Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna
Inviato: sab gen 27, 2018 12:36 pm
Ricorso perso.
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Ecco alcuni brani:
1) - alla data del 31 dicembre 1995 (ha rappresentato di avere già maturato a detta data una anzianità utile ai fini pensionistici di 16 anni e 6 mesi, così risultando dal sistema di computo che prevede l'attribuzione di un anno utile in più ogni 5 anni effettivi)
2) - Nel caso in esame, nel quale il ricorrente aveva maturato alla data del 31 dicembre 1992 una anzianità inferiore ai 15 anni di servizio,
- ) - trova quindi effettivamente applicazione ai fini del calcolo della quota A di pensione l’art. 54 del T.U. n. 1092/73 da questi invocato,
- ) - ma non il primo bensì il suo nono comma,
- ) - che dispone che “Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”;
- ) - a sua volta, l’art. 52 richiamato dal precedente art. 54, nono comma, dispone che “L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”.
3) - Pertanto, poiché il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1992, aveva maturato l’anzianità di 12 anni e 11 mesi di servizio,
- ) - inferiore a quella almeno di quindici anni necessaria,
- ) - in base al combinato disposto delle norme sopra richiamate, per accedere al trattamento pensionistico richiesto in questa sede, il ricorso in esame non può trovare accoglimento.
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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TRENTINO ALTO ADIGE - TN SENTENZA 52 21/12/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TRENTINO ALTO ADIGE - TN SENTENZA 52 2017 PENSIONI 21/12/2017
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TRENTINO
ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
nella persona del Consigliere dott.ssa Grazia Bacchi, in funzione di giudice monocratico in materia di ricorsi pensionistici, a norma dell’art. 5, primo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Esaminati gli atti e documenti di causa;
ha pronunciato, nella udienza del giorno 13 dicembre 2017, con l’assistenza del Segretario, dott. Bruno Mazzon, udito l’avv. Giulio Margoni per il ricorrente, non rappresentato l’INPS, la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia di pensioni militari, iscritto al n. 4183 del Registro di segreteria, instaurato dal sig. M. C., nato a Milano il Omissis (cf Omissis) e residente in OMISSIS (TN) via OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianni Margoni e Giulio Margoni ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Trento, Galleria Tirrena 10, avverso l’INPS.
PREMESSO IN FATTO
Con il ricorso in esame il sig. M. C., brigadiere in congedo già dipendente della Legione Carabinieri Trentino Alto Adige - Compagnia di Trento dal 28 luglio 1981, e cessato dal servizio per invalidità per causa di servizio dal 18 settembre 2013, allegando al presente gravame copia del modulo di liquidazione del suo trattamento pensionistico e rappresentando di avere proposto ricorso amministrativo al Comitato di Vigilanza della Gestione Cassa Pensioni Dipendenti dello Stato presso l’INPS con atto depositato in data 11 gennaio 2017, sul quale si sarebbe formato il silenzio rigetto, ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell'art. 54 del DPR 1092 /1973 e delle circolari rispettivamente n.7/53-35-1-1995 dell’11 maggio 1996 della Direzione Amm/ne CC ed INPDAP n. 22 del 18 settembre 2009, sostenendo che il trattamento di quiescenza in godimento sarebbe stato liquidato in difformità da quanto previsto dal citato art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, alla stregua del quale il personale militare che cessa dal servizio con un’anzianità utile per la pensione, alla data del 31 dicembre 1995, compresa tra 15 e 20 anni, ha diritto ad una pensione su base retributiva del 44% della base pensionabile; ha rappresentato di avere già maturato a detta data una anzianità utile ai fini pensionistici di 16 anni e 6 mesi, così risultando dal sistema di computo che prevede l'attribuzione di un anno utile in più ogni 5 anni effettivi, e che l’Istituto previdenziale, con provvedimento di liquidazione n. 17607513 di data 4 giugno 2014, avrebbe calcolato le diverse aliquote pensionabili di cui all'art. 44 del T.U. 1092/73 previste per il personale civile anziché quelle di cui all'art. 54 dello stesso TU per il personale militare .
