Collega CC.
CdC Calabria sentenza discussa e resa pubblica oggi 11/01/2021, conferma il coefficiente del 2,44% per ogni anno utile come da SS.RR.
Inoltre, si affronta la questione relativa alla 12 o 13 mensilità
7/2021
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
Il Giudice Unico delle pensioni
Cons. Giuseppe di Pietro
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A n. 7/2021
nel giudizio in materia pensionistica iscritto al n. 22711 del registro di segreteria, proposto da:
M. A., nato a omissis (omissis) il omissis e residente a omissis (omissis) in via omissis,
rappresentato e difeso giusta procura in atti dall’avv. Claudio Parisi, presso il cui studio, sito a Napoli in via Floria n. 130, è elettivamente domiciliato, con espressa richiesta di ricevere tutte le comunicazioni e/o notificazioni all’indirizzo PEC
claudioparisi@avvocatinapoli.legalmail.it, ovvero al fax n. 08119570269;
ricorrente
CONTRO
l’I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con sede a Roma in via Ciro il Grande n. 21, in persona del Presidente e legale rappresentante pro – tempore, rappresentato e difeso giusta procura in atti, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. Angela Maria Laganà, dall’avv. Giacinto Greco e dall’avv. Francesco Muscari Tomaioli, elettivamente domiciliato a Catanzaro in via Tommaso Campanella n. 11, presso la sede dell’Avvocatura INPS;
resistente
Il giorno 11 gennaio 2021, la causa è passata in decisione allo stato degli atti e senza discussione orale, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, come modificato dalla legge di conversione n. 27/2020 e, successivamente, dal D. L. n. 28/2020 (prorogato ex lege n. 126/2020, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19).
F A T T O
Con ricorso ritualmente notificato, M. A. ha convenuto in giudizio l’INPS – Gestione ex INPDAP, chiedendo l’annullamento della determinazione n. omissis e la conseguente riliquidazione del proprio trattamento pensionistico ai sensi dell’art. 54 del DPR n. 1092/73, oltre interessi e rivalutazione e con vittoria di spese, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
A sostegno della domanda, ha riferito di essere stato posto in quiescenza in data omissis, dopo oltre 40 anni di servizio nell’Arma dei Carabinieri, con il
grado di appuntato scelto. Con la determinazione n. omissis, l’INPS – gestione ex INPDAP, avrebbe provveduto a quantificare la pensione dovuta (n. omissis), commettendo una serie di errori e omissioni.
Nello specifico, il ricorrente ha dedotto di rientrare tra quei lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, non potevano far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, per i quali è applicabile il c.d. sistema misto, in base alla riforma introdotta con la legge n. 335 del 1995. Per la parte retributiva (quote A e B), sarebbe applicabile l’aliquota di rendimento del 44% di cui all’art. 54 del DPR n. 1092/73, concernente il personale militare, invece che quella del 35%, prevista dall’art. 44 dello stesso decreto per il personale civile. Ne conseguirebbe che, per la parte in “quota retributiva” della pensione, occorrerebbe procedere alla riliquidazione mediante la corretta applicazione dell’aliquota del 44%, nonché alla liquidazione e al pagamento degli arretrati indebitamente trattenuti e non corrisposti, con decorrenza dalla data del pensionamento, oltre interessi e rivalutazione come per legge.
Per altro verso, la liquidazione sarebbe erronea nella parte in cui, “
nel calcolo della seconda quota di pensione”, pur essendo “la base pensionabile già costituita dalla media della retribuzione annua lorda calcolata su 12 mensilità percepita nel periodo di riferimento”, avrebbe proceduto illegittimamente “ad un’ulteriore decurtazione della 13^ parte della pensione”, come si desumerebbe “effettuando la moltiplicazione della retribuzione media di € 48.725,89” per il coefficiente 0,08711, atteso che il risultato (€ 4.244,51) sarebbe così superiore a quello calcolato dagli uffici (€ 3.918,01).
L’I.N.P.S., costituendosi in giudizio, ha eccepito che il ricorrente è cessato dal servizio dopo oltre 40 anni di servizio, tenendo conto anche delle maggiorazioni. Alla data del 31.12.1992, momento a cui fare riferimento per l’attribuzione delle aliquote di rendimento da applicare al sistema retributivo, egli aveva maturato un’anzianità pari ad anni 12 e mesi 2, sicché non aveva raggiunto il periodo minimo di anni 15 previsto dal comma 1 dell’art. 54 del DPR n. 1092 del 1973;
al 31.12.1995, l’anzianità era invece pari ad anni 16 e mesi 2, ma la data costituirebbe il mero momento identificativo per il diverso criterio di calcolo delle pensioni, non il punto di riferimento temporale per la determinazione delle aliquote di rendimento.
