Arretrati assegni familiari
Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da denzel »
Tutti i provvedimenti medico legali emessi dalle Cmo in caso di riforma (termine usato dalle nostre amministrazioni) parlano di invalidita'/inabilita' a seconda del provvedimento emesso.Per ottenere la maggiorazione degli assegni familiari secondo l'INPS,devono esserci nel nucleo inabili che si trovano, per difetto fisico o mentale, nella assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro" (art. 2 comma 2 Legge 153 - Circolare INPS n. 21/88, punto 3).
Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da billyelliot1964 »
Confermo quanto detto da Denzel, tutti coloro che vengono riformati cessano per invalidità/infermità, e se Lei ci fà caso, almeno sul mio è così, nel prospetto di liquidazione del TFS c'è scritto " cessato dal servzio per invalidità " ma ripeto che per avere diritto all'assegno del nucleo familiare maggiorato occorre essere dichiarati assolutamente e permanentemente inabili a dedicarsi ad un proficui lavoro che può anche dichiararlo la CMO ma lo deve dichiarare espressamente nel proprio verbale di riforma. Io che non sono stato ritenuto idoneo al transito nei ruoli civili, non sono stato dichiarato assolutamente e permanentemente inabile ad un proficuo lavoro nel qual caso avrei avuto diritto alla pensione di inabilità
Un saluto Billy
Un saluto Billy
Re: Arretrati assegni familiari
Ad esempio io sono percettore di assegni familiari tabella 14 avendo mia moglie diversamente abile grave al 100 % e con due figli minori percepisco circa 300 euro.billyelliot1964 ha scritto:Confermo quanto detto da Denzel, tutti coloro che vengono riformati cessano per invalidità/infermità, e se Lei ci fà caso, almeno sul mio è così, nel prospetto di liquidazione del TFS c'è scritto " cessato dal servzio per invalidità " ma ripeto che per avere diritto all'assegno del nucleo familiare maggiorato occorre essere dichiarati assolutamente e permanentemente inabili a dedicarsi ad un proficui lavoro che può anche dichiararlo la CMO ma lo deve dichiarare espressamente nel proprio verbale di riforma. Io che non sono stato ritenuto idoneo al transito nei ruoli civili, non sono stato dichiarato assolutamente e permanentemente inabile ad un proficuo lavoro nel qual caso avrei avuto diritto alla pensione di inabilità
Un saluto Billy
Per avere tale diritto nell'istanza ho inserito copia del verbale dell'Inps dove si evidenza che per l'inabilità avuta la stessa è dichiarata assolutamente e permanentemente inabile a svolgere qualsiasi lavoro. Penso, ma ripeto penso che per noi corrisponda ad una infermità 1° trascritta a tabella: e' altresì vero che se si viene riformati per causa di servizio, per una patologia compresa da una tab.2 ad un'8, e riuscendo ad ottenere l'incollocabilità per la stessa, questa diventa a tutti gli effetti una 1^ categoria. Se qualcuno è già in pensione ed ha avuto esperienze in tal senso si faccia avanti........Ciao Carlo.
Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da Insoddisfatto »
nel mio caso sono stato riformato x stato ansioso depressivo reattivo e la CMO mi ha assegnato l'8^ categoria
Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da Insoddisfatto »
Per completezza di informazione vi comunico che con l'assegno di pensione del mese di Giugno, l'INPDAP mi ha accreditato anche gli arretrati degli assegni familiari nella misura di €. 2.205,68, riferiti al periodo 01.01.2009 - 31.05.2011. Ora rimango in attesa dell'accredito degli arretrati degli assegni familiari di pari importo (circa) riferiti al periodo in cui venivo ancora amministrato dal CNA di Chieti per il periodo 01.04.2006 - 31.12.2008 (atteso che si possono chiedere gli arretrati retroattivi di 5 anni). A giorni mi recherò all'INPDAP con il verbale cumulativo della CMO, per richiedere la rideterminazione degli assegni in relazione allo stato di INVALIDITA'. Appena sono in possesso di ulteriori notizie vi aggiorno.
Re: Arretrati assegni familiari
lorus ha scritto:Susami, ma gli assegni familiari si riferisco ai figli minori? o si puo' ricevere anche con il solo coniuge invalido?
....Urge notizie in merito,

Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da Insoddisfatto »
per lorus
L’assegno per il nucleo familiare è previsto per aiutare le famiglie dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari sono composti da più persone e i cui redditi sono al di sotto delle fasce di reddito massime stabilite dalla legge.- A chi spetta: Gli assegni familiari spettano ai lavoratori dipendenti in attività, ai disoccupati indennizzati, ai lavoratori cassaintegrati, ai lavoratori in mobilità, ai lavoratori in malattia o in maternità e ai pensionati ex lavoratori dipendenti; spetta anche ai lavoratori con contratto a termine.- Per averne diritto è necessario che il reddito familiare non superi determinati limiti, stabiliti ogni anno dalla legge; è costituito da quello del richiedente e di tutte le persone che compongono il nucleo familiare, prodotto nell’anno solare precedente; decorre dal I° luglio di ogni anno ed ha valore fino al 30 giugno dell’anno successivo.- Ai fini del diritto all’assegno si considera la somma dei redditi complessivi assoggettati all’IRPEF di tutti i componenti, compresa la casa di abitazione,i redditi a tassazione separata, l’assegno di mantenimento corrisposto dal coniuge separato, le borse di studio, la pensione e l’assegno sociale, la pensione per invalidi civili per i ciechi e sordomuti, gli interessi di c/c su depositi bancari, gli interessi da BOT o CCT, e i proventi da investimento.- Fanno parte del nucleo familiare: il coniuge anche se non convivente, i figli minorenni, i figli maggiorenni inabili, fratelli sorelle e nipoti inabili e familiari residenti all’estero di cittadino straniero (solo se esiste un rapporto di reciprocità con lo Stato di provenienza o sia stata stipulata una convenzione in materia di ANF).-
Per i nuclei familiari numerosi, composti cioè da almeno 4 figli o equiparati di età inferiore a 26 anni, si avrà diritto all’assegno al nucleo familiare oltre che per i figli minori anche per i maggiori di anni 18 (compiuti) ed inferiore a 21 anni purchè studenti o apprendisti. - Non vanno considerati i redditi derivanti da pensioni di guerra, le rendite vitalizie INAIL, le indennità di accompagnamento, le indennità ai ciechi e ai sordi, le indennità di frequenza, i trattamenti di fine rapporto e gli arretrati delle integrazioni salariali.- Per chi spetta: Spetta per i componenti del nucleo familiare costituito dal richiedente, dal coniuge non legalmente separato, dai figli di età inferiore a 18 anni, da figli maggiorenni inabili, dai fratelli sorelle e nipoti collaterali del richiedente, minori di età o maggiorenni inabili purchè orfani. - Una delle condizioni per il diritto, oltre a quella del limite di reddito è che almeno il 70% del reddito complessivo dell’intero nucleo familiare sia costituito da redditi da lavoro dipendente o da pensione liquidata a carico dei fondi dei lavoratori dipendenti.-
N.B. - Gli assegni familiari non spettano solo in presenza di figli minori, ma anche maggiori dei 18 anni ed entro i 26, ed anche in presenza del solo coniuge e senza figli a maggior ragione se il coniuge è invalido (devi vedere le tabelle e naturalmente confrontare il tuo reddito annuale). Nel mio caso, ai fini della corresponsione dell'assegno familiare, il mio nucleo familiare è composto da quattro persone: due figli minori che risiedono in comune diverso dal mio e abitano con la loro madre da cui sono divorziato, io e la mia attuale moglie. Ora sto affrontando il problema di un invalido in seno al nucleo familiare, nel caso specifico l'invalido sono io, l'INPDAP mi ha consigliato di fare richiesta di rivalutazione dell'assegno familiare composto da 4 persone con un componente invalido, mediante esibizione del verbale cumulativo redatto dalla CMO in cui si attesta che sono stato riformato per invalidità, (P.S. - il sondaggio potrebbe prolungarsi x tutta l'estate), appena ricevo notizie dall'INPDAP vi aggiorno. A presto
