Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Inviato: ven apr 20, 2018 11:06 pm
Corte dei Conti Calabria Accoglie ( anche art. 3 )
applicazione dell’art.54,
----------------------------------------------------
1) - Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai 15 anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 ..... ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
2) - (sempre secondo l'INPS) Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui
- ) - 9 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992 e
- ) - 13 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995,
la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno 15 anni e non più di 20 e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 ....... è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.
La Corte dei Conti spiega ( qui sotto alcuni brani ):
3) - Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 44 del medesimo D.P.R.;
- ) - al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente,
- ) - trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile",
mentre,
- ) - correttamente, l'invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
4) - Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n. 12, 43 e 44 del 2018.
5) - Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt'altro che omologabili.
6) - In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento,
- ) - se per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all' art. 44, comma 1,
- ) - per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15),
- ) - giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che,
- ) - come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
7) - Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
-----------------------------------------------------------------------
Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 46 Pubblicazione 19/04/2018
----------------------------------------------------------------------
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 46/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21617 del registro di segreteria, proposto da G. S., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall'avv. Santo Delfino
CONTRO
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 23/2/2018;
uditi all'udienza del 13 aprile 2018, l'avv.to Santo Delfino per il ricorrente e l'avv. Francesco Muscari Tomaioli per l'INPS, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza
FATTO
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 22/02/2018, il sig. G. S., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n. RC012014776782 del 15.11.2013, iscrizione. n.17491795 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44, primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e conseguentemente ordinare che l'I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t. provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1002/1973; dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3, comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 23/2/2018 si è costituito in giudizio l'INPS, eccependo preliminarmente l'incompetenza territoriale, in quanto il ricorrente risiederebbe in Messina e l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la determinazione n° n. RC012014776782 del 15.11.2013, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui 9 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992 e 13 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995 , la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del DPR 1092 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.
Ritiene quindi l'ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15 anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni = 44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all'applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l'INPS, parimenti, deduce la inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un servizio utile a pensione di 37 anni, di cui solo 12 anni e 7 mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.
Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
All'udienza di discussione del 13/4/2018 i difensori delle parti hanno insistito nelle rispettive domande, eccezioni e difese; il procuratore di parte ricorrente ha rappresentato come l'eccezione dell'INPS di incompetenza territoriale sia priva della indicazione del Giudice ritenuto competente (art.151 C.G.C.), con l'effetto che si avrebbe per non formulata; il procuratore dell'INPS sul punto ha rilevato come risulti comunque indicata la sede di residenza (Messina) del ricorrente e che ciò radichi la competenza territoriale della Sezione Siciliana della Corte dei conti.
DIRITTO
1. Preliminarmente va vagliata l'eccezione di incompetenza territoriale che, per come proposta, non può essere accolta
L'art.151, comma 2 del C.G.C. testualmente prevede che "Il difetto della competenza per territorio, come definita dall'articolo 18, comma 1, lettera c), non e rilevabile d'ufficio ed è eccepito a pena di decadenza nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente.".
Detta disposizione ripropone nel giudizio contabile la previsione di cui all'art. 38, comma 1 del cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dall'art. 45 della Legge n. 69/2009. In particolare la previsione per la quale l'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente, contenuta all'ult. cpv. della norma del C.G.C. è letteralmente identica a quella di cui all'ult. cpv. del comma 1 del cod. proc. civ.
Nel caso di specie, per come evidenziato da parte ricorrente in sede di discussione orale all'odierna udienza, l'eccezione formulata dall'INPS nella comparsa di costituzione appare priva dell'indicazione del Giudice da adirsi. ed a ciò non può supplire, stante la lettera della norma, la individuazione dello stesso in sede di discussione orale della causa da parte del procuratore costituito di parte resistente che la ha formulata. Ciò in quanto la struttura dell'udienza di discussione della causa pensionistica, delineata dagli artt. 164 e 165 del C.G.C., non consente una possibile integrazione del contenuto delle proprie memorie in capo alle parti, nemmeno su ordine del Giudice che dirige l'udienza, con la conseguenza che le rispettive difese rimangono fissate-nei rispettivi scritti difensivi. Né, d'altro canto, a fronte della controeccezione di incompletezza dell'eccezione di incompetenza territoriale, parrebbe possibile, proprio per non elidere lo spirito della norma con integrazioni all'eccezione formulate in sede orale, ammettere tale possibilità.
