Re: irripetibilità delle somme percepite indebitamente
Inviato: mer dic 27, 2017 8:08 pm
Ricorso Accolto.
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1) - Il contestato indebito, secondo quanto comunicato dall’INPS, sarebbe scaturito dal raffronto tra le somme pagate a titolo di pensione provvisoria e quelle dovute in base al provvedimento di liquidazione della pensione definitiva
2) - In particolare, l’errore ha riguardato principalmente la voce stipendio (euro 16.397,82 a fronte di euro 12.116,54), ma ha interessato anche altre voci, come la retribuzione individuale di anzianità (euro 1.001,04 a fronte di euro 883,39), i sei scatti stipendiali (euro 3.584,15 a fronte di euro 2.905,64), l’ assegno funzionale (euro 3.070,50 a fronte di euro 1.800,20), l’indennità pensionabile (euro 9.117,60 a fronte di euro 7.990,80), l’indennità integrativa speciale (euro 6.495,48 a fronte di euro 6.371,03).
3) - Tali errori, pur parzialmente compensati da altro errore di segno contrario, cioè sfavorevole al pensionato, relativo al montante individuale utilizzato per il computo della quota calcolata con il sistema contributivo, hanno determinato la liquidazione, in via provvisoria, di una pensione annua lorda di euro 21.656,05, a fronte di una pensione spettante, liquidata in via definitiva, di euro 18.734,75.
4) - Effettivamente, la differenza tra i due importi non è irrilevante e ha comportato l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello spettante di circa il 15%.
5) - Per converso, va osservato che l’importo della pensione indebitamente liquidata, rapportato a mese, era di circa euro 1.800, superiore di circa 240 euro a quella spettante, ma comunque sempre nettamente inferiore all’importo mensile della retribuzione percepita dall’interessato al momento del collocamento a riposo.
6) - Estrapolando i dati dal prospetto di liquidazione della pensione definitiva e tenendo in considerazione le varie voci retributive (stipendio, R.I.A., assegno funzionale , I.I.S., indennità pensionabile ), si ricava che tale retribuzione era di circa euro 2.400.
7) - Nel caso di specie, non solo tale circostanza non si verifica, ma si rileva che l’importo mensile della pensione era anzi inferiore di circa 600 euro a quello dell’ultimo trattamento retributivo percepito.
8) - Su tali somme spetterebbero al ricorrente anche gli interessi legali, come recentemente affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con sentenza n. 33/2017/MD del 12/10/2017.
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SARDEGNA SENTENZA 152 11/12/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SARDEGNA SENTENZA 152 2017 PENSIONI 11/12/2017
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Sent. n. 152/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
pronuncia la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23846 del registro di Segreteria, proposto da
N. C., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea PETTINAU ed Elena PETTINAU, presso lo studio dei quali in Cagliari, piazza Gramsci 18 è elettivamente domiciliato
RICORRENTE
contro
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Gestione Dipendenti Pubblici, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Stefania SOTGIA, elettivamente domiciliato presso l’ufficio legale dell’Ente in Cagliari, via P. Delitala 2
RESISTENTE
Uditi, nell’udienza pubblica del 21 novembre 2017, l’avvocato Elena PETTINAU per il ricorrente e l’avvocato Marina OLLA per l’INPS, su delega dei patroni costituiti, che hanno integralmente confermato le rispettive conclusioni di parte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO
Il ricorrente, ex Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, titolare di pensione, ha proposto ricorso contro il provvedimento dell’INPS di Sassari prot. n. 7300 del 23/06/2016, con il quale gli è stato comunicato un debito di euro 27.648,76 per somme indebitamente percepite a titolo di pensione provvisoria, nel periodo 11/12/2007-30/06/2016, di cui è stato disposto il recupero con applicazione di una ritenuta mensile sulla pensione di cui è titolare di euro 341,34 a partire dalla rata di luglio 2016.
Il contestato indebito, secondo quanto comunicato dall’INPS, sarebbe scaturito dal raffronto tra le somme pagate a titolo di pensione provvisoria e quelle dovute in base al provvedimento di liquidazione della pensione definitiva (decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 1096 del 06/11/2014).