L’assegno per il nucleo familiare è previsto per aiutare le famiglie dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari sono composti da più persone e i cui redditi sono al di sotto delle fasce di reddito massime stabilite dalla legge.- A chi spetta: Gli assegni familiari spettano ai lavoratori dipendenti in attività, ai disoccupati indennizzati, ai lavoratori cassaintegrati, ai lavoratori in mobilità, ai lavoratori in malattia o in maternità e ai pensionati ex lavoratori dipendenti; spetta anche ai lavoratori con contratto a termine.- Per averne diritto è necessario che il reddito familiare non superi determinati limiti, stabiliti ogni anno dalla legge; è costituito da quello del richiedente e di tutte le persone che compongono il nucleo familiare, prodotto nell’anno solare precedente; decorre dal I° luglio di ogni anno ed ha valore fino al 30 giugno dell’anno successivo.- Ai fini del diritto all’assegno si considera la somma dei redditi complessivi assoggettati all’IRPEF di tutti i componenti, compresa la casa di abitazione,i redditi a tassazione separata, l’assegno di mantenimento corrisposto dal coniuge separato, le borse di studio, la pensione e l’assegno sociale, la pensione per invalidi civili per i ciechi e sordomuti, gli interessi di c/c su depositi bancari, gli interessi da BOT o CCT, e i proventi da investimento.- Fanno parte del nucleo familiare: il coniuge anche se non convivente, i figli minorenni, i figli maggiorenni inabili, fratelli sorelle e nipoti inabili e familiari residenti all’estero di cittadino straniero (solo se esiste un rapporto di reciprocità con lo Stato di provenienza o sia stata stipulata una convenzione in materia di ANF).-
Per i nuclei familiari numerosi, composti cioè da almeno 4 figli o equiparati di età inferiore a 26 anni, si avrà diritto all’assegno al nucleo familiare oltre che per i figli minori anche per i maggiori di anni 18 (compiuti) ed inferiore a 21 anni purchè studenti o apprendisti. - Non vanno considerati i redditi derivanti da pensioni di guerra, le rendite vitalizie INAIL, le indennità di accompagnamento, le indennità ai ciechi e ai sordi, le indennità di frequenza, i trattamenti di fine rapporto e gli arretrati delle integrazioni salariali.- Per chi spetta: Spetta per i componenti del nucleo familiare costituito dal richiedente, dal coniuge non legalmente separato, dai figli di età inferiore a 18 anni, da figli maggiorenni inabili, dai fratelli sorelle e nipoti collaterali del richiedente, minori di età o maggiorenni inabili purchè orfani. - Una delle condizioni per il diritto, oltre a quella del limite di reddito è che almeno il 70% del reddito complessivo dell’intero nucleo familiare sia costituito da redditi da lavoro dipendente o da pensione liquidata a carico dei fondi dei lavoratori dipendenti.-
N.B. - Gli assegni familiari non spettano solo in presenza di figli minori, ma anche maggiori dei 18 anni ed entro i 26, ed anche in presenza del solo coniuge e senza figli a maggior ragione se il coniuge è invalido (devi vedere le tabelle e naturalmente confrontare il tuo reddito annuale). Nel mio caso, ai fini della corresponsione dell'assegno familiare, il mio nucleo familiare è composto da quattro persone: due figli minori che risiedono in comune diverso dal mio e abitano con la loro madre da cui sono divorziato, io e la mia attuale moglie. Ora sto affrontando il problema di un invalido in seno al nucleo familiare, nel caso specifico l'invalido sono io, l'INPDAP mi ha consigliato di fare richiesta di rivalutazione dell'assegno familiare composto da 4 persone con un componente invalido, mediante esibizione del verbale cumulativo redatto dalla CMO in cui si attesta che sono stato riformato per invalidità, (P.S. - il sondaggio potrebbe prolungarsi x tutta l'estate), appena ricevo notizie dall'INPDAP vi aggiorno. A presto
Re: Arretrati assegni familiari
Messaggio da Insoddisfatto »
Per completezza di informazione faccio seguito al mio post del 6 luglio 2011, in relazione alla richiesta degli arretrati degli assegni familiari riferita al periodo in cui venivo ancora amministrato dal CNA di Chieti. Nel mese di Agosto 2011 il CNA mi ha fatto pervenire dei moduli da far compilare e firmare all'ex coniuge, dove attestava di non aver percepito, ne percepisce e nè richiederà assegni per il nucleo familiare, o altro trattamento di famiglia equivalente riferito al periodo di cui all'istanza. Nel mese di Ottobre 2011, ho restituito i suddetti moduli e sono rimasto in attesa dell'accredito. Alle ore 15,00 del 17 gennaio 2012, ho telefonato all'Ufficio TEQ del CNA per avere notizie in ordine alla mia istanza, l'interlocutore mi riferiva di avere la pratica sotto mano che la stava visionando, che era ancora in trattazione e che in assenza delle coordinate bancarie sull'istanza, nei prossimi 15 giorni avrebbero emisso un assegno che entro 30 giorni mi sarebbe stato recapitato a casa. Alle 09,20 del 18 gennaio 2012 ha suonato il postino con una raccomandata delle Poste Italiane, all'interno un assegno postale di €. 2.000 emesso sabato 14 gennaio 2012 dal Centro Meccanografico di Collecchio - Ordinante Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - CNA, Causale - Arretrati assegno nucleo familiare. Non commento la presa in giro dell'interlocutore del CNA il 17 gennaio attestante che la pratica sarebbe stata evasa nei successivi 15 giorni, quando invece l'assegno era stato già emesso tre giorni prima. Non credo che nell'arco di 18 ore dalla mia telefonata questi si siano prodigati per definire la mia istanza facendomi pervenire addirittura un assegno retrodatato (troppa bontà d'animo), non ho parole mah!! in questo mondo nulla è impossibile, l'importante che l'assegno sia arrivato e la pratica definita.
Re: Arretrati assegni familiari
Per notizia per non incorrere in errore.
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1) - addebito di €. 11.138,14
2) - recupero delle somme percepite dal ricorrente nel periodo tra il 1/11/05 ed 30/9/10 a titolo di assegno per nucleo familiare, ex lege 13 maggio 1988, n. 153, sulla base del presupposto della convivenza con lui del fratello OMISSIS disabile al 100%.
3) - A seguito di tale provvedimento è stata operata una trattenuta mensile sullo stipendio del ricorrente pari ad 185,64 euro.
4) - Il ricorrente, assumendo di non essere in alcun modo responsabile dell'errore commesso dall'Amministrazione e di avere percepito le somme in perfetta buona fede, deduce inoltre l’illegittimità del disposto recupero.
Omissis
5) - Detta opzione ermeneutica, risultante dal chiaro tenore letterale della norma, trova riscontro, secondo quanto dedotto e documentato dall’Amministrazione nella circolare n. 31 del 27 giugno 1988 del Ministero del tesoro- Ragioneria generala dello Stato, nonché nella circolare n. 21 in data 8 giugno 2005 emanata dall'l.N.P.D.A.P, le quali specificano che i requisiti sopra indicati debbano ricorrere in via cumulativa
Per completezza leggete qui sotto la vicenda esposta in sentenza.
Ricorso respinto.
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28/10/2013 201304790 Sentenza 7
N. 04790/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01395/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1395 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, viale Gramsci n.16;
contro
Ministero Della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
a) del Provvedimento del Ministero della Difesa - Marina Militare -Direzione di Commissariato M.M. atto Dispositivo n. ….. del 22/ 12/10, successivamente comunicato al ricorrente in data 17/1/11, con il quale si dispone nei confronti del medesimo un addebito di €. 11.138,14;
b) per quanto possa occorrere, del prospetto dimostrativo allegato al provvedimento su a) e i relativi atti presupposti fra cui la comunicazione di avvio del procedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2013 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, ha ad oggetto la richiesta di annullamento dell’atto dispositivo n. ….. in data 22 dicembre 2010 adottato dal Ministero della difesa per il parziale recupero delle somme percepite dal ricorrente nel periodo tra il 1/11/05 ed 30/9/10 a titolo di assegno per nucleo familiare, ex lege 13 maggio 1988, n. 153, sulla base del presupposto della convivenza con lui del fratello OMISSIS disabile al 100%.
1.1 A seguito di tale provvedimento è stata operata una trattenuta mensile sullo stipendio del ricorrente pari ad 185,64 euro.
2. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di recupero sulla base delle seguenti censure, articolate in due motivi di ricorso:
1) Violazione e falsa applicazione dell’ art. 2 comma 6 della D.L. 13/3/88 n. 69 convertito nella legge 13/05/1988 n. 53.
Nella prospettazione attorea, sulla base della normativa in rubrica anche il fratello totalmente inabile e con lui convivente deve intendersi parte integrante del nucleo familiare, ai fini della corresponsione dell’assegno familiare.
Deduce in particolare che la suindicata norma reca una insolita ripetizione con una contraddizione, nel senso che prima prevede che i fratelli portatori di handicap possono essere inseriti nel nucleo familiare indipendentemente dall'età se portatori di handicap ed impossibilitati a svolgere un lavoro, salvo poi a ripetere con lo stesso testo la disposizione, aggiungendovi l’ulteriore presupposto dello stato di orfano.
La norma pertanto, a dire del ricorrente, deve essere letta in senso estensivo, come del resto operato dai competenti organi comunali, che hanno sempre inserito nel certificato di stato di famiglia anche il fratello.