La S.C. con riferimento alla previsione dell'art. 38, comma 1 del cod. proc. civ. ha poi ricordato come "a fronte del rilievo da parte del giudice della sua incompetenza per materia per essere competente il tribunale ordinario, l'ulteriore rilievo della sua incompetenza per territorio (semplice) doveva essere necessariamente subordinato ad un'eccezione di parte, da formularsi nei termini e nei modi - Stabiliti dall'art. 38 del cod. proc. civ., ovvero nella comparsa di risposta o, nel caso di specie, nella memoria difensiva tempestivamente depositata e con la specifica indicazione del giudice ritenuto competente, diversamente, radicandosi la competenza per territorio del giudice adito" (Cass. Civ., Sez. VI, 9 gennaio 2018, n.698)
Tale interpretazione conduce così a dover ritenere requisito essenziale dell'eccezione di incompetenza, ai fini anche della sola proponibilità, la indicazione del Giudice che la parte ritiene competente e che tale indicazione non possa essere differita dal proponente l'eccezione alla prima udienza, ma vada assolta al momento della formulazione dell'eccezione nella comparsa di risposta tempestivamente depositata.
In conclusione l'eccezione, a termini dell'art. 151, comma 2, ult. cpv., appare improponibile.
*
2. Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 44 del medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile", mentre, correttamente, l'invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n. 12, 43 e 44 del 2018.
L'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall'art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che
"1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo".
Nel caso di specie, è indubbio che all'atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l'Istituto
controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l'INPS che l’art. 54 non avrebbe innovato l'ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall'art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l'Istituto previdenziale sembrerebbe che l'art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all'atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt'altro che omologabili.
L' art. 54 detta — come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all' art. 44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all'1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall'interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 "aumentata", di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al
45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all'80% della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell'art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall'art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo" la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell'ordinamento militare la c.d. riforma).
L'ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato
nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell'amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali
e territoriali. L'ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell'Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L'art. 992 del C.O.M. così dispone:
"1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni".
In base all'attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all'atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo
4) Il possesso dell'idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l'attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l'amministrazione militare, pena l'immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L'indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all'atto del collocamento in ausiliaria.
L' art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
"7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato."
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell'INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione". Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n. 53/2017).
In questo senso l'I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante "Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.", non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere
che "Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.".
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell'INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1. dichiara improponibile l'eccezione di incompetenza territoriale;
2. accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;
3. Condanna altresì l'INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di
una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 18/04/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
F,to Dott.ssa Francesca Deni
applicazione dell’art.54,
----------------------------------------------------
1) - Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai 15 anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 ..... ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
2) - (sempre secondo l'INPS) Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui
- ) - 9 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992 e
- ) - 13 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995,
la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno 15 anni e non più di 20 e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 ....... è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.
La Corte dei Conti spiega ( qui sotto alcuni brani ):
3) - Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 44 del medesimo D.P.R.;
- ) - al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente,
- ) - trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile",
mentre,
- ) - correttamente, l'invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
4) - Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n. 12, 43 e 44 del 2018.
5) - Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt'altro che omologabili.
6) - In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento,
- ) - se per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all' art. 44, comma 1,
- ) - per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15),
- ) - giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che,
- ) - come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
7) - Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
-----------------------------------------------------------------------
Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 46 Pubblicazione 19/04/2018
----------------------------------------------------------------------
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 46/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21617 del registro di segreteria, proposto da G. S., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall'avv. Santo Delfino
CONTRO
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 23/2/2018;
uditi all'udienza del 13 aprile 2018, l'avv.to Santo Delfino per il ricorrente e l'avv. Francesco Muscari Tomaioli per l'INPS, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza
FATTO
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 22/02/2018, il sig. G. S., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n. RC012014776782 del 15.11.2013, iscrizione. n.17491795 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44, primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e conseguentemente ordinare che l'I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t. provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n. 1002/1973; dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3, comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 23/2/2018 si è costituito in giudizio l'INPS, eccependo preliminarmente l'incompetenza territoriale, in quanto il ricorrente risiederebbe in Messina e l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la determinazione n° n. RC012014776782 del 15.11.2013, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui 9 anni e 7 mesi maturati alla data del 31/12/1992 e 13 anni e 2 mesi maturati alla data del 31/12/1995 , la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del DPR 1092 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.
Ritiene quindi l'ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15 anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni = 44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all'applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l'INPS, parimenti, deduce la inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un servizio utile a pensione di 37 anni, di cui solo 12 anni e 7 mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.
Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
All'udienza di discussione del 13/4/2018 i difensori delle parti hanno insistito nelle rispettive domande, eccezioni e difese; il procuratore di parte ricorrente ha rappresentato come l'eccezione dell'INPS di incompetenza territoriale sia priva della indicazione del Giudice ritenuto competente (art.151 C.G.C.), con l'effetto che si avrebbe per non formulata; il procuratore dell'INPS sul punto ha rilevato come risulti comunque indicata la sede di residenza (Messina) del ricorrente e che ciò radichi la competenza territoriale della Sezione Siciliana della Corte dei conti.