Elencando quali, a suo avviso, avrebbero dovuto essere i corretti coefficienti di rendimento applicabili al trattamento pensionistico in godimento, il ricorrente ha sostenuto che l’errore di calcolo derivante dalla scorretta applicazione della normativa si ripercuoterebbe su quello della pensione finale, ed ha concluso chiedendo che venga accertato e dichiarato il suo diritto alla percezione del trattamento pensionistico nella corretta misura prevista dalla legge con la conseguente giusta quantificazione, con rideterminazione dell'importo a decorrere dal 19 settembre 2013 e con condanna dell’INPS a corrispondere il conguaglio dovuto per il passato oltre a interessi legali e rivalutazione, ed a disporre la corretta misura per il futuro, con vittoria di spese e competenze di causa.
In via istruttoria, il ricorrente ha chiesto che venga ordinato all'INPS di effettuare il conteggio secondo i parametri corretti o, in subordine, che venga disposta CTU al fine di eseguire il calcolo di pensione secondo i parametri che verranno individuati.
Con comparsa depositata il 1° dicembre 2017 si è costituito in giudizio l’INPS con il patrocinio degli avvocati Carlo Costantino De Pompeis e Marta Odorizzi, negando l’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 54, 1° comma del D.P.R. n. 1092/73 invocato dal ricorrente, in quanto l’anzianità di servizio prevista per la relativa applicabilità non sarebbe stata maturata alla data del 31 dicembre 1992, epoca alla quale l'art 13 del d.lgs 30/12/1992 n. 503 avrebbe fatto riferimento per stabilire il mantenimento della normativa previgente per calcolare l'intera quota A di pensione "retributiva", e l'applicazione della nuova disciplina introdotta dallo stesso decreto per le anzianità contributive successive, ovvero maturate dal 1° gennaio 1993. Poiché al 31 dicembre 1992 il ricorrente vantava una anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal 1° comma dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73 ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 44% da lui reclamata, la fattispecie ricadrebbe sotto il disposto del successivo penultimo comma dello stesso art. 54, che dispone che “per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile". Pertanto la data del 31 dicembre 1995, alla quale si riferisce il ricorrente per rivendicare il diritto all’applicazione dell’art. 54, 1° comma del D.P.R. n. 1092/73, avendo a quell’epoca effettivamente maturato una anzianità di 16 anni e sei mesi, sarebbe irrilevante ai fini che qui occupano, poiché nel caso di specie troverebbe invece applicazione il sistema misto “con le aliquote di rendimento rapportate alle date di "cristallizzazione" delle rispettive quote e quindi alla data del 31/12/1992 per quella "A" retributiva”.
L’’INPS ha, quindi, chiesto il rigetto della domanda in esame, perché infondata.
Con nota depositata l’11 dicembre 2017 l’avvocatura dell’INPS ha comunicato l’impossibilità a partecipare all’udienza di discussione, a causa di concomitanti impegni istituzionali di entrambi gli avvocati costituiti.
