vittime del dovere
Re: vittime del dovere
Si pazzzz....hai visto la Rita Levi Montalcini a che età e' arrivata. Il lavoro e gli ideali mantengono giovane e ti fanno socializzare soprattutto. Non fare come me....che mi sono appantofolato appena ho raggiunto gli obbiettivi che tu sai è sempre grazie ai tuoi consigli di 7 8 anni fa'. Un saluto e crepi il lupo avt8
Re: vittime del dovere
Si pazzzz....hai visto la Rita Levi Montalcini a che età e' arrivata. Il lavoro e gli ideali mantengono giovane e ti fanno socializzare soprattutto. Non fare come me....che mi sono appantofolato appena ho raggiunto gli obbiettivi che tu sai è sempre grazie ai tuoi consigli di 7 8 anni fa'. Un saluto e crepi il lupo avt8
Re: vittime del dovere
===mo questo legge il messaggio e ti fotte!!!avt8 ha scritto:Ma io spero che questa volta di non fare ricorso mi sono stancato ormai sono anziano per non dire vecchiio il prossimo 8 novembre. Compio 66 anni ed ssrebbe ora di appendere tutto al chiodo e chiudere il mio ufficio personale per sempre tanto quello che mi doveva lo Stato me lo sono preso con le buone o conla forza ggiuridica. Che dici esposito e il momento di ritirarmi ?
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Re: vittime del dovere
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Giustizia Amministrativa - Consiglio di stato Tribunali Amministrativi Regionali
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Numero 02881/2015 e data 23/10/2015
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REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 4 marzo 2015
NUMERO AFFARE 03105/2013
OGGETTO:
Ministero dell’interno.
Quesito in materia di valutazioni medico-legali effettuate dalle commissioni medico-ospedaliere in applicazione della normativa riguardante le vittime del dovere, del terrorismo e delle stragi di tale matrice, nonché della criminalità organizzata, delle estorsioni e dell’usura.
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 559/C/E/11 del 13 agosto 2013, con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento della pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;
visto il parere interlocutorio reso dalla Sezione all’adunanza del 23 settembre 2013;
vista la nota di adempimento del Ministero della difesa 26 maggio 2014 n. 20770;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Elio Toscano.
Premesso.
1. Il Ministero dell’interno ha rappresentato che, nell’applicazione della normativa concernente l’estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici già previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità, sono emerse alcune incertezze interpretative relativamente ai criteri di valutazione delle commissioni mediche ospedaliere (di seguito C.M.O.). Quest’ultime, infatti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, esprimono il giudizio sanitario sulle cause che hanno determinato il decesso o l’invalidità, accertano il grado dell’eventuale invalidità riscontrata, stabiliscono la percentuale dell’invalidità e dell’eventuale aggravamento, accertano se l’invalidità riportata comporti la cessazione dell’attività lavorativa o del rapporto d’impiego.
2. Nel ripercorrere il quadro normativo di riferimento, l’ Amministrazione richiedente premette che l’art. 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria 2006), in un’ottica gradualmente perequativa, ha previsto la progressiva estensione dei benefici già riconosciuti alle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere e ai soggetti equiparati, come individuati nei successivi commi 563 e 564 dell’art. 1 detto, demandando a un successivo regolamento, poi emanato con decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006 n. 243, la definizione dei termini e delle modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa annua pari a 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.
In particolare, l’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1 di detto regolamento ha esteso anche per le vittime del dovere e per le categorie equiparate la possibilità di rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute, secondo il disposto dell’art. 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004 n. 206 che aveva previsto analoga rivalutazione per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale.
Il descritto quadro normativo è stato successivamente integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2009 n. 181, all’oggetto “Regolamento recante i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, a norma dell’art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206”, che ha previsto che “la valutazione della percentuale d’invalidità, di cui all’art. 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, è espressa in una percentuale unica d’invalidità, comprensiva del riconoscimento del danno biologico e morale” (art. 2, comma 1).
La disposizione riprende quella contenuta nell’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 2009, n. 37 (Regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali, a norma dell’articolo 2, commi 78 e 79, della legge 24 dicembre 2007 n. 244), che considera ai fini della determinazione dell’invalidità complessiva sia il danno biologico, sia il danno morale.
3. Nel prosieguo della relazione, il Ministero dell’interno pone in evidenza che è stata riscontrata un’applicazione non uniforme della normativa di riferimento, tanto nelle prassi amministrative adottate dalle varie unità organizzative titolari dei relativi procedimenti di riconoscimento degli status in argomento, quanto nelle valutazioni espresse dagli organi della sanità militare coinvolti nelle valutazioni-medico-legali.
Allo scopo di superare le diversità e uniformare i comportamenti è stato costituito un gruppo di lavoro, coordinato dall’ispettorato della sanità militare, al quale hanno preso parte tutte le Amministrazioni coinvolte dall’applicazione della normativa in materia, sia quelle di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 510 del 1999, sia il commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Tuttavia sono rimaste irrisolte alcune questioni soprattutto in relazione ai parametri concernenti la valutazione del danno.
Il primo motivo di criticità concerne la valutazione dell’invalidità permanente delle vittime del dovere e degli equiparati, posto che talune commissioni medico ospedaliere, attenendosi alla lettera dell’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006, indicano separatamente i valori relativi al grado d’invalidità permanente e alla percentuale del danno biologico, anziché fornire un dato percentuale unico che conglobi entrambi gli anzidetti parametri, costringendo quindi le Amministrazione ad effettuare scelte di natura tecnico-discrezionale per procedere alla liquidazione della speciale elargizione.
Il secondo motivo di criticità riguarda l’applicazione degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, che dettano i criteri medico-legali rispettivamente per la valutazione e la rivalutazione dell’invalidità permanente. Al riguardo. l’ispettorato generale per la sanità militare, attenendosi alla lettera dei suddetti articoli esclude in linea generale con riferimento alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, comprese le vittime della criminalità organizzata, che in sede di riconoscimento dell’invalidità permanente si possa computare il danno morale. A parere dell’ispettorato il computo del danno morale è ammesso soltanto in sede di visita per la rivalutazione dell’invalidità permanente (evidentemente su richiesta degli interessati) disciplinata dal su richiamato art. 4 del d.P.R. n. 181, ma limitatamente a quelle invalidità già riconosciute e indennizzate alla data di entrata in vigore della legge introduttiva dell’istituto: per le vittime del terrorismo indicata nel 26 agosto 2004 (con riferimento alla legge 3 agosto 2004 n. 206); per le vittime del dovere ed equiparati coincidente con il 1° gennaio 2006 (data indicata dall’art. 1, comma 562 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e nel regolamento di attuazione recato dal d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243).
Detto orientamento non è condiviso dal Ministero dell’interno, che privilegia un’interpretazione logico-sistematica delle disposizioni in questione, volta ad superare qualsiasi discriminazione tra le categorie, in conformità alla volontà del legislatore e al principio di eguaglianza espresso dall’art. 3 della Costituzione.
Il Ministero richiedente dissente, altresì, dall’interpretazione dell’ispettorato della sanità militare, nella parte in cui detto organo ritiene che, in assenza di norme primarie che lo prevedano espressamente, non possano essere effettuate valutazioni dell’eventuale aggravamento fisico per le vittime del dovere e i soggetti equiparati e per le vittime della criminalità organizzata e categorie omologhe (vittime di azioni criminose di matrice comune, posteriori al 1° gennaio 1990, di cui all’art. 82, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
In proposito, si ribadisce in relazione che la valutazione delle percentuali d’invalidità anche a seguito di intercorso aggravamento fisico, introdotta per le sole vittime del terrorismo dal più volte citato art. 6 della legge n. 206 del 2004, è stata estesa alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati dall’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006, e che, ove si accedesse all’interpretazione letterale delle disposizioni normative sostenuta dall’organo di vertice della sanità militare, soltanto le vittime della criminalità organizzata e le categorie omologhe rimarrebbero incomprensibilmente escluse dal beneficio della possibilità di valutazione dell’aggravamento.
4. Consapevole degli interessi coinvolti e delle aspettative dei soggetti delle categorie interessate, il Ministero dell’interno chiede che il Consiglio di Stato si pronunci sulle seguenti questioni:
a) necessità che le valutazioni medico-legali dell’invalidità permanente siano espresse con un’unica percentuale, anche nel caso dell’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006.
b) possibilità di conteggiare il danno morale per tutte le categorie di vittime, anche in sede di prima valutazione dell’invalidità permanente;
c) possibilità di valutare per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata gli aggravamenti dell’invalidità permanete;
d) possibilità di restituire alle commissioni mediche ospedaliere dei verbali non conformi alle valutazioni del Consiglio di Stato per i procedimenti in itinere.
5. In ottemperanza al parere istruttorio reso della Sezione all’adunanza del 23 settembre 2013 il Ministero della difesa, che, oltre a condividere con i Ministeri dell’interno e della giustiziala responsabilità del riconoscimento dello status di “vittime del potere” in relazione alla qualità dei soggetti interessati, assolve un ruolo centrale nell’apprezzamento del nesso causale e della percentuale di invalidità attraverso le C.M.O., ha fatto pervenire il proprio avviso sulle questioni poste dal quesito in esame.
Nessun riscontro è invece pervenuto dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell’economia e delle finanze che pur provvede annualmente all’allocazione delle risorse spendibili per l’attribuzione dei benefici.
6. Il Ministero della difesa premette che con circolare del 9 dicembre 2013 lo stato maggiore della difesa - ispettorato generale della sanità militare, ha emanato direttive tecniche sui criteri per gli accertamenti e le valutazioni medico-legali effettuate dalle C.M.O. in applicazione delle peculiari normative riguardanti le diverse categorie di vittime. Precisa, quindi, che nelle suddette direttive, relativamente alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, viene recepita l’esigenza segnalata dal Ministero dell’interno affinché l’invalidità permanente e il danno biologico siano espressi con un’unica percentuale. Conseguentemente la criticità relativa al primo quesito può considerarsi superata.
Diversamente, per quanto attiene agli altri quesiti all’esame, il Ministero della difesa sostiene con diffuse argomentazioni che debba prevalere l’interpretazione letterale dell’art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004, in base alla quale l’attribuzione del danno morale e la rivalutazione dell’invalidità sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell’entrata in vigore della suddetta legge n. 206, e nei confronti delle vittime del dovere, di cui alle leggi 27 ottobre 1973 n. 629 e 13 agosto 1980 n. 466 (cosiddette vittime del dovere doc), in quanto unici indennizzati prima del 1° gennaio 2006, data di estensione del beneficio in esame ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. c), n. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006).
Considerato.
7. Va innanzitutto osservato che i quesiti posti dal Ministero dell’interno investono una materia caratterizzata da una stratificazione legislativa sviluppatasi nell’arco di più decenni con l’effetto che, anche sulla spinta di fattori contingenti, sono stati normativamente previsti trattamenti differenziati nei confronti delle diverse categorie di vittime e sono aumentati i soggetti destinatari delle provvidenze.
La necessità di un coordinamento tra le diposizioni legislative succedutesi nel tempo, vòlto a conferire un maggiore equilibrio al sistema delle tutele di carattere solidaristico ed assistenziale nei confronti degli aventi titolo, è stata avvertita anche dal legislatore, che nella legge finanziaria 2006 ha manifestato l’intendimento di procedere alla progressiva estensione dei benefici, già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, delle vittime del dovere e soggetti equiparati, demandando ad un successivo regolamento termini e modalità per la corresponsione delle provvidenze entro il limite di spesa annua di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006 (art.1, commi 562, 563, 564e 565 della legge 23 dicembre 2005 n. 266).
Tuttavia non possono sfuggire la natura solo in parte precettiva e per il resto programmatica delle disposizioni espresse nei commi appena richiamati, né l’assenza in prosieguo di provvedimenti legislativi volti a riassettare in modo organico, anche attraverso un eventuale intervento delegificatorio, la complessa materia dei benefici in un’ottica di maggiore equità tra le diverse categorie interessate.
Per quanto un’iniziativa nel senso sia auspicabile anche sotto il profilo etico, all’interprete non è permesso di sostituirsi al legislatore, applicando in via analogica o estensiva la più favorevole disciplina prevista per una categoria di vittime ad altre categorie destinatarie di trattamenti meno premianti, regolati da specifiche disposizioni di legge: l’analogia, infatti, presuppone una lacuna normativa a cui si sopperisce estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie non prevista sulla base di una somiglianza rilevante con altra fattispecie regolata da una norma; quanto poi all’interpretazione estensiva essa può ampliare il significato precedentemente attribuito ad una formulazione normativa, purché risulti compatibile con il suo tenore letterale.
Nel descritto variegato quadro normativo di riferimento una costante è rappresentata dalla circostanza che alle C.M.O. compete l’accertamento del nesso di causalità e la valutazione del danno, aspetto quest’ultimo al quale attengono i profili di criticità oggetto dei quesiti all’esame.
8. Quanto al primo quesito, l’esigenza prospettata dal Ministero dell’interno, affinché le commissioni mediche ospedaliere esprimano in un’unica percentuale l’invalidità permanente e il danno biologico, è stata condivisa dal Ministero della difesa e risulta recepita nelle direttive tecniche impartite agli organi di valutazione della sanità militare.
In proposito si considera che la possibilità di conglobare in un unico indice percentuale sia l’invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, sia il danno biologico (DB), inteso come lesione permanente dell’integrità psico-fisica, sia il danno morale (DM), quale pregiudizio non patrimoniale espressivo dello stato di sofferenza soggettivo indotto dall’evento lesivo, è un dato acquisito dall’ordinamento positivo. Infatti, il d.P.R. n. 181 del 2009, nel dettare i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice a norma dell’art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, fa rientrare nelle competenze delle commissioni mediche ospedaliere la definizione della percentuale unica di invalidità complessiva (IC), corrispondente alla “somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)” (art. 4).