2) Violazione della l. 241/90 e smi. ; Violazione del giusto procedimento. eccesso di potere per intempestività dell'azione amministrativa e mancata considerazione della buona fede.
Il ricorrente, assumendo di non essere in alcun modo responsabile dell'errore commesso dall'Amministrazione e di avere percepito le somme in perfetta buona fede, deduce inoltre l’illegittimità del disposto recupero.
3. Si è costituito il resistente Ministero, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso siccome infondato.
4. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 17 aprile 2013.
5. I motivi di ricorso vanno disattesi.
6. Quanto al primo motivo, basti considerare che in materia di assegno per nucleo familiare, trova applicazione la legge 13 maggio 1988, n. 153 che. all'art. 2. comma 6, prevede che "Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti” .
6.1 Dal chiaro tenore letterale della seconda parte di tale comma si evince che deve considerarsi rientrante nel nucleo familiare del beneficiario dell'assegno in questione, tra g1i altri, il fratello maggiore d'età esclusivamente a condizione che sia affetto da infermità o difetto fisico o mentale tale da determinare un 'assoluta e permanente impossibilità di svolgere un proficuo lavoro e che risulti, al contempo, orfano di entrambi genitori, senza aver conseguito il diritto a pensione ai superstiti (c.d. pensione indiretta o di reversibilità).
6.2 Detta opzione ermeneutica, risultante dal chiaro tenore letterale della norma, trova riscontro, secondo quanto dedotto e documentato dall’Amministrazione nella circolare n. 31 del 27 giugno 1988 del Ministero del tesoro- Ragioneria generala dello Stato, nonché nella circolare n. 21 in data 8 giugno 2005 emanata dall'l.N.P.D.A.P, le quali specificano che i requisiti sopra indicati debbano ricorrere in via cumulativa (allegati B e C del fascicolo dell’Amministrazione).
6.3 Nel caso di specie, secondo quanto risultante dagli atti e dedotto dall’Amministrazione, la Direzione di commissariato di Taranto avendo riscontrato, nell'ambito di ordinaria attività di controllo, che il ricorrente percepiva l’assegno per nucleo familiare calcolato in misura maggiorata sulla base della tabella 14, in ragione dell'inclusione nel proprio nucleo familiare del fratello OMISSIS, con nota del 8 novembre 2010 ha chiesto al medesimo di fornire idonea documentazione diretta a confermare la sussistenza di tutti i requisiti relativi previsti dalla richiamata normativa, precisando che in assenza della ricezione della predetta documentazione si sarebbe proceduto alla liquidazione ed al pagamento dell'emolumento de quo nella misura prevista dalla tabella 11 e non più secondo la tabella 14, con conseguente recupero di quanto indebitamente percepito nell’ultimo quinquennio, ai sensi dell'art. 2948 codice civile (allegato D fascicolo dell’Amministrazione).
6.3.1.Non avendo ricevuto la documentazione di cui sopra, l'Amministrazione pertanto correttamente ha adottato l'impugnato atto di recupero del complessivo importo pari ad € 11.138,14, erroneamente corrisposto al ricorrente dal 1° novembre 2005 al 30 settembre 2010, da operarsi mediante trattenute sulle competenze stipendiali mensili (n. 60 rate da euro 185,64, a partire da1 mese di gennaio 2011).
6.4 Né parte ricorrente ha dedotto o provato, neppure nella presente sede, il ricorrere anche dell’ulteriore condizione, ovvero la qualità di orfano di entrambi i genitori del fratello convivente ed inabile al lavoro.
7. Del pari non meritevole di accoglimento è la censura riferita all’irrecuperabilità delle somme de quibus per il ricorrere della buona fede.
7.1 In disparte le considerazioni circa la chiarezza della norma e la circostanza che il ricorrente non abbia fornito la documentazione richiesta dall’Amministrazione, che appaiono ostative alla configurabilità nell’ipotesi di specie della buona fede, il Collegio non può non fare applicazione rispetto alla presente fattispecie del prevalente e costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “In materia di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione ai propri dipendenti non vale il richiamo dello stato soggettivo di buona fede del percipiente a mutare la doverosità del comportamento dell'Amministrazione nel recupero dell'indebito erogato, costituendo essa valenza propria dell'agire pubblico siccome discendente direttamente dalla diposizione dell'art. 2033 c.c. (ex multis Cons. Stato Sez. IV, 20-09-2012, n. 5043; in senso analogo da ultimo Cons. Stato Sez. IV, 26-09-2013, n. 4816, Cons. Stato Sez. V, 30-09-2013, n. 4849, secondo cui “Nel caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere-dovere di recupero (art. 2033 c.c.), e la medesima non è tenuta a fornire alcuna ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato”).
7.2 Ed invero la buona fede rileva solo ai fini delle modalità di recupero, che non debbono essere eccessivamente gravose per il dipendente (cfr. in tal senso la giurisprudenza costante e da ultimo Cons. Stato Sez. III, 12-09-2013, n. 4519 secondo cui “In caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere-dovere di recupero ed essa non è tenuta a fornire un'ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato (art. 2033 c.c.); di conseguenza il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell'indebito è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere, in relazione alle condizioni di vita del debitore, non eccessivamente onerose, ma tali da consentire la duratura percezione di una retribuzione che assicuri un'esistenza libera e dignitosa”).
7.3 Nell’ipotesi di specie l’Amministrazione ha rispettato anche siffatto principio, procedendo al recupero rateale della somma, con decurtazione sullo stipendio nella misura congrua di euro 185,64 mensili.
8. Il ricorso va dunque rigettato.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo rigetta.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione resistente, liquidate in complessivi euro 1.500.00 (millecinquecento/00) oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 17 aprile 2013, 11 luglio 2013, con l'intervento dei magistrati:
Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF
Marina Perrelli, Primo Referendario
Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2013
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1) - addebito di €. 11.138,14
2) - recupero delle somme percepite dal ricorrente nel periodo tra il 1/11/05 ed 30/9/10 a titolo di assegno per nucleo familiare, ex lege 13 maggio 1988, n. 153, sulla base del presupposto della convivenza con lui del fratello OMISSIS disabile al 100%.
3) - A seguito di tale provvedimento è stata operata una trattenuta mensile sullo stipendio del ricorrente pari ad 185,64 euro.
4) - Il ricorrente, assumendo di non essere in alcun modo responsabile dell'errore commesso dall'Amministrazione e di avere percepito le somme in perfetta buona fede, deduce inoltre l’illegittimità del disposto recupero.
Omissis
5) - Detta opzione ermeneutica, risultante dal chiaro tenore letterale della norma, trova riscontro, secondo quanto dedotto e documentato dall’Amministrazione nella circolare n. 31 del 27 giugno 1988 del Ministero del tesoro- Ragioneria generala dello Stato, nonché nella circolare n. 21 in data 8 giugno 2005 emanata dall'l.N.P.D.A.P, le quali specificano che i requisiti sopra indicati debbano ricorrere in via cumulativa
Per completezza leggete qui sotto la vicenda esposta in sentenza.
Ricorso respinto.
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28/10/2013 201304790 Sentenza 7
N. 04790/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01395/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1395 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, viale Gramsci n.16;
contro
Ministero Della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
a) del Provvedimento del Ministero della Difesa - Marina Militare -Direzione di Commissariato M.M. atto Dispositivo n. ….. del 22/ 12/10, successivamente comunicato al ricorrente in data 17/1/11, con il quale si dispone nei confronti del medesimo un addebito di €. 11.138,14;
b) per quanto possa occorrere, del prospetto dimostrativo allegato al provvedimento su a) e i relativi atti presupposti fra cui la comunicazione di avvio del procedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2013 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato, ha ad oggetto la richiesta di annullamento dell’atto dispositivo n. ….. in data 22 dicembre 2010 adottato dal Ministero della difesa per il parziale recupero delle somme percepite dal ricorrente nel periodo tra il 1/11/05 ed 30/9/10 a titolo di assegno per nucleo familiare, ex lege 13 maggio 1988, n. 153, sulla base del presupposto della convivenza con lui del fratello OMISSIS disabile al 100%.
1.1 A seguito di tale provvedimento è stata operata una trattenuta mensile sullo stipendio del ricorrente pari ad 185,64 euro.
2. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di recupero sulla base delle seguenti censure, articolate in due motivi di ricorso:
1) Violazione e falsa applicazione dell’ art. 2 comma 6 della D.L. 13/3/88 n. 69 convertito nella legge 13/05/1988 n. 53.
Nella prospettazione attorea, sulla base della normativa in rubrica anche il fratello totalmente inabile e con lui convivente deve intendersi parte integrante del nucleo familiare, ai fini della corresponsione dell’assegno familiare.