Alla odierna udienza l’avv. Giulio Margoni, per il ricorrente, ha depositato note di udienza, illustrandole oralmente; ha rappresentato come sia indubbia l’applicabilità dell’art. 54 del D.P.R. 1092/73 ai dipendenti delle forze armate, mentre determinante è l’individuazione del termine a tali fini, che nel caso in esame andrebbe individuato nel 31 dicembre 1995, ovvero la data di scadenza del calcolo della quota retributiva della pensione. Infatti l’art. 54 del T. U. 1092/73 è stato emanato prima della “riforma Dini” (L. n. 335/95), che ha introdotto i sistemi di calcolo retributivo, contributivo e misto a seconda dell’anzianità di servizio al 31 dicembre 1995; la novella normativa prevede per i dipendenti statali il sistema di calcolo in due quote (A e B); la quota contributiva, calcolata secondo il sistema contributivo, sarebbe quindi applicabile a decorrere dal 1° gennaio 1996. Precisando che ne’ la riforma di cui alla L. n. 335/95, ne’ le norme sopravvenute, hanno modificato il disposto dell’art. 54 del T.U. n. 1092/73, e che il trattamento di quiescenza per i militari che hanno maturato 18 anni di servizio al 31/12/1995 viene calcolato con il metodo retributivo, mentre quello riguardante i militari che a detta data avevano maturato almeno 15 anni ma meno di 18 di servizio utile viene calcolato con il sistema “misto”, il difensore ha reclamato l’applicazione dell’art. 54 richiamato ai fini del calcolo della quota retributiva, e quindi il beneficio dell’applicazione dell’aliquota del 44% anziché del 35% come attualmente applicata; ha infine concluso confermando la richiesta di accoglimento del ricorso e, in via istruttoria, ha domandato che venga disposta CTU per il corretto calcolo del trattamento pensionistico spettante al suo assistito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La questione in esame riguarda l’applicabilità, ai fini del calcolo della quota A del trattamento pensionistico spettante al ricorrente, del disposto dell’art. 54, 1° comma, del D.P.R. n. 1092/73, che stabilisce che “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo”.
Premesso che la sopravvivenza di tale norma, applicabile al trattamento di quiescenza dei militari, non è stata posta in dubbio non solo dalle circolari depositate dalla difesa del ricorrente, ma neppure dall’avvocatura dell’INPS, occorre individuare il momento determinante ai fini del calcolo di quota A di pensione secondo il sistema congegnato dal T.U. n. 1092/73, in base al quale il trattamento pensionistico normale diretto viene determinato applicando una aliquota di rendimento alla base pensionabile, diversificata a seconda della categoria di appartenenza del dipendente.
Al proposito, si precisa che durante l’intervallo temporale tra le date di entrata in vigore rispettivamente del D.P.R. n. 1092/73 e della legge n. 335/95, il cui disposto combinato è stato invocato dal ricorrente, era stato introdotto nel sistema pensionistico il concetto di retribuzione media pensionabile per effetto del D. Lgs n. 503 del 30 dicembre 1992, a norma del quale il concetto di “ultimo stipendio”, sul quale si basava il sistema di calcolo retributivo di cui al D.P.R. n. 1092/73, rimaneva ancora valido per stabilire la parte di pensione corrispondente all’anzianità di servizio maturata al 31 dicembre 1992 (quota A), mentre la quota B era rapportata alla media annuale delle retribuzioni per i periodi di servizio intercorsi tra il 31 dicembre 1992 e la data del pensionamento, in modo che la retribuzione rimaneva comunque elemento fondamentale ai fini del relativo calcolo.
In particolare, l’art. 13 del D. Lgs n. 503/92 “ha conservato le vecchie regole per le anzianità di servizio maturate al 31 dicembre 1992, che vanno a formare la cosiddetta quota A (lettera a), calcolata dunque sull'ultimo stipendio e voci pensionabili goduti l'ultimo giorno di servizio. La quota B (lettera b) è espressione dei nuovi criteri per le anzianità acquisite a decorrere dal 01.01.1993. La disposizione ha inoltre previsto che siano tenute ferme, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile, le norme preesistenti” (Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Sardegna, n. 574 dell’11 dicembre 2012).
