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Re: R: causa di servizio
Inviato: mer mar 19, 2014 10:30 am
da christian71
antoniomlg ha scritto:nell'ambito del M.D. è istituita un'apposita divisione che si occupa delle cause relative ai danni biologici (21^ divisione di Persomil). L'ipotesi di risarcimento del danno nei confronti del militare che ne faccia apposita istanza è quindi prevista. Il problema credo sia nel rendere consapevoli tutti i dipendenti che vi è anche questa possibilità, oltre l'equo indennizzo, quando la responsabilità nell'evento da parte dell'Amministrazione può essere rilevata...
Il problema è appunto la ignoranza da parte nostra.
Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi. Grazie per tutto quanto fai.
Ora la domanda nasce spontanea ed è la seguente
per quanto riguarda la richiesta di eventuale risarcimento del danno biologico quale è la tempistica della prescrizione?
GRAZIE
Ciao Antonio, mi associo al questito da te posto…. Molto interessante e degno di attenzione……
Saluti
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Re: causa di servizio
Inviato: mer mar 19, 2014 7:06 pm
da panorama
Il CdS da ragione al dipendente dell’Automobile Club d’Italia (ACI) confermando la sentenza del TAR sez. di Salerno.
Sentenza rivoluzionaria.
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Causa di servizio: domanda da presentare entro sei mesi dalla conoscenza piena della malattia
- ) - Il dipendente pubblico può richiedere, all’amministrazione presso cui lavora, che gli venga riconosciuta l’infermità da causa di servizio: in ogni caso, la domanda deve essere presentata entro sei mesi. Ma tale termine non decorre dal momento in cui è insorta la patologia, bensì da quello (eventualmente successivo) in cui il lavoratore ha acquisito una effettiva consapevolezza circa la consistenza e gravità dell’infermità stessa. Tale momento, quindi, può ragionevolmente coincidere con il rilascio del certificato medico che attesta l’obiettivo peggioramento delle condizioni di salute dell’interessato.
- ) - Pertanto, il dipendente potrebbe comunque presentare la domanda per causa di servizio anche se, già da diverso tempo, era al corrente della propria “malattia”, ma questa era ancora in uno stadio lieve. Le minori patologie, infatti, non possono essere un limite ai diritti del lavoratore di presentare successivamente la domanda se poi si verifica un aggravamento.
- ) - In tal caso, il termine di sei mesi per la presentazione dell’istanza comincia a decorrere da quando l’interessato ha acquisito consapevolezza dell’effettiva consistenza e sopravvenuta gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, ossia da quando il sanitario ha certificato l’obiettivo aggravamento della patologia.
IL C.d.S. afferma che:
1) - In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell’avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento:
il dipendente – per le ragioni più diverse - ben può ritenere di non avvalersi dei benefici previsti dalla legge per la insorgenza di una patologia, senza incorrere in alcuna decadenza che precluda di invocarli quando diventa consapevole di un obiettivo aggravamento, che implica l’ulteriore applicazione della normativa di settore e la decorrenza di un ulteriore termine per proporre la relativa istanza.
Il resto x completezza leggetelo qui sotto.
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17/03/2014 201401304 Sentenza 6
N. 01304/2014REG.PROV.COLL.
N. 05551/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5551 del 2009, proposto dall’Automobile club d’Italia (ACI), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Trojano, con domicilio eletto presso lo studio legale Tonucci in Roma, via Principessa Clotilde, 7;
contro
il sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Gino Bazzani e Carmine Monaco, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, V. Monte Acero, 2/A;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione I n. 3831/2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 18 giugno 2013 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Quattrini, per delega dell’avv. Trojano, e Petrilli, per delega dell’avv. Monaco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. OMISSIS, dipendente dell’Automobile Club d’Italia (ACI) con la qualifica di impiegato, ha presentato una istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “OMISSIS”.
In occasione dei consequenziali accertamenti medici, fu diagnosticata la patologia “stato depressivo ansioso reattivo con somatizzazioni” e la sua riconducibilità al servizio prestato.
La deliberazione del comitato esecutivo dell’ACI .. febbraio 1997 ha riconosciuto che egli era affetto da “stato ansioso depressivo reattivo con somatizzazioni”, ma ha respinto l’istanza volta a farne accertare la dipendenza da causa di servizio, siccome “intempestiva poiché prodotta (il … febbraio 1996) ben oltre il prescritto termine massimo di sei mesi dalla conoscenza dell’infermità, avvenuta il … dicembre 1994”.
2. Con il ricorso di primo grado n. 1419 del 1997, il sig. OMISSIS ha impugnato innanzi al TAR per la Campania, Sezione di Salerno, il diniego dell’amministrazione.
La sentenza impugnata ha preliminarmente respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dall’amministrazione ed incentrata sulla mancata impugnazione del verbale della Commissione medica ospedaliera dell’8 novembre 1996, atteso il carattere meramente endoprocedimentale del verbale medesimo.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di rigetto.
La sentenza ha evidenziato che l’art. 41 del regolamento organico del personale A.C.I. dispone che “l’impiegato che abbia contratto infermità, per farne accertare la eventuale dipendenza da causa di servizio deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza della infermità, presentare domanda scritta all’Ente (…)”.
Ad avviso del TAR, la disposizione ricollega il “dies a quo” del termine suindicato all’acquisizione da parte del dipendente di compiuta conoscenza non solo in ordine alla infermità da cui è affetto, ma anche al suo insorgere quale conseguenza del servizio prestato, e quindi al nesso causale con quest’ultimo:
Nessuna deduzione sarebbe stata articolata dall’ente (con il provvedimento impugnato o in sede difensiva) a dimostrazione del fatto che il ricorrente, in data .. dicembre 1994, avesse acquisito concreta conoscenza, oltre che del prodursi della suddetta infermità, della sua riconducibilità causale al servizio svolto.
In punto di fatto, avrebbe rilievo il certificato del 19 gennaio 1996, a firma del dott. OMISSIS, il quale ha precisato che la patologia diagnosticata “risulta aggravata dallo stress lavorativo al quale il paziente è stato sottoposto negli ultimi due anni”: pertanto, il termine infra-semestrale intercorrente tra il suddetto certificato e la data (… febbraio 1996) di presentazione da parte del ricorrente della istanza di riconoscimento della dipendenza della infermità da causa di servizio impedirebbe di desumere, da esso, la dimostrazione della tardività dell’istanza suindicata.
3. Ha proposto ricorso in appello l’Automobile Club d’Italia, affidato ai seguenti motivi così epigrafati:
a) error in iudicando in merito alla ritenuta ammissibilità del ricorso di primo grado;
b) error in iudicando in merito alla ritenuta tempestività dell’istanza per il riconoscimento di invalidità dipendente da causa di servizio.
4. Entrambe le censure sono infondate.
4.1.. In ordine alla prima, osserva il Collegio che il contenuto del parere è stato posto a base del diniego, sicché risultano tempestive e ammissibili le censure rivolte contro l’atto conclusivo del procedimento.
4.2. In ordine alla seconda, relativa all’asserita tardività nella formulazione dell’istanza in sede amministrativa, il Collegio condivide il costante orientamento per il quale (da ultimo Cons. St., IV 15 aprile 2013, n. 2053) il disposto che stabilisce in “sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell’infermità” (nella specie, l’art. 41 del regolamento organico dell’A.C.I.) il termine entro il quale il dipendente deve presentare l’istanza per il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio va inteso nel senso che il medesimo termine non decorre dal momento in cui si abbia conoscenza di una malattia o lesione, bensì da quello della percezione della natura e della gravità dell’infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio.
La sua decorrenza va appunto individuata tenendo presente il momento in cui l’interessato abbia acquisito consapevolezza dell’effettiva consistenza e gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, rilevando un criterio di ‘normalità’ riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente.
In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell’avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento: il dipendente – per le ragioni più diverse - ben può ritenere di non avvalersi dei benefici previsti dalla legge per la insorgenza di una patologia, senza incorrere in alcuna decadenza che precluda di invocarli quando diventa consapevole di un obiettivo aggravamento, che implica l’ulteriore applicazione della normativa di settore e la decorrenza di un ulteriore termine per proporre la relativa istanza.
Nel caso di specie, quindi, il termine per la presentazione dell’istanza può ragionevolmente farsi decorrere, così come evidenziato nella sentenza di primo grado, dal 19 gennaio 1996, allorquando il sanitario ha certificato l’obiettivo aggravamento della patologia.
5. In conclusione il ricorso in appello va rigettato.
Le spese del secondo grado del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 5551 del 2009, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’Automobile club d’Italia (ACI) al pagamento in favore dell’appellato sig. OMISSIS della somma di € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre oneri di legge, per le spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/03/2014
Re: causa di servizio
Inviato: gio mar 20, 2014 1:33 pm
da italiauno61
antoniomlg ha scritto:nell'ambito del M.D. è istituita un'apposita divisione che si occupa delle cause relative ai danni biologici (21^ divisione di Persomil). L'ipotesi di risarcimento del danno nei confronti del militare che ne faccia apposita istanza è quindi prevista. Il problema credo sia nel rendere consapevoli tutti i dipendenti che vi è anche questa possibilità, oltre l'equo indennizzo, quando la responsabilità nell'evento da parte dell'Amministrazione può essere rilevata...
Il problema è appunto la ignoranza da parte nostra.
Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi. Grazie per tutto quanto fai.
Ora la domanda nasce spontanea ed è la seguente
per quanto riguarda la richiesta di eventuale risarcimento dle danno biologico quale è la tempistica della prescrizione?
GRAZIE
Lungi da me voler polemizzare, ma le Amministrazioni ignorano le altre liquidazioni SOLTANTO IN ASSENZA DI ESPLICITA RICHIESTA DI RISARCIMENTO DANNI DA PARTE DELL'INTERESSATO. Ovvero, NON ESISTE UN AVVIO D'UFFICIO DI UN RISARCIMENTO IN ASSENZA DI ISTANZA DI PARTE.
La tempistica per la richiesta di un risarcimento del danno biologico è quella prevista dal Codice Civile per la prescrizione ordinaria (art. 2946) che è di dieci anni (se non previsto diversamente...).
Re: causa di servizio
Inviato: sab mar 22, 2014 6:14 am
da Dott.ssa Astore
Se vuole,come medico- legale e presidente dela prima associazione toscana sullo stress occupazionale potrei darle dei consigli se solo potesse venire al mio studio.
La prima cosa importante comunque e' il problema della scadenza termini per un eventuale ricorso.
Mi faccia sapere.
Cordialmente
Lucia Astore
Re: causa di servizio
Inviato: dom apr 13, 2014 2:53 pm
da panorama
Interessante sentenza del CdS che da torto all'Amministrazione.