Pertanto, si dovrebbe applicare il comma 9 dello stesso art. 54, che prevede come criterio generale il 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile.
Ne conseguirebbe che l’aliquota di rendimento, utilizzata per il calcolo delle quote A e B della pensione con il sistema retributivo, sarebbe stata correttamente determinata nella misura del 35%, ai sensi dell’art. 44 del DPR n. 1092/73.
In merito al presunto errore nella decurtazione della tredicesima parte sulla seconda quota della pensione (
data dalla moltiplicazione “5 = 2 x c”),
l’Istituto ha dedotto che per gli statali la seconda e la terza quota sarebbero riportate in 12 mensilità (
ovverosia 5 = 2 x c/13 x 12),
sicché la retribuzione media pensionabile moltiplicata per il coefficiente di trasformazione, dato dal differenziale tra le aliquote riferite al 31.12.1995 e quelle riferite al 31.12.1992, dovrebbe essere divisa per tredici e moltiplicata per dodici; “
diversamente opinando, il pensionato verrebbe a percepire due volte la tredicesima mensilità: una volta pro – quota ripartita su dodici mesi e la tredicesima mensilità vera e propria”; pertanto, la domanda relativa al ricalcolo della quota B della pensione, senza la decurtazione della media della retribuzione annua lorda percepita della tredicesima parte di tale quota, sarebbe destituita di fondamento.
Il resistente ha concluso, pertanto, per la reiezione del ricorso, col favore delle spese di lite; in via subordinata, ha chiesto che gli oneri accessori vengano liquidati secondo la legislazione vigente al momento della maturazione del diritto.
Con successive note del 4.1.2021,
il difensore, nel richiamare la decisione delle Sezioni Riunite pubblicata in pari data (n. 1/2021/QM), ha dedotto che, per i militari che al 31.12.1995 vantavano un’anzianità ricompresa tra i 15 e i 18 anni, la quota retributiva andrebbe calcolata tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati a quella data, “con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%”.
In altri termini, ai militari si applicherebbe l’art. 54 del DPR n. 1092/73, come dedotto in ricorso; la percentuale da utilizzare non sarebbe quella “secca” del 44%, ma quella annuale “ottenuta dividendo il 44% per 18, ovvero il 2,445% annuo da moltiplicarsi per l’anzianità effettiva posseduta al 31.12.1995”.
Poiché è pacifico che il ricorrente, al 31.12.1995, vantava un’anzianità di anni 16 e mesi 2, la quota retributiva dovrebbe essere calcolata “moltiplicando il 2,445% per 16 anni e 2 mesi, ottenendosi l’aliquota del 39,52% al 31.12.1995”.
Di contro, l’INPS avrebbe illegittimamente applicato l’aliquota del 37,10%.
Pertanto, alla luce del dictum delle Sezioni Riunite, il difensore ha concluso chiedendo la condanna dell’INPS a ricalcolare la quota retributiva della pensione in base all’art. 54 del DPR n. 1092/73, “
con applicazione dell’aliquota annuale del 2,445% da moltiplicarsi per i 16 anni e 2 mesi posseduti al 31.12.1995, in guisa che l’aliquota totale a quella data sia quella del 39,52% e non quella del 37,10%”.
Il giorno 11 gennaio 2021, la causa è passata in decisione allo stato degli atti e senza discussione orale, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, come modificato dalla legge di conversione n. 27/2020 e, successivamente, dal D. L. n. 28/2020 (prorogato ex lege n. 126/2020, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19).
D I R I T T O
La domanda è parzialmente fondata.
Ai sensi del comma 12 dell’art. 1 della legge n. 335 del 1995, il ricorrente rientra in quella categoria di lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore ai diciotto anni, per i quali è applicabile il c.d. sistema misto.
Per questa categoria di dipendenti, la pensione viene scomposta in tre parti:
1) quota A, calcolata applicando sulla retribuzione pensionabile dell’ultimo anno di servizio l’aliquota di rendimento maturata al 31.12.1992;
2) quota B, determinata applicando sulla media delle ultime retribuzioni l’aliquota maturata al 31.12.1995;
3) quota C, calcolata con il sistema contributivo.
In merito alla determinazione dell’aliquota di rendimento da applicare per le parti A e B, si sono registrate nella prassi giurisprudenziale diverse tesi, talora contrapposte. Secondo alcune, sarebbe sempre applicabile il comma 1 dell’art. 54 del DPR n. 1092/73, sicché in ogni caso occorrerebbe fare riferimento a quella del 44% prevista in via generale per i militari; secondo altri, la norma sarebbe teoricamente riferibile soltanto ai militari che abbiano maturato i quindici anni di servizio, fino al ventesimo.