Successivamente, è entrata in vigore la legge n. 335/95, che, nel disporre che la pensione è determinata con formula contributiva nei confronti dei soggetti in servizio dal 31 gennaio 1996, ha fatto salve le vecchie regole per chi avesse, a tale data, maturato 18 anni di anzianità contributiva (art. 1, comma 13 della L. n. 335/95), ed ha disposto che nei casi riguardanti i lavoratori in possesso di una anzianità contributiva, al 31 dicembre 1995, inferiore ai diciotto anni, come nella fattispecie in esame, si applichi la soluzione mista (art. 1, comma 12 della L. n. 335/95), secondo la quale viene inglobato nel calcolo del trattamento di quiescenza il meccanismo delle quote di pensione A e B come congegnato dal D. Lgs n. 503/1992. Pertanto, per detti soggetti la pensione viene scomposta in tre parti, ovvero la quota A (calcolata considerando l’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992, in base al criterio dell’ultima retribuzione percepita al momento del collocamento in quiescenza), la quota B (calcolata tenendo conto della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore con riferimento ai periodi contributivi maturati dal 31 dicembre 1992 al 31 dicembre 1995) e la quota C (calcolata con il sistema contributivo).
Infatti, il comma 12 del citato art. 1 ha disposto che: “Per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
Pertanto, la quota A di pensione va calcolata in base al criterio dell’ultima retribuzione percepita al momento del collocamento in quiescenza con riferimento all’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992, limite temporale introdotto dal D. Lgs n. 503/1992; l’ulteriore limite del 31 dicembre 1995 segna unicamente il passaggio dal calcolo con il metodo retributivo congegnato dallo stesso dal D. Lgs n. 503/1992 (quote A e B) a quello interamente contributivo (quota C).
Nel caso in esame, nel quale il ricorrente aveva maturato alla data del 31 dicembre 1992 una anzianità inferiore ai 15 anni di servizio, trova quindi effettivamente applicazione ai fini del calcolo della quota A di pensione l’art. 54 del T.U. n. 1092/73 da questi invocato, ma non il primo bensì il suo nono comma, che dispone che “Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”; a sua volta, l’art. 52 richiamato dal precedente art. 54, nono comma, dispone che “L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”.
Come evidenziato dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana con sentenza n. 390 del 1° agosto 2012 “La percentuale di aliquota da applicare, per le anzianità sino al ventesimo anno di servizio maturate entro il 31/12/1992, rimane disciplinata, in via residuale e per il solo personale militare , dall' art. 54, comma 1, del D.P.R. 1092/73. La disposizione prevede che per una anzianità di almeno 15 e non più di 20 anni di servizio spetti il 44% della base pensionabile, come definita dal precedente art. 53 (ultimo stipendio e assegni o indennità pensionabili integralmente percepiti). In sintesi, per l'intero periodo dei venti anni, (sempre fino al 31/12/1992) si applica l'aliquota del 44%, mentre per un periodo inferiore l'aliquota del 44% viene frazionata di 1/20° ovvero al 2,20 annuo (non come preteso, al 3,60%). La correttezza di tale criterio trova conferma nel successivo comma 9 dell'art. 54 citato, il quale dispone che qualora il militare raggiunga il diritto a pensione (per raggiungimento del limite di età) con meno di 15 anni (art. 52) la pensione è pari al 2,20% per ogni anno di servizio utile”.
Pertanto, poiché il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1992, aveva maturato l’anzianità di 12 anni e 11 mesi di servizio, inferiore a quella almeno di quindici anni necessaria, in base al combinato disposto delle norme sopra richiamate, per accedere al trattamento pensionistico richiesto in questa sede, il ricorso in esame non può trovare accoglimento.
In considerazione della novità e complessità delle questioni trattate, sussistono i motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite e per disporre il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.
PER QUESTI MOTIVI
Il Giudice Unico presso la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Trentino – Alto Adige con sede in Trento, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso proposto dal sig. M. C. ed iscritto al n. 4183 del Registro di Segreteria.
Spese compensate.
Dispone il deposito della sentenza nel termine di 60 giorni.
Così deciso in Trento, il giorno 13 dicembre 2017.
Il Giudice Unico
dott.ssa Grazia BACCHI
Ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 21/12/2017
Per il Direttore della Segreteria
Il Funzionario f.f.