Sono state formulate le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ecc.ma Corte dei Conti adita, contrariis rejectis, accogliere il presente ricorso e per l’effetto accertare e dichiarare l’irripetibilità delle somme asseritamente percepite indebitamente dal Sig. N. C. condannando l’INPS alla restituzione di quanto trattenuto.
Con condanna alle spese del presente giudizio da liquidarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari”.
L’INPS si è costituito in giudizio a ministero degli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Stefania SOTGIA con memoria difensiva depositata in Segreteria tramite PEC il 27/02/2017, chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese e competenze legali come per legge.
La Sezione, con ordinanza n. 20/2017, ha accolto l’istanza cautelare proposta contestualmente al ricorso, disponendo la sospensione della ritenuta applicata sulla pensione del ricorrente.
Discusso il giudizio nel merito all’udienza del 10/03/2017, la Sezione, con ordinanza n. 60/2017, ritenuto che dagli atti non emergessero con chiarezza le circostanze di fatto e i presupposti di diritto che hanno determinato l’accertamento dell’indebito pensionistico, ha ordinato all’INPS di depositare, entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza, il quadro riepilogativo ed i relativi prospetti di lavorazione sulla pensione numero n. 10332899, intestata al ricorrente, relativi al recupero dell’indebito di €. 27.648,76 di cui al provvedimento del 23/06/2016, successivo alla liquidazione definitiva della pensione di cui al decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 1096 emesso in data 06/11/2014, preceduta da quella provvisoria decorrente dal 11/12/2007, nonché una relazione analitica illustrativa che chiarisse le circostanze di fatto e i presupposti di diritto che hanno determinato l’accertamento dell’indebito pensionistico.
L’INPS non ha dato risposta all’ordinanza né nel termine assegnato né successivamente.
L’udienza per la discussione del giudizio, originariamente fissata al 7 luglio 2017, è stata rinviata al 18 luglio 2017 a seguito della sostituzione del giudice unico precedentemente designato, trasferito ad altro Ufficio giudiziario.
In tale ultima udienza, la Sezione, dopo aver ribadito quanto affermato in sede cautelare, secondo cui la fondatezza della pretesa del ricorrente va valutata alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, con particolare riferimento alla sentenza delle Sezioni riunite n. 2/2012/QM del 2 luglio 2012, ha dato disposizione, con ordinanza, per acquisire elementi di giudizio attinenti all’accertamento dello stato soggettivo di buona fede del pensionato, in relazione alla possibilità dello stesso di rilevare l’errore commesso nella liquidazione della pensione.
L’ordinanza era tesa a stabilire “1) se la pensione provvisoria sia stata oggetto di un atto di liquidazione (di cui, in caso affermativo, dovrà essere acquisita copia) e se lo stesso sia stato portato a conoscenza del pensionato; 2) se il provvedimento definitivo di liquidazione della pensione sia stato comunicato al pensionato”.
Dell’esecuzione degli incombenti istruttori è stato incaricato il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri (il quale, all’occorrenza, doveva curare di interessare gli Uffici dell’amministrazione che avessero trattato la pratica di pensione del ricorrente).
Il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Centro Nazionale Amministrativo, Servizio Trattamento Economico, Ufficio Contenzioso di Chieti, ha trasmesso le notizie e gli atti richiesti con nota inviata tramite PEC in data 2 agosto 2017.
La causa è stata decisa con dispositivo letto nell’udienza del 21 novembre 2017 per i motivi di seguito esposti in
DIRITTO
Preliminarmente, va detto che, nella nota di risposta all’ordinanza istruttoria, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha preso posizione sul merito della domanda proposta dal ricorrente, affermando che “non sussistono gli elementi che consentono alla parte ricorrente di sostenere la domanda, che si mostra priva di fondamento e immeritevole di accoglimento”.
Va però escluso che con tale atto l’Arma dei Carabinieri abbia acquisito la qualità di parte del giudizio a titolo di interveniente, vuoi perché l’atto non viene espressamente qualificato come comparsa di costituzione, finalizzata a dispiegare intervento nel giudizio, vuoi perché lo stesso non è stato notificato alle parti avverse, come impone l’art. 160, comma 3 CGC (applicabile nella fattispecie, essendo stato il ricorso proposto dopo l’entrata in vigore di detto codice).
La riportata affermazione assume quindi un valore di mero obiter dictum.