Interessante perché fa anche alcune precisazioni sulla procedura della norma.
“ipertensione arteriosa”
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1) - Secondo il C.T.U., <<il dott. OMISSIS era certamente affetto tra le varie patologie anche da ipertensione arteriosa.
- L'ipertensione arteriosa deve essere ritenuta certamente una concausa efficiente nel determinismo della grave insufficienza cerebrovascolare che ha condotto al suo decesso.
- Lo stress lavorativo legato alle grosse responsabilità professionali del dott. OMISSIS può certamente rappresentare una concausa anch'essa efficiente nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa>>.
IL C.d.S. scrive (interessante da tener bene in mente):
2) - Non è stato contestato infatti:
né che l’exitus sia da ricondurre sostanzialmente all’insufficienza cerebrovascolare manifestatasi sul piano clinico in vari episodi di ictus cerebrale espressione di ischemia cerebrale acuta negli ultimi mesi prima del decesso,
e neppure che
l’ipertensione arteriosa di quest’ultimo costituisca concausa (oltreché, ovviamente, della circostanza che pare ormai essere patrimonio acquisito nelle conoscenze mediche, secondo cui la situazione di stress –anche lavorativo- aggrava il fenomeno ipertensivo).
Il resto per completezza dei fatti vi consiglio di leggere il tutto qui sotto.
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11/04/2014 201401765 Sentenza 4
N. 01765/2014REG.PROV.COLL.
N. 02927/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2927 del 2012, proposto da:
Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia; in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’ Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati per legge;
contro
M. R., rappresentata e difesa dagli avv. G. A., A. S., con domicilio eletto presso Claudia De Curtis in Roma, viale Giuseppe Mazzini N. 142;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA – Sede di NAPOLI - SEZIONE IV n. 05878/2011, resa tra le parti, concernente riconoscimento dipendenza da causa di servizio di infermita'
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di M. R.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’ Avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia e l’ Avvocato OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado la parte odierna appellata – M. R., vedova del dott. OMISSIS, Magistrato Ordinario - aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto del Ministero della Giustizia n. …. dell’8 novembre 2006, comunicato il 28 novembre 2006, con il quale non era stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità patita dal dottor OMISSIS ed era stata respinta l’istanza tendente alla concessione dell’equo indennizzo, nonché ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, ivi compresi la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura n. … del 26 luglio 2006, i verbali del Comitato di Verifica n. …./2005 della seduta n. … del 10 marzo 2006 e n. …./2004 della seduta n. … dell’11 maggio 2005, il verbale della Commissione Medica Ospedaliera distaccata di Napoli n. … del 1 marzo 2004.
Erano state articolate plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere: al ricorso era stato allegato un parere medico-legale con note integrative del prof. Claudio Buccelli, nonchè documentazione della Corte di Appello di Napoli relativa all’attività di servizio del dott. OMISSIS.
Con ordinanza n. 743/2010 del 2 novembre 2010, il Tar aveva disposto l'acquisizione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio del 27 dicembre 2002 e dei documenti allegati alla suddetta domanda, nonché dell'intera documentazione oggetto del parere medico-legale a firma del professor Buccelli e con successiva ordinanza n. 1914/2011 del 4 aprile 2011, aveva disposto a consulenza tecnica d'ufficio, (nominando C.T.U. il dott. Maurizio Cappelli Bigazzi) al fine di accertare, sulla base della documentazione agli atti, <<se l’infermità “ipertensione arteriosa” avesse avuto o meno incidenza causale (o anche solo concausale) sul decesso del dott. OMISSIS e, in caso di accertamento positivo, se tale infermità fosse o meno ricollegabile al servizio dal medesimo prestato>>.
Il C.T.U. nominato aveva depositato la relazione peritale in data 18 luglio 2011, ed il Tar, ritenuta la causa in decisione, aveva accolto il mezzo conformandosi agli univoci esiti di tale relazione.
Richiamato infatti il consolidato orientamento (a partire dalla sentenza n. 601/1999 di questo Consiglio di Stato) in ordine alla sindacabilità delle manifestazioni implicanti esercizio di discrezionalità tecnica, il primo giudice ha richiamato gli esiti delle disposte acquisizioni istruttorie.
In particolare, ha fatto presente che, l'acquisizione della richiesta presentata dall'originaria in data 27 dicembre 2002, aveva dimostrato che, contrariamente a quanto affermato dal Comitato di verifica nella seduta n. … del 10 marzo 2006, la patologia “ipertensione arteriosa” risultava essere stata effettivamente indicata dall'interessata come patologia derivante da causa di servizio.
L'impugnato decreto (e per esso il richiamato parere del Comitato di verifica del 10 marzo 2006), risultava quindi affetto dal denunciato vizio di eccesso di potere per manifesto travisamento del fatto, in quanto si era fondato sull'erronea presupposizione che l’ipertensione arteriosa non fosse stata richiesta come causa di servizio.
Nel merito, però, risultava parimenti fondato anche il secondo versante impugnatorio, di “merito”: la consulenza tecnica d'ufficio espletata in corso di causa, aveva infatti accertato che il dott. OMISSIS risultava affetto (sulla base della stessa documentazione sanitaria allegata alla domanda all'epoca presentata al Ministero della Giustizia al fine del riconoscimento dell'equo indennizzo e della pensione di reversibilità privilegiata) << OMISSIS, insufficienza cerebrovascolare complicata da ricorrenti episodi di ictus cerebrali con emiparesi ……., ipertensione arteriosa sistemica, OMISSIS >>.
Secondo il C.T.U., <<il dott. OMISSIS era certamente affetto tra le varie patologie anche da ipertensione arteriosa. L'ipertensione arteriosa deve essere ritenuta certamente una concausa efficiente nel determinismo della grave insufficienza cerebrovascolare che ha condotto al suo decesso. Lo stress lavorativo legato alle grosse responsabilità professionali del dott. OMISSIS può certamente rappresentare una concausa anch'essa efficiente nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa>>.
Escluso qualsivoglia dubbio di natura metodologica o di affidabilità, sugli esiti della detta disposta consulenza, è stata affermata l'illegittimità dell'impugnato provvedimento (e dei presupposti pareri del Comitato di verifica), nella parte in era stato escluso qualsiasi collegamento causale tra il servizio prestato dal dott. OMISSIS, l'insorgenza dell’ipertensione arteriosa e la determinazione dell'evento letale, rammentandosi in proposito il consolidato orientamento secondo il quale ai fini della concessione della pensione privilegiata di reversibilità e dell’equo indennizzo, la “concausa” di servizio era equiparata alla causa unica, diretta ed immediata di servizio (cfr. C.d.S., sez. IV, 20 marzo 2006, n. 1471).
Conclusivamente, il mezzo è stato integralmente accolto.
L’ amministrazione rimasta soccombente ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendone la riforma in quanto errata.
Ha in primo luogo sostenuto che la predetta sentenza (resa in data 16.12.2011, su ricorso del 2006) era viziata da incompetenza: la causa avrebbe dovuto essere decisa infatti dal Tar del Lazio, ex art. 17 della legge 24 marzo 1959 n. 195 ed ex art. 135 del cpa, e la competenza riguardava anche i provvedimenti relativi al riconoscimento della c.d. “causa di servizio”: Cons Stato n. 2227/2002).
Il Tar avrebbe dovuto rilevare la propria incompetenza funzionale, il che militava per l’annullamento della gravata decisione.
Nel merito, essa era parimenti errata non avendo tenuto conto del disposto di cui all’art. 14 del dPR che prevedeva che il parere del Comitato avesse, sostanzialmente, natura vincolante per l’Amministrazione.
I pareri del Comitato di Verifica in data 11 maggio 2005 e 10 marzo 2006 avevano dato esito (negativo per parte appellata) univoco, di guisa che gli atti clinici di parte non potevano inficiare dette approfondite valutazioni tecniche.
La parte odierna appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello perché infondato riproponendo le tematiche sottese al ricorso di primo grado accolte dal Tar.
Alla odierna pubblica udienza del 18 marzo 2014 la causa è stata posta in decisone dal Collegio.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va pertanto disatteso.
2. La prima censura di “incompetenza” è certamente infondata.
Essa, per il vero, si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato:
(Cons. Stato Sez. IV, 06-08-1997, n. 768) “ai sensi dell'art. 4 l. 12 aprile 1990 n. 74, rientra nella competenza del Tar per il Lazio con sede in Roma il ricorso proposto da un magistrato contro il decreto ministeriale negativo dell' equo indennizzo.”.
Purtuttavia, già in passato condivisibile giurisprudenza di merito aveva fondatamente sostenuto che (T.A.R. Veneto Sez. I, 26-02-2002, n. 965) “la competenza del Tar Lazio in ordine all'impugnazione di provvedimenti riguardanti magistrati ordinari costituisce una deroga, disposta dalla legge e determinata da ragioni di materia, all'ordinario criterio di competenza per territorio, ma non costituisce un'ipotesi di competenza inderogabile. Pertanto l'incompetenza del Tar locale può essere fatta valere solo con lo strumento del regolamento preventivo di competenza -fattispecie relativa alla impugnazione di d.m. di rigetto di domanda di concessione di equo indennizzo presentata da magistrato ordinario-.”
Premesso che il ricorso di primo grado venne depositato in data assai antecedente alla entrata in vigore del cpa (ancorchè la sentenza, resa in data 2011, sia successiva a quest’ultimo) è d’uopo rammentare che le regole contenute nella legge n. 1034 del 1971 ratione temporis applicabile alla fattispecie prevedevano la rilevabilità dell' incompetenza solo ad istanza di parte, con regolamento cd. di tipo preventivo soggetto a tempi ristrettissimi.
In armonia con l’orientamento giurisprudenziale in ultimo enunciato, quindi il Tar non avrebbe quindi potuto ex officio dichiarare la propria incompetenza.
Per altro verso, le sopravvenute disposizioni del cpa sono inapplicabili alla fattispecie.
Secondo l’insegnamento dell’ordinanza, 05-05-2011, n. 6 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, infatti, la nuova disciplina della competenza, ivi compresi i modi di rilevabilità dell' incompetenza di cui all'art. 15 c.p.a., risulta applicabile solo ai processi instaurati sotto la sua vigenza, ovvero a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, 16 settembre 2010, dovendosi intendere "instaurati" i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la "proposizione del ricorso".
2. Quanto alle censure di merito, l’appello pare non avere colto le –non recenti, per il vero- evoluzioni del concetto di sindacato giurisdizionale in materia di valutazioni tecniche rese dalle Amministrazioni.