Deduce in particolare che la suindicata norma reca una insolita ripetizione con una contraddizione, nel senso che prima prevede che i fratelli portatori di handicap possono essere inseriti nel nucleo familiare indipendentemente dall'età se portatori di handicap ed impossibilitati a svolgere un lavoro, salvo poi a ripetere con lo stesso testo la disposizione, aggiungendovi l’ulteriore presupposto dello stato di orfano.
La norma pertanto, a dire del ricorrente, deve essere letta in senso estensivo, come del resto operato dai competenti organi comunali, che hanno sempre inserito nel certificato di stato di famiglia anche il fratello.
2) Violazione della l. 241/90 e smi. ; Violazione del giusto procedimento. eccesso di potere per intempestività dell'azione amministrativa e mancata considerazione della buona fede.
Il ricorrente, assumendo di non essere in alcun modo responsabile dell'errore commesso dall'Amministrazione e di avere percepito le somme in perfetta buona fede, deduce inoltre l’illegittimità del disposto recupero.
3. Si è costituito il resistente Ministero, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso siccome infondato.
4. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 17 aprile 2013.
5. I motivi di ricorso vanno disattesi.
6. Quanto al primo motivo, basti considerare che in materia di assegno per nucleo familiare, trova applicazione la legge 13 maggio 1988, n. 153 che. all'art. 2. comma 6, prevede che "Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti” .
6.1 Dal chiaro tenore letterale della seconda parte di tale comma si evince che deve considerarsi rientrante nel nucleo familiare del beneficiario dell'assegno in questione, tra g1i altri, il fratello maggiore d'età esclusivamente a condizione che sia affetto da infermità o difetto fisico o mentale tale da determinare un 'assoluta e permanente impossibilità di svolgere un proficuo lavoro e che risulti, al contempo, orfano di entrambi genitori, senza aver conseguito il diritto a pensione ai superstiti (c.d. pensione indiretta o di reversibilità).
6.2 Detta opzione ermeneutica, risultante dal chiaro tenore letterale della norma, trova riscontro, secondo quanto dedotto e documentato dall’Amministrazione nella circolare n. 31 del 27 giugno 1988 del Ministero del tesoro- Ragioneria generala dello Stato, nonché nella circolare n. 21 in data 8 giugno 2005 emanata dall'l.N.P.D.A.P, le quali specificano che i requisiti sopra indicati debbano ricorrere in via cumulativa (allegati B e C del fascicolo dell’Amministrazione).
6.3 Nel caso di specie, secondo quanto risultante dagli atti e dedotto dall’Amministrazione, la Direzione di commissariato di Taranto avendo riscontrato, nell'ambito di ordinaria attività di controllo, che il ricorrente percepiva l’assegno per nucleo familiare calcolato in misura maggiorata sulla base della tabella 14, in ragione dell'inclusione nel proprio nucleo familiare del fratello OMISSIS, con nota del 8 novembre 2010 ha chiesto al medesimo di fornire idonea documentazione diretta a confermare la sussistenza di tutti i requisiti relativi previsti dalla richiamata normativa, precisando che in assenza della ricezione della predetta documentazione si sarebbe proceduto alla liquidazione ed al pagamento dell'emolumento de quo nella misura prevista dalla tabella 11 e non più secondo la tabella 14, con conseguente recupero di quanto indebitamente percepito nell’ultimo quinquennio, ai sensi dell'art. 2948 codice civile (allegato D fascicolo dell’Amministrazione).
6.3.1.Non avendo ricevuto la documentazione di cui sopra, l'Amministrazione pertanto correttamente ha adottato l'impugnato atto di recupero del complessivo importo pari ad € 11.138,14, erroneamente corrisposto al ricorrente dal 1° novembre 2005 al 30 settembre 2010, da operarsi mediante trattenute sulle competenze stipendiali mensili (n. 60 rate da euro 185,64, a partire da1 mese di gennaio 2011).
6.4 Né parte ricorrente ha dedotto o provato, neppure nella presente sede, il ricorrere anche dell’ulteriore condizione, ovvero la qualità di orfano di entrambi i genitori del fratello convivente ed inabile al lavoro.
7. Del pari non meritevole di accoglimento è la censura riferita all’irrecuperabilità delle somme de quibus per il ricorrere della buona fede.
7.1 In disparte le considerazioni circa la chiarezza della norma e la circostanza che il ricorrente non abbia fornito la documentazione richiesta dall’Amministrazione, che appaiono ostative alla configurabilità nell’ipotesi di specie della buona fede, il Collegio non può non fare applicazione rispetto alla presente fattispecie del prevalente e costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “In materia di somme erroneamente corrisposte dall'Amministrazione ai propri dipendenti non vale il richiamo dello stato soggettivo di buona fede del percipiente a mutare la doverosità del comportamento dell'Amministrazione nel recupero dell'indebito erogato, costituendo essa valenza propria dell'agire pubblico siccome discendente direttamente dalla diposizione dell'art. 2033 c.c. (ex multis Cons. Stato Sez. IV, 20-09-2012, n. 5043; in senso analogo da ultimo Cons. Stato Sez. IV, 26-09-2013, n. 4816, Cons. Stato Sez. V, 30-09-2013, n. 4849, secondo cui “Nel caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere-dovere di recupero (art. 2033 c.c.), e la medesima non è tenuta a fornire alcuna ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato”).
7.2 Ed invero la buona fede rileva solo ai fini delle modalità di recupero, che non debbono essere eccessivamente gravose per il dipendente (cfr. in tal senso la giurisprudenza costante e da ultimo Cons. Stato Sez. III, 12-09-2013, n. 4519 secondo cui “In caso di indebita erogazione di denaro ad un pubblico dipendente l'affidamento di quest'ultimo e la stessa buona fede non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'Amministrazione del potere-dovere di recupero ed essa non è tenuta a fornire un'ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all'interessato (art. 2033 c.c.); di conseguenza il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell'indebito è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere, in relazione alle condizioni di vita del debitore, non eccessivamente onerose, ma tali da consentire la duratura percezione di una retribuzione che assicuri un'esistenza libera e dignitosa”).
7.3 Nell’ipotesi di specie l’Amministrazione ha rispettato anche siffatto principio, procedendo al recupero rateale della somma, con decurtazione sullo stipendio nella misura congrua di euro 185,64 mensili.
8. Il ricorso va dunque rigettato.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo rigetta.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione resistente, liquidate in complessivi euro 1.500.00 (millecinquecento/00) oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio dei giorni 17 aprile 2013, 11 luglio 2013, con l'intervento dei magistrati:
Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF
Marina Perrelli, Primo Referendario
Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2013
Re: Arretrati assegni familiari
corresponsione interessi legali su assegni familiari
--------------------------------------------------------------------------------
1) - Il ricorrente, vice sovrintendente della Polizia di Stato (ora in quiescenza) espone che in forza di sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo si vedeva riconoscere il “diritto alla corresponsione degli assegni familiari” che vanno dal 12.02.1996, data della sua destituzione, al 31.07.2002, data del ripristino del rapporto di pubblico impiego.
IL CONSIGLIO DI STATO stabilisce:
2) - Il rigetto della domanda degli interessi sugli assegni familiari tardivamente corrisposti, il cui obbligo di corresponsione non è messo in discussione, è originato dalla considerazione che la sentenza n. 957/2004 dello stesso TAR Abruzzo ne avrebbe asserito la non dovutezza ( pag. 8).
3) - Tanto considerato, il Collegio ritiene che, pur restando fermo il divieto di cumulo a decorrere dall’1.1.1995, ai sensi della l. 724/1994, sulle somme tardivamente corrisposte al dipendente pubblico vanno pagati gli accessori e, pertanto, gli interessi nella misura legale, il cui tasso assorbe il valore della rivalutazione monetaria per il periodo successivo all’1.1.1995.
4) - Va, pertanto, accolta la domanda nei limiti della declaratoria del diritto del ricorrente a percepire gli interessi legali sulle somme tardivamente corrisposte per assegni familiari, escluso il cumulo con la rivalutazione monetaria, salva verifica da parte dell’Amministrazione dell’avvenuta corresponsione degli stessi con il pagamento effettuato della somma di euro 15.775,02 euro, di cui alla sentenza citata n. 957/04, e salvo l’esito del giudizio d’appello sulla stessa sentenza.
Ricorso ACCOLTO.
Il resto leggetelo qui sotto.
