Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Inviato: mer apr 08, 2020 11:52 pm
da panorama
La CdC Sezione 1^ d'Appello con la sentenza n. 64/2020 pubblicata in data 06/04/2020 NON riconosce l’applicazione dell’art. 54, comma 1 del DPR n. 1092/1973 ad un collega CC. (già rigettato anche dalla CdC Calabria) che aveva maturato un’anzianità di servizio inferiore ai 15 anni, per cui ad applicarsi è non già il co. 1 del ridetto art. 54, bensì il co. 9 ai sensi del quale “per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l’anzianità prevista nel co.1 dell’art. 52 (almeno 15 anni di servizio utile), la pensione è pari al 2,20 % della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”.
N.B.: il ricorrente si era arruolato nell' Arma dei Carabinieri in data 8 settembre 1985 e, dopo circa 20 anni di servizio (per l’esattezza 19 anni, 10 mesi e 21 giorni), in data 17 maggio 2002, con il grado di maresciallo capo, è stato posto in congedo assoluto a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
P.S. questo appello tratta l'art. 3 cd. Moltiplicatore e l'art. 54 co.1., entrambi art. rigettati.
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Sezione PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2020 Numero 64 Pubblicazione 06/04/2020
64/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALED’APPELLO
composta dai Sigg.ri magistrati:
dott. Agostino CHIAPPINIELLO Presidente
dott. Enrico TORRI Consigliere
dott.ssa Fernanda FRAIOLI Consigliere relatore
dott. Aurelio LAINO Consigliere
dott.ssa Rossella CASSANETI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi pensionistici d’appello iscritti al n.54248 del Registro di Segreteria proposti da:
· Ministero della Difesa, in persona del Direttore GENERALE p.t. – appellante principale –
nonché
· dall'INPS, rappresentato e difeso dagli Avv. Lidia CARCAVALLO, Antonella PATTERI, Luigi CALIULO e Sergio PREDEN, ed elettivamente domiciliato negli Uffici dell'Avvocatura centrale in Roma, Via Cesare Beccaria, n. 29– appellante incidentale –
· da P. A., rappresentato e difeso dall’avv. Santo DELFINO con il quale è elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio legale Sabrina TANGARI, Via Mario Cartaro, n. 5 – appellante incidentale –
avverso
la sentenza n. XXX/XXXX del 15 novembre 2018, della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Calabria.
Visti gli atti introduttivi e tutti i documenti di causa
Uditi nella pubblica udienza del 20 febbraio 2020 la relatrice, Consigliere Fernanda FRAIOLI, l’avv.ssa Maria Luisa GUTTUSO su delega del dott. Gennaro MONTESANO per il Ministero della Difesa; l’avv.ssa Giuseppina GIANNICO, per delega orale, dell’avv. Sergio PREDEN per l’INPS e l’avv. Andrea LIPPI su delega scritta dell’avv. Santo DELFINO per il P.
FATTO
Con sentenza n. XXX del 15 novembre 2018, la Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria ha accolto parzialmente il ricorso di P. A. diretto a vedersi riconoscere il diritto alla riliquidazione della pensione in godimento, mediante applicazione del beneficio di cui all’art. 3, co. 7 del D.L.vo n. 165/1997, oltre accessori, dichiarando prescritti tutti i ratei relativi al riconosciuto beneficio antecedente il quinquennio decorrente dal 20 febbraio 2018.
Più precisamente, ha:
· rigettato l’eccezione di decadenza, ex art. 205 DPR n. 1092/73, avanzata dall’INPS su entrambe le domande proposte dal P., sull’assunto che il diritto di credito pensionistico è notoriamente sottoposto al regime della prescrizione non già della decadenza
· rigettato la domanda relativa all’applicazione dell’art. 54, co. 1 del DPR n. 1092/73,
· accolto la domanda relativa all’applicazione dell’art. 3, co. 7 del D.L.vo n. 165/1997,
· riconosciuto le somme accessorie di interessi legali e rivalutazione monetaria
· dichiarato prescritti tutti i ratei relativi al riconosciuto beneficio antecedente il quinquennio decorrente dal 20 febbraio 2018.
Ha appellato, in via principale, la sentenza il Ministero della Difesa che ne chiede la riforma per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 7 del D.L.vo n. 165/1997, citando a sostegno della propria tesi copiosa giurisprudenza di questa Corte.
Per le medesime motivazioni, ha presentato appello incidentale l’INPS.