Dott. Adriano Rosa
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Ecco alcuni brani:
1) - alla data del 31 dicembre 1995 (ha rappresentato di avere già maturato a detta data una anzianità utile ai fini pensionistici di 16 anni e 6 mesi, così risultando dal sistema di computo che prevede l'attribuzione di un anno utile in più ogni 5 anni effettivi)
2) - Nel caso in esame, nel quale il ricorrente aveva maturato alla data del 31 dicembre 1992 una anzianità inferiore ai 15 anni di servizio,
- ) - trova quindi effettivamente applicazione ai fini del calcolo della quota A di pensione l’art. 54 del T.U. n. 1092/73 da questi invocato,
- ) - ma non il primo bensì il suo nono comma,
- ) - che dispone che “Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”;
- ) - a sua volta, l’art. 52 richiamato dal precedente art. 54, nono comma, dispone che “L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”.
3) - Pertanto, poiché il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1992, aveva maturato l’anzianità di 12 anni e 11 mesi di servizio,
- ) - inferiore a quella almeno di quindici anni necessaria,
- ) - in base al combinato disposto delle norme sopra richiamate, per accedere al trattamento pensionistico richiesto in questa sede, il ricorso in esame non può trovare accoglimento.
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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TRENTINO ALTO ADIGE - TN SENTENZA 52 21/12/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TRENTINO ALTO ADIGE - TN SENTENZA 52 2017 PENSIONI 21/12/2017
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TRENTINO
ALTO ADIGE - SEDE DI TRENTO
nella persona del Consigliere dott.ssa Grazia Bacchi, in funzione di giudice monocratico in materia di ricorsi pensionistici, a norma dell’art. 5, primo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Esaminati gli atti e documenti di causa;
ha pronunciato, nella udienza del giorno 13 dicembre 2017, con l’assistenza del Segretario, dott. Bruno Mazzon, udito l’avv. Giulio Margoni per il ricorrente, non rappresentato l’INPS, la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia di pensioni militari, iscritto al n. 4183 del Registro di segreteria, instaurato dal sig. M. C., nato a Milano il Omissis (cf Omissis) e residente in OMISSIS (TN) via OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianni Margoni e Giulio Margoni ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Trento, Galleria Tirrena 10, avverso l’INPS.
PREMESSO IN FATTO
Con il ricorso in esame il sig. M. C., brigadiere in congedo già dipendente della Legione Carabinieri Trentino Alto Adige - Compagnia di Trento dal 28 luglio 1981, e cessato dal servizio per invalidità per causa di servizio dal 18 settembre 2013, allegando al presente gravame copia del modulo di liquidazione del suo trattamento pensionistico e rappresentando di avere proposto ricorso amministrativo al Comitato di Vigilanza della Gestione Cassa Pensioni Dipendenti dello Stato presso l’INPS con atto depositato in data 11 gennaio 2017, sul quale si sarebbe formato il silenzio rigetto, ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell'art. 54 del DPR 1092 /1973 e delle circolari rispettivamente n.7/53-35-1-1995 dell’11 maggio 1996 della Direzione Amm/ne CC ed INPDAP n. 22 del 18 settembre 2009, sostenendo che il trattamento di quiescenza in godimento sarebbe stato liquidato in difformità da quanto previsto dal citato art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, alla stregua del quale il personale militare che cessa dal servizio con un’anzianità utile per la pensione, alla data del 31 dicembre 1995, compresa tra 15 e 20 anni, ha diritto ad una pensione su base retributiva del 44% della base pensionabile; ha rappresentato di avere già maturato a detta data una anzianità utile ai fini pensionistici di 16 anni e 6 mesi, così risultando dal sistema di computo che prevede l'attribuzione di un anno utile in più ogni 5 anni effettivi, e che l’Istituto previdenziale, con provvedimento di liquidazione n. 17607513 di data 4 giugno 2014, avrebbe calcolato le diverse aliquote pensionabili di cui all'art. 44 del T.U. 1092/73 previste per il personale civile anziché quelle di cui all'art. 54 dello stesso TU per il personale militare .