Come è noto, è ormai certamente tramontata l'equazione discrezionalità tecnica - merito insindacabile che sottraeva le manifestazioni di discrezionalità tecnica al sindacato giurisdizionale.
A partire dalla sentenza n. 601/99 della IV Sezione del Consiglio di Stato, il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
2.1. Avuto riguardo a tale circostanza, richiamare il disposto di cui all’art. 14 del dPR che prevedeva che il parere del Comitato avesse, sostanzialmente, natura vincolante per l’Amministrazione e che i pareri del Comitato di Verifica in data 11 maggio 2005 e 10 marzo 2006 avevano dato esito (negativo per parte appellata) univoco, da un canto non vale a cogliere alcun profilo di errore e/o di omissione valutativa in capo alla decisione del Tar e, per altro verso, si risolve nella apodittica censura per cui gli atti clinici di parte non potevano inficiare dette approfondite valutazioni tecniche.
2.2. In contrario senso, rammenta il Collegio che è ben noto il tenore della disposizione di cui all’art. 14 del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 ottobre 2001, n. 461 (“L'Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo ai sensi dell'articolo 2, entro venti giorni dalla data di ricezione del parere stesso. Entro lo stesso termine l'amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta; l'Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato.
2. Il provvedimento finale è adottato nel rispetto dei termini procedimentali previsti dal presente regolamento ed è notificato o comunicato, anche per via amministrativa, all'interessato nei successivi quindici giorni.
3. In caso di concorrente richiesta di equo indennizzo prima della espressione del parere del Comitato, è adottato un unico provvedimento di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e concessione di equo indennizzo; per i procedimenti non concorrenti di concessione di equo indennizzo si applicano la procedura ed i termini procedimentali previsti dal presente regolamento.
4. Entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento di cui al comma 3, il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l'equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all'Amministrazione la revisione dell'equo indennizzo già concesso, secondo le procedure indicate dal presente regolamento.
5. La competenza in ordine all'adozione dei provvedimenti finali dell'Amministrazione previsti dal presente regolamento è del responsabile dell'ufficio di livello dirigenziale generale competente in ordine allo stato giuridico del dipendente, salvo delega ad altro dirigente dello stesso ufficio o, in assenza, della stessa amministrazione. ”).
2.3. Senonchè la detta circostanza circa la necessaria conformità al parere, non altro significa che la traslazione del sindacato giurisdizionale si accentri, in via principale, su detto atto in ultimo citato.
Non altro, chè altrimenti, sostenere la inoppugnabilità della manifestazione amministrativa ricettiva di quest’ultimo violerebbe platealmente l’art. 24 della Costituzione.
Se così è mantengono pieno il loro vigore i recenti approdi in punto di piena sindacabilità delle valutazioni tecniche dell’Amministrazione.
Nel caso di specie, come esattamente colto dal Tar, l'originaria ricorrente aveva presentato al Ministero della Giustizia al fine del riconoscimento dell'equo indennizzo e della pensione di reversibilità privilegiata, la documentazione clinica dimostrativa della circostanza che il OMISSIS era affetto da ipertensione arteriosa da molti anni, come più volte certificato sia da controlli ambulatoriali che da ricoveri ospedalieri.
2.4. Muovendo da detto punto di fatto, si sarebbe dovuta scandagliare la possibile efficienza causale di tale patologia con il decesso, e, contemporaneamente, indagare se lo stress lavorativo legato alle responsabilità professionali del dott. OMISSIS avesse potuto proporsi quale concausa efficiente nello sviluppo dell’ipertensione arteriosa.
La sbrigativa valutazione del Comitato ciò aveva escluso.
Nel giudizio circa la complessiva inattendibilità di tale esclusione (e/o comunque nella valutazione circa la doverosità di un supplemento di indagine in ordine a dette tematiche) è stata disposta una complessa ed accurata consulenza tecnica, che ha dato esito univoco, opposto, nel suo approdo, a quello contenuto nel parere vincolante suddetto.
2.5. L’appello, a ben guardare, non muove alcuna decisiva censura a tale approdo, limitandosi ad osservare che le valutazioni del consulente si fondavano su una documentazione già prodotta in passato (il che non è contestato ed è sinanco doveroso che sia così, potendosi dubitare della esaminabilità ex post di documentazione in passato non prodotta in sede infraprocedimentale) e che l’exitus fu esclusivamente determinato dalla malattia neoplasica da cui il predetto era affetto (con ciò reiterandosi le considerazioni reiettive poste a fondamento del parere).
2.5.1. Il Collegio, muovendo da questa sostanziale assenza di censure agli esiti della disposta CTU, manifesta un avviso, invece, coincidente con il primo giudice in ordine alla accuratezza ed attendibilità della stessa ed alle conseguenze cui è pervenuta.
Non è stato contestato infatti: né che l’exitus sia da ricondurre sostanzialmente all’insufficienza cerebrovascolare manifestatasi sul piano clinico in vari episodi di ictus cerebrale espressione di ischemia cerebrale acuta negli ultimi mesi prima del decesso, e neppure che l’ipertensione arteriosa di quest’ultimo costituisca concausa (oltreché, ovviamente, della circostanza che pare ormai essere patrimonio acquisito nelle conoscenze mediche, secondo cui la situazione di stress –anche lavorativo- aggrava il fenomeno ipertensivo).
Ma se così è, la sussistenza della patologia neoplasica non si pone come causa esclusiva dell’exitus, e va manifestata adesione al convincimento del Tar che ha ritenuto di censurare la statuizione reiettiva.
3. Conclusivamente, alla stregua degli esiti della CTU, non decisamente contestati neppure in appello, il gravame deve essere respinto e la sentenza di primo grado confermata.
4. Le spese processuali, possono essere integralmente compensate tra le parti a cagione della natura della controversia ed alla particolarità fattuale della medesima.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/04/2014
Re: causa di servizio
Inviato: mer apr 16, 2014 2:48 pm
da panorama
Tar Latina (questo mese)
il sig. -OMISSIS-, Brig. dell’Arma dei Carabinieri, in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di OMISSIS , premette in punto di fatto: di aver presentato in data 10.1.2005, formale istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per le seguenti infermità e precisamente: “-OMISSIS-”, allegatamente contratte a causa del servizio; che sottoposto a visita medico legale, la V^ Commissione Medica Ospedaliera del Centro Militare di Medicina Legale, del Ministero della Difesa, con processo verbale n. .... datato 31/01/2006, riconosceva i predetti esiti di “-OMISSIS-”, dipendenti da causa di servizio ascrivendole alla Tab. A categ. 7, annessa al d.p.r. n. 834/81.
Soggiunge il ricorrente che, nella seduta n. .../2009 del 06/11/2009 il Comitato di verifica per le cause di servizio, ha peraltro ritenuto che le predette infermità non sarebbero riconducibili a fatti di servizio, sul rilievo che: ….si tratterebbe di affezioni “congenite”, di “natura endogena”, favorite da una “peculiare predisposizione del soggetto”, e dalla mancanza di “opportuno abbigliamento”.
Il ricorrente, militare dell’Arma dei Carabinieri ha impugnato il decreto ministeriale n. .../N/10 a mezzo del quale il Direttore della Divisione IX del Ministero della Difesa, richiamando il parere del Comitato di Verifica delle Cause di Servizio, non gli ha riconosciuto la dipendenza della causa si servizio per alcuna delle infermità indicate.
Lamenta il deducente che l’Amministrazione della Difesa anziché uniformarsi al parere favorevole della C.M.O. n. ... - che nel classificare le infermità come dipendenti da causa di servizio, escludeva che le stesse rivestissero natura endogena e congenita - avrebbe acriticamente recepito il parere negativo del Comitato di Verifica per le cause di servizio, senza tener, tra l’altro, conto della ….quantità e qualità del servizio anche notturno prestato dal militare.
IL TAR DI LATINA respinge il ricorso.
N.B.: (ora dico io, se il Comitato di Verifica ci respinge le cause di servizio anche sul fatto di mancanza di “opportuno abbigliamento” cosa dobbiamo dire noi?
Che l’Arma dei Carabinieri non ci da le Divise e l’abbigliamento come deve essere?
Allora dobbiamo chiedere una perizia per VERIFICARE se tutto il nostro abbigliamento è secondo le norme Europee o meglio se ci salvaguarda la NOSTRA SALUTE dalla pioggia, dal freddo e dal vento gelido, ossia anche la giacca a vento (giubbotto) e regolamentare a tutte le condizioni meteorologiche durante l’inverno in qualsiasi situazione?
Non vi pare che dobbiamo chiamare alla responsabilità l’Amministrazione che avvalla sempre il giudizio del Comitato?
Re: causa di servizio
Inviato: gio apr 17, 2014 10:20 am
da panorama
il DPR 461 del 29.10.2001 ha prescritto un particolare procedimento, che prevede l’intervento di due organi, in primo luogo la Commissione Medica e in secondo luogo il Comitato di verifica.
Al riguardo, l’art. 14 del citato DPR dispone testualmente che “l’Amministrazione si pronuncia su conforme parere del Comitato….entro 20 giorni dalla data di ricezione del parere stesso” e se “non ritenga di conformarsi a tale parere ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato che rende il parere entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta”.
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N.B.: voi, avete mai visto che l’Amministrazione NON si è conformata al parere del Comitato di Verifica? Al contrario si è sempre conformata con ciò che ha detto il Comitato.
La nostra salute? Non interessa a nessuno.
Re: causa di servizio
Inviato: gio apr 17, 2014 11:17 am
da antoniomlg
il DPR 461 del 29.10.2001 ha prescritto un particolare procedimento, che prevede l’intervento di due organi, in primo luogo la Commissione Medica e in secondo luogo il Comitato di verifica.
Al riguardo, l’art. 14 del citato DPR dispone testualmente che “l’Amministrazione si pronuncia su conforme parere del Comitato….entro 20 giorni dalla data di ricezione del parere stesso” e se “non ritenga di conformarsi a tale parere ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato che rende il parere entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta”.
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N.B.: voi, avete mai visto che l’Amministrazione NON si è conformata al parere del Comitato di Verifica? Al contrario si è sempre conformata con ciò che ha detto il Comitato.
La nostra salute? Non interessa a nessuno.
e non si trovano nemmneo ricorsi,
vinti in tal senso , se non come mosche bianche
Re: causa di servizio
Inviato: gio apr 17, 2014 2:42 pm
da panorama
Come sai, io ogni giorno giro in largo e in lungo (da Nord a Sud e da Est ad Ovest) e trovo al max. 1 o 2 sentenze accolte da tutti i Tar d'Italia oltre ai ricorsi straordinari al P.D.R. su 40 - 50 pubblicate ogni giorno, il resto sono tutti rigettati poichè il Comitato è l'organo supremo in tal senso autorizzato dallo Stato a decidere SI o NO.
