Il CGAR Siciliana rigetta l'appello del ricorrente
- è stata applicata nei confronti del ricorrente la sanzione della perdita del grado
Ecco alcuni brani:
1) - ha prestato servizio fino allo 07/06/2018, data in cui veniva disposta, con la determina del Comandante Regionale della Sicilia, adottata in data 05/06/2018, la sua cessazione dal servizio per il raggiungimento dei limiti d’età.
2) - In seguito, veniva avviato, in data 09/08/2018, nei confronti dello stesso un procedimento disciplinare di Stato, a seguito della sua condanna in primo grado
3) - Il procedimento disciplinare è stato avviato in data 09/08/2018 ..... , con la quale l’Ufficiale Inquirente contestava al militare gli specifici addebiti, ai sensi dell’art. 1376 d.lgs. 66/2010, stante che l’Amministrazione non avrebbe, infatti, potuto esercitare l’azione disciplinare finché non avesse avuto la conoscenza integrale della sentenza della Suprema Corte.
4) - Il procedimento disciplinare si concludeva con l’adozione, in data 04/03/2019, del provvedimento del Comandante Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza ..., con il quale veniva adottata una sanzione disciplinare di stato di natura espulsiva nei confronti dell’odierno appellante e, segnatamente, la perdita del grado di Luogotenente per rimozione, con retrodatazione degli effetti a partire dallo 07/06/2018.
5) - Del resto, rilevante è la circostanza, sottolineata nella memoria delle Amministrazioni appellate del 19 gennaio 2023 che la decorrenza della sanzione, il mutamento della causa di cessazione dal servizio ed il mancato riconoscimento dei connessi benefici economici (combinato disposto degli artt. 2 e 21 l. 232/90) operano in forza di legge e non sono, pertanto, frutto di autonome decisioni dell’Autorità che ha adottato il provvedimento impugnato.
N.B.: Penso che sia stato compromesso il diritto alla liquidazione del trattamento di fine servizio.
PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
CdC sez. 1^ d’Appello n. 8 (pubb. il 22/01/2024) in Rif. alla CdC Campania n. 1041/2021, rigetta l’appello del ricorrente della GdF,
- collocato da prima in congedo per infermità dal 2.11.2017 e, poi, per perdita del grado per rimozione, con decorrenza dalla medesima data - a seguito di condanna definitiva, all’esito del correlato procedimento disciplinare, culminato con il verdetto della commissione del 9.11.2017 e con il provvedimento di destituzione del 6.12.2017 –
nei Motivi della decisione, il Giudice precisa altresì:
1) - Ne discende, alla stregua del quadro normativo richiamato e rettamente interpretato, che la cessazione dal servizio per motivi sanzionatori andava fatta risalire addirittura alla sospensione precauzionale e, comunque, in data antecedente a quella di maturazione dei requisiti di legge per l’ottenimento del diritto a pensione (2.11.2017)
P.S.: Cmq. per meglio comprendere il tutto, leggete direttamente dall’allegato.
- collocato da prima in congedo per infermità dal 2.11.2017 e, poi, per perdita del grado per rimozione, con decorrenza dalla medesima data - a seguito di condanna definitiva, all’esito del correlato procedimento disciplinare, culminato con il verdetto della commissione del 9.11.2017 e con il provvedimento di destituzione del 6.12.2017 –
nei Motivi della decisione, il Giudice precisa altresì:
1) - Ne discende, alla stregua del quadro normativo richiamato e rettamente interpretato, che la cessazione dal servizio per motivi sanzionatori andava fatta risalire addirittura alla sospensione precauzionale e, comunque, in data antecedente a quella di maturazione dei requisiti di legge per l’ottenimento del diritto a pensione (2.11.2017)
P.S.: Cmq. per meglio comprendere il tutto, leggete direttamente dall’allegato.
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
CdC Sezione 2^ d’Appello n. 223/2024 resa pubblica in data 09/09/2024 respinte l’appello del ricorrente ex Sovrintendente della Polizia di Stato.
- retroattiva del trattamento pensionistico.
FATTO
La Sezione territoriale, con la gravata sentenza, ha rigettato il ricorso promosso dall’odierno appellante per sentir accertare, nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Interno, il suo diritto al ripristino del trattamento pensionistico ordinario, revocato a seguito di procedimento disciplinare conclusosi con la destituzione.
