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Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: lun dic 24, 2012 10:00 pm
da panorama
1) - il ricorrente, agente in prova presso lo SFAP di Aversa, frequentante il 163° corso di formazione Allievo Agente di Polizia Penitenziaria, ha impugnato il provvedimento del Ministero della Giustizia – D.A.P., recante il rigetto dell'istanza avente ad oggetto l'assegnazione presso una sede di servizio compatibile con l'esigenza di prestare assistenza alla nonna disabile, ai sensi della l. 104/92.
2) - Deduce in fatto di avere presentato in data 5 agosto 2011 istanza, ai sensi dell’art. 33, commi 3 e 5 della l. 104/92, così come da ultimo modificata dalla l. 183/2010, per essere prioritariamente assegnato, una volta superato l’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine alla residenza, della nonna disabile, con Lui convivente, dichiarata dalla competente ASL in condizione di grave handicap, ex art. 3 comma 3 L. 104/92, affermando di prestargli assistenza in via esclusiva e continuativa e di essere l’unico parente entro il terzo grado avente la possibilità di prestare assistenza a detto congiunto.
Il Tar Campania di Napoli ha dichiarato:
3) - Nel merito il ricorso va accolto, in considerazione della fondatezza del primo motivo di ricorso, basato sulla violazione dell’art. 33 comma 5 l. 104/94, come modificato dall’art. 24 l. 183/2010 l. 183/2010, da considerarsi di carattere assorbente.
4) - Le conclusioni cui è pervenuta la Sezione sono peraltro avvalorate dalle recentissime pronunce del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, 11 luglio 2012, n. 4106; 24 luglio 2012 n. 4291), che del pari danno rilievo al carattere programmatico della norma di cui all’art. 19 l. 183/2010.
Il resto potete leggerlo qui sotto.
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21/12/2012 201205296 Sentenza 7
N. 05296/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06403/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6403 del 2011, proposto da: C. A.,
rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto insieme al medesimo in Napoli, via S.Brigida, n. 64 presso lo studio M. Persico;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento del 19/10/2011 del Ministero della Giustizia – D.A.P , recante il rigetto dell'istanza avente ad oggetto l'assegnazione presso una sede di servizio compatibile con l'esigenza di prestare assistenza alla nonna disabile ai sensi della l. 104/92
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 la dott. ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 23 novembre 2011 e depositato il successivo 14 dicembre 2011, C. A., agente in prova presso lo SFAP di Aversa, frequentante il 163° corso di formazione Allievo Agente di Polizia Penitenziaria, ha impugnato il provvedimento del 19/10/2011 del Ministero della Giustizia – D.A.P., recante il rigetto dell'istanza avente ad oggetto l'assegnazione presso una sede di servizio compatibile con l'esigenza di prestare assistenza alla nonna disabile, ai sensi della l. 104/92.
2. Deduce in fatto di avere presentato in data 5 agosto 2011 istanza, ai sensi dell’art. 33, commi 3 e 5 della l. 104/92, così come da ultimo modificata dalla l. 183/2010, per essere prioritariamente assegnato, una volta superato l’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine alla residenza, in OMISSIS, della nonna disabile OMISSIS, con Lui convivente, dichiarata dalla competente ASL in condizione di grave handicap, ex art. 3 comma 3 L. 104/92, affermando di prestargli assistenza in via esclusiva e continuativa e di essere l’unico parente entro il terzo grado avente la possibilità di prestare assistenza a detto congiunto.
2. 1 Con il provvedimento oggetto di impugnazione il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha però respinto l’istanza sulla base dell’assunto dell’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile, da intendersi nel senso dell’indisponibilità e non della mera inesistenza soggettiva ed oggettiva di altri parenti ed affini entro il terzo grado a prestare assistenza al disabile.
3. Il ricorrente ha formulato, in unico motivo di ricorso, le seguenti censure avverso l’atto de quo:
1) Violazione della legge n. 104 del 1992; Violazione della legge n. 183/2010; Violazione della legge n. 241/90; Violazione dell’art. 2 della Costituzione che si esplicita, nella specie in altri parametri costituzionali (Artt. 30,31,32,33,34, 35 e ss. riferiti alla famiglia, alla salute, all’istruzione, al lavoro); eccesso di potere per carenza di istruttoria, errore nei presupposti, manifesta ingiustizia, difetto di motivazione, travisamento dei fatti. Violazione delle norme sul giusto procedimento. Illogicità della motivazione. Violazione del principio dell’onus probandi.
Parte ricorrente lamenta la violazione della normativa in rubrica.
Deduce in particolare che l’art. 33 l. 104/92, è stato dalla l. 183/2010, che ha provveduto a sopprimere ai fini della fruizione dei predetti benefici, il requisito dell’attualità, della continuità ed esclusività dell’assistenza prestata, dando preminente rilievo al diritto della persona con grave handicap ad essere assistita dal parente di proprio gradimento.
Pertanto nella prospetta azione attorea il provvedimento gravato - a prescindere dal rilievo che il ricorrente aveva fornito prova di essere il solo in grado di prestare materialmente assistenza alla disabile - sarebbe illegittimo in quanto fondato su un presupposto non più rinvenibile nella legislazione vigente.
In ogni caso, secondo parte ricorrente il provvedimento gravato sarebbe affetto da illegittimità anche in relazione al prospettato difetto di motivazione e di istruttoria, avendo Lui dato prova di essere l’unico parente in grado di prestare assistenza al congiunto disabile e non avendo per contro l’Amministrazione, a fronte delle prove documentali da Lui fornite, dimostrato in modo puntuale e circostanziato come e da chi poteva essere assistita OMISSIS.
4. Si è costituita l’Amministrazione resistente instando per il rigetto del ricorso.
5. Con ordinanza n. 54/2012, resa all’esito di tale udienza camerale, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Collegio ha accolto, ai fini del riesame l’istanza medesima.
6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 8 novembre 2012.
7. Nel merito il ricorso va accolto, in considerazione della fondatezza del primo motivo di ricorso, basato sulla violazione dell’art. 33 comma 5 l. 104/94, come modificato dall’art. 24 l. 183/2010 l. 183/2010, da considerarsi di carattere assorbente.
7.1 L’art. 24 della legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge n. 104 del 1992, eliminando i requisiti della c.d. continuità ed esclusività nell’assistenza, quali necessari presupposti del beneficio.
L’art. 19 della medesima legge (“Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), tuttavia, ha previsto che:
“1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
7.2 In considerazione di tale quadro normativo, si deve mantenere ferma l’opzione ermeneutica prescelta in sede cautelare e confermata di recente da questa Sezione con la sentenza 4222 del 25/10/2012, con cui dandosi atto del contrasto giurisprudenziale sussistente in materia – in quanto mentre T.A.R. Lazio-Roma n. 5590 del 23.6.2011; T.A.R. Sicilia-Catania n. 1999 del 27.7.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 7818 del 7.10.2011, con il conforto, ancorché implicito, di Cons. di Stato sez. III, n. 1293 del 7.3.2012, hanno ritenuto che l’applicazione della nuova disciplina riguardi anche il personale delle Forze di Polizia, invece il Cons. di Stato - sez. IV, diversamente opinando (cfr. sent. n. 2707 del 5.5.2011), ha ritenuto che “la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, <<della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti>>”, successivamente precisando (cfr. sent. n. 66 del 7.10.2011) che “in assenza dei provvedimenti attuativi, non (..può..) che continuare ad applicarsi la disciplina nella previgente formulazione della norma” - ha prescelto l’opzione ermeneutica secondo cui la disciplina attualmente posta dall’art. 33 co. 5 L. 104/1992 (come risultante dalle modifiche apportate ex lege 183/2010) non possa non applicarsi anche ai lavoratori delle Forze di Polizia (comprensiva della Polizia Penitenziaria), quanto meno finché il legislatore non si sia espresso sul punto in modo esplicito e chiaro.
7.3 Ed invero, come osservato nella citata sentenza, le disposizioni d’interesse in questa sede (ovvero quelle di cui all’art. 19 e all’art. 24) risultano con evidenza operare su piani ed in ambiti ben distinti.
La prima disposizione (rubricata come “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) appare meramente programmatica, poiché si limita a stabilire che il legislatore dovrà tenere conto, nei successivi interventi, della specificità dei compiti e delle funzioni esercitate dalle Forze Armate, dalle Forze di Polizia e dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; ma in proposito, ovvero in relazione all’affermata specificità di tali funzioni, non detta alcuna esplicita disposizione finalizzata a far sì che tale affermata specificità possa produrre immediate conseguenze operative.
La seconda disposizione (rubricata “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”), persegue invece, con la norma di cui al co. 1 lett. b), l’immediato obiettivo di modificare il testo dell’art. 33 co. 5 L. 104/1992, così da rendere, mediante l’espunzione del riferimento alla esclusività e continuità dell’assistenza, meno rigidi i presupposti cui è legato il riconoscimento del beneficio ivi previsto (concesso al lavoratore, ma esclusivamente al solo fine di salvaguardare il congiunto in situazione di handicap grave); e tanto fa senza porre, né in modo esplicito né implicito, alcun limite riguardante particolari tipologie di lavoro o categorie di invalidi.
7.4 Ciò anche in considerazione che, diversamente ragionando, volendo desumere un limite di operatività di tale ultima normativa dalla diversa disposizione dell’art. 19 (riguardante i dipendenti delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) - senza che in questa sia presente alcun riferimento, né all’art. 24, né comunque alla materia delle agevolazioni per gli handicappati, ma in via implicita, solo in conseguenza dell’affermata generica specificità del ruolo svolto da tali dipendenti pubblici (e prima della individuazione appunto degli aspetti meritevoli di essere salvaguardati e della loro regolazione in concreto) - significa porre in essere una interpretazione non costituzionalmente orientata del sistema normativo, poiché suscettibile di condurre ad un trattamento ingiustificatamente deteriore per i disabili parenti di dipendenti di personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, o al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
7.5 In considerazione di tali rilievi, la Sezione ha ritenuto che l’unico limite all’attività di trasferimento per assistenza a persona in stato di grave handicap va allora rinvenuto nell’espressione “ove possibile”, tuttora presente nell’attuale formulazione del co. 5 dell’art. 33 L. 104/1992: “è attraverso una opportuna valutazione su tale punto che è allora operabile il necessario bilanciamento tra l’interesse del lavoratore e quello pubblico cui è deputata l’azione dell’amministrazione, e appunto con tale modalità è possibile dare spazio e giuridico rilievo, nelle more dell’adozione di peculiari norme in proposito, alle specificità del ruolo svolto da alcune categorie di dipendenti statali, quali gli appartenenti alle Forze Armate, alle Forze di Polizia e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco”.
7.6 Le conclusioni cui è pervenuta la Sezione sono peraltro avvalorate dalle recentissime pronunce del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, 11 luglio 2012, n. 4106; 24 luglio 2012 n. 4291), che del pari danno rilievo al carattere programmatico della norma di cui all’art. 19 l. 183/2010.
Ed invero la stessa, come osservato nei citati ultimi arresti giurisprudenziali del Consiglio di Stato, detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai princìpi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti.
Nella sua seconda parte, essa rinvia ad altra e successiva fonte, di pari grado, ai fini dell’attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione di carattere programmatico pertanto – anche secondo l’opzione ermeneutica seguita da ultimo dal Consiglio di Stato - non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.