A tal riguardo posso dire solamente che stanno facendo una mattanza per quando riguarda il riconoscimento delle cds. Ormai è una questione di politica per non cacciare più soldi ed altro.
Potrei fare un elenco di tutte le sentenze negative ma occuperebbe tanto spazio in questo forum.
Pensa che ci sono stati molti colleghi (FF.AA. e FF.PP.) che hanno anche allegato una CTP (Consulenza Tecnica di Parte) e la magistratura amministrativa non ha neanche tenuto conto.
Re: causa di servizio
Inviato: gio apr 17, 2014 4:39 pm
da MalcomX
A tal riguardo posso dire solamente che stanno facendo una mattanza per quando riguarda il riconoscimento delle cds. Ormai è una questione di politica per non cacciare più soldi ed altro.
mi sà che debbo ritenermi fortunato qualche giorno fà mi hanno notificato un decreto con 2 cause di servizio , una del 2008 e una del 2009 , si dipendenti Tab " B " ........ mi sà che devo accendere un cero a San Antonio ..... : - )
MalcomX
Re: causa di servizio
Inviato: ven apr 18, 2014 10:01 am
da panorama
L’IMPUGNAZIONE DEL DINIEGO
Contro il provvedimento di NON riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, oppure della NON tempestività, può essere opposto ricorso di fronte all’autorità giudiziaria.
Se il richiedente appartiene alla categoria dei soggetti “contrattualizzati, cioè è soggetto ad un Contratto Collettivo di Lavoro, la competenza attualmente è del giudice ordinario con rito del Lavoro;
in precedenza era del TAR.
Il termine di decadenza è di 10 anni dalla notifica del provvedimento (mi dicono però che esiste giurisprudenza sfavorevole che in qualche caso ha indicato un termine di 6 mesi dalla notifica).
In sostanza è comunque opportuno interpellare un avvocato esperto in diritto del lavoro per averne la certezza, anche perchè comunque si tratterebbe di un ricorso giudiziario e l’avvocato è indispensabile.
Re: causa di servizio
Inviato: sab apr 19, 2014 9:36 am
da panorama
Tar di Palermo
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16/04/2014 201401033 Sentenza 1
N. 01033/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00263/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
SI è espresso su:
- la ricorrente – dipendente del Ministero dell’Interno a far data dal 09.01.1991 con la qualifica di addetta ai servizi ausiliari –
DICHIARANDO quanto segue:
Ai sensi dell’art. 63, co. 1, del d. lgs. n. 165/2001, “sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4…”.
In base a tale disposizione la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti d’impiego pubblico privatizzato è una giurisdizione esclusiva e piena, cui sono sottratte le sole controversie indicate nel quarto comma della stessa norma, il quale attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni; oltre che quelle relative ai rapporti di impiego pubblico non privatizzato, di cui all’art. 3 del medesimo decreto (Personale in regime di diritto pubblico).
Rispetto a tale tipologia di personale – in regime di diritto pubblico – è evidente che la ricorrente non rientra in tale ambito, atteso che, come risulta dalla documentazione in atti, la predetta era dipendente dell’Amministrazione Civile del Ministero dell’Interno, con la qualifica di addetta ai servizi ausiliari e di anticamera, e, pertanto, non rientra in nessuna delle categorie espressamente indicate nell’art. 3 del d. lgs. n. 165/2001.
Quanto, poi, al provvedimento impugnato, lo stesso, consistente in un atto di risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica, rientra, all’evidenza, nella (piena ed esclusiva) giurisdizione del giudice ordinario.
Per tutto quanto esposto e rilevato, il giudice amministrativo difetta di giurisdizione in base al chiaro tenore letterale dell’art. 63, co. 1, del d. lgs. n. 165/2001.
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DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (GU n.106 del 9-5-2001 - Suppl. Ordinario n. 112 )
note: Entrata in vigore del decreto: 24-5-2001
Sarà questa sopra la norma sull'impugnazione del diniego?
Re: causa di servizio
Inviato: lun apr 21, 2014 3:58 pm
da panorama
E' meglio allegarla anche qui questa notizia.
Re: causa di servizio
Inviato: lun apr 21, 2014 4:01 pm
da panorama
Quanto sopra allegato si trova nel sito dell'avvocato Guerra, logicamente anche questa parte qui sotto.
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Importante decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in favore del personale in servizio
Finalmente la decisione che tanti, tantissimi appartenenti al comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico ancora in servizio attendevano.
La Cassazione a Sezioni Unite conferma la possibilità di ricorrere alla Corte dei conti avverso il decreto negativo di dipendenza da causa di servizio anche per il personale tutt’ora in attività.
Una decisione di straordinaria importanza soprattutto per tutti coloro che si sono visti negare la dipendenza da causa di servizio delle infermità o lesioni con provvedimenti notificati successivamente al gennaio 2002. Difatti, come noto, dopo tale data i provvedimenti amministrativi sulla dipendenza da causa di servizio emessi nel rispetto del d.P.R. 461/2001 costituiscono accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio (l’art. 12 del suddetto dPR recita: “Unicità di accertamento. Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione costituisce accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio”).
Tale disposizione normativa giustamente preoccupa tutti coloro che, in servizio attivo, si sono visti respingere le proprie istanze, tenuto conto che nell’unicità dell’accertamento, la pronuncia sulla dipendenza da causa di servizio assume fondamentale importanza soprattutto ai fini del diritto alla pensione privilegiata.
Ai sensi dell’art. 67 del d.P.R. 1092/73, infatti, al personale delle Forze Armate e di Polizia, anche ad ordinamento civile, che riporti infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio ascrivibili ad una delle otto categorie della Tab. A annessa al d.P.R. 915/78, spetta, a domanda, la pensione privilegiata indipendentemente dagli anni di servizio prestati.
È evidente quindi l'importanza di poter oggi ottenere durante il servizio una pronuncia favorevole sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità o lesioni riportate nell'adempimento del dovere, per ipotecare il diritto al (futuro) trattamento pensionistico di privilegio.
Finora, in caso di diniego di tale riconoscimento in sede amministrativa, l'interessato poteva unicamente ricorrere al Tar (entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto), ritenuta unica giurisdizione competente per il personale in attività di servizio.
In pratica, finora, il personale in attività aveva solo una parziale tutela dei propri diritti. Il Tar, infatti, nonostante la finalità della pronuncia amministrativa ex art. 12 dPR 461/2001 sulla dipendenza da causa di servizio, difficilmente ritiene ammissibile il ricorso diretto a sindacare nel merito la valutazione del Comitato di Verifica delle Cause di Servizio (CVCS) sul presupposto della “discrezionalità tecnica” di detto parere. Inoltre, quando il Tar accoglie il ricorso, si limita esclusivamente all'annullamento dell’atto, senza sostituire con la propria decisione il decreto negativo, rinviando la documentazione all’Amministrazione resistente per una nuova pronuncia, che potrebbe ancora una volta essere negativa, come spesso accade!
I poteri istruttori e di merito dalla Corte dei conti sono invece diversi e decisamente più ampi.
In tale Sede giurisdizionale, nel rispetto del contraddittorio, il Giudice può entrare nel merito della vicenda professionale del ricorrente e nella concreta valutazione dell'infermità o della lesione in rapporto all'attività prestata disponendo a tal fine l'acquisizione di apposita Consulenza Tecnica d’Ufficio che, sulla base della documentazione in atti, comprese eventuali perizie di parte e quasi sempre su visita diretta dell'interessato che può essere assistito dal proprio perito medico legale, esprime un nuovo parere sulla dipendenza da causa di servizio.
La Corte dei conti, quindi, in perfetta autonomia, può valutare concretamente tutti gli elementi, i fattori di servizio e le circostanze ambientali e operative incidenti causalmente o concausalmente sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità, con una sentenza che, se positiva, non soltanto annulla il decreto negativo, ma dichiara la dipendenza da causa di servizio quale presupposto del diritto a pensione privilegiata, senza necessità di ulteriore istruttoria da parte dell’Amministrazione.
La decisione della Corte ha oltretutto l’effetto di annullare il decreto negativo, che verrà sostituito da un nuovo provvedimento emesso in ottemperanza della decisione giudiziale, senza rischi di amare sorprese.
Orientati dalla nostra pluriennale esperienza nel diritto pensionistico, avevamo da tempo deciso di ricorrere alla Corte dei Conti avverso i decreti negativi riguardanti il personale in servizio, con lo specifico obiettivo di ottenere una sentenza che dichiarasse unicamente la dipendenza da causa di servizio quale presupposto per la (successiva) pensione privilegiata.
Tuttavia, alcune pronunce della Corte dei conti avevano dichiarato il difetto di giurisdizione ritenendo possibile per il personale in servizio impugnare i decreti negativi sulla dipendenza esclusivamente dinanzi al TAR, e ciò nonostante l’unicità d’accertamento stabilita dall’art. 12 del d.P.R. 461/2001, che, come sopra detto, avrebbe effetti sostanziali anche ai fini della pensione di privilegio.
Stando così le cose, con un apposito ricorso per regolamento di giurisdizione presentato alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione contro il Ministero della Difesa abbiamo chiesto di affermare la competenza giurisdizionale della Corte dei conti nei casi in cui si controverta sulla sola dipendenza da causa di servizio del personale appartenente al comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico ancora in attività di servizio, quale presupposto del diritto a “successiva” pensione privilegiata.
La Suprema Corte di Cassazione, con l’importantissima ordinanza n. 4325/14 del 24 febbraio 2014, ci ha dato ragione.
Dopo avere espressamente negato ogni rilevanza alla circostanza che il ricorrente si trovi ancora in servizio, ha accolto il ricorso confermando la giurisdizione dell’adita Corte dei conti anche sulla sola domanda di mero accertamento della causa di servizio proposta dal personale in servizio quale presupposto del diritto a successiva pensione privilegiata.
A questo punto, finalmente, anche il personale in servizio potrà avere piena tutela dei propri diritti potendo contestare il decreto negativo del Ministero con l’utilizzo dei rituali mezzi istruttori (perizie, atti etc.), nel pieno rispetto del contraddittorio e garanzia di effettiva parità tra le parti in causa.
Non solo, il ricorso dinanzi alla Corte dei conti potrà essere proposto senza limiti di tempo, non essendo previsto alcun termine decadenziale, ed anche nell’ipotesi in cui non sia stato proposto ricorso al TAR o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ovvero il ricorso stesso sia stato respinto, avendo l’interessato la possibilità di rimettere tutto in gioco sia ai fini pensionistici che, se necessario, di carriera.
