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Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: sab feb 02, 2013 7:57 pm
da panorama
Per opportuna notizia.

1) - Il ricorso straordinario in esame, come correttamente evidenziato nella relazione, deve essere dichiarato inammissibile essendo stato proposto contro un atto non definitivo, quali sono le schede di valutazione oggetto della presente richiesta d’annullamento.

2) - Conferma tale inammissibilità l’osservazione che in calce alla comunicazione di tali schede, sottoscritte dal ricorrente, fosse esplicitamente indicato il corretto regime di impugnazione ("Avverso il presente documento caratteristico può essere presentato ricorso gerarchico al Direttore della Direzione generale del personale militare, entro 30 gg. dalla data della presa visione (ai sensi del D.P.R. n . 197l/1199 ovvero ricorso giurisdizionale al TAR competente (ai sensi della Legge 1971/1034. entro 60 gg. dalla data di presa visione “).

3) - La presenza di detta specifica clausola che assolve compiutamente il dovere sancito dagli artt. 1, ultimo comma, d.P.R. 24 novembre 1971., n. 1999 e 3, ultimo comma, L. 7 agosto 1990, n. 241 esclude, altresì, che al ricorrente possa essere concesso il beneficio dell'errore scusabile.

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29/01/2013 201103982 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 05/12/2012


Numero 00311/2013 e data 29/01/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 5 dicembre 2012


NUMERO AFFARE 03982/2011

OGGETTO:
Ministero della difesa.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Cap. di Vascello, OMISSIS, avverso la scheda valutativa n. ….. ricompilata (periodo ………….) e scheda valutativa n. …… (periodo ……..-31/10/2010);

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 0310697 (0375543), in data 12/09/2011, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Sandro Aureli;
Ritenuto in fatto quanto esposto nel ricorso e nella relazione ministeriale;
Considerato che è stata accolta l’istanza d’accesso agli atti presentata dal ricorrente

Premesso e Considerato:
Il ricorso straordinario in esame, come correttamente evidenziato nella relazione, deve essere dichiarato inammissibile essendo stato proposto contro un atto non definitivo, quali sono le schede di valutazione oggetto della presente richiesta d’annullamento.

Detti documenti caratteristici vengono contemplati dall’art. 13, comma, 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n.196; con essi viene registrato il giudizio personale dei superiori sul servizio prestato e sul rendimento fornito dal graduato.

Conferma tale inammissibilità l’osservazione che in calce alla comunicazione di tali schede, sottoscritte dal ricorrente, fosse esplicitamente indicato il corretto regime di impugnazione ("Avverso il presente documento caratteristico può essere presentato ricorso gerarchico al Direttore della Direzione generale del personale militare, entro 30 gg. dalla data della presa visione (ai sensi del D.P.R. n . 197l/1199 ovvero ricorso giurisdizionale al TAR competente (ai sensi della Legge 1971/1034. entro 60 gg. dalla data di presa visione “).

La presenza di detta specifica clausola che assolve compiutamente il dovere sancito dagli artt. 1, ultimo comma, d.P.R. 24 novembre 1971., n. 1999 e 3, ultimo comma, L. 7 agosto 1990, n. 241 esclude, altresì, che al ricorrente possa essere concesso il beneficio dell'errore scusabile.

Poiché dunque il ricorso straordinario al Capo dello Stato a tenore dell’art.8 del richiamato d.P.R. n.1199 può essere proposto soltanto per chiedere l’annullamento di atti definitivi consegue l’esito che segue.

P.Q.M.
Esprime il parere che ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con assorbimento dell’istanza di sospensione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sandro Aureli Pietro Falcone




IL SEGRETARIO
Tiziana Tomassini

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mer feb 20, 2013 2:39 pm
da panorama
Giusto per notizia.

1) - Il ricorso straordinario in oggetto è stato presentato senza assolvere l’obbligo del pagamento del contributo unificato di € 600,00, previsto dall’art. 13, comma 6, lettera “e” del DPR n. 115/2002. Tale norma ha, altresì, sancito, in caso di omessa indicazione del codice fiscale della parte, l’aumento della metà del citato contributo (€ 300,00).

2) - Pertanto, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha invitato il ricorrente a provvedere alla regolarizzazione del pagamento nella misura di € 900,00.

Alla fine si legge:

3) - Il Comando Generale, prendendo atto di quanto formulato dal OMISSIS in sede di ricorso in Commissione Tributaria, riconosce il proprio errore materiale con riferimento alla maggiorazione di € 300,00 richiesta ma sottolinea che, con il proprio operato, ha solamente applicato la normativa fiscale in vigore.

Giusto per promemoria, ecco la parte che interessa.

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18/02/2013 201207215 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 05/12/2012


Numero 00744/2013 e data 18/02/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 5 dicembre 2012


NUMERO AFFARE 07215/2012

OGGETTO:
Ministero della difesa comando generale dell'arma dei carabinieri, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da OMISSIS, contro Ministero della Difesa, avverso diniego avanzamento al grado di carabiniere scelto per l'anno 2010;
LA SEZIONE
Vista la relazione n. ……….. del 23/05/2012 con il quale il Ministero della difesa comando generale dell'arma dei carabinieri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull' affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Nicolo' Pollari;

PREMESSO:
Con determinazione n. ………… emessa in data 19.10.2011, il Sig. OMISSIS è stato giudicato non idoneo all’avanzamento al grado di Carabiniere Scelto per l’anno 2010. Secondo l’Amministrazione, il OMISSIS.

OMISSIS
Il ricorso straordinario in oggetto è stato presentato senza assolvere l’obbligo del pagamento del contributo unificato di € 600,00, previsto dall’art. 13, comma 6, lettera “e” del DPR n. 115/2002. Tale norma ha, altresì, sancito, in caso di omessa indicazione del codice fiscale della parte, l’aumento della metà del citato contributo (€ 300,00).

Pertanto, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha invitato il ricorrente a provvedere alla regolarizzazione del pagamento nella misura di € 900,00.

Il militare, in data 28.03.2012, ha provveduto al pagamento e, contestualmente, ha presentato ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, chiedendo l’annullamento dell’invito a provvedere al pagamento del contributo unificato. Il ricorrente sostiene di essere esentato dal predetto pagamento in ragione del suo reddito annuo, inferiore a quello previsto dalla normativa di riferimento. Eccepisce, inoltre, che, la somma semmai dovuta è di € 600,00 e non € 900,00, avendo correttamente indicato il codice fiscale nel ricorso.

Il Comando Generale, prendendo atto di quanto formulato dal OMISSIS in sede di ricorso in Commissione Tributaria, riconosce il proprio errore materiale con riferimento alla maggiorazione di € 300,00 richiesta ma sottolinea che, con il proprio operato, ha solamente applicato la normativa fiscale in vigore.

OMISSIS.
CONSIDERATO:
Il ricorso è infondato.
OMISSIS
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento della sospensiva.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicolo' Pollari Pietro Falcone




IL SEGRETARIO
Tiziana Tomassini

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mar mag 21, 2013 9:07 pm
da ganzomen
Scusate l'intromissione, ho trovato questo articolo sull'argomento sul quotidiano giuridico-economico LeggiOggi.it che mi interessa in quanto sarei intenzionato a proporre ricorso avverso una decisione della Commissione di Seconda Istanza:

Giustizia 16 febbraio 2013, 08:00

Il contributo unificato per il ricorso al Capo dello Stato non compete!



Poiché il ricorso straordinario al Capo dello Stato non presenta caratteri minimamente avvicinabili a quelli ordinamentali non vanno richieste le spese di giustizia



Dalla fine dello scorso anno alcuni Ministeri, a seguito di una grossolana interpretazione del dispositivo che ha introdotto variazioni agli importi del contributo unificato per i processi amministrativi, penali, civili e tributari, hanno inteso richiedere, al proprio personale dipendente, un contributo unificato di 600,00 euro per la presentazione del ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso ad atti di negazione dell’esercizio dei propri diritti.

E’ allora necessario definire, al fine di comprendere in quale errore valutativo sono incorsi detti Dicasteri nel voler imporre un CU di 600,00 per il rimedio extra-ordinem definito dal DPR 1199/1971, qual è la natura extra-giudiziale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e quale quella tributaria del contributo unificato previsto dal T.U. n. 115 del 2002.

Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è regolato dal DPR 1199 del 24.11.1971 e previsto all’art. 8 del Capo III. 
Esso è un rimedio extra-ordinem e alternativo a quello giurisdizionale, secondo cui, qualora si presenta ricorso all’uno, è esclusa la possibilità di presentarlo nell’altra sede.
Ancora recentemente, in virtù del principio di Electa una via non datur re cursus ad alteram si è espresso il Consiglio di Stato secondo cui la proposizione di un ricorso al Tar, avverso gli stessi provvedimenti, in seguito impugnati con ricorso straordinario, rende quest’ultimo inammissibile per violazione del principio di alternatività. (Consiglio Stato, Sez. I, n. 01220/2012 del 12.03.2012)
. Ma oltre al principio di alternatività rispetto al ricorso giurisdizionale, il ricorso straordinario al PdR, non ha rispetto a quello, le caratteristiche della giurisdizione, quale la terziarità, l’indipendenza, la collegialità e l’appellabilità, ma soprattutto quelle di carattere onerose e processuali proprie del contenzioso giurisdizionale che giustificano, invece, il versamento di un CU. 

Infatti, esso è solo un rimedio all’interno di un processo di “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi”.
 Questa sua natura extra-ordinem è stata più volte ribadita anche e soprattutto dalla Corte Costituzionale, peraltro ancora con la sentenza nr. 254 del 21 luglio 2004, evidenziando un orientamento riduttivo della effettività del rimedio di tutela e richiamando più volte le conclusioni cui erano giunte le Sezioni Unite della Cassazione sulla inammissibilità del giudizio di ottemperanza (interpretando le disposizioni del d.lg. n. 1119 del 1971 sulla base della legge delega 775 del 1970, che non aveva conferito una delega al Governo per la disciplina dell’istituto) riaffermando così la natura extra-ordinem del ricorso.

L’unico punto di contatto tra i due istituti (quello estra-ordinem e quello giurisdizionale) avviene soltanto in caso di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ad opera di terzi davanti al TAR, ai sensi rispettivamente dell’art. 10 (Opposizione dei contro interessati) del DPR 1199/71 e dell’art. 48 (Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario) del CPA, a cui fa proprio riferimento l’art. 37 c. 6, lettera s del decreto legge 6 luglio 2011 nr. 98 e della cui errata interpretazione fanno vexata questio i predetti Dicasteri.

 Per inciso, nel caso di trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale l’attuale contributo unificato previsto appunto dall’art. 37 c. 6, lettera s del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 sarebbe a carico del ricorrente, che si identifica non in colui che ha a suo tempo presentato il ricorso straordinario, bensì nel contro interessato opponente!

Per quanto attiene la natura speciale del contributo unificato occorre riferirsi necessariamente a quanto previsto dal Testo Unico in materia di spese di giustizia, approvato con DPR 115/2002, che determina, in maniera incontrovertibile, l’ambito applicativo dello stesso e l’oggetto della propria disciplina (art. 1 Oggetto, 1. Le norme del presente testo unico disciplinano le voci e le procedure di spesa dei processi;).

 Ancora, subito dopo, lo stesso testo unico chiarisce a quali ordinamenti e solo ordinamenti, si applica il TU e precisamente al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, escludendo cosi’ tutti gli altri tipi e atipici rimedi di natura extra-ordinem (art. 2 Ambito di applicazione, 1. Le norme del presente testo unico si applicano al processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario, con l’eccezione di quelle espressamente riferite dal presente testo unico ad uno o più degli stessi processi; 2. Le spese del processo amministrativo, contabile e tributario sono, inoltre, regolate dalle norme speciali della parte VIII del presente testo unico.). 
Ma è all’art. 3 c.1 che il TU chiarisce in modo palese che cosa s’intende, ai fini dell’applicazione del CU, per processo (art. 3 Definizioni, 1. Ai fini del presente testo unico, se non diversamente ed espressamente indicato: o) “processo” è qualunque procedimento contenzioso o non contenzioso di natura giurisdizionale).