7.7 Né, in tale contesto, la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
7.8 Ad avviso del Consiglio di Stato e come anche ritenuto da questa Sezione nel citato precedente, la considerazione che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
8. In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a giudicare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, finché la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie.
9. In considerazione di tale rilievi, il ricorso va accolto, essendo il provvedimento gravato di diniego dell’assegnazione, quale prima sede di servizio, di quella più vicina alla residenza del familiare disabile, ancorato all’insussistenza nell’ipotesi di specie del presupposto dell’esclusività dell’assistenza, non più richiesto dall’art. 33 l. 104/92, quale modificato dall’art. 24 della legge n. 183/2010, da ritenersi, fino all’emanazione della legislazione attuativa richiamata dal precedente art. 19, applicabile anche al personale delle Forze di Polizia, ivi compresa la Polizia Penitenziaria.
10. Sussistono i presupposti – in relazione alla particolarità delle questioni giuridiche sottese alla presente decisione, alla novità della questione e alla sussistenza di orientamenti giurisprudenziali di segno contrario, solo recentemente risolti a seguito del reviverment del Consiglio di Stato, di cui alle indicate pronunce– per compensare integralmente le spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo ACCOGLIE e per l’effetto annulla l’atto in epigrafe indicato.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Diana Caminiti, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/12/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mer gen 16, 2013 10:36 pm
da panorama
Legge n. 183/2010.
Il Tar Lazio ha precisato:
1) - La nuova disciplina, poi, è immediatamente applicabile alle Forze Armate come statuito da questo Tribunale con la sentenza n. 5581/2011 del 21 giugno 2011.
2) - Deve, invece, essere dichiarata inammissibile, per carenza d’interesse, la domanda di annullamento della circolare n. 0213520-2003 del 16/05/2003 in quanto la stessa, in virtù del principio di gerarchia che caratterizza le fonti del diritto, è da ritenersi tacitamente abrogata nella parte in cui risulta incompatibile con la legge n. 183/2010.
Il resto leggetelo qui sotto.
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15/01/2013 201300327 Sentenza 1Q
N. 00327/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01491/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1491 del 2012, proposto da
D. M. elettivamente domiciliato in Roma, via Alessandro III n. 6 presso lo studio dell’avv. Mangazzo e rappresentato e difeso nel presente giudizio dall’avv. Alessandro Ferone
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio
per l'annullamento
dei seguenti atti:
a) provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 con cui il Ministero della Giustizia ha respinto la richiesta di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal ricorrente;
b) circolare n. 0213520/2003 del 16 maggio 2003;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 05/12/11 e depositato il 23/12/11 M. D. ha impugnato davanti al TAR Campania – Napoli il provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 con cui il Ministero della Giustizia (sulla base della circolare n. 0213520/2003 del 16 maggio 2003, anch’essa gravata) ha respinto la richiesta di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92.
Con ordinanza n. 420/12 del 26/01/12 il TAR Campania – Napoli, ai sensi dell’art. 16 d. lgs. n. 104/10, ha dichiarato l’incompetenza territoriale del predetto Tribunale e la competenza del TAR Lazio – Roma davanti al quale il giudizio è stato riassunto con atto notificato il 24/02/12 e depositato il 29/02/12.
Il Ministero della Giustizia, costituitosi con comparsa depositata il 12/02/12, ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 6 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di quanto in prosieguo specificato.
M. D. impugna il provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 con cui il Ministero della Giustizia (sulla base della circolare n. 0213520/2003 del 16 maggio 2003, anch’essa gravata) ha respinto la richiesta di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal ricorrente.
La domanda di annullamento del provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 è meritevole di accoglimento.
Il provvedimento in esame ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza dei requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza.
Come fondatamente dedotto con la prima censura, per effetto della modifica dell’art. 33 comma 5° l. n. 104/92 operata dalla legge n. 183/2010 (vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato), ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame non sono più necessari i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza in quanto espunti dalla disposizione a seguito della citata modifica legislativa (Cons. Stato sez. III n. 1293/2012; TAR Lazio – Roma n. 8867/12), come confermato dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica.
La nuova disciplina, poi, è immediatamente applicabile alle Forze Armate come statuito da questo Tribunale con la sentenza n. 5581/2011 del 21 giugno 2011.
Per questi motivi la domanda caducatoria avente ad oggetto il provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 è fondata e merita accoglimento con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Deve, invece, essere dichiarata inammissibile, per carenza d’interesse, la domanda di annullamento della circolare n. 0213520-2003 del 16/05/2003 in quanto la stessa, in virtù del principio di gerarchia che caratterizza le fonti del diritto, è da ritenersi tacitamente abrogata nella parte in cui risulta incompatibile con la legge n. 183/2010.
L’accoglimento solo parziale del ricorso giustifica, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/10 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
1) accoglie la domanda caducatoria avente ad oggetto il provvedimento prot. n. GDAP-0334714 del 06/09/11 e, per l’effetto, annulla il provvedimento in esame;
2) dichiara inammissibile la domanda di annullamento della circolare n. 0213520-2003 del 16/05/2003;
3) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: sab gen 26, 2013 9:27 pm
da panorama
Questo è un bel ricorso che a sua volta ha avuto una bella sentenza POSITIVA.
rigetto richiesta di trasferimento ex art. 33, co. 5, l. n. 104/92
Ecco alcuni passaggi interessanti:
1) - Il ricorso introduttivo è stato successivamente integrato da una memoria nella quale il ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie censure, richiamando altresì alcuni recenti pronunce giurisprudenziali.
2) - In prossimità dell’udienza di merito, la difesa di parte ricorrente ha depositato una memoria conclusiva, richiamando in particolare alcune recenti pronunce giurisprudenziali concernenti le questioni dibattute nel presente giudizio.
Il TAR Piemonte precisa:
3) - per effetto delle sopravvenute modifiche legislative, il diritto al trasferimento presso la sede più vicina al domicilio della persona da assistere viene ora riconosciuto al lavoratore che assista una persona con handicap in situazione di gravità, anche nel caso in cui difettino i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza.
4) - tuttavia, il Consiglio di Stato è intervenuto nuovamente sulla questione di diritto qui in esame, capovolgendo il proprio precedente orientamento: si tratta, allo stato, delle sentenze 9 luglio 2012 n. 4047, 30 luglio 2012 n. 4291 e 18 ottobre 2012 n. 5378.
5) - Nelle predette pronunce il Consiglio di Stato, dopo aver ribadito l’assunto secondo cui a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n. 183, i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza al familiare disabile non sono più necessari affinché i lavoratori possano ottenere il trasferimento ex art. 33, co. 5 L. 5 febbraio 1992 n. 104, ha aggiunto che l’art. 24 della legge n. 183/2010, soppressivo dei cennati requisiti, è da ritenere immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, a ciò non ostando l’art. 19 della legge stessa.
6) - La Sezione condivide tali considerazioni, che peraltro, come detto, erano già state fatte proprie da questo Tribunale prima che il giudice di appello, riformando nel merito alcune decisioni cautelari della Sezione, non inducesse la Sezione a modificare il proprio indirizzo.
7) - Alla stregua di quanto esposto, i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza non possono più essere pretesi dall’amministrazione ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 L. 104/1992 al personale delle Forze Armate e di Polizia.
Per comprendere bene le motivazioni vi rimando ad una lettura integrale della sentenza qui sotto.
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25/01/2013 201300105 Sentenza 1
N. 00105/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00570/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 570 del 2012, proposto da:
M. M., rappresentato e difeso dall'avv. Gianluigi Manelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mauro Milan in Torino, via Buozzi, 3;
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
- della nota n. gdap - 0413199-2011 del 02.11.2011, notificata in data 24.01.2012, con cui il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Direzione generale del personale e della formazione ha rigettato la richiesta di trasferimento ex art. 33, co. 5, l. n. 104/92 presentata dal ricorrente in data 28 settembre 2011;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso in riassunzione notificato in data 16.05 - 23.05.2012 e depositato il 30.05.2012 (a seguito di declinatoria di competenza del TAR Lazio sede di Roma, pronunciata con ordinanza n. 4064/12 del 07.05.2012), il signor M. M., agente di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di OMISSIS, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con cui il Ministero della Giustizia ha respinto la sua istanza del 28.09.2011 di trasferimento ex art. 33 L. 104/1992 presso la Casa Circondariale di Lecce, o, alternativamente, presso quella di Brindisi, motivata dalla necessità di assistere l’anziano padre residente in OMISSIS ( XX ) e affetto da grave disabilità certificata dall’ASL.
2. Il diniego è stato adottato sul rilievo che difetterebbero, nel caso di specie, i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza richiesti dalla normativa di settore ai fini della concedibilità del beneficio richiesto.
3. Attraverso due motivi di ricorso, il ricorrente ha lamentato:
I) “Violazione e falsa applicazione dei principi e delle regole disciplinanti la sussistenza dei requisiti per la concessione dei benefici di cui alla L. n. 104/92. Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 co. 5 L. 104/92 e s.m.i.. Perplessità e contraddittorietà con precedenti provvedimenti dell’Amministrazione.
Violazione e falsa applicazione dei principi e delle regole disciplinati dalla L. n. 183/10”: il provvedimento impugnato è illegittimo in quanto i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza non sono più richiesti dalla normativa di settore ai fini della concessione del trasferimento richiesto, dopo che l’art. 33 comma 5 della l. n. 104/1992 è stato modificato dall’art. 24 comma 1 lett. b) della L. 4 novembre 2010, n. 183; tale normativa sopravvenuta è applicabile ratione temporis all’istanza del ricorrente, presentata in data 28.09.2011; l’unico limite attualmente esistente alla concessione del trasferimento attiene al necessario bilanciamento di interessi che l’Amministrazione è chiamata a compiere tra l’interesse privato del soggetto tutelato dalla norma (il soggetto con disabilità grave) a ricevere la necessaria assistenza e l’interesse pubblico al buon funzionamento dell’Amministrazione della Giustizia, ma tale bilanciamento di interessi non viene in rilievo nel provvedimento impugnato e comunque è stato già effettuato dell’Amministrazione all’atto di concedere al ricorrente, in questi ultimi anni, i benefici previsti dall’art. 33 comma 3 L. 104/92 (tre giorni di permesso mensile) e dall’art. 42 comma 5 D. Lgs. 151/01 (congedo biennale parentale), tutti concessi al fine di consentire al ricorrente assistere il proprio genitore; la giurisprudenza che ritiene inapplicabile al personale di Polizia la novella legislativa di cui alla L. n. 183/2010 (in specie, sentenza Cons. Stato n. 2707/2011) non è condivisibile perché da un lato presuppone una forzatura interpretativa della norma in questione e dall’altro determina una grave disparità di trattamento tra i soggetti tutelati dall’art. 33 comma 5, cioè i soggetti affetti da grave disabilità; il provvedimento impugnato è inoltre illogico e contraddittorio perché si pone in inspiegabile contrasto con i permessi e i congedi già riconosciuti allo stesso ricorrente con la stessa causale, con i quali l’amministrazione ha già implicitamente riconosciuto la sussistenza dei presupposti per la concedibilità del trasferimento;
II) “Difetto di motivazione. Violazione dell’art. 3 L. 241/90. Travisamento dei fatti. Violazione degli artt. 2, 29 e 38 Cost.. Illogicità manifesta. Eccesso di potere per violazione dei presupposti di fatto”: il provvedimento è comunque illegittimo perché nel caso di specie sussistevano, e sussistono tuttora, entrambi i requisiti della “continuità” e della “esclusività”; quanto al primo, è attestato che la stato di disabilità del padre è stato accertato nell’anno 2004, e quindi da un’epoca che, benchè successiva alla data di assegnazione del ricorrente alla sede di OMISSIS (2001), è comunque antecedente a quella di presentazione dell’istanza di trasferimento (2011); del resto la stessa Amministrazione è consapevole dell’assistenza prestata dal ricorrente al proprio genitore, tanto da avergli ripetutamente concesso a tal fine, in questi ultimi tre anni, numerosi permessi e congedi; quanto al secondo requisito, il ricorrente ha documentato in sede procedimentale, producendo lo stato di famiglia, di essere l’unico figlio convivente col padre (quest’ultimo separato legalmente dalla moglie – peraltro affetta anch’essa da grave disabilità – sin dal maggio 2005).