Come ricordato anche nell’ultima ordinanza istruttoria, il potere dell’Amministrazione di recuperare indebiti pensionistici formatisi per differenza tra gli importi della pensione provvisoria e della pensione definitiva soggiace ai limiti fissati, in via giurisprudenziale, con la sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n. 2/2012/QM del 2 luglio 2012.
È stato ivi affermato che il diritto dell’amministrazione incontra il limite derivante dal legittimo affidamento del pensionato sulla spettanza delle somme percepite. Ciò in quanto “l’affidamento legittimo e ragionevole è espressione di un principio che impone al soggetto pubblico che voglia esercitare il suo potere nei confronti del privato, di tenere nel debito conto l’interesse alla conservazione di un vantaggio (ovvero un bene o un’utilità), conseguito in buona fede dal privato stessa per effetto di un previo atto o di un comportamento della pubblica amministrazione, a ciò finalizzato, unitamente all’indefettibile requisito che detto vantaggio si sia consolidato per effetto del decorso di un significativo lasso temporale”.
Le SSRR hanno pertanto espresso la seguente massima di diritto:
“Lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l’amministrazione del diritto – dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste, peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo”.
Come già affermato nell’ordinanza istruttoria, “nel caso di specie, l’elemento oggettivo dato dal decorso del tempo è sicuramente riscontrabile, in ragione sia dell’intervallo trascorso tra la cessazione dal servizio del ricorrente (11/09/2007) e l’emanazione del provvedimento di pensione definitiva (06/11/2014), sia della durata del periodo durante il quale l’interessato ha continuato a percepire il trattamento provvisorio di misura superiore a quella spettante (il ritardo con il quale l’indebito in questione è stato segnalato è in parte imputabile allo stesso INPS, considerato che il provvedimento di pensione definitiva risulta ad esso pervenuto contestualmente alla sua emissione e l’indebito è stato contestato solo nel giugno del 2016)”.
Gli elementi acquisiti con l’ordinanza istruttoria inducono la Sezione a ritenere che sia riscontrabile anche l’elemento soggettivo della buona fede.
Va detto che la pensione provvisoria è stata oggetto di un apposito atto di liquidazione (atto dispositivo n. 3252 del 28/11/2007, allegato n. 2 degli atti trasmessi dal Comando dell’Arma dei Carabinieri in risposta all’ordinanza istruttoria).
Come è facile notare ponendo a confronto il prospetto di calcolo allegato all’atto in questione con quello contenuto nel decreto di liquidazione della pensione definitiva (decreto n. 1096 del 06/11/2014, allegato n. 6 degli atti trasmessi dal Comando dell’Arma dei Carabinieri in risposta all’ordinanza istruttoria), ciò che ha determinato la liquidazione di una pensione superiore a quella spettante è stato un macroscopico errore commesso nella determinazione della base pensionabile relativa alla parte della pensione liquidata con il sistema retributivo.
In particolare, l’errore ha riguardato principalmente la voce stipendio (euro 16.397,82 a fronte di euro 12.116,54), ma ha interessato anche altre voci, come la retribuzione individuale di anzianità (euro 1.001,04 a fronte di euro 883,39), i sei scatti stipendiali (euro 3.584,15 a fronte di euro 2.905,64), l’ assegno funzionale (euro 3.070,50 a fronte di euro 1.800,20), l’indennità pensionabile (euro 9.117,60 a fronte di euro 7.990,80), l’indennità integrativa speciale (euro 6.495,48 a fronte di euro 6.371,03).
Tali errori, pur parzialmente compensati da altro errore di segno contrario, cioè sfavorevole al pensionato, relativo al montante individuale utilizzato per il computo della quota calcolata con il sistema contributivo, hanno determinato la liquidazione, in via provvisoria, di una pensione annua lorda di euro 21.656,05, a fronte di una pensione spettante, liquidata in via definitiva, di euro 18.734,75.
Effettivamente, la differenza tra i due importi non è irrilevante e ha comportato l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello spettante di circa il 15%.