Elencando quali, a suo avviso, avrebbero dovuto essere i corretti coefficienti di rendimento applicabili al trattamento pensionistico in godimento, il ricorrente ha sostenuto che l’errore di calcolo derivante dalla scorretta applicazione della normativa si ripercuoterebbe su quello della pensione finale, ed ha concluso chiedendo che venga accertato e dichiarato il suo diritto alla percezione del trattamento pensionistico nella corretta misura prevista dalla legge con la conseguente giusta quantificazione, con rideterminazione dell'importo a decorrere dal 19 settembre 2013 e con condanna dell’INPS a corrispondere il conguaglio dovuto per il passato oltre a interessi legali e rivalutazione, ed a disporre la corretta misura per il futuro, con vittoria di spese e competenze di causa.
In via istruttoria, il ricorrente ha chiesto che venga ordinato all'INPS di effettuare il conteggio secondo i parametri corretti o, in subordine, che venga disposta CTU al fine di eseguire il calcolo di pensione secondo i parametri che verranno individuati.
Con comparsa depositata il 1° dicembre 2017 si è costituito in giudizio l’INPS con il patrocinio degli avvocati Carlo Costantino De Pompeis e Marta Odorizzi, negando l’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 54, 1° comma del D.P.R. n. 1092/73 invocato dal ricorrente, in quanto l’anzianità di servizio prevista per la relativa applicabilità non sarebbe stata maturata alla data del 31 dicembre 1992, epoca alla quale l'art 13 del d.lgs 30/12/1992 n. 503 avrebbe fatto riferimento per stabilire il mantenimento della normativa previgente per calcolare l'intera quota A di pensione "retributiva", e l'applicazione della nuova disciplina introdotta dallo stesso decreto per le anzianità contributive successive, ovvero maturate dal 1° gennaio 1993. Poiché al 31 dicembre 1992 il ricorrente vantava una anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal 1° comma dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73 ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 44% da lui reclamata, la fattispecie ricadrebbe sotto il disposto del successivo penultimo comma dello stesso art. 54, che dispone che “per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile". Pertanto la data del 31 dicembre 1995, alla quale si riferisce il ricorrente per rivendicare il diritto all’applicazione dell’art. 54, 1° comma del D.P.R. n. 1092/73, avendo a quell’epoca effettivamente maturato una anzianità di 16 anni e sei mesi, sarebbe irrilevante ai fini che qui occupano, poiché nel caso di specie troverebbe invece applicazione il sistema misto “con le aliquote di rendimento rapportate alle date di "cristallizzazione" delle rispettive quote e quindi alla data del 31/12/1992 per quella "A" retributiva”.
L’’INPS ha, quindi, chiesto il rigetto della domanda in esame, perché infondata.
Con nota depositata l’11 dicembre 2017 l’avvocatura dell’INPS ha comunicato l’impossibilità a partecipare all’udienza di discussione, a causa di concomitanti impegni istituzionali di entrambi gli avvocati costituiti.