Detta formula, come convenuto dal Ministero della difesa, si presta ad essere utilizzata anche per il calcolo dell’invalidità complessiva nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la valutazione del danno morale e consente di corrispondere le elargizioni e altre provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e per le vittime del dovere ed equiparati in proporzione alla percentuale di invalidità permanente riconosciuta, con riferimento alla capacità lavorativa, come previsto dall’art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 e successive modificazioni e integrazioni.
Pertanto, relativamente al quesito in esame non resta che concludere che le valutazioni finali delle C.M.O. devono esprimere con un’unica percentuale le poste di danno considerate.
9. Le posizioni del Ministero dell’interno e del Ministero della difesa divergono sensibilmente a cominciare dal secondo quesito.
In particolare, per ciò che concerne il danno morale di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, il Ministero dell’interno ritiene che tale posta di danno:
- debba essere riconosciuta a tutte le vittime del terrorismo, sia in sede di prima valutazione, sia in sede di aggravamento in quanto l’art. 6 della legge n. 206 del 2004, conformandosi all’evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione, ha disposto la rivalutazione delle invalidità già riconosciute al momento dell’entrata in vigore della legge suddetta, contemplando anche il parametro del danno morale;
- debba essere presa in esame dalla C.M.O. anche in sede del primo accertamento dell’invalidità successivo all’entrata in vigore della suddetta legge, per evitare discriminazioni tra valutazioni anteriori e posteriori alla legge n. 206 del 2004.
Per le stesse ragioni il Ministero dell’interno esprime l’avviso che la posta del danno morale debba applicarsi anche alle vittime del dovere e ai loro equiparati per effetto dell’art. 4 del regolamento di cui al d.P.R. n. 243 del 2006, che ha esteso a dette categorie il beneficio di cui all’art. 6 della legge n. 206 del 2004; sostiene, altresì, che ragioni di equità suggerirebbero di estendere lo stesso beneficio d anche le vittime della criminalità organizzata sulla base di una interpretazione logico-sistematica della predetta disposizione di legge.
Di contro il Ministero della difesa, ritenendo chiaro e tassativo il disposto dell’art. 6 della legge 206 del 2004, ne postula un’interpretazione letterale in base alla quale la valutazione del danno morale e dell’aggravamento sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell’entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, nonché alla vittime del dovere di cui alla legge 27 ottobre 1973 n. 628 (appartenenti ai corpi di polizia deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico), e della legge 13 agosto 1980, n. 466 (magistrati,vigili del fuoco e militari delle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso e cittadini vittime del dovere e di azioni terroristiche), in quanto uniche indennizzate prima del 1° gennaio 2006, data di estensione alle vittime del dovere del benefico in esame ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 243 del 2006.
La Sezione osserva che la legge 3 agosto 2004, n. 206, come si legge nella relazione illustrativa al relativo disegno di legge di iniziativa parlamentare (atto Camera n. 2725 della XIV legislatura), “riguarda una cerchia di soggetti relativamente ristretta sotto il profilo numerico, tenendo conto del fatto che per vittime del terrorismo devono intendersi esclusivamente le vittime (ed i superstiti) di attività criminose, che presentano peculiari caratteristiche, tali da consentire di distinguere nettamente l’atto terroristico ed eversivo da altri atti criminali (criminalità organizzata) o da altri penalmente illeciti”.
Infatti la legge n. 206/2004, proposta ed approvata nel clima dei tragici attentati dell’11 settembre 2001, persegue lo scopo di estendere alle vittime del terrorismo di cui alla legge n. 302 del 1990 e successive modifiche e integrazioni alcune delle norme applicate a favore degli "ex combattenti" e dei dipendenti militari soprattutto con riferimento al trattamento di pensione privilegiata e ai benefici fiscali.
La stessa legge, al fine di riequilibrare trattamenti estremamente differenziati di cui avevano beneficiato sino allora le vittime del terrorismo per effetto delle disposizioni di legge precedenti, all’art. 6, comma 1, ha previsto la valutazione del danno complessivo, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico incluso il danno morale, la rivalutazione delle singole invalidità, l’elevazione del punto percentuale d’invalidità con effetto retroattivo, nonché il ricalcolo delle indennità già erogate dalle precedenti leggi.
Si tratta di un’operazione di riequilibrio di carattere eccezionale subordinata a ben definite condizioni soggettive e oggettive, in quanto rivolta soltanto alle vittime del terrorismo riconosciute antecedentemente all’entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, individuate in complessive 10 unità, a beneficio delle quali la legge ha autorizzato per il solo anno 2004 la spesa di 300.000 euro per la rivalutazione delle percentuali di invalidità già corrisposte.
Nel contesto descritto non si ritiene che l’art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004 abbia espresso un principio di carattere generale applicabile all’intero corpo normativo delle vittime del terrorismo e del dovere, con l’effetto di estendere il riconoscimento del danno morale a soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati nella suddetta diposizione legislativa. Né, invero, stanti i vincoli posti dalla norma di rango primario, il d.P.R. n. 181 del 2009 che regolamenta l’applicazione dell’art. 6 detto e dètta i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e delle diverse tipologie di danno, può operare oltre i limiti fissati dalla fonte sovraordinata.
In definitiva il decreto n. 181 integra le disposizioni contenute nel d.P.R. 28 luglio 1999 n. 510, che disciplina il procedimento per il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, per dare attuazione all’art. 6 della legge n. 206 del 2004, e a tal fine:
- all’art. 3 detta i criteri medico-legali per l’accertamento dell’invalidità permanente, con la specifica - evidentemente riferita alla prime visite - che le C.M.O. devono procedere tenendo conto esclusivamente della percentuale d’invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa;
- al successivo art. 4, fornisce i criteri medico legali per la rivalutazione dell’invalidità permanente e per la determinazione - esclusivamente in tale sede - del danno biologico e del danno morale.
Analoghi confini oggettivi e soggettivi sono stati fissati nel caso dell’estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, disposta dai commi 562, 563, 564 e 565 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e regolamentata dal d.P.R. 7 luglio 2006 n. 243, che tra l’altro all’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1) ha previsto la possibilità di rivalutazione delle infermità permanenti invalidanti o alle quali è conseguito il decesso per effetto delle particolari condizioni ambientali od operative di missione, limitatamente a quelle riconosciute e indennizzate prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2006.
Per quanto sin qui considerato, la Sezione condivide l’obiezione del Ministero della Difesa che ha evidenziato come l’allargamento dell’ambito di applicazione dell’art. 6 della legge n. 206 del 2004 provocherebbe un considerevole ampliamento dei destinatari dei benefici, non previsto dalla legislazione sulle vittime, e una dilatazione della spesa pubblica priva di copertura finanziaria, con particolare riguardo all’assegno e allo speciale assegno vitalizio (che sono attribuiti soltanto per le invalidità permanenti pari o superiori al 25%).
La Sezione conviene, altresì, che i benefici introdotti dall’art .6 della legge n. 206 del 2004, in mancanza di una disposizione di legge che lo preveda, non possono essere attribuiti in via interpretativa alle vittime della criminalità organizzata, del racket e dell’usura.
10. In merito al terzo quesito, concernente la possibilità di richiedere ed effettuare la valutazione di eventuali aggravamenti per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata, si registrano due posizioni contrapposte.
Quanto alla prima, il Ministero dell’interno sostiene che, pur in assenza di norme primaria, il sopravvenuto aggravamento fisico potrebbe essere ammesso con un’interpretazione estensiva dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999, il quale prevede che la C.M.O. “…esprime il giudizio sanitario sulle cause delle ferite o lesioni che hanno determinato il decesso o la invalidità, accerta il grado dell’eventuale invalidità riscontrata, stabilisce la percentuale dell’invalidità e dell’eventuale aggravamento, ed accerta comunque se l’invalidità riportata comporti la cessazione la cessazione dell’attività lavorativa o del rapporto d’impiego...”.
Di avviso diverso è il Ministero della difesa, il quale sostiene che l’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999 non ha inteso introdurre un procedimento “a regime” di rivalutazione delle invalidità, sulla falsariga di quello previsto in materia di pensione privilegiata ordinaria o di pensioni di guerra, bensì, in attuazione dell’art. 5 della legge 23 novembre 1998, n. 407, è volto a disciplinare le modalità di attuazione della legge suddetta, che ha introdotto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata alcuni benefici, quali l’assegno vitalizio di 500.000 lire, le due annualità di pensione, il collocamento obbligatorio, le borse di studio, la riliquidazione della speciale elargizione di cui alla legge n. 466 del 1980, come modificata dall’art. 12 dalla legge n. 302 del 1990.
Anche in questo caso, secondo la Difesa, la valutazione dell’aggravamento costituisce una misura “una tantum”, resa necessaria per evitare disparità di trattamento tra i destinatari delle provvidenze, posto che per espressa previsione dell’art. 5, comma 1, della legge n. 407 del 1998 i benefici dalla stessa prevista possono applicarsi agli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 1969.
La Sezione ritiene condivisibile l’avviso del Ministero della Difesa, in quanto, a differenza della normativa pensionistica, privilegiata e di guerra, che consente la rivalutazione del trattamento per effetto dell’aggravamento dell’invalidità, i benefici previsti dalle disposizioni di legge a favore delle diverse categorie di vittime hanno carattere indennitario, sono previsti a vita in misura predeterminata purché l’interessato abbia riportato un’invalidità uguale o superiore al 25%, e non prevedono la possibilità di riliquidazione a seguito di aggravamento.
Tuttavia non può sfuggire che la revisione conseguente all’eventuale aggravamento delle patologie potrebbe ingenerare un flusso non facilmente quantificabile di istanze di aggravamento (originato da coloro che abbiano avuta riconosciuta una percentuale di invalidità inferiore al 25%) certamente non coerente con il sistema indennitario “una tantum” e più oneroso di quest’’ultimo sul piano finanziario.
E’ consequenziale, pertanto, che qualsiasi variazione al sistema indennitario debba essere riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore anche per i prevedibili e non trascurabili riflessi sulla spesa pubblica
11. Quanto, infine, al quarto quesito, è ragionevole che possano essere rinviate alla C.M.O. con richiesta di riesame soltanto i giudizi relativi a pratiche ancora pendenti, per le quali detti organi collegiali non abbiano espresso una percentuale unica d’invalidità, nei casi in cui la stessa sia normativamente prescritta.
12. A conclusione del presente parere, la Sezione non può astenersi dal ribadire che le incertezze applicative, alla base dei quesiti esaminati, discendono dalla stratificazione delle norme che regolano la specifica materia, le quali risultano nel complesso confuse e imperfette.
Avuto riguardo, pertanto, alle aspettative dei destinatari dei benefici e considerata la complessità del quadro normativo di riferimento, che necessita di un intervento volto a coordinare, semplificare e rendere verificabili da chiunque i parametri da prendere in considerazione per i diversi trattamenti previsti, la Sezione ritiene che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 58 del regio decreto 21 aprile 1944 n. 444 (“[q]uando dall’esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo”), sicché va disposta la trasmissione del presente parere al Presidente del Consiglio dei ministri.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
Dispone la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elio Toscano Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
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Quesito in materia di valutazioni medico-legali effettuate dalle commissioni medico-ospedaliere in applicazione della normativa riguardante le vittime del dovere, del terrorismo e delle stragi di tale matrice, nonché della criminalità organizzata, delle estorsioni e dell’usura.
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 559/C/E/11 del 13 agosto 2013, con la quale il Ministero dell’interno - dipartimento della pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;
visto il parere interlocutorio reso dalla Sezione all’adunanza del 23 settembre 2013;
vista la nota di adempimento del Ministero della difesa 26 maggio 2014 n. 20770;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Elio Toscano.
Premesso.
1. Il Ministero dell’interno ha rappresentato che, nell’applicazione della normativa concernente l’estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici già previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità, sono emerse alcune incertezze interpretative relativamente ai criteri di valutazione delle commissioni mediche ospedaliere (di seguito C.M.O.). Quest’ultime, infatti, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, esprimono il giudizio sanitario sulle cause che hanno determinato il decesso o l’invalidità, accertano il grado dell’eventuale invalidità riscontrata, stabiliscono la percentuale dell’invalidità e dell’eventuale aggravamento, accertano se l’invalidità riportata comporti la cessazione dell’attività lavorativa o del rapporto d’impiego.
2. Nel ripercorrere il quadro normativo di riferimento, l’ Amministrazione richiedente premette che l’art. 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria 2006), in un’ottica gradualmente perequativa, ha previsto la progressiva estensione dei benefici già riconosciuti alle vittime della criminalità e del terrorismo a tutte le vittime del dovere e ai soggetti equiparati, come individuati nei successivi commi 563 e 564 dell’art. 1 detto, demandando a un successivo regolamento, poi emanato con decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006 n. 243, la definizione dei termini e delle modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa annua pari a 10 milioni di euro a decorrere dal 2006.
In particolare, l’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1 di detto regolamento ha esteso anche per le vittime del dovere e per le categorie equiparate la possibilità di rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute, secondo il disposto dell’art. 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004 n. 206 che aveva previsto analoga rivalutazione per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale.
Il descritto quadro normativo è stato successivamente integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 2009 n. 181, all’oggetto “Regolamento recante i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, a norma dell’art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206”, che ha previsto che “la valutazione della percentuale d’invalidità, di cui all’art. 6, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, è espressa in una percentuale unica d’invalidità, comprensiva del riconoscimento del danno biologico e morale” (art. 2, comma 1).
La disposizione riprende quella contenuta nell’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 2009, n. 37 (Regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali, a norma dell’articolo 2, commi 78 e 79, della legge 24 dicembre 2007 n. 244), che considera ai fini della determinazione dell’invalidità complessiva sia il danno biologico, sia il danno morale.
3. Nel prosieguo della relazione, il Ministero dell’interno pone in evidenza che è stata riscontrata un’applicazione non uniforme della normativa di riferimento, tanto nelle prassi amministrative adottate dalle varie unità organizzative titolari dei relativi procedimenti di riconoscimento degli status in argomento, quanto nelle valutazioni espresse dagli organi della sanità militare coinvolti nelle valutazioni-medico-legali.