DIRITTO
1. Preliminarmente va vagliata l'eccezione di incompetenza territoriale che, per come proposta, non può essere accolta
L'art.151, comma 2 del C.G.C. testualmente prevede che "Il difetto della competenza per territorio, come definita dall'articolo 18, comma 1, lettera c), non e rilevabile d'ufficio ed è eccepito a pena di decadenza nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente.".
Detta disposizione ripropone nel giudizio contabile la previsione di cui all'art. 38, comma 1 del cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dall'art. 45 della Legge n. 69/2009. In particolare la previsione per la quale l'eccezione si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente, contenuta all'ult. cpv. della norma del C.G.C. è letteralmente identica a quella di cui all'ult. cpv. del comma 1 del cod. proc. civ.
Nel caso di specie, per come evidenziato da parte ricorrente in sede di discussione orale all'odierna udienza, l'eccezione formulata dall'INPS nella comparsa di costituzione appare priva dell'indicazione del Giudice da adirsi. ed a ciò non può supplire, stante la lettera della norma, la individuazione dello stesso in sede di discussione orale della causa da parte del procuratore costituito di parte resistente che la ha formulata. Ciò in quanto la struttura dell'udienza di discussione della causa pensionistica, delineata dagli artt. 164 e 165 del C.G.C., non consente una possibile integrazione del contenuto delle proprie memorie in capo alle parti, nemmeno su ordine del Giudice che dirige l'udienza, con la conseguenza che le rispettive difese rimangono fissate-nei rispettivi scritti difensivi. Né, d'altro canto, a fronte della controeccezione di incompletezza dell'eccezione di incompetenza territoriale, parrebbe possibile, proprio per non elidere lo spirito della norma con integrazioni all'eccezione formulate in sede orale, ammettere tale possibilità.
La S.C. con riferimento alla previsione dell'art. 38, comma 1 del cod. proc. civ. ha poi ricordato come "a fronte del rilievo da parte del giudice della sua incompetenza per materia per essere competente il tribunale ordinario, l'ulteriore rilievo della sua incompetenza per territorio (semplice) doveva essere necessariamente subordinato ad un'eccezione di parte, da formularsi nei termini e nei modi - Stabiliti dall'art. 38 del cod. proc. civ., ovvero nella comparsa di risposta o, nel caso di specie, nella memoria difensiva tempestivamente depositata e con la specifica indicazione del giudice ritenuto competente, diversamente, radicandosi la competenza per territorio del giudice adito" (Cass. Civ., Sez. VI, 9 gennaio 2018, n.698)
Tale interpretazione conduce così a dover ritenere requisito essenziale dell'eccezione di incompetenza, ai fini anche della sola proponibilità, la indicazione del Giudice che la parte ritiene competente e che tale indicazione non possa essere differita dal proponente l'eccezione alla prima udienza, ma vada assolta al momento della formulazione dell'eccezione nella comparsa di risposta tempestivamente depositata.
In conclusione l'eccezione, a termini dell'art. 151, comma 2, ult. cpv., appare improponibile.
*
2. Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art. 54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 44 del medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile", mentre, correttamente, l'invocato art. 54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n. 12, 43 e 44 del 2018.
L'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall'art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che
"1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo".
Nel caso di specie, è indubbio che all'atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l'Istituto
controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l'INPS che l’art. 54 non avrebbe innovato l'ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall'art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l'Istituto previdenziale sembrerebbe che l'art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all'atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt'altro che omologabili.
L' art. 54 detta — come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all' art. 44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all'1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall'interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 "aumentata", di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al
45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all'80% della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell'art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall'art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo" la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell'ordinamento militare la c.d. riforma).
L'ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato
nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell'amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali
e territoriali. L'ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell'Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L'art. 992 del C.O.M. così dispone:
"1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni".
In base all'attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all'atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo
4) Il possesso dell'idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l'attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l'amministrazione militare, pena l'immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L'indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all'atto del collocamento in ausiliaria.
L' art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
"7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato."
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell'INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione". Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n. 53/2017).
In questo senso l'I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante "Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.", non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere
che "Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.".
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell'INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1. dichiara improponibile l'eccezione di incompetenza territoriale;
2. accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;
3. Condanna altresì l'INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di
una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 18/04/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
F,to Dott.ssa Francesca Deni