L’appellante richiama la giurisprudenza contabile in virtù della quale l'efficacia retroattiva del provvedimento di destituzione sul piano pensionistico è condizionata alla contestuale pendenza, al momento della cessazione dal servizio, o del procedimento penale o di quello disciplinare, e al fatto che il procedimento in quel momento pendente si concluda con un provvedimento di destituzione o di interdizione dai pubblici uffici. Nella vicenda de qua tale condizione sarebbe assente; infatti, il procedimento penale, unico procedimento pendente alla data della cessazione dal servizio (20 ottobre 2011), si è concluso con sentenza del OMISSIS, con la quale la Corte di Appello di Roma ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione di tutti i capi d'imputazione, revocando le pene accessorie disposte; pertanto, l'esito del procedimento penale non ha comportato la perdita di grado o l'interdizione dai pubblici uffici. Altresì, al momento della cessazione dal servizio, nei confronti del sig. OMISSIS non sarebbe stato intrapreso alcun procedimento disciplinare che, invece, è stato avviato solo in data 31/10/2016 con notifica della comunicazione di avvio del procedimento.
(il decreto del Capo della Polizia … del ….. fissa quale data di cessazione dal servizio il 20 ottobre 2011, data alla quale il ricorrente “aveva maturato i requisiti per l'attribuzione del trattamento pensionistico”); ….. l'art. 42, comma 2, del DPR 1092/1973 … attribuisce, anche in caso di destituzione, il diritto alla pensione al dipendente che abbia compiuto almeno venti anni di servizio effettivo (l'appellante cessava dal servizio con 28 anni, 8 mesi e 20 giorni di anzianità).
Nel caso di specie, il procedimento disciplinare sarebbe stato avviato 13 anni dopo la comunicazione del provvedimento di sospensione.
Con memoria depositata in data 28.05.2024 si è costituito in giudizio l’INPS che ha chiesto il rigetto del gravame. Quanto alla prima censura, ricorda il differente regime tra i corpi militari e quelli ad ordinamento civile, anche in relazione alla retroattività del provvedimento di destituzione: diversità più volte ritenuta compatibile con la Costituzione (cfr. sentt. n. 33/2023 e 270/2022). In merito alla seconda censura, rimarca che la tesi sostenuta dalla Sezione prima d’appello nella sentenza n. 379/2018 è stata superata (con sentenza n. 130/2022 della medesima prima Sezione). In quell’occasione il Collegio avrebbe infatti osservato che, a mente del consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, gli effetti del provvedimento disciplinare di destituzione dal servizio si producono, ex tunc, dal momento dell'inizio della sospensione cautelare (cfr., fra le altre, Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 5907/2005). Pertanto, poiché la cessazione dal servizio nel caso di specie è da datare al maggio 2003 (inizio della sospensione cautelare), la verifica della sussistenza del diritto a pensione deve essere condotta alla stregua delle condizioni di fatto e di diritto vigenti alla ripetuta data. Incontestato che a quella data non ricorrevano i presupposti fondanti il diritto ad alcun trattamento, la sentenza impugnata secondo l’INPS merita integrale conferma.
DIRITTO
La Sezione è chiamata a pronunciarsi sul ripristino del trattamento pensionistico erogato all’appellante alla data del congedo, a titolo di “cessazione dal servizio per inidoneità", poi revocato a seguito di destituzione con decorrenza dalla data della prima sospensione dal servizio (8 maggio 2003).
Lo stesso tenore letterale della citata disposizione pone una chiara equivalenza tra procedimento penale e procedimento disciplinare ai fini della “perdita del grado” quale causa giustificativa della cessazione dal servizio permanente del sottoufficiale, purché pendenti alla data della detta cessazione.
Correttamente, il primo Giudice ha ricondotto il caso in esame alla disciplina contenuta nel D.P.R. 737/1981 “Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti” e, in particolare: all’art. 9, comma 2, che prevede, tra l’altro, la sospensione cautelare dal servizio; all’art. 8 che, nei casi di destituzione, stabilisce che “il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia”; all’art. 10 che prevede che gli effetti della sospensione cautelare dal servizio “sono regolati dalle norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3”.