In ordine a quanto evidenziato dal combinato delle due normative in oggetto, poiché il ricorso straordinario al Capo dello Stato non riveste un’autonoma natura giurisdizionale ma soltanto quella di rimedio semplificativo, differenza più volte confermata dalla stessa Corte Costituzionale e peraltro riconosciuta proprio dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa in occasione di un parere richiesto dal M.I. e non presentando, per i motivi di snellezza connaturata al provvedimento di cui al DPR 1199/71, i caratteri ed i presupposti di un processo di tutela giurisdizionale, secondo i canoni della terziarità, indipendenza e giusto processo, risulta del tutto ovvio che esso è del tutto svincolato dal vero e proprio giurisdizionale processo amministrativo regolato dal decreto legislativo il n. 104 del 02 luglio 2010. Il quale richiama il ricorso straordinario al Capo dello Stato solo in occasione dell’art. 48 e cioè di trasposizione del ricorso extra-ordinem in ricorso giurisdizionale avanti al TAR e eventualmente, in sede appellante, al Consiglio di Stato. 

Si desume quindi che, poiché il ricorso straordinario al Capo dello Stato non presenta caratteri minimamente avvicinabili a quelli ordinamentali, che invece, per la loro tipicità e complessità, giustificano quelle spese ripetibili e non ripetibili previste all’art. 5 del succitato TU, non possono essere intese queste all’interno di un imposizione, peraltro non prevista letteralmente dal dispositivo di cui all’art. 13 c. 6 bis dello stesso TU, mentre lo sono espressamente previste per i ricorsi giurisdizionali (espressamente citati) avanti alle rispettive sedi, Civile, Penale, Amministrativa e Tributaria. 

Infatti, secondo un’interpretazione letterale della norma, l’art. 13 c. 6 bis del TU: “Il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato è dovuto nei seguenti importi” e la discendente lett. (e) “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della repubblica, nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 600.” Ed essendo assodato che il ricorso ricorso straordinario al PdR (come anche il propedeutico ricorso gerarchico) non viene presentato avanti al Tar o al Consiglio di Stato, perchè proprio di un procedimento extra-ordinem, è ovvio che il riferimento allo stesso è funzionale solo al caso della trasposizione e per cui, solo allora, non il ricorrente, ma il terzo controinteressato al ricorso al Capo dello Stato, avuta autorizzazione dalla Sezione Plenaria del Tar adito, lo incardina, non più come ricorso straordinario al PdR, ma come ricorso vero è proprio giurisdizionale, avanti alla Segreteria del Tar, pagando lui e non il ricorrente, il CU.

 Ma vi è altro nella semplice lettura della lett. (e) del dispositivo e cioè che è previsto quel CU di euro 600 solo nei casi ammessi, e non in toto, dalla normativa vigente, escludendo in modo incontrovertibile una genericità applicabile eventualmente a tutto l’istituto del ricorso straordinario al PdR!

L’unico caso al momento chiaro e legislativamente giustificato è solo quello previsto dal combinato disposto dell’art. 10 del DPR 1199/71 e 48 del decreto legislativo il n. 104 del 02 luglio 2010. 

Insistere sull’attribuzione di un onere del genere, su uno strumento di carattere straordinario e non ordinamentale, violerebbe, non solo dei principi di diritto e soprattutto di norme di carattere costituzionale, ma si violerebbe e si interpreterebbe falsamente una norma, costruita, invece, esattamente e giuridicamente dal legislatore e finalizzata ad indicare come ricorso straordinario al Capo dello Stato, all’interno delle spese di giustizia per i ricorsi presentati avanti ai TAR ed al CdS, solo quello presupposto dall’istituto della trasposizione.
Diversamente non potrebbe intendersi, altrimenti, difformemente da quello che è lo spirito della legge e della volontà del legislatore, in applicazione del dettato dei commi anzidetti, a parità di ricorso, presentato per motivi di pubblico impiego (ricorso alla documentazione caratteristica, sanzione disciplinare etc.) al Tar e per cui necessita giustamente del pagamento del CU pari a 103,00 Euro (ai sensi dei commi 3 e 6 bis lett. b), e lo stesso, presentato come ricorso straordinario al Capo dello Stato, per cui non necessita il CU, ma si vuole erroneamente rappresentare invece che ne occorrono 600,00 di Euro, si paleserebbe una contraddizione sperequativa da impugnare nelle opportune sedi! 

Cioè, paradossalmente, costerebbe, nel caso del dipendente pubblico, meno impugnare davanti al TAR, opposizione che legittimamente prevede una necessità di pagamento di spese in quanto piena giurisdizione, rispetto davanti al Capo dello Stato, che non presenta, invece, alcun tipo di giurisdizionalità.

 Peraltro il ricorso straordinario è sprovvisto di ogni onere appunto perché rispetto al ricorso giurisdizionale non prevede alcuna iscrizione a ruolo, spese di cancelleria, segreteria etc. risultando così del tutto logico, in rispetto dei principi di equità e giustizia, che il CU dei 600,00 Euro, a questo punto, è solo da attribuirsi alla trasposizione e non anche ad un improbabile e improcedibile presentazione dello stesso come strumento extra-ordinem davanti al TAR!

Si richiama, infine, la recentissima sentenza della Suprema Corte Sez. del Lavoro del 26 gennaio 2012 n. 1111 secondo cui la norma giuridica deve essere interpretata, prima di ogni cosa, dal punto di vista letterale, non potendo attribuirsi altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse all’interno, dunque, dello stesso articolo 13 c. 6 bis: “per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato” e alla sua lettera (e) “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nei casi ammessi dalla normativa”. 

Ove non fosse sufficiente, in ragione di tale chiara univocità letterale della disposizione, si ricorda altresì che, in applicazione del brocardo “in claris non fit interpretatio” codificato dall’art. 12 delle Disposizioni preliminari al Codice civile, è stato costantemente affermato che: “A norma dell’art. 12 delle preleggi, nell’interpretazione delle norme giuridiche si può procedere alla ricerca della effettiva mens legis, sul presupposto che il legislatore abbia inteso sancire una norma diversa da quella che e` resa manifesta dalla sua dizione letterale, solo nel caso in cui la lettera della legge non sia chiara ed inequivoca” (Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 20.03.1990, n. 2309 e, nello stesso senso, Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 26.09.1988, n. 5247).

In buona sostanza se il legislatore avesse voluto intendere ex-novo l’imposizione tributaria su un rimedio come quello straordinario al PdR avrebbe certamente non dovuto inserirlo all’interno di modifiche apportate al Testo Unico in materia di spese di giustizia, perché il ricorso straordinario al PdR ne risulta completamente estraneo sia sostanzialmente che formalmente, ma invece, correttamente, avrebbe dovuto abrogare l’art. 57 della legge 342 del 21 novembre 2001 (Soppressione della tassa sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. 1. Le tasse per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per il ricorso principale e per la domanda incidentale di sospensione al Consiglio di Stato di cui all’articolo 7, primo e terzo comma, della legge 21 dicembre 1950, n.1018, sono soppresse.). Abrogazione non avvenuta a mente del D.L. 98/2011, rafforzando così la convinzione che si deve intendere operante una sempre maggior distinzione tra trasposizione e ricorso straordinario al Capo dello Stato e tra rimedio e ordinamento.

In osservanza dei principi del sistema tributario e degli art. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione e dell’art. 2 c. 1 della legge n. 212 del 27 luglio 2000, se il legislatore avesse inteso introdurre, ma così non è stato, un CU per il ricorso straordinario al PdR, ne avrebbe necessariamente fatto riferimento nel titolo dell’oggetto, nelle partizioni della rubrica e nei singoli articoli.

 A maggior ragione avrebbe dovuto indicare preliminarmente anche l’abrogazione dell’art. 57 della legge 342/2001 ed invece non si trova tutto questo, sia nella rubrica del decreto n. 98/2011, né nel titolo dell’oggetto interessato, né in altro separato articolato del decreto. Perciò l’art. 37, che dà disposizioni per l’efficienza del sistema giurisdizionale, deve in definitiva essere recepito per quello che è nella sua natura impositiva e dell’ambito di applicazione del CU nel processo civile, amministrativo e tributario, come recita semplicemente e doverosamente la rubrica del titolo I della parte II e il comma 6 dell’art. 37: “Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese giustizia, di cui al DPR 30 maggio 2002, sono apportate le seguenti modificazioni: a) la rubrica del titolo I della parte II è sostituito dalla seguente: “Contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario“.

Ma ove ci fossero ancora dubbi interviene direttamente l’Agenzia dell’Entrate che chiarisce, nel suo sito istituzionale, la natura propria del Contributo Unificato!



Pubblicato da Carmelo Cataldi il 16 febbraio 2013 alle 08:02 in Giustizia

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mer mag 22, 2013 8:37 am
da italiauno61
ma l'articolo 37 del D.L. 98/2011 recita testualmente:

Art. 37 comma 6 lettera s D.L. 6 luglio 2011, n.98.
s) all'articolo 13, il comma 6 bis e' sostituito dal seguente: "6-bis. Il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato e'dovuto nei seguenti importi:
a) per i ricorsi previsti dagli articoli 116 e 117 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, per quelli aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione nella sentenza o di ottemperanza del giudicato il contributo dovuto e' di euro 300.
Non e' dovuto alcun contributo per i ricorsi previsti dall'articolo 25 della citata legge n. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
b) per le controversie concernenti rapporti di pubblico impiego, si applica il comma 3;
c) per i ricorsi cui si applica il rito abbreviato comune a determinate materie previsto dal libro IV, titolo V, del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nonche' da altre disposizioni che richiamino il citato rito, il contributo dovuto e' di euro 1.500;
d) per i ricorsi di cui all'articolo 119, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il contributo dovuto e' di euro 4.000;
e) in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto e' di euro 600. I predetti importi sono aumentati della meta' ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Ai fini del presente comma, per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove."

Secondo me rimane un azzardo...

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mar lug 02, 2013 1:29 pm
da panorama
Giusto per notizia.

Quando si fanno i ricorsi al PRD e sempre e meglio consigliabile avanzare istanza partecipativa al procedimento, chiedendo che gli scritti difensivi dell’Amministrazione vengano portati a conoscenza propria, con assegnazione di congruo termine per replicare.
Ciò renderà meglio la controffensiva per dibattere sull'argomento.

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mer lug 10, 2013 12:00 am
da sasi73
hai ragione... uno schifo... anche se hai palesemente ragione e lo fai presente ai superiori gerarchici che l'ufficiale sta facendo un abuso....NIENTE!!!!!! ..... ti rigettano i ricorsi e ti senti veramente scoppppppiare quando l'ufficiale soddisfatto ti dice pure... se vuole continuare paghi un avvocato e faccia ricorso al tar............. cari lettori...... non vi dico la rabbia e la voglia di fare qualche XXXXXXXX pur di levargli quel ghigno dalla faccia..... continuano con i sopprusi perchè sanno che non succede NIENTE!"

