Farey ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 4:29 pm
panorama ha scritto: ↑lun feb 01, 2021 7:59 pm
Farey ha scritto: ↑lun feb 01, 2021 5:00 pm
La sezione Liguria come si comporta su art 54 ?
Fino ad oggi, la CdC Liguria non ha pubblicato nessuna sentenza in BB.DD. .
Grazie Panorama
SENTENZA 8/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA
In composizione monocratica nella persona del
dott. Benedetto Brancoli Busdraghi
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20902 del registro di Segreteria, proposto da OMISSIS,
rappresentato e difeso dall’avv. Daniele Lascari ed elettivamente domiciliato
ai fini del presente procedimento presso lo studio del medesimo difensore in
Genova, Via Ippolito D’Aste n. 7/5;
contro
INPS – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, rappresentato e difeso
dall’avv. Alberto Fuochi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del
medesimo difensore in Genova, Piazza Borgo Pila 40.
Letto il ricorso ed esaminati gli atti e i documenti del giudizio, trattenuto in
decisione il 3 febbraio 2021 ai sensi dell’art. 85, comma 5, D.L. n. 18/2020;
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente ha prestato servizio nell’Esercito italiano dall’8 settembre 1982 al
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1° settembre 2016 ed è stato posto in quiescenza a far data dal giorno
successivo. Il medesimo è titolare di pensione calcolata con il sistema misto,
avendo alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità di servizio utile ai fini
pensionistici, pari ad anni 17 e mesi 5.
In data 8 febbraio 2017, il ricorrente ha presentato ricorso amministrativo,
chiedendo il ricalcolo della pensione, contestando le aliquote applicate
relativamente al periodo di servizio utile a fini pensionistici maturato al 31
dicembre 1995. Tale istanza non è stata accolta.
Con ricorso depositato il 25 giugno 2020, il ricorrente contesta che la pensione
sia stata liquidata senza applicare, per la determinazione della quota regolata
dal sistema retributivo, l’aliquota di rendimento prevista dall’art. 54, comma
1, del D.P.R. n. 1092/1973, il quale dispone che “la pensione spettante al
militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di
servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto
disposto nel penultimo comma del presente articolo”. Secondo la parte attrice,
tale aliquota non sarebbe applicabile solamente ai militari cessati dal servizio
con anzianità compresa fra i 15 e i 20 anni, ma andrebbe applicata anche per il
calcolo della quota retributiva della pensione di coloro che abbiano proseguito
il servizio, quale criterio per il computo dell’anzianità maturata al 31 dicembre
1995. Il ricorrente chiede, pertanto, che venga accertato e dichiarato il suo
diritto al ricalcolo della pensione in godimento, per il periodo di servizio utile
maturato al 31 dicembre 1995, con le modalità stabilite dall’art. 54, comma 1,
del D.P.R. n. 1092/1973, per l’effetto accertando e dichiarando il suo diritto al
ricalcolo della pensione al 44% della base pensionabile per il predetto periodo,
con condanna dell’INPS al pagamento di arretrati, interessi e rivalutazione
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monetaria ex lege dovuti, nonché con vittoria di spese, diritti e onorari di causa.
In via istruttoria, il ricorrente chiede che venga disposta C.T.U. al fine di
determinare gli importi spettanti al ricorrente sulla scorta del ricorso, oltre
interessi e rivalutazione monetaria.
Con memoria depositata in data 5 gennaio 2021, l’INPS si è costituito in
giudizio, contestando le deduzioni del ricorrente. Secondo l’Amministrazione
resistente, l’aliquota del 44%, prevista dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973,
sarebbe stata introdotta a tutela dei dipendenti che, per raggiunti limiti di età o
per fisica inabilità, erano costretti a lasciare il Corpo senza aver maturato una
pensione dignitosa. In base al tenore letterale della norma, tale aliquota non
potrebbe, dunque, trovare applicazione ai dipendenti delle Forze Armate che
abbiano proseguito il servizio fino al raggiungimento di una delle finestre
previste per la pensione di anzianità ovvero il limite di età ordinamentale
previsto. Successivamente all’entrata in vigore della L. n. 335/1995, per il
personale con anzianità inferiore a 18 anni al 31 dicembre 1995, l’art. 54,
comma 1, non potrebbe essere inteso come il criterio di calcolo della quota di
pensione sottoposta al regime retributivo nell’ambito del sistema misto, bensì
quale criterio di calcolo per coloro che fossero stati collocati in pensione
anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 335/95 e con anzianità superiore
a 15 anni ma inferiore a 20 anni di servizio. Il ricorrente non rientrerebbe in
tale fattispecie.
