In una delle sentenze siciliane, riferita ad un operatore di Polizia Penitenziaria, dove l’avvocato ha presentato un dettagliato ricorso. La risposta è stata: finché non verrà chiarito che gli operatori di Polizia Penitenziaria rientrano nell’art 54 al pari dei loro ufficiali, mi vedo costretto a respingere il ricorso. Chi lo deve chiarire?
Ma non perdete tempo:
REPUBBLICA ITALIANA 351/2020
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai seguenti magistrati:
Agostino Chiappiniello Presidente
Enrico TORRI Consigliere
Fernanda FRAIOLI Consigliere
Fabio Gaetano GALEFFI Consigliere relatore
Pierpaolo GRASSO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di appello in materia di pensioni iscritto al n. 55422 del registro di segreteria, proposto da INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, c.f. 80078750587, con sede in Roma, via Ciro il Grande 21, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Sergio Preden, c.f. PRDSRG72L16H501O, pec
avv.sergio.preden@postacert.inps.gov.it, Luigi Caliulo, c.f. CLLLGU54B09H703F, pec
avv.luigi.caliulo@postacert.inps.gov.it, Antonella Patteri, c.f. PTTNNL60E49D665K, pec
avv.antonella.patteri@postacert.inps.gov.it e Lidia Carcavallo, c.f. CRCLD168C66F839U, pec
avv.lidia.carcavallo@postacert.inps.gov.it, e con gli stessi elettivamente domiciliato a Roma, via Cesare Beccarla 29, presso gli uffici dell’Avvocatura centrale dell’Istituto, come da procura in calce all’atto di appello,
contro
R. S., c.f. xxxxxxxxxxxxxx, nato a xxxxxxx (xx) il xx xxxxx xxxx, rappresentato e difeso in primo grado dall’avv. Antonio Mazzeo, c.f. MZZNTN65T23I115P, pec
avv.mazzeo.antoniolecce@arubapec.it, e con lo stesso elettivamente domiciliato a Lecce, viale D. Cantatore 17, come da procura rilasciata per il primo grado; non costituito in appello.
avverso
la sentenza n. xxx/xxxx emessa dalla Sezione giurisdizionale per la Puglia della Corte dei Conti, depositata in data xx xxxxxxxx xxxx.
Visto l’atto d’appello;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Uditi, all’udienza del 10 dicembre 2020, il relatore cons. Fabio Gaetano Galeffi e l’avv. Lidia Carcavallo per l’Inps; non costituita in giudizio la parte appellata.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto del 6 dicembre 2019, l’Inps ha proposto appello avverso la sentenza in epigrafe, con la quale veniva accolto il ricorso formulato dall’attuale appellato, pensionato già appartenente alla polizia penitenziaria, diretto a vedersi riconosciuto il diritto al trattamento previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73.
La pronuncia impugnata ha accolto la domanda giudiziale, facendo leva sull’orientamento assunto in materia dalla giurisprudenza contabile.
L’Istituto previdenziale appellante ha svolto i seguenti motivi di impugnazione:
1) violazione dell’art. 1 della l. 15 dicembre 1990, n. 395 e dell’art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092;
2) violazione dell’art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 e dell’articolo 1, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
L’appellante ha concluso chiedendo l’accoglimento del gravame e la riforma della sentenza impugnata.
Parte appellata non si è costituita in questo grado di giudizio.
All’udienza del 10 dicembre 2020, l’appellante insiste per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni.
La causa è trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’Istituto previdenziale appellante lamenta che il Giudice di primo grado abbia accolto il ricorso pensionistico di parte, riconoscendo il diritto al trattamento previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73.
Il Collegio dichiara in primo luogo, ai sensi dell’art. 93 c.g.c. e previa verifica della regolare notificazione dell’atto di gravame da parte dell’appellante, la contumacia di R. S., in qualità di appellato.
Va preliminarmente verificata l’ammissibilità dell’appello alla luce dei limiti posti dall’art. 170 c.g.c., secondo cui “nei giudizi in materia di pensioni, l’appello è consentito per soli motivi di diritto; costituiscono questioni di fatto quelle relative alla dipendenza di infermità, lesioni o morte da causa di servizio o di guerra e quelle relative alla classifica o all’aggravamento di infermità o lesioni”. Nell’atto introduttivo del giudizio, l’odierno appellante ha messo in evidenza una applicazione della normativa di riferimento che conterrebbe opzioni interpretative ritenute, a suo dire, in contrasto con il tenore letterale e sistematico della disciplina di legge. Nei termini appena enunciati, la domanda giudiziale si presenta caratterizzata da asseriti errori di diritto e pertanto l’appello è ammissibile.