Alcuna disparità di trattamento è da ravvisarsi nel fatto che il corpo di polizia sia assoggettato al regime proprio del personale civile, in considerazione del pacifico orientamento del Giudice delle leggi che, chiamato a dirimere questioni di analogo tenore, ha sempre ritenuto che il differente regime, anche pensionistico, riservato alla Polizia di Stato rispetto alle Forze Armate a ordinamento militare non leda il principio di uguaglianza, ma trovi razionale giustificazione nelle obiettive diversità sostanziali che connotano i due sistemi (cfr. sentt. n. 33/2023 e 270/2022), come correttamente evidenziato dall’INPS appellato.
La tesi recepita dalla maggioranza degli arresti sul tema non può essere scalfita dall’opposta soluzione - adottata dalla Sezione Prima centrale giurisdizionale d’appello con la sentenza n. 379/2018 - fondata sull’assunto per cui manca, nell’ordinamento della Polizia di Stato, una previsione che contempli la caducazione del trattamento pensionistico degli appartenenti alla stessa per effetto di una sanzione disciplinare, inflitta successivamente alla cessazione dal servizio, con conseguente applicabilità dell’art. 191 del d.p.r. n. 1092/1973 che fa decorrere la pensione dalla data della cessazione dal servizio del dipendente.
N.B.: Per meglio conoscere i fatti, consiglio di leggere il tutto direttamente dalla sentenza reperibile sul sito della Corte dei Conti.
- retroattiva del trattamento pensionistico.
FATTO
La Sezione territoriale, con la gravata sentenza, ha rigettato il ricorso promosso dall’odierno appellante per sentir accertare, nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Interno, il suo diritto al ripristino del trattamento pensionistico ordinario, revocato a seguito di procedimento disciplinare conclusosi con la destituzione.
L’appellante richiama la giurisprudenza contabile in virtù della quale l'efficacia retroattiva del provvedimento di destituzione sul piano pensionistico è condizionata alla contestuale pendenza, al momento della cessazione dal servizio, o del procedimento penale o di quello disciplinare, e al fatto che il procedimento in quel momento pendente si concluda con un provvedimento di destituzione o di interdizione dai pubblici uffici. Nella vicenda de qua tale condizione sarebbe assente; infatti, il procedimento penale, unico procedimento pendente alla data della cessazione dal servizio (20 ottobre 2011), si è concluso con sentenza del OMISSIS, con la quale la Corte di Appello di Roma ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione di tutti i capi d'imputazione, revocando le pene accessorie disposte; pertanto, l'esito del procedimento penale non ha comportato la perdita di grado o l'interdizione dai pubblici uffici. Altresì, al momento della cessazione dal servizio, nei confronti del sig. OMISSIS non sarebbe stato intrapreso alcun procedimento disciplinare che, invece, è stato avviato solo in data 31/10/2016 con notifica della comunicazione di avvio del procedimento.
(il decreto del Capo della Polizia … del ….. fissa quale data di cessazione dal servizio il 20 ottobre 2011, data alla quale il ricorrente “aveva maturato i requisiti per l'attribuzione del trattamento pensionistico”); ….. l'art. 42, comma 2, del DPR 1092/1973 … attribuisce, anche in caso di destituzione, il diritto alla pensione al dipendente che abbia compiuto almeno venti anni di servizio effettivo (l'appellante cessava dal servizio con 28 anni, 8 mesi e 20 giorni di anzianità).
Nel caso di specie, il procedimento disciplinare sarebbe stato avviato 13 anni dopo la comunicazione del provvedimento di sospensione.
Con memoria depositata in data 28.05.2024 si è costituito in giudizio l’INPS che ha chiesto il rigetto del gravame. Quanto alla prima censura, ricorda il differente regime tra i corpi militari e quelli ad ordinamento civile, anche in relazione alla retroattività del provvedimento di destituzione: diversità più volte ritenuta compatibile con la Costituzione (cfr. sentt. n. 33/2023 e 270/2022). In merito alla seconda censura, rimarca che la tesi sostenuta dalla Sezione prima d’appello nella sentenza n. 379/2018 è stata superata (con sentenza n. 130/2022 della medesima prima Sezione). In quell’occasione il Collegio avrebbe infatti osservato che, a mente del consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, gli effetti del provvedimento disciplinare di destituzione dal servizio si producono, ex tunc, dal momento dell'inizio della sospensione cautelare (cfr., fra le altre, Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 5907/2005). Pertanto, poiché la cessazione dal servizio nel caso di specie è da datare al maggio 2003 (inizio della sospensione cautelare), la verifica della sussistenza del diritto a pensione deve essere condotta alla stregua delle condizioni di fatto e di diritto vigenti alla ripetuta data. Incontestato che a quella data non ricorrevano i presupposti fondanti il diritto ad alcun trattamento, la sentenza impugnata secondo l’INPS merita integrale conferma.