--------------------------------------------------------------------------------
01/08/2014 201404122 Sentenza 3
N. 04122/2014REG.PROV.COLL.
N. 10085/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10085 del 2008, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Lopardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore e Questura di L'Aquila, in persona del Questore pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA n. 997/2008, resa tra le parti, concernente corresponsione interessi legali su assegni familiari.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Lopardi e dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Il ricorrente, vice sovrintendente della Polizia di Stato (ora in quiescenza) espone che in forza di sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo si vedeva riconoscere il “diritto alla corresponsione degli assegni familiari” che vanno dal 12.02.1996, data della sua destituzione, al 31.07.2002, data del ripristino del rapporto di pubblico impiego.
Tuttavia, per quanto attiene alla corresponsione degli interessi su detti assegni familiari, non avendo avuto comunicazioni da parte dei competenti organi, era stato costretto ad avanzare successivo ricorso deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., nonché dell’art. 22, 36° comma, della l.. 724/94 e dell’articolo 429 C.P.C., atteso che gli interessi spettano di pieno diritto, nonché la violazione dell’articolo 324 C.P.C, con riferimento al giudicato formatosi.
2. - Con la sentenza appellata il ricorso veniva rigettato.
Si afferma che la richiamata sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo aveva accolto il ricorso per quanto attiene l’obbligo del pagamento degli assegni familiari, ma lo aveva “motivativamente respinto” per quanto attiene alla domanda di rivalutazione e interessi, dando, peraltro, atto dell’avvenuta corresponsione degli interessi nella misura dovuta (vedesi pag. 8 della già citata sentenza n.957/04).
3. - Con l’appello in esame la sentenza viene criticata per erronea interpretazione delle statuizioni contenute nella sentenza n. 957/2004, con riferimento agli accessori degli assegni familiari, e viene riproposta la relativa domanda.
4.- Resiste in giudizio il Ministero, chiedendo oltre la declaratoria di inammissibilità e irricevibilità, la reiezione del ricorso e di tutte le istanze.
5. – All’udienza del 10 aprile 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello merita accoglimento.
2.- Il rigetto della domanda degli interessi sugli assegni familiari tardivamente corrisposti, il cui obbligo di corresponsione non è messo in discussione, è originato dalla considerazione che la sentenza n. 957/2004 dello stesso TAR Abruzzo ne avrebbe asserito la non dovutezza ( pag. 8).
In realtà, la sentenza n. 957/2004, nel decidere quattro ricorsi riuniti, tra cui due in cui si faceva questione del diritto agli assegni familiari, riconoscendoli (era stato impugnato l’atto del 4.11.2003, di ripetizione dell’importo di € 3.948,34, percepito dal ricorrente per undici mesi (1.8.02 / 30.6.03) a titolo di assegni familiari, che non sarebbero stati dovuti); nell’affrontare però la questione del cumulo di interessi e rivalutazione, pronunciando sul ricorso n. R.G. 414 del 2002, affermava l’illegittimità del cumulo di interessi e rivalutazione monetaria dopo il 1994.
Affermava testualmente la sentenza, in via di principio, che “ai sensi degli artt.16.6 L. 30.12.1991, n.412, e 22.36 L. 23.12.1994, n.724, per i crediti retributivi tardivamente corrisposti l’importo degli interessi deve essere portato in detrazione delle somme eventualmente spettanti a titolo di rivalutazione monetaria. Per i ratei retributivi, pertanto, maturati fino al 31.12.1994 vanno corrisposti, oltre gli interessi legali, anche la rivalutazione monetaria, mentre per i ratei maturati successivamente spettano solo gli interessi”.
La sentenza affermava, ancora, che erano stati corrisposti al ricorrente interessi legali per l’ammontare di euro 15.775,02 e che non poteva egli dolersi della mancata corresponsione della rivalutazione monetaria.
Ma non è chiaramente affermato che gli interessi già corrisposti, nell’importo sopra detto, si riferissero anche alle somme dovute per assegni familiari (tanto più che il riconoscimento del diritto agli assegni in questione veniva affermato solo con la stessa sentenza).
Il Ministero, d’altra parte, nella sua costituzione in questo giudizio di appello, non deduce l’avvenuta corresponsione di interessi sulle somme dovute a titolo di assegni familiari; né deduce la non dovutezza a causa del divieto di cumulo di interessi e rivalutazione, ma semplicemente ripete quanto contenuto nella sentenza appellata, ovvero che la domanda di interessi sulle somme per assegni familiari sarebbe stata “motivatamente respinta” e che a pag. 8 della sentenza n. 957/2004 si da atto “dell’avvenuta corresponsione degli interessi nella misura dovuta”.
3. - Tanto considerato, il Collegio ritiene che, pur restando fermo il divieto di cumulo a decorrere dall’1.1.1995, ai sensi della l. 724/1994, sulle somme tardivamente corrisposte al dipendente pubblico vanno pagati gli accessori e, pertanto, gli interessi nella misura legale, il cui tasso assorbe il valore della rivalutazione monetaria per il periodo successivo all’1.1.1995.
Tale principio va applicato anche nella fattispecie, nell’interpretazione della citata sentenza n. 957/2004, che accoglieva il ricorso R.G. n. 603/2003, col quale era stato impugnato il provvedimento che disponeva il recupero degli assegni familiari ai danni del Sig. OMISSIS e, conseguentemente la sua domanda di riconoscimento del diritto a percepire i detti assegni; mentre, pur respingendo il ricorso n. 414/2002, col quale affrontava la questione del cumulo tra interessi e rivalutazione, nulla affermava il TAR con certezza circa la maturazione degli interessi legali sulle somme corrisposte per assegni familiari, limitandosi a dare atto dell’avvenuto pagamento di una somma (euro 15.775,02) a titolo di interessi, senza però chiarire se la somma corrisposta ricomprendesse anche gli interessi sugli assegni familiari in questione; anzi, atteso lo svolgimento dei fatti e le difese svolte dall’Amministrazione, sembrerebbe attendibile il contrario.
Va, pertanto, accolta la domanda nei limiti della declaratoria del diritto del ricorrente a percepire gli interessi legali sulle somme tardivamente corrisposte per assegni familiari, escluso il cumulo con la rivalutazione monetaria, salva verifica da parte dell’Amministrazione dell’avvenuta corresponsione degli stessi con il pagamento effettuato della somma di euro 15.775,02 euro, di cui alla sentenza citata n. 957/04, e salvo l’esito del giudizio d’appello sulla stessa sentenza.
Le spese di giudizio si compensano tra le parti, per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara il diritto del ricorrente agli interessi legali maturati sull’importo per assegni familiari tardivamente corrisposti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Michele Corradino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2014
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1) - Il ricorrente, vice sovrintendente della Polizia di Stato (ora in quiescenza) espone che in forza di sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo si vedeva riconoscere il “diritto alla corresponsione degli assegni familiari” che vanno dal 12.02.1996, data della sua destituzione, al 31.07.2002, data del ripristino del rapporto di pubblico impiego.
IL CONSIGLIO DI STATO stabilisce:
2) - Il rigetto della domanda degli interessi sugli assegni familiari tardivamente corrisposti, il cui obbligo di corresponsione non è messo in discussione, è originato dalla considerazione che la sentenza n. 957/2004 dello stesso TAR Abruzzo ne avrebbe asserito la non dovutezza ( pag. 8).
3) - Tanto considerato, il Collegio ritiene che, pur restando fermo il divieto di cumulo a decorrere dall’1.1.1995, ai sensi della l. 724/1994, sulle somme tardivamente corrisposte al dipendente pubblico vanno pagati gli accessori e, pertanto, gli interessi nella misura legale, il cui tasso assorbe il valore della rivalutazione monetaria per il periodo successivo all’1.1.1995.
4) - Va, pertanto, accolta la domanda nei limiti della declaratoria del diritto del ricorrente a percepire gli interessi legali sulle somme tardivamente corrisposte per assegni familiari, escluso il cumulo con la rivalutazione monetaria, salva verifica da parte dell’Amministrazione dell’avvenuta corresponsione degli stessi con il pagamento effettuato della somma di euro 15.775,02 euro, di cui alla sentenza citata n. 957/04, e salvo l’esito del giudizio d’appello sulla stessa sentenza.
Ricorso ACCOLTO.
Il resto leggetelo qui sotto.
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01/08/2014 201404122 Sentenza 3
N. 04122/2014REG.PROV.COLL.
N. 10085/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10085 del 2008, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Lopardi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore e Questura di L'Aquila, in persona del Questore pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA n. 997/2008, resa tra le parti, concernente corresponsione interessi legali su assegni familiari.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Lopardi e dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Il ricorrente, vice sovrintendente della Polizia di Stato (ora in quiescenza) espone che in forza di sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo si vedeva riconoscere il “diritto alla corresponsione degli assegni familiari” che vanno dal 12.02.1996, data della sua destituzione, al 31.07.2002, data del ripristino del rapporto di pubblico impiego.