Secondo l’INPS, inoltre, il calcolo attuale della quota A (retributiva) della
pensione sarebbe già più vantaggioso per il pensionato, poiché tiene conto di
tutte le voci stipendiali, a differenza del calcolo secondo normativa anteriore
al 1995 che prevedeva la valutazione della sola voce stipendio e dell’indennità
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pensionabile.
Quanto, infine, alla domanda di pagamento degli interessi legali e della
rivalutazione monetaria sui ratei arretrati, la difesa evidenzia che, l’art. 16,
comma 6, della L. n. 412/1991 ha stabilito, per i crediti di natura previdenziale
e assistenziale, il divieto di cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria
e quest’ultima sarebbe dovuta solo per la parte eccedente la misura degli
interessi calcolati al tasso legale. Alla luce di quanto precede,
l’Amministrazione chiede il rigetto del gravame.
In data 7 gennaio 2021, il ricorrente ha trasmesso brevi note. Queste ultime
hanno sollevato perplessità in relazione alla recente sentenza delle Sezioni
Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, relatia
alla materia in esame. È stato, pertanto, chiesto un breve rinvio per articolare
le proprie difese.
In via gradata, il ricorrente ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale
dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973. Secondo il ricorrente, la soluzione
ermeneutica proposta dalle Sezioni Riunite rappresenterebbe una arbitraria
forzatura, lesiva dei diritti del ricorrente, di rilievo costituzionale e il ricorrente
ha, pertanto, chiesto di dichiarare la rilevanza e la non manifesta infondatezza
di una questione di legittimità costituzionale.
Con memoria depositata in data 11 gennaio 2021, l’INPS ha fatto riferimento
alla medesima sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, con cui le Sezioni Riunite
si sono pronunciate sull’interpretazione delle disposizioni da applicare nel
presente giudizio, evidenziando che tale pronuncia imporrà all’INPS di
rielaborare il calcolo delle pensioni. Pertanto, la difesa ha chiesto il rinvio
dell’udienza per consentire all’INPS di prendere posizione, rilevando, inoltre,
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che la domanda formulata dal ricorrente sarebbe fondata su un criterio di
calcolo diverso da quello individuato dalle Sezioni Riunite e pertanto il ricorso
andrebbe rigettato.
Considerata l’istanza di parte e vista la pubblicazione della predetta pronuncia
delle Sezioni Riunite, con ordinanza n. 2/2021, è stato concesso un breve rinvio
per consentire il deposito di note difensive.
In data 26 gennaio 2021, l’INPS ha depositato una memoria, in cui insiste per
il rigetto, in quanto il petitum di parte ricorrente non comprenderebbe la
domanda del coefficiente del 2,44%, e si oppone alla mutatio libelli.
Nondimeno, l’INPS dà anche atto di orientamenti giurisprudenziali diversi, nel
senso di un accoglimento parziale o totale della domanda, pur ritenendo
comunque non condivisibile la condanna alle spese, in quanto l’Istituto non
potrebbe essere considerato interamente soccombente.
Per tale motivo, l’INPS conclude chiedendo di respingere il ricorso alla luce
della sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, dichiarando
inammissibile la modifica della domanda giudiziale, con compensazione
integrale delle spese di giudizio. In subordine, in caso di parziale accoglimento
del ricorso nei limiti della sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, l’INPS chiede
di compensare integralmente le spese di giudizio.
In data 28 gennaio 2021, il ricorrente ha depositato brevi note, insistendo per
l’accoglimento del ricorso. Con particolare riguardo alla predetta sentenza
delle Sezioni Riunite n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, la difesa rileva che, secondo
la Corte, la norma di riferimento per il calcolo della pensione normale dei
militari non è l’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1973, bensì l’art. 54. Tuttavia, viene
criticata la posizione delle Sezioni Riunite, laddove esse individuano l’aliquota
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del 2,44% su base annua, in asserito contrasto con la lettera della norma. In
particolare, non è condivisa la proposta di ricavare l’aliquota da applicare
dividendo quella del 44% per 18 anni meno un giorno, in quanto l’aliquota
applicabile dovrebbe essere individuata sulla base dell’anzianità al 31
dicembre 1995.
In via gradata, la difesa chiede di sollevare questione di legittimità
costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione e dei loro
corollari, quali i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento
della Pubblica Amministrazione.