Tuttavia, va considerato che, per quanto consta, il provvedimento di liquidazione della pensione provvisoria (la cui lettura avrebbe sicuramente posto l’interessato in condizione di avvedersi dell’errore commesso dall’amministrazione) non risulta pervenuto al N. C.. Al riguardo, l’ordinanza istruttoria aveva espressamente richiesto ai Carabinieri di fornire dimostrazione dell’avvenuta ricezione, da parte del pensionato, delle comunicazioni a lui date dei vari atti liquidativi della pensione, attraverso la produzione, anche in copia, di eventuali avvisi di ricevimento di raccomandate o equivalenti. Dimostrazione che non è stata data, neppure relativamente alla comunicazione del provvedimento di liquidazione della pensione definitiva.
Per converso, va osservato che l’importo della pensione indebitamente liquidata, rapportato a mese, era di circa euro 1.800, superiore di circa 240 euro a quella spettante, ma comunque sempre nettamente inferiore all’importo mensile della retribuzione percepita dall’interessato al momento del collocamento a riposo.
Estrapolando i dati dal prospetto di liquidazione della pensione definitiva e tenendo in considerazione le varie voci retributive (stipendio, R.I.A., assegno funzionale , I.I.S., indennità pensionabile ), si ricava che tale retribuzione era di circa euro 2.400.
Come è noto, nella sentenza del 2012 cit., le SSRR, sia pure a titolo meramente esemplificativo, hanno espressamente segnalato, tra gli indici di sicura riconoscibilità dell’errore commesso nella liquidazione della pensione provvisoria, l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello di attività.
Nel caso di specie, non solo tale circostanza non si verifica, ma si rileva che l’importo mensile della pensione era anzi inferiore di circa 600 euro a quello dell’ultimo trattamento retributivo percepito.
In definitiva, non si rilevano elementi che possano indurre a ritenere che il pensionato abbia avuto la concreta possibilità di rendersi conto (in via diretta, con la visione del prospetto di liquidazione della pensione provvisoria, o in via indiretta, sulla base di indici sintomatici) dell’errore dell’amministrazione, al riguardo anche tenuta nella dovuta considerazione l’obiettiva difficoltà di calcolo dei trattamenti pensionistici.
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente dichiarazione di irripetibilità dell’indebito e condanna dell’amministrazione resistente alla restituzione al ricorrente delle somme trattenute precedentemente al provvedimento cautelare adottato dalla Sezione.
Su tali somme spetterebbero al ricorrente anche gli interessi legali, come recentemente affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con sentenza n. 33/2017/MD del 12/10/2017. Tuttavia, non può essere emessa pronuncia sul punto, atteso che il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme indebitamente trattenute dall’INPS non attiene ad un credito pensionistico, che, in quanto tale, determinerebbe automatica e officiosa liquidazione, da parte del giudice, degli accessori, ai sensi dell’art. 167, comma 3 CGC.
Il diritto ora accertato attiene invece, come si evince anche dalla motivazione della sentenza sopra richiamata, alla restituzione di un pagamento indebito effettuato dal pensionato.
In casi siffatti, come affermato dalla giurisprudenza (v. Corte di cassazione, n. 2814 del 10/03/1995), occorre un’espressa domanda di parte di attribuzione degli interessi, che, nel caso di specie, non è stata proposta.
La condanna alle spese segue la soccombenza e va disposta in favore dei procuratori del ricorrente, dichiaratisi antistatari. La liquidazione è operata sulla base della tabella 11 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e del valore della causa, con applicazione di una riduzione, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del suddetto decreto, tenuto conto della non particolare complessità dell’affare, anche in relazione all’esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di N. C. e, per l’effetto, dichiara non ripetibile la somma di euro 27.648,769 di cui è stato disposto il recupero con il provvedimento impugnato.
Condanna l’INPS a restituire al ricorrente le somme recuperate in esecuzione del suddetto provvedimento.
Condanna l’INPS al pagamento, in favore degli avvocati Andrea PETTINAU ed Elena PETTINAU, dichiaratisi antistatari, delle spese di assistenza legale, che si liquidano in euro quattromila, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15%.
Per il deposito della sentenza è fissato il termine di quaranta giorni dalla data dell’udienza.
Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 21 novembre 2017.
Il Giudice unico
f.to Antonio Marco CANU
Depositata in Segreteria il 11 dicembre 2017.
