici di seconde cure” con tre distinte ordinanze di rimessione, su questioni deferite dal Presidente della Corte dei conti con ordinanza n. 12 del 12 ottobre 2020 e dal Presidente della Sezione Ia Centrale con le ordinanze nn. 26 e 27 del 14 ottobre 2020.
Nel riassumere brevemente i termini della questione, si ricorderà che il conflitto interpretativo sul quale le SS.RR. sono state chiamate a pronunciarsi riguardava sostanzialmente la disposizione recata dai commi 1 e 2 dell’art. 54 in esame, - secondo cui: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo” – che veniva interpretata, dai sostenitori dei due principali orientamenti, in maniera contrapposta.
a) Secondo una prima tesi, più restrittiva (sostenuta dall’INPS), l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento (44%) previsto dall’art. 54 per i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici, ma non più di venti anni di servizio, troverebbe la sua ragione legittimante in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore e non si giustificherebbe più in tutti gli altri casi di cessazione dal servizio oltre il ventennio;
b) la seconda tesi, più estensiva (sostenuta dalla giurisprudenza maggioritaria), ritiene per contro che la suddetta regola di calcolo sia di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano il beneficio previsto dal primo comma dell’art. 54 (44%) con gli ulteriori aumenti annuali previsti dal 2°comma (1,80% per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
2.2. Ebbene, come è noto, nella pronuncia n. 1/2021/QM, le Sezioni Riunite, partendo dalla constatazione che la difficoltà maggiore “nel definire i quesiti proposti risiede nell’esaminare un sistema giuridico in sé compiuto – quello del d.P.R. n. 1092 del 1973 – alla luce di una normativa sopravvenuta – quella della legge n. 335 del 1995 - che risponde a principi ispirati da una politica previdenziale che poggia su presupposti assai diversi rispetto al precedente regime” (pag. 18),
e sull’assunto che il problema legato alla lettura combinata dei due testi – entrambi in vigore - è rimasto irrisolto a livello legislativo, “nella impossibilità da una parte di poter scorgere una forma di abrogazione espressa di una norma sull’altra, non rinvenibile né espressamente né implicitamente nella legislazione de quibus”, hanno evidenziato specificatamente “la necessità di poter mantenere attraverso l’interpretazione, una forma di equilibrio costituzionalmente orientato” (pag. 20).
Sulla base di tali premesse, e dopo aver osservato, in modo chiaro e inequivocabile, “che l’art. 54, ai commi n. 1 e n. 2, stabilisce indubitabilmente per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello stabilito per il personale civile disciplinato all’art. 44 del medesimo testo unico”, le SS.RR., alle cui motivazioni qui si rinvia, hanno coordinato la disposizione dell’articolo 54 del d.P.R. n. 1092/73 con la disciplina previdenziale successiva ispirata al sistema contributivo e ritenuto che vada esclusa l’applicabilità di detta norma al personale con meno di quindici anni di anzianità al 31 dicembre 1995 (soluzione, questa, propugnata dai fautori di una terza tesi, minoritaria), mentre la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema misto - ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995 - in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre venti anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i quindici ed i diciotto anni, debba essere calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Posto che al suddetto principio, fissato dalla sentenza che risolve la questione di massima, gli organi giudicanti sono chiamati doverosamente a conformarsi (art. 117 c.g.c.), a meno che non abbiano argomenti nuovi, in diritto, rispetto a quelli già presi in esame dalle Sezioni Riunite,
merita un’ultima osservazione il rilievo formulato dal difensore del OMISSIS nelle “brevi note” depositate il 15 gennaio 2021.
L’avvocato, ravvisando “
delle importanti sollecitazioni che, de jure condendo, potrebbero portare ad influenzare il Legislatore a normare la fattispecie e porre fine alle varie interpretazioni legate al vuoto normativo che, di fatto, si è realizzato”,
insiste affinché la domanda, “
sia giudiziaria che amministrativa”
sia “
portata a compimento, per elementari garanzie di affidamento del sistema giuridico, con l’orientamento che si era consolidato anche a livello di Sezioni Centrali d’Appello…”
L’assunto difensivo non può essere condiviso perché parte da un erroneo presupposto.
Innanzitutto, il “vuoto normativo di fatto” ravvisato dal difensore OMISSIS non è costituito da una carenza normativa, ma è rappresentato unicamente dalle difficolta ermeneutiche che la coesistenza di un “sistema giuridico in sé compiuto – quello del d.P.R. n. 1092 del 1973 –“ e una riforma “radicale” del sistema previdenziale ha, questo sì, innegabilmente prodotto.
Ed è proprio questo conflitto interpretativo che le Sezioni Riunite - chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale a garanzia dell’uniforme interpretazione della legge e dell’unità del diritto oggettivo – hanno risolto, dando una diversa lettura del medesimo quadro normativo e del medesimo quesito giuridico sollevato dall’attore in sede amministrativa e poi contenziosa.
In conclusione, alla luce di quanto sopra considerato, questo giudice non può non adeguarsi all’enunciato principio ed accogliere parzialmente la domanda, con conseguente riconoscimento del diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento, con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, del relativo coefficiente per ogni anno utile, determinato nel 2,44%, tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995 compreso fra i 15 e i 18 anni.
2.3. Sugli arretrati spettano interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 167 c.g.c. e art. 429 c.p.c. (quest’ultimo richiamato dall’art. 21, co. 2, delle disposizioni d’attuazione del codice della giustizia contabile), da computarsi in regime di cumulo parziale secondo i criteri operativi ormai consolidati indicati in SS.RR. nella sentenza n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002 (da intendersi qui richiamata).
3. Per quanto riguarda il regime delle spese, considerata la peculiarità della questione trattata, i contrasti giurisprudenziali registratisi in materia e la novità dei principi di diritto affermati dalla sentenza n. 1/2021/QM delle Sezioni Riunite, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio ex art. 31, comma 3 c.g.c..
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Trentino Alto Adige, sede di Bolzano, in composizione monocratica, con funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando,
ACCOGLIE parzialmente il ricorso proposto da OMISSIS OMISSIS, per l’effetto, dichiara il diritto dello stesso alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’
aliquota di rendimento del 2,44%, secondo quanto specificato in parte motiva, e condanna l’INPS alla corresponsione del trattamento pensionistico così come riliquidato, nonché al pagamento delle differenze dei ratei arretrati.
Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spettano al ricorrente gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria - limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi - con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
Spese compensate.
Così deciso in Bolzano, all'udienza del 20 gennaio 2021.
IL GIUDICE
(f.to Irene Thomaseth)
Depositata in Segreteria il
2/03/2021