4. Il ricorso introduttivo è stato successivamente integrato da una memoria nella quale il ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie censure, richiamando altresì alcuni recenti pronunce giurisprudenziali.
5. Si è costituito il Ministero della Giustizia con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, depositando alcuni documenti, una memoria difensiva e un’articolata relazione del competente ufficio ministeriale, resistendo al gravame con diffuse argomentazioni.
In particolare, il Ministero:
- ha ribadito l’assenza dei requisiti della continuità e della esclusività (sottolineando, con specifico riferimento a quest’ultimo, che il ricorrente in sede procedimentale avrebbe prodotto documentazione “lacunosa”, non in linea con quanto richiesto dalla circolare dell’amministrazione del 18 maggio 2003, n. 3582/6032;
- ha sostenuto che la novella legislativa di cui alla L. 183/2010 non si applica al personale delle Forze di Polizia in attesa che venga introdotta per tale settore la specifica regolamentazione cui fa riferimento l’art. 19 di tale legge (e come affermato anche da una parte della giurisprudenza amministrativa, tra cui questo stesso Tribunale);
- che la concessione al ricorrente dei permessi mensili e dei congedi biennali non è contraddittoria rispetto al diniego di trasferimento, dal momento che quest’ultimo “è in grado di produrre effetti ben più destabilizzanti sull’efficiente organizzazione dei servizi penitenziari nell’istituto depauperato dell’unità trasferita”, dal che “deriva la necessità di effettuare una istruttoria particolarmente attenta e scrupolosa sulla ricorrenza dei presupposti per la concessione del trasferimento richiesto”.
6. Il ricorrente ha replicato depositando una nuova memoria.
7. Con ordinanza n. 372/12 del 15 giugno 2012 la Sezione, ritenendo il ricorso assistitito da profili di fumus boni iuiris, ha valutato che le esigenze di parte ricorrente potessero essere meglio soddisfatte con la sollecita definizione del merito, ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a., fissando contestualmente l’udienza pubblica di discussione per il giorno 22 novembre 2012 (successivamente rinviata d’ufficio al 6 dicembre 2012).
8. In prossimità dell’udienza di merito, la difesa di parte ricorrente ha depositato una memoria conclusiva, richiamando in particolare alcune recenti pronunce giurisprudenziali concernenti le questioni dibattute nel presente giudizio.
9. All’udienza pubblica del 6 dicembre 2012, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto, nei termini qui di seguito precisati.
2. Il diniego impugnato si fonda sull’asserita carenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza prestata dal ricorrente al genitore disabile.
3. In effetti, il testo originario dell’art. 33 comma 5 della L. 5 febbraio 1992 n. 104 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) disponeva che “Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso in altra sede”.
Detta norma era stata modificata successivamente dall’art. 19 della L. 8 marzo 2000 n. 53, in particolare con la soppressione dell’inciso “con lui convivente”. Nel contempo, l’art. 20 della stessa L. 53/2000 aveva previsto che “Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano […] ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”.
3.1. Sulla scorta di tali disposizioni si era consolidato in giurisprudenza l’indirizzo interpretativo secondo cui erano ritenuti essenziali per poter conseguire il trasferimento ex art. 33 L. 104/92:
- la “continuità” dell’assistenza, intesa come assistenza già in atto al momento della domanda, essendo per contro inammissibile una domanda di trasferimento tesa a costituire per la prima volta il rapporto di convivenza con il disabile;
- l’”esclusività” dell’assistenza, intesa come mancanza o indisponibilità di altri soggetti, conviventi o comunque abitanti nel comune di residenza della persona bisognosa, tenuti in virtù di legge o di provvedimento a prestarle la necessaria assistenza;
- l’effettiva possibilità di soddisfare tale richiesta (“ove possibile”), in relazione alle esigenze organizzative ed operative dell'Amministrazione di appartenenza.
3.2. Successivamente, però, l’art. 33 della L. 104/1992 è stato modificato dall’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n. 183, il quale ha sostituito, in particolare, il comma 3 (permessi mensili retribuiti) e il comma 5 (scelta della sede) dell’art. 33 L. 104/92 e ha abrogato in parte qua l’art. 20 della L. 53/2000 dalla parola “nonché” alla parola “non convivente”.
Nell’attuale formulazione, risultante anche dalle ulteriori modifiche introdotte dall'art. 6, comma 1, lett. a), D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119), l’art. 33 L. 104/1992 così recita:
- al comma 3: “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”;
- al comma 5: “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
3.3. In sostanza, per effetto delle sopravvenute modifiche legislative, il diritto al trasferimento presso la sede più vicina al domicilio della persona da assistere viene ora riconosciuto al lavoratore che assista una persona con handicap in situazione di gravità, anche nel caso in cui difettino i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza.
3.4. Peraltro, secondo una prima esegesi della norma patrocinata dal Consiglio di Stato, la predetta novella legislativa è stata ritenuta inapplicabile al personale delle Forze Armate e di Polizia, sul presupposto che le nuove disposizioni, in forza di quanto previsto dall’art. 19 della predetta L. 183/2010, richiedessero, per poter essere applicate agli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia, l’adozione di successivi provvedimenti legislativi (Cons. St., sez. IV, 5 maggio 2011, n. 2707; Sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 66).
3.5. Nello stesso senso si è pronunciato di recente anche questo Tribunale (TAR Piemonte, sez. I, 4 aprile 2012, n. 427 e 28 giugno 2012, n 769), uniformandosi ai principi enunciati dal Consiglio di Stato, dopo che quest’ultimo aveva riformato alcune pronunce cautelari della Sezione di orientamento opposto (cfr. ord. caut. n. 586/11), con motivazioni di principio estese anche al merito delle controversie.
3.6. Più di recente, tuttavia, il Consiglio di Stato è intervenuto nuovamente sulla questione di diritto qui in esame, capovolgendo il proprio precedente orientamento: si tratta, allo stato, delle sentenze 9 luglio 2012 n. 4047, 30 luglio 2012 n. 4291 e 18 ottobre 2012 n. 5378.
Nelle predette pronunce il Consiglio di Stato, dopo aver ribadito l’assunto secondo cui a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n. 183, i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza al familiare disabile non sono più necessari affinché i lavoratori possano ottenere il trasferimento ex art. 33, co. 5 L. 5 febbraio 1992 n. 104, ha aggiunto che l’art. 24 della legge n. 183/2010, soppressivo dei cennati requisiti, è da ritenere immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, a ciò non ostando l’art. 19 della legge stessa.
A sostegno di tale conclusione, il giudice di appello ha osservato che la formulazione contenuta nella seconda parte del citato art. 19, che manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti, “non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate [e di Polizia], tutta la disciplina previgente, ivi compresi i benefici della legge nr. 104 del 1992, in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte: essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni: sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco” (sent. 4047/2012 cit.).
3.7. La Sezione condivide tali considerazioni, che peraltro, come detto, erano già state fatte proprie da questo Tribunale prima che il giudice di appello, riformando nel merito alcune decisioni cautelari della Sezione, non inducesse la Sezione a modificare il proprio indirizzo.
3.8. Alla stregua di quanto esposto, i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza non possono più essere pretesi dall’amministrazione ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 L. 104/1992 al personale delle Forze Armate e di Polizia.
3.9. Restano ferme, però, due esigenze:
- quella di valutare che il trasferimento sia “possibile” in relazione alle esigenze organizzative ed operative dell'Amministrazione di appartenenza;
- quella di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi, accertando in concreto l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile (Cons. Stato, sez. III, ordinanza 27 ottobre 2012 n. 4300; TAR Piemonte, sez. I, ordinanza 23 novembre 2012 n. 624).
4. Alla luce di tali considerazioni, il provvedimento impugnato appare illegittimo e va annullato, dal momento che esso:
- ha ritenuto ostativa alla concessione del trasferimento l’assenza dei requisiti della “continuità” e dell’”esclusività” dell’assistenza, in contrasto con i disposti della novella legislativa di cui all’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n. 183, immediatamente applicabili al personale di polizia penitenziaria;
- non ha svolto o comunque esternato alcuna valutazione sull’esistenza di eventuali ragioni organizzative o operative interne dell’amministrazione di appartenenza tali da prevalere sull’interesse privato del familiare disabile a ricevere la dovuta assistenza;
- ha svolto considerazioni del tutto generiche e apodittiche sull’asserita assenza del carattere di necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza al parente disabile, considerazioni non ancorate ad alcun dato istruttorio e contrastanti rispetto agli elementi documentati dall’interessato sia in sede procedimentale che nel presente giudizio.
5. Le argomentazioni svolte dal Ministero resistente nella relazione datata 23 aprile 2012 depositata in giudizio in data 7 giugno 2012 (secondo cui il ricorrente non avrebbe adempiuto agli incombenti probatori richiesti da una circolare ministeriale del 2003) non possono essere prese in considerazione perché nuove e diverse da quelle svolte nella motivazione dell’atto impugnato, dovendo riaffermarsi il principio secondo cui è inammissibile l'integrazione postuma della motivazione di un atto amministrativo mediante gli atti difensivi predisposti dall'Amministrazione resistente, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento amministrativo e dell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario (T.A.R. Torino Piemonte sez. I, 04 novembre 2011, n. 1161).
6. Il ricorso va pertanto accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato e la condanna della P.A. a rideterminarsi sull’istanza del ricorrente sulla scorta dei principi enunciati in motivazione.
7. Le spese di lite possono essere interamente compensate tra le parti attesa la complessità delle questioni esaminate e la non univocità degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza sul tema specifico oggetto del contendere.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato, ai sensi e per gli effetti indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/01/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mar mar 26, 2013 10:30 pm
da panorama
rigetto istanza di trasferimento ai sensi della L. 104/92.
1) - Circolare del DAP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito.
Il TAR LAZIO precisa:
2) - Il Tribunale rileva infatti che in tal senso milita il più recentemente orientamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, n. 1293 del 2012), e la stessa, costante, giurisprudenza della Sezione.
3) - Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della esclusività assistenziale oramai abrogato ex lege.
Il resto leggetelo qui sotto.
