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Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: dom dic 11, 2011 4:23 pm
da Frustrato
panorama ha scritto:Anche se questo Parere espresso dal CdS riguarda un appartenente alla PolPen a seguito di un ricorso proposto al PDR, comunque la legge è sempre la stessa e riguarda tutti i richiedenti i medesimi benefici di congedo straordinario.
Vi invito ha leggere attentamente le motivazioni ai fini del TFS e TFR.

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Numero 04274/2011 e data 23/11/2011

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 26 ottobre 2011

NUMERO AFFARE 03188/2010
OGGETTO:
Ministero della giustizia.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto dal signor OMISSIS, nato il OMISSIS, per l’annullamento del provvedimento del ministero della giustizia, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, provveditorato regionale di Palermo, 2 dicembre 2009 prot. n. …../2009, nella parte in cui dispone che il periodo di congedo per l’assistenza al figlio con handicap in situazione di gravità “non è computato nell’anzianità di servizio”.
LA SEZIONE
Vista la relazione del ministero della giustizia, dipartimento amministrazione penitenziaria, vistata dal ministro il 23 giugno 2010, con la quale viene chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario sopra indicato;
visto il ricorso, proposto con atto 12 aprile 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Paolo La Rosa.

Premesso.
Il Signor OMISSIS, assistente del corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di OMISSIS, con istanza 29 settembre 2009 n. ……ha chiesto di usufruire nel periodo dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2011, per l’assistenza al proprio figlio (soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104, “legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”), del congedo previsto dall’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 2001 n. 151,.
Il provveditorato di Palermo, rilevato che il dipendente era in possesso dei requisiti per ottenere il congedo per l’assistenza ai disabili, con decreto 2 dicembre 2009 n. ……, notificato al destinatario il 17 dicembre 2009, ha concesso 730 giorni di congedo per l’assistenza al figlio, precisando che detto periodo “non è computato nell’anzianità di servizio”.
Contro détta clausola contenuta nel predetto decreto del 2 dicembre 2009 il signor OMISSIS ha proposto il ricorso in esame, lamentando l’errata interpretazione fornita dall’amministrazione con riguardo al congedo di cui all’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 2001 n.151.
L’amministrazione si esprime per il rigetto del ricorso.

Considerato.
L’amministrazione ha legittimamente proceduto applicando la norma di cui all’art. 42 comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 2001 n. 151, il quale prevede, per i genitori di un figlio gravemente disabile, il diritto di usufruire, a domanda, di un congedo retribuito della durata massima di due anni, espressamente rinviando al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000 n. 53, il quale a sua volta prevede che “… il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali…”.
I periodi di congedo straordinario sono dunque valutabili per intero esclusivamente per il trattamento di quiescenza, mentre non sono valutabili né ai fini del trattamento di fine servizio né del trattamento di fine rapporto, oltre a non avere effetto sulle ferie e sulla tredicesima mensilità.
In tal senso dispone anche la circolare della direzione generale del personale diramata con nota 6 marzo 2008 n. 83564, avente ad oggetto “congedo per assistenza ai disabili ai sensi dell’art. 42, comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 2001 n. 151”.
Il ricorso, pertanto, è infondato e va respinto.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo La Rosa Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Dr.ssa Tiziana Tomassini




....QUINDI COSA SIGNIFICA CHE QUESTO BENEFICIO ANCHE PER GLI APPARTENENTI DELL'ARMA NON E' VALUTABILE AI FINI PENSIONISTICI E RETRIBUTIVI..??

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: dom dic 11, 2011 5:21 pm
da zica
[quote="Frustrato"][quote="panorama"]Anche se questo Parere espresso dal CdS riguarda un appartenente alla PolPen a seguito di un ricorso proposto al PDR, comunque la legge è sempre la stessa e riguarda tutti i richiedenti i medesimi benefici di congedo straordinario.
Vi invito ha leggere attentamente le motivazioni ai fini del TFS e TFR.

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Ciao Frustrato, il parere è stato espresso per quel che concerne il tfs-tfr...ma questo già lo sapevamo...per altro ho un mio personale dubbio che ti posto in MP. Ciao

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: dom dic 11, 2011 7:09 pm
da panorama
La legge 151/2001 e nazionale e, quindi, anche i suoi effetti si estendono a tutti i lavoratori che ne fanno richiesta.

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: mar apr 03, 2012 5:05 pm
da panorama
Questa sentenza tratta anche l'argomento dell'art. 42bis, del D.Lgs. 151/01.

Sentenza veramente UMANA da parte dei Giudici Amm.vi.

L'interessata, caporale maggiore scelto dell’esercito italiano aveva avuto il:
- rigetto dell'istanza di trasferimento per motivi di famiglia;
- rigetto dell'istanza di assegnazione temporanea, anche ai sensi dell'art. 42bis, del D.Lgs. 151/01;

riferendo:
- di essere madre di due bambini, il secondo nato il ........., e di aver presentato, per gravi esigenze familiari documentate, un’istanza di trasferimento o di assegnazione temporanea.
L’Amministrazione intimata ha respinto dette istanze sostenendo l’inapplicabilità al personale militare della suddetta normativa e che le esigenze prospettate non avevano carattere di temporaneità.

Il Tar di Bologna ha chiarito:

Il ricorso è fondato.

1)- Il nuovo Codice dell'ordinamento militare, Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, entrato in vigore il 9/10/2010,
- all’articolo 1493 ha disposto che “Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonchè le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione”, estendendo, quindi, la normativa per il personale della Pubblica Amministrazione”.

2)- L’art. 42 bis del T.U. sul pubblico impiego dispone che
- “Al genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione. “
Sulla base del fatto oggettivo di un figlio minore in tenera età e su istanza di parte, pertanto, deve provvedersi alla suddetta assegnazione.

3)- Come precisato dalla giurisprudenza, citata anche nell’ordinanza cautelare (da ultimo T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 maggio 2011 , n. 3760)
- l'art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001, in uno spirito di particolare favore per il genitore dipendente, contempla una mobilità all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, ricomprendente anche le assegnazioni all'interno della stessa amministrazione di appartenenza (ex multis Cons. di St., Sez. IV, 7 marzo 2007, n. 1069, TAR Lazio, Sez. I quater, n. 8128 del 2007). Tale orientamento riconosce a tale norma, in base ad una interpretazione maggiormente conforme ai principi costituzionali, natura di disposizione generale, applicabile, dunque, ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi i dipendenti delle forse armate.

4)- Non possono, pertanto, opporsi fondate ragioni per derogare al generale principio fissato ex art. 42 bis, finalizzato alla tutela di valori afferenti la famiglia, l'assistenza e l'educazione dei minori, allorquando il proponente l'istanza di trasferimento sia un militare e, rientrando tale norma tra quelle dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all'assistenza dei figli minori fino a tre anni d'età con i genitori impegnati nello svolgimento di un'attività lavorativa, non può operare un'ingiustificata discriminazione tra dipendenti pubblici tale da configurare profili di dubbia costituzionalità, come preteso dall’amministrazione militare.

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N. 00238/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01246/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1246 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Adriano Garofalo, con domicilio eletto presso Pierpaolo Soggia in Bologna, via Galliera 4;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Dello Stato, domiciliata per legge in Bologna, via Guido Reni 4;

per l'annullamento

- della comunicazione del Capo di Stato Maggiore del Comando Brigata Aeromobile "Friuli" prot. ……, notificata alla ricorrente il 29 agosto 2011, di rigetto dell'istanza di trasferimento per motivi di famiglia;
- del provvedimento del Comando Forze Operative Terrestri del 17/10/2011, prot. ……./Pers4, notificato il 26 settembre 2011 di rigetto dell'istanza di assegnazione temporanea presentata dalla ricorrente, anche ai sensi dell'art. 42bis, del D.Lgs. 151/01;
ove occorra, e nei limiti dell'interesse della ricorrente:
- del Testo Unico sulle procedure per l'impiego di Personale Militare dell'Esercito - Ed.2008 in particolare del Cap. II - capo III, nonché della "Direttiva per la gestione delle istanze di assegnazione temporanea" della circolare dello Stato Maggiore dell'Esercito n. 7890/07/C-PI/5.3.1 del 29 giugno 2009;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ancorché non conosciuti alla ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Riferisce la ricorrente, caporale maggiore scelto dell’esercito italiano, di essere madre di due bambini, il secondo nato il ........., e di aver presentato, per gravi esigenze familiari documentate, un’istanza di trasferimento o di assegnazione temporanea presso la sede di …….
L’Amministrazione intimata ha respinto dette istanze sostenendo l’inapplicabilità al personale militare della suddetta normativa e che le esigenze prospettate non avevano carattere di temporaneità.
L’interessata ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati deducendone l’illegittimità.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata che ha contro dedotto alle avverse doglianze e concluso per il rigetto del ricorso.
L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 970/2011 e la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.

2. Il ricorso è fondato.

Il nuovo Codice dell'ordinamento militare, Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, entrato in vigore il 9/10/2010, all’articolo 1493 ha disposto che “Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonchè le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione”, estendendo, quindi, la normativa per il personale della Pubblica Amministrazione”.
L’art. 42 bis del T.U. sul pubblico impiego dispone che “Al genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione. “
Sulla base del fatto oggettivo di un figlio minore in tenera età e su istanza di parte, pertanto, deve provvedersi alla suddetta assegnazione.
3. Come precisato dalla giurisprudenza, citata anche nell’ordinanza cautelare (da ultimo T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 maggio 2011 , n. 3760) l'art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001, in uno spirito di particolare favore per il genitore dipendente, contempla una mobilità all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, ricomprendente anche le assegnazioni all'interno della stessa amministrazione di appartenenza (ex multis Cons. di St., Sez. IV, 7 marzo 2007, n. 1069, TAR Lazio, Sez. I quater, n. 8128 del 2007). Tale orientamento riconosce a tale norma, in base ad una interpretazione maggiormente conforme ai principi costituzionali, natura di disposizione generale, applicabile, dunque, ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi i dipendenti delle forse armate.
Non possono, pertanto, opporsi fondate ragioni per derogare al generale principio fissato ex art. 42 bis, finalizzato alla tutela di valori afferenti la famiglia, l'assistenza e l'educazione dei minori, allorquando il proponente l'istanza di trasferimento sia un militare e, rientrando tale norma tra quelle dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all'assistenza dei figli minori fino a tre anni d'età con i genitori impegnati nello svolgimento di un'attività lavorativa, non può operare un'ingiustificata discriminazione tra dipendenti pubblici tale da configurare profili di dubbia costituzionalità, come preteso dall’amministrazione militare.
4. Per tali ragioni il ricorso va accolto e, per l’effetto, vanno annullati il provvedimenti del Capo di Stato Maggiore del Comando Brigata Aeromobile "Friuli" prot. ……, notificato alla ricorrente il 29 agosto 2011, ed il provvedimento del Comando Forze Operative Terrestri del 17/10/2011, prot. ……/Pers4, notificato il 26 settembre 2011.
5. Ne consegue che, in applicazione delle suddette disposizioni, l’amministrazione dovrà disporre l’assegnazione temporanea nella sede di ……. come richiesto dal dipendente.
6. Va, invece, respinta la pretesa risarcitoria, allo stato non comprovata sotto il profilo del danno subito, fermo restando la possibilità di richiedere, ove ne ricorrano i presupposti, il danno da eventuale ritardata ottemperanza alla presente decisione, in separata sede.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Emilia Romagna (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’amministrazione intimata al pagamento delle spese di causa in favore del ricorrente che si liquidano in complessivi euro 4.000 (quattromila), oltre C.P.A. ed I.V.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore
Sergio Fina, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/04/2012

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: dom dic 23, 2012 11:25 pm
da panorama
1) - istanza di assegnazione temporaneai, avanzata ai sensi dell’articolo 42 bis del D. lgs 151/2001;

2) - L’Amministrazione intimata ha respinto detta istanza sostenendo l’inapplicabilità al personale militare della suddetta normativa.