DIRITTO
La Sezione è chiamata a pronunciarsi sul ripristino del trattamento pensionistico erogato all’appellante alla data del congedo, a titolo di “cessazione dal servizio per inidoneità", poi revocato a seguito di destituzione con decorrenza dalla data della prima sospensione dal servizio (8 maggio 2003).
Lo stesso tenore letterale della citata disposizione pone una chiara equivalenza tra procedimento penale e procedimento disciplinare ai fini della “perdita del grado” quale causa giustificativa della cessazione dal servizio permanente del sottoufficiale, purché pendenti alla data della detta cessazione.
Correttamente, il primo Giudice ha ricondotto il caso in esame alla disciplina contenuta nel D.P.R. 737/1981 “Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti” e, in particolare: all’art. 9, comma 2, che prevede, tra l’altro, la sospensione cautelare dal servizio; all’art. 8 che, nei casi di destituzione, stabilisce che “il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia”; all’art. 10 che prevede che gli effetti della sospensione cautelare dal servizio “sono regolati dalle norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3”.
Alcuna disparità di trattamento è da ravvisarsi nel fatto che il corpo di polizia sia assoggettato al regime proprio del personale civile, in considerazione del pacifico orientamento del Giudice delle leggi che, chiamato a dirimere questioni di analogo tenore, ha sempre ritenuto che il differente regime, anche pensionistico, riservato alla Polizia di Stato rispetto alle Forze Armate a ordinamento militare non leda il principio di uguaglianza, ma trovi razionale giustificazione nelle obiettive diversità sostanziali che connotano i due sistemi (cfr. sentt. n. 33/2023 e 270/2022), come correttamente evidenziato dall’INPS appellato.
La tesi recepita dalla maggioranza degli arresti sul tema non può essere scalfita dall’opposta soluzione - adottata dalla Sezione Prima centrale giurisdizionale d’appello con la sentenza n. 379/2018 - fondata sull’assunto per cui manca, nell’ordinamento della Polizia di Stato, una previsione che contempli la caducazione del trattamento pensionistico degli appartenenti alla stessa per effetto di una sanzione disciplinare, inflitta successivamente alla cessazione dal servizio, con conseguente applicabilità dell’art. 191 del d.p.r. n. 1092/1973 che fa decorrere la pensione dalla data della cessazione dal servizio del dipendente.
N.B.: Per meglio conoscere i fatti, consiglio di leggere il tutto direttamente dalla sentenza reperibile sul sito della Corte dei Conti.
Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
CdC TRENTINO - ALTO ADIGE sede di Trento n. 13/2024 resa pubblica in data 29/04/2024, accoglie il ricorso del collega CC., collocato in congedo per infermità e successivamente di avere conseguito la pensione di inabilità con decorrenza giuridica dal 26/10/2016.
1) - Anche per tale regione, allora, si impone un’interpretazione dell’art. 923, comma 5, d.lgs. n. 66/2010, nella formulazione applicabile ratione temporis, che, valorizzando le conclusioni cui è pervenuta la Seconda Sezione centrale d’appello, salvaguardi a pieno le legittime aspettative del ricorrente alla luce del quadro normativo vigente nel momento in cui (25/10/2016 e 10/11/2016) ha adottato fondamentali scelte di vita che non possono adesso essere messe in discussione applicando norme entrate in vigore successivamente alle stesse.
2) - In conclusione, alla luce delle sopra esposte considerazioni il ricorso del sig. D.T. L. deve essere accolto con conseguente riconoscimento del suo diritto al ripristino del trattamento pensionistico in essere e restituzione di quanto illegittimamente trattenuto dall’INPS sulla base del censurato provvedimento di sospensione/revoca dello stesso.
Interessante ma non sappiamo un eventuale appello.