In via ulteriormente subordinata, la difesa chiede di applicare l’art. 54, co. 1,
secondo l’interpretazione che di esso hanno dato le Sezioni Riunite, applicando
il coefficiente del 2,44% all’anno.
Alla trattazione del 3 febbraio 2021, il giudizio è stato definito
immediatamente con sentenza, senza discussione orale, come previsto dal
citato art. 85, comma 5, del D.L. n. 18/2020.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare, deve essere autorizzata la modifica del petitum del
ricorrente, tramite la presentazione, con le brevi note difensive, di una
domanda subordinata.
Ai sensi dell’art. 164, comma 1, c.g.c., infatti, “le parti possono, se ricorrono
gravi motivi, modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già
formulate previa autorizzazione del giudice”. Deve ritenersi che tale previsione
sia applicabile anche nell’ambito della trattazione c.d. “cartolare” di cui all’art.
85 del D.L. n. 18/2020.
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Nel caso in esame, nelle more della discussione del ricorso, la pronuncia delle
Sezioni Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ,
ha posto un innovativo principio di diritto che rileva anche ai fini del presente
giudizio e induce a una nuova riflessione sul quadro giuridico sotteso al
ricorso. Anche in un’ottica di economia processuale, sussistono, dunque, gravi
motivi per consentire la modificazione del petitum che viene, pertanto,
autorizzata.
2. Il quadro giuridico sotteso alla controversia in esame richiede una nuova
riflessione anche alla luce di quanto affermato dalla pronuncia delle Sezioni
Riunite di questa Corte del 4 gennaio 2021, n. 1/2021/QM/PRES-SEZ.
2.1. L’art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092/1973 assegna ai militari cessati
con anzianità compresa tra i 15 e i 20 anni di servizio l’aliquota del 44%. Il
secondo comma dispone di aumentare tale percentuale dell’1,80% per ogni
anno di servizio utile oltre il ventesimo. Tale norma è stata adottata sotto la
vigenza del c.d. sistema retributivo, che parametrava la pensione alla
retribuzione del lavoratore.
2.2. La L. n. 335/1995 ha successivamente ridefinito il sistema previdenziale
allo scopo di garantire la tutela prevista dall'art. 38 della Cost., disciplinando,
tra l’altro, il passaggio dal sistema pensionistico retributivo a quello c.d.
contributivo. Nel disciplinare la transizione al nuovo sistema, è stato disposto
di liquidare il trattamento pensionistico di chi, alla data del 31 dicembre 1995,
non aveva maturato 18 anni di anzianità contributiva con il c.d. sistema misto.
L’art. 1, comma 12, della L. n. 335/1995 prevede, infatti, che la pensione sia
determinata dalla somma: “a) della quota corrispondente alle anzianità
acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla
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data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla
normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di
pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori
anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
2.3. A seguito della riforma, occorre verificare quale sia l’aliquota da applicare
alla quota retributiva dei militari in pensione col sistema misto che siano cessati
con più di venti anni di servizio.
Secondo un primo orientamento, l’art. 54 avrebbe natura eccezionale e non
potrebbe essere applicato oltre i casi in esso espressamente indicati. In tale
prospettiva, poiché la norma fa espresso riferimento ai militari cessati con
anzianità compresa tra i 15 e i 20 anni, il pensionamento con anzianità
superiore al ventennio precluderebbe l’applicazione dell’aliquota di cui all’art.
54 (in tal senso, ex multis, Corte dei conti, Sez. Veneto, n. 46/2018; Sez.
Piemonte, n. 63/2018; Sez. III Giur. Centr. d’Ap., n. 175/2019). Pertanto, i
militari in pensione con il sistema misto beneficerebbero dell’aliquota del
2,33% per ciascun anno, analogamente a quanto previsto per il personale
civile.
Una diversa linea interpretativa contesta la natura speciale o eccezionale
dell’art. 54, rilevando che il secondo comma contempla espressamente la
possibilità che il militare abbia continuato il servizio oltre il ventennio,
incrementando l’aliquota del 44% prevista dal primo comma. Viene, altresì,
rilevato che, in ogni caso, in base all’art. 1, comma 12, della L. n. 335/1995, ai
fini del calcolo della quota retributiva, occorrerebbe prendere come riferimento
l’anzianità al 31 dicembre 1995 e dunque l’aliquota del 44% sarebbe
applicabile anche a chi avesse un’anzianità superiore a 15 anni a tale data (in
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tal senso, ex multis, Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., n. 422/2018;
Sez. II Giur. Centr. d’Ap., n. 208/2019; Sez. III Giur. Centr. d’Ap., n.