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: gio gen 09, 2014 10:09 pm
da panorama
Questa sentenza parla del contributo unificato e potrebbe interessare a molti.
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09/01/2014 201400211 Sentenza 1

N. 00211/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05573/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5573 del 2012, proposto da:

Cgil Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., Cgil Camera del Lavoro Provinciale di Torino, in persona del legale rappresentante p.t., Unione Sindacale Territoriale Cisl Milano, in persona del legale rappresentante p.t., Unione Sindacale Territoriale Cisl Torino, in persona del legale rappresentante p.t., I. A., C. C., rappresentati e difesi dagli avv.ti Vittorio Angiolini, Nicola Coccia, Silvia Gariboldi, Roberto Lamacchia, Vincenzo Martino, Roberta Palotti, Eugenio Polizzi e Silvia Balestro, con domicilio eletto presso Sergio Vacirca in Roma, via Flaminia, 195;

contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione dell’esecuzione

della Circolare n. 65934 dell’11 maggio 2012 del Ministero della Giustizia con riferimento a "contributo unificato - disposizioni introdotte con l'art. 37 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111 ed art. 28 legge n. 183 del 12 novembre 2011; nonché di tutti gli atti preordinati e conseguenti;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2013 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 9 luglio 2012 e depositato il successivo 12 luglio, gli odierni esponenti hanno impugnato la Circolare n. 65934 dell’11 maggio 2012 del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia Civile, con riferimento a "contributo unificato - disposizioni introdotte con l'art. 37 del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111 ed art. 28 legge n. 183 del 12 novembre 2011, oltre agli atti preordinati e conseguenti, nelle parti relative a:

- "articolo 37 del D.L. 98 del 6 luglio 2011, convertito nella legge n. 111 del 15 luglio 2011, 'disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria'; controversie di previdenza e assistenza obbligatorie, controversie individuali di lavoro e concernenti rapporti di pubblico impiego";

- "Determinazione del valore nelle cause di previdenza ed assistenza obbligatorie e nei procedimenti individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego - limiti di esenzione";

- "Ricorso per decreto ingiuntivo ed opposizioni a decreto ingiuntivo in materia di previdenza e assistenza obbligatorie, nonché per quelli individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego";

- "Contributo unificato nelle cause di previdenza ed assistenza obbligatorie nonché in quelle relative a rapporti individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego promosse dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione".

2. Rappresentano gli esponenti che la circolare 65934/2012 del Ministero della Giustizia è stata emanata "avuto riguardo ai diversi interventi normativi che hanno interessato il Testo Unico sulle Spese di Giustizia, DPR n. 115 del 30 maggio 2002, ed in considerazione dei dubbi interpretativi sollevati dagli Uffici Giudiziari".

2.1 In particolare, l'art. 37 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ai commi 6 e 7 - come modificati dalla legge di conversione n. 111/2011 – aveva aggiunto all'art. 9 il comma 1-bis: ''Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo 13, comma I, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1".

La disposizione aveva dato luogo ad interpretazioni divergenti nelle cancellerie dei Tribunali in merito al reddito di riferimento per l'esenzione dal versamento del contributo unificato, ritenendosi da alcuni che si dovesse far riferimento al reddito personale della parte, da altri a quello familiare; la circolare, cui i Tribunali si sono adeguati, è quindi intervenuta allo scopo di chiarire i dubbi interpretativi in tal modo sorti.

2.2 Nello specifico, la circolare ha stabilito, innanzitutto, che rimangono esenti dal versamento del contributo unificato solo le procedure esecutive e quelle attinenti al fallimento (istanza di fallimento, insinuazione al passivo, ecc.), non tenendo conto della sopravvivenza di norme che consentono 1'esenzione per alcune tipologie di controversie (in particolare, quelle che scaturiscono dall’applicazione delle norme contenute nella L. 300/70).

La circolare prevede poi che il reddito di riferimento per l'esenzione dal versamento del contributo unificato debba essere quello familiare e non quello individuale.

Quanto ai decreti ingiuntivi, la circolare stabilisce che, in materia di lavoro e previdenza, non si applichi la norma generale che prevede il dimezzamento dell'importo del contributo unificato.

Infine, essa ribadisce che nei procedimenti avanti alla Suprema Corte di Cassazione non vi sarebbe alcuna forma di esenzione dal versamento del contributo unificato, a prescindere da ogni soglia di reddito.

3. Avverso la ripetuta circolare i ricorrenti hanno lamentato eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta, violazione di legge nonché violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione Italiana.

In subordine, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale del comma 1-bis dell’art. 9 del dpr n. 115 del 2002, in quanto lo si intenda in modo tale da comportare che la soglia di reddito ivi prevista per l'esenzione dal contributo unificato sia riferibile "alla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante" (comma 2 dell'art. 76 del dpr n. 115 del 2002), in relazione al combinato disposto degli artt. 3, 4, 24, 35 e ss. e 53 Cost..

4. Nel presente giudizio si è costituito il Ministero della Giustizia per resistere al ricorso in epigrafe, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione dell’adito Giudice, e chiedendone il rigetto nel merito del gravame in quanto infondato.

5. Alla Pubblica Udienza del 6 novembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione; nella discussione orale il procuratore della parte ricorrente ha dichiarato che, in virtù della Nota prot. 3169 del 9.1.2013 del Ministero della Giustizia – depositata agli atti di causa in data 27 febbraio 2013 – limitatamente ai procedimenti ex art. 28 legge n. 300 del 20 maggio 1970 la materia del contendere doveva considerarsi cessata.

6. Va respinta l’eccezione preliminare sul difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice tributario, sollevata dalla difesa erariale; oggetto del presente contenzioso è infatti un atto amministrativo generale, che detta norme per l’applicazione del contributo unificato per l’iscrizione a ruolo da parte degli uffici giudiziari, e non già singoli atti di liquidazione e di esazione di tributi; l’atto impugnato, pur interferendo con la materia tributaria per dettare norme propedeutiche all’adozione di singoli atti impositivi, esula pertanto dal perimetro della giurisdizione tributaria – come delineato dal combinato disposto degli artt. 2, 7 e 19 del d.lgs n. 546/1992 - per rientrare nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.

7. Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto, sulla base delle medesime considerazioni già svolte dalla Sezione su identica questione con sentenza n. 7284/2013 del 18 luglio 2013, che conviene richiamare in toto.

7.1 Ai sensi dell’art. 9, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, chi intende proporre un giudizio in materia civile (compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione) amministrativa e tributaria, a fronte del servizio di giustizia reso dallo Stato e salvo specifiche eccezioni, è tenuto a versare un contributo unificato per ciascun grado di giudizio, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 e salvo quanto previsto dall'articolo 10.

L’art. 37, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 115, ha introdotto il pagamento del contributo unificato anche per le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie e per quelle concernenti rapporti di lavoro e di pubblico impiego, fino ad allora esenti.

In tal senso, l’art. 37, comma 6, del d.l. 98/2011 ha aggiunto all’art. 9 del D.P.R. n. 115 del 2002 il comma 1-bis, che statuisce che “Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1”.

Il limite di esenzione per le controversie in materia di lavoro e di pubblico impiego è, dunque, pari a “tre volte l’importo previsto dall’art. 76” dello stesso D.P.R. 115/2002.

Ai fini dell’individuazione dei soggetti esenti dal contributo unificato nella proposizione di controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, il comma 1-bis in parola richiama quindi l’art. 76 del D.P.R. 115/2002, norma che detta le condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il ripetuto art. 76, per quanto qui di interesse, esordisce stabilendo al comma 1, che può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.766,33.

Precisa poi il comma 2 dell’art. 76 del D.P.R. 115/2002 che “Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante”.

Per il successivo comma 4 “Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”.

7.2. Secondo parte ricorrente, in sede di applicazione della norma, il richiamo operato dal comma 1-bis dell’art. 9 del D.P.R. 115/2002 all’art. 76 dello stesso D.P.R. ai fini dell’individuazione dei soggetti esenti dal contributo unificato nella proposizione di controversie di previdenza e assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, andrebbe limitato al comma 1 dello stesso art. 76.

Con la conseguenza di conferire rilievo, nell’operazione di determinazione del reddito da operarsi ai fini dell’individuazione della debenza o meno del contributo unificato in causa di lavoro, al solo reddito del ricorrente anziché a quello complessivo del nucleo familiare.

7.3 La tesi appena esposta non è persuasiva.

Innanzitutto, la propugnata interpretazione non è confortata da alcun elemento testuale, atteso che il comma 1-bis dell’art. 9 del D.P.R. 115/2002 rimanda all’art. 76 dello stesso D.P.R. nella sua interezza e non a parte delle sue disposizioni; non si vede, pertanto, come possano ritenersi escluse da tale richiamo prescrizioni presenti nella disposizione.

In secondo luogo, il comma 1 e il comma 4 dell’art. 76 costituiscono un unicum logico, in quanto, rispettivamente, l’uno introduce una soglia numerica, l’altro indica le modalità per pervenirvi.

Il che lascia intendere che per il legislatore la soglia in sé, numericamente considerata, quale dato relativo, non assume la valenza esimente che la disposizione nel suo complesso gli conferisce
Ancora, nulla muta considerando il favor lavoratoris che permea l’ordinamento vigente: infatti si tratta qui di un richiamo (da parte del ripetuto art. 9, comma 1-bis del D.P.R. 115/2002) a una disposizione già posta a tutela del diritto di difesa in giudizio (art. 76 dello stesso D.P.R.), così che non appare rispondente alla ratio dell’operazione obliterarne la valenza effettuando, all’interno della norma favorevole richiamata, si ribadisce, nella sua interezza, ulteriori distinguo privi di agganci normativi e tendenti esclusivamente ad accrescere ulteriormente in sede applicativa gli effetti positivi che il richiamo già assicura.

Considerando il portato dell’art. 76, comma 2 del D.P.R. 115/2002, ovvero della norma speciale applicabile alla fattispecie, priva di qualsiasi rilievo risulta poi la circostanza che in via generale, per l’art. 4 del T.U.I.R. (D.P.R. 917/1986), marito e moglie sono soggetti autonomi di tributo.

Infine, risulta del tutto appropriato il richiamo effettuato dall’art. 9, comma 1-bis del D.P.R. 115/2002 a disposizioni in materia di patrocinio a spese dello Stato, che si rinvengono all’interno dello stesso testo unico sulle spese di giustizia, ciò che fa escludere il pericolo di commistione tra norme appartenenti a ordinamenti di settore congenitamente estranei, e che sono connotate dalla eadem ratio di salvaguardia del diritto di difesa in giudizio costituzionalmente garantito.

7.4 Resta da rilevare che parte ricorrente lamenta ancora l’illogicità e l’erroneità dell’avviso secondo cui gli unici casi in cui potrebbe assumersi quale parametro per l’esenzione dal contributo di cui trattasi il reddito personale del lavoratore consistono nelle controversie in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare con lui conviventi e nelle cause inerenti i diritti della personalità.

Al riguardo, per escludere la conducenza di tali argomentazioni, basti osservare che in siffatto modo dispone il comma 4 dell’art. 76 del ripetuto D.P.R. 115/2002, che, quale norma di chiusura del sistema costituito dai già illustrati commi 1 e 2 dello stesso art. 76 in materia di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, stabilisce che “Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”.

7.5 Esclusa, per tutto quanto sopra, la fondatezza delle censure dirette avverso la gravata circolare ministeriale 11 maggio 2012, n. 65934U, resta da rilevare anche la manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate dalla parte ricorrente in relazione all’art. 9, comma 1-bis del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Al riguardo il Collegio deve rammentare che secondo il costante insegnamento del Giudice delle leggi, l'art. 24 Cost. non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre allo stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi che la legge possa subordinare l'esercizio dei diritti a condizioni, purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale (tra tante, Corte Cost., 21 gennaio 1988, n. 73; 13 aprile 1977, n. 63. Sul punto, anche Corte di Giustizia CE, IV, 18 marzo 2010).

Ipotesi che non si rinvengono nel caso in esame, in occasione della novella apportata alla materia per cui è causa mediante il richiamo a un meccanismo già previsto dall’ordinamento e che, mediante l’apposizione di una soglia numerica di esenzione e del coevo meccanismo per determinare tale soglia, intende come detto equilibrare l’introduzione del contributo unificato anche per le controversie di lavoro, e, indi le sottostanti insopprimibili ragioni erariali, con la tutela di diritti fondamentali dell’individuo, che impongono l’esenzioni di tale contributo per ben determinate fasce di reddito, secondo un sistema già rodato proprio nell’ambito della materia delle spese di giustizia (Tar Lazio, sez. I, 18 luglio 2013, n. 7284).

8. Per tutto quanto precede, il Collegio deve in parte dichiarare cessata la materia del contendere, in parte respingere il ricorso, con riguardo sia alla domanda demolitoria sia alla connessa domanda risarcitoria, pure avanzata dalla parte ricorrente.