Ha, altresì, presentato appello incidentale il P. il quale lamenta:
1) illegittimità della determina di pensione per errata e falsa applicazione della normativa di riferimento. Violazione di legge (art. 44, co. 2, TU 1092/73) perché il Ministero della Difesa doveva applicare il predetto art. 44, co. 2 TU, anziché operare arbitrariamente il frazionamento ventesimale dell’aliquota, applicando la percentuale del 2,20 % anch’essa errata, di cui all’art. 6 del DPR 20/1956. Eccesso di potere.
2) Violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Omessa applicazione di legge per errata interpretazione della norma. Contraddittorietà della decisione anche in contrasto con le altre pronunce univocamente adottate da diverse Corti sulla medesima materia e, in particolare, dalla stessa Sezione Giurisdizionale per la Calabria con riferimento alla richiesta avanzata dal sig. P. A. in ordine all’applicazione dell’art. 54, co. 1, del DPR n. 1092/1973. Difetto di motivazione. Disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta – Violazione di legge.
3) Erroneità della sentenza n. XXX/XXXX nella parte in cui dispone la prescrizione dei ratei pensionistici.
All’odierna pubblica udienza, le parti si sono sostanzialmente riportate agli atti depositati.
Al termine della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
a) Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione di tutti i giudizi ai sensi dell’art. 184 C.G.C., poiché gli appelli sono stati proposti avverso la medesima sentenza.
b) Nel merito dispone quanto segue.
L’appello odierno tende alla riforma della sentenza di prime cure sotto un duplice aspetto:
· quello di cui all’appello principale – condiviso, peraltro, anche nell’incidentale dall’INPS – consistente nel non riconoscere applicabile al P. (come a tutti quelli che versano in identica situazione) l’incremento di cui all’art. 3, co. 7, del D.L.vo n. 165/1997
· quello di cui all’incidentale del P., diretto – oltre che alla conferma di quanto statuito in prime cure – anche all’applicazione dell’art. 54, co. 1, del DPR n. 1092/1973.
Andando con ordine.
1) Art. 3, co. 7, del D.L.vo n. 165/1997.
La sentenza di prime cure ha riconosciuto al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione in godimento, mediante applicazione del beneficio di cui all’art. 3, co. 7 del D.L.vo n. 165/1997, oltre accessori, ai sensi dell’art. 429, co. 3 e 150 disp. att. c.p.c., tenendo conto die principi enunciati dalla sentenza delle SS.RR. n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002 (criterio dell’assorbimento) fino al soddisfo.
Il Ministero della Difesa e l’INPS lamentano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, co. 7 del D.L.vo n. 165/1997, non ricorrendone, nel caso di specie, i presupposti di fatto.
Il militare interessato, infatti, risulta cessato dal servizio per inabilità non dipendente da causa di servizio.
Quindi, non in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere all’ausiliaria e neppure di quello anagrafico vantando un’età di 36 anni.
La vicenda non è nuova e, anche se giurisprudenza di primo grado si è pronunciata in favore dei ricorrenti, deve rilevarsi un andamento opposto in quella d’appello (Sez. I n. XX/2019 del 18 febbraio 2019; Sez. II n. XXX/2019 del 21 maggio 2019; id. n. XXX/2019 del 19 dicembre 2019).
Ai fini del corretto inquadramento normativo della questione, giova premettere che la previsione di cui si invoca l’applicazione si inserisce nel D.L.vo 30 aprile 1997, n. 165, intitolato “Attuazione delle deleghe conferite dall’art. 2 comma 23 della legge 8° agosto 1995 n. 335 e dall’art. 1, commi 97 lett. g) e 99 della legge 23.12.1996 n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia, e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”, il quale all’art. 1 prevede che: “1. Le disposizioni di cui al presente titolo armonizzano ai principi ispiratori della legge 8 agosto 1995, n. 335, il trattamento pensionistico del personale militare delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, nonché del personale delle Forze di polizia, ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
All’art. 3, co. 7, come modificato dall’art. 10, co. 2, D.lgs. 94/2017, il medesimo testo normativo stabilisce che: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento de i limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato”.
Nella precedente stesura (in vigore fino al 6 luglio 2017) la disposizione esordiva con "Per il personale di cui all'articolo 1", ovvero faceva riferimento al Personale militare delle Forze armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza, del personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco; nella formulazione successiva alla data suindicata è stata aggiunta al secondo periodo, dopo "Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare", l'indicazione "e per il personale delle Forze armate".