Tuttavia, per quanto attiene alla corresponsione degli interessi su detti assegni familiari, non avendo avuto comunicazioni da parte dei competenti organi, era stato costretto ad avanzare successivo ricorso deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., nonché dell’art. 22, 36° comma, della l.. 724/94 e dell’articolo 429 C.P.C., atteso che gli interessi spettano di pieno diritto, nonché la violazione dell’articolo 324 C.P.C, con riferimento al giudicato formatosi.
2. - Con la sentenza appellata il ricorso veniva rigettato.
Si afferma che la richiamata sentenza n. 957/04 del TAR Abruzzo aveva accolto il ricorso per quanto attiene l’obbligo del pagamento degli assegni familiari, ma lo aveva “motivativamente respinto” per quanto attiene alla domanda di rivalutazione e interessi, dando, peraltro, atto dell’avvenuta corresponsione degli interessi nella misura dovuta (vedesi pag. 8 della già citata sentenza n.957/04).
3. - Con l’appello in esame la sentenza viene criticata per erronea interpretazione delle statuizioni contenute nella sentenza n. 957/2004, con riferimento agli accessori degli assegni familiari, e viene riproposta la relativa domanda.
4.- Resiste in giudizio il Ministero, chiedendo oltre la declaratoria di inammissibilità e irricevibilità, la reiezione del ricorso e di tutte le istanze.
5. – All’udienza del 10 aprile 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello merita accoglimento.
2.- Il rigetto della domanda degli interessi sugli assegni familiari tardivamente corrisposti, il cui obbligo di corresponsione non è messo in discussione, è originato dalla considerazione che la sentenza n. 957/2004 dello stesso TAR Abruzzo ne avrebbe asserito la non dovutezza ( pag. 8).
In realtà, la sentenza n. 957/2004, nel decidere quattro ricorsi riuniti, tra cui due in cui si faceva questione del diritto agli assegni familiari, riconoscendoli (era stato impugnato l’atto del 4.11.2003, di ripetizione dell’importo di € 3.948,34, percepito dal ricorrente per undici mesi (1.8.02 / 30.6.03) a titolo di assegni familiari, che non sarebbero stati dovuti); nell’affrontare però la questione del cumulo di interessi e rivalutazione, pronunciando sul ricorso n. R.G. 414 del 2002, affermava l’illegittimità del cumulo di interessi e rivalutazione monetaria dopo il 1994.
Affermava testualmente la sentenza, in via di principio, che “ai sensi degli artt.16.6 L. 30.12.1991, n.412, e 22.36 L. 23.12.1994, n.724, per i crediti retributivi tardivamente corrisposti l’importo degli interessi deve essere portato in detrazione delle somme eventualmente spettanti a titolo di rivalutazione monetaria. Per i ratei retributivi, pertanto, maturati fino al 31.12.1994 vanno corrisposti, oltre gli interessi legali, anche la rivalutazione monetaria, mentre per i ratei maturati successivamente spettano solo gli interessi”.
La sentenza affermava, ancora, che erano stati corrisposti al ricorrente interessi legali per l’ammontare di euro 15.775,02 e che non poteva egli dolersi della mancata corresponsione della rivalutazione monetaria.
Ma non è chiaramente affermato che gli interessi già corrisposti, nell’importo sopra detto, si riferissero anche alle somme dovute per assegni familiari (tanto più che il riconoscimento del diritto agli assegni in questione veniva affermato solo con la stessa sentenza).
Il Ministero, d’altra parte, nella sua costituzione in questo giudizio di appello, non deduce l’avvenuta corresponsione di interessi sulle somme dovute a titolo di assegni familiari; né deduce la non dovutezza a causa del divieto di cumulo di interessi e rivalutazione, ma semplicemente ripete quanto contenuto nella sentenza appellata, ovvero che la domanda di interessi sulle somme per assegni familiari sarebbe stata “motivatamente respinta” e che a pag. 8 della sentenza n. 957/2004 si da atto “dell’avvenuta corresponsione degli interessi nella misura dovuta”.
3. - Tanto considerato, il Collegio ritiene che, pur restando fermo il divieto di cumulo a decorrere dall’1.1.1995, ai sensi della l. 724/1994, sulle somme tardivamente corrisposte al dipendente pubblico vanno pagati gli accessori e, pertanto, gli interessi nella misura legale, il cui tasso assorbe il valore della rivalutazione monetaria per il periodo successivo all’1.1.1995.
Tale principio va applicato anche nella fattispecie, nell’interpretazione della citata sentenza n. 957/2004, che accoglieva il ricorso R.G. n. 603/2003, col quale era stato impugnato il provvedimento che disponeva il recupero degli assegni familiari ai danni del Sig. OMISSIS e, conseguentemente la sua domanda di riconoscimento del diritto a percepire i detti assegni; mentre, pur respingendo il ricorso n. 414/2002, col quale affrontava la questione del cumulo tra interessi e rivalutazione, nulla affermava il TAR con certezza circa la maturazione degli interessi legali sulle somme corrisposte per assegni familiari, limitandosi a dare atto dell’avvenuto pagamento di una somma (euro 15.775,02) a titolo di interessi, senza però chiarire se la somma corrisposta ricomprendesse anche gli interessi sugli assegni familiari in questione; anzi, atteso lo svolgimento dei fatti e le difese svolte dall’Amministrazione, sembrerebbe attendibile il contrario.
Va, pertanto, accolta la domanda nei limiti della declaratoria del diritto del ricorrente a percepire gli interessi legali sulle somme tardivamente corrisposte per assegni familiari, escluso il cumulo con la rivalutazione monetaria, salva verifica da parte dell’Amministrazione dell’avvenuta corresponsione degli stessi con il pagamento effettuato della somma di euro 15.775,02 euro, di cui alla sentenza citata n. 957/04, e salvo l’esito del giudizio d’appello sulla stessa sentenza.
Le spese di giudizio si compensano tra le parti, per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara il diritto del ricorrente agli interessi legali maturati sull’importo per assegni familiari tardivamente corrisposti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Michele Corradino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2014
Re: Arretrati assegni familiari
La posto qui visto che si parla di assegni di famiglia.
Ottima sentenza.
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1) - l’Istituto previdenziale ha quantificato un indebito di euro 14.087,99 riguardo all’assegno per il nucleo familiare corrisposto in aggiunta alla pensione di reversibilità di cui è titolare in qualità di coniuge superstite del sig. Lo.. Pasquale, deceduto in attività di servizio il 19 dicembre 2003.
2) - In concreto, dunque, l’azione di ripetizione è stata dall’INPS avviata sul presupposto che, per il figlio Lo.. Francesco, le somme corrisposte a titolo di assegno per il nucleo familiare dopo il 30 marzo 2014, data del suo 18° anno di età, non fossero per tale motivo più dovute, mentre in relazione alle somme erogate per la figlia P. D., il motivo dell’indebito starebbe nel fatto che la sua nascita è riconducibile all’unione tra la ricorrente e il sig. P. L., con conseguente estraneità della stessa al nucleo familiare riconducibile al dante causa Lo.. Pasquale.
LA CORTE DEI CONTI precisa:
3) - Da quanto precede è, dunque, ragionevole dedurre che se l’assegno per il nucleo familiare spetti per il figlio naturale purché inserito nel nucleo familiare del genitore che lo ha riconosciuto, ed è dovuto anche nel caso in cui il genitore che lo ha riconosciuto sia con altri coniugato, allo stesso modo si deve ammettere l’autorizzazione all’assegno anche nel caso in cui il figlio naturale riconosciuto da entrambi i genitori sia esclusivamente inserito nel nucleo familiare di uno dei due che era legato ad altri da precedente rapporto di coniugio, che tale più non è per intervenuto decesso di uno dei due coniugi.
4) - Del resto, su questa linea, va citata la sentenza n. 14783 /2010 della Corte di Cassazione, con la quale ha riconosciuto il diritto all’assegno per il nucleo familiare con riferimento ai minori riconosciuti purché conviventi, non attribuendo nessuna rilevanza al fatto che il minore non sia inserito in un nucleo familiare fondato sul matrimonio e che, dunque, il richiedente sia appunto legato da un rapporto di coniugio con altro soggetto.
N.B.: leggete cmq. il tutto qui sotto.
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CALABRIA SENTENZA 67 22/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 67 2017 PENSIONI 22/03/2017
R E P U B BL I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
Cons. Domenico GUZZI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 67/2017
Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21149 del registro di Segreteria, proposto da A. L., nata a Omissis il Omissis, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Russo, presso il cui studio in Crotone, via Interna Marinella n. 1, ha eletto domicilio, contro:
- INPS – Direzione Provinciale di Catanzaro in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dall’avv. Giacinto Greco e dall’avv. Francesco Muscari Tomaioli, elettivamente domiciliato in Catanzaro, via F. Acri 81.