Considerazioni conclusive sulla TUTELA GIURISDIZIONALE
Sono compatibili i due contestuali ricorsi:
dinanzi alla Corte dei conti ai fini dell’accertamento della causa di servizio quale presupposto del diritto a pensione privilegiata;
dinanzi al TAR ai fini dell’equo indennizzo.
Il personale interessato a ricorrere alla Corte dei conti dovrebbe essere:
a. chi voglia ottenere durante l’attività tutti i benefici connessi alla causa di servizio negata e garantirsi il diritto (futuro) alla pensione privilegiata;
b. chi è stato dichiarato parzialmente inidoneo al servizio, che potrebbe vantare il diritto alla permanenza nel ruolo militare con mansioni d’ufficio e garantirsi la pensione privilegiata in caso di dispensa;
c. chi è stato dichiarato assolutamente inidoneo al servizio militare incondizionato che oltre a transitare ai ruoli civili, potrebbe beneficiare della pensione privilegiata (art. 139 del T.U. 1092/73).
d. chi, anche se riconosciuto idoneo a seguito della contratta menomazione, voglia ipotecare il proprio futuro con il preventivo riconoscimento della causa di servizio ai fini del diritto a pensione privilegiata per infermità negata.
Re: causa di servizio
Inviato: lun apr 21, 2014 4:57 pm
da panorama
PolPen. Ricorso Accolto.
negata l’infermità cardiopatia ischemica in esiti di pregresso IMA anteriore trattato con duplice PTCA stent” da cui è stato riconosciuto affetto -OMISSIS-, nato a –OMISSIS- (...) non è dipendente da causa di servizio”;
IL TAR scrive:
1) - V.5. La corretta applicazione dei principi tutti sopra esposti comporta che l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici medici, cui la norma di sicurezza sociale subordina il conseguimento del beneficio previdenziale invocato in questa sede, non rientra nelle ipotesi in cui è impedita la loro sostituzione con gli accertamenti istruttori compiuti dal giudice che ne abbia riscontrato l’insufficienza quanto al criterio seguito e al procedimento applicativo utilizzato. Difatti, la regola tecnica inserita nella struttura della norma giuridica, nella specie, è strumentale al solo accertamento di un fatto storico (presupposto sanitario), avendo già il legislatore compiutamente identificato il bisogno tutelato mercé la determinazione del tipo di patologia e di lavorazione, dell’entità del beneficio ritenuto compatibile con le altre missioni di bilancio pubblico, del modello di relazione causale tra patologia e condizioni di lavoro. Ne consegue che, nei giudizi aventi ad oggetto il riconoscimento di una patologia come causa di servizio, gli elementi medici in base a cui accertare tale riconoscimento sono nella disponibilità del ricorrente e in presenza di un accertamento negativo da parte dell’amministrazione spetta allo stesso fornire quanto meno un principio di prova a fondamento della sua pretesa.
2) - VII. Tanto premesso, venendo al caso di specie, ritiene il Collegio che il consulente tecnico incaricato abbia sottolineato convincentemente, con motivazione chiara ed immune da vizi logici che il Collegio pienamente condivide e fa propria, gli elementi che, da un lato, suffragano il nesso di derivazione causale tra la patologia riscontrata e il servizio lavorativo prestato dal ricorrente, dall’altro, pongono in evidenza l’errore in cui è incorsa la pubblica amministrazione.
3) - Il signor -OMISSIS- risulta, inoltre, affetto da sindrome delle apnee notturne (OSAS) che ha necessitato in passato e, probabilmente, necessiterebbe ancora oggi di terapia con CPAP notturna e di sindrome ansioso-depressiva.
4) - VII.3. Con riguardo alla sussistenza del nesso causale, il CTU, premesso che esiste in letteratura ormai una chiara evidenza dell'esistenza di una associazione tra infarto miocardico acuto da una parte e, genericamente, situazioni stressanti, sia acute che croniche, anche connesse al lavoro, dall'altra, ritiene che l’attività lavorativa del paziente rientri tra quelle riconosciute come a elevato stress ed usuranti, ciò sia per la tipologia stessa del lavoro (agente di custodia penitenziaria), che per le caratteristiche delle mansioni svolte (alternanza di turni diurni e notturni associata a scorrette abitudini di vita, in particolare irregolarità del sonno e dei pasti).
5) - All’uopo cita talune evidenze empiriche che, secondo la letteratura scientifica, confermerebbero lo stretto legame tra questa patologia cardiaca acuta e lo stress di tipo psicologico (Jordan HT, et al. Cardiovascular disease hospitalizations in relation to exposure to the September 11, 2001 World Trade Center disaster and posttraumatic stress disorder. J Am Heart Assoc. 2013).
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Per la complessità dei fatti e del contesto normativo ivi richiamato, vi rimando alla lettura qui sotto, trattandosi di una sentenza esemplare che ha coronato il tutto in un bel commento e iter logico-medico-scientifico dando dei risvolti positivi nel contesto medico-legale e di prova.
Questo Tar è veramente da lodare per ciò che ha fatto e scritto nell'interesse del ricorrente e di tutti i lavoratori.
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10/03/2014 201400613 Sentenza 1
N. 00613/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01935/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Guarnaschelli, con domicilio eletto presso l’avv.to Tiziana Genesi in Milano, via Fiamma, n. 12
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Milano, via Freguglia, n. 1
per l’annullamento:
- del decreto (doc. 1) datato 24-05-2013 e notificato in data 12.6.2013, a mezzo del quale il Dirigente della Direzione Generale del Personale e della Formazione presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia statuiva che “l’infermità cardiopatia ischemica in esiti di pregresso IMA anteriore trattato con duplice PTCA stent” da cui è stato riconosciuto affetto -OMISSIS-, nato a –OMISSIS- (...) non è dipendente da causa di servizio”; - di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali e, in particolare, dei pareri espressi dal Comitato di verifica per le cause di servizio nelle adunanze n. …-2013 dell’8.4.2013 e n. …-2012 del 18.6.2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2014 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con ricorso depositato il 2 agosto 2013, il sig. -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale è stata rigettata l’istanza finalizzata al riconoscimento della causa di servizio ed alla concessione dell’equo indennizzo, chiedendo al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione, in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere. Nel dettaglio, il ricorrente ha dedotto: - di aver prestato servizio con la qualifica di Assistente Capo di Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di –OMISSIS-; - che, in data 1 maggio 2011, aveva avvertito dolore retrosternale progressivamente ingravescente; - che, recatosi il giorno successivo presso l’ospedale di –OMISSIS-, era stato ivi ricoverato con diagnosi di infarto miocardico acuto anteriore in evoluzione; - che, in data 3 maggio 2011, era stata eseguita una coronarografia rilevante “ OMISSIS ”; - che, pertanto, era stata eseguita “angioplastica su IVA e CDX”; - che, in data 29 settembre 2011, aveva richiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della citata infermità; - che, sottoposto nel maggio 2012 all’esame della Commissione Medica Ospedaliera di Milano, era stato trovato affetto dalla patologia suddetta e ritenuto non idoneo permanentemente al servizio d’istituto; - che, con parere 18 giugno 2012, il Comitato di verifica per le cause di servizio aveva deliberato la non dipendenza da causa di servizio dell’infermità lamentata; - che il provvedimento con cui l’amministrazione aveva fatto propria la valutazione del comitato, sarebbe illegittima.
I.2. Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, sia pure con memoria di mero stile, chiedendo il rigetto del ricorso.
1.3. All’udienza del 29 agosto 2013, il Collegio ha disposto consulenza tecnica d’ufficio. In particolare, il CTU è stato incaricato di fornire risposta ai seguenti quesiti: “-Dica il c.t.u., previa visita medica dell’interessato nel contraddittorio degli eventuali consulenti di parte, nonché sulla scorta della documentazione esibita in giudizio e di quella eventualmente ritenuta necessaria e fornita in sede peritale, se il sig. -OMISSIS- sia stato affetto e lo sia tuttora dalle patologie indicate in ricorso; b) - Dica, altresì, se sussista nesso causale (o concausale) in termini di alta probabilità scientifica e logico - razionale tra l’evento patologico eventualmente riscontrato e le condizioni lavorative dedotte in ricorso (e quali risultano dalla documentazione in atti); - specifichi, nell’ipotesi affermativa, a quale delle categorie indicate nelle tabelle A o B allegate al D.P.R. 834/81 sia ascrivibile l’evento patologico accertato”.
1.4. Depositata la relazione peritale, la causa è stata discussa e decisa all’udienza odierna.
II. Ai fini del decidere sono necessari alcuni preliminari spunti ricostruttivi.
II.1. L’equo indennizzo è un istituto di sicurezza sociale posto dall’ordinamento a tutela dell’inabilità dell’individuo conseguente all’inverarsi del rischio professionale. Esso trova origine nell’art. 68 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n 3 (testo unico del pubblico impiego) ed è stato successivamente regolamentato con d.P.R. 3.5.1957, n 686 e d.P.R. 20.4.1994, n 349; ulteriori modifiche sono state apportate con leggi finanziarie del 1995 e del 1997, nonché con d.P.R. 29.10.2001, n 461, recante il regolamento di semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio).
Rispetto a quanto previsto in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, il riconoscimento dell’equo indennizzo presuppone che il fatto di servizio sia causa o concausa efficiente rispetto alla patologia contratta nel senso che quest’ultima debba risultare non semplicemente contratta dal pubblico dipendente durante il tempo di servizio (in occasione del lavoro) ma, più specificatamente, deve essere eziologicamente collegata alle finalità del servizio (ulteriore differenza attiene al regime giuridico privilegiato in ordine al possesso dei requisiti contributivi).
La richiesta di equo indennizzo deve riguardare la morte o una menomazione dell'integrità fisica o psichica o sensoriale ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A o alla tabella B annesse al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834; la menomazione conseguente ad infermità o lesione non prevista in dette tabelle è, invece, indennizzabile solo nel caso in cui essa sia da ritenersi equivalente ad alcuna di quelle contemplate nelle tabelle stesse. Qualora la menomazione dell’integrità non comporti una totale inabilità al servizio spetta al dipendente un’indennità una tantum.