Il Dirigente
f.to Giuseppe Mullano
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1) - Il contestato indebito, secondo quanto comunicato dall’INPS, sarebbe scaturito dal raffronto tra le somme pagate a titolo di pensione provvisoria e quelle dovute in base al provvedimento di liquidazione della pensione definitiva
2) - In particolare, l’errore ha riguardato principalmente la voce stipendio (euro 16.397,82 a fronte di euro 12.116,54), ma ha interessato anche altre voci, come la retribuzione individuale di anzianità (euro 1.001,04 a fronte di euro 883,39), i sei scatti stipendiali (euro 3.584,15 a fronte di euro 2.905,64), l’ assegno funzionale (euro 3.070,50 a fronte di euro 1.800,20), l’indennità pensionabile (euro 9.117,60 a fronte di euro 7.990,80), l’indennità integrativa speciale (euro 6.495,48 a fronte di euro 6.371,03).
3) - Tali errori, pur parzialmente compensati da altro errore di segno contrario, cioè sfavorevole al pensionato, relativo al montante individuale utilizzato per il computo della quota calcolata con il sistema contributivo, hanno determinato la liquidazione, in via provvisoria, di una pensione annua lorda di euro 21.656,05, a fronte di una pensione spettante, liquidata in via definitiva, di euro 18.734,75.
4) - Effettivamente, la differenza tra i due importi non è irrilevante e ha comportato l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello spettante di circa il 15%.
5) - Per converso, va osservato che l’importo della pensione indebitamente liquidata, rapportato a mese, era di circa euro 1.800, superiore di circa 240 euro a quella spettante, ma comunque sempre nettamente inferiore all’importo mensile della retribuzione percepita dall’interessato al momento del collocamento a riposo.
6) - Estrapolando i dati dal prospetto di liquidazione della pensione definitiva e tenendo in considerazione le varie voci retributive (stipendio, R.I.A., assegno funzionale , I.I.S., indennità pensionabile ), si ricava che tale retribuzione era di circa euro 2.400.
7) - Nel caso di specie, non solo tale circostanza non si verifica, ma si rileva che l’importo mensile della pensione era anzi inferiore di circa 600 euro a quello dell’ultimo trattamento retributivo percepito.
8) - Su tali somme spetterebbero al ricorrente anche gli interessi legali, come recentemente affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con sentenza n. 33/2017/MD del 12/10/2017.
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SARDEGNA SENTENZA 152 11/12/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SARDEGNA SENTENZA 152 2017 PENSIONI 11/12/2017
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Sent. n. 152/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
pronuncia la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23846 del registro di Segreteria, proposto da
N. C., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea PETTINAU ed Elena PETTINAU, presso lo studio dei quali in Cagliari, piazza Gramsci 18 è elettivamente domiciliato
RICORRENTE
contro
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Gestione Dipendenti Pubblici, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Stefania SOTGIA, elettivamente domiciliato presso l’ufficio legale dell’Ente in Cagliari, via P. Delitala 2
RESISTENTE
Uditi, nell’udienza pubblica del 21 novembre 2017, l’avvocato Elena PETTINAU per il ricorrente e l’avvocato Marina OLLA per l’INPS, su delega dei patroni costituiti, che hanno integralmente confermato le rispettive conclusioni di parte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO
Il ricorrente, ex Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, titolare di pensione, ha proposto ricorso contro il provvedimento dell’INPS di Sassari prot. n. 7300 del 23/06/2016, con il quale gli è stato comunicato un debito di euro 27.648,76 per somme indebitamente percepite a titolo di pensione provvisoria, nel periodo 11/12/2007-30/06/2016, di cui è stato disposto il recupero con applicazione di una ritenuta mensile sulla pensione di cui è titolare di euro 341,34 a partire dalla rata di luglio 2016.
Il contestato indebito, secondo quanto comunicato dall’INPS, sarebbe scaturito dal raffronto tra le somme pagate a titolo di pensione provvisoria e quelle dovute in base al provvedimento di liquidazione della pensione definitiva (decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 1096 del 06/11/2014).
Sono state formulate le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ecc.ma Corte dei Conti adita, contrariis rejectis, accogliere il presente ricorso e per l’effetto accertare e dichiarare l’irripetibilità delle somme asseritamente percepite indebitamente dal Sig. N. C. condannando l’INPS alla restituzione di quanto trattenuto.