Per comprendere la corretta portata della disposizione de qua, ne va data una lettura sistematica, inquadrata nel più ampio ambito della disciplina dell’ausiliaria, dettata dal Codice dell’ordinamento militare (C.O.M.: d.lgs. n. 66/2010).
Quest'ultimo prevede, all’art. 992 ("Collocamento in ausiliaria"), co. 1, che “Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.”
L’art. 995 ("Cessazione dell'ausiliaria") prevede che, al termine del periodo di cinque anni, il militare è collocato nella riserva o in congedo assoluto, a seconda dell'età e della idoneità. La cessazione, tuttavia, può essere anche anticipata, per il personale che non accetta l'impiego o revoca l'accettazione degli impieghi assegnati per due volte (co. 1) ovvero per motivi di salute, come espressamente previsto dal co. 4 dello stesso art.995 che così dispone: “4. Il militare in ausiliaria può essere collocato nella riserva, anche prima dello scadere del periodo anzidetto, per motivi di salute, previ accertamenti sanitari”.
Inoltre, l’art. 996 (Transito in ausiliaria dalla riserva) prevede:
”1. Il militare che, all'atto della cessazione dal servizio permanente per raggiunto limite di età, è stato collocato nella riserva perché non idoneo ai servizi dell'ausiliaria, se entro il periodo di tempo indicato dall'articolo 992 riacquista l'idoneità ai servizi dell'ausiliaria, può, a domanda, essere iscritto in tale categoria.
2. Il periodo trascorso dall'ufficiale nella riserva è computato ai fini della durata massima di permanenza nell'ausiliaria.”
Le norme appena citate, dunque, consentono di fornire una lettura logica e coerente della concessione del beneficio in parola, all’interno dell’istituto dell’ausiliaria, in armonia con la complessiva ratio legis, dell’istituto medesimo e dei motivi di un trattamento economico particolare.
Prevede, infatti l’art. 1864 del ridetto C.O.M. ("Trattamento di quiescenza del personale in ausiliaria"):
”1. Per il personale la cui pensione è liquidata in tutto o in parte con il sistema contributivo, il trattamento pensionistico da attribuire all'atto del collocamento in ausiliaria viene determinato applicando il coefficiente di trasformazione indicato nella tabella A allegata alla legge 8 agosto 1995, n. 335, come periodicamente rideterminato ai sensi dell'articolo 1, comma 11 della stessa legge. Al termine del periodo di permanenza in tale posizione, il trattamento pensionistico viene rideterminato applicando il coefficiente di trasformazione corrispondente all'età di cessazione dall'ausiliaria”.
Il successivo art. 1865 ("Trattamento di quiescenza del personale alternativo all'istituto dell'ausiliaria") così dispone:
"1. Per il personale militare si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile1997, n. 165”.
In conclusione, "il collocamento in ausiliaria consente a chi ha raggiunto i limiti di età per il servizio attivo di essere iscritto negli appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale, dando modo alle pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, di avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
Ed a fronte di tale disponibilità manifestata con apposita dichiarazione scritta, il personale collocato in ausiliaria ha diritto alla corresponsione dell'apposita indennità.
Ove non è possibile corrispondere tale indennità o perché trattasi di dipendenti per i quali l’ordinamento non prevede l’ausiliaria, o perché, pur essendo prevista, il dipendente non abbia i requisiti psico-fisici per accedervi o permanervi, il legislatore ha previsto, a compensazione, il beneficio del montante contributivo di cui all’art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 165/97.
Ma, come prima esposto, tale compensazione, per il personale militare, non può riguardare dipendenti del tutto esclusi dall’istituto dell’ausiliaria, per non avere raggiunto i limiti di età ma solo coloro che, pur avendovi -sotto tale profilo- diritto, non hanno potuto accedervi, come nell’ipotesi disciplinata all’art. 996 C.O.M. ('Il militare che, all'atto della cessazione dal servizio permanente per raggiunto limite di età, è stato collocato nella riserva perché non idoneo ai servizi dell'ausiliaria ...') o permanervi, come nell’ipotesi di cui al citato art. 995, comma 4, ('Il militare in ausiliaria può essere collocato nella riserva, anche prima dello scadere del periodo anzidetto, per motivi di salute, previ accertamenti sanitari')".