3) - Nè sussiste alcuna sopravvenuta carenza di interesse alla decisione per aver ottenuto il congedo ex art 4, comma 2°, della legge 53/2000, trattandosi di atto con effetti diversi e senza diritto alla retribuzione.

Altra sentenza positiva in favore del personale militare "madre di una bambina".

Auguri alla mamma.

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21/12/2012 201200764 Sentenza 1


N. 00764/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01022/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1022 del 2012, proposto da:
G. C., rappresentata e difesa dagli avv. Adriano Garofalo, Giuseppe Chiaia Noya, con domicilio eletto presso Pierpaolo Soggia in Bologna, via Galliera 4;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distr.le Dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;

per l'annullamento
- del provvedimento prot. 6645 del 8 agosto 2012, portante il rigetto dell'istanza di assegnazione temporanea presentata dalla ricorrente;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ancorché non conosciuti, ivi compresa la nota S.M.E. Dipartimento Impiego del Personale del 11 giugno 2012, prot. 5071;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 il dott. Ugo Di Benedetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.Riferisce la ricorrente, 1° caporale maggiore dell’esercito italiano, in servizio presso la sede di Ravenna, di essere madre di una bambina, nata il OMISSIS, e di aver presentato, ai sensi dell’articolo 42 bis del D. lgs 151/2001, un’istanza di assegnazione temporanea presso la sede di Barletta o altro comando prossimo alla residenza.

L’Amministrazione intimata ha respinto detta istanza sostenendo l’inapplicabilità al personale militare della suddetta normativa.

L’interessata ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati deducendone l’illegittimità.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata che ha contro dedotto alle avverse doglianze e concluso per il rigetto del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’articolo 60 del c.p.a. dopo aver sentito le parti sulla possibilità di definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.

2. Va preliminarmente respinta l’eccezione di tardività essendo stato tempestivamente notificato il ricorso, tenuto conto della sospensione feriale dei termini di cui alla legge 742/1969.

3. Nè sussiste alcuna sopravvenuta carenza di interesse alla decisione per aver ottenuto il congedo ex art 4, comma 2°, della legge 53/2000, trattandosi di atto con effetti diversi e senza diritto alla retribuzione.

4. Nel merito il ricorso è fondato.

Il nuovo Codice dell'ordinamento militare, Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, entrato in vigore il 9/10/2010, all’articolo 1493 ha disposto che “Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonchè le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione”, estendendo, quindi, la normativa per il personale della Pubblica Amministrazione”.

L’art. 42 bis del T.U. sul pubblico impiego dispone che “Al genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione. “
Sulla base del fatto oggettivo di un figlio minore in tenera età e su istanza di parte, pertanto, deve provvedersi alla suddetta assegnazione.

5. Come precisato dalla giurisprudenza, (da ultimo T.A.R. Bologna n. 238 del 2012; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 maggio 2011 , n. 3760) l'art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001, in uno spirito di particolare favore per il genitore dipendente, contempla una mobilità all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, ricomprendente anche le assegnazioni all'interno della stessa amministrazione di appartenenza (ex multis Cons. di St., Sez. IV, 7 marzo 2007, n. 1069, TAR Lazio, Sez. I quater, n. 8128 del 2007). Tale orientamento riconosce a tale norma, in base ad una interpretazione maggiormente conforme ai principi costituzionali, natura di disposizione generale, applicabile, dunque, ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi i dipendenti delle forse armate.

Non possono, pertanto, opporsi fondate ragioni per derogare al generale principio fissato ex art. 42 bis, finalizzato alla tutela di valori afferenti la famiglia, l'assistenza e l'educazione dei minori, allorquando il proponente l'istanza di trasferimento sia un militare e, rientrando tale norma tra quelle dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all'assistenza dei figli minori fino a tre anni d'età con i genitori impegnati nello svolgimento di un'attività lavorativa, non può operare un'ingiustificata discriminazione tra dipendenti pubblici tale da configurare profili di dubbia costituzionalità, come preteso dall’amministrazione militare.

6. Per tali ragioni il ricorso va accolto e, per l’effetto, vanno annullati i provvedimenti impugnati.

7. Ne consegue che, in applicazione delle suddette disposizioni, l’amministrazione dovrà disporre l’assegnazione temporanea della ricorrente nella sede di Barletta, sussistendo un posto vacante in organico come evidenziato dal ricorrente e non contestato dall’amministrazione, come richiesto dal dipendente, con decorrenza giuridica ed effetti economici dalla data del 1° agosto 2012, data di decorrenza del congedo senza assegni, ciò al fine di ripristinare il diritto della ricorrente leso dall’attività illegittima dell’amministrazione.

8. Resta impregiudicata la possibilità di richiedere, ove ne ricorrano i presupposti, il danno da eventuale ritardata ottemperanza alla presente decisione, in separata sede.

9. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati e dispone come in motivazione.

Condanna l’amministrazione intimata al pagamento delle spese di causa in favore del ricorrente che si liquidano in complessivi euro 4.000 (quattromila), oltre C.P.A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Calvo, Presidente
Ugo Di Benedetto, Consigliere, Estensore
Italo Caso, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/12/2012

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: mar giu 04, 2013 9:01 pm
da panorama
ART. 42, CO. 5, D.LGS. 151/2001 e Sentenza della CORTE COSTITUZIONALE N. 158/07

è stata respinta l’istanza presentata per la:
“concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”
poiché:
“nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.

1) - il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).

2) - la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.

3) - Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.

4) - In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.

Ricorso ACCOLTO.

Il resto potete leggerlo completamente qui sotto.

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04/06/2013 201305552 Sentenza 1T


N. 05552/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07463/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7463 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Elisa Fornaro e legalmente domiciliato – in carenza di elezione di domicilio nei termini di legge – presso la Segreteria di questo Tribunale in Roma, via Flaminia n. 189;

contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Polizia di Stato - Compartimento Polizia Stradale Lazio, in persona del Dirigente p.t.;

per l'annullamento,

previa sospensione,
del provvedimento n. OMISSIS emesso dalla Polizia di Stato, Compartimento Polizia Stradale Lazio Roma, in data 9.7.09, notificato in data 13.7.09, di rigetto dell'istanza di congedo straordinario retribuito per assistenza al coniuge disabile nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 11 settembre 2009 e depositato il successivo 22 settembre 2009, il ricorrente – assistente capo della Polizia di Stato, “in forza ed in servizio alla Sezione Polizia Stradale di OMISSIS” - impugna il provvedimento con cui, in data 9 luglio 2009, è stata respinta l’istanza dal predetto presentata per la “concessione di un periodo di congedo straordinario retribuito per assistenza alla coniuge riconosciuta persona disabile ex Legge 104/1992”, poiché “nella fattispecie in esame non risulta comprovato che il richiedente sia l’unico soggetto in grado di assistere la consorte disabile” ed, anzi, nello stesso nucleo familiare risulta presente il figlio maggiorenne convivente.

Ai fini dell’annullamento il ricorrente deduce i seguenti motivi di diritto:

- VIOLAZIONE DI LEGGE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 42, CO. 5, D.LGS. 151/2001 E DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 158/07, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale previsione “nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente … il diritto a fruire del congedo”. Posto che l’inciso “in via prioritaria” deve essere inteso “nel senso che, ove il disabile convive con il proprio coniuge, sarà quest’ultimo, prima di ogni altro, ad avere diritto al congedo” (fatta eccezione nel caso in cui il coniuge rinunci espressamente a godere di tale diritto), al ricorrente doveva essere concesso il beneficio richiesto, senza alcun potere discrezionale dell’Amministrazione in merito all’accoglimento dell’istanza. In definitiva, l’Amministrazione erra “quando sostiene che il ricorrente” doveva comprovare di essere l’unico soggetto in grado di assistere la consorte.

- ECCESSO DI POTERE DELL’AMMINISTRAZIONE RESISTENTE NELL’ERRATA INTERPRETAZIONE E VALUTAZIONE DELLA NORMA. La circostanza che il diritto al congedo straordinario spetta in via prioritaria al coniuge trova, tra l’altro, conferma nella circolare INPS n. 112 del 2007, la quale è in linea con il rilievo del giudice delle leggi secondo cui “solo il coniuge .. è tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte” (Corte Cost., 08/05/2007, n. 158).

- ECCESSO DI POTERE PER INGIUSTIZIA MANIFESTA RISPETTO AD ALTRE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE. In adesione a tale interpretazione si pone anche la circolare del Ministero della Giustizia n. GDAP-0083564-2008 del 6 marzo 2008, la quale ha chiarito che “a seguito di tale pronuncia (Sent. Corte Costituzionale n. 158/07), il diritto al congedo spetta, prima di ogni altro legittimato, al coniuge”. Tale circolare chiarisce, ancora, che il dipendente deve essere in possesso dei requisiti previsti per il godimento dei benefici di cui all’art. 33, commi 2 e 3, L. 104/92. Posto che il ricorrente possiede entrambi i requisiti, l’Amministrazione non aveva alcuna valida giustificazione per negare il congedo richiesto.

- ECCESSO DI POTERE NELLA FORMA DELLA PERPLESSITA’, CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE NELLA SCELTA DEI CRITERI DI VALUTAZIONE OPERATA DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED INGIUSTIZIA MANIFESTA.

- ERRATA MOTIVAZIONE IN MERITO AL BILANCIAMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO E PRIVATO. Anche tenendo conto del principio del bilanciamento dell’interesse pubblico e privato, è da osservare che, nel caso di specie, il ricorrente svolge funzioni che ben possono essere svolte da altri dipendenti e, pertanto, non ricorre l’indispensabilità della persona fisica per l’efficienza del servizio.

Con atto depositato in data 7 ottobre 2009 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – in medesima data – ha prodotto “controricorso” per sostenere la correttezza del proprio operato.

Con ordinanza n. 4574 del 9 ottobre 2009, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.

All’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione resistente non ha accolto l’istanza di congedo straordinario retribuito, dal predetto presentata per assistere la moglie, riconosciuta portatrice di grave handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992.

A tale fine il ricorrente denuncia, tra l’altro, violazione ed erronea applicazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, evidenziando che – come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 158 del 2007 - spetta “in via prioritaria” al coniuge il diritto a fruire del beneficio su indicato.

Tale censura è meritevole di condivisione.

2. Come noto, l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151/2001 prevede che:
“Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi”.

Il testo di cui sopra trae origine dalla sostituzione operata dall’art. 4 del d.lgs. 18 luglio 2011, n. 119.