1) - Anche per tale regione, allora, si impone un’interpretazione dell’art. 923, comma 5, d.lgs. n. 66/2010, nella formulazione applicabile ratione temporis, che, valorizzando le conclusioni cui è pervenuta la Seconda Sezione centrale d’appello, salvaguardi a pieno le legittime aspettative del ricorrente alla luce del quadro normativo vigente nel momento in cui (25/10/2016 e 10/11/2016) ha adottato fondamentali scelte di vita che non possono adesso essere messe in discussione applicando norme entrate in vigore successivamente alle stesse.
2) - In conclusione, alla luce delle sopra esposte considerazioni il ricorso del sig. D.T. L. deve essere accolto con conseguente riconoscimento del suo diritto al ripristino del trattamento pensionistico in essere e restituzione di quanto illegittimamente trattenuto dall’INPS sulla base del censurato provvedimento di sospensione/revoca dello stesso.
Interessante ma non sappiamo un eventuale appello.
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
CdC Campania n. 531/2024 accoglie il ricorso contro l'INPS
- collocato in congedo per riforma a decorrere dal 28/11/2006
- con provvedimento in data 18/9/2013 era stata disposta nei suoi confronti la perdita del grado “per rimozione” a decorrere dal 28/11/2006, con modifica della causa di cessazione del servizio, sicché, con atto del 28/1/2014, era stato sospeso il trattamento di quiescenza e data comunicazione che l’ente avrebbe provveduto al recupero delle somme al momento liquidate;
- con raccomandata a.r. del 27/9/2018, l’INPS aveva ad esso ricorrente comunicato l’accertamento di un indebito pensionistico pari a ...., per maggiori importi pensionistici corrispostigli dalla data di collocamento in congedo (28/11/2006) al 28/2/2014;
La CdC con i seguenti brani precisa:
Costituisce principio pacifico in giurisprudenza l’irripetibilità delle prestazioni erogate dall’ente previdenziale a seguito di errore, di qualsiasi natura, non imputabile a dolo dell’interessato. Tanto è stato statuito dalle SS.RR. con la pronunzia n. 15/2011/QM per le pensioni di guerra e, incidentalmente, anche per le pensioni ordinarie.
1) - Anche in tema di liquidazione provvisoria del trattamento pensionistico, con la pronuncia n. 7/QM/2007 le SS.RR. hanno statuito che .......
2) - Il notevole lasso di tempo intercorso tra l’attribuzione della pensione e l’accertamento dell’indebito ha ingenerato un legittimo affidamento nel ricorrente, circa l'ammontare del beneficio spettantegli in via definitiva (cfr. decisione n. 7/2007/QM delle SS.RR. di questa Corte).
3) - Facendo applicazione dei suesposti principi alla fattispecie in esame, va rilevato che il provvedimento modificativo del decreto di attribuzione della pensione definitiva è intervenuto a distanza di ben dodici anni dalla liquidazione della stessa.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara irripetibile l’indebito e dispone la restituzione delle ritenute già operate sulla pensione del ricorrente.
N.B.: questo ed altro, lo potete leggere dall'allegato
- collocato in congedo per riforma a decorrere dal 28/11/2006
- con provvedimento in data 18/9/2013 era stata disposta nei suoi confronti la perdita del grado “per rimozione” a decorrere dal 28/11/2006, con modifica della causa di cessazione del servizio, sicché, con atto del 28/1/2014, era stato sospeso il trattamento di quiescenza e data comunicazione che l’ente avrebbe provveduto al recupero delle somme al momento liquidate;
- con raccomandata a.r. del 27/9/2018, l’INPS aveva ad esso ricorrente comunicato l’accertamento di un indebito pensionistico pari a ...., per maggiori importi pensionistici corrispostigli dalla data di collocamento in congedo (28/11/2006) al 28/2/2014;
La CdC con i seguenti brani precisa:
Costituisce principio pacifico in giurisprudenza l’irripetibilità delle prestazioni erogate dall’ente previdenziale a seguito di errore, di qualsiasi natura, non imputabile a dolo dell’interessato. Tanto è stato statuito dalle SS.RR. con la pronunzia n. 15/2011/QM per le pensioni di guerra e, incidentalmente, anche per le pensioni ordinarie.