Allo scopo di superare le diversità e uniformare i comportamenti è stato costituito un gruppo di lavoro, coordinato dall’ispettorato della sanità militare, al quale hanno preso parte tutte le Amministrazioni coinvolte dall’applicazione della normativa in materia, sia quelle di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 510 del 1999, sia il commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Tuttavia sono rimaste irrisolte alcune questioni soprattutto in relazione ai parametri concernenti la valutazione del danno.
Il primo motivo di criticità concerne la valutazione dell’invalidità permanente delle vittime del dovere e degli equiparati, posto che talune commissioni medico ospedaliere, attenendosi alla lettera dell’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006, indicano separatamente i valori relativi al grado d’invalidità permanente e alla percentuale del danno biologico, anziché fornire un dato percentuale unico che conglobi entrambi gli anzidetti parametri, costringendo quindi le Amministrazione ad effettuare scelte di natura tecnico-discrezionale per procedere alla liquidazione della speciale elargizione.
Il secondo motivo di criticità riguarda l’applicazione degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, che dettano i criteri medico-legali rispettivamente per la valutazione e la rivalutazione dell’invalidità permanente. Al riguardo. l’ispettorato generale per la sanità militare, attenendosi alla lettera dei suddetti articoli esclude in linea generale con riferimento alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, comprese le vittime della criminalità organizzata, che in sede di riconoscimento dell’invalidità permanente si possa computare il danno morale. A parere dell’ispettorato il computo del danno morale è ammesso soltanto in sede di visita per la rivalutazione dell’invalidità permanente (evidentemente su richiesta degli interessati) disciplinata dal su richiamato art. 4 del d.P.R. n. 181, ma limitatamente a quelle invalidità già riconosciute e indennizzate alla data di entrata in vigore della legge introduttiva dell’istituto: per le vittime del terrorismo indicata nel 26 agosto 2004 (con riferimento alla legge 3 agosto 2004 n. 206); per le vittime del dovere ed equiparati coincidente con il 1° gennaio 2006 (data indicata dall’art. 1, comma 562 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e nel regolamento di attuazione recato dal d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243).
Detto orientamento non è condiviso dal Ministero dell’interno, che privilegia un’interpretazione logico-sistematica delle disposizioni in questione, volta ad superare qualsiasi discriminazione tra le categorie, in conformità alla volontà del legislatore e al principio di eguaglianza espresso dall’art. 3 della Costituzione.
Il Ministero richiedente dissente, altresì, dall’interpretazione dell’ispettorato della sanità militare, nella parte in cui detto organo ritiene che, in assenza di norme primarie che lo prevedano espressamente, non possano essere effettuate valutazioni dell’eventuale aggravamento fisico per le vittime del dovere e i soggetti equiparati e per le vittime della criminalità organizzata e categorie omologhe (vittime di azioni criminose di matrice comune, posteriori al 1° gennaio 1990, di cui all’art. 82, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
In proposito, si ribadisce in relazione che la valutazione delle percentuali d’invalidità anche a seguito di intercorso aggravamento fisico, introdotta per le sole vittime del terrorismo dal più volte citato art. 6 della legge n. 206 del 2004, è stata estesa alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati dall’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006, e che, ove si accedesse all’interpretazione letterale delle disposizioni normative sostenuta dall’organo di vertice della sanità militare, soltanto le vittime della criminalità organizzata e le categorie omologhe rimarrebbero incomprensibilmente escluse dal beneficio della possibilità di valutazione dell’aggravamento.
4. Consapevole degli interessi coinvolti e delle aspettative dei soggetti delle categorie interessate, il Ministero dell’interno chiede che il Consiglio di Stato si pronunci sulle seguenti questioni:
a) necessità che le valutazioni medico-legali dell’invalidità permanente siano espresse con un’unica percentuale, anche nel caso dell’art. 5 del d.P.R. n. 243 del 2006.
b) possibilità di conteggiare il danno morale per tutte le categorie di vittime, anche in sede di prima valutazione dell’invalidità permanente;
c) possibilità di valutare per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata gli aggravamenti dell’invalidità permanete;
d) possibilità di restituire alle commissioni mediche ospedaliere dei verbali non conformi alle valutazioni del Consiglio di Stato per i procedimenti in itinere.
5. In ottemperanza al parere istruttorio reso della Sezione all’adunanza del 23 settembre 2013 il Ministero della difesa, che, oltre a condividere con i Ministeri dell’interno e della giustiziala responsabilità del riconoscimento dello status di “vittime del potere” in relazione alla qualità dei soggetti interessati, assolve un ruolo centrale nell’apprezzamento del nesso causale e della percentuale di invalidità attraverso le C.M.O., ha fatto pervenire il proprio avviso sulle questioni poste dal quesito in esame.
Nessun riscontro è invece pervenuto dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell’economia e delle finanze che pur provvede annualmente all’allocazione delle risorse spendibili per l’attribuzione dei benefici.
6. Il Ministero della difesa premette che con circolare del 9 dicembre 2013 lo stato maggiore della difesa - ispettorato generale della sanità militare, ha emanato direttive tecniche sui criteri per gli accertamenti e le valutazioni medico-legali effettuate dalle C.M.O. in applicazione delle peculiari normative riguardanti le diverse categorie di vittime. Precisa, quindi, che nelle suddette direttive, relativamente alle vittime del dovere e ai soggetti equiparati, viene recepita l’esigenza segnalata dal Ministero dell’interno affinché l’invalidità permanente e il danno biologico siano espressi con un’unica percentuale. Conseguentemente la criticità relativa al primo quesito può considerarsi superata.
Diversamente, per quanto attiene agli altri quesiti all’esame, il Ministero della difesa sostiene con diffuse argomentazioni che debba prevalere l’interpretazione letterale dell’art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004, in base alla quale l’attribuzione del danno morale e la rivalutazione dell’invalidità sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell’entrata in vigore della suddetta legge n. 206, e nei confronti delle vittime del dovere, di cui alle leggi 27 ottobre 1973 n. 629 e 13 agosto 1980 n. 466 (cosiddette vittime del dovere doc), in quanto unici indennizzati prima del 1° gennaio 2006, data di estensione del beneficio in esame ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. c), n. 1 del d.P.R. n. 243 del 2006).
Considerato.
7. Va innanzitutto osservato che i quesiti posti dal Ministero dell’interno investono una materia caratterizzata da una stratificazione legislativa sviluppatasi nell’arco di più decenni con l’effetto che, anche sulla spinta di fattori contingenti, sono stati normativamente previsti trattamenti differenziati nei confronti delle diverse categorie di vittime e sono aumentati i soggetti destinatari delle provvidenze.
La necessità di un coordinamento tra le diposizioni legislative succedutesi nel tempo, vòlto a conferire un maggiore equilibrio al sistema delle tutele di carattere solidaristico ed assistenziale nei confronti degli aventi titolo, è stata avvertita anche dal legislatore, che nella legge finanziaria 2006 ha manifestato l’intendimento di procedere alla progressiva estensione dei benefici, già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, delle vittime del dovere e soggetti equiparati, demandando ad un successivo regolamento termini e modalità per la corresponsione delle provvidenze entro il limite di spesa annua di 10 milioni di euro a decorrere dal 2006 (art.1, commi 562, 563, 564e 565 della legge 23 dicembre 2005 n. 266).
Tuttavia non possono sfuggire la natura solo in parte precettiva e per il resto programmatica delle disposizioni espresse nei commi appena richiamati, né l’assenza in prosieguo di provvedimenti legislativi volti a riassettare in modo organico, anche attraverso un eventuale intervento delegificatorio, la complessa materia dei benefici in un’ottica di maggiore equità tra le diverse categorie interessate.
Per quanto un’iniziativa nel senso sia auspicabile anche sotto il profilo etico, all’interprete non è permesso di sostituirsi al legislatore, applicando in via analogica o estensiva la più favorevole disciplina prevista per una categoria di vittime ad altre categorie destinatarie di trattamenti meno premianti, regolati da specifiche disposizioni di legge: l’analogia, infatti, presuppone una lacuna normativa a cui si sopperisce estendendo una conseguenza giuridica ad una fattispecie non prevista sulla base di una somiglianza rilevante con altra fattispecie regolata da una norma; quanto poi all’interpretazione estensiva essa può ampliare il significato precedentemente attribuito ad una formulazione normativa, purché risulti compatibile con il suo tenore letterale.
Nel descritto variegato quadro normativo di riferimento una costante è rappresentata dalla circostanza che alle C.M.O. compete l’accertamento del nesso di causalità e la valutazione del danno, aspetto quest’ultimo al quale attengono i profili di criticità oggetto dei quesiti all’esame.
8. Quanto al primo quesito, l’esigenza prospettata dal Ministero dell’interno, affinché le commissioni mediche ospedaliere esprimano in un’unica percentuale l’invalidità permanente e il danno biologico, è stata condivisa dal Ministero della difesa e risulta recepita nelle direttive tecniche impartite agli organi di valutazione della sanità militare.
In proposito si considera che la possibilità di conglobare in un unico indice percentuale sia l’invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, sia il danno biologico (DB), inteso come lesione permanente dell’integrità psico-fisica, sia il danno morale (DM), quale pregiudizio non patrimoniale espressivo dello stato di sofferenza soggettivo indotto dall’evento lesivo, è un dato acquisito dall’ordinamento positivo. Infatti, il d.P.R. n. 181 del 2009, nel dettare i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e del danno biologico e morale a carico delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice a norma dell’art. 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, fa rientrare nelle competenze delle commissioni mediche ospedaliere la definizione della percentuale unica di invalidità complessiva (IC), corrispondente alla “somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)” (art. 4).
Detta formula, come convenuto dal Ministero della difesa, si presta ad essere utilizzata anche per il calcolo dell’invalidità complessiva nel caso in cui non ricorrano i presupposti per la valutazione del danno morale e consente di corrispondere le elargizioni e altre provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e per le vittime del dovere ed equiparati in proporzione alla percentuale di invalidità permanente riconosciuta, con riferimento alla capacità lavorativa, come previsto dall’art. 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 e successive modificazioni e integrazioni.
Pertanto, relativamente al quesito in esame non resta che concludere che le valutazioni finali delle C.M.O. devono esprimere con un’unica percentuale le poste di danno considerate.
9. Le posizioni del Ministero dell’interno e del Ministero della difesa divergono sensibilmente a cominciare dal secondo quesito.
In particolare, per ciò che concerne il danno morale di cui all’art. 4 del d.P.R. n. 181 del 2009, il Ministero dell’interno ritiene che tale posta di danno:
- debba essere riconosciuta a tutte le vittime del terrorismo, sia in sede di prima valutazione, sia in sede di aggravamento in quanto l’art. 6 della legge n. 206 del 2004, conformandosi all’evoluzione della giurisprudenza della corte di cassazione, ha disposto la rivalutazione delle invalidità già riconosciute al momento dell’entrata in vigore della legge suddetta, contemplando anche il parametro del danno morale;
- debba essere presa in esame dalla C.M.O. anche in sede del primo accertamento dell’invalidità successivo all’entrata in vigore della suddetta legge, per evitare discriminazioni tra valutazioni anteriori e posteriori alla legge n. 206 del 2004.
Per le stesse ragioni il Ministero dell’interno esprime l’avviso che la posta del danno morale debba applicarsi anche alle vittime del dovere e ai loro equiparati per effetto dell’art. 4 del regolamento di cui al d.P.R. n. 243 del 2006, che ha esteso a dette categorie il beneficio di cui all’art. 6 della legge n. 206 del 2004; sostiene, altresì, che ragioni di equità suggerirebbero di estendere lo stesso beneficio d anche le vittime della criminalità organizzata sulla base di una interpretazione logico-sistematica della predetta disposizione di legge.
Di contro il Ministero della difesa, ritenendo chiaro e tassativo il disposto dell’art. 6 della legge 206 del 2004, ne postula un’interpretazione letterale in base alla quale la valutazione del danno morale e dell’aggravamento sono consentite esclusivamente nei confronti delle vittime del terrorismo, già indennizzate prima dell’entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, nonché alla vittime del dovere di cui alla legge 27 ottobre 1973 n. 628 (appartenenti ai corpi di polizia deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza ad azioni terroristiche o criminose o in servizio di ordine pubblico), e della legge 13 agosto 1980, n. 466 (magistrati,vigili del fuoco e militari delle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso e cittadini vittime del dovere e di azioni terroristiche), in quanto uniche indennizzate prima del 1° gennaio 2006, data di estensione alle vittime del dovere del benefico in esame ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 243 del 2006.
La Sezione osserva che la legge 3 agosto 2004, n. 206, come si legge nella relazione illustrativa al relativo disegno di legge di iniziativa parlamentare (atto Camera n. 2725 della XIV legislatura), “riguarda una cerchia di soggetti relativamente ristretta sotto il profilo numerico, tenendo conto del fatto che per vittime del terrorismo devono intendersi esclusivamente le vittime (ed i superstiti) di attività criminose, che presentano peculiari caratteristiche, tali da consentire di distinguere nettamente l’atto terroristico ed eversivo da altri atti criminali (criminalità organizzata) o da altri penalmente illeciti”.
Infatti la legge n. 206/2004, proposta ed approvata nel clima dei tragici attentati dell’11 settembre 2001, persegue lo scopo di estendere alle vittime del terrorismo di cui alla legge n. 302 del 1990 e successive modifiche e integrazioni alcune delle norme applicate a favore degli "ex combattenti" e dei dipendenti militari soprattutto con riferimento al trattamento di pensione privilegiata e ai benefici fiscali.
La stessa legge, al fine di riequilibrare trattamenti estremamente differenziati di cui avevano beneficiato sino allora le vittime del terrorismo per effetto delle disposizioni di legge precedenti, all’art. 6, comma 1, ha previsto la valutazione del danno complessivo, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico incluso il danno morale, la rivalutazione delle singole invalidità, l’elevazione del punto percentuale d’invalidità con effetto retroattivo, nonché il ricalcolo delle indennità già erogate dalle precedenti leggi.