Alla odierna udienza l’avv. Giulio Margoni, per il ricorrente, ha depositato note di udienza, illustrandole oralmente; ha rappresentato come sia indubbia l’applicabilità dell’art. 54 del D.P.R. 1092/73 ai dipendenti delle forze armate, mentre determinante è l’individuazione del termine a tali fini, che nel caso in esame andrebbe individuato nel 31 dicembre 1995, ovvero la data di scadenza del calcolo della quota retributiva della pensione. Infatti l’art. 54 del T. U. 1092/73 è stato emanato prima della “riforma Dini” (L. n. 335/95), che ha introdotto i sistemi di calcolo retributivo, contributivo e misto a seconda dell’anzianità di servizio al 31 dicembre 1995; la novella normativa prevede per i dipendenti statali il sistema di calcolo in due quote (A e B); la quota contributiva, calcolata secondo il sistema contributivo, sarebbe quindi applicabile a decorrere dal 1° gennaio 1996. Precisando che ne’ la riforma di cui alla L. n. 335/95, ne’ le norme sopravvenute, hanno modificato il disposto dell’art. 54 del T.U. n. 1092/73, e che il trattamento di quiescenza per i militari che hanno maturato 18 anni di servizio al 31/12/1995 viene calcolato con il metodo retributivo, mentre quello riguardante i militari che a detta data avevano maturato almeno 15 anni ma meno di 18 di servizio utile viene calcolato con il sistema “misto”, il difensore ha reclamato l’applicazione dell’art. 54 richiamato ai fini del calcolo della quota retributiva, e quindi il beneficio dell’applicazione dell’aliquota del 44% anziché del 35% come attualmente applicata; ha infine concluso confermando la richiesta di accoglimento del ricorso e, in via istruttoria, ha domandato che venga disposta CTU per il corretto calcolo del trattamento pensionistico spettante al suo assistito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La questione in esame riguarda l’applicabilità, ai fini del calcolo della quota A del trattamento pensionistico spettante al ricorrente, del disposto dell’art. 54, 1° comma, del D.P.R. n. 1092/73, che stabilisce che “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo”.
Premesso che la sopravvivenza di tale norma, applicabile al trattamento di quiescenza dei militari, non è stata posta in dubbio non solo dalle circolari depositate dalla difesa del ricorrente, ma neppure dall’avvocatura dell’INPS, occorre individuare il momento determinante ai fini del calcolo di quota A di pensione secondo il sistema congegnato dal T.U. n. 1092/73, in base al quale il trattamento pensionistico normale diretto viene determinato applicando una aliquota di rendimento alla base pensionabile, diversificata a seconda della categoria di appartenenza del dipendente.
Al proposito, si precisa che durante l’intervallo temporale tra le date di entrata in vigore rispettivamente del D.P.R. n. 1092/73 e della legge n. 335/95, il cui disposto combinato è stato invocato dal ricorrente, era stato introdotto nel sistema pensionistico il concetto di retribuzione media pensionabile per effetto del D. Lgs n. 503 del 30 dicembre 1992, a norma del quale il concetto di “ultimo stipendio”, sul quale si basava il sistema di calcolo retributivo di cui al D.P.R. n. 1092/73, rimaneva ancora valido per stabilire la parte di pensione corrispondente all’anzianità di servizio maturata al 31 dicembre 1992 (quota A), mentre la quota B era rapportata alla media annuale delle retribuzioni per i periodi di servizio intercorsi tra il 31 dicembre 1992 e la data del pensionamento, in modo che la retribuzione rimaneva comunque elemento fondamentale ai fini del relativo calcolo.
In particolare, l’art. 13 del D. Lgs n. 503/92 “ha conservato le vecchie regole per le anzianità di servizio maturate al 31 dicembre 1992, che vanno a formare la cosiddetta quota A (lettera a), calcolata dunque sull'ultimo stipendio e voci pensionabili goduti l'ultimo giorno di servizio. La quota B (lettera b) è espressione dei nuovi criteri per le anzianità acquisite a decorrere dal 01.01.1993. La disposizione ha inoltre previsto che siano tenute ferme, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile, le norme preesistenti” (Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Sardegna, n. 574 dell’11 dicembre 2012).