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25/03/2013 201303021 Sentenza Breve 1Q
N. 03021/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01982/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1982 del 2013, proposto da:
V. C., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota DGAP-0436269-2012 del 6.12.2012 del Ministero della Giustizia - D.A.P.- di rigetto istanza di trasferimento ai sensi della L. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, agente di polizia penitenziaria presso la casa circondariale di Ferrara, impugna il provvedimento dell’ 8 settembre 2012, con cui l’amministrazione ne ha rigettato la domanda di trasferimento in Puglia, formulata ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992.
La causa può essere decisa con sentenza in forma semplificata, all’esito della fase cautelare.
Il ricorrente ha fondato l’istanza di trasferimento sulla necessità di prestare assistenza alla suocera disabile, che risiede in prossimità della sede richiesta.
L’atto impugnato basa il rigetto della domanda su di un solo elemento, ovvero il difetto del requisito della esclusività assistenziale, posto che l’art. 33 non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe venire svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.
Sotto tale profilo, esso è applicativo della circolare del DAP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito, a propria volta impugnata.
Con un principale motivo di ricorso, viene dedotto che la esclusività assistenziale ha cessato di essere elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 33 a seguito della novella introdotta con l’art. 24 della l. n. 183 del 2010.
In via preliminare, va osservato che viene impugnata la circolare di cui sopra, di cui il provvedimento di rigetto è applicativo, ciò che radica la competenza territoriale presso il Tar del Lazio.
Nel merito, il Tribunale osserva che la giurisprudenza amministrativa, nel vigore del testo originario dell’art. 33, comma, 5, della l. n. 104 del 1992 aveva desunto che il trasferimento fosse consentito solo in caso di continuità ed esclusività della prestazione.
Tuttavia, tale conclusione è del tutto superata dall’art. 24, comma 1, lett. b) della l. n. 183 del 2010, applicabile ratione temporis alla fattispecie, con cui il requisito della continuità ed esclusività deve ritenersi abrogato, senza eccezione alcuna.
Il Tribunale rileva infatti che in tal senso milita il più recentemente orientamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, n. 1293 del 2012), e la stessa, costante, giurisprudenza della Sezione.
Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della esclusività assistenziale oramai abrogato ex lege.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Annulla gli atti impugnati.
Condanna l’Amministrazione a rifondere le spese, che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: gio mag 02, 2013 4:32 pm
da panorama
Questa è una bella sentenza del Consiglio di Stato che ha rigettato l'Appello del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.
Infatti ha precisato un particolare elemento importante:
1) - Dopo alcune oscillazioni interpretative, il Consiglio di Stato, a seguito di una più approfondita riflessione, è ormai costante nell’affermare che, dall’esame del sistema normativo, non emergono ragioni sufficienti a giustificare l’inoperatività relativa dell’art. 24 nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione a esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco. In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047; 11 luglio 2012, n. 4106; 30 luglio 2012, n. 4291; 19 febbraio 2013, n. 1005).
Il resto lo potete ricavare da soli nel sito del Consiglio di Stato.
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18/04/2013 201302162 Sentenza 4
N. 02162/2013REG.PROV.COLL.
N. 07812/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7812 del 2011, proposto da:
Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
*********, rappresentato e difeso dall'avv. *********;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.A.R. Lazio – Sede di Roma – Sezione I quater n. 6736 del 28 luglio 2011, resa tra le parti, recante annullamento del provvedimento di rigetto di istanza dell’appellato, dipendente pubblico appartenente alla polizia penitenziaria, volta a ottenere il trasferimento di sede dalla casa di reclusione di Opera (Mi) alle case di reclusione di Vibo Valenzia o Locri o Catanzaro, per assistenza di parente entro il secondo grado (nonna) in situazione di handicap grave, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992
OMISSIS
L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare la domanda del signor *********e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.
Le oscillazioni della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2013
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mer mag 08, 2013 10:39 pm
da panorama
per l'ottemperanza
della sentenza n. 8868/12 Tar Lazio sez. 1^ quater, notificata in data 22.11.2012, previa declaratoria di nullità del provvedimento notificato in data 30.1.2013 con il quale veniva ribadito il diniego dell’istanza e del pregresso provvedimento notificato in data 20.12.2012.
Considerato che l’originario provvedimento di diniego, oggetto dell’annullamento giurisdizionale, era motivato in relazione all’asserita mancanza dei prescritti requisiti della continuità e dell’esclusività nell’assistenza al congiunto disabile.
Considerato che , con provvedimento adottato ex art. 10 bis della legge 241/90, notificato in data 20.12.2012, e con successiva determinazione finale, adottata in esecuzione del giudicato, e notificata in data 30.1.2013, l’amministrazione intimata ha inteso ribadire il diniego dell’istanza di trasferimento, sempre in ragione dell’asserita mancata allegazione dei requisiti dell’esclusività e continuità dell’assistenza al congiunto disabile da parte dell’odierno ricorrente, sia pure con formula motivazionale apparentemente riarticolata e previo richiamo alla medesima circolare n. 0213520-2003 del 16.5.2003.
Ricorso ACCOLTO nonostante l'Amministrazione D.A.P. faccia la dura.
Il resto leggetelo qui sotto.
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08/05/2013 201304581 Sentenza 1Q
N. 04581/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01522/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1522 del 2013, proposto da:
V. M., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fabrizio Casella, con domicilio eletto presso Maria Immacolata Amoroso in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'ottemperanza
della sentenza n. 8868/12 Tar Lazio sez. 1^ quater, notificata in data 22.11.2012, previa declaratoria di nullità del provvedimento notificato in data 30.1.2013 con il quale veniva ribadito il diniego dell’istanza e del pregresso provvedimento notificato in data 20.12.2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Premesso che con la sentenza citata in epigrafe questa Sezione aveva disposto l’annullamento del provvedimento con cui l’amministrazione intimata aveva rigettato l’istanza di trasferimento presentata dal ricorrente ex art. 33 comma 5 della legge 104/92, con conseguente onere dell’amministrazione di riprovvedere sull’istanza;
Considerato che la sentenza è passata in giudicato, come da attestazione in atti;
Considerato che l’originario provvedimento di diniego, oggetto dell’annullamento giurisdizionale, era motivato in relazione all’asserita mancanza dei prescritti requisiti della continuità e dell’esclusività nell’assistenza al congiunto disabile; e che con la sentenza sopra menzionata il Tribunale ha ritenuto illegittimo il provvedimento gravato in ragione dell’intervenuta modifica della disposizione normativa menzionata, ad opera della legge n. 183/2010, con espunzione dalla fattispecie dei requisiti della continuità ed esclusività dell’assistenza;
Considerato che , con provvedimento adottato ex art. 10 bis della legge 241/90, notificato in data 20.12.2012, e con successiva determinazione finale, adottata in esecuzione del giudicato, e notificata in data 30.1.2013, l’amministrazione intimata ha inteso ribadire il diniego dell’istanza di trasferimento, sempre in ragione dell’asserita mancata allegazione dei requisiti dell’esclusività e continuità dell’assistenza al congiunto disabile da parte dell’odierno ricorrente, sia pure con formula motivazionale apparentemente riarticolata e previo richiamo alla medesima circolare n. 0213520-2003 del 16.5.2003 ( che disciplinava proprio i predetti requisiti ai fini dei trasferimenti ex art. 33 cit. in epoca antecedente alle modifiche introdotte con la legge n. 183/2010);
Ritenuto che le richiamate determinazioni sono in evidente violazione del giudicato formatosi sulla sentenza indicata in epigrafe , e vanno dichiarati nulli ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. b) c.p.a.;
Ritenuto che l’Amministrazione non ha provveduto ad adottare i necessari atti esecutivi, di accoglimento dell’istanza o di diniego per ragioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle indicate nel provvedimento annullato;
Ritenuto, quindi, che il ricorso è fondato e che, conseguentemente, va ordinato all’Amministrazione intimata di provvedere all’esecuzione, con riesame dell’istanza prodotta dall’odierno ricorrente, entro il termine di giorni trenta dalla data di notificazione o comunicazione della presente decisione, con avvertimento che, in difetto di esecuzione, si provvederà in via sostitutiva ;
Ritenuto , per detta ultima ipotesi, di dovere nominare fin da ora Commissario ad acta lo stesso Direttore della Direzione Generale del Personale e della Formazione del DAP , affinchè provveda all’esecuzione del giudicato entro i successivi trenta giorni;
Ritenuto che le spese del giudizio di ottemperanza vanno poste a carico dell’Amministrazione resistente e vanno liquidate in euro 1500,00 (millecinquecento euro), oltre gli accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, ordina all’Amministrazione intimata di provvedere all’esecuzione della sentenza entro il termine sopra indicato; nomina Commissario ad acta, per l’ipotesi di persistente inadempienza, lo stesso Direttore della Direzione Generale del Personale e della Formazione del DAP, affinchè provveda all’esecuzione del giudicato entro i successivi trenta giorni.
Condanna l’Amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio che liquida come in parte motiva.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Maria Ada Russo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: lun set 30, 2013 12:57 pm
da panorama
Il TAR Lazio sembra che faccia marcia indietro (sembra che hanno trovato l'antidoto per negare i trasferimenti per il personale PolPen).
1) - circolare del 28 dicembre 2012.
2) - Il provvedimento di diniego è motivato in relazione alla carenza di copertura dei posti nel ruolo organico di appartenenza presso la sede di provenienza.
3) - l’amministrazione ha tenuto conto della pianta organica del 6 dicembre 2001 , senza considerare la situazione effettiva all’attualità.
4) - il diniego è stato in base alla determinazione delle Piante Organiche della Polizia Giudiziaria, effettuate con D.M. 8 febbraio 2001 per le singole regioni e poi, nell'ambito regionale, per ciascun istituto penitenziario, tenendo conto dei carichi di lavoro scaturenti dalla consistenza numerica della popolazione penitenziaria.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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27/09/2013 201308479 Sentenza Breve 1Q
N. 08479/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07957/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7957 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Paolini, Giovanni Rosati, con domicilio eletto presso Angela Rossi in Roma, via Santa Costanza, 35;
contro
Ministero Della Giustizia, Dipartimento Dell'Amministrazione Penitenziaria, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento di rigetto GDAP …..-2013 del Ministero della Giustizia del 7.5.2013 con il quale è stata rigettata l'istanza per il trasferimento presso la C.C. di Avezzano, in applicazione dell'art. 33, comma 5 della legge 104/92; della circolare del 28 dicembre 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento impugnato è stata denegata la richiesta del ricorrente, agente della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Parma, di essere trasferito ex art. 33 comma 5 della legge 104/92 presso la sede di Avezzano.
Il provvedimento è motivato in relazione alla carenza di copertura dei posti nel ruolo organico di appartenenza presso la sede di provenienza.
Con il ricorso si lamenta la violazione degli artt. 5 e 33 commi 3 e 5 della legge 104/92, nonché i vizi di eccesso di potere , difetto di istruttoria e motivazione.
Assume in particolare il ricorrente che il provvedimento è illegittimo per avere l’amministrazione tenuto conto della pianta organica del 6 dicembre 2001 , senza considerare la situazione effettiva all’attualità.
Il ricorso è infondato alla stregua di consolidato orientamento anche della Sezione, e può pertanto essere definito con sentenza in forma semplificata.