Si tratta di un’operazione di riequilibrio di carattere eccezionale subordinata a ben definite condizioni soggettive e oggettive, in quanto rivolta soltanto alle vittime del terrorismo riconosciute antecedentemente all’entrata in vigore della legge n. 206 del 2004, individuate in complessive 10 unità, a beneficio delle quali la legge ha autorizzato per il solo anno 2004 la spesa di 300.000 euro per la rivalutazione delle percentuali di invalidità già corrisposte.
Nel contesto descritto non si ritiene che l’art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004 abbia espresso un principio di carattere generale applicabile all’intero corpo normativo delle vittime del terrorismo e del dovere, con l’effetto di estendere il riconoscimento del danno morale a soggetti ulteriori rispetto a quelli indicati nella suddetta diposizione legislativa. Né, invero, stanti i vincoli posti dalla norma di rango primario, il d.P.R. n. 181 del 2009 che regolamenta l’applicazione dell’art. 6 detto e dètta i criteri medico-legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e delle diverse tipologie di danno, può operare oltre i limiti fissati dalla fonte sovraordinata.
In definitiva il decreto n. 181 integra le disposizioni contenute nel d.P.R. 28 luglio 1999 n. 510, che disciplina il procedimento per il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, per dare attuazione all’art. 6 della legge n. 206 del 2004, e a tal fine:
- all’art. 3 detta i criteri medico-legali per l’accertamento dell’invalidità permanente, con la specifica - evidentemente riferita alla prime visite - che le C.M.O. devono procedere tenendo conto esclusivamente della percentuale d’invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa;
- al successivo art. 4, fornisce i criteri medico legali per la rivalutazione dell’invalidità permanente e per la determinazione - esclusivamente in tale sede - del danno biologico e del danno morale.
Analoghi confini oggettivi e soggettivi sono stati fissati nel caso dell’estensione alle vittime del dovere ed equiparati dei benefici previsti per le vittime del terrorismo, disposta dai commi 562, 563, 564 e 565 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e regolamentata dal d.P.R. 7 luglio 2006 n. 243, che tra l’altro all’art. 4, comma 1, lettera c), n. 1) ha previsto la possibilità di rivalutazione delle infermità permanenti invalidanti o alle quali è conseguito il decesso per effetto delle particolari condizioni ambientali od operative di missione, limitatamente a quelle riconosciute e indennizzate prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2006.
Per quanto sin qui considerato, la Sezione condivide l’obiezione del Ministero della Difesa che ha evidenziato come l’allargamento dell’ambito di applicazione dell’art. 6 della legge n. 206 del 2004 provocherebbe un considerevole ampliamento dei destinatari dei benefici, non previsto dalla legislazione sulle vittime, e una dilatazione della spesa pubblica priva di copertura finanziaria, con particolare riguardo all’assegno e allo speciale assegno vitalizio (che sono attribuiti soltanto per le invalidità permanenti pari o superiori al 25%).
La Sezione conviene, altresì, che i benefici introdotti dall’art .6 della legge n. 206 del 2004, in mancanza di una disposizione di legge che lo preveda, non possono essere attribuiti in via interpretativa alle vittime della criminalità organizzata, del racket e dell’usura.
10. In merito al terzo quesito, concernente la possibilità di richiedere ed effettuare la valutazione di eventuali aggravamenti per le vittime del dovere e soggetti equiparati, nonché per le vittime della criminalità organizzata, si registrano due posizioni contrapposte.
Quanto alla prima, il Ministero dell’interno sostiene che, pur in assenza di norme primaria, il sopravvenuto aggravamento fisico potrebbe essere ammesso con un’interpretazione estensiva dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999, il quale prevede che la C.M.O. “…esprime il giudizio sanitario sulle cause delle ferite o lesioni che hanno determinato il decesso o la invalidità, accerta il grado dell’eventuale invalidità riscontrata, stabilisce la percentuale dell’invalidità e dell’eventuale aggravamento, ed accerta comunque se l’invalidità riportata comporti la cessazione la cessazione dell’attività lavorativa o del rapporto d’impiego...”.
Di avviso diverso è il Ministero della difesa, il quale sostiene che l’art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 510 del 1999 non ha inteso introdurre un procedimento “a regime” di rivalutazione delle invalidità, sulla falsariga di quello previsto in materia di pensione privilegiata ordinaria o di pensioni di guerra, bensì, in attuazione dell’art. 5 della legge 23 novembre 1998, n. 407, è volto a disciplinare le modalità di attuazione della legge suddetta, che ha introdotto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata alcuni benefici, quali l’assegno vitalizio di 500.000 lire, le due annualità di pensione, il collocamento obbligatorio, le borse di studio, la riliquidazione della speciale elargizione di cui alla legge n. 466 del 1980, come modificata dall’art. 12 dalla legge n. 302 del 1990.
Anche in questo caso, secondo la Difesa, la valutazione dell’aggravamento costituisce una misura “una tantum”, resa necessaria per evitare disparità di trattamento tra i destinatari delle provvidenze, posto che per espressa previsione dell’art. 5, comma 1, della legge n. 407 del 1998 i benefici dalla stessa prevista possono applicarsi agli eventi verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 1969.
La Sezione ritiene condivisibile l’avviso del Ministero della Difesa, in quanto, a differenza della normativa pensionistica, privilegiata e di guerra, che consente la rivalutazione del trattamento per effetto dell’aggravamento dell’invalidità, i benefici previsti dalle disposizioni di legge a favore delle diverse categorie di vittime hanno carattere indennitario, sono previsti a vita in misura predeterminata purché l’interessato abbia riportato un’invalidità uguale o superiore al 25%, e non prevedono la possibilità di riliquidazione a seguito di aggravamento.
Tuttavia non può sfuggire che la revisione conseguente all’eventuale aggravamento delle patologie potrebbe ingenerare un flusso non facilmente quantificabile di istanze di aggravamento (originato da coloro che abbiano avuta riconosciuta una percentuale di invalidità inferiore al 25%) certamente non coerente con il sistema indennitario “una tantum” e più oneroso di quest’’ultimo sul piano finanziario.
E’ consequenziale, pertanto, che qualsiasi variazione al sistema indennitario debba essere riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore anche per i prevedibili e non trascurabili riflessi sulla spesa pubblica
11. Quanto, infine, al quarto quesito, è ragionevole che possano essere rinviate alla C.M.O. con richiesta di riesame soltanto i giudizi relativi a pratiche ancora pendenti, per le quali detti organi collegiali non abbiano espresso una percentuale unica d’invalidità, nei casi in cui la stessa sia normativamente prescritta.
12. A conclusione del presente parere, la Sezione non può astenersi dal ribadire che le incertezze applicative, alla base dei quesiti esaminati, discendono dalla stratificazione delle norme che regolano la specifica materia, le quali risultano nel complesso confuse e imperfette.
Avuto riguardo, pertanto, alle aspettative dei destinatari dei benefici e considerata la complessità del quadro normativo di riferimento, che necessita di un intervento volto a coordinare, semplificare e rendere verificabili da chiunque i parametri da prendere in considerazione per i diversi trattamenti previsti, la Sezione ritiene che ricorra l’ipotesi di cui all’art. 58 del regio decreto 21 aprile 1944 n. 444 (“[q]uando dall’esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo”), sicché va disposta la trasmissione del presente parere al Presidente del Consiglio dei ministri.
P.Q.M.
nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
Dispone la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elio Toscano Raffaele Carboni
IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa
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Re: R: vittime del dovere
Messaggio da christian71 »
Ciao avt8… ma poi come è andata a finire???… cosa ti ha detto il Presidente della Commissione???…avt8 ha scritto:Io sono adesso in cmo ho appena passato la visita pdichiatra ed ho litigato con il medico in quanto gli ho detto che lui deve fsre secondo legge e coscienz. Senza deseguire ordine di scuderia. Lui mi ha risposto "Come si permette di dirmi queste cose "io gli ho risposto di leggere la documentazione e decidere se mi spetta oppure no.Adesso sto aspettando che mi chiama il Presidente che mi dovra' dire se mi da aggravamento oppure no
Buona serata
Christian
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Re: R: vittime del dovere
mi ha detto che e tutto a posto e che comunicheranno l'esito al mio medico legale quando hanno decisochristian71 ha scritto:Ciao avt8… ma poi come è andata a finire???… cosa ti ha detto il Presidente della Commissione???…avt8 ha scritto:Io sono adesso in cmo ho appena passato la visita pdichiatra ed ho litigato con il medico in quanto gli ho detto che lui deve fsre secondo legge e coscienz. Senza deseguire ordine di scuderia. Lui mi ha risposto "Come si permette di dirmi queste cose "io gli ho risposto di leggere la documentazione e decidere se mi spetta oppure no.Adesso sto aspettando che mi chiama il Presidente che mi dovra' dire se mi da aggravamento oppure no
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Re: R: vittime del dovere
Messaggio da christian71 »
Bene… grazie per averci aggiornati e in bocca al lupo per l'esito che spero sia il più favorevole possibile… poi magari facci sapere se puoi…avt8 ha scritto:mi ha detto che e tutto a posto e che comunicheranno l'esito al mio medico legale quando hanno decisochristian71 ha scritto:Ciao avt8… ma poi come è andata a finire???… cosa ti ha detto il Presidente della Commissione???…avt8 ha scritto:Io sono adesso in cmo ho appena passato la visita pdichiatra ed ho litigato con il medico in quanto gli ho detto che lui deve fsre secondo legge e coscienz. Senza deseguire ordine di scuderia. Lui mi ha risposto "Come si permette di dirmi queste cose "io gli ho risposto di leggere la documentazione e decidere se mi spetta oppure no.Adesso sto aspettando che mi chiama il Presidente che mi dovra' dire se mi da aggravamento oppure no
Buona serata
Christian
Inviato dal mio SM-N910F
Ancora grazie e buona giornata…
Christian
Inviato dal mio SM-N910F
Re: vittime del dovere
ottima ed esemplare sentenza, quindi ve la partecipo.
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500509, - Public 2015-11-11 -
N. 00509/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00239/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 239 del 2015, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Bava e Simonetta Rottin, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Trieste, piazza S. Antonio 2;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'ottemperanza
della sentenza n. 127/2014 del Tribunale di Pordenone, relativa al riconoscimento dei benefici assistenziali delle vittime del dovere;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che la signora OMISSIS ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 112 e ss. c.p.a., per l’attuazione della sentenza Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato, con cui, in accoglimento del ricorso dalla stessa proposto e previo riconoscimento, quale vittima del dovere, del cadetto OMISSIS (fratello della ricorrente), deceduto in OMISSIS il 3/3/1977, il Ministero della Difesa era stato condannato alla concessione, a suo favore, dei benefici assistenziali ex d.P.R. 7/7/2006, n. 243, in relazione all’art. 5, commi 1, 3 e 4, art. 6, comma 2, e art. 9 legge 206/2004 in aggiunta all’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998, nonché al diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prenotazione sanitaria e farmaceutica.