9. La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

in parte dichiara cessata la materia del contendere, in parte rigetta il ricorso;
compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Rosa Perna, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2014

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: lun mar 17, 2014 7:28 pm
da panorama
Questo Parere del C.d.S. espresso in relazione al quesito posto dal Ministero dell'Interno parla di come considerare il ricorso straordinario al P.D.R. una volta presentato e come provvedere alla notifica in caso di morte del ricorrente, quindi viene fatta chiarezza come procedere alla notificazione in caso di morte successiva alla presentazione.

Potete leggere il tutto qui sotto.
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10/03/2014 201303916 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 08/01/2014


Numero 00780/2014 e data 10/03/2014


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 8 gennaio 2014

NUMERO AFFARE 03916/2013

OGGETTO:
Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali.

Quesito concernente i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, ai sensi degli articoli 8 e seguenti del d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199 in caso di morte del ricorrente. Eventuali adempimenti dell'amministrazione referente ai fini della conclusione del procedimento e specificatamente della notifica del Decreto del Presidente della Repubblica di decisione del ricorso straordinario.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 2971 del 21 novembre 2013 con il quale il Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali ha posto il quesito;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Hans Zelger.

Premesso:

Il Ministero espone che in Adunanza del 15 giugno 2011, numero affare 03535/201, questa Sezione ha licenziato il parere di cui all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto dalla signora S. G., avverso il decreto ministeriale di diniego della domanda di aggiunta dei cognomi "OMISSIS" e "OMISSIS", esprimendo parere per l’accoglimento del ricorso.

A conclusione dell'iter di notificazione del predetto parere e del conforme decreto del Presidente della Repubblica di decisione del ricorso, datato 3 ottobre 2011, il Comune di OMISSIS (Verona), Ufficio di polizia locale, Ufficio messi comunali, con nota prot. …. datata 26 ottobre 2012 ha comunicato di non aver potuto provvedere alla notifica in quanto la signora G. S. era deceduta in data 25 dicembre 2010.

La regolamentazione dell'istituto in esame, posta dal capo III del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, lascia la fattispecie del decesso del ricorrente priva di specifica disciplina.

Elaborazioni dottrinali, disponibili sul sito istituzionale della giurisdizione amministrativa, consentono di risalire, nella materia, alle indicazioni rese nel parere del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 301/1999 del 22 giugno 1999.

Tale parere avrebbe escluso la sussistenza dei presupposti per disporre l'interruzione del procedimento per la decisione del ricorso straordinario, ritenendo dunque non applicabili le disposizioni sul processo dinanzi al giudice amministrativo, allora vigenti, di cui all'articolo 24 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante espresso rinvio agli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile, in quanto applicabili.

L'avviso del Consiglio di Stato trarrebbe argomento dalle peculiarità del gravame straordinario, in quanto, tale istituto non richiede alcuna attività della parte interessata dopo la presentazione del ricorso, non richiede l'assistenza di un difensore e non prevede specifici adempimenti formali ai fini di far constare la conoscenza legale dell'evento interruttivo;
sempre secondo il citato parere, la sostanziale inapplicabilità della succitata disciplina comporterebbe, quindi, per i procedimenti relativi al ricorso straordinario, la’ultrattività delle disposizioni precedentemente in vigore per le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ed in ispecie dell'articolo 92 secondo cui: "La morte o il cangiamento di stato di una delle parti non sospende la procedura".

Ancora in ambito di funzione consultiva delle giurisdizioni amministrative, risulta, inoltre, il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezioni Riunite, n. 452/06 del 27 giugno 2006, che ha stabilito che il ricorso notificato dal difensore munito di procura speciale dopo la morte del ricorrente è inammissibile, in quanto nel procedimento per la decisione del ricorso straordinario la morte del ricorrente non determina l'interruzione del procedimento che sia stato incardinato prima della data del decesso, mentre nell'ipotesi in cui il ricorrente sia morto prima della notificazione del ricorso o del suo deposito, la morte del mandante determina l'estinzione del mandato conferito al difensore, ai sensi dell'articolo 1722, comma 1, n. 4, del codice civile, e la nullità dell'intero eventuale procedimento che ne sia seguito, restando esclusa, in mancanza di una valida costituzione di un rapporto processuale, l'applicabilità del principio, che ha carattere eccezionale, dell’ultrattività della procura (che riguarda il caso di decesso della parte costituita).

Nel caso in argomento, il decesso della ricorrente, non conosciuto prima della citata comunicazione del comune in sede di notifica del decreto di decisione, risulta successivo alla presentazione del ricorso e alla trasmissione della relazione di questo Ministero, però, antecedente all'espressione del parere e, quindi, all'adozione del decreto di decisione medesimo.

Sul piano della normativa applicabile in via generale, il Ministero osserva, infine, che la citata legge n. 1034, del 1971, è stata abrogata dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che non disciplina la morte del ricorrente bensì reca, all'articolo 39, il rinvio esterno al codice di procedura civile;
come è noto, il citato decreto legislativo n. 104, del 2010, è in vigore dal 16 settembre 2010, dunque in epoca successiva alla trasmissione della relazione dell' Amministrazione, e precedente all'espressione del parere del Consiglio di Stato.

Al fine, dunque, di consentire a questa Amministrazione di porre in essere gli eventuali adempimenti ancora connessi all' esito del ricorso e al decesso della ricorrente, anche in relazione alla posizione giuridica degli aventi causa della ricorrente, si ritiene opportuno e necessario sottoporre al Consiglio di Stato la richiesta di parere sopra descritta, nonché il possibile riferimento ad eventuali orientamenti interpretativi dirimenti.

Considerato:
Il quesito si riferisce al caso in cui la ricorrente aveva presentato regolare ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed era deceduta successivamente all’istruzione della vertenza e della trasmissione della relazione ministeriale ma prima del licenziamento del parere di questo Consiglio di Stato e, quindi, anche dell’adozione del decreto di decisione del ricorso.

Inoltre, tale decesso non è stato segnalato né all’Amministrazione resistente né al Consiglio di Stato.

Ritiene la Sezione che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è da classificare, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, approvato con d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104, quale provvedimento “formalmente amministrativo” anche se l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ha attribuito al parere natura assolutamente (e non più parzialmente) vincolante, eliminando la possibilità di andare in difformità conferita al Consiglio dei ministri su proposta del ministro competente per l’istruttoria del ricorso. Quindi, il parere del Consiglio di Stato assurge, oggi, a vera e propria decisione del ricorso, da recepire poi formalmente nel decreto presidenziale.

Tale decreto del Presidente della Repubblica è rimasto, comunque, il provvedimento finale di decisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il quale conclude il procedimento.

Ritiene la Sezione che, in considerazione delle peculiarità del gravame straordinario, non è richiesta alcuna attività alla parte interessata dopo la presentazione del ricorso;
e non sono richiesti neppure l'assistenza di un difensore né specifici adempimenti formali anche ai fini di far constatare la conoscenza legale dell'evento interruttivo.

Quindi, anche se il parere del Consiglio di Stato è divenuto vincolante, assumendo forma di atto giustiziale, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel suo complesso e in particolare il provvedimento che definisce il gravame, cioè il decreto del Presidente della Repubblica, è da classificare formalmente provvedimento amministrativo, soggetto alle formalità del procedimento amministrativo.

Ne consegue che nel caso di specie il ricorso straordinario non è soggetto alla disciplina dell’interruzione e che l’Amministrazione deve procedere alla notifica del decreto che ha definito il gravame nei modi e nei termini previsti per i provvedimenti amministrativi.

Quindi, la notifica dovrà essere eseguita agli eredi della defunta.

Tuttavia se tale notifica è sommariamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, ovvero, se risulta oltremodo difficoltoso individuare i possibili eredi l’Amministrazione dovrà procedere, giusta l’art. 150 c.p.c., con notificazione per pubblici proclami;
a meno che il soggetto non sia deceduto da oltre di un anno. In presenza di tale fattispecie la notifica può essere rivolta collettivamente ed impersonalmente agli eredi e la notifica di esso può essere effettuata nell'ultimo domicilio del defunto, secondo la previsione di cui all'art. 303 comma 2, c.p.c., (C.d.S. Sez. IV, n. 324 del 30 aprile 1991), nel caso in cui generalità e residenza degli eredi non siano state comunicate al Ministero competente o all’Amministrazione che aveva adottato l’atto impugnato.

P.Q.M.

nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio si Stato.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Hans Zelger Giuseppe Barbagallo




IL SEGRETARIO

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: gio mar 20, 2014 8:53 am
da panorama
Giusto x notizia, ecco la parte che interessa nel seguito dei ricorsi al PDR:

1) - Come esattamente ricordato dal ricorrente sussiste la competenza del Consiglio di Stato in materia di ottemperanza dei decreti decisori del ricorso straordinario ai sensi della lettera b) dell'articolo 112 comma 2º, come anche affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. nn. 9.10 del 6 maggio 2013).

Per brevità posto solo parzialmente la sentenza del CdS che afferma quanto sopra.
............................................................................................................

10/03/2014 201401108 Sentenza 4


N. 01108/2014REG.PROV.COLL.
N. 05269/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5269 del 2013, proposto da:
G. Z., rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Giuliano, Enrico Leo, con domicilio eletto presso Massimo Giuliano in Roma, via Sebino 32;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 52°Reggimento A.Ter "Torino"-Vercelli;

per l'ottemperanza
del Decreto del Presidente della Repubblica del 22/06/2012 - collocazione in congedo.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Giuliano e Falcone, per delega dell'Avv. Leo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con Decreto del Decreto del Presidente della Repubblica del 22/06/2012, è stato annullato su ricorso straordinario il provvedimento n. DGPM/II/7/1/122/ASP emesso dal Ministero della Difesa di cessazione dal servizio permanente del ricorrente e la sua collocazione in congedo “nella categoria della riserva” ai sensi del combinato disposto degli artt. 25 e 30 del D.Lgs. n. 196 del 1995 e dell’art. 29 della legge n. 599 del 1954.

In conseguenza di ciò il ricorrente con lettera del 7 settembre 2012 ha chiesto al Ministero il reintegro tutti gli effetti in ruolo, ed il pagamento a titolo risarcitorio di tutte le spettanze economiche non percepite con i relativi interessi.

OMISSIS
Si è costituito il Ministero depositando il provvedimento di ammissione servizio per avvenuto superamento delle visite e le copie dei conteggi dei conguagli.

OMISSIS

L'appello è fondato nei limiti e nei sensi che seguono.

___ 1. Come esattamente ricordato dal ricorrente sussiste la competenza del Consiglio di Stato in materia di ottemperanza dei decreti decisori del ricorso straordinario ai sensi della lettera b) dell'articolo 112 comma 2º, come anche affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. nn. 9.10 del 6 maggio 2013).

OMISSIS

___ 4. In definitiva il ricorso deve essere in parte accolto nei sensi e nei limiti di cui sopra.

Le spese tuttavia possono essere allo stato essere compensate tra le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie in parte il ricorso di cui in epigrafe nei sensi e nei limiti di cui motivazione.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/03/2014

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: ven mar 21, 2014 1:41 pm
da panorama
Interessante osservazione e ricorso, quindi Occhio quando avete una sentenza che vi riguarda.

compensazione per “giusti motivi”. (Che significa ? )
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1) - Il T.A.R., con sentenza sinteticamente motivata, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso ordinando al Ministero di concludere il procedimento entro 60 giorni.

2) - Quanto alle spese del giudizio, la sentenza ne ha disposta la compensazione per “giusti motivi”, non meglio specificati.

3) - L’interessato propone appello contro la sentenza, relativamente al punto della compensazione delle spese.

4) - Deduce che nel sistema del codice del processo amministrativo la compensazione delle spese è ammessa solo a titolo di eccezione, e per ragioni che debbono essere specificamente motivate; ma in questo caso non è stata data nessuna motivazione e non è neppure possibile ipotizzare in che cosa consistano i supposti “giusti motivi”, giacché, in realtà, non ve ne sono.