La formulazione originaria era, infatti, molto diversa, atteso che riconosceva il diritto a fruire del congedo esclusivamente alla “lavoratrice madre o, in alternativa,” al lavoratore padre “o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi”.

Al riguardo, di indiscussa importanza è stato il ruolo della Corte Costituzionale, intervenuta con svariate pronunce.

Per quanto qui rileva, non può non essere posta in evidenza la sentenza dell’8 maggio 2007, n. 158, emessa, dunque, prima dell’adozione del provvedimento impugnato e richiamata con insistenza nel ricorso.
Infatti, in tale decisione il giudice delle leggi ha – in sintesi – rilevato che:

- già con sentenza n. 233 del 2005, “si è sottolineato che il congedo straordinario retribuito si iscrive negli interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie che si fanno carico dell’assistenza della persona diversamente abile, evidenziando il rapporto di stretta e diretta correlazione di detto istituto con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, ed in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona handicappata e di promozione della sua integrazione nella famiglia”;

- “sotto altro profilo” è stata più volte evidenziata “la centralità del ruolo della famiglia nella assistenza del disabile e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia” (sent. n. 350 del 2003);

- alla luce di tali premesse, risulta chiaro che la norma censurata omette di considerare “le situazioni di compromissione delle capacità fisiche, psichiche e sensoriali tali da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale” “che si siano realizzate in dipendenza di eventi successivi alla nascita, ovvero in esito a malattie di natura progressiva, così realizzando un inammissibile impedimento all’effettività della assistenza e della integrazione del disabile nell’ambito di un nucleo familiare in cui ricorrono le medesime esigenze che l’istituto in questione è deputato a soddisfare”;

- tale norma esclude, infatti, dal novero dei beneficiari del congedo straordinario retribuito il coniuge, pur essendo questi tenuto al primo posto (art. 433 c.c.) all’adempimento degli obblighi di assistenza morale e materiale del proprio consorte;

Ciò detto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’art. 42, comma 5, in esame incostituzionale “nella parte in cui non prevede al primo posto il coniuge del disabile …, con questo convivente, trattandosi di una situazione che esige la medesima protezione ed il medesimo trattamento rispetto a quelli contemplati dalla norma”.

Come si è avuto modo di rilevare, il legislatore – mediante la sostituzione dell’art. 42, comma 5, con l’art. 4 del d.lgs. n. 119 del 2011 – ha dato piena attuazione a quanto già statuito dalla Corte Costituzione, contemplando – appunto - il coniuge convivente al “primo posto” tra i soggetti a cui è riconosciuto il diritto al congedo.

In ragione di quanto rilevato, diviene doveroso pervenire alla conclusione che l’Amministrazione – negando il congedo al ricorrente, coniuge convivente di persona disabile, in ragione della presenza di un “figlio maggiorenne convivente” – ha mal inteso le statuizioni della Corte Costituzionale - pur richiamandole – e, dunque, ha operato in violazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001.

3. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, con conseguente assorbimento degli ulteriori motivi di impugnativa.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7463/2009, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di giudizio, così come liquidate in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Roberto Proietti, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2013

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: ven lug 19, 2013 6:40 pm
da panorama
Corte Costituzionale
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SENTENZA N. 203

ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento vertente tra F.U. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 7 novembre 2012, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» prevede, nel testo in vigore, che: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
Ad avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i citati parametri costituzionali «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata».

1.1.– Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso da F.U., assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di OMISSIS, contro due decreti del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale del personale e della formazione.
Con il primo decreto l’amministrazione ha rigettato l’istanza di trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per poter assistere il proprio zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e fattosi carico del mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui convivente. La domanda di annullamento di questo primo decreto è stata definita con sentenza parziale.
Con il secondo decreto l’ufficio dell’organizzazione delle relazioni del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva annullato ex tunc due provvedimenti con i quali il ricorrente era stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in situazione di gravità per un totale di 120 giorni. Con lo stesso decreto era stata disposta nei confronti del sig. F.U. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico.
L’istanza è stata rigettata, afferma il TAR, innanzitutto, per il fatto che S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma il marito della sorella della madre; in secondo luogo, poiché S.A., essendosi rivelato lo zio, non rientrava nel novero dei congiunti disabili, per i quali l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 prevede il beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con lui convive.
Il sig. F.U. afferma di aver utilizzato l’appellativo di padre e non di zio per un’abitudine basata su un legame affettivo rafforzato dalle particolari vicende della sua vita, e comunque sottolinea che la diversità dei cognomi escludeva ogni possibilità di equivoco per l’amministrazione. Ciò premesso sostiene che la particolare posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti individuati dall’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001, tenuto conto anche del fatto che nessun altro familiare può farsi carico dell’assistenza dello zio. In subordine, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.

2.– Il Tribunale rimettente, premesso che gli elementi evidenziati nel ricorso inducono a ritenere che vi sia stato un involontario errore materiale, indotto dalle particolari vicissitudini della sua vita, non aderisce alla proposta del ricorrente secondo cui dovrebbe essere accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata, in modo da ricomprendere, tra i soggetti che possono fruire del beneficio, in assenza di parenti o affini espressamente inclusi nel comma 5 dell’art. 42, anche i nipoti conviventi. Tale beneficio, infatti, determinerebbe una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, cosicché le ipotesi di congedo straordinario retribuito contemplate dalla legge sarebbero da considerarsi tassative.
Esclusa la possibilità di una interpretazione estensiva, capace di portare all’ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore soggetto non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame.

2.1.– Il giudice a quo ravvisa la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione censurata che – così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più ampio – non gli consentirebbe di mantenere il congedo parentale retribuito, espressamente previsto solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, laddove il provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei lavoratori legittimati.
Il TAR precisa, inoltre, che il testo dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale non contiene, con riguardo ai soggetti legittimati a chiedere il congedo, previsioni rilevanti in relazione alla posizione del ricorrente nemmeno in seguito all’inserimento, tramite il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), dei commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies, finalizzati a recepire gli interventi additivi della Corte costituzionale.
Alla luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene che il ricorso dovrebbe essere rigettato, conseguendone la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità.

2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente osserva che la disposizione impugnata viola gli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, Cost.
Il TAR ricorda che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso il novero dei soggetti legittimati al beneficio, sottolineando che la ratio dell’istituto in esame consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza.

3.– Alla luce di tali premesse, secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.
In secondo luogo, sempre ad avviso del giudice a quo, detta esclusione violerebbe l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’adempimento dei medesimi, nonché, in terzo luogo, l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo familiare. A parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del disabile.
In quarto luogo, secondo il TAR, sussiste anche la violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., inteso come espressione del principio di sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». In quest’ottica l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fissando in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica nella quale, a parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo anche la famiglia.
In quinto luogo, appaiono violati anche gli articoli 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine, il TAR rileva anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».

4.– In conclusione, il Tribunale ritiene che il rispetto dei medesimi principi costituzionali esige che la norma sia emendata con una previsione di chiusura, operante in via residuale, tale che, in mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire del congedo straordinario. In via subordinata, solleva la questione di legittimità costituzionale limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).

5.– Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in giudizio.


Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», ovvero, solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’esercizio dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza prestata da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione in ambito familiare. A parere del giudice a quo, in virtù di una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. in base al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt. 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire a quest’ultimo cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità; infine, sarebbe leso anche l’art. 3 Cost., poiché di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria.

2.– Il TAR rimettente sottopone all’esame di questa Corte una richiesta di pronuncia additiva, volta a colmare una lacuna nella legislazione, ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati. Due sono le questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo.

2.1.– La prima mira ad una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».
Tale questione non può essere considerata ammissibile, in ragione del fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia volta ad introdurre nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare in altri giudizi analoghi per oggetto, una tale questione, oltre ad eccedere dai limiti della rilevanza nel caso di specie, avrebbe un petitum indeterminato e chiederebbe alla Corte un intervento additivo, in assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza n. 251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n. 301 e n. 134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e n. 113 del 2012).

2.2.– La seconda questione, avente ad oggetto il medesimo art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, è fondata.

3.– Per un adeguato inquadramento della questione sollevata, occorre, preliminarmente, ricostruire la ratio legis dell’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato.

3.1.– Il congedo straordinario oggi all’esame di questa Corte costituisce uno sviluppo o, meglio, una gemmazione di analoga provvidenza, originariamente prevista dall’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città). La suddetta disposizione, al comma 2, ha riconosciuto per la prima volta ai lavoratori dipendenti pubblici e privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione è tuttora in vigore.
Successivamente, l’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), ha aggiunto all’art. 4 della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale i genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, hanno diritto a fruire del congedo previsto all’art. 4, comma 2, percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
In tal modo, dalla previsione generale del congedo straordinario non retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000, è derivato un analogo, ma autonomo, congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave, assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
A seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto del congedo straordinario fu inserito al comma 5 dell’art. 42, rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con la modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il beneficio fu riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.

3.2.– Giova ancora ricordare che il congedo straordinario per l’assistenza a persone portatrici di handicap grave, così come si è venuto configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore fin qui ricordati, è stato più volte portato all’esame di questa Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente ampliato il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio.
Ad un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di fruire del congedo straordinario ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili (sentenza n. 233 del 2005).
In una seconda occasione, è stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave (sentenza n. 158 del 2007).
Da ultimo, l’illegittimità costituzionale ha colpito la medesima disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009).

3.3.– Successivamente alle ricordate decisioni della Corte costituzionale, il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia dei congedi spettanti per l’assistenza a persone con disabilità grave, in sede di attuazione della delega contenuta nell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). Tale delega è stata attuata dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), in particolare dagli artt. 3 e 4.
Il testo oggi in vigore dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 119 del 2011, ha ampliato la platea dei soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, recependo gli interventi della giurisprudenza costituzionale succedutesi in questi anni, poco sopra ricordati, ma altresì individuando un rigido ordine gerarchico tra i possibili beneficiari, che non può essere alterato in base ad una libera scelta della persona disabile.
Va ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche sugli istituti indiretti della retribuzione, che in passato erano riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del congedo, stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito un tetto massimo all’indennità dovuta al lavoratore e alla relativa contribuzione figurativa. D’altra parte il datore di lavoro privato detrae l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti.
In tal modo, lo Stato eroga una provvidenza sociale in forma indiretta, sostenendo gli oneri relativi al congedo straordinario retribuito, che consentono al lavoratore di farsi carico dell’assistenza di un parente disabile grave, percependo un’indennità commisurata alla retribuzione.

3.4.– Da quanto fin qui esposto, si può osservare che l’istituto dei congedi per assistere familiari portatori di handicap grave ha subito una profonda trasformazione, sotto un duplice profilo: il primo riguarda gli aspetti economici e il secondo i soggetti destinatari della norma.
Sotto il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi in vigore, delinea un beneficio che assicura al lavoratore una entrata per tutto il periodo in cui è esonerato dall’attività lavorativa; detta indennità è commisurata all’ultima retribuzione percepita, anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un tetto massimo annuale e per una durata non superiore ai due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa; d’altra parte, l’onere economico non resta totalmente a carico del datore di lavoro, in particolare di quello privato, il quale a sua volta lo deduce dagli oneri previdenziali. In tal modo il legislatore ha istituito una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost. Il legislatore ha inteso, dunque, farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti.
Sotto il secondo profilo, il congedo straordinario di cui si discute, benché fosse originariamente concepito come strumento di tutela rafforzata della maternità in caso di figli portatori di handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più ampia. La progressiva estensione del complesso dei soggetti aventi titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da questa Corte, ne ha dilatato l’ambito di applicazione oltre i rapporti genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra coniugi o tra fratelli.
Al fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro, dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo. Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).
Nella sua formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per l’assistenza delle persone portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.