1) - Anche in tema di liquidazione provvisoria del trattamento pensionistico, con la pronuncia n. 7/QM/2007 le SS.RR. hanno statuito che .......
2) - Il notevole lasso di tempo intercorso tra l’attribuzione della pensione e l’accertamento dell’indebito ha ingenerato un legittimo affidamento nel ricorrente, circa l'ammontare del beneficio spettantegli in via definitiva (cfr. decisione n. 7/2007/QM delle SS.RR. di questa Corte).
3) - Facendo applicazione dei suesposti principi alla fattispecie in esame, va rilevato che il provvedimento modificativo del decreto di attribuzione della pensione definitiva è intervenuto a distanza di ben dodici anni dalla liquidazione della stessa.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara irripetibile l’indebito e dispone la restituzione delle ritenute già operate sulla pensione del ricorrente.
N.B.: questo ed altro, lo potete leggere dall'allegato
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Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
Sent. CdC Sez. 2^ d’Appello n. 92/2025 di ottemperanza e l’esecuzione della sentenza n. 7/2024. Accolto.
>> Vittoria inerente alla perdita del grado per rimozione e gli effetti retroattivi e sostitutivi come causa di congedo con conseguente perdita del diritto al trattamento pensionistico.
> Appello nel giudizio di ottemperanza e per l’esecuzione della sentenza della Sez. 2^ d’appello n.7/2024, resa pubblica in data 9 gennaio 2024 con Rif. alla CdC Campania n. 565/2020.
P.S.: Nella sentenza di 1° grado della CdC Campania si legge: >> Nella fattispecie l'interessato, non avendo alcuno dei suddetti previsti requisiti oggettivi (alla data del 05/12/2005 era in possesso di un'età anagrafica di anni 43 ed un'anzianità contributiva di anni 25, mesi 4 e giorni 12) non può beneficiare di alcun trattamento pensionistico".
>> comunque lo stesso aveva svolto un periodo di servizio di oltre venti anni di servizio effettivo.
N.B.: Nella sentenza della CdC Sez. 2^ d’Appello n. 7/2024 si legge quanto segue in:
DIRITTO
L’appello è da accogliere sulla base del terzo motivo di appello (lettera C della parte in fatto) che pertanto viene immediatamente in trattazione restando assorbite le precedenti questioni preliminari (di cui alle lettere A e B) riguardanti la prescrizione, così come il successivo motivo di cui alla lettera D concernente il mancato riconoscimento dei requisiti di un accesso a pensione alternativo a quello negato per effetto della rimozione per perdita del grado.
>> Per completezza leggete il tutto meglio direttamente dall'allegato di ottemperanza, per il resto consultare direttamente dal portale della CdC.
>> Vittoria inerente alla perdita del grado per rimozione e gli effetti retroattivi e sostitutivi come causa di congedo con conseguente perdita del diritto al trattamento pensionistico.
> Appello nel giudizio di ottemperanza e per l’esecuzione della sentenza della Sez. 2^ d’appello n.7/2024, resa pubblica in data 9 gennaio 2024 con Rif. alla CdC Campania n. 565/2020.
P.S.: Nella sentenza di 1° grado della CdC Campania si legge: >> Nella fattispecie l'interessato, non avendo alcuno dei suddetti previsti requisiti oggettivi (alla data del 05/12/2005 era in possesso di un'età anagrafica di anni 43 ed un'anzianità contributiva di anni 25, mesi 4 e giorni 12) non può beneficiare di alcun trattamento pensionistico".
>> comunque lo stesso aveva svolto un periodo di servizio di oltre venti anni di servizio effettivo.
N.B.: Nella sentenza della CdC Sez. 2^ d’Appello n. 7/2024 si legge quanto segue in:
DIRITTO
L’appello è da accogliere sulla base del terzo motivo di appello (lettera C della parte in fatto) che pertanto viene immediatamente in trattazione restando assorbite le precedenti questioni preliminari (di cui alle lettere A e B) riguardanti la prescrizione, così come il successivo motivo di cui alla lettera D concernente il mancato riconoscimento dei requisiti di un accesso a pensione alternativo a quello negato per effetto della rimozione per perdita del grado.
>> Per completezza leggete il tutto meglio direttamente dall'allegato di ottemperanza, per il resto consultare direttamente dal portale della CdC.
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