5) - L’appellante, inoltre, sottolinea che in primo grado era stata chiesta la distrazione delle spese in favore del difensore.

6) - Il Collegio osserva che in effetti il codice del processo amministrativo, all’art. 26, richiama, fra gli altri, l’art. 92 del codice di procedura civile il quale consente la compensazione delle spese solo a titolo eccezionale in presenza di gravi motivi che debbono essere specificamente indicati.

7) - In questo caso, la sentenza ha compensato le spese senza dare altra motivazione che l’accenno a “giusti motivi” non meglio specificati.

8) - Fra gli accessori dovuti per legge (che si aggiungono all’importo liquidato in dispositivo) vi è anche il rimborso del contributo unificato; in proposito si ricorda che il rimborso del contributo unificato in favore del ricorrente vittorioso nella lite è dovuto dall’amministrazione resistente anche in caso di compensazione delle spese (cfr. d.lgs. n. 115/2002, art. 13, comma 6-bis, ora comma 6-bis.1¸vedasi anche la sentenza di questa Sezione n. 4596/2011).

Il resto leggetelo qui sotto x completezza dell'argomento.
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14/03/2014 201401298 Sentenza 3


N. 01298/2014REG.PROV.COLL.
N. 09510/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9510 del 2013, proposto da:
A. G., rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Gilardoni, con domicilio eletto presso Consiglio di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;

contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUA n. 08094/2013, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione sulla richiesta di concessione della cittadinanza italiana

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Santoro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, ha adito il T.A.R. Lazio con un ricorso nel “rito silenzio” per far dichiarare l’illegittimità del silenzio mantenuto dal Ministero dell’Interno sulla sua richiesta di concessione della cittadinanza italiana.

Il T.A.R., con sentenza sinteticamente motivata, n. 8094/2013, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso ordinando al Ministero di concludere il procedimento entro 60 giorni.

Quanto alle spese del giudizio, la sentenza ne ha disposta la compensazione per “giusti motivi”, non meglio specificati.

2. L’interessato propone appello contro la sentenza, relativamente al punto della compensazione delle spese. Deduce che nel sistema del codice del processo amministrativo la compensazione delle spese è ammessa solo a titolo di eccezione, e per ragioni che debbono essere specificamente motivate; ma in questo caso non è stata data nessuna motivazione e non è neppure possibile ipotizzare in che cosa consistano i supposti “giusti motivi”, giacché, in realtà, non ve ne sono.

L’appellante, inoltre, sottolinea che in primo grado era stata chiesta la distrazione delle spese in favore del difensore.

Resiste all’appello il Ministero, con atto di pura forma.

3. Il Collegio osserva che in effetti il codice del processo amministrativo, all’art. 26, richiama, fra gli altri, l’art. 92 del codice di procedura civile il quale consente la compensazione delle spese solo a titolo eccezionale in presenza di gravi motivi che debbono essere specificamente indicati.

In questo caso, la sentenza ha compensato le spese senza dare altra motivazione che l’accenno a “giusti motivi” non meglio specificati.

E’ sostenibile che l’omessa motivazione del giudice di primo grado non impedisca al giudice di appello di confermare la statuizione, qualora sia in grado di riconoscere ed esplicitare esso stesso adeguate ragioni per disporre la compensazione. Ma in questo caso il problema non si pone, perché non si vedono le ragioni della compensazione a fronte del pieno accoglimento del ricorso di primo grado, basato sull’oggettivo ritardo dell’amministrazione nella definizione del procedimento.

Fra gli accessori dovuti per legge (che si aggiungono all’importo liquidato in dispositivo) vi è anche il rimborso del contributo unificato; in proposito si ricorda che il rimborso del contributo unificato in favore del ricorrente vittorioso nella lite è dovuto dall’amministrazione resistente anche in caso di compensazione delle spese (cfr. d.lgs. n. 115/2002, art. 13, comma 6-bis, ora comma 6-bis.1¸vedasi anche la sentenza di questa Sezione n. 4596/2011).

4. Pertanto l’Amministrazione va condannata al pagamento delle spese del primo e del secondo grado del giudizio, con distrazione a favore del difensore.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, condanna l’amministrazione dell’Interno al pagamento delle spese legali del primo grado. Condanna altresì l’appellato Ministero al pagamento delle spese legali del secondo grado.

Liquida le spese dei due gradi nell’importo complessivo di euro 2.000, oltre agli accessori dovuti per legge (incluso fra questi il rimborso del contributo unificato eventualmente versato). Il tutto da distrarsi in favore del difensore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Michele Corradino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/03/2014

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mar mar 25, 2014 1:35 pm
da panorama
Ecco come farsi liquidare le spese da parte dell'Amministrazione per le sentenze.

Complimenti.
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20/03/2014 201400283 Sentenza 1


N. 00283/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00041/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso 41/14, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. ti Reni e Sacco, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Bologna, via S. Felice 6;

contro
l’Amministrazione dell'interno, in persona del legale rappresentante pro tempore,
il Compartimento della polizia stradale per l’Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, assistiti e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;

per l'ottemperanza
- della sentenza 27 maggio 2013, n. 391, notificata il 6 giugno 2013 e passata in giudicato il 20 settembre 2013, del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sede di Bologna.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’interno;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2014 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.1. Il competente dirigente del Compartimento della Polizia stradale per Emilia Romagna trasferì d’ufficio l’ispettore capo OMISSIS dalla Polizia stradale di ….. a quella di …., con provvedimento poi annullato con sentenza 27 maggio 2013, n. 391, notificata all'Amministrazione il successivo 6 giugno, e passata perciò in giudicato dal 20 settembre.

1.2. La sentenza, autoesecutiva quanto alla parte demolitoria, ha altresì condannato l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite, che ha liquidato in € 2.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

1.3. Tale somma non è stata spontaneamente versata dall’Amministrazione resistente, neppure dopo un atto di diffida in tal senso, comunicatole via p.e.c., nel corso del seguente mese di dicembre:
così il creditore ha proposto il ricorso in esame, in cui, dopo aver rilevato il carattere di definitività della sentenza, e dichiarato che l’Amministrazione non ha provveduto all’adempimento del comando contenuto nel titolo giudiziario, ne ha chiesto l’ottemperanza.

1.4. In particolare, parte ricorrente ha domandato che questo giudice:

a) dichiari l’inottemperanza parziale della decisione, quanto all’obbligo dell’Amministrazione dell’interno di provvedere al pagamento delle spese legali in favore del OMISSIS nell’indicata misura di € 2.000,00 oltre 4% c.p.a. e 22% per iva, per un totale di € 2.537,60;

b) assuma i provvedimenti necessari per l’adempimento del predetto obbligo di pagamento, in luogo dell'Amministrazione, ovvero proceda alla nomina di un commissario ad acta, con il compito di procedere alla liquidazione dell’importo predetto, con la determinazione e liquidazione degli interessi legali, fino al saldo effettivo.

c) condanni altresì l’Amministrazione alle spese di lite del presente giudizio, con attribuzione all’avvocato antistatario.

1.5. L’Amministrazione si è costituita in giudizio, limitandosi a chiedere genericamente la reiezione del ricorso: condotta rilevante ex art. 64 c.p.a..

2.1. Ebbene, è anzitutto opportuno rimarcare che al giudizio di ottemperanza trova applicazione il disposto dell’art. 14, I comma, del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in l. 30/97, secondo cui le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici dispongono di un termine di centoventi giorni per eseguire i provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di danaro, termine decorrente dalla notificazione del titolo esecutivo (pur se non munito di formula esecutiva:
cfr. amplius T.A.R. Lazio, I, 30 ottobre 2012, n. 10127): prima che tale termine scada il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto.

2.2. La norma di cui al ripetuto art. 14 si riferisce espressamente alla “esecuzione forzata” e non al giudizio di ottemperanza:
ma, attesa la finalità della disposizione di concedere alle Amministrazioni un adeguato intervallo, tra la richiesta di pagamento mediante la notificazione di un titolo, e l’avvio della relativa procedura coattiva, non sembra dubbio a questo Collegio che essa si applichi anche qualora l’esazione sia attuata mediante il giudizio di ottemperanza, essendo evidente l’analoga finalità di quest’ultimo (cfr., in termini, tra le ultime, C.d.S., IV, 13 giugno 2013, n. 3293; T.A.R. Lazio, I, 10127/12, cit.; T.A.R. Liguria, I, 20 luglio 2012, n. 1032; T.A.R. Lombardia, Milano, I, 14 giugno 2012, n. 1664; T.A.R. Campania, Napoli, IV, 16 dicembre 2011, n. 5920; T.A.R. Calabria, Catanzaro, II, 13 ottobre 2010, n. 2614).

2.3. In specie, il rammentato intervallo di centoventi giorni è ormai decorso, e il ricorso per ottemperanza va dunque senz’altro accolto, con riguardo agli importi richiesti.

2.4. Va pertanto assegnata all’Amministrazione dell’interno un termine di trenta giorni per provvedere al pagamento del dovuto, costituito dalle somme indicate sub § 1.4, incrementate degli ulteriori interessi maturati, in quanto dovuti.

3.1. Passando infine a considerare la posizione del commissario ad acta, questi è sin d’ora nominato nella persona del direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Bologna.

3.2. Il commissario, su semplice istanza del creditore, trascorso il termine assegnato all' Amministrazione per adempiere, provvederà all'esecuzione dell'incarico mediante diretta adozione degli atti necessari, anche in deroga alla norme comuni:
e ciò in base al principio di effettività della tutela, cui si correla il potere del giudice di imporre, anche coattivamente in caso di necessità, il rispetto della statuizione contenuta nel giudicato e, quindi, in definitiva, il rispetto della legge stessa (così, ex multis, T.A.R. Lazio, I, 11 giugno 2012, n. 5265, nonché, T.A.R. Sicilia Catania, III, 28 ottobre 2009, n. 1778; conf. T.A.R. Campania – Salerno, II, 21 dicembre 2011, n. 2061; cfr. anche C.d.S., IV, 17 settembre 2002, n. 4680).

3.3. È ancora da sottolineare come trovi qui applicazione il II comma del ripetuto art. 14 del d.l. 669/96, per il quale “Nell'ambito delle amministrazioni dello Stato, nei casi previsti dal comma 1 [tra i quali rientra certamente quello de quo], il dirigente responsabile della spesa, in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all'istituto tesoriere, da regolare in conto sospeso” (per le modalità di emissione cfr. il D.M. 1 ottobre 2002 del Ministero dell'economia e delle finanze).

4. Le spese del giudizio di ottemperanza sono liquidate, come da dispositivo, in favore del difensore antistatario, e poste a carico dell'Amministrazione dell’interno.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto:

1) dichiara l’inottemperanza della sentenza in epigrafe, quanto al capo che dispone la condanna alle spese di giudizio e ordina all’Amministrazione dell’interno e così di corrispondere al ricorrente, ovvero al suo difensore antistatario, le somme indicate in motivazione entro trenta giorni dalla notificazione ovvero dalla comunicazione della presente sentenza;

2) per il caso di perdurante inottemperanza oltre il termine suddetto, nomina sin d’ora commissario ad acta, con facoltà di subdelega, il direttore della Ragioneria territoriale dello Stato di Bologna affinché questi provveda agli adempimenti stabiliti in motivazione;

3) liquida in favore del difensore antistatario, le spese del presente giudizio nell’importo complessivo di € 150,00 per spese anticipate, e di € 1.200,00 per corrispettivi, oltre iva e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio addì 6 marzo 2014 con l'intervento dei signori magistrati:
Carlo D'Alessandro, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Ugo Di Benedetto, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2014

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: mer ago 06, 2014 6:07 pm
da panorama
Che valore/effetti ha un ricorso al PDR?