Con condanna alle spese del presente giudizio da liquidarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari”.
L’INPS si è costituito in giudizio a ministero degli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Stefania SOTGIA con memoria difensiva depositata in Segreteria tramite PEC il 27/02/2017, chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese e competenze legali come per legge.
La Sezione, con ordinanza n. 20/2017, ha accolto l’istanza cautelare proposta contestualmente al ricorso, disponendo la sospensione della ritenuta applicata sulla pensione del ricorrente.
Discusso il giudizio nel merito all’udienza del 10/03/2017, la Sezione, con ordinanza n. 60/2017, ritenuto che dagli atti non emergessero con chiarezza le circostanze di fatto e i presupposti di diritto che hanno determinato l’accertamento dell’indebito pensionistico, ha ordinato all’INPS di depositare, entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza, il quadro riepilogativo ed i relativi prospetti di lavorazione sulla pensione numero n. 10332899, intestata al ricorrente, relativi al recupero dell’indebito di €. 27.648,76 di cui al provvedimento del 23/06/2016, successivo alla liquidazione definitiva della pensione di cui al decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri n. 1096 emesso in data 06/11/2014, preceduta da quella provvisoria decorrente dal 11/12/2007, nonché una relazione analitica illustrativa che chiarisse le circostanze di fatto e i presupposti di diritto che hanno determinato l’accertamento dell’indebito pensionistico.
L’INPS non ha dato risposta all’ordinanza né nel termine assegnato né successivamente.
L’udienza per la discussione del giudizio, originariamente fissata al 7 luglio 2017, è stata rinviata al 18 luglio 2017 a seguito della sostituzione del giudice unico precedentemente designato, trasferito ad altro Ufficio giudiziario.
In tale ultima udienza, la Sezione, dopo aver ribadito quanto affermato in sede cautelare, secondo cui la fondatezza della pretesa del ricorrente va valutata alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, con particolare riferimento alla sentenza delle Sezioni riunite n. 2/2012/QM del 2 luglio 2012, ha dato disposizione, con ordinanza, per acquisire elementi di giudizio attinenti all’accertamento dello stato soggettivo di buona fede del pensionato, in relazione alla possibilità dello stesso di rilevare l’errore commesso nella liquidazione della pensione.
L’ordinanza era tesa a stabilire “1) se la pensione provvisoria sia stata oggetto di un atto di liquidazione (di cui, in caso affermativo, dovrà essere acquisita copia) e se lo stesso sia stato portato a conoscenza del pensionato; 2) se il provvedimento definitivo di liquidazione della pensione sia stato comunicato al pensionato”.
Dell’esecuzione degli incombenti istruttori è stato incaricato il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri (il quale, all’occorrenza, doveva curare di interessare gli Uffici dell’amministrazione che avessero trattato la pratica di pensione del ricorrente).
Il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Centro Nazionale Amministrativo, Servizio Trattamento Economico, Ufficio Contenzioso di Chieti, ha trasmesso le notizie e gli atti richiesti con nota inviata tramite PEC in data 2 agosto 2017.
La causa è stata decisa con dispositivo letto nell’udienza del 21 novembre 2017 per i motivi di seguito esposti in
DIRITTO
Preliminarmente, va detto che, nella nota di risposta all’ordinanza istruttoria, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha preso posizione sul merito della domanda proposta dal ricorrente, affermando che “non sussistono gli elementi che consentono alla parte ricorrente di sostenere la domanda, che si mostra priva di fondamento e immeritevole di accoglimento”.
Va però escluso che con tale atto l’Arma dei Carabinieri abbia acquisito la qualità di parte del giudizio a titolo di interveniente, vuoi perché l’atto non viene espressamente qualificato come comparsa di costituzione, finalizzata a dispiegare intervento nel giudizio, vuoi perché lo stesso non è stato notificato alle parti avverse, come impone l’art. 160, comma 3 CGC (applicabile nella fattispecie, essendo stato il ricorso proposto dopo l’entrata in vigore di detto codice).
La riportata affermazione assume quindi un valore di mero obiter dictum.