3.5.– Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n. 19 del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui rientra anche il congedo in esame.
Sottolineando l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza n. 233 del 2005, che si richiama a principi già affermati sin dalle sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.

4.– Alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sin qui esposta, della ratio legislativa che ne è emersa e, soprattutto, dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad attuare, consegue la fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
La limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può infatti pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso. La dichiarazione di illegittimità costituzionale è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico.
D’altra parte occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Infine, non è superfluo rammentare che il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Di conseguenza, l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi, qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, cioè a dire che la persona disabile sia in situazione di gravità accertata, non sia ricoverata a tempo pieno e esclusivamente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti di parenti o affini più prossimi. Né si può comprendere perché il riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere circoscritto ai permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella disposizione impugnata.

5.– Restano assorbiti gli altri motivi di censura.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nella parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013.

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: mar nov 19, 2013 6:06 pm
da panorama
Anche se il ricorso riguarda un PolPen, la legge è uguale per tutte le Amministrazioni.
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Il Tar Veneto chiarisce:

1) - che nessuna norma esclude la contemporanea fruizione dei benefici di cui agli artt. 33, V comma della legge n. 104/1992 (concernente l’avvicinamento al domicilio della persona da assistere) e 4, II comma della legge n. 53/2000 (concernente congedi per eventi e cause particolari) richiamato dall’art. 42, V comma del DLgs n. 151/2001, benefici che, peraltro, hanno caratteristiche e finalità diverse;

Il resto leggetelo qui sotto.
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13/11/2013 201301254 Sentenza Breve 1


N. 01254/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01403/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1403 del 2013, proposto da:
N. I., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Rosaria Iannelli, con domicilio eletto presso Maria Rosaria Iannelli in Mestre, via Costa, 20/E;

contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;

per l'annullamento
del provvedimento 29.06.2013 prot. n. 22960 del Provveditore Reggente del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, con il quale è stato disposto "il non accoglimento della richiesta di fruizione di congedo ex art. 42 comma 5 D.Lgs. 151/2001 formulata dal ricorrente in data 15/04/2013"; nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2013 il dott. Claudio Rovis e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

considerato
che nessuna norma esclude la contemporanea fruizione dei benefici di cui agli artt. 33, V comma della legge n. 104/1992 (concernente l’avvicinamento al domicilio della persona da assistere) e 4, II comma della legge n. 53/2000 (concernente congedi per eventi e cause particolari) richiamato dall’art. 42, V comma del DLgs n. 151/2001, benefici che, peraltro, hanno caratteristiche e finalità diverse;

che è inconferente il richiamo all’art. 7 del DPR n. 254/1999 concernente “l’assegnazione anche in sovrannumero all’organico in altra sede di servizio per un periodo non superiore a sessanta giorni, rinnovabile”, in quanto tale beneficio non è stato richiesto dall’interessato;

che, peraltro, l’art. 2, IV comma del DM 21.7.2000 n. 278, attuativo dell’art. 4 della legge n. 53/2000, ha stabilito che “l'eventuale diniego, la proposta di rinvio ad un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dal presente regolamento e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente”;

che, ciò stante, il ricorso è fondato e va accolto;

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.

Spese rifuse a carico dell’Amministrazione soccombente nella misura di € 1.500,00, oltre ad IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Claudio Rovis, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/11/2013

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: ven nov 22, 2013 9:32 am
da panorama
Anche l'INPS si adegua

http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDo ... 1-2013.htm" onclick="window.open(this.href);return false;

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: sab nov 23, 2013 10:37 am
da panorama
ORDINANZA N. 280 ANNO 2013

Art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
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1) - il giudizio principale ha ad oggetto il ricorso promosso da F.M., docente di lettere presso un liceo scientifico statale, titolare dei benefici di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) per l’assistenza alla nonna materna (vedova e senza figli viventi) con lui convivente, collocato in aspettativa non retribuita dal 20 settembre 2010 al 30 giugno 2011;

2) - la richiesta, presentata il 13 ottobre 2010, di sostituire l’aspettativa non retribuita con il congedo retribuito, ai sensi dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) è stata rigettata dal dirigente scolastico perché la disciplina vigente non prevede tale diritto per il nipote che assiste la nonna convivente;

3) - di conseguenza, in data 14 maggio 2011 l’interessato ha proposto ricorso al Tribunale di Voghera per l’accertamento del proprio diritto a fruire del congedo retribuito e per la condanna del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al pagamento delle retribuzioni non corrisposte dal 14 ottobre 2010 al 30 giugno 2011;

LA CORTE COSTITUZIONALE precisa:

4) - con atto spedito il 16 settembre 2013, pervenuto alla Cancelleria della Corte il 25 settembre 2013 e perciò fuori termine, si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale il signor F.M., il quale ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma censurata, richiamando a tal fine la sentenza n. 203 del 2013 della Corte costituzionale, successiva alla ordinanza del Tribunale di Voghera.

5) - che, con sentenza n. 203 dell’anno 2013, successiva alla suddetta ordinanza, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente con persona affetta da handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona disabile;

6) - che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale oggi in esame è divenuta priva di oggetto e quindi va dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis ordinanze nn. 156, 148 e 111 del 2013).

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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ORDINANZA N. 280

ANNO 2013


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO
"
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale di Voghera nel procedimento vertente tra M.F. e il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica con ordinanza del 7 marzo 2012, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di costituzione, fuori termine, di M.F.;

udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto che, con ordinanza del 7 marzo 2013, il Tribunale di Voghera ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53);

che l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nel testo vigente all’epoca dell’ordinanza del Tribunale di Voghera, contrasterebbe con i citati parametri costituzionali «nella parte in cui, non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il discendente di secondo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona affetta da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104»;

che il giudizio principale ha ad oggetto il ricorso promosso da F.M., docente di lettere presso un liceo scientifico statale, titolare dei benefici di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) per l’assistenza alla nonna materna (vedova e senza figli viventi) con lui convivente, collocato in aspettativa non retribuita dal 20 settembre 2010 al 30 giugno 2011;

che la richiesta, presentata il 13 ottobre 2010, di sostituire l’aspettativa non retribuita con il congedo retribuito, ai sensi dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città) è stata rigettata dal dirigente scolastico perché la disciplina vigente non prevede tale diritto per il nipote che assiste la nonna convivente;

che, di conseguenza, in data 14 maggio 2011 l’interessato ha proposto ricorso al Tribunale di Voghera per l’accertamento del proprio diritto a fruire del congedo retribuito e per la condanna del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al pagamento delle retribuzioni non corrisposte dal 14 ottobre 2010 al 30 giugno 2011;

che il Tribunale rimettente ha preso atto delle modifiche cui è andato incontro l’art. 42, comma 5, richiamando gli interventi additivi della Corte costituzionale, che hanno ampliato il novero dei soggetti beneficiari del congedo retribuito, e che sono stati recepiti dal legislatore, in particolare, con il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi);

che il Tribunale ritiene sussistenti i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame, sotto il profilo della mancata estensione del beneficio a favore del nipote, discendente di secondo grado, convivente con la persona affetta da invalidità grave;

che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo evidenzia che la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione censurata, la quale – così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più ampio – non consentirebbe di includere il nipote (discendente di secondo grado) nel novero dei lavoratori legittimati a fruire del congedo;

che il Tribunale ricorda, anche alla luce delle motivazioni delle sentenze della Corte costituzionale, che la materia dei congedi è attinente all’esigenza di assicurare continuità nell’assistenza e nelle cure del soggetto disabile, indipendentemente dal suo status di figlio, essendo diretta a tutelare le esigenze primarie e fondamentali del disabile grave, favorendo l’assistenza in ambito familiare;

che lo status di discendente è anche fonte d’obbligo alimentare in base all’art. 433 del codice civile, nell’ambito del quale il discendente, in mancanza di figli, è collocato in via prioritaria rispetto allo stesso genitore;

che, alla luce di tali premesse, il rimettente ritiene che l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi del disabile stesso, contrasterebbe, innanzitutto, con l’art. 3, primo comma, Cost., in quanto la disparità di trattamento risulterebbe evidente, e priva di ragionevole giustificazione, se posta a confronto con la condizione dei fratelli o delle sorelle del soggetto affetto da handicap grave;

che la disposizione impugnata determinerebbe la violazione dell’art. 3, secondo comma, Cost., poiché l’apporto dei familiari alla cura del congiunto gravemente disabile è da considerarsi funzionale al compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana;

che sarebbe violato altresì l’art. 2 Cost., in quanto verrebbe meno la possibilità di garantire al disabile assistenza continuativa all’interno del nucleo familiare, con evidenti riflessi pregiudizievoli sulla sfera della socializzazione e dell’integrazione della persona disabile;

che, infine, vi sarebbe violazione dell’art. 32, primo comma, Cost., in quanto l’impossibilità di garantire la necessaria assistenza determinerebbe il concreto rischio di un deterioramento delle condizioni di salute psico-fisica della persona disabile;

che il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio;

che, con atto spedito il 16 settembre 2013, pervenuto alla Cancelleria della Corte il 25 settembre 2013 e perciò fuori termine, si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale il signor F.M., il quale ha chiesto che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma censurata, richiamando a tal fine la sentenza n. 203 del 2013 della Corte costituzionale, successiva alla ordinanza del Tribunale di Voghera.

Considerato che il Tribunale di Voghera ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il discendente di secondo grado convivente con persona affetta da handicap grave, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della stessa;

che, con sentenza n. 203 dell’anno 2013, successiva alla suddetta ordinanza, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente con persona affetta da handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona disabile;

che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale oggi in esame è divenuta priva di oggetto e quindi va dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis ordinanze nn. 156, 148 e 111 del 2013).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Voghera con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 novembre 2013.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2013.