II.2. In materia di causa di servizio e di equo indennizzo, sia la normativa dettata per gli impiegati dello Stato, sia la normativa con cui detti istituti sono stati estesi ai dipendenti di altri enti, prevedono un procedimento articolato in due distinte fasi, di cui la prima diretta al riconoscimento della causa di servizio e la successiva alla concessione dell’equo indennizzo, con distinti termini per la domanda di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio e per la domanda di corresponsione del conseguente equo indennizzo (cfr. Cass. 28 novembre 2001, n. 15059). Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità o lesione costituisce accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico di privilegio (art. 12 del DPR 29/10/2001, n. 461; deve, pertanto, ritenersi non più valido l’orientamento secondo cui, data l’autonomia dei provvedimenti con cui si concludono le due distinte fasi, anche quando le relative statuizioni vengano incorporate in un unico documento, il provvedimento di riconoscimento dell’infermità come dipendente da causa di servizio non è vincolante per la successiva concessione dell’equo indennizzo: cfr. Cons. Stato, 12.10.2000, n. 5413).
III. I presupposti di fatto allegati dal ricorrente (ovvero le condizioni lavorative ed i singoli accadimenti riportati anche nell’anamnesi peritale) sono incontestati tra le parti e, pertanto, sono fuori dal “thema probandum”. Il giudizio verte, pertanto, esclusivamente sulla seguente questione di fatto: se le infermità denunciate dal ricorrente siano o meno dipendenti da causa di servizio.
III.1 Secondo l’amministrazione “l’infermità cardiopatia ischemica in esiti di pregresso IMA anteriore trattato con duplice PTCA STENT” non potrebbe riconoscersi dipendente da fatti di servizio, in quanto si tratterebbe di patologia riconducibile a insufficiente irrorazione del miocardio e riduzione del flusso ematico coronarico, a sua volta derivante dal restringimento o su occlusione del lume basale per fatti ateromatosi della parete arteriosa. Poiché l’ateromatosi vasale può derivare da fattori multipli costituzionali o acquisiti su base individuale, la forma in questione non potrebbe attribuirsi al servizio prestato anche perché in esso non risulterebbero sussistenti specifiche situazioni di effettivi disagi o surmenage psicofisico tali da rivestire un ruolo di causa o concausa efficiente e determinante.
III.2. Secondo un ancora diffuso orientamento giurisprudenziale, il giudizio medico - legale circa la dipendenza di infermità da cause o concause di servizio si fonda su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale che, in quanto tali, sono sottratti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi in cui si ravvisi irragionevolezza manifesta o palese travisamento dei fatti (C.d.S., sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1341; C.d.S., sez. IV, 10 luglio 2001, n. 3822) ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medico finale (C.d.S., sez. VI, 6 maggio 2002, n. 2483), ovvero esulino dai normali canoni di attendibilità in relazione alle conoscenze scientifiche applicate (Consiglio Stato, sez. VI, 26 gennaio 2010, n. 280). Il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva nella materia de qua, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili, non essendogli consentito, in alcun caso, di sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall'organo tecnico nell'esercizio di una attività tipicamente discrezionale e giustificata dal possesso di un patrimonio di conoscenze specialistiche del tutto estranee al patrimonio culturale di detto giudice (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 13 giugno 2008 , n. 1497; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 13 maggio 2008, n. 4487).
Questa impostazione, a parere del Collegio, deve essere rivista sulla base di due alternative ragioni: la prima attiene alla natura della posizione soggettiva tutelata; la seconda prescinde dalla natura della posizione soggettiva tutelata ed attiene al sindacato comunque esercitabile dal giudice amministrativo sugli apprezzamenti tecnici compiuti dalla pubblica amministrazione.
IV. Il primo argomento ha carattere evidentemente pregiudiziale.
Deve ritenersi, infatti, che la controversia in esame involga posizioni di diritto soggettivo al riconoscimento di emolumenti previdenziali ancora devolute, pure a seguito della c.d. “privatizzazione” del pubblico impiego, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in forza della “riserva soggettiva” avente ad oggetto le controversie di lavoro del personale in regime di diritto pubblico tra cui, come nel caso di specie, il personale della polizia (cfr. art. 3 e 63 testo unico n. 165 del 2001). Difatti, i requisiti di fattispecie necessari e sufficienti al riconoscimento della pretesa azionata, al pari di quanto ritenuto dalla costante giurisprudenza del giudice del lavoro riferita a tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali erogate dalla pubblica amministrazione, sono previsti direttamente dalla legge, residuando in capo alla pubblica amministrazione soltanto un’attività ricognitiva dei presupposti di legge, anche qualora il loro accertamento richieda un giudizio di carattere tecnico.
Non può dunque condividersi l’impostazione tradizionale del giudice amministrativo secondo cui, nella controversia avente ad oggetto il diniego di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ovvero di liquidazione dell’equo indennizzo, la posizione giuridica da riconoscere al pubblico dipendente nelle suddette vicende contenziose sarebbe quella del titolare dell’interesse legittimo, disponendo l’amministrazione di potere autoritativi e discrezionali proprio in ragione della particolare natura indennitaria dell’emolumento, e non del diritto soggettivo, che è consistenza che detta posizione assume solo allorché il relativo procedimento si sia positivamente concluso, e con riferimento quindi non all’”an”, ma alla corretta liquidazione del “quantum” effettivamente dovuto (C. Stato, sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3914).
Deve, infatti, replicarsi che:
- la natura indennitaria è comune a tutti i ristori economici con funzione previdenziale e assistenziale rispetto ai quali (basti citare l’indennità di accompagnamento e tutte le altre prestazioni di invalidità civile), non si è mai posta in dubbio la consistenza di diritto soggettivo della pretesa, sottolineando tale espressione unicamente il carattere forfettario e predeterminato dell’emolumento e l’essere lo stesso svincolato dai presupposti dell’illecito;
- gli enti pubblici, in questa materia, non sono investiti di una potestà idonea a “mediare” le modalità concrete e specifiche con cui lo Stato sociale intende curare l’interesse di rango costituzionale alla liberazione dell’individuo dallo stato di bisogno (art. 38 Cost.); difatti, motivi di universalità, parità di accesso e programmazione delle risorse pubbliche a ciò destinate, hanno indotto il legislatore a rimettere siffatte valutazioni esclusivamente alla legge; in presenza dei requisiti di fattispecie, l’Amministrazione non può conformare le posizioni giuridiche soggettive, sovrapponendo alla legge il proprio discrezionale bilanciamento di interessi, avendo esclusivamente il dovere di verificare il ricorrere dei suddetti, nominati requisiti;
- la dottrina specializzata ha sempre ricostruito tali fattispecie in termini di “rapporto giuridico”, ovvero in termini paritetici; la Corte di Cassazione addirittura ritiene che l’equo indennizzo per causa di servizio (che si sostanzia nel porre a carico del datore di lavoro un'obbligazione pecuniaria strettamente inerente al rapporto di lavoro e che nasce per effetto dell'insorgenza di una infermità cagionata dalla prestazione di servizio) abbia natura giuridica retributiva in senso lato, ancorché sia funzionalmente destinata a riparare un pregiudizio (Cass. n. 12479 del 2003; Cass. n. 12547 del 2003; Cass. n. 2802 del 2003, Cass. n. 3220 del 2001; Cass. n. 5160 del 2000; (ai fini dell'attribuzione della competenza alla giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di impiego pubblico: Cass. SS.UU 8680-1995, 10243-1994, 1311-1993, 7707-1993; 5988-1992; Cass. SS.UU n. 19342 del 2008);
- per gli stessi motivi, neppure potrebbe parlarsi di attività vincolata nell’interesse pubblico giacché siamo, senza dubbio, in presenza di norme di relazione che disciplinano integralmente il rapporto con l’amministrato; la lettera della norma rende certi che, ai fini della esistenza del diritto, il legislatore non ha ritenuto indispensabile l’esistenza di un atto dell’amministrazione anche se a contenuto vincolato (ipotesi che, talvolta, ricorre quanto si vogliono consentire controlli efficaci dell’amministrazione di regolazione, ovvero quando si devono accertare le conoscenze necessarie ad esercitare un servizio pubblico);
- neppure l’esistenza di un potere autoritativo può desumersi dal fatto che la legge assegna ad un organo tecnico della pubblica amministrazione la verificazione di un fatto che richiede una valutazione dall’esito non univoco, quando (come nella specie) l’amministrazione non è tenuta ad emanare un atto il cui contenuto ed i cui effetti sono dalla legge considerati costitutivi del diritto;
- la tesi contraria, da ultimo, introdurrebbe nel sistema delle tutele, una vistosa irragionevolezza giacché la medesima pretesa azionata dal ricorrente viene dalla giurisdizione ordinaria (cui è rimessa, giova ricordare, salvo le poche categorie non contrattualizzate, la cognizione dell’intero contenzioso concernente il riconoscimento della causa di servizio per coloro che sono alle dipendenze della pubblica amministrazione, oltre che di tutte le restanti controversie previdenziali ed assistenziali) tutelata nelle forme del diritto soggettivo; a questa stregua, non si vede perché la pretesa all’equo indennizzo del professore universitario sarebbe fronteggiata da una pubblica potestà, mentre la medesima pretesa avanzata dal direttore generale di un ministero ovvero da un professore di liceo necessiterebbe per contro di una mera attività ricognitiva dei presupposti di legge; con il rischio di far dipendere la consistenza della posizione soggettiva riferita ai medesimi interessi non dal quadro di diritto sostanziale, ma dalla mera circostanza processuale della devoluzione della relativa controversia ad un ordine giurisdizionale piuttosto che un altro.
IV.1. Vertendosi, per i motivi appena svolti, in materia di diritti e di giurisdizione esclusiva, il Giudice investito della presente controversia non incontra alcun limite istruttorio e cognitorio nell’accertamento del rapporto controverso con la pubblica amministrazione; ben può, in definitiva, procedere a verificare in prima persona (con l’ausilio del consulente tecnico) il possesso, in capo al ricorrente, dei requisiti di legge per l’ottenimento dell’emolumento.
V. Anche a prescindere dalla natura della posizione soggettiva azionata, ritiene il Collegio che, qualora pure si vertesse in sede di giurisdizione di legittimità, il giudice amministrativo, nella materia di cui trattasi, ben potrebbe svolgere una cognizione piena e non un sindacato di mera ragionevolezza sugli apprezzamenti medici espressi dalle commissioni tecniche a ciò deputate.
La giurisprudenza sulla sindacabilità meramente estrinseca della valutazione medica in tema di causa di servizio si colloca all’interno di un orientamento ancora assai diffuso presso il giudice amministrativo, nonostante significative spinte alla riconsiderazione dell’argomento propugnata in talune importanti sentenze (Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601) e da parte di autorevole dottrina.