Come ricordato anche nell’ultima ordinanza istruttoria, il potere dell’Amministrazione di recuperare indebiti pensionistici formatisi per differenza tra gli importi della pensione provvisoria e della pensione definitiva soggiace ai limiti fissati, in via giurisprudenziale, con la sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n. 2/2012/QM del 2 luglio 2012.
È stato ivi affermato che il diritto dell’amministrazione incontra il limite derivante dal legittimo affidamento del pensionato sulla spettanza delle somme percepite. Ciò in quanto “l’affidamento legittimo e ragionevole è espressione di un principio che impone al soggetto pubblico che voglia esercitare il suo potere nei confronti del privato, di tenere nel debito conto l’interesse alla conservazione di un vantaggio (ovvero un bene o un’utilità), conseguito in buona fede dal privato stessa per effetto di un previo atto o di un comportamento della pubblica amministrazione, a ciò finalizzato, unitamente all’indefettibile requisito che detto vantaggio si sia consolidato per effetto del decorso di un significativo lasso temporale”.
Le SSRR hanno pertanto espresso la seguente massima di diritto:
“Lo spirare di termini regolamentari di settore per l’adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l’amministrazione del diritto – dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste, peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell’indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall’interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, la rilevabilità in concreto, secondo l’ordinaria diligenza, dell’errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell’amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo”.
Come già affermato nell’ordinanza istruttoria, “nel caso di specie, l’elemento oggettivo dato dal decorso del tempo è sicuramente riscontrabile, in ragione sia dell’intervallo trascorso tra la cessazione dal servizio del ricorrente (11/09/2007) e l’emanazione del provvedimento di pensione definitiva (06/11/2014), sia della durata del periodo durante il quale l’interessato ha continuato a percepire il trattamento provvisorio di misura superiore a quella spettante (il ritardo con il quale l’indebito in questione è stato segnalato è in parte imputabile allo stesso INPS, considerato che il provvedimento di pensione definitiva risulta ad esso pervenuto contestualmente alla sua emissione e l’indebito è stato contestato solo nel giugno del 2016)”.
Gli elementi acquisiti con l’ordinanza istruttoria inducono la Sezione a ritenere che sia riscontrabile anche l’elemento soggettivo della buona fede.
Va detto che la pensione provvisoria è stata oggetto di un apposito atto di liquidazione (atto dispositivo n. 3252 del 28/11/2007, allegato n. 2 degli atti trasmessi dal Comando dell’Arma dei Carabinieri in risposta all’ordinanza istruttoria).
Come è facile notare ponendo a confronto il prospetto di calcolo allegato all’atto in questione con quello contenuto nel decreto di liquidazione della pensione definitiva (decreto n. 1096 del 06/11/2014, allegato n. 6 degli atti trasmessi dal Comando dell’Arma dei Carabinieri in risposta all’ordinanza istruttoria), ciò che ha determinato la liquidazione di una pensione superiore a quella spettante è stato un macroscopico errore commesso nella determinazione della base pensionabile relativa alla parte della pensione liquidata con il sistema retributivo.
In particolare, l’errore ha riguardato principalmente la voce stipendio (euro 16.397,82 a fronte di euro 12.116,54), ma ha interessato anche altre voci, come la retribuzione individuale di anzianità (euro 1.001,04 a fronte di euro 883,39), i sei scatti stipendiali (euro 3.584,15 a fronte di euro 2.905,64), l’ assegno funzionale (euro 3.070,50 a fronte di euro 1.800,20), l’indennità pensionabile (euro 9.117,60 a fronte di euro 7.990,80), l’indennità integrativa speciale (euro 6.495,48 a fronte di euro 6.371,03).
Tali errori, pur parzialmente compensati da altro errore di segno contrario, cioè sfavorevole al pensionato, relativo al montante individuale utilizzato per il computo della quota calcolata con il sistema contributivo, hanno determinato la liquidazione, in via provvisoria, di una pensione annua lorda di euro 21.656,05, a fronte di una pensione spettante, liquidata in via definitiva, di euro 18.734,75.
Effettivamente, la differenza tra i due importi non è irrilevante e ha comportato l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello spettante di circa il 15%.