228/2019; Sez. Toscana, n. 261/2018; Sez. Sardegna, n. 68/2018; Sez.
Calabria, n. 206/2018; Sez. Liguria, nn. 73/2019 e 24/2020; Sez. Friuli-
Venezia-Giulia, n. 67/2018; Sez. Lombardia, n. 130/2018; Sez. Puglia, n.
447/2018).
Per i militari con anzianità inferiore ai 15 anni alla data del 31 dicembre 1995,
parte della giurisprudenza ricava un’aliquota corrispondente, ottenuta
dividendo quella 44% per l’anzianità minima di 15 anni (ottenendo l’aliquota
del 2,93% all’anno) (p.e. Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., n.
202/2020; Sez. II Giur. Centr. d’Ap., n. 21/2020; Sez. Toscana n. 38/2020; Sez.
Calabria, n. 73/2020; Sez. Liguria, n. 72/2020), o per quella massima di 20
anni (ottenendo l’aliquota del 2,20% all’anno) (cfr. Corte dei conti, Sez.
Liguria, n. 25/2020). In altri casi, l’art. 54 viene considerato inapplicabile (ex
multis, Corte dei conti, Sez. Liguria, n. 225/2019).
2.4. A fronte di tale quadro, si rileva, in primo luogo, che, in sintonia con la
sentenza delle SS.RR. n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, la lettera dell’art. 54 non ne
consente l’applicazione oltre i casi in essa considerati, da valutare alla luce del
contesto e delle modalità applicative.
Lo schema pensionistico posto per i militari dal D.P.R. n. 1093/1973
prevedeva, infatti, una progressione non lineare. Al quindicesimo anno, veniva
raggiunta l’aliquota di picco del 44% (con aliquota media che, con tale
anzianità, era pari al 2,93%), che si manteneva stabile fino al ventesimo (con
aliquota del 2,20%); a partire da tale momento, l’aliquota dell’1,80%
permetteva di raggiungere l’aliquota massima (80%) al quarantesimo anno di
10
servizio, con aliquota media pari al 2%. In caso di cessazione anticipata, l’art.
54, comma 9, prevedeva l’applicazione dell’aliquota del 2,20% all’anno.
Il calcolo della pensione veniva, dunque, modellato secondo una progressione
costante per quindici anni, ai quali facevano seguito un picco e, poi, una
riduzione sia dell’aliquota marginale, sia di quella media. In tal modo, la norma
incontrava le esigenze dell’Amministrazione di incentivare la continuità di
servizio presso le forze armate per almeno 15 anni; al contempo, venivano
tutelati i militari che non potevano rimanere in servizio fino al termine della
carriera, garantendo loro comunque una pensione dignitosa.
In tale contesto, coloro che, sotto il sistema retributivo, fossero andati in
pensione al termine di una lunga carriera non avrebbero avuto particolari
benefici dal picco dell’aliquota del 44% tra il quindicesimo e il ventesimo
anno, giacché tale maggior importo sarebbe stato distribuito su tutta la carriera
e, come visto, l’aliquota media sarebbe risultata pari a circa 2% – valore in
linea con l’aliquota media conseguibile dai dipendenti civili dello Stato al
termine della carriera. In base alla lettera della legge e alla costruzione della
curva delle aliquote, dunque, i benefici sarebbero stati conseguiti solamente
dai militari che fossero andati in pensione con anzianità compresa tra i 15 e i
20 anni.
L’aliquota fissa del 44%, pertanto, veniva applicata in un contesto particolare.
Essa non è generalizzabile a coloro che non abbiano i requisiti di anzianità
minima e massima previsti dalla norma e in particolare non a chi, come il
ricorrente, è andato in pensione con un’anzianità superiore al ventennio –
anzianità che, come visto, sotto la vigenza del sistema retributivo, non avrebbe
comunque consentito al ricorrente di trarre particolari benefici dall’art. 54,
11
comma 1.
3. Nel caso in esame, viene invocata l’applicazione dell’aliquota di picco,
senza la successiva fase di normalizzazione, nonostante la carriera si sia
protratta, complessivamente, ben oltre il ventennio di servizio. Pertanto, vista
la mancanza dei requisiti previsti dall’art. 54, non è possibile applicare
l’aliquota del 44%, la cui applicazione appare contraria all’interpretazione
sistematica della norma.