Considerato che parte ricorrente - che in data 13 ottobre 2014 ha notificato la sentenza di cui chiede l’attuazione al Ministero della Difesa e al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste e che con atto in data 19 febbraio 2015 ha chiesto al Ministero della Difesa il pagamento dei benefici riconosciuti in sentenza - lamenta che tale Ministero ha disatteso il disposto giudiziale;
Considerato che la medesima si duole, in particolare, del fatto che il Ministero, dopo aver calcolato l’ammontare del dovuto ai sensi dell’art. 5, comma 5, legge 206/2004 (comprese perequazioni), ha detratto da tale importo sia il risarcimento del danno erogato anni prima a sua madre, sia l’importo corrispondente alla speciale elargizione ex legge 308/1981 precedentemente percepita dai genitori, determinando, quindi, di nulla doverle in concreto a titolo della speciale elargizione riconosciuta a suo favore dal Tribunale di Pordenone;
Considerato, inoltre, che, per quanto concerne gli assegni vitalizi parimenti concessi dalla sentenza del Tribunale di Pordenone, le ha erogato l’assegno ex art. 2 legge 407/1998 in misura pari a € 258,23 mensili (oltre perequazioni), anziché in € 500,00 mensili (oltre perequazioni), che l’art. 4 d.P.R. 243/2006 ha concesso alle vittime del dovere dall’1/1/2006, dichiarando, peraltro, prescritti i ratei anteriori al 16/4/2007;
Considerato che la ricorrente chiede, pertanto, di ottenere l'adempimento dell'obbligo del Ministero di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato ovvero che le venga erogato, entro un ristretto e determinando termine, anche, occorrendo, da un commissario ad acta,: a) la somma di € 222.513,51 a titolo di elargizione ex art. 5, comma 5, legge 206/2004, come da quantificazione effettuata dal medesimo Ministero con decreto n. 92/2015, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sua adozione; b) l’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998 nell’importo di € 500,00 mensili, oltre perequazione, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, con decorrenza 1/1/2006, detratto quanto già pagato, oltre interessi e rivalutazione dalla data di emissione del decreto n. 91/2015, da calcolarsi mese per mese sul dovuto;
Considerato che il Ministero della Difesa si è costituito, con memoria, per resistere al ricorso, contestando la fondatezza degli assunti che parte ricorrente ha posto a sostegno della propria azione;
Considerato che all’udienza camerale del 21 ottobre 2015 il Collegio ha rilevato ex art. 73, comma 3, c.p.a., l’omessa notificazione della sentenza di cui viene chiesta l’esecuzione al Ministero intimato nella sua sede reale e, su istanza della difesa di parte ricorrente, rinviato la trattazione della causa alla successiva udienza camerale del 5 novembre 2015;
Considerato che, in vista della nuova udienza, la ricorrente, con memoria depositata in data 26 ottobre 2015, ha svolto argomentazioni difensive in relazione al rilievo d’ufficio;
Considerato che all’udienza da ultimo indicata la causa è stata trattenuta in decisione;
Considerato che il giudizio va definito con sentenza resa in forma semplificata, ai sensi dell’art. 114, comma 3, c.p.a.;
Ritenuto, in via preliminare, che, alla luce degli spunti di riflessione offerti dalla difesa di parte ricorrente, può ritenersi superato il rilievo ex art. 73, comma 3, c.p.a., avuto riguardo, in particolare, alla circostanza che l’esecuzione della sentenza del Tribunale di Pordenone richiede il previo e necessario espletamento di attività provvedimentale, fattispecie non propriamente riconducibile a quella prevista e disciplinata dall’art. 14, comma 1, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 conv. in l. 28 febbraio 1997, n. 30;
Ritenuto, inoltre, che il ricorso per ottemperanza proposto dalla signora OMISSIS è fondato e va accolto;
Ritenuto, invero, che, come chiaramente affermato dal Consiglio di Stato nelle decisioni opportunamente citate da parte ricorrente (C.d.S., IV, 14 maggio 2015, nn. 2434 e 2435), “(…) il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, e solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita”;
Ritenuto, quindi, che, in virtù del giudicato, al giudice dell’ottemperanza non è consentito intervenire in senso modificativo sul rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire;
Ritenuto, conseguentemente, che, nella fase di ottemperanza, non possono trovare ingresso o comunque venir apprezzate eccezioni non ritualmente e tempestivamente proposte dal Ministero intimato nella competente (e diversa) sede giurisdizionale (ovvero l’eccezione di compensazione in relazione alla elargizione di cui all’art. 5, comma 5, legge 206/2004 e quella di prescrizione in relazione all’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998);
Ritenuto, in ogni caso, che il giudice del lavoro ha condannato il Ministero alla concessione a favore della ricorrente di tali benefici, dopo aver anche affermato che “(…) è priva di pregio (…) la contestazione delle Amministrazioni convenute in ordine al già avvenuto ristoro integrale di tutte la pretese dei familiari del OMISSIS. Sostengono i resistenti che i benefici richiesti dalla sorella del defunto non sarebbero dovuti in quanto, a seguito della sentenza 1480/2000 Corte d’Appello di Roma, il danno era stato integralmente risarcito alla madre dello stesso attraverso la transazione n. 194 del 24/07/2002. Questo giudice ritiene condivisibile la ricostruzione di parte ricorrente, confortata da puntuale giurisprudenza di merito, la quale evidenzia la differente natura dei benefici assistenziali azionati rispetto al risarcimento del danno agli eredi o all’indennizzo sostitutivo ex art. 1 l. 228/2012. Quelli richiamati dal d.P.R. n. 243/2006 e dalla normativa ivi indicata sono benefici e provvidenze di natura esclusivamente assistenziale, che nulla hanno a che vedere con il risarcimento del danno o l’indennizzo sostitutivo. Questi ultimi operano infatti su u piano diverso e la loro percezione non esclude in alcun modo il diritto dei destinatari di vedersi riconosciuti i suddetti benefici (cfr. Trib. Milano Sez. Lavoro n. 4262/13)”;
Ritenuto, inoltre, con specifico riguardo all’ammontare dell’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998, di ritenere, in assenza di segno contrario contenuto nella sentenza di cui viene chiesta la (corretta) attuazione, che il giudice di Pordenone non abbia in alcun modo inteso escludere l’adeguamento in € 500,00 dell’importo dell’assegno in questione;
Ritenuto, anzi, al riguardo di condividere le considerazioni già svolte da autorevole giurisprudenza (C.d.S., IV, 4843/2012; id. 6156/2013);
Ritenuto, in definitiva, di accogliere il ricorso in esame;
Ritenuto, conseguentemente, necessario fissare al Ministero della Difesa il termine di 30 giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa ovvero, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, per ottemperare correttamente alla sentenza del Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato, ovvero per provvedere all’erogazione a favore dell’odierna ricorrente: a) della somma di € 222.513,51 a titolo di elargizione ex art. 5, comma 5, legge 206/2004, come da quantificazione effettuata dal medesimo Ministero con decreto n. 92/2015, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sua adozione; b) dell’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998 nell’importo di € 500,00 mensili, oltre perequazione, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, con decorrenza 1/1/2006, detratto quanto già pagato, oltre interessi e rivalutazione dalla data di emissione del decreto n. 91/2015, da calcolarsi mese per mese sul dovuto;
Ritenuto che, decorso infruttuosamente il termine dianzi indicato, dovrà provvedere, senza ulteriore indugio e comunque non oltre il termine di ulteriori 30 giorni, il commissario ad acta, che, già in questa sede, si nomina ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. d), c.p.a. nella persona del direttore della Ragioneria Generale dello Stato o suo delegato, con autorizzazione a presentare la richiesta di liquidazione del compenso al termine dell’esecuzione dell’incarico;
Ritenuto che le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e vanno liquidate nella misura liquidata in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
a) ordina al Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., di ottemperare, nei sensi e termini precisati nella parte motiva, alla sentenza del Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato;
b) nomina sin d’ora, per il caso di perdurante inottemperanza da parte del Ministero intimato, il commissario ad acta nella persona del direttore della Ragioneria Generale dello Stato o suo delegato, che dovrà provvedere entro e non oltre l’ulteriore termine di 30 giorni e che viene sin d’ora autorizzato a presentare la richiesta di liquidazione del compenso al termine dell’esecuzione dell’incarico.
Condanna il Ministero intimato al pagamento delle spese processuali a favore della ricorrente, incluse quelle successive occorrende nell’eventuale fase di esecuzione demandata al commissario ad acta, che vengono liquidate in complessivi € 1.500,00, oltre IVA, se dovuta, e CPA come per legge.
Pone, in via definitiva, a carico del Ministero anche le eventuali spese del commissario ad acta, che, occorrendo, verranno liquidate con separato e successivo provvedimento.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario, Estensore
Alessandra Tagliasacchi, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2015
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SENTENZA ,sede di TRIESTE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500509, - Public 2015-11-11 -
N. 00509/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00239/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 239 del 2015, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Bava e Simonetta Rottin, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Trieste, piazza S. Antonio 2;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia 3;
per l'ottemperanza
della sentenza n. 127/2014 del Tribunale di Pordenone, relativa al riconoscimento dei benefici assistenziali delle vittime del dovere;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che la signora OMISSIS ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 112 e ss. c.p.a., per l’attuazione della sentenza Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato, con cui, in accoglimento del ricorso dalla stessa proposto e previo riconoscimento, quale vittima del dovere, del cadetto OMISSIS (fratello della ricorrente), deceduto in OMISSIS il 3/3/1977, il Ministero della Difesa era stato condannato alla concessione, a suo favore, dei benefici assistenziali ex d.P.R. 7/7/2006, n. 243, in relazione all’art. 5, commi 1, 3 e 4, art. 6, comma 2, e art. 9 legge 206/2004 in aggiunta all’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998, nonché al diritto all’esenzione dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prenotazione sanitaria e farmaceutica.
Considerato che parte ricorrente - che in data 13 ottobre 2014 ha notificato la sentenza di cui chiede l’attuazione al Ministero della Difesa e al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste e che con atto in data 19 febbraio 2015 ha chiesto al Ministero della Difesa il pagamento dei benefici riconosciuti in sentenza - lamenta che tale Ministero ha disatteso il disposto giudiziale;
Considerato che la medesima si duole, in particolare, del fatto che il Ministero, dopo aver calcolato l’ammontare del dovuto ai sensi dell’art. 5, comma 5, legge 206/2004 (comprese perequazioni), ha detratto da tale importo sia il risarcimento del danno erogato anni prima a sua madre, sia l’importo corrispondente alla speciale elargizione ex legge 308/1981 precedentemente percepita dai genitori, determinando, quindi, di nulla doverle in concreto a titolo della speciale elargizione riconosciuta a suo favore dal Tribunale di Pordenone;
Considerato, inoltre, che, per quanto concerne gli assegni vitalizi parimenti concessi dalla sentenza del Tribunale di Pordenone, le ha erogato l’assegno ex art. 2 legge 407/1998 in misura pari a € 258,23 mensili (oltre perequazioni), anziché in € 500,00 mensili (oltre perequazioni), che l’art. 4 d.P.R. 243/2006 ha concesso alle vittime del dovere dall’1/1/2006, dichiarando, peraltro, prescritti i ratei anteriori al 16/4/2007;
Considerato che la ricorrente chiede, pertanto, di ottenere l'adempimento dell'obbligo del Ministero di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato ovvero che le venga erogato, entro un ristretto e determinando termine, anche, occorrendo, da un commissario ad acta,: a) la somma di € 222.513,51 a titolo di elargizione ex art. 5, comma 5, legge 206/2004, come da quantificazione effettuata dal medesimo Ministero con decreto n. 92/2015, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sua adozione; b) l’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998 nell’importo di € 500,00 mensili, oltre perequazione, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, con decorrenza 1/1/2006, detratto quanto già pagato, oltre interessi e rivalutazione dalla data di emissione del decreto n. 91/2015, da calcolarsi mese per mese sul dovuto;
Considerato che il Ministero della Difesa si è costituito, con memoria, per resistere al ricorso, contestando la fondatezza degli assunti che parte ricorrente ha posto a sostegno della propria azione;
Considerato che all’udienza camerale del 21 ottobre 2015 il Collegio ha rilevato ex art. 73, comma 3, c.p.a., l’omessa notificazione della sentenza di cui viene chiesta l’esecuzione al Ministero intimato nella sua sede reale e, su istanza della difesa di parte ricorrente, rinviato la trattazione della causa alla successiva udienza camerale del 5 novembre 2015;
Considerato che, in vista della nuova udienza, la ricorrente, con memoria depositata in data 26 ottobre 2015, ha svolto argomentazioni difensive in relazione al rilievo d’ufficio;
Considerato che all’udienza da ultimo indicata la causa è stata trattenuta in decisione;
Considerato che il giudizio va definito con sentenza resa in forma semplificata, ai sensi dell’art. 114, comma 3, c.p.a.;
Ritenuto, in via preliminare, che, alla luce degli spunti di riflessione offerti dalla difesa di parte ricorrente, può ritenersi superato il rilievo ex art. 73, comma 3, c.p.a., avuto riguardo, in particolare, alla circostanza che l’esecuzione della sentenza del Tribunale di Pordenone richiede il previo e necessario espletamento di attività provvedimentale, fattispecie non propriamente riconducibile a quella prevista e disciplinata dall’art. 14, comma 1, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 conv. in l. 28 febbraio 1997, n. 30;
Ritenuto, inoltre, che il ricorso per ottemperanza proposto dalla signora OMISSIS è fondato e va accolto;
Ritenuto, invero, che, come chiaramente affermato dal Consiglio di Stato nelle decisioni opportunamente citate da parte ricorrente (C.d.S., IV, 14 maggio 2015, nn. 2434 e 2435), “(…) il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, e solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita”;
Ritenuto, quindi, che, in virtù del giudicato, al giudice dell’ottemperanza non è consentito intervenire in senso modificativo sul rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire;
Ritenuto, conseguentemente, che, nella fase di ottemperanza, non possono trovare ingresso o comunque venir apprezzate eccezioni non ritualmente e tempestivamente proposte dal Ministero intimato nella competente (e diversa) sede giurisdizionale (ovvero l’eccezione di compensazione in relazione alla elargizione di cui all’art. 5, comma 5, legge 206/2004 e quella di prescrizione in relazione all’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998);
Ritenuto, in ogni caso, che il giudice del lavoro ha condannato il Ministero alla concessione a favore della ricorrente di tali benefici, dopo aver anche affermato che “(…) è priva di pregio (…) la contestazione delle Amministrazioni convenute in ordine al già avvenuto ristoro integrale di tutte la pretese dei familiari del OMISSIS. Sostengono i resistenti che i benefici richiesti dalla sorella del defunto non sarebbero dovuti in quanto, a seguito della sentenza 1480/2000 Corte d’Appello di Roma, il danno era stato integralmente risarcito alla madre dello stesso attraverso la transazione n. 194 del 24/07/2002. Questo giudice ritiene condivisibile la ricostruzione di parte ricorrente, confortata da puntuale giurisprudenza di merito, la quale evidenzia la differente natura dei benefici assistenziali azionati rispetto al risarcimento del danno agli eredi o all’indennizzo sostitutivo ex art. 1 l. 228/2012. Quelli richiamati dal d.P.R. n. 243/2006 e dalla normativa ivi indicata sono benefici e provvidenze di natura esclusivamente assistenziale, che nulla hanno a che vedere con il risarcimento del danno o l’indennizzo sostitutivo. Questi ultimi operano infatti su u piano diverso e la loro percezione non esclude in alcun modo il diritto dei destinatari di vedersi riconosciuti i suddetti benefici (cfr. Trib. Milano Sez. Lavoro n. 4262/13)”;
Ritenuto, inoltre, con specifico riguardo all’ammontare dell’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998, di ritenere, in assenza di segno contrario contenuto nella sentenza di cui viene chiesta la (corretta) attuazione, che il giudice di Pordenone non abbia in alcun modo inteso escludere l’adeguamento in € 500,00 dell’importo dell’assegno in questione;
Ritenuto, anzi, al riguardo di condividere le considerazioni già svolte da autorevole giurisprudenza (C.d.S., IV, 4843/2012; id. 6156/2013);
Ritenuto, in definitiva, di accogliere il ricorso in esame;
Ritenuto, conseguentemente, necessario fissare al Ministero della Difesa il termine di 30 giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa ovvero, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, per ottemperare correttamente alla sentenza del Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato, ovvero per provvedere all’erogazione a favore dell’odierna ricorrente: a) della somma di € 222.513,51 a titolo di elargizione ex art. 5, comma 5, legge 206/2004, come da quantificazione effettuata dal medesimo Ministero con decreto n. 92/2015, oltre interessi e rivalutazione dalla data della sua adozione; b) dell’assegno vitalizio ex art. 2 legge 407/1998 nell’importo di € 500,00 mensili, oltre perequazione, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, con decorrenza 1/1/2006, detratto quanto già pagato, oltre interessi e rivalutazione dalla data di emissione del decreto n. 91/2015, da calcolarsi mese per mese sul dovuto;
Ritenuto che, decorso infruttuosamente il termine dianzi indicato, dovrà provvedere, senza ulteriore indugio e comunque non oltre il termine di ulteriori 30 giorni, il commissario ad acta, che, già in questa sede, si nomina ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. d), c.p.a. nella persona del direttore della Ragioneria Generale dello Stato o suo delegato, con autorizzazione a presentare la richiesta di liquidazione del compenso al termine dell’esecuzione dell’incarico;
Ritenuto che le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e vanno liquidate nella misura liquidata in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
a) ordina al Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., di ottemperare, nei sensi e termini precisati nella parte motiva, alla sentenza del Tribunale di Pordenone, in funzione di Giudice del Lavoro, n. 127/2014 del 7 ottobre 2014, passata in giudicato;
b) nomina sin d’ora, per il caso di perdurante inottemperanza da parte del Ministero intimato, il commissario ad acta nella persona del direttore della Ragioneria Generale dello Stato o suo delegato, che dovrà provvedere entro e non oltre l’ulteriore termine di 30 giorni e che viene sin d’ora autorizzato a presentare la richiesta di liquidazione del compenso al termine dell’esecuzione dell’incarico.