In particolare, l’opinione secondo cui le valutazioni espresse in materia medico-legale dalle speciali commissioni mediche siano sindacabili dal giudice amministrativo solo nei ridottissimi limiti costituiti dalla carenza dei presupposti e della illogicità ictu oculi non è condivisibile per i seguenti motivi: non esiste una riserva di amministrazione sugli apprezzamenti tecnico-discrezionali in sé considerati; il giudice amministrativo (anche nella giurisdizione di legittimità) non incontra alcun limite di accesso al fatto; un controllo “debole” sugli apprezzamenti tecnico - discrezionali può ammettersi solo allorquando l’accertamento del fatto equivalga all’individuazione implicita degli interessi che il potere stesso mira a soddisfare.
Di seguito, deve darsi corso allo sviluppo di tali assunti.
V.1. La “discrezionalità tecnica”, secondo l’unanime considerazione dottrinale, ricorre quando l’amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve accertare un fatto sulla scorta di una regola tecnica cui la norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta. La valutazione tecnica opinabile attiene qui ai presupposti della fattispecie; quando, per contro, essa attiene al contenuto della decisione finale, ovvero quando gli interessi sono l’oggetto diretto delle scelta tecnica (scelta di quale progetto adottare per fare una opera pubblica), si versa nell’ambito della discrezionalità amministrativa.
L’applicazione della regola tecnica comporta valutazioni suscettibili di apprezzamento opinabile qualora la stessa, a sua volta, rinvii a concetti indeterminati o imprecisi inerenti alle circostanze presupposte per l’esercizio del potere provvedimentale. Il carattere non obiettivo dell’accertamento differenzia la discrezionalità tecnica da quella del mero accertamento di un fatto sebbene, in entrambi i casi, i fatti costituiscano presupposti di operatività della norma e di validità dell’atto.
Quella degli apprezzamenti tecnici non è sicuramente un’area riservata alla pubblica amministrazione perché non rappresenta una espressione di potere funzionale. Ciò che è certamente precluso al giudice amministrativo (in sede di giudizio di legittimità) è la diretta valutazione dell’interesse pubblico concreto relativo all’atto impugnato: in altre parole, il merito dell’atto amministrativo concretatosi nel giudizio di valore e di scelta che “specializza” la funzione amministrativa. La questione di fatto, che attiene ad un presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo, non si trasforma, soltanto perché opinabile, in una questione di opportunità, anche se è antecedente o successiva ad una scelta di merito (notazione quest’ultima limpidamente scolpita da Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601). Lo sconfinamento nella sfera del merito è configurabile solo quando la statuizione del giudice si spinga a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto giacché, in tal caso, la volontà dell’organo giudicante finisce per sostituirsi a quella dell’amministrazione.
In definitiva, il potere è l’effetto di una fattispecie, l’interpretazione dei cui presupposti spetta al giudice.
La mancanza di riserva di amministrazione in tema di valutazioni tecniche è comprovata dal fatto che, nelle liti tra privati e p.a. devolute alla cognizione del giudice ordinario, gli elementi tecnici sono conosciuti con pienezza, direttamente o tramite un consulente (nel giudizio civile, la CTU viene utilizzata sia per fare valutazioni che semplici accertamenti).
V.2. Neppure è insito nel processo amministrativo di legittimità un limite strutturale di accedere direttamente al fatto. Il potere di accertare i presupposti di fatto del provvedimento impugnato costituisce, anzi, lo specifico compito della giurisdizione amministrativa anche di legittimità, in ciò differenziandosi dalla cognizione, parimenti detta di legittimità, della Suprema Corte di Cassazione. Lo stesso progressivo spostamento dell’oggetto del giudizio amministrativo dall’atto alla fondatezza della pretesa giuridica azionata, invocato da autorevole parte della dottrina e della giurisprudenza, rende oramai non ulteriormente condivisibile l’idea di una cognizione ristretta ai soli elementi di fatto che risultino esclusi o sussistenti in base alle risultanze procedimentali.
L’introduzione nel processo amministrativo dello strumento della C.T.U., dapprima per la sola giurisdizione esclusiva (art. 35, comma 3 del D.lgs. n. 80/98) e poi anche in quella di legittimità (ad opera dell’art. 1 della L. n. 205/2000; ora art. 67 c.p.a.), ha fatto cadere anche quei vincoli ai poteri istruttori che venivano invocati a fondamento della limitazione del sindacato del giudice amministrativo. Nel processo del pubblico impiego, del resto, l’esperibilità della consulenza tecnica era stata anticipata dalla Consulta (C. Cost. n. 146 del 1987) che, con sentenza additiva, aveva integrato la fattispecie legale, ritenendo necessario, nella materia de qua, il più completo accertamento del fatto.
Non è ultroneo sottolineare sul punto che, se ben può il giudice amministrativo, al fine di esercitare il sindacato sulla c.d. discrezionalità tecnica della p.a., avvalersi della c.t.u., tale strumento non possa essere utilizzato per supplire ad un onere probatorio non assolto dalla parte. Infatti, il principio per cui il ricorrente è tenuto semplicemente a prospettare al giudice adito una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte si giustifica nei soli casi in cui la disponibilità degli elementi probatori pertenga alla sola pubblica amministrazione, mentre il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale, non sia altrettanto in grado di fare. Quando, invece, tali elementi rientrino nella disponibilità della parte privata occorre che il ricorrente supporti la propria domanda, allegando e dimostrando in giudizio tutti gli elementi costitutivi della sua pretesa (Consiglio Stato, sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4621).
V.3. Vi sono, tuttavia, ipotesi in cui il riscontro del giudice amministrativo sull’attività discrezionale di natura tecnica non consente alcun potere sostitutivo del giudice tale da sovrapporre all’operato della pubblica amministrazione la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio modello logico di attuazione del “concetto indeterminato” (avvalendosi di perito ausiliario).
Rileva, al riguardo, la seguente distinzione.
In un primo novero di casi, pure solitamente ricondotti alla nozione di discrezionalità tecnica, ma che, secondo il Collegio, sarebbe meglio definire in termini di “valutazione tecnica complessa non discrezionale”, i fatti presupposti dal provvedimento, per quanto di opinabile accertamento, sono pur sempre presi in considerazione dalla norma nella loro dimensione oggettiva di “fatto storico” giuridicamente rilevante. La norma di azione, qui, indica con precisione il bisogno tutelato e gli strumenti per farvi fronte, ragione per cui la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, deve consentire al giudice un controllo penetrante attraverso la piena verifica del fatto sotto il profilo della sua verità.
In altre ipotesi, per le quali invece è effettivamente utile e pregnante il termine “discrezionalità tecnica”, presupposto del provvedimento non è il mero fatto storico, ma il fatto “mediato” e “valutato” dalla pubblica amministrazione. Qui, l’attività valutativa ed integrativa della p.a. equivale in tutto e per tutto a descrivere “implicitamente” l’interesse pubblico che l’atto stesso mira a soddisfare. Tale tipologia di apprezzamento tecnico appartiene qualitativamente all’area della vera e propria discrezionalità, distinguendosi da quella denominata “amministrativa” sol perché vi difetta la valutazione comparativa con altri interessi secondari, concretandosi nella sola identificazione dell’unico interesse pubblico sotteso all’accertamento del fatto. L’insindacabilità della scelta tecnica si giustifica qui in virtù della peculiare “politicità” della scelta tecnica per la quale il giudice sconta un difetto di legittimazione democratica.
In altre parole, nell’accertamento tecnico discrezionale (nella nozione specificatamente circoscritta) la valutazione dell’organo concorre a definire compiutamente la fisionomia dell’interesse pubblico primario assegnato alla cura della p.a.; nel prosieguo dello stesso procedimento, può essere richiesto all’amministrazione anche il bilanciamento con altre istanze pubbliche e private, ma tale ulteriore ed eventuale segmento procedimentale, in cui si esercita la “discrezionalità amministrativa”, rimane concettualmente ben distinto dal primo stadio. Alla luce di tale ricostruzione teorica, si spiega agevolmente perché il sindacato su tale peculiare manifestazione di giudizio denominata “discrezionalità tecnica”, al pari di qualunque determinazione realmente discrezionale (perché impinge nelle modalità di cura dell’interesse pubblico), debba essere contenuto nei limiti del controllo estrinseco. Sul versante della tutela, ne consegue per il giudice l’impossibilità di sostituire la valutazione compiuta dall’organo amministrativo, salvo sanzionarne “ab externo” l’irragionevolezza.
V.4. Nel quadro di tale cornice concettuale sembra essersi mossa la giurisprudenza, formatasi in materia di accertamento dei fatti posti a fondamento dei provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha ritenuto che le valutazioni tecniche dell’Autorità, fondate su regole scientifiche inesatte ed opinabili (ad esempio, di carattere economico) debbano decodificare “concetti giuridici indeterminati” in cui l’apprezzamento tecnico contiene anche un’attività di interpretazione dell’interesse pubblico assegnato alla cura della pubblica amministrazione. Ne consegue la necessità di distinguere un controllo cosiddetto di tipo “forte”, che si traduce in un potere sostitutivo del giudice, il quale si spinge fino a sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile a quella dell'amministrazione” e un controllo di tipo “debole” in cui le cognizioni tecniche acquisite (eventualmente) grazie al consulente vengono utilizzate solo allo scopo di effettuare un controllo di ragionevolezza e coerenza tecnica della decisione amministrativa." (Cons. Stato, IV, n. 5287 del 6.10.2001). In presenza di casi in cui la distinzione tra il carattere di opinabilità dei giudizi tecnici (attratti nella cognizione del giudice) e i profili della opportunità (sottratti al sindacato) non è così netta deve escludersi il sindacato giurisdizionale di tipo forte (sostitutivo) ed ammettersi solo il controllo di tipo debole (il self restraint del Consiglio di Stato è analogo a quello pure adottato dalla Corte di Giustizia CE sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione: sentenze 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds, punto 62; 28 maggio 1998, C-7/95, John Deere, punto 34).
V.5. La corretta applicazione dei principi tutti sopra esposti comporta che l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici medici, cui la norma di sicurezza sociale subordina il conseguimento del beneficio previdenziale invocato in questa sede, non rientra nelle ipotesi in cui è impedita la loro sostituzione con gli accertamenti istruttori compiuti dal giudice che ne abbia riscontrato l’insufficienza quanto al criterio seguito e al procedimento applicativo utilizzato. Difatti, la regola tecnica inserita nella struttura della norma giuridica, nella specie, è strumentale al solo accertamento di un fatto storico (presupposto sanitario), avendo già il legislatore compiutamente identificato il bisogno tutelato mercé la determinazione del tipo di patologia e di lavorazione, dell’entità del beneficio ritenuto compatibile con le altre missioni di bilancio pubblico, del modello di relazione causale tra patologia e condizioni di lavoro. Ne consegue che, nei giudizi aventi ad oggetto il riconoscimento di una patologia come causa di servizio, gli elementi medici in base a cui accertare tale riconoscimento sono nella disponibilità del ricorrente e in presenza di un accertamento negativo da parte dell’amministrazione spetta allo stesso fornire quanto meno un principio di prova a fondamento della sua pretesa.