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: gio dic 05, 2013 11:25 pm
da panorama
congedo retribuito previsto dall’art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151 del 2001, richiesto per un periodo continuativo di due anni.
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29/11/2013 201310250 Sentenza Breve 1B


N. 10250/2013 REG.PROV.COLL.
N. 07968/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7968 del 2012, proposto da:
F. C., rappresentata e difesa dall'avv. M. A., con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, via Flaminia, 189;

contro
Ministero dell'Interno – Dipartimento Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile, in persona del Ministro in carica e del Capo Dipartimento p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento del Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile (prot. uscita 0018619 del 18.06.2012), recante il rigetto dell’istanza di fruizione del congedo straordinario ai sensi dell'art. 42, comma 5, del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2013 il dott. Francesco Riccio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Considerato che con il presente mezzo di gravame, notificato il 31 luglio 2013 e depositato il successivo 9 ottobre, la parte istante - in qualità di assistente in servizio presso il Comando Provinciale di …… dei Vigili del Fuoco - ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe poiché lesivo del proprio interesse al riconoscimento dei benefici relativi alla fruizione del congedo retribuito previsto dall’art. 42, comma 5, del D.Lgs. n. 151 del 2001, richiesto per un periodo continuativo di due anni, prospettando come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici, ed in particolare l’errata valutazione del presupposto di fatto richiesto dalla legge e denominato “referente unico”;

Ritenuto che le medesime doglianze sono finalizzate a dimostrare che l’atto impugnato si fonda su un’errata interpretazione del disposto normativo di riferimento, laddove in verità il comma 5/bis del citato art. 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001, inserito dall'art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119, dispone che “ Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e 33, comma 1, del presente decreto.”;

Atteso che gli argomenti enunciati nell’unico motivo di gravame risultano essere fondati in ragione della motivazione posta a base del provvedimento impugnato, laddove si afferma che non risulta comprovata la sussistenza di elementi che dimostrino lo status di “referente unico” che, nel caso di specie, sarebbe escluso dalla presenza di altri due fratelli residenti a ……. di Roma;

Considerato, altresì, che la suddetta interpretazione non trova riscontro sia nella lettera della norma sopra esposta, sia nella circolare (tra l’altro richiamata nel corpo del provvedimento di diniego) della Funzione Pubblica n. 1 del 2012, poiché l’intento delle diverse norme di cui si è data applicazione è solo quello di impedire che il beneficio in discussione sia riconosciuto a più soggetti legittimati in quanto lavoratori;

Considerato, inoltre, che la circostanza posta a base della motivazione del provvedimento gravato (“presenza di altri due fratelli residenti a …… di Roma”) non è di per sé sufficiente a dimostrare l’impedimento normativo alla concessione del congedo per l’assistenza alle persone in situazione di disabilità grave, per la semplice ragione che la stessa p.a. avrebbe dovuto quantomeno accertare che almeno uno dei due soggetti specificati già godesse del beneficio in discussione;

Ritenuto che, nel caso di specie, vi sono i presupposti per pronunciare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 del c.p.a., una sentenza in forma semplificata in quanto, dagli atti depositati, si desume un evidente travisamento della legge e delle circolari allo scopo richiamate;

Ritenuto, pertanto, che il presente gravame va accolto e conseguentemente annullato il provvedimento impugnato perché viziato da violazione di legge, facendo comunque salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione resistente;

Considerato, infine, che le spese seguono come di norma la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato nei termini di cui in motivazione.

Condanna il Ministero dell’Interno, parte resistente, al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre la rifusione dell’importo del contributo unificato versato pari ad € 300,00 (trecento), a favore della parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Riccio, Presidente FF, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/11/2013

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: mar nov 04, 2014 5:55 pm
da panorama
Ecco le novità di cui alla materia qui sotto.

Effetti sull’avanzamento e detrazione di anzianità conseguenti alla fruizione del congedo retribuito per assistenza a disabile, di cui all’art. 42, co. 5 del d.Lgs. 151/2001, e del congedo senza assegni per eventi e cause particolari di cui all’art. 4, co. 2 della L. 53/2000.

Vedi/leggi e scarica allegato

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: gio mar 26, 2015 10:23 pm
da panorama
GUAI
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FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 18/02/2015


SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA SENTENZA 17 2015 RESPONSABILITA' 18/02/2015



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL
FRIULI VENEZIA GIULIA

Composta dai seguenti magistrati:
Dott. Paolo SIMEON Presidente f.f.
Dott. Giancarlo DI LECCE Consigliere
Dott. Oriella MARTORANA Primo Referendario
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13541 del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti per la Regione Friuli Venezia Giulia nei confronti di OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, ed elettivamente domiciliato in Trieste, alla Via OMISSIS, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;

Visti l’atto di citazione della Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale, la memoria di costituzione in giudizio del convenuto, nonché gli atti e i documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 18 dicembre 2014, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Anna De Angelis, il giudice relatore dott. Giancarlo Di Lecce nonché il Vice Procuratore Generale dott.ssa Emanuela Pesel Rigo e l’avv. OMISSIS per il convenuto;

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato, la Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS per sentirlo condannare al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio. L’Organo requirente esponeva che con nota in data 6.2.2013, la Provincia di OMISSIS aveva denunciato alcune anomalie nella fruizione, da parte del sig. OMISSIS, dipendente della Provincia di OMISSIS, del congedo previsto dalla legge n. 104/1992, di cui, peraltro, era stata fatta segnalazione alla locale Stazione dei Carabinieri .

Riferiva, altresì, di aver avuto notizia, in data 14.5.2013, della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di OMISSIS nei confronti dello stesso OMISSIS per il delitto di cui all’art. 640 c.p., avendo il nominato dipendente attestato falsamente la coabitazione con la madre per poter fruire dei benefici previsti dalla legge n. 104/1992. Dagli atti del procedimento penale emergeva che il nominato dipendente aveva presentato una richiesta di congedo straordinario di due anni al fine di provvedere all’assistenza della madre, portatrice di handicap grave. Per poter beneficiare del congedo aveva attestato la coabitazione con la stessa in omissis, mentre in effetti risiedeva in omissis con la moglie e la figlia; la madre, invece, viveva nel Comune di omissis con l’altro figlio, che le prestava assistenza assieme alla moglie e a due badanti.

Sulla base degli elementi raccolti in sede penale l’Organo requirente ipotizzava, a carico del sig. OMISSIS, una condotta dolosa, diretta a beneficiare di un congedo retribuito non spettante, causativa di danno per l’ Amministrazione provinciale. In ragione di tali premesse la Procura Regionale disponeva la notifica dell’invito a dedurre ex art. 5 del D.L. n. 453/1993 al sig. OMISSIS presso la residenza dichiarata di omissis, formulando, in tale sede, una richiesta risarcitoria per complessivi euro 82.779,66 - importo dato dalla sommatoria degli emolumenti dolosamente percepiti (euro 55.186,66) e del danno da disservizio arrecato all’Amministrazione di appartenenza, quantificato nella misura del 50% del primo (euro 27.593,00).

Con atto di citazione del 10.4.2014 la Procura Regionale conveniva in giudizio il sig. OMISSIS, confermando la richiesta risarcitoria prospettata nell’invito a dedurre in relazione all’abusiva fruizione del congedo previsto dall’art. 4, co. 2 della legge n. 53/2000 e dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. La Procura Regionale evidenziava come la ratio della norma fosse quella di garantire un’assistenza familiare al soggetto bisognoso di cure mediante il riconoscimento del diritto alla fruizione del congedo retribuito.

Ad avviso di parte attrice il sig. OMISSIS avrebbe dolosamente approfittato di tale beneficio omettendo di compiere la prestazione di assistenza in favore del familiare disabile. In ragione di tali premesse, la Procura Regionale concludeva per la condanna del convenuto al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della somma di euro 82.779,66 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.

Con memoria difensiva depositata in data 27.11.2014 si costituiva in giudizio il sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS. I nominati difensori eccepivano, in via preliminare, l’omessa notifica dell’invito a dedurre, sostenendo che il sig. OMISSIS non ha mai rinvenuto nella cassetta della posta l’atto che, solo apparentemente, risulterebbe notificato a mezzo posta, per compiuta giacenza. Il mancato perfezionamento della notifica, nella prospettazione difensiva, sarebbe dovuto al fatto che la Procura Regionale, nell’indicare, ai fini della notifica, l’indirizzo del destinatario, ha omesso di specificare il numero identificativo dell’interno. Tale omissione potrebbe aver determinato l’agente postale all’erroneo deposito dell’avviso di notifica nella cassetta della posta di un altro soggetto residente presso lo stesso civico. Di qui l’eccepita nullità o l’inefficacia della notifica dell’invito a dedurre, con la conseguente richiesta di una pronuncia dichiarativa della inammissibilità dell’atto di citazione.

Sempre in via preliminare la difesa del convenuto formulava istanza di sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del sig. OMISSIS, o quanto meno della fase di primo grado di tale giudizio, sostenendo che gli elementi addotti dalla Procura Regionale a fondamento dell’azione risarcitoria sarebbero i medesimi sulla base dei quali è stata promossa l’azione penale. Nella prospettazione difensiva la sospensione del processo consentirebbe, peraltro, di evitare una duplicazione degli incombenti necessari ai fini dell’istruzione del giudizio.

Quanto al merito, gli avv.ti OMISSIS evidenziavano come il convenuto abbia tentato di restituire alla Provincia di OMISSIS le retribuzioni percepite nel periodo di congedo, operazione che sarebbe stata possibile ove il G.I.P. avesse disposto lo svincolo delle somme sottoposte a sequestro. I nominati difensori negavano quanto asserito da parte attrice in ordine alla mancata assistenza del sig. OMISSIS in favore della madre invalida. L’impegno del convenuto, infatti, si sarebbe concretizzato nel recarsi presso l’abitazione ove la stessa era ricoverata per alcuni giorni a settimana - quando necessario in orario serale - e nell’occuparsi di tutte le questioni burocratiche che la riguardavano.

Ad avviso della stessa difesa, anche la richiesta di risarcimento del danno da disservizio, quantificato dalla Procura Regionale nella misura del 50% delle retribuzioni erogate in favore del sig. OMISSIS, non troverebbe un adeguato supporto probatorio. In ragione di tanto, la quantificazione del danno da disservizio operata dalla Procura Regionale andrebbe ritenuta del tutto arbitraria e non accoglibile.

Parimenti erronea dovrebbe ritenersi la determinazione del “quantum” del danno conseguente all’indebita percezione delle retribuzioni, posto che le somme chieste in restituzione dall’organo requirente sono state determinate al lordo delle ritenute fiscali e degli eventuali contributi previdenziali, importi mai percepiti dal sig. OMISSIS.

Lo stesso patrocinio sollecitava, infine, la chiamata in causa, iussu iudicis, del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, rilevando come a quest’ultimo sia imputabile una cooperazione colposa nella causazione dell’evento. Il dott. OMISSIS, infatti, non avrebbe richiesto al sig. OMISSIS né la dichiarazione di responsabilità prevista dalla circolare n. 13/2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica, né la dichiarazione sostitutiva attestante la convivenza con il familiare disabile prevista dalla circolare del 3.2.2012 del Dipartimento della Funzione Pubblica. La testimonianza resa dal OMISSIS della Provincia in sede penale, dimostrerebbe, inoltre, che il nominato dirigente non ebbe a disporre alcuna verifica in ordine alla legittima fruizione del beneficio.

Ad avviso della difesa, il dott. OMISSIS, quando nel mese di agosto del 2011 segnalò al Comando OMISSIS dei Carabinieri le anomalie riscontrate nella fruizione del congedo retribuito da parte del sig. OMISSIS, disponeva già degli elementi necessari per disporre la revoca immediata del congedo straordinario o, quanto meno, per invitare il dipendente a fornire i necessari chiarimenti.

La delineata situazione dimostrerebbe non solo la colpevole inerzia del dott. OMISSIS, ma anche la mancata osservanza delle indicazioni impartite dalla Procura Generale della Corte dei conti con la nota interpretativa del 2.8.2007, laddove si afferma che le Amministrazioni pubbliche, una volta assolto l’obbligo di denunzia, non solo hanno la facoltà di costituire in mora i responsabili del danno, ma possono assumere autonome iniziative nei confronti del dipendente per conseguire la rifusione del danno.