Il provvedimento impugnato è stato adottato in conformità alla disciplina contenuta nell'invocato art. 33, c. 5 L. n. 104/1992 ove è prevista la mera possibilità e non la necessità di accogliere le istanze di trasferimento proposte dal dipendente anche per esigenze di assistenza familiare, sulla scorta di una esauriente istruttoria condotta sulla base della determinazione delle Piante Organiche della Polizia Giudiziaria, effettuate con D.M. 8 febbraio 2001 per le singole regioni e poi, nell'ambito regionale, per ciascun istituto penitenziario, tenendo conto dei carichi di lavoro scaturenti dalla consistenza numerica della popolazione penitenziaria.
Il Collegio non ritiene che le prospettazioni difensive del ricorrente possano trovare accoglimento, in quanto è il legislatore che - attraverso l'inciso "ove possibile”, contenuto nell'art. 33 L. n. 104/92 - subordina i relativi trasferimenti ad esigenze organizzatorie dell'Amministrazione; esigenze identificabili con il buon andamento del servizio e tali da escludere l'insufficienza di una motivazione che, nel contesto sopra sintetizzato, appare comprensibile e conforme ai presupposti normativi.
Per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 24 L. 4 novembre 2010 n. 183 - col quale il Legislatore ha rimosso dal testo originario dell'art. 33 comma 3 L. 5 febbraio 1992 n. 104 il riferimento alla necessità che l'assistenza al parente con disabilità sia esclusiva e continuativa - il trasferimento in sede prossima che può ottenere il dipendente può essere legittimamente negato non solo per circostanze oggettivamente impeditive (come la mancanza del posto in organico) ma anche per valutazioni discrezionali o di opportunità, laddove le stesse facciano emergere specifici interessi, da farsi constare con adeguato supporto motivazionale, eventualmente preponderanti rispetto alla garanzia dell'attività assistenziale cui è finalizzato il trasferimento.
Più in generale la disciplina di cui all'art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992, al di là del dato terminologico, non configura in realtà un vero diritto soggettivo di precedenza nei trasferimenti del lavoratore che assiste con effettiva continuità un parente handicappato, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio ove possibile, cioè compatibilmente con le necessità e le realtà obiettive organizzative ed operative della P.A." (ex pluribus, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 8527 del 03-12-2010 e n. 4324 del 06-07-2009; Tar Molise, Campobasso, sez. I, 2 dicembre 2011).
Ne consegue che il provvedimento impugnato è correttamente ed adeguatamente motivato in relazione possibile seria compromissione del servizio stesso nel caso di spostamento da sede (casa circondariale di Parma) in cui gli organici risultano carenti. La sussistenza di carenze di organico nelle sedi ambite dal ricorrente non costituisce ex se circostanza determinante al fine dell'accoglimento della richiesta di trasferimento del dipendente, quando, come nel caso di specie e come prima richiamato, lo stesso proviene da sede carente. L'Amministrazione nel rispetto delle regole di imparzialità e di buona amministrazione costituzionalmente garantite, può in questi casi, valutate le esigenze di carattere personale, come garantite dalle norme vigenti in tema di assistenza parentale ai disabili, e comparate le stesse con le prevalenti esigenze di servizio, effettuare (come di fatto è successo nel caso di specie) temporanei distacchi nella pure carente sede ambita, senza compromettere la stabilità dell'organico della sede cedente nella quale il dipendente può sempre essere chiamato a rientrare.
Ne consegue l’inammissibilità delle ulteriori censure rivolte avverso la circolare.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Nulla per le spese, considerata la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Antonella Mangia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: lun set 30, 2013 1:12 pm
da panorama
Eccone un altro negativo ma alla fine con le stesse motivazioni (copia e incolla).
1) - circolare DAP n. 0457451-2012 del 28.12.2012 relativamente al punto § 14) in cui prevede il termine di sessanta giorni per la conclusione del procedimento;
- ) - al punto § 20 in cui pone il termine annuale per reiterare l'istanza di trasferimento.
2) - Il provvedimento è motivato in relazione alla mancanza di posti disponibili nel ruolo organico di appartenenza presso la sede richiesta.
3) - Con il ricorso si lamenta la violazione dell’art. 10 bis della legge 241/90 e degli artt. 5 e 33 commi 3 e 5 della legge 104/92 (omissis)
4) - Assume in particolare il ricorrente che il provvedimento è illegittimo per avere l’amministrazione tenuto conto della pianta organica del 6 dicembre 2001 , senza considerare la situazione effettiva all’attualità.
IL TAR Lazio precisa:
5) - Il Collegio non ritiene che le prospettazioni difensive del ricorrente possano trovare accoglimento, in quanto è il legislatore che - attraverso l'inciso "ove possibile”, contenuto nell'art. 33 L. n. 104/92 - subordina i relativi trasferimenti ad esigenze organizzatorie dell'Amministrazione; esigenze identificabili con il buon andamento del servizio e tali da escludere l'insufficienza di una motivazione che, nel contesto sopra sintetizzato, appare comprensibile e conforme ai presupposti normativi.
6) - Più in generale la disciplina di cui all'art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992, al di là del dato terminologico, non configura in realtà un vero diritto soggettivo di precedenza nei trasferimenti del lavoratore che assiste con effettiva continuità un parente handicappato, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio ove possibile, cioè compatibilmente con le necessità e le realtà obiettive organizzative ed operative della P.A." (ex pluribus, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 8527 del 03-12-2010 e n. 4324 del 06-07-2009; Tar Molise, Campobasso, sez. I, 2 dicembre 2011).
7) - Infondata è anche la censura relativa alla violazione dell’art. 10 bis L. 241/90, visto che gli argomenti dedotti non sarebbero stati tali da implicare una diversa determinazione dell’amministrazione procedente.
Per completezza dei fatti/motivi del rigetto leggete il tutto qui sotto.
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27/09/2013 201308478 Sentenza Breve 1Q
N. 08478/2013 REG.PROV.COLL.
N. 08065/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8065 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Trimarco, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero Della Giustizia - Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento G-DAP- …….-2013 notificato in data 15 maggio 2013;
della circolare DAP n. 0457451-2012 del 28.12.2012 relativamente al punto § 14) in cui prevede il termine di sessanta giorni per la conclusione del procedimento; al punto § 20 in cui pone il termine annuale per reiterare l'istanza di trasferimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento impugnato è stata denegata la richiesta del ricorrente, agente della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Messina, di essere trasferito ex art. 33 comma 5 della legge 104/92 presso la sede di Catanzaro.
Il provvedimento è motivato in relazione alla mancanza di posti disponibili nel ruolo organico di appartenenza presso la sede richiesta.
Con il ricorso si lamenta la violazione dell’art. 10 bis della legge 241/90 e degli artt. 5 e 33 commi 3 e 5 della legge 104/92, nonché i vizi di eccesso di potere , difetto di istruttoria e motivazione.
Assume in particolare il ricorrente che il provvedimento è illegittimo per avere l’amministrazione tenuto conto della pianta organica del 6 dicembre 2001 , senza considerare la situazione effettiva all’attualità.
Il ricorso è infondato alla stregua di consolidato orientamento anche della Sezione, e può pertanto essere definito con sentenza in forma semplificata.
Il provvedimento impugnato è stato adottato in conformità alla disciplina contenuta nell'invocato art. 33, c. 5 L. n. 104/1992 ove è prevista la mera possibilità e non la necessità di accogliere le istanze di trasferimento proposte dal dipendente anche per esigenze di assistenza familiare, sulla scorta di una esauriente istruttoria condotta sulla base della determinazione delle Piante Organiche della Polizia Giudiziaria, effettuate con D.M. 8 febbraio 2001 per le singole regioni e poi, nell'ambito regionale, per ciascun istituto penitenziario, tenendo conto dei carichi di lavoro scaturenti dalla consistenza numerica della popolazione penitenziaria.
Il Collegio non ritiene che le prospettazioni difensive del ricorrente possano trovare accoglimento, in quanto è il legislatore che - attraverso l'inciso "ove possibile”, contenuto nell'art. 33 L. n. 104/92 - subordina i relativi trasferimenti ad esigenze organizzatorie dell'Amministrazione; esigenze identificabili con il buon andamento del servizio e tali da escludere l'insufficienza di una motivazione che, nel contesto sopra sintetizzato, appare comprensibile e conforme ai presupposti normativi.
Per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 24 L. 4 novembre 2010 n. 183 - col quale il Legislatore ha rimosso dal testo originario dell'art. 33 comma 3 L. 5 febbraio 1992 n. 104 il riferimento alla necessità che l'assistenza al parente con disabilità sia esclusiva e continuativa - il trasferimento in sede prossima che può ottenere il dipendente può essere legittimamente negato non solo per circostanze oggettivamente impeditive (come la mancanza del posto in organico) ma anche per valutazioni discrezionali o di opportunità, laddove le stesse facciano emergere specifici interessi, da farsi constare con adeguato supporto motivazionale, eventualmente preponderanti rispetto alla garanzia dell'attività assistenziale cui è finalizzato il trasferimento.
Più in generale la disciplina di cui all'art. 33, comma 5, della L. 104 del 1992, al di là del dato terminologico, non configura in realtà un vero diritto soggettivo di precedenza nei trasferimenti del lavoratore che assiste con effettiva continuità un parente handicappato, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede di servizio ove possibile, cioè compatibilmente con le necessità e le realtà obiettive organizzative ed operative della P.A." (ex pluribus, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 8527 del 03-12-2010 e n. 4324 del 06-07-2009; Tar Molise, Campobasso, sez. I, 2 dicembre 2011).
Ne consegue che il provvedimento impugnato è correttamente ed adeguatamente motivato in relazione alla situazione di completezza dell’organico nella sede richiesta. Circostanza rilevante anche ove la mancanza di posti disponibili sia, come dedotto dal ricorrente, correlata agli effetti di provvedimenti di distacco o comando ancora efficaci.
Ne consegue l’inammissibilità delle ulteriori censure rivolte avverso la circolare.
Infondata è anche la censura relativa alla violazione dell’art. 10 bis L. 241/90, visto che gli argomenti dedotti non sarebbero stati tali da implicare una diversa determinazione dell’amministrazione procedente.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Nulla per le spese, considerata la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Antonella Mangia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: lun set 30, 2013 2:25 pm
da panorama
Questa sentenza riguarda invece il ricorso per l'esecuzione della sentenza T.A.R. Lazio, Sez. 1^ quater n. 1396/2013 nonché per la declaratoria di nullità del provvedimento, notificato in data 18 marzo 2013, con il quale l’amministrazione penitenziaria ha ribadito il rigetto dell’istanza di trasferimento proposta dal ricorrente e che è stato dichiarato inammissibile.
IL TAR LAZIO precisa:
1) - Giova osservare, al fine del decidere, che con la predetta sentenza n. 1396 del 2013 questo tribunale ha annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento sopraindicata, ordinando all’amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
2) - Ebbene, dalla memoria difensiva depositata dall’amministrazione ministeriale, risulta che la posizione del ricorrente, ai fini del suo trasferimento, ex art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, è stata nuovamente esaminata e valutata sfavorevolmente, in esecuzione della riferita decisione giurisdizionale, tenuto conto delle esigenze operative della serie cedente, aggravata dalla tendenza consistente di personale, caratterizzata da una notevole scopertura di organico consistente in n. 403 unità presenti in servizio a fronte di una previsione organica di n. 482 unità maschili del ruolo degli agenti ed assistenti della polizia penitenziaria.
