Militari, medici e dirigenti pubblici: a chi saranno tagliate le pensioni alte
Lega e 5 Stelle calcolano di colpire 160 mila persone. Ma l’Inps non ha tutti i dati e potrebbero essere molte di più
Il taglio delle pensioni d’oro è nel caos tecnico e politico. La maggioranza fibrilla, per nulla contenta delle prime proiezioni di impatto. Il timore di colpire ben più dei 158 mila italiani stimati si fa di ora in ora più concreto. E non solo perché la soglia di 80 mila euro lordi presa di mira si traduce in 3.700-3.800 euro netti al mese, meno dei 4 mila annunciati, tenuto conto delle tasse locali. Ma soprattutto perché sarebbero coinvolti molti più dirigenti pubblici del previsto, di cui però l’Inps non conosce la storia contributiva e che quindi non riesce a quantificare.
L’ipotesi dunque di inimicarsi non solo donne e militari - i più danneggiati - ma anche direttori generali, medici, finanzieri, carabinieri e poliziotti in aggiunta a prefetti, diplomatici, quadri dell’industria e ai professionisti come architetti, ingegneri, commercialisti - per i quali l’esclusione non è scontata, tutt’altro – ha fatto scattare l’allarme politico. Anche perché si corre il rischio di spaccare le categorie e mettere pensionati d’oro contro pensionati di platino. Magistrati e professori universitari ad esempio sventerebbero il taglio, stimato in media per gli altri tra un 10 e un 20% lordo della pensione. E questo perché potendo restare sino ai 70 anni in servizio, non sarebbero tra quelli che hanno anticipato la pensione, in base alle nuove età di uscita rideterminate dai tecnici del governo.
Dove sarebbe allora l’equità sbandierata nella relazione illustrativa del provvedimento? Perché un giudice o un professore universitario può tenersi i suoi 6-7 mila euro netti al mese, senza donare alla causa solidaristica in tempi di crisi invocata dai gialloverdi neanche un centesimo? E ancora: perché una dirigente andata in pensione di vecchiaia negli anni Novanta a 57-58 anni in base alle regole di allora, senza poter in alcun modo prolungare la sua permanenza, adesso scopre di essere a 7 anni di distanza dalla nuova età fissata in modo retroattivo dalla legge? Principi difficili da capire e spiegare.
E infatti la Lega è trincerata in un silenzio tombale. Alcuni fonti raccontano di uno scontento diffuso.
A partire dalle critiche del massimo esperto previdenziale leghista nonché consigliere del leader Salvini, Alberto Brambilla, destinato a raccogliere l’eredità di Tito Boeri all’Inps e da sempre favorevole a un più semplice contributo di solidarietà a tempo e con uno scopo. In casa Cinque Stelle va anche peggio. Sembra essere in corso una gara a prendere le distanze dal testo. Derubricato come «non definitivo, solo una bozza da valutare». Quando invece l’articolato è stato depositato alla Camera come progetto di legge numero 1071 lo scorso 6 agosto, con la firma dei capigruppo Francesco D’Uva (M5S) e Riccardo Molinari (Lega). E così pubblicizzato.
«Il taglio non è basato su un ricalcolo di pensioni privilegiate, ma solo sulle pensioni anticipate tanto care alla Lega», tuona Renato Brunetta, deputato di Forza Italia. «Anticipate poi in base a un’età teorica stabilita dalle tabelle di Boeri. Così però si colpiscono anche le pensioni di vecchiaia. Un pasticcio da dilettanti». Anche Cesare Damiano, ex ministro pd del Lavoro, reputa «assurdo» il piano «basato su calcoli arbitrari suggeriti dal presidente dell’Inps che si inventa pure i coefficienti di trasformazione». Michele Anzaldi, deputato pd, definisce la proposta «un furto e incostituzionale», solo per fare «propaganda» e alimentare «odio sociale».