Lo spiega qui sotto il Consiglio di Stato

Leggete qui il tutto.
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29/07/2014 201404024 Sentenza 3


N. 04024/2014REG.PROV.COLL.
N. 01088/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1088 del 2014, proposto da:
S. M.,
rappresentata e difesa dall'avv. Anna Rita Moscioni, con domicilio eletto presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, p.zza Capo di Ferro n. 13;

contro
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - Direzione Generale,
in persona del legale rappresentante pro-tempore,

non costituitosi in giudizio;

per l'ottemperanza
al decreto del PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA del 6.5.2008, reso tra le parti, con cui è stato deciso il ricorso straordinario proposto con atto del 7.12.2004 - corresponsione somme.

Visti il ricorso in ottemperanza ed i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014, il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti;
Udito, alla stessa camera di consiglio, l’ avvocato Moscioni per la ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il D.P.R. in epigrafe, è stato accolto, in conformità al parere del C.d.S., Sez. II, n. 4781 del 25.7.2007, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’odierna ricorrente con atto in data 7 dicembre 2004, accertando il suo diritto al rimborso del contributo dello 0,50 per cento, da parte dell’INPDAP dovuto al defunto OMISSIS, ufficiale delle FF.AA., all’atto della cessazione del periodo di ausiliaria, in data 26.10.1990, ai sensi dell’art. 1 della l. 21.2.1963, n. 252.

L’interessata, muovendo dall’affermazione del contenuto decisorio del decreto presidenziale adottato su ricorso straordinario al Capo dello Stato e del suo carattere cogente e definitivo, al pari del giudicato, rileva l’inadempienza dell’amministrazione intimata e chiede che sia dichiarata l’inottemperanza dell’ente previdenziale e l’obbligo di ottemperare, con contestuale nomina di Commissario ad acta.

Alla Camera di Consiglio dell’8 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Il ricorso è fondato.

2. - Va premesso, preliminarmente, che, secondo orientamento ormai consolidato della Corte regolatrice, il decreto del Presidente della Repubblica, che decide il ricorso straordinario in conformità del parere del Consiglio di Stato, è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 362, comma 1, cod. proc. civ. solo per motivi attinenti alla giurisdizione e non anche con le altre censure di diritto previste dall'art. 360 cod. proc. civ. e che il decreto decisorio sul ricorso straordinario, una volta divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo ed è, quindi, suscettibile di essere azionato nel giudizio di ottemperanza (v. in tal senso, Cass. Civ., Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464; Consiglio di Stato, sez. VI, 10/05/2013, n. 2567).

3. - Nel merito, il Decreto del Presidente della Repubblica fa’ proprio il parere del Consiglio di Stato, sez. II, n. 4871 del 25.7.2007, col quale è stata ritenuta la rimborsabilità del contributo dello 0,50% trattenuto, ai sensi dell’art.1 della l. 21.2.1963 n. 252, sul trattamento di ausiliaria del defunto Generale OMISSIS, all’atto della cessazione del periodo di ausiliaria.

Pertanto, non risultando effettuato tale rimborso, in accoglimento del ricorso, deve essere ordinato all'INPS - Direzione Generale di dare esecuzione alla decisione in epigrafe, mediante la corresponsione in favore della Sig.ra S. M. delle sopraindicate somme dovute al defunto Gen. OMISSIS, oltre agli accessori di legge.

L’amministrazione dovrà provvedere entro il termine di giorni sessanta, decorrenti dalla data di ricezione della comunicazione, o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza.

Per il caso di perdurante inottemperanza alla scadenza di tale termine, il Collegio nomina sin d'ora quale commissario ad acta il Responsabile della Divisione “Vigilanza sugli Enti previdenziali pubblici” della Direzione Generale per le politiche previdenziali ed assicurative del Ministero del Lavoro ( con facoltà di delega ad altro dirigente o funzionario della stessa Direzione Generale ), assegnandogli un termine di sessanta giorni per l'esecuzione su semplice richiesta di parte ricorrente e riservandosi di liquidare le spettanze del commissario con separato decreto, ad intervenuto compimento dell’attività di sua spettanza, previa presentazione da parte sua di nota spese e competenze e di relazione sull’attività svolta.

4. - Le spese di causa, come liquidate nella parte dispositiva, seguono il criterio della soccombenza.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, ordina l'esecuzione del decreto del Presidente della Repubblica del 6.5.2008, con le modalità e nei termini di cui in motivazione.

Nomina commissario ad acta, per l’ipotesi di inerzia perdurante alla scadenza del termine assegnato, il Responsabile della Divisione “Vigilanza sugli Enti previdenziali pubblici” della Direzione Generale per le politiche previdenziali ed assicurative del Ministero del Lavoro ( con facoltà di delega ad altro dirigente o funzionario della stessa Direzione Generale ), assegnandogli un termine di sessanta giorni per l'esecuzione su semplice richiesta di parte ricorrente.

Condanna l’INPS a rifondere alla ricorrente le spese del giudizio, che si liquidano in euro 1.500,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa e sia comunicata alle parti ed al commissario ad acta.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2014

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: lun dic 08, 2014 5:18 pm
da panorama
Istruzioni Contributo Unificato (importi e costi vari)

Istruzioni sull'applicazione della disciplina in materia di Contributo Unificato nel Processo Amministrativo.
(Aggiornato al 22 ottobre 2014)


ecco il link

https://www.giustizia-amministrativa.it ... GA_3826007" onclick="window.open(this.href);return false;

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: sab lug 04, 2015 12:11 am
da panorama
Interessante risposta al Quesito sul contributo unificato.

Da leggere tutto, poiché sono stati dati molti chiarimenti.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501958 - Public 2015-07-03 -


Numero 01958/2015 e data 03/07/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 26 novembre 2014 e del 10 giugno 2015

NUMERO AFFARE 03162/2013

OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali

Ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica ai sensi degli art. 8 e seguenti del d.P.R. n. 1199 del 1971. Verifica di regolarità contributiva ai sensi degli articoli 13, commi 6-bis e 6 -bis.1., 247, 248 e 249 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia). Richiesta di parere

LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota 2 settembre 2013 n. 2257, con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Elio Toscano;

Premesso.

Il Ministero dell’interno espone che l’art. 37, comma 6, lettera s), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nel sostituire l’art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - di seguito t.u.) ha introdotto alla lettera e) di detto comma, anche per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il pagamento del contributo unificato, all’uopo determinato nella misura fissa di euro 600,00, elevata dal 1° gennaio 2013 a euro 650,00 in forza dell’art. 1, comma 25, lettera a), n. 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

In prosieguo l’art. 2, comma 35 bis, lettera e), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.148, ha aggiunto al citato art. 13 del t.u. il comma “6 bis.1.”, che prevede che gli importi di cui alla lettera e) del comma 6-bis sono aumentati della metà, ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il recapito fax, ai sensi dell’art. 136 del codice del processo amministrativo, ovvero quando la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso.

Il Ministero, dopo aver richiamato il parere n. 4281/2011 del 9 novembre 2011, nel quale la Sezione ha chiarito che il contributo unificato ha carattere tributario e che l’obbligazione del pagamento sorge in capo al ricorrente all’atto della presentazione del ricorso straordinario ed è indifferente alle vicende del gravame, precisa di aver già dato disposizioni applicative alle Prefetture - Uffici territoriali del Governo con circolare n. 900 del 27 marzo 2013 in ordine alle verifiche di regolarità contributiva dei ricorsi straordinari, tenendo presente la risposta a quesiti applicativi forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze e diramata dal Segretariato generale della giustizia amministrativa con nota n. 1629 del 28 gennaio 2013 in ordine all’individuazione dell’ufficio competente a riscuotere il tributo, alle modalità di versamento e all’assenza di deroghe espresse per il versamento del contributo nel caso di controversie in materia di pubblico impiego.

Tuttavia, in seguito alle segnalazioni delle Prefetture, che hanno comunicato che alcuni ricorrenti hanno rappresentato difficoltà di carattere economico, l’Amministrazione chiede se siano applicabili anche per i proponenti il ricorso straordinario:

- le disposizioni di esenzione contemplate dall’art. 10 del d.P.R. n. 115 del 2015;

- ovvero, ai fini di esenzione, le disposizioni in materia di patrocinio per la difesa delle persone non abbienti (art. 74 del d.P.R. n. 115 del 2015);

- qualsiasi altra disposizione dell’ordinamento che consente l’esenzione dal contributo in esame.


Considerato.

Per corrispondere al parere richiesto è innanzitutto opportuno richiamare la norma di legge che ha esteso al ricorso straordinario la corresponsione del contributo unificato già prevista per i ricorsi giurisdizionali.

La disposizione è contenuta nel comma 6-bis dell’art. 13 del T.U. in materia di spese di giustizia.

Detto comma, nel fissare gli importi del contributo unificato dovuti per i ricorsi davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, differenziandoli in taluni casi in ragione dell’oggetto e del valore della controversia, stabilisce alla lettera “e)”che “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 650”.

Dalla lettera della citata disposizione da un lato risulta confermata la natura tributaria del contributo unificato, la cui misura minima risulta identica per il ricorso straordinario e per quello giurisdizionale, dall’altro, a fronte della concisione del testo normativo, emerge la necessità di uno sforzo esegetico per adattare le modalità applicative del contributo, plasmate sul contenzioso giurisdizionale, al procedimento previsto dal d.P.R. n. 1199 del 1971 per il ricorso straordinario, che conserva la sua natura di rimedio amministrativo, pur se recenti interventi legislativi ne hanno accentuato la connotazione giustiziale.

In merito alle modalità applicative, appaiono corrette le direttive del Ministero dell’interno, che per i ricorsi straordinari nelle materie di competenza ha demandato alle Prefetture l’accertamento sulla regolarità del contributo unificato e l’eventuale iscrizione a ruolo per gli inadempienti, seguendo per quanto possibile la disciplina recata dagli artt. 247, 248 e 249 del T.U. per i ricorsi giurisdizionali.

In proposito, si deve escludere che a detti adempimenti possano provvedere le segreterie delle Sezioni consultive, in quanto nel procedimento relativo al ricorso straordinario non è prevista alcuna interlocuzione diretta tra il ricorrente e il Consiglio di Stato, a differenza di quanto accade in sede giurisdizionale.

Entrando quindi nel vivo del quesito, si considera che il Ministero domanda anzitutto se le esenzioni dal contributo unificato, previste dall’art. 10 del t.u., si applichino anche al ricorso straordinario.

Una prima indicazione affermativa si trae dal carattere generale delle disposizioni contenute nell’articolo, che valgono sia per i processi civili, sia per i processi amministrativi, sia per i processi tributari.

Allorché, poi, il legislatore ha esteso la corresponsione del contributo unificato al ricorso straordinario [art. 13, comma 6-bis, lettera e) del T.U.] ha inserito la relativa disposizione nell’ambito del comma 6-bis detto, che disciplina la misura del contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi e al Consiglio di Stato, limitandosi ad affermare che “…per il ricorso straordinario, nei casi in cui è ammesso, il contributo è determinato nella misura unica di 650 euro”.

In assenza di altre specifiche disposizioni normative e in applicazione del principio “quod lex voluit dixit”, è consequenziale che al ricorso straordinario debbano essere estese, per quanto reso possibile dalle tipicità del rimedio, le regole generali per determinare la misura del contributo unificato in sede giurisdizionale, compresi i casi di esenzione previsti dall’art. 10 del t.u.

Per le stesse ragioni va confutata l’obiezione secondo la quale l’art. 10 si caratterizzerebbe come norma di stretta interpretazione non applicabile al ricorso straordinario, in quanto le esenzioni sarebbero state previste per i procedimenti giurisdizionali in deroga al principio generale espresso al comma 1 dell’art. 8 dello stesso t.u., per il quale “1. Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede”.

Il legislatore, allorché è intervenuto sul ricorso straordinario, sostituendo l’imposta di bollo con il contributo unificato, ha ritenuto di uniformare sotto il profilo fiscale detto rimedio con il ricorso giurisdizionale, sicché sussiste un rapporto di integrazione specifica tra la concisa disposizione che ha operato l’equiparazione e le previsioni che nel loro insieme recano la disciplina del contributo unificato.

Si può quindi a ragione ritenere che de iure condito le esenzioni elencate nell’art. 10 del t.u. e qualsiasi altra disposizione dell’ordinamento che consenta in via generale l’esenzione dal contributo in esame sono applicabili al ricorso straordinario.