Condanna il Ministero intimato al pagamento delle spese processuali a favore della ricorrente, incluse quelle successive occorrende nell’eventuale fase di esecuzione demandata al commissario ad acta, che vengono liquidate in complessivi € 1.500,00, oltre IVA, se dovuta, e CPA come per legge.
Pone, in via definitiva, a carico del Ministero anche le eventuali spese del commissario ad acta, che, occorrendo, verranno liquidate con separato e successivo provvedimento.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Manuela Sinigoi, Primo Referendario, Estensore
Alessandra Tagliasacchi, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2015
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seby1969
Re: vittime del dovere
Messaggio da seby1969 »
ciao a tutti colleghi. purtroppo non ricordavo la password e quindi non potevo entrare come seby69. percepisco 1562,31 e mi dispiace tantissimo per tutti quei colleghi che ancora oggi aspettano un diritti che allevia solo un po' i problemi per chi come me deve combattere con avvocati per separazione etc. spero solo che avvenga presto questa sperata equiparazione. buona serata a tutti.
-
Dott.ssa Astore
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Re: vittime del dovere
Messaggio da Dott.ssa Astore »
Può ' accettare questo punteggio o fare un aggravamento.
Dipende dalla patologia presentata.
Cordialmente
Lucia Astore
Dipende dalla patologia presentata.
Cordialmente
Lucia Astore
Dott.ssa Lucia Astore - Medico Legale | Psichiatra forense
Studio: Via della Mattonaia, 35 - 50121 Firenze
Telefono: 055 23 45 154
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- montegrotto72
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Re: vittime del dovere
Messaggio da montegrotto72 »
http://nonsolomarescialli.it/assegno-vi ... quiparati/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: vittime del dovere
benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere ai sensi del d.p.r. 07/07/2006 n. 243.
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1) - Richiesta l'ottemperanza della sentenza n. 15/2015.
Il TAR nella sentenza n. 335/2016 precisa:
2) - Considerato, che con memoria depositata in data 11\3\2016 l’Avvocatura erariale ha sostanzialmente riconosciuto sia la dipendenza della patologia lamentata dal servizio prestato dal ricorrente, quantomeno come concausa efficiente.
Qui sotto posto le entrambe sentenze che potete leggere.
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201500015 - Public 2015-01-08 -
N. 00015/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00179/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 179 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Massa, Luca Leonardi, con domicilio eletto presso Francesco Massa in Genova, Via Roma 11/1;
contro
Ministero della Difesa, Ministero Economia e Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
provvedimento 4\12\2013 di rigetto istanza di riconoscimento dei benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere ai sensi del d.p.r. 07/07/2006 n. 243.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero Economia e Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso regolarmente notificato e depositato il 19\2\2014 il ricorrente, militare in congedo, insorge contro il diniego opposto dall’amministrazione alla sua domanda di vedersi corrisposti i benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere ai sensi del d.p.r. 07/07/2006 n. 243, per aver contratto un linfoma non Hodgkin, a seguito della esposizione a nano particelle e a contaminazione da uranio impoverito utilizzato nei proiettili, durante una missione in Kosovo denominata “Joint Guardian” nel 1999\2000.
Il ricorso è affidato nel merito alle censure del difetto di motivazione e di istruttoria perché, a fronte di specifiche e non contestate risultanze mediche che proverebbero la dipendenza dalla esposizione alle sostanze responsabili dell’insorgere della malattia il Comitato di verifica ha respinto la domanda senza prendere in considerazione la situazione specifica fatta valere dal ricorrente, ma trincerandosi dietro affermazioni generiche circa la non dipendenza del linfoma di non Hodgkin da fatti di servizio “non essendosi riscontrati fattori di particolare gravità tali da determinare la peculiare patologia di cui trattasi”.
Si costituiva con memoria l’Avvocatura erariale che, dopo aver chiesto l’estromissione del Ministero dell’Economia poiché l’unico atto lesivo sarebbe costituito dal provvedimento del Ministero dell’Interno del 4\12\2013, impugnato in principalità, concludeva per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 20\11\2014 la causa passava in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente respinta la richiesta di estromissione del Ministero dell’Economia, dal quale dipende il comitato di verifica che ha emesso il parere poi fatto proprio dal Ministero dell’Interno.
La giurisprudenza amministrativa ha infatti riconosciuto, nella materia trattata, che il parere espresso dal Comitato, esprimendo un giudizio finale sull’eziologia professionale dell’infermità sofferta dal pubblico dipendente, costituisce un presupposto, perlopiù vincolante per l’amministrazione procedente (in termini, Tar Sicilia Pa, I n.2516\2013; Tar Puglia Lecce, II 27\11\2014 n.2942).
Va quindi riconosciuta la legittimazione passiva del Ministero dell’economia, poiché il parere espresso dal Comitato, per la sua valenza definitiva, rispetto alla dipendenza o meno della malattia da causa di servizio, costituisce la motivazione del provvedimento finale, formalmente emesso dal ministero dal quale dipende il funzionario o il militare sottoposto a verifica ( Tar Palermo, I sez. n.2516\2013; Tar Na, VII n.2000\2011).
Ciò premesso, il ricorso è fondato con riferimento alle censure che lamentano la violazione dell’obbligo di motivazione ed istruttoria in relazione al procedimento in discussione.
La giurisprudenza più recente in materia ha infatti riconosciuto che “Il Comitato di verifica per le cause di servizio è l'unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio. Trattasi di valutazioni sindacabili in sede giurisdizionale, oltre che per vizi del procedimento, soltanto per manifesta illogicità o mancata considerazione di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva; nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione, con una tipologia di sindacato che comunque non si estende al merito delle valutazioni medico legali dell'Amministrazione”. (Tar Ba I, n.1073 8\9\2014).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato nelle difese dell’Amministrazione, l’esposizione a radiazioni derivanti dalla contaminazione del terreno per l’uso di proiettili con uranio impoverito, costituisce, ad avviso del collegio, una di quelle ipotesi di “particolari condizioni ambientali ed operative” che superano i già elevati rischi connessi all’attività di un militare in missioni estere.
Nel caso di specie, infatti non sono contestati dall’amministrazione né l’esistenza della malattia, né la circostanza che il soggetto sia stato impiegato in un teatro di guerra nel quale è stato accertato da commissioni Nazionali (Commissione parlamentare d’inchiesta delib. del Senato della Repubblica 11\10\2006; Commissione d’indagine del Ministero della Difesa 22\12\2000) che i militari impiegati sono venuti a contatto con esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione e dalla ossidazione di metalli pesanti e dai materiali contaminati derivati dall'esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni militari, tra cui quelle che utilizzano uranio impoverito, o depleto (DU).
Inoltre è stato accertato che l’esposizione alle nano-particelle di metalli pesanti poteva avvenire anche durante la manutenzione di automezzi impolverati rientrati dalle missioni all'estero, senza essere provvisti di adeguata protezione. Lo stesso dicasi del rischio equivalente esistente nei poligoni addestrativi, nei quali, al termine delle esercitazioni, con quelle munizioni, le armi dovevano essere pulite con solventi chimici (tra cui il benzene).
Di fronte a queste evidenze scientifiche, la generica affermazione del comitato di verifica che l’attività del ricorrente non sarebbe stata di particolare rischio si scontra con l’attività di “capo pezzo obice 105\14” presso il poligono militare interforze di Teulada in Sardegna e , soprattutto con la sua partecipazione alla campagna in Kosovo già ricordata.
Nel caso di specie, la giurisprudenza della Cassazione, che il Tribunale fa propria nell’affermare la giurisdizione esclusiva del GA, afferma che: “l'esposizione all'uranio impoverito e ad altre sostanze nocive, nel corso della missione di pace in Kosovo, fondata su di una condotta dell'amministrazione che non presenta un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma si pone come diretta conseguenza dell'impegno del militare in quel "teatro operativo" senza fornirgli le necessarie dotazioni di sicurezza e senza averlo informato dei rischi connessi all'esposizione, fonda la domanda per il risarcimento dei danni alla salute subiti da parte del militare” (Cass SSUU civili 6\5\2014 n. 9666).
Quanto alla necessità di una istruttoria più approfondita da parte del Comitato di verifica a fronte di una specifica insorgenza di una neoplasia che la letteratura scientifica indica come esito della esposizione alle sostanze nocive citate, basti qui ricordare che la giustizia contabile ha riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata al militare affetto da una patologia tumorale insorta dopo l'esposizione a fattori chimici e radioattivi nel corso di una missione all'estero in una zona nella quale si era fatto largo uso di ordigni bellici contenenti uranio impoverito, non potendosi negare la dipendenza dell'infermità da causa di servizio, una volta che le indagini sui tessuti neoplastici abbiano rivelato la presenza di nano particelle di metalli pesanti riconducibili all'ambiente bellico contaminato. (Corte dei Conti Lazio sez. Giurisd.6\5\2013 n.369).
Una situazione, quella descritta, in cui i rischi connessi alla funzione propria del militare vengono amplificati da un rischio ulteriore e dovuto alla mancata protezione del militare pur nella consapevolezza dell’uso di sostanze altamente tossiche contenute negli ordigni esplosivi utilizzati dalle forze Nato nella regione balcanica.
Questa realtà, tradotta addirittura in protocolli medici di monitoraggio della salute dei militari coinvolti nelle campagne militari sopra descritte (art. 4 bis DL n.393\2000 conv. in l.n.27\2001), imponeva dunque un obbligo di motivazione e di istruttoria da parte del Comitato di verifica ben più approfondito. Non una parola sulla vicenda specifica della quale il ricorrente è stato protagonista, con particolare riferimento alla sua condizione di artigliere, come tale in prima linea nel trattamento dei proiettili e nella manutenzione delle armi dopo il loro uso.
Il ricorso va dunque conclusivamente accolto e, per l’effetto annullato l’atto impugnato ed il presupposto parere del Comitato di verifica che dovrà rideterminarsi tenendo conto della documentazione medica e della specifica vicenda che ha portato all’insorgere della malattia.
L’annullamento del provvedimento esime il Tribunale dalla decisione della domanda di risarcimento del danno biologico lamentato che potrà essere assorbita dal riconoscimento che dovesse essere effettuato in sede di rinnovazione del procedimento dal Comitato di verifica alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza.
Il riconoscimento dei benefici speciali previsti dalla legge ai soggetti riconosciuti quali “vittime del dovere”, sono infatti alternativi alla richiesta di riconoscimento del danno, come esplicitamente affermato dalle norme in materia, correttamente riportate dall’Avvocatura di Stato.
Inoltre, nel caso di specie, l’accertamento del danno, imporrà una riflessione sull’epoca dei fatti, in effetti precedente all’accertamento dei danni alla salute dei militari provocati dall’uso dei proiettili ad uranio impoverito.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di lite, quantificate nella misura complessiva di €.2000 (duemila) oltre ad IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere, Estensore
Richard Goso, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2015
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201600335, - Public 2016-04-04 -
N. 00335/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00039/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 39 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Luca Leonardi, Francesco Massa, con domicilio eletto presso Francesco Massa in Genova, Via Roma 11/1;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2; Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica Per Le Cause di Servizio;
per l'ottemperanza
ottemperanza sentenza tar liguria, sez. II, 8 gennaio 2015 n. 15
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato, che con memoria depositata in data 11\3\2016 l’Avvocatura erariale ha sostanzialmente riconosciuto sia la dipendenza della patologia lamentata dal servizio prestato dal ricorrente, quantomeno come concausa efficiente;
Verificato, tuttavia che al momento della decisione del ricorso, non risultava ancora emesso il provvedimento che, eliminando il parere a suo tempo impugnato, riconosce il bene della vita richiesto attraverso il ricorso per l’ottemperanza;
Ritenuto pertanto tuttora inadempiente il ministero intimato, accoglie il ricorso e ordina al Ministero della Difesa di provvedere, entro trenta giorni, alla emissione del provvedimento di riconoscimento delle patologie accertate come dipendenti da cause di servizio;
Le spese del presente giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione e quantificate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Ministero della Difesa di ottemperare alla sentenza del Tar Liguria II sez. n.15 dell’8\1\\2015.
Per il caso di ulteriore inottemperanza oltre il suddetto termine, nomina Commissario ad acta il Direttore dell’Ufficio personale del Ministero della Difesa, con facoltà di delega ad un funzionario dell'Ufficio, che provvederà, ai sensi e nei termini di cui in motivazione, al compimento degli atti necessari all'esecuzione del predetto giudicato.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate nella misura complessiva di €.1.000 (mille), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Pupilella, Presidente, Estensore
Luca Morbelli, Consigliere
Angelo Vitali, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2016
-------------------------------------------------------------------------------
1) - Richiesta l'ottemperanza della sentenza n. 15/2015.