3) - Giova, altresì, rilevare che la valutazione dell’istanza di trasferimento proposta dal ricorrente risulta essere stata eseguita nel rispetto di quanto disposto dal succitato articolo 33, comma 5, che mediante l’inciso “ove possibile” esclude che il trasferimento, come nel caso in esame, possa essere assentito qualora venga a ledere le esigenze organizzative dell’amministrazione di appartenenza e l’effettivo svolgimento di un servizio pubblico con conseguente pregiudizio dell’interesse della collettività.
Per comprendere i motivi leggete il tutto qui sotto.
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27/09/2013 201308483 Sentenza 1Q
N. 08483/2013 REG.PROV.COLL.
N. 04987/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4987 del 2013, proposto da:
G. A., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fabrizio Casella, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo, in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso, ope legis, dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'esecuzione
della sentenza T.A.R. Lazio, Sez. 1^ quater n. 1396/2013, nonché per la declaratoria di nullità del provvedimento, notificato in data 18 marzo 2013, con il quale l’amministrazione penitenziaria ha ribadito il rigetto dell’istanza di trasferimento proposta dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, e del provvedimento ministeriale notificato in data 20 dicembre 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della giustizia.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore, alla Camera di consiglio del giorno 18 luglio 2013, il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto (n. 4987/2013) il signore G. A. ha adito questo Tribunale per l’esecuzione della sentenza T.A.R, Lazio, n. 1396 del 2013, in epigrafe indicata, passata in giudicato, di accoglimento del ricorso da lui proposto avverso il provvedimento ministeriale con cui era stata rigettata la sua istanza di trasferimento della sede di servizio, proposta ai sensi dell’articolo 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, nonché per la declaratoria di nullità del provvedimento dell’amministrazione penitenziaria, notificato in data 18 maggio 2013, di conferma della reiezione dell’istanza di trasferimento anzidetta, e degli ulteriori provvedimenti in epigrafe indicati.
Espone che come la succitata decisione il tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso da lui proposto con annullamento del provvedimento di diniego della sua istanza di trasferimento e conseguente ordine all’amministrazione penitenziaria “di assumere le conseguenti determinazione”.
Deduce che in esecuzione della suindicata sentenza l’amministrazione avrebbe dovuto disporre immediatamente il suo trasferimento presso la sede di servizio indicata nella istanza originaria da lui presentata in data 4 settembre 2012.
Lamenta, altresì, che il provvedimento ministeriale, notificato in data 18 marzo 2013, con il quale l’amministrazione ha ribadito la reiezione della sua istanza di trasferimento, fondato sulla presunta carenza di personale presso la sede di provenienza di Firenze Sollicciano sarebbe affetto dalle vizio di eccesso di potere, in quanto le valutazioni svolte dall’amministrazione penitenziaria sottese alla riscontrata attuale carenza di personale sarebbero dovute essere svolte con riferimento non alla situazione attuale bensì a quella riscontrabile alla data di presentazione della sua istanza di trasferimento avvenuta nel settembre 2012.
Si è costituito in giudizio il ministero della giustizia che ha controdedotto l’inammissibilità del ricorso di ottemperanza.
Giova osservare, al fine del decidere, che con la predetta sentenza n. 1396 del 2013 questo tribunale ha annullato il provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento sopraindicata, ordinando all’amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
Ebbene, dalla memoria difensiva depositata dall’amministrazione ministeriale, risulta che la posizione del ricorrente, ai fini del suo trasferimento, ex art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, è stata nuovamente esaminata e valutata sfavorevolmente, in esecuzione della riferita decisione giurisdizionale, tenuto conto delle esigenze operative della serie cedente, aggravata dalla tendenza consistente di personale, caratterizzata da una notevole scopertura di organico consistente in n. 403 unità presenti in servizio a fronte di una previsione organica di n. 482 unità maschili del ruolo degli agenti ed assistenti della polizia penitenziaria.
Da ciò consegue, l’inammissibilità del ricorso proposto per l’esecuzione della sentenza in epigrafe indicata.
Giova, altresì, rilevare che la valutazione dell’istanza di trasferimento proposta dal ricorrente risulta essere stata eseguita nel rispetto di quanto disposto dal succitato articolo 33, comma 5, che mediante l’inciso “ove possibile” esclude che il trasferimento, come nel caso in esame, possa essere assentito qualora venga a ledere le esigenze organizzative dell’amministrazione di appartenenza e l’effettivo svolgimento di un servizio pubblico con conseguente pregiudizio dell’interesse della collettività.
Pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile.
Sussistono, tuttavia, fra le parti in causa giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari di giudizio tenuto conto della specificità della fattispecie controversa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 18 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Fabio Mattei, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/09/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: gio ott 24, 2013 1:14 pm
da panorama
1) - nell’osservanza del nuovo testo dell’art. 33 legge 104/92 novellato dall’art. 24 della legge 183/2010, ...., il ricorrente ha corredato la sua domanda con le dichiarazioni di rinuncia degli altri familiari e con quella di scelta della assistita, depositate in atti dalla amministrazione.
2) - Contrasta quindi con l’art. 33 della legge 104/92 e s.m.i. la pretesa, addotta nel diniego impugnato (20.12.2012 del Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Direzione generale personale e formazione), che “l’istante sia concretamente l’unico familiare in grado di assistere il congiunto disabile”, essendo invece sufficiente che egli sia l’unico effettivo fruitore del beneficio (salva naturalmente la imprescindibile valutazione delle esigenze di servizio e delle rispettive situazioni di organico).
3) - Pertanto, l’atto impugnato deve essere annullato, e va rinnovata la decisione sulla domanda di trasferimento, con motivazione conforme ai suindicati criteri.
Il resto x completezza leggetelo qui sotto.
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23/10/2013 201300641 Sentenza 1
N. 00641/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00188/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 188 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Fabrizio Casella, Maria Immacolata Amoroso, con domicilio eletto presso Maria Antonietta Felicissimo in Bologna, via San Vitale 4;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;
per l'annullamento
del provvedimento di rigetto di istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Della Giustizia-Dipartimento Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2013 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, assistente di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di OMISSIS, impugna il diniego di trasferimento da OMISSIS a Bari, da lui richiesto per necessità di assistenza alla madre disabile, certificata ai sensi e per gli effetti di cui alla legge n. 104/92.
Il diniego è motivato soltanto con la mancata dimostrazione del requisito della esclusività, cioè della assenza di altri familiari in grado di dare assistenza, requisito non più richiesto secondo giurisprudenza prevalente (costante in questo Tribunale), con l’unica limitazione che uno solo può richiedere il beneficio.
Ed infatti, nell’osservanza del nuovo testo dell’art. 33 legge 104/92 novellato dall’art. 24 della legge 183/2010, come sopra interpretato, il ricorrente ha corredato la sua domanda con le dichiarazioni di rinuncia degli altri familiari e con quella di scelta della assistita, depositate in atti dalla amministrazione.
Contrasta quindi con l’art. 33 della legge 104/92 e s.m.i. la pretesa, addotta nel diniego impugnato (20.12.2012 del Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Direzione generale personale e formazione), che “l’istante sia concretamente l’unico familiare in grado di assistere il congiunto disabile”, essendo invece sufficiente che egli sia l’unico effettivo fruitore del beneficio (salva naturalmente la imprescindibile valutazione delle esigenze di servizio e delle rispettive situazioni di organico).
Pertanto, l’atto impugnato deve essere annullato, e va rinnovata la decisione sulla domanda di trasferimento, con motivazione conforme ai suindicati criteri.
Spese compensate in via equitativa con riguardo alla novità della modifica legislativa ed al carattere interpretativo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti della p.a.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Carlo d'Alessandro, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere, Estensore
Italo Caso, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mar dic 24, 2013 3:25 pm
da panorama
per l'ottemperanza
al giudicato sulle sentenze Tar Veneto 1^ sez. nn. 564/13 e 1382/12;
1) - con provvedimento 6.6.2012 il Ministero della Giustizia rigettava l’istanza ritenendo assenti i requisiti della continuità e della esclusività della prestazione assistenziale;
2) - tale determinazione veniva impugnata dall’interessato avanti all’intestato Tribunale, il quale con sentenza 15.11.2012 n. 1382 accoglieva il ricorso e, conseguentemente, annullava il diniego;
3) - ciò stante, il Ministero si rideterminava negando ulteriormente il trasferimento affermando che “le sedi di Palermo e Catania distano dal luogo di residenza del congiunto disabile oltre i prescritti 90 km; mentre per la sede di Agrigento non risultano posti liberi nell’organico del ruolo di appartenenza”.
4) - con sentenza 15.4.2013 n. 564 anche tale provvedimento, ritualmente impugnato, veniva annullato da questo Tribunale sul presupposto che non esisteva alcuna disposizione normativa che subordinasse la concessione del beneficio richiesto alla sussistenza di una distanza inferiore a 90 Km tra la sede di servizio e quella di residenza dell’invalido;
5) - il Ministero, rideterminatosi nuovamente, adottava il provvedimento 21.06.2013 prot. GDAP-0222557-2013 con cui nuovamente denegava il trasferimento, questa volta affermando la carenza di organico della sede cedente;
6) - tale provvedimento è oggetto del presente gravame con cui l’interessato, adducendo la violazione del giudicato formatosi sulle predette, due sentenze dell’intestato Tribunale (che avevano sostanzialmente affermato il diritto del ricorrente ad ottenere il richiesto trasferimento), chiede l’ottemperanza dei giudicati stessi previa declaratoria di nullità del provvedimento contestato, elusivo di essi;
IL TAR afferma anche che:
7) - nè esiste alcuna disposizione che subordini aprioristicamente la concessione del beneficio alla sussistenza di una distanza inferiore a 90 km tra la sede di servizio e quella di residenza dell’invalido;
8) - con riguardo alla richiesta di applicazione della “penalità di mora”, tale misura può trovare applicazione nel caso di specie, atteso che sussistono tutti i tre presupposti stabiliti dalla disposizione dell'art. 114, IV comma, lett. e) del c.p.a., ossia quello positivo, costituito dalla richiesta di parte, e quelli negativi, costituiti dall'insussistenza di profili di manifesta iniquità e dall'insussistenza di altre ragioni ostative: l’Amministrazione, pertanto, dovrà corrispondere al ricorrente, per ogni giornata di ritardo nell’adempimento l’importo complessivo di € 80,00;
Il resto leggetelo qui sotto.
Auguri al collega della PolPen che ha lottato fino in fondo pur di ottenere giustizia.