- Ministero del Tesoro, in persona del suo Ministro pro-tempore, rappresentato in giudizio dal dott. Gianfranco Pileggi.
avverso il provvedimento INPS n. 2203 del 24 settembre 2014 avente ad oggetto la restituzione, a titolo di quote previdenziali non spettanti, dell’importo di euro 14.087,99.
Vista la legge 21 luglio 2000, n.205 e il D.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, Codice di giustizia contabile;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del 21 marzo 2017 l'avv. Andrea Silipo per delega dell’avv. Giovanni Russo e l’avv. Giacinto Greco in difesa dell'INPS e il dott. Gianfranco Pileggi in difesa dell’Amministrazione finanziaria.
Ritenuto in
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato l’8 novembre 2016, la sig.ra A. L. ha riassunto, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., il giudizio già promosso con ricorso ex art. 414 c.p.c. presso il Giudice del Lavoro del Tribunale di Crotone dal quale, con sentenza n. 865/2016 del 20 ottobre 2016, era stato infatti dichiarato il difetto di giurisdizione in favore della Corte dei Conti.
La ricorrente ha così potuto impugnare dinanzi a questo giudice il provvedimento richiamato in epigrafe, con il quale l’Istituto previdenziale ha quantificato un indebito di euro 14.087,99 riguardo all’assegno per il nucleo familiare corrisposto in aggiunta alla pensione di reversibilità di cui è titolare in qualità di coniuge superstite del sig. Lo.. Pasquale, deceduto in attività di servizio il 19 dicembre 2003.
Evidenzia la sig.ra A. L. che il predetto indebito fa, in particolare, riferimento a quote non dovute dell’assegno per il nucleo familiare sia con riguardo al figlio Lo.. Francesco dopo il raggiungimento della sua maggiore età, sia con riguardo alla figlia P. D., nata il 28 novembre 2008.
In concreto, dunque, l’azione di ripetizione è stata dall’INPS avviata sul presupposto che, per il figlio Lo.. Francesco, le somme corrisposte a titolo di assegno per il nucleo familiare dopo il 30 marzo 2014, data del suo 18° anno di età, non fossero per tale motivo più dovute, mentre in relazione alle somme erogate per la figlia P. D., il motivo dell’indebito starebbe nel fatto che la sua nascita è riconducibile all’unione tra la ricorrente e il sig. P. L., con conseguente estraneità della stessa al nucleo familiare riconducibile al dante causa Lo.. Pasquale.
Con l’interposto gravame viene dedotta l’illegittimità dell’azione di recupero, in quanto la buona fede e il legittimo affidamento della beneficiaria sull’operato dell’amministrazione escluderebbero qualsiasi richiesta di restituzione, mentre per ciò che in particolare concerne la posizione della figlia D. P., la sig.ra A. L. sostiene il suo buon diritto a percepire le quote spettanti a titolo di assegno per il nucleo familiare a fronte del fatto che la minore, rientrando a pieno titolo nella famiglia, sarebbe per questo a suo esclusivo carico.
Conclude, quindi, con la richiesta che sia accertata e dichiarata la nullità dell’azione di ripetizione di indebito avanzata dall’INPS di Crotone, nonché con la domanda che sia accertato e dichiarato il diritto in favore della minore P. D..
L’Istituto previdenziale si è ritualmente costituito con una memoria del 20 dicembre 2016 con la quale, eccepita l’inammissibilità del ricorso per inosservanza del termine di cui all’art. 47 del DPR n. 639/1970 e ribadita la correttezza del proprio operato, nonché dedotta l’infondatezza del ricorso, ne ha chiesto l’integrale rigetto.
Si è altresì costituita il Ministero dell’Economia e Finanze per il tramite della Ragioneria Territoriale di Catanzaro, che con una memoria depositata il 10 marzo 2017 ha evidenziato il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto di essere estromessa dal giudizio.
Nel corso dell’odierno dibattimento i legali intervenuti si sono riportati agli scritti in atti, insistendo per l’integrale accoglimento delle conclusioni ivi precisate, mentre il Rappresentante del Ministero dell’Economia e Finanze ha chiesto l’estromissione dal giudizio.
Considerato in
D I R I T T O
I. In via preliminare va senz’altro accolta la richiesta di estromissione dal giudizio dell’Amministrazione finanziaria, stante una causa petendi che, in realtà, attiene al rapporto in atto con l’Istituto previdenziale – INPS, rispetto al quale nessun ruolo ha potuto svolgere il Ministero dell’Economia e Finanze.
II. Sempre in via preliminare va, invece, respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda per inosservanza del termine di decadenza previsto dall’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970.
La questione è priva di fondamento perché, contrariamente a quanto asserito dall’Istituto previdenziale, il termine entro il quale può essere esperita l’azione giudiziaria in materia di controversie pensionistiche non è annuale, ma triennale alla luce delle modifiche recate dall’art. 38 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011.
Stando così le cose, nel caso di specie si ha che, avverso un provvedimento del settembre 2014, il ricorso è stato esperito già nel marzo 2015 dinanzi al Tribunale di Crotone e, una volta declinata la giurisdizione del giudice ordinario, il ricorso medesimo è stato notificato in riassunzione all’INPS di Crotone il 17 novembre 2016.
III. Passando al merito, la causa petendi che lo caratterizza ruota intorno all’asserita illegittimità che connoterebbe la richiesta di rimborso effettuata dall’INPS ex art. 2033 del c.c. con riguardo alle somme erogate a titolo di assegno per il nucleo familiare.
Inoltre, con riguardo alla posizione della minore P. D., la ricorrente chiede le sia riconosciuto il diritto a continuare a percepire la quota relativa all’assegno per il nucleo familiare.
Prendendo le mosse dalla contestazione rivolta all’azione di ripetizione, osserva questo giudice che più precisamente due sono i motivi per cui l’Istituto previdenziale ha ritenuto essersi formato l’indebito.
Il primo, riguarda il fatto che L. F., uno dei figli conviventi con la sig.ra A. L., ha raggiunto il 18° anno di età sin dal 30 marzo 2014, per cui da quella data l’assegno avrebbe dovuto essere ridotto per la corrispondente quota.
Il secondo, invece, attiene alla minore P. D., che in quanto figlia naturale riconosciuta, nata dall’unione con il sig. P. L., non potrebbe concorrere alla formazione del nucleo familiare della A. L. ai fini della corresponsione dell’assegno previsto dall’art. 2 del decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 153, ciò nella considerazione del fatto che, secondo l’INPS, detto assegno sarebbe corrisposto sulla pensione di reversibilità riconducibile al dante causa L. P..
La pretesa dell’amministrazione previdenziale non merita condivisione e, per l’effetto, il ricorso deve essere, in parte qua, accolto per quanto di ragione.
IV. In proposito va, innanzitutto, osservato che l’art. 2 del d.l. n. 69/1988 cit., nell’introdurre l’assegno per il nucleo familiare dall’1 gennaio 1988 in sostituzione dei precedenti trattamenti assistenziali per carichi di famiglia, e nel prevedere misure differenziate in relazione alla composizione numerica e del reddito del nucleo familiare, ha inoltre stabilito che “il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti”. La disposizione in rassegna ha altresì previsto che le “variazioni del nucleo familiare devono essere comunicate al soggetto tenuto a corrispondere l'assegno entro trenta giorni dal loro verificarsi”.
V. Ebbene, venendo al caso in esame e con particolare riferimento al primo dei due profili di ricorso, quello relativo alla quota dell’assegno corrisposto in riferimento al minore L. F., ad avviso di questo giudice indubbia rilevanza è destinata ad assumere, ai fini del decidere, la circostanza che l’applicazione e l’erogazione da parte dell’Istituto previdenziale del trattamento per il nucleo familiare in uno con la pensione fa sì che anche l’assegno di cui si discute faccia parte dei procedimenti di variazione e revisione di carattere generale che, a cadenza periodica, l’ente deve osservare sui trattamenti erogati, così da poter effettuare, senza l’adozione di un provvedimento formale, tutte le modifiche che dovessero rendersi necessarie onde adeguare e rendere conforme il trattamento in corso alle disposizioni legislative che ne prevedono l’an e il quantum.
In concreto, quindi, quando la variazione dell’assegno dipenda dal mutamento del dato anagrafico, come appunto è quello relativo al passaggio dalla minore alla maggiore età, di uno dei soggetti che compongono il nucleo familiare, trattandosi di un dato indubbiamente già a conoscenza del centro di calcolo, non si può che conseguentemente considerare detto dato suscettibile di rientrare nell’ambito di quell’attività di revisione periodica cui è tenuta la pubblica amministrazione in base agli artt. 9 della legge 7 agosto 1985 n° 428 e 5 del d.P.R. 8 luglio 1986 n° 429, concernenti appunto le variazioni nei pagamenti pensionistici in applicazione di provvedimenti legislativi di carattere generale e senza, quindi, l’iniziativa di parte privata riconducibile ad un supposto obbligo di comunicazione e denuncia all’indirizzo dell’Istituto previdenziale.