Successivamente, è entrata in vigore la legge n. 335/95, che, nel disporre che la pensione è determinata con formula contributiva nei confronti dei soggetti in servizio dal 31 gennaio 1996, ha fatto salve le vecchie regole per chi avesse, a tale data, maturato 18 anni di anzianità contributiva (art. 1, comma 13 della L. n. 335/95), ed ha disposto che nei casi riguardanti i lavoratori in possesso di una anzianità contributiva, al 31 dicembre 1995, inferiore ai diciotto anni, come nella fattispecie in esame, si applichi la soluzione mista (art. 1, comma 12 della L. n. 335/95), secondo la quale viene inglobato nel calcolo del trattamento di quiescenza il meccanismo delle quote di pensione A e B come congegnato dal D. Lgs n. 503/1992. Pertanto, per detti soggetti la pensione viene scomposta in tre parti, ovvero la quota A (calcolata considerando l’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992, in base al criterio dell’ultima retribuzione percepita al momento del collocamento in quiescenza), la quota B (calcolata tenendo conto della media delle retribuzioni percepite dal lavoratore con riferimento ai periodi contributivi maturati dal 31 dicembre 1992 al 31 dicembre 1995) e la quota C (calcolata con il sistema contributivo).
Infatti, il comma 12 del citato art. 1 ha disposto che: “Per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
Pertanto, la quota A di pensione va calcolata in base al criterio dell’ultima retribuzione percepita al momento del collocamento in quiescenza con riferimento all’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992, limite temporale introdotto dal D. Lgs n. 503/1992; l’ulteriore limite del 31 dicembre 1995 segna unicamente il passaggio dal calcolo con il metodo retributivo congegnato dallo stesso dal D. Lgs n. 503/1992 (quote A e B) a quello interamente contributivo (quota C).
Nel caso in esame, nel quale il ricorrente aveva maturato alla data del 31 dicembre 1992 una anzianità inferiore ai 15 anni di servizio, trova quindi effettivamente applicazione ai fini del calcolo della quota A di pensione l’art. 54 del T.U. n. 1092/73 da questi invocato, ma non il primo bensì il suo nono comma, che dispone che “Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52, la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”; a sua volta, l’art. 52 richiamato dal precedente art. 54, nono comma, dispone che “L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”.
Come evidenziato dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana con sentenza n. 390 del 1° agosto 2012 “La percentuale di aliquota da applicare, per le anzianità sino al ventesimo anno di servizio maturate entro il 31/12/1992, rimane disciplinata, in via residuale e per il solo personale militare , dall' art. 54, comma 1, del D.P.R. 1092/73. La disposizione prevede che per una anzianità di almeno 15 e non più di 20 anni di servizio spetti il 44% della base pensionabile, come definita dal precedente art. 53 (ultimo stipendio e assegni o indennità pensionabili integralmente percepiti). In sintesi, per l'intero periodo dei venti anni, (sempre fino al 31/12/1992) si applica l'aliquota del 44%, mentre per un periodo inferiore l'aliquota del 44% viene frazionata di 1/20° ovvero al 2,20 annuo (non come preteso, al 3,60%). La correttezza di tale criterio trova conferma nel successivo comma 9 dell'art. 54 citato, il quale dispone che qualora il militare raggiunga il diritto a pensione (per raggiungimento del limite di età) con meno di 15 anni (art. 52) la pensione è pari al 2,20% per ogni anno di servizio utile”.
Pertanto, poiché il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1992, aveva maturato l’anzianità di 12 anni e 11 mesi di servizio, inferiore a quella almeno di quindici anni necessaria, in base al combinato disposto delle norme sopra richiamate, per accedere al trattamento pensionistico richiesto in questa sede, il ricorso in esame non può trovare accoglimento.
In considerazione della novità e complessità delle questioni trattate, sussistono i motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite e per disporre il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.
PER QUESTI MOTIVI
Il Giudice Unico presso la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Trentino – Alto Adige con sede in Trento, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso proposto dal sig. M. C. ed iscritto al n. 4183 del Registro di Segreteria.
Spese compensate.
Dispone il deposito della sentenza nel termine di 60 giorni.
Così deciso in Trento, il giorno 13 dicembre 2017.
Il Giudice Unico
dott.ssa Grazia BACCHI
Ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 21/12/2017
Per il Direttore della Segreteria
Il Funzionario f.f.
Dott. Adriano Rosa