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10/12/2013 201301385 Sentenza 1
N. 01385/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01272/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1272 del 2013, proposto da:
A. B., rappresentato e difeso dall'avv. Tonino Argento, con domicilio eletto presso Maria Rosaria Iannelli in Mestre, via Costa, 20/E;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;
per l'ottemperanza
al giudicato sulle sentenze Tar Veneto 1^ sez. nn. 564/13 e 1382/12;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato
che il ricorrente, in servizio in qualità di Agente del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale “S.M.M.” di Venezia, presentava al Ministero della Giustizia istanza ex art. 33, V comma della legge n. 104/92 per ottenere il trasferimento presso una sede vicina alla residenza della propria madre disabile (Agrigento, Palermo o Catania), al fine di poterle prestare assistenza;
che con provvedimento 6.6.2012 il Ministero della Giustizia rigettava l’istanza ritenendo assenti i requisiti della continuità e della esclusività della prestazione assistenziale;
che tale determinazione veniva impugnata dall’interessato avanti all’intestato Tribunale, il quale con sentenza 15.11.2012 n. 1382 accoglieva il ricorso e, conseguentemente, annullava il diniego;
che, ciò stante, il Ministero si rideterminava negando ulteriormente il trasferimento affermando che “le sedi di Palermo e Catania distano dal luogo di residenza del congiunto disabile oltre i prescritti 90 km; mentre per la sede di Agrigento non risultano posti liberi nell’organico del ruolo di appartenenza”.
che con sentenza 15.4.2013 n. 564 anche tale provvedimento, ritualmente impugnato, veniva annullato da questo Tribunale sul presupposto che non esisteva alcuna disposizione normativa che subordinasse la concessione del beneficio richiesto alla sussistenza di una distanza inferiore a 90 Km tra la sede di servizio e quella di residenza dell’invalido;
che il Ministero, rideterminatosi nuovamente, adottava il provvedimento 21.06.2013 prot. GDAP-0222557-2013 con cui nuovamente denegava il trasferimento, questa volta affermando la carenza di organico della sede cedente;
che tale provvedimento è oggetto del presente gravame con cui l’interessato, adducendo la violazione del giudicato formatosi sulle predette, due sentenze dell’intestato Tribunale (che avevano sostanzialmente affermato il diritto del ricorrente ad ottenere il richiesto trasferimento), chiede l’ottemperanza dei giudicati stessi previa declaratoria di nullità del provvedimento contestato, elusivo di essi;
che con le sentenze di cui si chiede l’esecuzione l’intestato Tribunale ha affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione, per effetto delle sopravvenute modifiche legislative (introdotte dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010 n. 183 e dall'art. 6, I comma, lett. a) del DLgs 18 luglio 2011 n. 119) il diritto al trasferimento presso la sede più vicina al domicilio della persona da assistere, previsto dall'art. 33, V comma della legge n. 104/1992, viene ora riconosciuto al lavoratore, anche appartenente ai Corpi di Polizia, che assista una persona con handicap in situazione di gravità pure nel caso in cui difettino i requisiti della “convivenza”, della "continuità" e della "esclusività" dell'assistenza, nè esiste alcuna disposizione che subordini aprioristicamente la concessione del beneficio alla sussistenza di una distanza inferiore a 90 km tra la sede di servizio e quella di residenza dell’invalido;
che con il provvedimento adottato a seguito e (presumibilmente) in esecuzione delle predette decisioni del TAR l’Amministrazione ha nuovamente negato, per una ragione precedentemente non rappresentata – e quindi evidentemente insussistente all’epoca sia della richiesta formulata dall’interessato, sia della prima rideterminazione del Ministero (conseguente alla sentenza n. 1382/2012) -, il trasferimento, adducendo motivi di carattere organizzativo;
che se è vero che occorre valutare che il trasferimento sia "possibile" in relazione alle esigenze organizzative ed operative dell'Amministrazione di appartenenza, è altresì vero che nel caso di specie l’Amministrazione né aveva (precedentemente) giustificato il diniego alla stregua delle “necessità organizzative”, né ha (ora) svolto o comunque esternato alcuna valutazione circa la prevalenza delle ragioni organizzative addotte sull'interesse privato del familiare disabile a ricevere la dovuta assistenza. È noto, invero, come dalla sentenza di annullamento derivino tre ordini di effetti: un effetto “eliminatorio” (la sentenza di annullamento comporta l’eliminazione dalla realtà giuridica del provvedimento annullato), un effetto “ripristinatorio” (la sentenza di annullamento opera “ex tunc” eliminando fin dall’origine dalla realtà giuridica il titolo che determinava un certo assetto di interessi) ed un effetto “conformativo” (l’accertamento contenuto nella sentenza non può essere disatteso dall’Amministrazione): orbene, nel caso che ci occupa l’annullamento del diniego è stato disposto e, correlativamente, il diritto del ricorrente al trasferimento è stato riconosciuto dal TAR in ragione dell’inconsistenza delle motivazioni opposte dall’Amministrazione, in ragione cioè di un vizio sostanziale inerente alla legittimità del contenuto dell’atto, sicchè in sede di riesercizio del potere l’Amministrazione non può emanare un nuovo provvedimento – un ulteriore diniego per difetto dei presupposti sanciti dalla norma - con quello stesso contenuto sostanziale. In questo caso, infatti, il provvedimento è elusivo del giudicato e, conseguentemente, nullo ai sensi dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990 e dell’art. 114, IV comma, lett. b) del DLgs n. 104/2010;
che, ciò stante, il ricorso per ottemperanza è fondato e va accolto e, previa declaratoria di nullità del provvedimento 21 giugno 2013, va ordinato al Ministero della Giustizia di disporre il trasferimento del ricorrente entro e non oltre dieci giorni dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza;
che con riguardo alla richiesta di applicazione della “penalità di mora”, tale misura può trovare applicazione nel caso di specie, atteso che sussistono tutti i tre presupposti stabiliti dalla disposizione dell'art. 114, IV comma, lett. e) del c.p.a., ossia quello positivo, costituito dalla richiesta di parte, e quelli negativi, costituiti dall'insussistenza di profili di manifesta iniquità e dall'insussistenza di altre ragioni ostative: l’Amministrazione, pertanto, dovrà corrispondere al ricorrente, per ogni giornata di ritardo nell’adempimento l’importo complessivo di € 80,00;
che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima),
ORDINA al Ministero della Giustizia, nella persona del Ministro p.t., di dare piena ed integrale esecuzione alle sentenze in epigrafe adottando tutti gli atti necessari ad assicurare il trasferimento del ricorrente presso la sede richiesta più vicina alla residenza della madre (Palermo o Catania), a ciò provvedendo entro entro e non oltre dieci giorni dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza.
DISPONE che, ove il Ministero non ottemperi a quanto sopra indicato entro il predetto termine, il Ministero stesso dovrà corrispondere al ricorrente, per ogni giornata di ritardo nell’adempimento, l’importo complessivo di € 80,00.
Spese rifuse a carico del resistente Ministero nella misura di € 2.000,00, oltre a IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere, Estensore
Enrico Mattei, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/12/2013
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mar nov 14, 2017 7:24 pm
da panorama
Ci sono già diverse Sentenze negative dei Tar in questi ultimi tempi, ossia, che l'Amministrazione a seguito del decesso del familiare assistito, provvede a revocare il trasferimento definitivo precedentemente decretato a seguito della speciale Legge 104.
Quindi, anche a distanza di anni dal trasferimento definitivo, l'Amministrazione richiama il proprio dipendente, proprio perché, è la stessa legge n. 104 a evidenziare la natura temporanea e non definitiva dei trasferimenti dei lavoratori dipendenti, siano essi pubblici o privati, in quanto ancorata alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione.
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Qui sotto, posto la sentenza del CdS che rigetta l'appello del dipendente, dando ragione all'Amministrazione.
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personale PolPen
- ) - cinque anni dalla prima assegnazione
- ) - circolare n. 0457451 del 28.12.2012
Il CdS precisa:
1) - Emerge, allora, con tutta evidenza che la scelta della sede in forza della legge n. 104 non è un beneficio che la normativa assicura permanentemente al dipendente che presta assistenza a un congiunto disabile, bensì si atteggia quale strumento derogatorio del principio di parità di trattamento vigente in materia di trasferimenti a domanda dei dipendenti, al limitato fine di garantire e rendere effettiva l’assistenza al congiunto disabile per il periodo in cui ciò si rende necessario, in specifica applicazione delle norme la cui ratio è solo quella di assicurare un adeguato sostegno alle persone in situazione di handicap grave.
2) - L’Amministrazione ha fatto buongoverno del principio suindicato, direttamente discendente dalla norma di legge prima citata, e pertanto tale critica dell’appellante va disattesa, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi dall’orientamento ancora di recente espresso dalla Sezione nella sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017.
LEGGETE tutti i contenuti qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201705206 - Public 2017-11-13 -
Pubblicato il 13/11/2017
N. 05206/2017 REG. PROV. COLL.
N. 08928/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8928 del 2016, proposto dal Signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Carmine Biasiello, domiciliato ex art. 25 cpa presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato, costituitosi in giudizio;
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il MOLISE –Sede di CAMPOBASSO - SEZIONE I n. 357/2016, resa tra le parti, concernente revoca assegnazione sede – mcp.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato Biasiello e l'Avvocato dello Stato D'Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 357 del 21.9.2016 il T.a.r. per il Molise – Sede di Campobasso - ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante Signor -OMISSIS- -OMISSIS- volto ad ottenere l’annullamento del decreto di trasferimento del 24 agosto 2015 avente ad oggetto la revoca della assegnazione del medesimo presso la casa circondariale di Isernia disposta ai sensi dell'art. 33, 5° comma, della Legge n. 104/92.
2. La originaria parte ricorrente aveva prospettato plurime censure, riposanti nella illegittimità della disposta revoca, sostenendo che il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia fosse definitivo, e che pertanto l’avvenuto decesso del proprio congiunto (la madre dal medesimo assistita ex art. 33, della legge n. 104 del 1992) non potesse produrre alcun effetto caducatorio della assegnazione dell’originario ricorrente alla predetta sede; in ogni caso, decorso il termine di cinque anni dalla prima assegnazione alla casa circondariale di Isernia il trasferimento doveva ritenersi definitivo.
Egli infatti, aveva sostenuto che, dopo essere stato distaccato a tempo indeterminato alla casa circondariale di Isernia con provvedimento del 16.11 2006 (a seguito della sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 6829/2005), aveva conseguito un assetto definitivo della propria sede di servizio proprio con il provvedimento del 2013, e che quest’ultimo era stato illegittimamente revocato.
3. Il Ministero della Giustizia si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso.
4. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha innanzitutto riepilogato le principali tappe contenzioso, ed ha respinto il ricorso deducendo che:
a) in giurisprudenza era prevalente la tesi per cui la stessa legge n. 104 evidenziava la natura temporanea e non definitiva dei trasferimenti dei lavoratori dipendenti, siano essi pubblici o privati, in quanto ancorata alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione;
b) talune pronunce si erano discostate –in apparenza – da tale opinamento, ed avevano affermato il carattere definitivo del trasferimento disposto ex art. 33, della legge n. 104 del 1992, non subordinandolo al mantenimento della situazione originaria, a condizione tuttavia che “l’Amministrazione di appartenenza non avesse disciplinato specificamente il punto”.
c) senonchè, nel caso di specie, neppure l’originario ricorrente poteva invocare tale opzione ermeneutica, in quanto:
I) il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui il predetto era stato assegnato alla casa circondariale di Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandosene l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola;
II) esso, inoltre, era successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, affermava che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformandosi con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992;
d) da tali circostanze emergeva che la revoca del trasferimento ( a seguito della quale egli sarebbe dovuto rientrare presso la sede di provenienza in Roma, Casa Circondariale di Regina Coeli) integrava atto sostanzialmente dovuto, anche per garantire il corretto svolgimento delle procedure di mobilità ordinarie, senza pregiudicare il personale con requisiti di anzianità poziori, di tal che non rilevavano le doglianze con cui era stata contestata l’omessa ponderazione con le esigenze di servizio della sua condizione personale e familiare, né l’effettiva consistenza del ruolo degli Agenti/Assistenti presso la casa circondariale suddetta e neppure eventuali disparità di trattamento, in presenza di situazioni analoghe che peraltro non erano state diffusamente chiarite.