Sul punto, è intervenuta la recentissima pronuncia delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 1/2021/QM, secondo la quale la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e
che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni”, deve “essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo”.
Di conseguenza, “
l’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Contrariamente a quanto argomentato dall’INPS, dal dictum delle Sezioni Riunite si desume che la data rilevante ai fini della determinazione dell’aliquota di rendimento non è il 31.12.1992, ma il 31.12.1995.
Nel caso in esame, è pacifico tra le parti che il ricorrente, al 31.12.1995, aveva maturato un’anzianità compresa tra i 15 e i 18 anni e, per l’esattezza, anni 16 e mesi 2, sicché la quota retributiva della pensione deve essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati a quella data, con applicazione del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile.
Il ricorrente ha sollevato anche una seconda questione, deducendo che la liquidazione sarebbe erronea nella parte in cui l’INPS, “
nel calcolo della seconda quota di pensione”, pur essendo “la base pensionabile già costituita dalla media della retribuzione annua lorda calcolata su 12 mensilità percepita nel periodo di riferimento”, avrebbe proceduto illegittimamente “ad un’ulteriore decurtazione della 13^ parte della pensione”, come si desumerebbe “effettuando la moltiplicazione della retribuzione media di € 48.725,89” per il coefficiente 0,08711, atteso che il risultato (€ 4.244,51) sarebbe così superiore a quello calcolato dagli uffici (€ 3.918,01). In altri termini, l’INPS avrebbe erroneamente decurtato, dalla media della retribuzione annua lorda percepita, calcolata su 12 mensilità, la tredicesima parte di tale quota.
A parere dell’Istituto, di contro, per gli statali la seconda e la terza quota sarebbero riportate in 12 mensilità (ovverosia 5 = 2 x c/13 x 12), sicché la retribuzione media pensionabile moltiplicata per il coefficiente di trasformazione, dato dal differenziale tra le aliquote riferite al 31.12.1995 e quelle riferite al 31.12.1992, dovrebbe essere divisa per tredici e moltiplicata per dodici. Pertanto, la domanda relativa al ricalcolo della quota B della pensione, senza la decurtazione della media della retribuzione annua lorda percepita della tredicesima parte di tale quota, sarebbe destituita di fondamento.
Sotto questo profilo, la domanda è del tutto infondata.
Infatti, la metodologia seguita per la determinazione della quota “B”, secondo cui la retribuzione media pensionabile, dopo l’applicazione del coefficiente di trasformazione, deve essere divisa per tredici e poi moltiplicata per dodici, è assolutamente corretta. “
Diversamente opinando, il pensionato verrebbe a percepire due volte la tredicesima mensilità: una volta pro – quota ripartita su dodici mesi e la tredicesima mensilità vera e propria” (
Sez. Giur. Calabria, sent. n. 482/2019).
Ne consegue che, in accoglimento parziale del ricorso, l’INPS dovrà provvedere a riliquidare la pensione in base ai criteri sopra indicati e, per l’effetto, a pagare al ricorrente tutte le differenze sui ratei arretrati con decorrenza dalla data del pensionamento, maggiorati degli interessi legali e, solo per l’ipotesi e per i periodi in cui l’indice di svalutazione vi dovesse essere superiore, anche della rivalutazione monetaria (v. Sezioni Riunite della Corte dei conti, sent. n. 6/2008/QM; ex plurimis, v. altresì SS.RR., sent. n. 10/2002/QM; Sez. III App., sent. n. 79/2015; Sez. II App., sent. n. 888/2017).
Avuto riguardo ai motivi della decisione, alla particolare complessità delle questioni trattate, alla novità dei principi di diritto enunciati dalle Sezioni Riunite ed alle persistenti oscillazioni giurisprudenziali in materia (in senso contrario, si. v., fra le altre, Sez. Giur. Calabria, sent. n. 173/2019), sussistono gravi ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
La Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Calabria, definitivamente pronunciando in ordine alla controversia promossa da M. A. contro l’I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro – tempore;
ACCOGLIE PARZIALMENTE
il ricorso e, per l’effetto, accerta il diritto di parte ricorrente alla riliquidazione della quota retributiva della pensione, tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31.12.1995, con applicazione del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile; condanna parte resistente al pagamento delle differenze sui ratei arretrati, maggiorati degli emolumenti accessori calcolati come in parte motiva.
Rigetta per il resto la domanda.
Compensa interamente le spese di lite fra le parti.
Così deciso, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, nella
camera di consiglio in data 11 gennaio 2021.
IL GIUDICE
f.to Giuseppe di Pietro
Depositata in Segreteria
Catanzaro,
11/01/2021
Il Funzionario responsabile
f.to Dott.ssa Francesca Deni