Non può essere neppure condivisa l’interpretazione restrittiva fornita dall’Ufficio del coordinamento legislativo - finanze con la nota n. 3-14460 del 5 novembre 2012 circa la non estensibilità al ricorso straordinario della riduzione alla metà del contributo unificato per le controversie in materia di pubblico impiego.

Infatti, il comma 3 dell’art. 13 del T.U. assicura un eguale trattamento alle controversie individuali di lavoro, che sono di competenza del giudice ordinario, e a quelle concernenti il pubblico impiego, la cui cognizione compete al giudice amministrativo, prevedendo per entrambe il dimezzamento del contributo unificato.

Allo stesso comma 3 rinvia anche il successivo comma 6-bis, lettera b), dell’art. 13 per le controversie concernenti i rapporti di pubblico impiego, allorché stabilisce la misura del contributo per i ricorsi proposti dinnanzi ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, sicché risulta rafforzata la previsione, espressa anche all’art. 9, comma 2, del t.u., che rende omogenei sotto il profilo tributario gli oneri che gravano sul proponente per i ricorsi in materia di lavoro privatizzato e per quelli in materia di pubblico impiego.

In assenza di deroghe espresse, sarebbe comunque irragionevole ritenere che la riduzione a metà del contributo non si applichi al ricorso straordinario, adducendo a supporto di tale convincimento la concisa formulazione della lettera e) del comma 6-bis dell’art. 13, nella parte in cui dispone l’applicazione del contributo unificato al ricorso straordinario.

Infatti, nel caso di disposizioni di incerta applicazione e in ossequio all’indirizzo espresso dalla Corte costituzionale, deve essere privilegiata l’interpretazione conforme a ragionevolezza, in quanto principio che concorre a delimitare gli spazi della discrezionalità legislativa.

Nel prosieguo del quesito, l’Amministrazione chiede se sia applicabile al ricorso straordinario l’istituto del patrocino a spese dello Stato per i soggetti non abbienti, stante anche l’entità non trascurabile del contributo unificato da più parti lamentata.

Al riguardo si considera che l’art. 74, comma 2, del t.u. stabilisce che il patrocinio a spese dello Stato “È, altresì, assicurato … nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate”.

La disposizione è conforme al dettato dell’art. 24 della Costituzione, che nel riconoscere il diritto alla difesa statuisce che lo stesso “deve essere inteso come potestà effettiva della assistenza tecnica e professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, in modo che venga assicurato il contraddittorio e venga rimosso ogni ostacolo a far valer le ragioni delle parti” (Corte cost. n. 46/1957).

Tuttavia, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è un rimedio atecnico, che non richiede l’assistenza di un difensore, in quanto erede di un istituto risalente, riconducibile alla cosiddetta giustizia ritenuta amministrata dal sovrano che si poneva al disopra dell’ordinamento costituito.

La conferma del ricorso straordinario nell’ordinamento repubblicano, sia pure con le mutazioni che lo hanno progressivamente trasformato in un rimedio giustiziale senza incidere sulla sua natura amministrativa, ha ampliato gli strumenti a tutela degli interessi dei privati nei confronti dell’Amministrazione pubblica e ha rappresentato almeno sino all’introduzione del contributo unificato un rimedio agile e facilmente accessibile ai meno abbienti, che hanno potuto fruire di uno strumento di tutela semplificato, a basso costo, alternativo a quello giurisdizionale.

In tale contesto, si osserva da un lato che non sussistono i presupposti logici acchè lo Stato si faccia carico del patrocinio dei ricorrenti per una domanda di giustizia che non richiede necessariamente l’assistenza legale, dall’altro che, secondo la disciplina vigente recata dall’art. 11 del t.u., anche nel caso di ammissione al patrocinio la riscossione del contributo unificato è sospesa e prenotata a debito del ricorrente in attesa dell’esito del giudizio.

Sul punto non si può sottacere che soltanto un intervento legislativo correttivo potrebbe rendere nuovamente accessibile alla generalità degli interessati il ricorso straordinario, che altrimenti è precluso a chi non è in grado di accedervi per l’incapienza del proprio reddito. Giova in proposito far presente che con ordine del giorno 9/05312/108 approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 25 luglio 2012 il Governo è stato impegnato “a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la possibilità di ridurre il versamento per il contributo unificato relativo al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.” È infatti del tutto coerente con la natura di questo rimedio alternativo che l’accesso ad esso sia facilitato e non reso difficoltoso dal pagamento di una somma non esigua.

A solo titolo di esempio, nel caso del ricorso straordinario si potrebbe prevedere una norma che consenta la prenotazione a debito nel contributo nei confronti del ricorrente, qualora lo stesso abbia dichiarato redditi individuali al di sotto della soglia che l’art. 76, comma 1, del t.u. pone come condizione per l’ammissione al patrocinio dello Stato.

La tesi esposta si conforma peraltro al costante insegnamento del Giudice delle leggi, il quale ha chiarito che l'art. 24 Cost. non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre allo stesso modo e con i medesimi effetti e non vieta quindi che la legge possa subordinare l'esercizio dei diritti a condizioni, purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale (tra le tante, Corte Cost., 21 gennaio 1988, n. 73; 13 aprile 1977, n. 63. Sul punto, anche Corte di Giustizia CE, IV, 18 marzo 2010).

Ovviamente non può sfuggire che le stesse considerazioni potrebbero valere per un rimedio giustiziale, qual è appunto il ricorso straordinario che, in ragione del più favorevole termine di 120 giorni per la sua presentazione, rappresenta un’ulteriore opportunità di tutela per chi ha lasciato decadere il termine decadenziale di 60 giorni stabilito per il rimedio giurisdizionale, mentre la stessa opportunità non è consentita al non abbiente al quale, per l’assenza di una norma di esenzione da ogni pagamento, è permesso di intraprendere soltanto la via giurisdizionale.

Non si può in conclusione non osservare che dall’analisi condotta emergono elementi di imperfezione e di incompletezza della fonte normativa esaminata concernenti:

1) la previsione della misura minima del contributo unificato identica per il ricorso straordinario e per quello giurisdizionale;

2) la possibilità che il ricorrente non abbiente non paghi alcun contributo unificato in caso di accoglimento del ricorso, mentre tale possibilità non appare sussistere per il rimedio alternativo del ricorso straordinario;

I su esposti elementi di criticità dipendono dall’avvenuto inserimento della previsione del contributo unificato in sede di ricorso straordinario in un corpo normativo avente ad oggetto il ricorso giurisdizionale senza considerare la diversa struttura e natura del rimedio alternativo del ricorso straordinario.

La Sezione, alla luce dell'esame svolto, ritiene che le fonti normative oggetto di esame appaiano, in relazione alla specifica fattispecie considerata, imperfette.

Ricorrendo, pertanto, l'ipotesi di cui all'art. 58 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 ("[q]uando, dall'esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in qualche parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo"), va disposta la trasmissione del presente parere anche al Presidente del Consiglio dei ministri.

P.Q.M.

esprime il parere di cui sopra. Dispone la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Elio Toscano Giuseppe Barbagallo




IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa

Re: Ricorso al Presidente della Repubblica addio!!!

Inviato: sab lug 04, 2015 10:49 am
da panorama
Il Parere qui sotto, invece, riguarda altri casi/aspetti ma lo posto ugualmente ai fini dell'informazione.

Quindi, ieri 3 luglio 2015 il CdS ha pubblicato sui Pareri inerenti il contributo unificato.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201501957 - Public 2015-07-03 -


Numero 01957/2015 e data 03/07/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 3 dicembre 2014 e del 10 giugno 2015

NUMERO AFFARE 03070/2013

OGGETTO:
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Accertamento e relativa riscossione in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato. Quesito.

LA SEZIONE
Vista la relazione 9 agosto 2013 n. 3678, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto;

viste le note del Presidente della Sezione 19 agosto 2013 n. 15514, 6 maggio 2014 n. 9895 e 6 agosto 2014, con le quali è stato richiesto l’avviso del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Elio Toscano.

Premesso.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riferisce che, nell’espletamento dell’attività istruttoria di molteplici ricorsi al Capo dello Stato nelle materie di competenza del Dicastero, con sempre maggiore frequenza è destinatario di ricorsi straordinari sprovvisti del versamento del contributo unificato, che per intervento del legislatore ha assorbito la meno onerosa imposta di bollo precedentemente prevista per tale rimedio dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 e s.m.i..

Infatti, l’art. 37, comma 6, lettera s), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nel sostituire l’art. 13, comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - di seguito t.u.) ha introdotto alla lettera e) di detto comma, anche per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il pagamento del contributo unificato, all’uopo determinato nella misura fissa di euro 600,00, elevata dal 1° gennaio 2013 a euro 650,00 in forza dell’art. 1, comma 25, lettera a), n. 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

In prosieguo l’art. 2, comma 35 bis, lettera e), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.148, ha aggiunto al citato art. 13 del t.u. il comma “6 bis.1.”, che prevede che gli importi di cui alla lettera e) del comma 6-bis sono aumentati della metà, ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il recapito fax, ai sensi dell’art. 136 del codice del processo amministrativo, ovvero quando la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso.

Ciò posto, il Ministero rappresenta che, in sede di applicazione delle richiamate disposizioni legislative, sono emerse per tutte le Pubbliche Amministrazioni alcune criticità sia per quanto concerne la fase dell’accertamento della congruità del pagamento del contributo unificato, sia per ciò che attiene alla successiva fase della riscossione, in quanto per poter accertare e poi legittimamente riscuotere il predetto contributo deve necessariamente applicarsi la normativa prevista dal t.u. sulle spese di giustizia.

Al riguardo l’Amministrazione pone in evidenza che sia il Segretario generale della giustizia amministrativa (nota n. 22339 del 6 ottobre 2011 diretta al Capo gabinetto e al Capo ufficio legislativo del M.E.F.), sia il Ministero dell’economia e delle finanze (nota n. 314460 del 5 novembre 2012 diretta alla Presidenza del Consiglio dei ministri in risposta ai quesiti pervenuti da più Dicasteri), sono stati concordi nel ritenere che “deve essere il " funzionario" dell'organo che ha emanato l'atto impugnato ovvero del Ministero competente per l'istruttoria a dover verificare la congruità del pagamento del contributo unificato, nonché a procedere nel caso di omesso o insufficiente pagamento alla notifica al debitore dell'invito al pagamento dell'importo dovuto e all'eventuale iscrizione a ruolo, essendo l'assolvimento dell'obbligo tributario contemporaneo alla presentazione del ricorso straordinario agli organi competenti”.

Relativamente alla regolarizzazione del versamento dovuto, la sopracitata nota del M.E.F. ha aggiunto che “in difetto di apposite convenzioni ai sensi dell'art. 62 del D. Lgs. 300/99 con l'Agenzia delle Entrate, la gestione della riscossione coattiva del contributo unico sui ricorsi straordinari è affidata alla singola amministrazione avverso la quale è stato proposto il ricorso (dunque che ha emesso l'atto) rilevando, in tal caso, le norme generali sulla riscossione (tramite concessionario) richiamate nel d.P.R.115/02”.

Sulla scorta dei suddetti orientamenti applicativi e al fine di prevenire il rischio di un possibile danno erariale in ragione dell’elevato numero di ricorsi straordinari che è tenuto a istruire, il Ministero riferente con circolare 9 maggio 2013 n. 3189 ha disposto che la direzione generale procedente:

- ove accerti l’omesso o insufficiente pagamento del contributo dovuto dovrà assegnare al ricorrente - dandone comunicazione all’organo che ha emanato l’atto - il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa per effettuare la regolarizzazione del pagamento ;

- decorso inutilmente il termine di quaranta giorni dal ricevimento della predetta intimazione, procederà a darne comunicazione alla predetta amministrazione che ha originato l’atto, perché avvii la riscossione coattiva.