In definitiva, ove il dott. OMISSIS si fosse immediatamente attivato per svolgere i necessari accertamenti ovvero per far regolarizzare una situazione incompatibile con la concessione del congedo straordinario, il danno sarebbe stato di gran lunga inferiore a quello venutosi a determinare.

In ragioni di tali premesse, la difesa del convenuto concludeva, in via preliminare, per la declaratoria di inammissibilità o di nullità della citazione del sig. OMISSIS, stante la mancata notifica dell’invito a dedurre e, in subordine, per la sospensione del procedimento per il tempo necessario all’espletamento degli incombenti istruttori; sempre in via preliminare, per la sospensione del processo in attesa della definizione del giudizio penale pendente a carico del convenuto, ovvero per la chiamata in causa del dott. OMISSIS al fine di accertare il concorso o la cooperazione del medesimo nella causazione del danno e la sua ripartizione tra corresponsabili; nel merito, per la reiezione di ogni domanda in quanto infondata in fatto e in diritto; in via subordinata e salvo gravame, per la riduzione delle pretese formulate a carico del convenuto e l’accertamento del concorso o della cooperazione del dott. OMISSIS nella causazione del danno.

In via istruttoria la difesa del sig. OMISSIS dimetteva ampia documentazione e chiedeva l’ammissione di prova testimoniale in merito allo stato dei luoghi relativi all’abitazione di omissis, nonché agli orari ed alla frequenza degli accessi presso la madre ospitata nell’abitazione del fratello OMISSIS, nel Comune di omissis.

All’udienza del 18 dicembre 2014, il rappresentante del P.M. si riportava a quanto dedotto nell’atto di citazione, dimettendo la comunicazione della Provincia di OMISSIS del 17.12.2014, con l’allegato dispositivo della sentenza penale di condanna emessa a carico del sig. OMISSIS. L’avv. OMISSIS, nell’interesse del convenuto, richiamava il contenuto della memoria di costituzione in giudizio, insistendo per l’accoglimento delle richieste ivi formulate. Sulle conclusioni rassegnate dalle parti la causa veniva trattenuta in decisione.

Considerato in

DIRITTO

In via preliminare all’esame del merito, va esaminata l’eccezione di inammissibilità della domanda giudiziale formulata dal patrocinio del sig. OMISSIS sul presupposto della mancata notifica dell’invito a dedurre. A sostegno di tale eccezione la difesa ha riferito che tale atto (ovvero il relativo avviso) non è stato mai rinvenuto nella cassetta postale dell’abitazione del convenuto in omissis, per quanto risulti ivi apparentemente effettuata una notifica a mezzo del servizio postale. Nella prospettazione difensiva, la mancata notifica dell’invito a dedurre potrebbe essere dipesa dall’omessa indicazione, nell’indirizzo del destinatario, del numero identificativo dell’ interno, in aggiunta al numero civico. Tale omissione, dunque, potrebbe aver determinato l’agente postale a immettere l’avviso di notifica nella cassetta postale di un’ altra persona residente allo stesso civico. Dalla nullità o inefficacia della notifica dell’invito a dedurre discenderebbe la declaratoria di inammissibilità dell’atto di citazione.

L’eccezione è da ritenersi manifestamente infondata e come tale va respinta allo stato degli atti e senza necessità di ulteriore istruttoria, stante l’adeguatezza degli elementi di prova acquisiti agli atti di causa. Dall’esame dell’avviso di ricevimento dell’ invito a dedurre si desume, infatti, che l’ agente postale, dopo aver accertato l’ assenza del destinatario e la mancanza di persone abilitate al ritiro dello stesso, ha provveduto, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890/1982 e successive modifiche, al deposito del plico raccomandato presso l’ufficio postale e all’ immissione dell’ apposito avviso nella cassetta postale dell’abitazione di omissis alla Località omissis.

Con il compimento di tali formalità la notifica dell’invito a dedurre deve ritenersi validamente eseguita presso la residenza del convenuto, come certificata dall’anagrafe comunale di omissis (vd. certificazione di residenza in atti). All’ attestazione dell’agente notificatore deve riconoscersi, infatti, la fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. (Cass., Sez. Trib., ord. n. 9980/2010) e, dunque, una valenza probatoria che prevale non solo sull’ asserito mancato rinvenimento dell’avviso di ricevimento nella cassetta postale, ma anche sull’ipotesi, del tutto inverosimile e indimostrata, secondo cui il predetto avviso sarebbe stato recapitato “ad altro soggetto residente allo stesso civico”. In ragione di tali premesse va confermata la regolarità della notifica dell’invito a dedurre e respinta, conseguentemente, la domanda di inammissibilità dell’atto di citazione.

Va, altresì, rigettata l’istanza di sospensione del giudizio formulata dalla difesa del convenuto in attesa della definizione del processo penale pendente a carico del sig. OMISSIS per il reato di truffa aggravata (artt. 81, 640 co. 2, n. 1 e 61 n. 9 c.p.), in relazione ai medesimi fatti che hanno dato luogo all’odierna richiesta risarcitoria. A tal proposito giova rilevare che la sospensione del processo, con il venir meno della c.d. pregiudiziale penale e l’affermazione dell’autonomia del giudizio di responsabilità amministrativo - contabile rispetto a quello penale, non può considerarsi nè obbligatoria, né tantomeno necessaria, a meno che non sia necessario risolvere una questione di carattere pregiudiziale, come richiesto dall’art. 295 c.p.c..

Il principio della separatezza e dell’autonomia dei giudizi, tuttavia, non preclude al Giudice contabile di tener conto, ai fini del proprio convincimento, delle risultanze probatorie di un diverso processo né di acquisirle, ove ne ravvisi l’opportunità, anche al fine di evitare una duplicazione di istruttorie. Ciò premesso, nella rilevata assenza di una relazione di pregiudizialità tra il giudizio penale e quello di responsabilità amministrativa attualmente pendenti a carico del convenuto, va esclusa l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento dell’istanza di sospensione del processo formulata dalla difesa del sig. OMISSIS.

Sempre in via preliminare va respinta la domanda di integrazione del contraddittorio nei confronti del dott. OMISSIS, OMISSIS della Provincia di OMISSIS, al quale il convenuto “rimprovera” di aver omesso i controlli e le cautele che avrebbero potuto impedire o mitigare il danno erariale. In merito a tale istanza va ricordato che con l’affermazione del principio di personalità e parziarietà della responsabilità amministrativa, l’integrazione del contraddittorio, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario connotate dall’esistenza di un rapporto sostanziale unico e inscindibile comune a più soggetti, può essere disposta nei soli casi in cui sia ravvisata l’effettiva opportunità di una valutazione unitaria delle condotte che si assumono causative del danno.

Nella fattispecie in esame, non ravvisandosi una fattispecie di litisconsorzio necessario (C.d.C., Sez. I n. 283/2008; id. Sez. III n. 171/2009), deve ritenersi che il giudizio possa trovare utile svolgimento nei confronti del solo convenuto, tenuto conto, peraltro, che per pacifici orientamenti giurisprudenziali, ove più condotte abbiano concorso nel danno, il Collegio può tener conto, nella determinazione dell’addebito, anche del contributo causale di soggetti terzi non evocati in giudizio (C.d.C. Sez. III n. 244/2003; id. Sez. Veneto n. 570/2008; Sez. Sardegna n. 1834/2008). Deve infine rilevarsi che nel caso in esame, l’ ipotizzata responsabilità dolosa del convenuto, ove confermata, coprirebbe l’intero addebito, con la conseguenza che l’accertamento di eventuali concorrenti responsabilità di ulteriori soggetti chiamati a rispondere a titolo di colpa grave non produrrebbe alcun effetto riduttivo del risarcimento del danno posto a carico del responsabile a titolo principale. E tanto farebbe ritenere opinabile la stessa sussistenza di un interesse attuale e concreto alla domanda di integrazione del contraddittorio, posto che il convenuto non conseguirebbe alcuna utilità dalla condanna del soggetto che si vorrebbe evocare in giudizio (cfr. C.d.C. Sez. Sardegna n. 229/2014; id. Sez. Liguria n. 72/2014).

La documentazione acquisita agli atti del presente giudizio, costituita in larga parte dagli esiti dell’attività di indagine della polizia giudiziaria - elementi che possono formare oggetto di autonoma valutazione nell’ambito del presente giudizio (vd. Cass. n. 11426/2006 e precedenti ivi richiamati) - offre un quadro sufficiente e adeguatamente chiarificatorio della vicenda, consentendo di ritenere irrilevanti, oltre che superflue le istanze istruttorie formulate dal convenuto, che vanno pertanto disattese.

Nel merito deve rilevarsi che la Procura Regionale ha ipotizzato, a carico del convenuto, una condotta assunta in consapevole violazione della normativa che regola la fruizione del congedo previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, da cui sarebbero scaturite due voci di nocumento patrimoniale, ovvero il danno derivante dall’ erogazione di retribuzioni prive di una valida causa giustificativa e quello da “disservizio” conseguente al mancato espletamento della prestazione lavorativa.

Ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie di responsabilità all’esame, occorre fare un breve cenno alla disciplina normativa di riferimento, ricordando che l’ art. 42, co. 5. del D.Lgs. n. 151/2001, consente al coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ex art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di accedere al congedo previsto dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53. Tale beneficio, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 4 del D.Lgs. n. 119/2011, non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e consente al dipendente di percepire un’indennità commisurata all’ultima retribuzione percepita entro un tetto massimo annuale.

Per quanto concerne il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio, va rilevato come a seguito di alcune pronunce della Corte Costituzionale l’ambito di applicazione del congedo retribuito, originariamente riconosciuto in favore del coniuge, sia stato progressivamente esteso ad altre categorie di familiari. In particolare, con la sentenza n. 19/2009 è stata dichiarata l’ illegittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001 nella parte in cui tale norma non includeva, nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, il figlio convivente, in mancanza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Nell’occasione, la Consulta, in linea di continuità con quanto affermato in alcune precedenti decisioni (sentenze n. 233/2005 e n. 158/2007), ha riconosciuto che la finalità del beneficio “consiste nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza, al fine di evitare lacune nella tutela della salute psico-fisica dello stesso”.

Alla luce del suddetto quadro normativo, non è revocabile in dubbio che la fruizione del congedo retribuito ex art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, nell’assenza del presupposto della “convivenza” con il genitore disabile sia idonea ad integrare una condotta contra legem, espressiva della strumentalizzazione di un istituto la cui funzione deve ritenersi quella di favorire, attraverso l’assistenza in ambito familiare, il miglioramento della condizione psico – fisica dei soggetti portatori di handicap in situazione di gravità accertata. In merito a tale requisito, espressamente richiesto dal citato art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, la difesa del convenuto non ha formulato specifiche osservazioni.