5. L’originario ricorrente rimasto soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità e, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso, ha riproposto le tesi invano sostenute in primo grado, facendo presente che ai sensi dell’art. 7 bis della legge 104/1992 il trasferimento disposto nei propri confronti nel 2006 e “confermato” del 2013 doveva considerarsi definitivo.
6. In data 23.12.2016 l’appellata amministrazione si è costituita depositando atto di stile ed in data 30.1.2017 ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.
7. Alla adunanza camerale del 2 febbraio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività la Sezione, con la ordinanza n. 409/17 ha respinto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che l’appello cautelare non appare fornito del prescritto fumus, tenuto conto della circostanza che la condizione in forza della quale venne disposto il trasferimento (e che di quest’ultimo costituì ragione fondante) è cessata; rilevato che anche sotto il profilo del periculum in mora è preponderante l’interesse dell’amministrazione appellata a che vi sia una ordinata programmazione dell’impiego del personale; .”
6. In data 24.3.2017 il Signor -OMISSIS- ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.
7. In data 13.10 2007 il Signor -OMISSIS- ha depositato note di udienza puntualizzando le proprie difese.
7. Alla odierna pubblica udienza del 19 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue.
1.1. Va in via preliminare evidenziato che le note di udienza che la difesa del Signor -OMISSIS- ha depositato in data 13.10.2017 non sono esaminabili dal Collegio in quanto tardivamente prodotte.
2. L’appellante fonda la propria pretesa su una tesi che è stata in passato patrocinata dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado (si veda T.A.R. Milano, -Lombardia-, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1609) ed anche da questo Consiglio di Stato in sede consultiva (Consiglio di Stato comm. spec., 19/01/1998, n. 394 “la domanda di trasferimento presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio -ai sensi dell'art. 33 commi 5 e 6 l. 5 febbraio 1992 n. 104- presentata dal genitore o dal familiare lavoratore che assista in modo continuativo un parente o un affine entro il terzo grado handicappato con lui convivente, ovvero dal portatore di handicap maggiorenne lavoratore, comporta una valutazione diretta ad una sistemazione di carattere definitivo.”).
Detta tesi, peraltro, già in epoca risalente era stata interpretata in senso perimetrativo e riduttivo (Consiglio di Stato, sez. IV, 16/10/2009, n. 6355:” il pubblico dipendente, trasferito con riserva alla sede di residenza del congiunto portatore di handicap in attesa della conclusione del procedimento di cui all'art. 33, l. 5 febbraio 1992 n. 104, perde ogni diritto al beneficio nel caso di decesso del congiunto prima dell'adozione dell'atto conclusivo del procedimento stesso.”) e non era stata recepita dalla maggioritaria giurisprudenza di primo grado (si veda T.A.R. Campobasso, -Molise, sez. I, 6/ ottobre 2011, n. 599) .
3. Il Collegio ritiene che – a tutto concedere- si sarebbe potuto discutere della condivisibilità della opzione ermeneutica patrocinata dalla difesa dell’appellante sulla scorta del testo originario della citata disposizione di cui alla legge n. 104 del 1992: la tesi dell’appellante appare invece certamente infondata avuto riguardo all’attuale tenore dell’ dell'art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (pacificamente applicabile alla fattispecie ratione temporis).
4. Invero il vigente testo della suindicata norma così prevede al comma 7 bis, introdotto dall’articolo 24, comma 1, lettera c), della legge 4 novembre 2010, n. 183 :” ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. “
4.1. La norma è perentoria nel “legare” “i diritti” previsti dal citato art. 33 al “venir meno” delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti, tanto da ipotizzare una possibile rilevanza disciplinare nella condotta del lavoratore che non comunichi detta mutata circostanza.
4.2. Tale perentoria dizione della norma impone che al verificarsi di un mutamento delle condizioni, la fruizione del diritto venga meno, salva, ovviamente, in via eventuale la possibilità di adottare un nuovo provvedimento (diverso dal primo) nell’emergere di ulteriori e diversi elementi che danno diritto alla fruizione di analogo beneficio.
4.3. Nel caso di specie la “condizione” legittimante il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia dell’appellante riposava nella necessità di assistere la madre di questi; l’avvenuto venir meno di tale condizione a cagione dell’avvenuto decesso del predetto congiunto fa venire meno il diritto alla fruizione del beneficio.
4.3.1. Il detto beneficio, legittimamente è stato quindi revocato dall’Amministrazione, e potrà eventualmente in futuro essere nuovamente accordato al predetto, con un nuovo provvedimento, e previa ulteriore rinnovata ponderazione delle condizioni legittimanti e bilanciamento dell’interesse vantato dall’istante con quelli antagonisti eventualmente prospettati dall’Amministrazione laddove ne sussistano i presupposti.
4.4. La pretesa dell’appellante secondo cui il trasferimento era ormai divenuto definitivo e non risentiva dei mutamenti incidenti sulla situazione legittimante (necessità di assistere la madre) al medesimo sotteso, è totalmente inaccoglibile, e non lo è meno quella di “proseguire” in detta condizione sulla scorta di nuove necessità, non finora vagliate dall’Amministrazione.
4.5. Come esattamente colto dal T.a.r., il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui l’appellante era stato assegnato alla casa circondariale di –Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandone l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola; inoltre detto provvedimento è successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, afferma che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformando con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992.
4.5.1. Il Collegio è persuaso della seguente circostanza:
a) il testo della novella legislativa che si è prima riportata per esteso contiene una espressione (”decade”) tesa all’evidenza a disciplinare un rapporto di durata: ciò implica che tale norma si applichi anche ai trasferimenti disposti sotto l’usbergo delle disposizioni precedenti;
b) ciò – unitamente alla circostanza che l’Amministrazione ha espressamente normato la fattispecie con la propria circolare prima richiamata- assume una importanza troncante ai fini della reiezione dell’appello;
c) in ogni casi, si osserva, il trasferimento ad Isernia dell’appellante non è sottratto ratione temporis all’applicazione della suddetta normativa del 2010, in quanto l’appellante non può fondatamente sostenere che il proprio trasferimento sia antecedente a tale data, (e si sia, conseguentemente “consolidato”, in epoca antecedente alla entrata in vigore dello jus superveniens,) in quanto:
I) non si può fare utilmente riferimento, in proposito, al provvedimento del 2006 (distacco) in questo aveva chiaramente di portata interinale, e comunque, anche a seguire la tesi dell’appellante (che individua un termine di cinque anni per il “consolidamento” delle assegnazioni delle destinazioni del personale) nel 2011 era già entrata in vigore la “novella” che, come si è prima rilevato, impedisce siffatto “consolidamento”;
II) se si fa riferimento al provvedimento del 2013 (come è corretto avvenga), esso ricade pienamente sotto l’usbergo del novellato art. 32 comma 7 bis della legge, e pertanto la tesi dell’amministrazione appellata risulta pienamente condivisibile, per le già chiarite ragioni.
4.6. L’Amministrazione ha fatto buongoverno del principio suindicato, direttamente discendente dalla norma di legge prima citata, e pertanto tale critica dell’appellante va disattesa, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi dall’orientamento ancora di recente espresso dalla Sezione nella sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017.
5. Quanto alle ulteriori censure, si osserva che, la priorità delle esigenze dell’Amministrazione, la latissima discrezionalità di quest’ultima in punto di vagli delle contrapposte esigenze e, infine, la denunciabilità di vizii di disparità di trattamento costituiscono principi a più riprese predicati dalla costante giurisprudenza amministrativa, e dai quali il Collegio non intende decampare: nel caso di specie, l’asserita disparità di trattamento che vizierebbe gli atti impugnati a cagione della circostanza che altri 4 soggetti alle dipendenze della casa circondariale di Isernia avrebbero perso i requisiti applicativi di cui alla legge n. 104/1992 è stata soltanto enunciata e non provata (neppure sono stati indicati, nell’atto di appello, i nominativi dei predetti), né l’atto di impugnazione si diffonde punto in ordine alla equiparabilità ovvero sovrapponibilità delle situazioni poste in comparazione, per cui anche detta doglianza va disattesa.
6. Conclusivamente, l’appello va disatteso.
7. Quanto alle spese processuali del grado, esse possono essere compensate a cagione della non uniforme interpretazione giurisprudenziale in passato riscontrabile.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabio Taormina Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: mar nov 14, 2017 7:40 pm
da panorama
Tra l'altro, la sentenza del T.A.R. per il MOLISE –Sede di CAMPOBASSO - SEZIONE I n. 357/2016, riportava anche:
- ) - Essendo la revoca del trasferimento un atto sostanzialmente dovuto, anche per garantire il corretto svolgimento delle procedure di mobilità ordinarie, senza pregiudicare il personale con requisiti di anzianità potiori,..........
Re: art. 33 l. n. 104/92
Inviato: sab mag 04, 2019 8:45 pm
da panorama
Il CdS conferma la sentenza del Tar Puglia e, quindi, il collega perde.
1) - veniva disposto il rientro immediato dell’attuale appellante alla Casa circondariale di Taranto dalla Casa circondariale di Turi, a seguito del decesso della madre disabile, da lui assistita in applicazione di quanto previsto dalla legge n. 104/1992.
2) - La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso, richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (in particolare, sez. IV, nn. 4671/2017 e 5206/2017), secondo la quale, nel caso di specie, “si è di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione di trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia”.
Il CdS precisa:
3) - Questa Sezione, con la sentenza 18 febbraio 2019 n. 1113, con argomentazioni che si intendono richiamare e confermare nella presente sede, ha ribadito e precisato i principi già espressi dalla giurisprudenza con riguardo al trasferimento disposto in applicazione dell’art. 33, comma 5, l. n. 104/1992.
4) - E ciò con la conseguenza che, come si è innanzi riportato, “il decesso del disabile, pertanto, svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere”.
5) - Ciò comporta che la cessazione dell’espletamento della prestazione lavorativa nella sede individuata dal provvedimento emanato ex art. 33, comma 5, non consegue affatto ad una (più rigida) novellazione normativa, ma è, al contrario, un effetto prodotto dalla natura stessa del provvedimento, anche se emanato prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione (e ciò a prescindere da quanto previsto, anche in senso diverso, da eventuali circolari delle amministrazioni).
6) - In virtù della natura e contenuto del provvedimento di trasferimento, si può, dunque, affermare la cessazione del trasferimento medesimo al momento del venir meno del presupposto per il quale lo stesso era stato disposto.
7) - Tanto precisato, appare opportuno (anche in questo caso aderendo alla sent. n. 1113/2019 cit.) svolgere ulteriori precisazioni.

- Alla luce di questa ricostruzione (ed in tal modo precisando quanto in precedenza affermato: Cons. Stato, sez. IV, n. 4671/2017 cit.), non è necessaria l’emanazione di alcun provvedimento di revoca del precedente trasferimento ex art. 33, comma 5, l. n. 104/1992, perché, al venir meno del presupposto assistenziale, il soggetto a tal fine trasferito ritorni alla sede di appartenenza.
N.B.: leggete il tutto cmq. nell'allegata sentenza del CdS.