Esclusivamente a tali categorie, dunque, nell’ambito del personale ad ordinamento militare, il legislatore ha inteso rivolgersi con l’attribuzione del beneficio in parola, sia ante che post modifica introdotta con l'art. 10, co. 2, d.lgs. 94/2017 (modifica che ha riguardato, non i presupposti oggettivi di attribuzione del beneficio, ma l'ambito soggettivo di applicazione di esso). Infatti, "tale innovazione comporta che a partire dall’entrata in vigore della modifica stessa anche il personale delle Forze armate può optare per il beneficio del moltiplicatore di cui al periodo precedente anche se idoneo a transitare in posizione di ausiliaria".
Un’applicazione oltremodo estensiva come quella riconosciuta dalla sentenza appellata, risulterebbe non solo sperequativa rispetto al personale delle forze dell’ordine ad ordinamento civile – che, invece, può godere di tale beneficio solo al raggiungimento dei limiti di età – ma anche irrazionale, perché andrebbe a cumulare detto beneficio con i particolari trattamenti pensionistici già previsti a favore di coloro che cessano anticipatamente dal servizio per inidoneità dipendente o meno da causa di servizio.
In buona sostanza – contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure – il beneficio di cui all’art. 3, co. 7, non è stato voluto dal legislatore per indennizzare coloro che, nell’ambito del personale militare, non hanno potuto fruire dell’ausiliaria perché cessati dal servizio prima del raggiungimento dei limiti di età, bensì coloro che pur avendone diritto, non hanno potuto, per motivi di salute, rientrarvi e percepire la corrispondente indennità.
E che tale fosse l’intento del legislatore è stato espressamente chiarito dalla Corte Costituzionale, la quale, con ordinanza 10 luglio 2002, n. 387, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 del D.Lgs. n.165/1997, sollevata dal TAR per la Sicilia, Sezione distaccata di Catania, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Secondo la Corte, il fatto che il collocamento in ausiliaria, ai sensi dell’art. 3 del predetto D.Lgs., sia previsto esclusivamente per il personale militare, compreso quello delle Forze di polizia ad ordinamento militare, che cessi dal servizio al compimento del limite di età stabilito per il grado rivestito, non determina disparità di trattamento per gli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile che sono invece esclusi dalla possibilità di essere collocati in ausiliaria. Al riguardo la Corte rileva che, in favore di questi ultimi, quando i medesimi cessino dal servizio per avere raggiunto il rispettivo limite di età, proprio in considerazione della loro esclusione dalla fruibilità del collocamento in ausiliaria, le disposizioni del co. 7 dello stesso art. 3 del D.Lgs. n. 165/1997, prevedono un incremento del montante individuale dei contributi pari a cinque volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione, beneficio pensionistico che assume carattere compensativo rispetto alla mancata applicazione dell’istituto dell’ausiliaria.
Pertanto, non può trovare applicazione il beneficio dell'art. 3, co. 7, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, al caso di specie, in cui l’interessato è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto senza aver raggiunto i limiti di età previsti per il collocamento in ausiliaria.
Il P. è stato dichiarato non idoneo in data 17 maggio 2002 è stato posto in congedo assoluto a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
Risulta, infatti, complessivamente corretta la prospettazione dell'Istituto appellante, secondo cui:
a) l’appellato, cessato dal servizio per riforma, non ha diritto al beneficio perché in mancanza del requisito della cessazione dal servizio permanente per limiti di età, non sorge neppure il diritto ad accedere o a permanere in ausiliaria, con la conseguenza che il beneficio de quo va interpretato restrittivamente e limitato al personale, escluso dall’ausiliaria, ma pur sempre collocabile in quiescenza per limiti di età, salva l'ipotesi della domanda da parte degli ufficiali per riduzione quadri;
b) il vigente ordinamento non annette alcuna rilevanza alle cause impeditive del raggiungimento dei limiti di età al fine di poter accedere all'ausiliaria.
Conclusivamente, l’appello in parte qua va quindi accolto, con riforma della sentenza impugnata e, per l’effetto, si dichiara non spettante al sig. P. A. il beneficio ex art. 3,co. 7, D.Lgs. 165/1997.
2) Applicazione dell’art. 54, co. 1, del DPR n. 1092/1973.
Con questo secondo motivo di appello, il P. impugna quella parte della sentenza che ha respinto la domanda di riliquidazione della quota retributiva della pensione mediante applicazione dell’aliquota del 44% in quanto ritiene che l’aliquota di rendimento prevista per i militari che cessano dal servizio con almeno 15 anni di servizio sia applicabile anche a chi non ha raggiunto tale periodo.