VI. Tutto ciò premesso, la domanda del ricorrente è fondata.
VI.1. La piana lettura del ricorso rende evidente che, al di là della impostazione impugnatoria e della formula terminativa in termini caducatori delle conclusioni, giustificata dalla necessità di uniformarsi allo strumentario concettuale tradizionalmente adoperato dalla giurisprudenza amministrativa, la pretesa sostanziale del ricorrente è volta all’accertamento della dipendenza della propria patologia da causa di servizio; in tal senso, del resto è anche la formula terminativa delle conclusioni.
VI.2. A questa stregua, vertendo il presente giudizio “sul rapporto”, non potrebbero avere alcuna autonoma portata satisfattoria i dedotti vizi (prettamente strumentali) di difetto di motivazione e di istruttoria (in particolare, si tratta: del difetto di istruttoria per violazione dell'articolo 5 del D.P.R. 29/10/2001 n. 461, avendo l’amministrazione omesso di acquisire, mediante istruttoria, ogni informazione utile dal responsabile dell’ufficio presso cui il dipendente interessato aveva prestato servizio; del difetto di istruttoria per violazione del successivo art. 7 dello stesso D.P.R.; tali carenze si sarebbero tradotti in un vizio di insufficiente motivazione del parere emesso dal Comitato e, di riflesso, del provvedimento adottato dall’amministrazione in conformità a tale valutazione tecnica).
VII. Tanto premesso, venendo al caso di specie, ritiene il Collegio che il consulente tecnico incaricato abbia sottolineato convincentemente, con motivazione chiara ed immune da vizi logici che il Collegio pienamente condivide e fa propria, gli elementi che, da un lato, suffragano il nesso di derivazione causale tra la patologia riscontrata e il servizio lavorativo prestato dal ricorrente, dall’altro, pongono in evidenza l’errore in cui è incorsa la pubblica amministrazione.
VII.1. In termini generali, ai fini dell’accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento occorre che, in base ad una legge scientifica di copertura, il giudice sia in grado di affermare che l’evento è conseguenza della condotta con alto grado di probabilità scientifica razionale. Pertanto, il giudice può affermare di avere accertato il nesso di causalità con alto grado di probabilità o elevato grado di probabilità razionale o, se si vuole, oltre ogni ragionevole dubbio, solamente se le leggi di copertura di cui si serve consentono di affermare che senza lo svolgimento della condotta lavorativa in oggetto l’evento lesivo nella stragrande maggioranza dei casi non si sarebbe verificato. La conferma dell’ipotesi sull’esistenza del nesso causale non deve essere dedotta esclusivamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica, poiché il giudice può verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile. Ove il ricorso alle nozioni di patologia medica e medicina legale non possa fornire un grado di certezza assoluta, la ricorrenza del suddetto rapporto di causalità non può essere esclusa in base al mero rilievo di margini di relatività, a fronte di un serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica, specie qualora manchi la prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinanti.
VII.2. Sulla scorta della documentazione esibita in giudizio e degli esami effettuati, il consulente ha, in primo luogo, rilevato che il periziando è affetto da cardiopatia ischemica cronica, esordita nel maggio 2011 con un infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) della parete anteriore e trattato in fase acuta con angioplastica primaria e posizionamento di stent su arteria coronarica interventricolare anteriore e su coronaria destra. In seguito a tale infarto miocardico che, sfortunatamente, non ha potuto essere trattato tempestivamente (nelle prime 6 ore), è residuata una disfunzione sistolica ventricolare sinistra, ancora evidente ad un recente (settembre 2013) ecocardiogramma. Il signor -OMISSIS- risulta, inoltre, affetto da sindrome delle apnee notturne (OSAS) che ha necessitato in passato e, probabilmente, necessiterebbe ancora oggi di terapia con CPAP notturna e di sindrome ansioso-depressiva. Il paziente, in definitiva, è tuttora affetto da una cardiopatia ischemica cronica post-infartuale ad iniziale evoluzione dilatativa con associata disfunzione ventricolare sinistra.
VII.3. Con riguardo alla sussistenza del nesso causale, il CTU, premesso che esiste in letteratura ormai una chiara evidenza dell'esistenza di una associazione tra infarto miocardico acuto da una parte e, genericamente, situazioni stressanti, sia acute che croniche, anche connesse al lavoro, dall'altra, ritiene che l’attività lavorativa del paziente rientri tra quelle riconosciute come a elevato stress ed usuranti, ciò sia per la tipologia stessa del lavoro (agente di custodia penitenziaria), che per le caratteristiche delle mansioni svolte (alternanza di turni diurni e notturni associata a scorrette abitudini di vita, in particolare irregolarità del sonno e dei pasti). All’uopo cita talune evidenze empiriche che, secondo la letteratura scientifica, confermerebbero lo stretto legame tra questa patologia cardiaca acuta e lo stress di tipo psicologico (Jordan HT, et al. Cardiovascular disease hospitalizations in relation to exposure to the September 11, 2001 World Trade Center disaster and posttraumatic stress disorder. J Am Heart Assoc. 2013). Se non è possibile escludere che altri fattori, indipendenti dall’attività lavorativa del paziente possano aver contribuito allo sviluppo di un infarto, nella specie il paziente, al di là della pregressa abitudine tabagica (interrotta più di 10 anni prima dell’evento infartuale), non aveva fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, quali la familiarità, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, il diabete che notoriamente aumentano la probabilità di subire eventi cardiaci acuti. Anche la riportata familiarità per cardiopatia ischemica (padre deceduto a 83 anni per infarto), più volte evidenziata nella documentazione presa in esame, non deve essere considerata tale in quanto per familiarità, in quest'ambito, si intende un evento cardiovascolare prematuro che avvenga in un consanguineo prima dei 55 anni (uomini) o prima dei 65 anni (donne).
VII.3. Ritiene il Collegio che il giudizio di ragionevole probabilità scientifica formulata dal consulente (nel senso che la peculiare attività lavorativa “usurante” svolta dal paziente possa avere rappresentato la causa o, per lo meno, la concausa dell’infarto miocardico acuto occorso nel maggio 2011) sia corroborato dalla prova logica concreta. In sintesi: - la letteratura scientifica ritiene sussistere una chiara ed evidente associazione tra l’infarto miocardico acuto e le situazioni stressanti; - la storia professionale del ricorrente appare contraddistinta da quei fattori ritenuti dalla letteratura scientifica avere un ruolo significativo nel determinismo della patologia in questione; - il ricorrente, in particolare, ha allegato di aver svolto la propria attività lavorativa in un contesto certamente caratterizzato da condizioni lavorative singolarmente defatiganti e ansiogene anche per la carenza di organico registratasi presso la casa circondariale di Pavia; - lo stesso non è risultato affetto da fattori di rischio cardiovascolare ulteriori rispetto all’attività lavorativa espletata; - la presenza e persistenza di uno stato ansioso-depressivo cronico antecedente all’infarto e, verosimilmente, riconducibile allo stress lavorativo, dovrebbe risultare ben documentabile, come già detto, dall’analisi delle varie precedenti valutazioni psichiatriche. Del resto, in punto di diritto, il giudizio di esclusione della dipendenza da causa di servizio dell’infermità per il solo fatto della preesistenza di fattori di rischio, in fattispecie nelle quali sia documentata l’attività continuativa particolarmente impegnativa e stressante del pubblico dipendente, costituisce affermazione di un criterio tecnico inadeguato, come segnalato da costanti acquisizioni giurisprudenziali (cfr. Cass., 6 novembre 1995, n. 11559). Anche la predisposizione morbosa non esclude il nesso causale tra patologia ed evento infortunistico, in relazione anche al principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., che trova applicazione nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e che un ruolo di concausa va attribuito anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia.
VII.4. L’evento patologico accertato è ascrivibile nella tabella A, quarta categoria punto 9 allegata al D.P.R. 834/81 (all’uopo il CTU dichiara di essersi avvalso della consulenza del dott. Carlo Bernabei, medico legale con domicilio a Milano, in via Gustavo Modena, 3).
VII.5. In conclusione, è evidente l’errore in cui è incorsa l’amministrazione. Quest’ultima non ha tenuto conto del presupposto, condiviso dalla giurisprudenza, secondo cui, ai fini dello specifico emolumento per cui è causa, i fatti di servizio, quando si accompagnino ad altre concause, è sufficiente che agiscano, anche solo da un punto di vista qualitativo, in maniera da influire in modo sensibile sul fatto conseguente; ciò sempre che la concausa correlata al servizio sia dotata di una significativa attività eziopatogenetica ovvero di concreta idoneità lesiva. Il giudizio di esclusione della dipendenza da causa di servizio dell'infermità per il solo fatto della preesistenza di fattori di rischio, in una fattispecie nella quale sia documentata l’attività continuativa particolarmente impegnativa e stressante del pubblico dipendente, costituisce affermazione di criterio tecnico inadeguato, come segnalato da costanti acquisizioni giurisprudenziali (cfr. Cass., 6 novembre 1995, n. 11559).
VII.6. Si noti che, a fronte delle descritte risultanze peritali, non sono state trasmesse al CTU eventuali osservazioni e/o conclusioni da parte del CTP in risposta alla trasmissione della bozza della relazione. La difesa erariale neppure ha mosso in giudizio alcuna censura e neanche ha offerto ulteriori elementi che consentano di integrare la valutazione amministrativa.
VIII. In definitiva, il ricorso deve essere accolto dal momento che è stata offerta la prova del nesso condizionante tra le mansioni svolte e l’evento lesivo insorto, nel senso che l’attività lavorativa è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica. Le preesistenze dello stato morboso già in essere, solo concausalmente possono essere associate all’evento dannoso per cui è causa.
IX. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
IX.1. Il compenso spettante al consulente d’ufficio è posto a carico dell’amministrazione soccombente e liquidato come da dispositivo, ai sensi dell’art. 66, comma 4, terzo periodo, c.p.a. (articoli 21 del D.M. 30 maggio 2002, 51 e 52 del D.P.R. 115/02).
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sez. I), definitivamente pronunciando:
accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente al riconoscimento della causa di servizio e che l’infermità da cui è affetto è ascrivibile alla tabella A, quarta categoria punto 9 allegata al D.P.R. 834/81;
condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in € 1.800,00, oltre IVA e CPA come per legge; pone, inoltre, a carico dell’amministrazione l’onere del compenso spettante al CTU, che si liquida in € 580,00, oltre IVA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/03/2014