Sulle suddette direttive, ha inciso la considerazione che, applicando la disposizioni contenute nel t.u. e, in particolare, l’art. 248, la direzione generale competente dovrebbe procedere alla notifica alla parte ricorrente dell’invito al pagamento nelle forme previste dall’art. 137 del c.p.c., con espressa avvertenza che in caso in caso di mancato pagamento entro un mese, si provvederà all’iscrizione a ruolo con addebito degli interessi al saggio legale. Sennonché il t.u. non attribuisce all’Amministrazione alcun potere di iscrizione a ruolo, in quanto non la qualifica come “ente impositore”, necessaria per legittimare la riscossione coattiva.

Sulla base del quadro delineato, il Ministero chiede l’avviso del Consiglio di Stato sulle modalità da seguire nella fasi di accertamento e di riscossione del contributo.

In particolare, attesa la natura tributaria del contributo unificato e avendo quest’ultimo assorbito altro prelievo tributario qual è appunto l’imposta di bollo, domanda se al fine di superare le criticità esposte si possa continuare a demandare al competente Ufficio delle entrate l’onere di regolarizzare l’omesso o parziale versamento del contributo, previa segnalazione da parte dell’Amministrazione che istruisce il ricorso, come in precedenza praticato per l’imposta di bollo ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 642 del 1972.

Tale soluzione, non soltanto semplificherebbe gli adempimenti richiesti all’Amministrazione, ma consentirebbe di superare la necessità di stipulare una convenzione con l’Agenzia delle entrate, alla quale possono accedere soltanto gli enti impositori o creditori.

Considerato

Il quesito sottoposto al parere della Sezione concerne due profili connessi all’estensione del contributo unificato al ricorso straordinario: la competenza a verificare la regolarità del contributo versato e la possibilità di continuare a demandare, ove possibile, all’Agenzia delle entrate gli adempimenti necessari per la riscossione coattiva, ricorrendo al procedimento previsto per l’imposta di bollo.

Per rispondere occorre procedere ad una ricognizione della normativa di riferimento, iniziando dal comma 6-bis dell’art. 13 del t.u. in materia di spese di giustizia (come sostituito l’art. 37, comma 6, lettera s) del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98).

Detto comma, nel determinare la misura del contributo unificato dovuto per i ricorsi davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato con alcune differenziazioni correlate all’oggetto e al valore del contenzioso, stabilisce alla lettera “e)”che “in tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 650”.

Dalla lettera della citata disposizione da un lato risulta confermata la natura tributaria del contributo unificato previsto per il ricorso straordinario, dall’altro, a fronte della concisione del testo normativo, emerge la necessità di uno sforzo esegetico per adattare le modalità applicative del contributo, plasmate sul contenzioso giurisdizionale, al procedimento previsto dal d.P.R. n. 1199 del 1971 per il ricorso straordinario, che conserva la sua natura di rimedio amministrativo, pur se recenti interventi legislativi ne hanno accentuato la connotazione giustiziale.

In primo luogo si osserva che la formulazione letterale dell’art. 9, comma 2, del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199 richiede, a pena di inammissibilità, che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sia presentato presso l’organo che ha emanato l’atto o presso il Ministero competente con la prova dell’avvenuta notificazione a uno almeno dei controinteressati.

Ponendo in relazione detta diposizione con l’art. 247 del t.u., il quale prescrive che l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato dove è depositato l'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo unificato, si deduce - in assenza di altre indicazioni del legislatore - che l’obbligo di versare il tributo sorge in capo al ricorrente all’atto del deposito del ricorso per il solo fatto di aver azionato la domanda di giustizia e che analogamente nel caso del ricorso straordinario detto obbligo si concretizza all’atto del deposito presso l’autorità che ha adottato l’atto impugnato o presso il Ministero competente per materia.

Ne consegue che gli adempimenti connessi alla verifica della regolarità del contributo e alla sua eventuale riscossione ben possono gravare sull’organo che ha originato l’atto o su Ministero competente per materia, a seconda che l’originale del ricorso sia stato depositato presso l’uno o presso l’altro. In particolare è da escludere che i suddetti adempimenti, diversamente da quanto avviene per i ricorsi giurisdizionali, possano essere svolti dalle segreterie delle sezioni consultive, in quanto nel procedimento del ricorso straordinario non è prevista, né sarebbe possibile alcuna interlocuzione diretta tra il Consiglio di Stato e il ricorrente.

Va da sé che, nel caso di presentazione del ricorso presso il Segretariato generale della Presidenza della Repubblica o presso l’Avvocatura dello Stato, entrambi organi non estranei alla sequenza procedimentale del gravame straordinario perché preposti rispettivamente ad assumere la decisione finale e ad assistere l’Amministrazione centrale, gli adempimenti relativi ala verifica della regolarità del contributo unificato non possono che essere di competenza del Ministero direttamente coinvolto per materia, al quale il ricorso è di norma trasmesso per l’istruttoria.

Ad analoga conclusione si perviene anche nel caso di impugnazione di provvedimenti emanati da enti non statali, in quanto il contraddittorio nei confronti degli stessi deve essere comunque integrato d'ufficio a cura del Ministero istruttore e referente (in senso conforme v. anche Sez. II, 24 settembre 1997, n. 2542/96).

Va anche osservato che, mentre l’evento collegato al “caso d’uso”, che in precedenza comportava il versamento dell’imposta di bollo, è rimasto immutato anche dopo l’introduzione del contributo unificato, poiché per entrambi i tributi l’obbligo della corresponsione sorge all’atto del deposito o della notifica del ricorso straordinario, con l’introduzione del contributo l’organo che ha emanato l’atto impugnato e il Ministero sono direttamente investiti della responsabilità di verificare la regolarità del contributo versato e di avviarne la riscossione coattiva nel caso di omesso o insufficiente versamento.

Sul punto non si può sottacere che si tratta di adempimenti molto più complessi di quelli richiesti alle pubbliche amministrazioni per l’imposta di bollo, ai quali tuttavia non è possibile sottrarsi, dovendosi applicare la disciplina prevista dagli artt. 247, 248 e 249 del t.u.

Peraltro, in assenza di disposizioni legislative che modifichino le modalità di riscossione del contributo, vi sono altre ragioni che a normativa vigente inducono ad escludere che la disciplina per la riscossione dell’imposta di bollo possa essere applicata anche al contributo unificato, sia pure limitatamente al ricorso straordinario.

Infatti, la giustificazione dell’imposta di bollo, le cui origini sono assai remote, consiste nel conferire agli atti l’idoneità ad essere utilizzati nei procedimenti giurisdizionali e amministrativi, tant’è che per la regolarizzazione gli atti devono essere inviati, a cura dell'Ufficio che li ha ricevuti e, per l'Autorità giudiziaria, a cura del cancelliere o segretario, al competente Ufficio del registro entro trenta giorni dalla data di ricevimento o di deposito o dalla pubblicazione del provvedimento.

Diversamente, il contributo unificato o meglio ancora “il contributo unificato per l’iscrizione a ruolo” si applica esclusivamente ai procedimenti giurisdizionali (includendo anche il ricorso straordinario per il suo carattere di rimedio giustiziale) e ingloba tutte le altre imposte versate in passato per i procedimenti penali, civili e amministrativi.

Coerentemente con la diversa finalità del tributo, che deve essere corrisposto ogni qualvolta si propone la domanda di giustizia o la si integra con motivi aggiunti, l’art. 247 del t.u. dispone che “Ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato dove è depositato l'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo unificato”.

Pertanto, la disposizione non può che trovare applicazione con i necessari adattamenti anche con riferimento al ricorso straordinario, demandando gli adempimenti relativi alla riscossione all’organo che ha emanato l’atto o alla struttura del ministero competente per materia. In quest’ultimo caso l’ufficio ministeriale incaricato, ai sensi dell’art. 248 del t.u. e con le modalità indicate nello stesso articolo, deve invitare il ricorrente al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese.

Nel caso di inadempienza, come già chiarito dal Ministero dell’economia e delle finanze con nota 3-14460 del 5 novembre 2012, lo stesso ufficio che ha originato l’invito procede all'iscrizione a ruolo, mediante comunicazione al concessionario incaricato della riscossione, ai sensi degli artt. 214 e seguenti del t.u. analogamente a quanto previsto per gli uffici dei magistrati presso i quali gli atti vengono depositati.

Sul punto va chiarito che se anche il t.u. non menziona i Ministeri quali enti impositori e invero neppure gli enti che hanno emanato gli atti impugnati, è pur vero che la scelta del legislatore di estendere lo specifico tributo al ricorso straordinario non può essere vanificata da difficoltà applicative, ma impone di reperire nell’ordinamento vigente le soluzioni più appropriate, osservando le regole interpretative espresse nell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale.

Seguendo lo schema che il legislatore ha previsto per l’accertamento della congruità del contributo unificato e l’avvio della riscossione coattiva in sede processuale, gli adempimenti propri dell’ufficio del magistrato investito della controversia (certamente non definibile ente impositore) secondo un’interpretazione sistematica sono a carico dell’organo legittimato a ricevere il ricorso straordinario.

Quanto agli adempimenti successivi all’accertamento, devono necessariamente trovare applicazione le norme generali sulla riscossione tramite concessionario del t.u., come peraltro sottolineato dal Ministero dell’economia e delle finanze nella nota sopra richiamata

In conclusione tuttavia la Sezione osserva che il quesito posto è indicativo di obiettive difficoltà che incontrano le Pubbliche Amministrazioni nel procedere agli adempimenti in questione e che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è certamente una delle amministrazioni più gravate, ove soltanto si consideri che sul Dicastero confluiscono i ricorsi straordinari avverso i provvedimenti degli 8.047 Comuni italiani in materia di urbanistica e di edilizia.

Parallelamente, dall’analisi condotta emergono elementi di imperfezione e di incompletezza della fonte normativa esaminata, concernenti la mancanza di disposizioni specifiche aventi ad oggetto l’accertamento per le iscrizioni a ruolo in caso di mancato o insufficiente versamento del contributo per il ricorso straordinario.

I su esposti elementi di criticità dipendono dall’avvenuto inserimento della previsione del contributo unificato in sede di ricorso straordinario in un corpo normativo avente ad oggetto il ricorso giurisdizionale senza considerare la diversa struttura e natura del rimedio alternativo del ricorso straordinario.

Conseguentemente potrebbe valutarsi l’opportunità di un intervento legislativo che, nel ridurre l’entità del contributo unificato, rendendolo coerente con la natura del ricorso straordinario di strumento di tutela semplificato, alternativo a quello giurisdizionale (in tal senso il coevo parere della Prima Sezione su affare n. 3162/2012), ripristini il procedimento previsto per l’imposta di bollo. L’Amministrazione competente all’istruttoria dell’atto impugnato avrebbe così soltanto l’obbligo di segnalare all’Agenzia delle entrate l’avvenuta presentazione del ricorso con l’indicazione del contributo concretamente versato.

Una scelta nel senso, oltre ad essere facilmente realizzabile con strumenti informatici, si rifletterebbe positivamente anche sul contenzioso tributario, che attualmente è reso più complesso dal fatto che nel giudizio sono coinvolti come controparte del ricorrente sia l’organo che ha proceduto alle verifiche sulla regolarità del versamento, sia il concessionario per gli adempimenti successivi alla richiesta di iscrizione a ruolo.

La Sezione, alla luce dell'esame svolto, ritiene che le fonti normative oggetto di esame appaiano, in relazione alla specifica fattispecie considerata, imperfette. Ricorrendo, pertanto, l'ipotesi di cui all'art. 58 del regio decreto 21 aprile 1942, n. 444 ("[q]uando, dall'esame degli affari discussi dal Consiglio di Stato risulti che la legislazione vigente è in qualche parte oscura, imperfetta od incompleta, il Consiglio ne fa rapporto al Capo del Governo"), va disposta la trasmissione del presente parere anche al Presidente del Consiglio dei ministri.

P.Q.M.

esprime il parere di cui sopra. Dispone la trasmissione del parere al Presidente del Consiglio dei ministri.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Elio Toscano Anna Leoni




IL SEGRETARIO
Giuseppe Testa