Ciò premesso, nel merito, in ordine al primo motivo di impugnazione, l’Istituto previdenziale appellante ha lamentato che il beneficio in questione sia stato riconosciuto dal Giudice di primo grado anche ad un pensionato già facente parte della polizia penitenziaria, per il quale, per carenza del requisito soggettivo dell’appartenenza ad una carriera militare, il predetto art. 54 non sarebbe stato applicabile.
La Sezione osserva che l’appellato è un pensionato proveniente dalla polizia penitenziaria, e in quanto tale era inquadrato nelle forze di polizia ad ordinamento civile, a cui si applicano le norme per i rapporti di lavoro dei dipendenti civili dello Stato non privatizzati (Cass. SS.UU. 6997/2010). Al riguardo occorre richiamare l’art. 1 della l. 15 dicembre 1990, n. 395, istitutiva del corpo della polizia penitenziaria, in cui è confluito il disciolto corpo degli agenti di custodia, ove si stabilisce esplicitamente al comma 1 che si tratta di “un corpo civile”, facente parte delle “forze di polizia” (comma 3), al quale si applicano “in quanto compatibili le norme relative agli impiegati civili dello Stato” (comma 4).
A diverse conclusioni non potrebbe giungersi in considerazione del fatto che, alla data di arruolamento dell’appellato, il disciolto corpo degli agenti di custodia era un corpo militare: il diritto a pensione, secondo l’orientamento della giurisprudenza (Corte cost. nn. 446/2002 e 169/1986; Corte dei conti, sez. II app. xxx/xxxx), sorge infatti nel momento in cui si verificano i presupposti soggettivi e contributivi previsti della legge; conseguentemente, alla stregua dei principi generali in materia di successione della legge nel tempo, deve trovare applicazione la legge vigente pro- tempore.
Per le ragioni sopra esposte, non è quindi ammissibile una equiparazione del personale di polizia penitenziaria con il personale militare.
L’Inps ha determinato il trattamento pensionistico dell’attuale appellato, ai sensi della l. n. 335/1995, con il c.d. sistema misto, che prescrive, per tutti coloro che alla data della entrata in vigore della legge stessa avevano maturato un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, un metodo di calcolo basato sulle retribuzioni per le anzianità di servizio possedute al 31 dicembre 1995, mentre per quelle maturate successivamente deve trovare applicazione un metodo di calcolo basato sulle contribuzioni. L’area di applicazione dell’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 non attiene al personale civile, come si evince dalla collocazione della norma nel provvedimento di legge, all’interno del capo II “personale militare” del titolo III “trattamento di quiescenza normale”. Nel caso di specie, resta pertanto esclusa, per la quota di pensione liquidata con il metodo retributivo, la possibilità, anche in astratto, di applicare il predetto art. 54, che non attiene comunque al personale civile, quale il personale proveniente dalla polizia penitenziaria.
Il primo motivo di impugnazione è quindi fondato.
In ordine al secondo punto di impugnazione, l’appellante ha ulteriormente dedotto che, nell’ipotesi in cui la Corte acceda ad una equiparazione del personale di polizia penitenziaria al personale militare, non sarebbe comunque consentita una applicazione estensiva del predetto art. 54 al caso di specie.
L’accoglimento del primo motivo di impugnazione travolge il secondo motivo, mancando il riconoscimento da parte di questo Collegio del presupposto di appartenenza dell’appellato al personale militare, poiché, come già indicato in precedenza al primo punto, non vi è equiparazione tra personale di polizia penitenziaria e personale militare.
Conclusivamente, assorbita ogni altra questione, l’appello va accolto e, per l’effetto, la sentenza di primo grado va riformata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, in riforma della sentenza impugnata, e liquida le spese in euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore dell’Inps ed a carico dell’appellato.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 dicembre 2020.
9
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
(f.to digitalmente Fabio Gaetano Galeffi)
IL PRESIDENTE
(f.to digitalmente Agostino Chiappiniello)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 dicembre 2020
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