È appena il caso di rilevare che l’odierno appellante alla data di riferimento introdotta dal legislatore aveva maturato un’anzianità di servizio inferiore ai 15 anni, per cui ad applicarsi è non già il co. 1 del ridetto art. 54, bensì il co. 9 ai sensi del quale “per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l’anzianità prevista nel co.1 dell’art. 52 (almeno 15 anni di servizio utile), la pensione è pari al 2,20 % della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”.
Tanto si ritiene bastevole per ritenere infondata la tesi dell’appellante di un preteso vuoto normativo di cui a pag. 11 dell’appello che legittimerebbe l’interpretazione normativa dallo stesso prospettata.
Ad ogni buon conto, in tal senso anche la giurisprudenza di questa Corte che è tutta univocamente così orientata, compresa la sentenza invocata dall’appellante – la n. XXX/XXXX di questa Sezione Prima – che lungi dall’affermare quanto sostiene il P., letta correttamente è in conformità.
Perché se vero è il passo riportato a pag. 13 dell’appello, altrettanto vero è che nei precedenti passaggi, il riferimento è sempre ad un periodo che non scende mai al di sotto dei 15 anni, mentre il P. risulta dagli atti di causa che alla data del 31 dicembre 1992 aveva maturato un’anzianità di 8 anni e 7 mesi di servizio, di molto inferiore a quella richiesta dal co. 1 dell’art. 54 la cui applicazione viene invocata nella presente sede.
Le restanti doglianze restano assorbite.
Tanto premesso, il ricorso incidentale del P. non merita di essere accolto, a differenza di quello principale dell’INPS e di quello, parimenti, incidentale, del Ministero della Difesa tendenti, invece, alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 3, co. 7, del D.L.vo n. 165/1997.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo..
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
· riunisce i giudizi, ai sensi dell’art. 184 del D. L. 26 agosto 2016, n. 174, perché avverso la medesima sentenza,
· accoglie l’appello principale dell’INPS e quello incidentale del Ministero della Difesa, tendenti alla corretta interpretazione ed applicazione dell’art. 3, co. 7, del D.L.vo n. 165/1997 e, per l’effetto, riforma, in parte quale la sentenza impugnata,
· rigetta l’appello incidentale del P,
· condanna il P. al pagamento delle spese che liquida nella misura di €. 1.500,00 in favore dell’INPS e di €. 500,00 in favore del Ministero della Difesa.
Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 febbraio 2010.
IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Fernanda FRAIOLI F.to Agostino CHIAPPINIELLO
Depositata in segreteria il 6/4/2020
Il Dirigente
(F.to dott. Sebastiano ROTA)
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Inviato: gio apr 09, 2020 12:08 pm
da panorama
per chi la vuole in allegato,
CdC Sezione 1^ d'Appello con la sentenza n. 64/2020
Qui sotto la parte della CdC Calabria
L’odierno ricorrente si era arruolato nell' Arma dei Carabinieri in data 8 settembre 1985 e, dopo circa 20 anni di servizio (per l’esattezza 19 anni, 10 mesi e 21 giorni), in data 17 maggio 2002, con il grado di maresciallo capo, è stato posto in congedo assoluto a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
Orbene, nel caso in esame, la disciplina applicabile al fine di determinare la quota A della pensione del sig. P. va individuata negli articoli 52 e seguenti del TU delle norme sul trattamento di quiescenza citato, trattandosi di dipendente militare.
Pertanto, in considerazione che alla data del 31 dicembre 1992, il ricorrente aveva maturato un’anzianità inferiore ai 15 anni di servizio, trova applicazione ai fini del calcolo della predetta quota l’art. 54 del T.U. n. 1092/73 da questi invocato, ma non il primo bensì il suo nono comma, che dispone che “Per il militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento del limite di età, senza aver maturato l'anzianità prevista nel primo comma dell'art. 52 (almeno quindici anni di servizio utile), la pensione è pari al 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile”.
Da quanto sopra, poiché il ricorrente, alla data del 31 dicembre 1992, aveva maturato l’anzianità di 8 anni e 7 mesi di servizio, inferiore a quella almeno di quindici anni necessaria, per accedere al trattamento pensionistico ai sensi dell’art. 54, comma uno, richiesto in questa sede, il decreto n. 495 emesso dal Comando Regione Carabinieri Sicilia appare immune da vizi e, conseguentemente, il ricorso in parte qua non può trovare accoglimento.