Il TAR nella sentenza n. 335/2016 precisa:
2) - Considerato, che con memoria depositata in data 11\3\2016 l’Avvocatura erariale ha sostanzialmente riconosciuto sia la dipendenza della patologia lamentata dal servizio prestato dal ricorrente, quantomeno come concausa efficiente.
Qui sotto posto le entrambe sentenze che potete leggere.
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201500015 - Public 2015-01-08 -
N. 00015/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00179/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 179 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Massa, Luca Leonardi, con domicilio eletto presso Francesco Massa in Genova, Via Roma 11/1;
contro
Ministero della Difesa, Ministero Economia e Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
provvedimento 4\12\2013 di rigetto istanza di riconoscimento dei benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere ai sensi del d.p.r. 07/07/2006 n. 243.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero Economia e Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso regolarmente notificato e depositato il 19\2\2014 il ricorrente, militare in congedo, insorge contro il diniego opposto dall’amministrazione alla sua domanda di vedersi corrisposti i benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere ai sensi del d.p.r. 07/07/2006 n. 243, per aver contratto un linfoma non Hodgkin, a seguito della esposizione a nano particelle e a contaminazione da uranio impoverito utilizzato nei proiettili, durante una missione in Kosovo denominata “Joint Guardian” nel 1999\2000.
Il ricorso è affidato nel merito alle censure del difetto di motivazione e di istruttoria perché, a fronte di specifiche e non contestate risultanze mediche che proverebbero la dipendenza dalla esposizione alle sostanze responsabili dell’insorgere della malattia il Comitato di verifica ha respinto la domanda senza prendere in considerazione la situazione specifica fatta valere dal ricorrente, ma trincerandosi dietro affermazioni generiche circa la non dipendenza del linfoma di non Hodgkin da fatti di servizio “non essendosi riscontrati fattori di particolare gravità tali da determinare la peculiare patologia di cui trattasi”.
Si costituiva con memoria l’Avvocatura erariale che, dopo aver chiesto l’estromissione del Ministero dell’Economia poiché l’unico atto lesivo sarebbe costituito dal provvedimento del Ministero dell’Interno del 4\12\2013, impugnato in principalità, concludeva per il rigetto del ricorso.
All’udienza del 20\11\2014 la causa passava in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente respinta la richiesta di estromissione del Ministero dell’Economia, dal quale dipende il comitato di verifica che ha emesso il parere poi fatto proprio dal Ministero dell’Interno.
La giurisprudenza amministrativa ha infatti riconosciuto, nella materia trattata, che il parere espresso dal Comitato, esprimendo un giudizio finale sull’eziologia professionale dell’infermità sofferta dal pubblico dipendente, costituisce un presupposto, perlopiù vincolante per l’amministrazione procedente (in termini, Tar Sicilia Pa, I n.2516\2013; Tar Puglia Lecce, II 27\11\2014 n.2942).
Va quindi riconosciuta la legittimazione passiva del Ministero dell’economia, poiché il parere espresso dal Comitato, per la sua valenza definitiva, rispetto alla dipendenza o meno della malattia da causa di servizio, costituisce la motivazione del provvedimento finale, formalmente emesso dal ministero dal quale dipende il funzionario o il militare sottoposto a verifica ( Tar Palermo, I sez. n.2516\2013; Tar Na, VII n.2000\2011).
Ciò premesso, il ricorso è fondato con riferimento alle censure che lamentano la violazione dell’obbligo di motivazione ed istruttoria in relazione al procedimento in discussione.
La giurisprudenza più recente in materia ha infatti riconosciuto che “Il Comitato di verifica per le cause di servizio è l'unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio. Trattasi di valutazioni sindacabili in sede giurisdizionale, oltre che per vizi del procedimento, soltanto per manifesta illogicità o mancata considerazione di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva; nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione, con una tipologia di sindacato che comunque non si estende al merito delle valutazioni medico legali dell'Amministrazione”. (Tar Ba I, n.1073 8\9\2014).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto affermato nelle difese dell’Amministrazione, l’esposizione a radiazioni derivanti dalla contaminazione del terreno per l’uso di proiettili con uranio impoverito, costituisce, ad avviso del collegio, una di quelle ipotesi di “particolari condizioni ambientali ed operative” che superano i già elevati rischi connessi all’attività di un militare in missioni estere.
Nel caso di specie, infatti non sono contestati dall’amministrazione né l’esistenza della malattia, né la circostanza che il soggetto sia stato impiegato in un teatro di guerra nel quale è stato accertato da commissioni Nazionali (Commissione parlamentare d’inchiesta delib. del Senato della Repubblica 11\10\2006; Commissione d’indagine del Ministero della Difesa 22\12\2000) che i militari impiegati sono venuti a contatto con esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione e dalla ossidazione di metalli pesanti e dai materiali contaminati derivati dall'esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni militari, tra cui quelle che utilizzano uranio impoverito, o depleto (DU).
Inoltre è stato accertato che l’esposizione alle nano-particelle di metalli pesanti poteva avvenire anche durante la manutenzione di automezzi impolverati rientrati dalle missioni all'estero, senza essere provvisti di adeguata protezione. Lo stesso dicasi del rischio equivalente esistente nei poligoni addestrativi, nei quali, al termine delle esercitazioni, con quelle munizioni, le armi dovevano essere pulite con solventi chimici (tra cui il benzene).
Di fronte a queste evidenze scientifiche, la generica affermazione del comitato di verifica che l’attività del ricorrente non sarebbe stata di particolare rischio si scontra con l’attività di “capo pezzo obice 105\14” presso il poligono militare interforze di Teulada in Sardegna e , soprattutto con la sua partecipazione alla campagna in Kosovo già ricordata.
Nel caso di specie, la giurisprudenza della Cassazione, che il Tribunale fa propria nell’affermare la giurisdizione esclusiva del GA, afferma che: “l'esposizione all'uranio impoverito e ad altre sostanze nocive, nel corso della missione di pace in Kosovo, fondata su di una condotta dell'amministrazione che non presenta un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma si pone come diretta conseguenza dell'impegno del militare in quel "teatro operativo" senza fornirgli le necessarie dotazioni di sicurezza e senza averlo informato dei rischi connessi all'esposizione, fonda la domanda per il risarcimento dei danni alla salute subiti da parte del militare” (Cass SSUU civili 6\5\2014 n. 9666).
Quanto alla necessità di una istruttoria più approfondita da parte del Comitato di verifica a fronte di una specifica insorgenza di una neoplasia che la letteratura scientifica indica come esito della esposizione alle sostanze nocive citate, basti qui ricordare che la giustizia contabile ha riconosciuto il diritto alla pensione privilegiata al militare affetto da una patologia tumorale insorta dopo l'esposizione a fattori chimici e radioattivi nel corso di una missione all'estero in una zona nella quale si era fatto largo uso di ordigni bellici contenenti uranio impoverito, non potendosi negare la dipendenza dell'infermità da causa di servizio, una volta che le indagini sui tessuti neoplastici abbiano rivelato la presenza di nano particelle di metalli pesanti riconducibili all'ambiente bellico contaminato. (Corte dei Conti Lazio sez. Giurisd.6\5\2013 n.369).
Una situazione, quella descritta, in cui i rischi connessi alla funzione propria del militare vengono amplificati da un rischio ulteriore e dovuto alla mancata protezione del militare pur nella consapevolezza dell’uso di sostanze altamente tossiche contenute negli ordigni esplosivi utilizzati dalle forze Nato nella regione balcanica.
Questa realtà, tradotta addirittura in protocolli medici di monitoraggio della salute dei militari coinvolti nelle campagne militari sopra descritte (art. 4 bis DL n.393\2000 conv. in l.n.27\2001), imponeva dunque un obbligo di motivazione e di istruttoria da parte del Comitato di verifica ben più approfondito. Non una parola sulla vicenda specifica della quale il ricorrente è stato protagonista, con particolare riferimento alla sua condizione di artigliere, come tale in prima linea nel trattamento dei proiettili e nella manutenzione delle armi dopo il loro uso.
Il ricorso va dunque conclusivamente accolto e, per l’effetto annullato l’atto impugnato ed il presupposto parere del Comitato di verifica che dovrà rideterminarsi tenendo conto della documentazione medica e della specifica vicenda che ha portato all’insorgere della malattia.
L’annullamento del provvedimento esime il Tribunale dalla decisione della domanda di risarcimento del danno biologico lamentato che potrà essere assorbita dal riconoscimento che dovesse essere effettuato in sede di rinnovazione del procedimento dal Comitato di verifica alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza.
Il riconoscimento dei benefici speciali previsti dalla legge ai soggetti riconosciuti quali “vittime del dovere”, sono infatti alternativi alla richiesta di riconoscimento del danno, come esplicitamente affermato dalle norme in materia, correttamente riportate dall’Avvocatura di Stato.
Inoltre, nel caso di specie, l’accertamento del danno, imporrà una riflessione sull’epoca dei fatti, in effetti precedente all’accertamento dei danni alla salute dei militari provocati dall’uso dei proiettili ad uranio impoverito.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di lite, quantificate nella misura complessiva di €.2000 (duemila) oltre ad IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere, Estensore
Richard Goso, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2015
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201600335, - Public 2016-04-04 -
N. 00335/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00039/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 39 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Luca Leonardi, Francesco Massa, con domicilio eletto presso Francesco Massa in Genova, Via Roma 11/1;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2; Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica Per Le Cause di Servizio;
per l'ottemperanza
ottemperanza sentenza tar liguria, sez. II, 8 gennaio 2015 n. 15
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato, che con memoria depositata in data 11\3\2016 l’Avvocatura erariale ha sostanzialmente riconosciuto sia la dipendenza della patologia lamentata dal servizio prestato dal ricorrente, quantomeno come concausa efficiente;
Verificato, tuttavia che al momento della decisione del ricorso, non risultava ancora emesso il provvedimento che, eliminando il parere a suo tempo impugnato, riconosce il bene della vita richiesto attraverso il ricorso per l’ottemperanza;
Ritenuto pertanto tuttora inadempiente il ministero intimato, accoglie il ricorso e ordina al Ministero della Difesa di provvedere, entro trenta giorni, alla emissione del provvedimento di riconoscimento delle patologie accertate come dipendenti da cause di servizio;
Le spese del presente giudizio sono poste a carico dell’Amministrazione e quantificate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Ministero della Difesa di ottemperare alla sentenza del Tar Liguria II sez. n.15 dell’8\1\\2015.
Per il caso di ulteriore inottemperanza oltre il suddetto termine, nomina Commissario ad acta il Direttore dell’Ufficio personale del Ministero della Difesa, con facoltà di delega ad un funzionario dell'Ufficio, che provvederà, ai sensi e nei termini di cui in motivazione, al compimento degli atti necessari all'esecuzione del predetto giudicato.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate nella misura complessiva di €.1.000 (mille), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Pupilella, Presidente, Estensore
Luca Morbelli, Consigliere
Angelo Vitali, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2016
Re: vittime del dovere
Accolto.
Per tutti i lettori del Forum ribadisco che in questo post ho già postato a suo tempo l'importante sentenza del Cons. di Stato, sez. IV, del 20.12.2013, n. 6156. La stessa sul sito del CdS non è più reperibile "a noi" essendo trascorso molto tempo dalla sua pubblicazione. Diversamente per gli avvocati che sono abbonati possono scaricarla.
-----------------------------------------------------------------
Il TAR Liguria precisa:
1) - In particolare deve essere accolta la domanda di determinazione del rateo nella misura di €. 500 in luogo di quella corrisposta nella misura di € 258, 83.
2) - Con effetto dal 1º gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all'articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili.
3) - La giurisprudenza ha, infatti, affermato che, anche nei confronti delle vittime del dovere e categorie equiparate, vale l’incremento fissato dall’art. 4, comma 238 della legge n. 350/2004 (Cons. di St., IV, 20.12.2013, n. 6156; T.A.R. Liguria, II, 5.12.2014, n. 1812; T.A.R. Toscana, I, 26.10.2015, n. 1432).
N.B.: ma in questa sentenza il discorso è anche un altro, per cui vi invito ha leggere tutto il contesto.
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201600320, - Public 2016-04-04 -
N. 00320/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00877/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 877 del 2015, proposto da:
Rinaldo G., Nadia P., rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Bava, con domicilio eletto presso Andrea Bava in Genova, Via di Sottoripa 1 A/35;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'ottemperanza
ottemperanza sentenza n. 233/14 del tribunale di massa, sezione lavoro
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori Avv. A. Bava- Avv. Signorile- Dott. Polvicino Filippo praticante Avv. Stato.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I coniugi G. Rinaldo e P. Nadia ricorrono per ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d’appello di Genova 20 febbraio 2015 n. 63 che ha confermato le provvidenze riconosciute ai signori G.. dalla sentenza del Tribunale di Massa 30 giugno 2014 n. 223 che, a sua volta, ha ordinato l’inclusione del nominativo del figlio dei ricorrenti Giovanni G. nell’elenco delle vittime del dovere, stabilendo la decorrenza del primo gennaio 2006 per l’attribuzione dell’assegno vitalizio ex art. 407/98 e dal 1 gennaio 2008 per quanto riguarda lo speciale assegno vitalizio di cui all’art. 5 commi 3 e 4 l. 206/04 e precisando, altresì, che dall’elargizione di cui all’art. 5, comma 1 l. 206/04 fosse detratto l’importo relativo all’indennizzo di cui all’art. 1, comma 258 l. 228/12 nella misura già corrisposta in favore degli appellati (attuali ricorrenti).
Il Ministero della difesa con decreto 28 aprile 2015 n. 115, in asserita ottemperanza alle sentenze del giudice civile ha provveduto a detrarre dalle somme spettanti ai ricorrenti non solo quanto già corrisposto agli stessi ex l. 228/12 ma altresì quanto corrisposto in ossequio alla predetta legge anche agli altri eredi del defunto Giovanni G.. che, tuttavia, erano estranei ai giudizi.