4. Nondimeno, se è vero che al caso in esame non è applicabile l’aliquota di
cui all’art. 54, il sistema consente di individuare l’aliquota applicabile per la
quota retributiva, senza necessità di ricorrere all’applicazione della disciplina
posta dall’art. 44 per i dipendenti civili dello Stato. L’autonomia e
l’autosufficienza delle discipline previste dal D.P.R. n. 1092/1973 per il
personale civile e per quello militare portano, infatti, a escludere l’applicabilità
ai militari della disciplina prevista per i dipendenti civili, nonché la necessità
del ricorso all’analogia.
Secondo quanto rappresentato dalle Sezioni Riunite con la predetta sentenza n.
1/2021/QM/PRES-SEZ, l’aliquota da applicare può essere calcolata dividendo
l’aliquota del 44% prevista dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 per il numero
di anni per i quali i militari vi avrebbero avuto titolo, vale a dire, 18 anni meno
un giorno. Oltre tale soglia, infatti, non sarebbe stato applicato il sistema misto,
ma quello retributivo puro. L’aliquota da applicare risulta dunque pari a 44% /
17,997 (17 anni e 364 giorni), troncando poi al secondo decimale. Si ottiene,
in tal modo, l’aliquota del 2,44% all’anno.
5. Contrariamente a quanto genericamente sostenuto dal ricorrente nelle brevi
note presentate, tale assetto non appare in alcun modo arbitrario, ma è, anzi,
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insito nel sistema normativo e corrisponde all’intenzione del legislatore ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale.
6. Né questo giudicante nutre dubbi sulla conformità alla Costituzione della
norma ricavata con l’interpretazione in esame. I doveri di solidarietà di cui
all’art. 2 Cost. e l’obbligo di assicurare a tutti i lavoratori mezzi adeguati alle
loro esigenza di vita (art. 38 Cost.) legittimano l'applicazione di aliquote
differenziate, anche per garantire una pensione dignitosa ai militari che siano
cessati con anzianità non superiore a 20 anni, senza che sussista un obbligo di
estendere tali aliquote a coloro che, come il ricorrente, abbiano potuto
continuare il servizio. L’obiettiva differenza delle posizioni è altresì coerente
con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. (invocato dal ricorrente)
che, nella sua accezione sostanziale, impone anche di trattare in modo diverso
fattispecie diverse.
7. Alla luce di quanto precede, il ricorrente non ha titolo per l’applicazione
dell’aliquota del 44%, ma gli spetta, nondimeno, quella del 2,44% all’anno,
ricavabile dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973. Deve, dunque, essere
riconosciuto il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in tali
termini, nonché il diritto a conseguire gli arretrati costituiti dalla differenza tra
i ratei pensionistici spettanti in base alla suddetta riliquidazione e quelli
percepiti, oltre alla maggior somma tra rivalutazione monetaria e interessi
legali, da liquidarsi secondo i criteri di cui alla sentenza delle Sezioni Riunite
di questa Corte n. 10/2002/QM.
8. Nondimeno, con riguardo alla richiesta istruttoria di una consulenza tecnica
di ufficio al fine di rideterminare gli importi dovuti al ricorrente, si fa presente
che l'esecuzione delle sentenze della Corte dei conti avviene in via
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amministrativa e pertanto vi provvede l'Amministrazione convenuta, il cui
operato potrà eventualmente essere contestato in sede di giudizio di
ottemperanza.
9. Vista la novità e la complessità della questione e la parziale soccombenza
reciproca, deve essere disposta la compensazione delle spese di lite ai sensi
dell’art. 31 c.g.c..
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria in
composizione monocratica, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione
ed eccezione, definitivamente pronunciando:
- accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto della parte
ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione,
sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento
ricavabile dall’art. 54, del D.P.R. n. 1092/1973 nella misura del 2,44%
all’anno, nonché al pagamento delle differenze rispetto alle precedenti rate non
adeguate. Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spetta al
ricorrente il maggiore importo fra interessi legali e rivalutazione monetaria,
con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e fino al pagamento, ai
sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c. secondo quanto disposto dall’art. 21,
comma 2, delle Norme di attuazione al Codice di giustizia contabile ed in
conformità alla sentenza delle Sezioni Riunite n. 10/2002/QM del 18 ottobre
2002;
- compensa le spese;
- manda alla segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 febbraio 2021, tenuta ai sensi
14
dell’art. 85, comma 5, del D.L. n. 18/2020.
IL GIUDICE
Benedetto Brancoli Busdraghi