Tuttavia, va considerato che, per quanto consta, il provvedimento di liquidazione della pensione provvisoria (la cui lettura avrebbe sicuramente posto l’interessato in condizione di avvedersi dell’errore commesso dall’amministrazione) non risulta pervenuto al N. C.. Al riguardo, l’ordinanza istruttoria aveva espressamente richiesto ai Carabinieri di fornire dimostrazione dell’avvenuta ricezione, da parte del pensionato, delle comunicazioni a lui date dei vari atti liquidativi della pensione, attraverso la produzione, anche in copia, di eventuali avvisi di ricevimento di raccomandate o equivalenti. Dimostrazione che non è stata data, neppure relativamente alla comunicazione del provvedimento di liquidazione della pensione definitiva.
Per converso, va osservato che l’importo della pensione indebitamente liquidata, rapportato a mese, era di circa euro 1.800, superiore di circa 240 euro a quella spettante, ma comunque sempre nettamente inferiore all’importo mensile della retribuzione percepita dall’interessato al momento del collocamento a riposo.
Estrapolando i dati dal prospetto di liquidazione della pensione definitiva e tenendo in considerazione le varie voci retributive (stipendio, R.I.A., assegno funzionale , I.I.S., indennità pensionabile ), si ricava che tale retribuzione era di circa euro 2.400.
Come è noto, nella sentenza del 2012 cit., le SSRR, sia pure a titolo meramente esemplificativo, hanno espressamente segnalato, tra gli indici di sicura riconoscibilità dell’errore commesso nella liquidazione della pensione provvisoria, l’attribuzione di un trattamento di quiescenza superiore a quello di attività.
Nel caso di specie, non solo tale circostanza non si verifica, ma si rileva che l’importo mensile della pensione era anzi inferiore di circa 600 euro a quello dell’ultimo trattamento retributivo percepito.
In definitiva, non si rilevano elementi che possano indurre a ritenere che il pensionato abbia avuto la concreta possibilità di rendersi conto (in via diretta, con la visione del prospetto di liquidazione della pensione provvisoria, o in via indiretta, sulla base di indici sintomatici) dell’errore dell’amministrazione, al riguardo anche tenuta nella dovuta considerazione l’obiettiva difficoltà di calcolo dei trattamenti pensionistici.
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente dichiarazione di irripetibilità dell’indebito e condanna dell’amministrazione resistente alla restituzione al ricorrente delle somme trattenute precedentemente al provvedimento cautelare adottato dalla Sezione.
Su tali somme spetterebbero al ricorrente anche gli interessi legali, come recentemente affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con sentenza n. 33/2017/MD del 12/10/2017. Tuttavia, non può essere emessa pronuncia sul punto, atteso che il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme indebitamente trattenute dall’INPS non attiene ad un credito pensionistico, che, in quanto tale, determinerebbe automatica e officiosa liquidazione, da parte del giudice, degli accessori, ai sensi dell’art. 167, comma 3 CGC.
Il diritto ora accertato attiene invece, come si evince anche dalla motivazione della sentenza sopra richiamata, alla restituzione di un pagamento indebito effettuato dal pensionato.
In casi siffatti, come affermato dalla giurisprudenza (v. Corte di cassazione, n. 2814 del 10/03/1995), occorre un’espressa domanda di parte di attribuzione degli interessi, che, nel caso di specie, non è stata proposta.
La condanna alle spese segue la soccombenza e va disposta in favore dei procuratori del ricorrente, dichiaratisi antistatari. La liquidazione è operata sulla base della tabella 11 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e del valore della causa, con applicazione di una riduzione, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del suddetto decreto, tenuto conto della non particolare complessità dell’affare, anche in relazione all’esistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di N. C. e, per l’effetto, dichiara non ripetibile la somma di euro 27.648,769 di cui è stato disposto il recupero con il provvedimento impugnato.
Condanna l’INPS a restituire al ricorrente le somme recuperate in esecuzione del suddetto provvedimento.
Condanna l’INPS al pagamento, in favore degli avvocati Andrea PETTINAU ed Elena PETTINAU, dichiaratisi antistatari, delle spese di assistenza legale, che si liquidano in euro quattromila, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15%.
Per il deposito della sentenza è fissato il termine di quaranta giorni dalla data dell’udienza.
Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 21 novembre 2017.
Il Giudice unico
f.to Antonio Marco CANU
Depositata in Segreteria il 11 dicembre 2017.
Il Dirigente
f.to Giuseppe Mullano