Provvedeva inoltre alla decurtazione della somma a suo tempo corrisposta ai ricorrenti ai sensi della l. 308/81,
Il Ministero della difesa, inoltre, con decreto 28 aprile 2015 n. 114 dichiarava la prescrizione dei ratei ex l. 228/12 anteriori alla data del 26 aprile 2007 (senza che tale eccezione fosse stata sollevata nel giudizio di merito) e computava i ratei nella misura di € 258, 23 mensili anziché €. 500.
Successivamente alla notifica del ricorso in ottemperanza il Ministero della difesa con decreto 19 ottobre 2015 n. 248 riconosceva la corresponsione dei ratei a far data dal 1 gennaio 2006.
Alla camera di consiglio del 3 marzo 2016 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Deve preliminarmente darsi atto della cessazione della materia del contendere relativamente alla prescrizione dei ratei di cui all’art. 2 l. 407/98 che, inizialmente dichiarata per i ratei anteriori al 26 aprile 2007 è stata successivamente rettificata con decreto 19 ottobre 2015 con conseguente riconoscimento dei ratei successivi all’1 gennaio 2006.
Le altre domande formulate dai ricorrenti devono essere accolte.
In particolare deve essere accolta la domanda di determinazione del rateo nella misura di €. 500 in luogo di quella corrisposta nella misura di € 258, 83. L’art. 4, comma 38 l. 24 dicembre 2003 n. 350 ha previsto infatti che 238. Con effetto dal 1º gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all'articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili.
La giurisprudenza ha, infatti, affermato che, anche nei confronti delle vittime del dovere e categorie equiparate, vale l’incremento fissato dall’art. 4, comma 238 della legge n. 350/2004 (Cons. di St., IV, 20.12.2013, n. 6156; T.A.R. Liguria, II, 5.12.2014, n. 1812; T.A.R. Toscana, I, 26.10.2015, n. 1432).
Del resto, la sentenza di cui si è chiesta l’ottemperanza si è limitata ad accertare il diritto all’erogazione dell’assegno, che va dunque liquidato sulla base della normativa vigente ratione temporis.
Ne consegue che il decreto 28 aprile 2015 n. 114 deve essere corretto come sopra specificato.
Deve essere, altresì, accolta la domanda relativa all’erroneo computo delle detrazioni operate dall’amministrazione sulle somme corrisposte a titolo di elargizione ex art. 5, comma 1 l. 206/2004.
In particolare l’amministrazione ha detratto da tale elargizione l’intero ammontare dell’indennità di cui alla l. 228/12 in luogo di detrarre esclusivamente, come stabilito dalla sentenza della Corte d’appello, la quota corrisposta ai ricorrenti.
Deve inoltre escludersi la detrazione di quanto corrisposto ai sensi della l. 308/81 non avendo le sentenze della cui esecuzione si tratta disposto alcunché in merito.
In effetti, la sentenza emessa della Corte d’appello di Genova a favore degli odierni ricorrenti ha espressamente disposto che, dall’elargizione ex art. 5 commi 1 e 5 della legge 206/04, fosse detratto soltanto quanto percepito dai ricorrenti ex art. 1 c. 258 L. 228/2012. il riferimento esclusivo ai ricorrenti e la circostanza che solo questi fossero parti nel giudizio induce a ritenere che la detrazione debba essere effettuata “pro quota”, sicché la ulteriore detrazione della quota di 1/2 percepita dai fratelli della vittima é arbitraria.
Conseguentemente, il decreto 28.4.2015, n. 115 dovrà essere rettificato sostituendo, alla somma da detrarre quella di € 59.000 (29.500, × 2) attribuita ai soli ricorrenti.
In fattispecie in tutto analoghe alla presente, il Consiglio di Stato ha affermato che il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, sicché solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita; ne consegue che, laddove nella sentenza ottemperanda non si rinvenga – come nel caso di specie - alcun accenno alla possibilità del Ministero della Difesa di recuperare, dalle somme dovute ex art. 5 comma 1 della L. n. 206/2004, quanto a suo tempo erogato a titolo di speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981, non potrà farsi applicazione del divieto di cumulo stabilito dall’art. 13 della legge n. 302/1990, diversamente operandosi una modifica del rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire, non più consentita in virtù del vincolo nascente dal giudicato (così Cons. di St., IV, 14.5.2015, nn. 2434 e 2435).
Conseguentemente, il decreto dovrà essere rettificato eliminando la detrazione di quanto elargito (€ 25.822,84) ai sensi dell’art. 6 della L. 308/1981.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve ordinarsi al Ministero della difesa di dare puntuale esecuzione alla sentenza della Corte d’appello di Genova, secondo le modalità sopra specificate.
L’Amministrazione provvederà all’adeguamento delle somme dovute entro sessanta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, salva la successiva nomina di un commissario ad acta su richiesta di parte.
Le spese di lite devono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina al Ministero della difesa di dare esecuzione alla sentenza della Corte d’appello di Genova, Sezione Lavoro, 20 febbraio 2015 n. 63, secondo le modalità e nei termini indicati in motivazione.
Condanna il Ministero della difesa al pagamento delle spese di lite, che liquida in favore dei ricorrenti nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento), oltre IVA e CPA se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Pupilella, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Luca Morbelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2016
Per tutti i lettori del Forum ribadisco che in questo post ho già postato a suo tempo l'importante sentenza del Cons. di Stato, sez. IV, del 20.12.2013, n. 6156. La stessa sul sito del CdS non è più reperibile "a noi" essendo trascorso molto tempo dalla sua pubblicazione. Diversamente per gli avvocati che sono abbonati possono scaricarla.
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Il TAR Liguria precisa:
1) - In particolare deve essere accolta la domanda di determinazione del rateo nella misura di €. 500 in luogo di quella corrisposta nella misura di € 258, 83.
2) - Con effetto dal 1º gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all'articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili.
3) - La giurisprudenza ha, infatti, affermato che, anche nei confronti delle vittime del dovere e categorie equiparate, vale l’incremento fissato dall’art. 4, comma 238 della legge n. 350/2004 (Cons. di St., IV, 20.12.2013, n. 6156; T.A.R. Liguria, II, 5.12.2014, n. 1812; T.A.R. Toscana, I, 26.10.2015, n. 1432).
N.B.: ma in questa sentenza il discorso è anche un altro, per cui vi invito ha leggere tutto il contesto.
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SENTENZA ,sede di GENOVA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201600320, - Public 2016-04-04 -
N. 00320/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00877/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 877 del 2015, proposto da:
Rinaldo G., Nadia P., rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Bava, con domicilio eletto presso Andrea Bava in Genova, Via di Sottoripa 1 A/35;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'ottemperanza
ottemperanza sentenza n. 233/14 del tribunale di massa, sezione lavoro
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 il dott. Luca Morbelli e uditi per le parti i difensori Avv. A. Bava- Avv. Signorile- Dott. Polvicino Filippo praticante Avv. Stato.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I coniugi G. Rinaldo e P. Nadia ricorrono per ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte d’appello di Genova 20 febbraio 2015 n. 63 che ha confermato le provvidenze riconosciute ai signori G.. dalla sentenza del Tribunale di Massa 30 giugno 2014 n. 223 che, a sua volta, ha ordinato l’inclusione del nominativo del figlio dei ricorrenti Giovanni G. nell’elenco delle vittime del dovere, stabilendo la decorrenza del primo gennaio 2006 per l’attribuzione dell’assegno vitalizio ex art. 407/98 e dal 1 gennaio 2008 per quanto riguarda lo speciale assegno vitalizio di cui all’art. 5 commi 3 e 4 l. 206/04 e precisando, altresì, che dall’elargizione di cui all’art. 5, comma 1 l. 206/04 fosse detratto l’importo relativo all’indennizzo di cui all’art. 1, comma 258 l. 228/12 nella misura già corrisposta in favore degli appellati (attuali ricorrenti).
Il Ministero della difesa con decreto 28 aprile 2015 n. 115, in asserita ottemperanza alle sentenze del giudice civile ha provveduto a detrarre dalle somme spettanti ai ricorrenti non solo quanto già corrisposto agli stessi ex l. 228/12 ma altresì quanto corrisposto in ossequio alla predetta legge anche agli altri eredi del defunto Giovanni G.. che, tuttavia, erano estranei ai giudizi.
Provvedeva inoltre alla decurtazione della somma a suo tempo corrisposta ai ricorrenti ai sensi della l. 308/81,
Il Ministero della difesa, inoltre, con decreto 28 aprile 2015 n. 114 dichiarava la prescrizione dei ratei ex l. 228/12 anteriori alla data del 26 aprile 2007 (senza che tale eccezione fosse stata sollevata nel giudizio di merito) e computava i ratei nella misura di € 258, 23 mensili anziché €. 500.
Successivamente alla notifica del ricorso in ottemperanza il Ministero della difesa con decreto 19 ottobre 2015 n. 248 riconosceva la corresponsione dei ratei a far data dal 1 gennaio 2006.
Alla camera di consiglio del 3 marzo 2016 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Deve preliminarmente darsi atto della cessazione della materia del contendere relativamente alla prescrizione dei ratei di cui all’art. 2 l. 407/98 che, inizialmente dichiarata per i ratei anteriori al 26 aprile 2007 è stata successivamente rettificata con decreto 19 ottobre 2015 con conseguente riconoscimento dei ratei successivi all’1 gennaio 2006.
Le altre domande formulate dai ricorrenti devono essere accolte.
In particolare deve essere accolta la domanda di determinazione del rateo nella misura di €. 500 in luogo di quella corrisposta nella misura di € 258, 83. L’art. 4, comma 38 l. 24 dicembre 2003 n. 350 ha previsto infatti che 238. Con effetto dal 1º gennaio 2004 i trattamenti mensili dei soggetti destinatari dell'assegno vitalizio di cui all'articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, sono elevati a 500 euro mensili.
La giurisprudenza ha, infatti, affermato che, anche nei confronti delle vittime del dovere e categorie equiparate, vale l’incremento fissato dall’art. 4, comma 238 della legge n. 350/2004 (Cons. di St., IV, 20.12.2013, n. 6156; T.A.R. Liguria, II, 5.12.2014, n. 1812; T.A.R. Toscana, I, 26.10.2015, n. 1432).
Del resto, la sentenza di cui si è chiesta l’ottemperanza si è limitata ad accertare il diritto all’erogazione dell’assegno, che va dunque liquidato sulla base della normativa vigente ratione temporis.
Ne consegue che il decreto 28 aprile 2015 n. 114 deve essere corretto come sopra specificato.
Deve essere, altresì, accolta la domanda relativa all’erroneo computo delle detrazioni operate dall’amministrazione sulle somme corrisposte a titolo di elargizione ex art. 5, comma 1 l. 206/2004.
In particolare l’amministrazione ha detratto da tale elargizione l’intero ammontare dell’indennità di cui alla l. 228/12 in luogo di detrarre esclusivamente, come stabilito dalla sentenza della Corte d’appello, la quota corrisposta ai ricorrenti.
Deve inoltre escludersi la detrazione di quanto corrisposto ai sensi della l. 308/81 non avendo le sentenze della cui esecuzione si tratta disposto alcunché in merito.
In effetti, la sentenza emessa della Corte d’appello di Genova a favore degli odierni ricorrenti ha espressamente disposto che, dall’elargizione ex art. 5 commi 1 e 5 della legge 206/04, fosse detratto soltanto quanto percepito dai ricorrenti ex art. 1 c. 258 L. 228/2012. il riferimento esclusivo ai ricorrenti e la circostanza che solo questi fossero parti nel giudizio induce a ritenere che la detrazione debba essere effettuata “pro quota”, sicché la ulteriore detrazione della quota di 1/2 percepita dai fratelli della vittima é arbitraria.
Conseguentemente, il decreto 28.4.2015, n. 115 dovrà essere rettificato sostituendo, alla somma da detrarre quella di € 59.000 (29.500, × 2) attribuita ai soli ricorrenti.
In fattispecie in tutto analoghe alla presente, il Consiglio di Stato ha affermato che il giudizio di ottemperanza costituisce rimedio contro il mancato o inesatto adempimento delle prescrizioni contenute nel giudicato, sicché solo a queste occorre riferirsi per verificare se la sentenza sia stata o meno puntualmente eseguita; ne consegue che, laddove nella sentenza ottemperanda non si rinvenga – come nel caso di specie - alcun accenno alla possibilità del Ministero della Difesa di recuperare, dalle somme dovute ex art. 5 comma 1 della L. n. 206/2004, quanto a suo tempo erogato a titolo di speciale elargizione ex art. 6 della L. 308/1981, non potrà farsi applicazione del divieto di cumulo stabilito dall’art. 13 della legge n. 302/1990, diversamente operandosi una modifica del rapporto sostanziale già definito dalla sentenza da eseguire, non più consentita in virtù del vincolo nascente dal giudicato (così Cons. di St., IV, 14.5.2015, nn. 2434 e 2435).
Conseguentemente, il decreto dovrà essere rettificato eliminando la detrazione di quanto elargito (€ 25.822,84) ai sensi dell’art. 6 della L. 308/1981.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, deve ordinarsi al Ministero della difesa di dare puntuale esecuzione alla sentenza della Corte d’appello di Genova, secondo le modalità sopra specificate.
L’Amministrazione provvederà all’adeguamento delle somme dovute entro sessanta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, salva la successiva nomina di un commissario ad acta su richiesta di parte.
Le spese di lite devono essere poste a carico dell’Amministrazione soccombente, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina al Ministero della difesa di dare esecuzione alla sentenza della Corte d’appello di Genova, Sezione Lavoro, 20 febbraio 2015 n. 63, secondo le modalità e nei termini indicati in motivazione.
Condanna il Ministero della difesa al pagamento delle spese di lite, che liquida in favore dei ricorrenti nella misura complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento), oltre IVA e CPA se dovute.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Pupilella, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Luca Morbelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
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