Con riferimento, invece, all’ attività di assistenza, presupposto che per quanto non esplicitato nella formulazione della norma è agevolmente desumibile dalle finalità di tale misura di sostegno, lo stesso patrocinio si è limitato ad osservare che il sig. OMISSIS si recava “per alcuni giorni a settimana, quando necessario, in orario serale, presso l’abitazione dove era ricoverata la madre” e si occupava “di tutte le questioni burocratiche che attenevano alla stessa” (vd. pag. 5 della memoria di costituzione in giudizio). Il riconoscimento che l’attività assistenziale è consistita, essenzialmente, nel recarsi in alcuni giorni e per poche ore a settimana, presso l’abitazione in cui madre disabile riceveva l’assistenza del fratello, della nuora e di due badanti, rende la misura di quanto la condotta dell’odierno convenuto fosse distante dalla ratio di una norma diretta ad assicurare, al familiare affetto da grave disabilità, un’ attività di assistenza continuativa, integrativa delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie.

Giova ricordare che nell’interpretazione del Giudice delle Leggi, i congedi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap devono ritenersi “una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost.”. In tal modo, il legislatore ha inteso “farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti” (Corte Cost. n. 203/2013).

La condotta illecita dell’odierno convenuto trova sicuri elementi di conferma negli elementi allegati dalla Procura Regionale a sostegno della domanda risarcitoria. In particolare, con riferimento al requisito della convivenza tra il beneficiario del congedo ed il parente affetto da handicap grave, deve rilevarsi come le risultanze del certificato di famiglia e residenza, prodotto dal OMISSIS all’Amministrazione di appartenenza per dimostrare la coabitazione con la madre disabile presso l’abitazione di omissis alla Località omissis, siano state smentite dagli esiti delle indagini svolte dalla polizia giudiziaria. Risulta, infatti, che il Comune di omissis, già con la comunicazione del 6.4.2002, ebbe a segnalare, a quello di omissis, la circostanza che il sig. OMISSIS, pur essendo iscritto presso l’anagrafe di quel Comune, risultava dimorare abitualmente, con la moglie e la figlia, in omissis (vd. comunicazione del Comune di omissis 6.4.2002 e verbali S.I.T. rese dai sigg.ri A. S. e B. A., del 7.3.2012 in atti). A ciò si aggiunga la considerazione che lo stesso sig. OMISSIS aveva indicato all’Amministrazione di appartenenza, quale domicilio per le eventuali visite fiscali, l’abitazione ubicata in omissis alla Via omissis.

Per quanto concerne, invece, la residenza dalla sig.ra OMISSIS, madre del sig. OMISSIS, gli scrupolosi accertamenti compiuti dalla polizia giudiziaria offrono elementi di prova atti a dimostrare che la stessa dimorava presso l’abitazione dell’altro figlio (OMISSIS), ubicata nel Comune omissis. La predetta circostanza trova conferma nelle dichiarazioni rese dal dott. , medico di base che ha avuto in cura la sig.ra , come risulta dal verbale di sommarie informazioni del 12.3.2012. Nell’occasione il medico curante ha riferito che la paziente era domiciliata a omissis ed assistita dal figlio convivente OMISSIS, unitamente alla moglie e a due badanti. Richiesto di precisare se c’erano stati contatti con il sig. OMISSIS, il dott. ha riferito che negli ultimi tre anni l’unica occasione di incontro con il figlio della sig.ra risaliva al mese di gennaio 2012, quando il nominato chiese il rilascio del certificato medico necessario per ottenere l’ autorizzazione al parcheggio per le persone disabili.

Ulteriori conferme in ordine al carattere fittizio della situazione di convivenza con la madre, si evincono dalla documentazione sanitaria dell’A.S.S. n. OMISSIS nonché dalle dichiarazioni rese dalle assistenti infermieristiche, le quali hanno riferito di non aver mai incontrato, negli accessi effettuati una o più volte a settimana presso il domicilio della sig.ra , in omissis, persone diverse dalla nuora, con i suoi due figli, e dalle badanti che si occupavano dell’anziana signora (vd. dichiarazioni rese nei verbali di sommarie informazioni del 25.2.2013, in atti).

Le predette circostanze appaiono idonee a far escludere che vi sia stata un’effettiva convivenza tra il sig. OMISSIS e la madre affetta da grave disabilità, e nel contempo, provano che ad occuparsi in modo continuativo del genitore disabile non era il beneficiario del congedo retribuito, bensì il fratello OMISSIS, residente in omissis, il quale si avvaleva, a tal fine, dell’aiuto della moglie e di due badanti, oltre che delle prestazioni del locale servizio di assistenza pubblica.

Il grave disvalore della condotta del convenuto non trova elementi di giustificazione nelle eventuali e, comunque, indimostrate omissioni riferibili al dott. . il quale, all’epoca dei fatti, ricopriva la posizione di OMISSIS della Provincia di OMISSIS. Si ritiene, infatti, che in presenza di una condotta dolosa, resa evidente dalla produzione, da parte del sig. OMISSIS, di un certificato che rappresentava una situazione di convivenza con la madre disabile in realtà non sussistente, non assuma alcun significativo rilievo la circostanza che al nominato dipendente non fu chiesto di sottoscrivere la dichiarazione di responsabilità e consapevolezza prevista dalla circolare n. 13 del 6.12.2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Allo stesso modo non si vede quale incidenza possa riconoscersi alle direttive impartite dal Dipartimento della Funzione Pubblica con la circolare del 3.2.2012 - adottata in un momento successivo alla concessione del congedo straordinario - con riferimento all’onere di produrre una dichiarazione sostitutiva di notorietà attestante la “concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza”. Per contro, giova rilevare che proprio il dott. . curò la tempestiva segnalazione, al Comando OMISSIS dei Carabinieri, delle rilevate anomalie circa i luoghi di residenza del sig. OMISSIS e della madre disabile (vd. nota del 16.8.2011) ed a richiedere, successivamente, notizie utili ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare e della denuncia di danno erariale (vd. nota del 21.9.2012). Non è superfluo aggiungere che fu lo stesso dott. ., a seguito dell’acquisizione degli elementi necessari per delineare, in modo specifico e concreto, la condotta illecita del dipendente, ad assumere le iniziative che hanno dato luogo all’odierna contestazione di danno erariale.

Quanto all’elemento soggettivo, i fatti accertati denotano la volontà del sig. OMISSIS di conseguire il beneficio previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs n. 151/2001, pur in mancanza della convivenza con la madre e della prestazione di un’effettiva attività di assistenza in favore della stessa, e dunque dei presupposti richiesti ai fini della concessione del congedo retribuito. Non è revocabile in dubbio, per quanto innanzi evidenziato, che l’odierno convenuto, mediante la presentazione di un certificato di stato di famiglia e residenza attestante la sua residenza in omissis unitamente a quella della sig.ra OMISSIS, abbia voluto precostituire una situazione di apparente convivenza, diretta all’indebita fruizione del congedo retribuito previsto dall’art. 42, co. 5, del D.Lgs. n. 151/2001. Nella condotta del convenuto, connotata dalla consapevole volontà di conseguire un ingiusto beneficio economico in danno dell’Amministrazione di appartenenza, è ravvisabile, dunque, l’elemento soggettivo del dolo.

Va pure incidentalmente rilevato come nel parallelo giudizio penale, i medesimi fatti materiali siano stati ritenuti idonei ad integrare il reato di truffa aggravata, determinando la condanna del sig. OMISSIS, in primo grado, alla pena di anni 1 e mesi 9 di reclusione, oltre al pagamento di euro 1.250,00 di multa, alla confisca di quanto sottoposto a sequestro preventivo ed alla rifusione, in favore della parte civile, dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti all’illecito (vd. dispositivo di sentenza del Tribunale di OMISSIS del 2.12.2014, prodotto dal P.M. contabile all’udienza del 18.12.2014).

Ravvisata, dunque, la sussistenza di una fattispecie di responsabilità amministrativa ascrivibile alla condotta dolosa del sig. OMISSIS, il danno conseguente all’indebita fruizione del congedo straordinario va quantificato nella misura equivalente alle retribuzioni erogate nel periodo 1.7.2011 – 28.2.2013, per complessivi euro 55.186,66 , secondo quanto emerge dalle risultanze, non contestate, della documentazione acquisita agli atti di causa (vd. richiesta di rinvio a giudizio; atto di costituzione di parte civile nel giudizio penale della Provincia di OMISSIS).

La quantificazione del danno risulta correttamente effettuata dalla Procura Regionale con riferimento agli importi delle retribuzioni erogate in favore dell’ odierno convenuto al lordo degli oneri riflessi. A far escludere l’ applicazione dell’art. 1, co. 1 bis, della legge n. 20/1994 (norma che impone di tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione in relazione al comportamento dannoso degli amministratori o dipendenti pubblici) è la mancanza di un collegamento causale tra i (presunti) vantaggi conseguiti dall’Amministrazione o dalla comunità amministrata e la condotta antigiuridica del responsabile del danno (principio della compensatio lucri cum damno). Ed invero, l’ipotetico “vantaggio” derivante dal versamento degli oneri fiscali deve ritenersi strettamente correlato all’adempimento di un’ obbligazione legale gravante l’Ente quale di sostituto d’imposta; diversamente, il “danno” arrecato all’Amministrazione di appartenenza trova la propria origine dall’aver richiesto e conseguito, con dolo, il congedo retribuito per l’assistenza al genitore gravemente disabile pur nell’assenza dei presupposti richiesti per accedere a tale beneficio.

In definitiva, non potendosi riferire il fatto produttivo del danno e quello determinativo della presunta utilitas ad un’unica causa, né venendo in evidenza un effettivo vantaggio per l’Amministrazione o la comunità amministrata riconducibile all’azione illecita del convenuto, la quantificazione di tale pregiudizio va effettuata in misura corrispondente al complessivo esborso sostenuto dall’Ente, al lordo degli oneri fiscali (cfr. C.d.C., Sez. Lombardia n. 89/2013; id. Sez. II n. 400/2010; id. Sez. Emilia Romagna n. 2032/2010; id. Sez. I n. 187/2005; id. Sez. Calabria n. 273/2004; id. Sez. III n. 183/2005; id. Sez. Lazio n. 411/2005). Per quanto concerne i “contributi previdenziali” va osservato che i versamenti effettuati a tal fine dal datore di lavoro concorrono ad incrementare il montante contributivo sul quale viene calcolata la pensione del dipendente; quest’ultimo, in definitiva, ne diventa esclusivo beneficiario. Allo stato, dunque, anche l’esborso relativo ai contributi previdenziali costituisce una voce di danno per l’Amministrazione provinciale.

Un ulteriore profilo di indagine riguarda l’esistenza e la riferibilità al sig. OMISSIS del c.d. danno da disservizio. In proposito va osservato che la giurisprudenza della Corte dei conti descrive, con tale espressione, il nocumento patrimoniale riconducibile a più tipologie di condotte illecite, accumunate dall’essere causative di un depotenziamento dell’attività amministrativa e dei suoi risultati (C.d.C., Sez. I n. 253/2014; id. Sez. Lazio n. 214/2012; Sez. II n. 443/2011; id. Sez. Piemonte n. 52/2011; id. Sez. I n. 103/2010; id. Sez. Basilicata n. 83/2006; id. Sez. Veneto n. 866/2005; id. Sez. Umbria n. 346/2005; id. Sez. Emilia Romagna n. 2269/2004).

In particolare, nei casi di esercizio illecito di pubbliche funzioni o di omessa prestazione di attività lavorativa, tale danno viene ravvisato nella minore efficacia, efficienza ed economicità dei servizi ipotizzati come normalmente ritraibili sulla base delle risorse investite. Non è infrequente che il nocumento per l’Erario sia individuato nei costi sostenuti dall’Amministrazione per accertare le conseguenze della mancata prestazione del servizio, sostituire le risorse mancanti e ripristinare le condizioni di efficienza dell’azione amministrativa. Costituisce, altresì, un punto fermo nella giurisprudenza di questa Corte, che l’illecito derivante dallo sviamento o dalla mancata resa dell’attività lavorativa deve essere provato sulla base di elementi idonei a dimostrare le conseguenze pregiudizievoli per l’ organizzazione interna della P.A. e le ripercussioni negative sull’azione amministrativa.

Ciò premesso, reputa il Collegio che la mancata attività lavorativa del sig. OMISSIS abbia comportato indubbie conseguenze pregiudizievoli sulla funzionalità del settore amministrativo cui il nominato dipendente era assegnato, determinando un aggravio dei carichi di lavori dei funzionari in servizio e la necessità di impiegare altro personale per far fronte alla situazione di deficit organizzativo. Risulta, infatti, documentalmente provato che a seguito della concessione del congedo straordinario, l’intero carico di lavoro dell’ufficio in cui operava l’odierno convenuto si riversò sulla geom. OMISSIS (vd. nota del Dirigente del Settore OMISSIS della Provincia di OMISSIS del 27.3.2012).

E’ altresì dimostrato che per far fronte a tale situazione emergenziale il Dirigente dell’ufficio dispose che le attività di sopralluogo fossero svolte dalla geom. OMISSIS con l’ausilio dei capi cantonieri, i quali vennero distolti dall’ attività di sfalcio dell’erba lungo le strade provinciali. Le ripercussioni dell’assenza del sig. OMISSIS sulla funzionalità dell’ufficio indussero lo stesso Dirigente dapprima a richiedere (nota del 27.3.2012) e poi a sollecitare (nota del 29.6.2012) l’ assegnazione di un’unità aggiuntiva in supporto alla geom. OMISSIS.

I contenuti di tale corrispondenza descrivono, in modo inequivocabile, le difficoltà affrontate dall’Amministrazione per far fronte all’assenza dal servizio del dipendente ed offrono la prova del postulato danno da disservizio, che si assomma a quello patrimoniale in senso stretto. Per quanto attiene alla quantificazione di tale nocumento, si rende necessario il ricorso al criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c., considerata l’impossibilità di determinare le conseguenze dannose dell’illecito sia nell’ambito dell’organizzazione interna che nei confronti della collettività amministrata (C.d.C., Sez. II n. 38/2014; id. Sez. III n. 501/2007 e n. 7779/2010). Tenuto conto del periodo di mancata prestazione dell’attività lavorativa, nonché degli elementi desumibili dalla documentazione sopra richiamata, si ritiene equa la quantificazione di tale voce di danno nella misura pari al 30% del trattamento economico fruito a titolo di congedo retribuito, e dunque nell’importo di euro 16.555,99 già comprensivo di rivalutazione monetaria.

Conclusivamente, nella ravvisata sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, va disposta la condanna del sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65. In aggiunta alla sorte capitale è dovuta la rivalutazione monetaria, da calcolarsi unicamente sull’ importo di euro 55.186,66 (quello di euro 16.555,99 è già comprensivo di rivalutazione monetaria) sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dalle date degli esborsi sostenuti dalla Provincia di OMISSIS alla pubblicazione della sentenza. Sul cumulo di sorte capitale e rivalutazione monetaria sono dovuti gli interessi legali nella misura del saggio legale dalla data di pubblicazione della sentenza a quella di effettivo pagamento. L’oggettiva gravità dell’illecito e le sue connotazioni dolose fanno escludere l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura determinata in dispositivo.

Per mero tuziorismo si rileva che in sede di esecuzione della presente decisione potrà tenersi conto delle somme che hanno formato oggetto di sequestro in sede penale, solo ove le stesse risultino effettivamente accreditate in favore della Provincia di OMISSIS.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione reietta, condanna il sig. OMISSIS al pagamento, in favore della Provincia di OMISSIS, della complessiva somma di euro 71.742,65 (settantunomilasettecentoquarantadue/65), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali nei termini di cui in motivazione. Condanna, altresì, il convenuto al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nell’importo di euro 312,59 (trecentododici/59).

Manda alla Segreteria della Sezione per i conseguenti adempimenti.

Così deciso in Trieste nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2014.

L’Estensore Il Presidente f.f.
Giancarlo DI LECCE Paolo SIMEON
(firmato) (firmato)

Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, ha disposto che a cura della Segreteria venga apposta, sull’originale della presente decisione, in caso di riproduzione della stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti ivi nominati.

Il Presidente f.f.
f.to Paolo Simeon

Depositato in Segreteria il 18/02/2015.

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: dom apr 26, 2015 7:51 pm
da panorama
Ministero della Difesa.
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Compendio delle disposizioni in materia di tutela della maternità e paternità e congedi per eventi e cause particolari del Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare.

Per i colleghi CC., le citate disposizioni sono già contenute nella Pubblicazione C-14 “Compendio normativo in materia di congedi, licenze e permessi.

Re: Legge 151/2001 Art. 42 comma 5.

Inviato: mer set 23, 2015 10:39 pm
da panorama
Il CdS rigetta l'Appello dell'Amministrazione dando ragione all'interessata.
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Il CdS precisa:

1) - Infatti, in punto di diritto, l’art. 42, comma 5 e seguenti del d.lgs. n. 151/2001, è inequivoco nel disporre che l’eventuale presenza di più familiari, astrattamente idonei ad assistere la persona portatrice di handicap, non impedisce, di per sé, l’attribuzione del beneficio.

2) - Quindi (come rappresentato anche nella circolare della Funzione Pubblica n. 1/2012) la legge n. 151/2001, art. 42, non impone che il congedo retribuito per due anni possa essere concesso soltanto al richiedente che risulti essere “unico referente” del portatore di handicap, ma, semmai, prescrive che l’istante debba essere l’unico beneficiario, pur in presenza di più familiari, a godere del beneficio in questione.

Cmq, leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201504341
- Public 2015-09-16 -


N. 04341/2015REG.PROV.COLL.
N. 02746/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2746 del 2014, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
C. F.;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 10250/2013, resa tra le parti, concernente diniego di riconoscimento dei benefici relativi alla fruizione del congedo retribuito per l'assistenza a persona con handicap, disposto da Dipartimento Vigili del Fuoco con nota 18.6.2012.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2014 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia ed udito per la parte appellante l’Avvocato dello Stato Frigida;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con istanza presentata il 10.4.2012 F. C., assistente capo del Corpo Vigili del Fuoco, in servizio presso il Comando provinciale VV.FF. di OMISSIS, ufficio personale, ha chiesto di usufruire del beneficio di cui al d.lgs. n. 151/2001, articolo 42, comma 5, cioè del congedo retribuito per un periodo continuativo di anni due, per assistere la madre convivente, riconosciuta disabile con handicap grave.

Con nota 18 giugno 2012, n. 18619, il Direttore Centrale delle Risorse Umane, presso il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, ha respinto la domanda, affermando che l’istante non aveva sufficientemente dimostrato di essere il “referente unico” della madre inferma, mentre risultava la presenza di altri due fratelli ( recte un fratello ed una sorella) dell’istante, idonei a prestare la assistenza in questione.

1.1. Avverso tale diniego l’interessata ha proposto ricorso al T.A.R. del Lazio, che l’ha accolto con sentenza semplificata n. 10250 del 29.11.2013, affermando che l’art. 42 del d.lgs. n. 151/2001, nel testo vigente, non può essere interpretato nel senso che il soggetto istante debba dimostrare di essere il “referente unico” della persona portatrice di handicap; infatti la norma dispone soltanto che «il congedo ed i permessi... non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona», mentre nel caso di specie è pacifico che i due fratelli ( recte il fratello e la sorella) dell’interessata non usufruiscono né hanno chiesto di usufruire di analogo beneficio dai rispettivi datori di lavoro.

1.2. Avverso la sentenza (notificata dalla ricorrente al Dipartimento Vigili del Fuoco il 10.1.2014) l’Amministrazione ha proposto l’appello in epigrafe (dato per la notifica il 17.3.2014), chiedendone (con unico articolato motivo) la riforma, previa sospensione, con l’argomentazione che l’appellata non sarebbe stata il “referente unico” della madre affetta da handicap grave.

L’appellata, pur ritualmente intimata, non si è costituita in appello .

Alla pubblica udienza del 19.6.2014, udito l’Avvocato dello Stato presente, la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto preliminarmente il Collegio prende atto che l’appello del Ministero dell’Interno avverso la sentenza TAR (notificata il 14.1.2014), trasmesso per la notifica il 17.3.2014, risulta tempestivamente proposto: infatti, poiché il giorno 15.3.2014 (ultimo giorno utile per la proposizione) cadeva di sabato, la richiesta di notifica, effettuata lunedì 17.3.2014, risulta tempestiva (cfr. art. 52, comma 5, c.p.a.).

Nel merito la sentenza del T.A.R. va confermata.

2.1. Infatti, in punto di diritto, l’art. 42, comma 5 e seguenti del d.lgs. n. 151/2001, è inequivoco nel disporre che l’eventuale presenza di più familiari, astrattamente idonei ad assistere la persona portatrice di handicap, non impedisce, di per sé, l’attribuzione del beneficio.

Il concetto viene confermato più volte nell’ambito dello stesso art. 42 D.LGS n. 151/2001.

Nel comma 5, si legge: «in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi».

Nel comma 5-bis si legge: «il congedo ed i permessi... non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona».

Quindi (come rappresentato anche nella circolare della Funzione Pubblica n. 1/2012) la legge n. 151/2001, art. 42, non impone che il congedo retribuito per due anni possa essere concesso soltanto al richiedente che risulti essere “unico referente” del portatore di handicap, ma, semmai, prescrive che l’istante debba essere l’unico beneficiario, pur in presenza di più familiari, a godere del beneficio in questione.

2.2. In punto di fatto, poi, nel caso di specie, premesso che la ricorrente risiede con la madre a OMISSIS, la presenza di un fratello (residente anche esso a OMISSIS), ed una sorella della ricorrente ( residente a OMISSIS), a differenza di quanto ritiene l’Amministrazione, risulta circostanza irrilevante: infatti, rinnovando la documentazione già presentata dall’interessata in allegato alla domanda 10.4.2012, entrambi (con dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà del 28.8.2013 e 29.8.2013, esibite al TAR) hanno anche provveduto a rinunciare ai benefici della legge n. 104/1992 per motivi diversi, confermando contestualmente che, comunque, la madre, affetta da grave handicap, è assistita da tempo soltanto dalla ricorrente, convivente con la medesima.

In conseguenza, in punto di fatto, la ricorrente risulta, comunque, l’unico referente del genitore affetto da grave handicap.

3. Pertanto, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello va respinto e, per l’effetto, la sentenza impugnata va confermata.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non essendovi stata costituzione di controparti:

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l 'appello in epigrafe e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Nulla per le spese di questo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/09/2015