Così opinando, non può revocarsi in dubbio la sussistenza della buona fede del pensionato nella correttezza degli importi erogati mensilmente sul trattamento di pensione, non essendo ragionevole che questi possa conoscere l’incidenza negativa mensile del venir meno del componente del nucleo familiare così da accorgersi dell’omessa tempestiva revisione del trattamento da parte dell’Ente previdenziale.
Atteso quindi il legittimo affidamento della ricorrente con riguardo al figlio L. F., l’indebito pensionistico relativo a tali importi, indicato nel provvedimento impugnato, deve essere dichiarato irripetibile.
VI. Ad analoga conclusione si deve pervenire, ancorché con differenti argomentazioni, per ciò che riguarda le quote di assegno corrisposte in relazione alla minore P. D..
Come evidenziato in premessa, l’INPS ha assunto la propria determinazione sul presupposto che “gli assegni per il nucleo familiare sono somme mensili corrisposte al dipendente e/o pensionato quale contributo per il mantenimento dei figli minori o del coniuge, dunque presuppongono un rapporto diretto con il titolare della prestazione”, per cui la minore in questione, in quanto nata dall’unione della ricorrente con il sig. P. L., non potrebbe “essere annoverata tra i soggetti legati da vincoli familiari con il dante causa sig. L. P.”.
Secondo l’Istituto previdenziale, dunque, l’assegno per il nucleo familiare sarebbe una sorta di accessorio della pensione di reversibilità, e poiché quest’ultima è stata riconosciuta alla ricorrente nella qualità di coniuge superstite del defunto L. P., l’assegno non potrebbe essere autorizzato per minori non legati da alcun rapporto di parentela con il dante causa.
Osserva al riguardo questo giudice sulla scorta della disciplina che lo ha introdotto e di cui sopra si è dato conto, nonché in base alla giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. 24278/2008) intervenuta in proposito, che l’assegno per il nucleo familiare ha natura assistenziale è connotato da finalità solidaristiche e di sostegno dei nuclei familiari in relazione alle esigenze di vita dei loro componenti, ed è autorizzato a condizione che ricorrano i requisiti di legge previsti, tanto sotto il profilo reddito complessivo riconducibile all’intero nucleo, quanto sotto quello soggettivo riguardante i singoli componenti (minore età, inabilità etc.), nonché oggettivo della convivenza con il titolare.
Così inteso, l’assegno è quindi dovuto a prescindere dal fatto che il richiedente vanti una posizione tutelata, sia cioè un lavoratore dipendente o un pensionato (sul punto si vedano, infatti, i chiarimenti offerti dalla stessa INPS con la circolare n. 36 del 19 marzo 2008 ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno, nel caso di figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori, anche al genitore non tutelato, ossia ad un genitore non in possesso di un reddito da lavoro dipendente o da pensione, purché, però, sia affidatario del minore, circolare, quella testé citata, che segue alla n. 48 del 19 febbraio 1992, con la quale, invece, l’Istituto disciplinava il caso del coniuge affidatario ma titolare di una posizione tutelata).
Con tale circolare è stata, in particolare, considerata anche la situazione dei figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori ed è stato osservato che il “criterio interpretativo enunciato per le situazioni regolate dall'art. 211 della legge 151/1975, secondo il quale il "nucleo familiare" deve essere considerato destinatario dell'assegno”, ha puntualizzato che per quei nuclei “costituiti intorno ad un solo genitore, ancorché i figli siano stati riconosciuti anche dall'altro”, la situazione “può essere considerata in certo senso analoga alla separazione legale (o al divorzio) in quanto, analogamente al nucleo formato dall'affidatario e dai figli affidati, in tale caso esso è costituito dal genitore naturale e dai figli che dalla documentazione anagrafica risultano conviventi”.
Evidenzia, ancora, la circolare in commento che “l'altro genitore naturale che ha riconosciuto il figlio non può essere autorizzato alla percezione dell'assegno per il nucleo familiare, se tale figlio sia compreso nel nucleo dell'altro genitore che pure l'abbia riconosciuto, in quanto non costituisce nucleo familiare con quel figlio. Del pari l'autorizzazione non può essere rilasciata a favore del genitore coniugato che non abbia nel
proprio nucleo familiare il figlio naturale, ancorché lo abbia riconosciuto”. Per il genitore coniugato, il diritto sorge solo nei casi nei quali il figlio naturale fa parte del nucleo familiare per esservi stato immesso secondo quanto disposto dall'art. 252 c.c. (2) che disciplina l'immissione dei figli naturali nel nucleo familiare formato "dai coniugi non legalmente ed effettivamente separati", cioè nella famiglia legittima”.
Da quanto precede è, dunque, ragionevole dedurre che se l’assegno per il nucleo familiare spetti per il figlio naturale purché inserito nel nucleo familiare del genitore che lo ha riconosciuto, ed è dovuto anche nel caso in cui il genitore che lo ha riconosciuto sia con altri coniugato, allo stesso modo si deve ammettere l’autorizzazione all’assegno anche nel caso in cui il figlio naturale riconosciuto da entrambi i genitori sia esclusivamente inserito nel nucleo familiare di uno dei due che era legato ad altri da precedente rapporto di coniugio, che tale più non è per intervenuto decesso di uno dei due coniugi.
Del resto, su questa linea, va citata la sentenza n. 14783 /2010 della Corte di Cassazione, con la quale ha riconosciuto il diritto all’assegno per il nucleo familiare con riferimento ai minori riconosciuti purché conviventi, non attribuendo nessuna rilevanza al fatto che il minore non sia inserito in un nucleo familiare fondato sul matrimonio e che, dunque, il richiedente sia appunto legato da un rapporto di coniugio con altro soggetto.
Nel caso di specie non è contestato che la minore riconosciuta P. D. sia convivente con la A. L. e faccia parte del suo nucleo familiare, né può avere rilevanza il fatto che il genitore della minore in questione sia verosimilmente tenuto ad onorare i suoi obblighi di mantenimento nei confronti della figlia, giacché, come puntualizzato dal giudice di legittimità, del tutto diversi sono i piani in cui agiscono i due assegni, quello per il nucleo familiare e quello di mantenimento, di talché il primo può senz’altro concorrere con il secondo e senza che dalla presenza di quest’ultimo possa e debba subire alcuna limitazione (Cassazione pen. n. 44765/2015).
L’INPS è, perciò, tenuto alla restituire della parte già trattenuta in sede cautelativa senza però l’aggiunta di oneri accessori; ciò in adesione all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte a soggetti in buona fede che non consegue ad inadempimento o a ritardato adempimento di un'obbligazione, non inerendo ad un debito, non può produrre interessi corrispettivi o moratori né, tanto meno, può essere suscettibile di rivalutazione (ex plurimis Sez. III Centrale di appello sent. n. 000113 del 13/03/2001, Sez. I centrale di appello sent. n. 000376 del 30/10/2007, n. 251 del 14.5.2012).
VII. Non può, invece, essere accolto per evidente inammissibilità, l’altro profilo di domanda sempre attinente alla posizione della minore P. D., ossia quello rivolto ad ottenere dal giudice pronuncia in favore della ricostituzione della quota parte di assegno per il nucleo familiare.
La domanda è inammissibile giacché, in base al disposto di cui all’art. 153, comma 1, lett. b) del codice di giustizia contabile, la stessa risulta formulata senza che la parte abbia previamente agito in via amministrativa, cioè chiedendo all’INPS di provvedere, ovvero sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida al riguardo.
VIII. Alla decisone di accoglimento del ricorso deve far seguito pronuncia sulle spese, che si pongono a carico dell’Istituto previdenziale soccombente nell’importo complessivamente liquidato di euro 500,00.
P.Q.M
La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
DICHIARA
L’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Economia e Finanze.
ACCOGLIE
Il ricorso e per l’effetto dichiara non ripetibile l’importo oggetto di controversia.
Dichiara inammissibile la domanda volta ad ottenere una pronuncia giudiziale sul diritto agli “assegni per il nucleo familiare in favore della minore P. D.”.
Spese come in motivazione.
Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro all’udienza del 21 marzo 2017
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi
Depositata in Segreteria il 21/03/2017
Ottima sentenza.
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1) - l’Istituto previdenziale ha quantificato un indebito di euro 14.087,99 riguardo all’assegno per il nucleo familiare corrisposto in aggiunta alla pensione di reversibilità di cui è titolare in qualità di coniuge superstite del sig. Lo.. Pasquale, deceduto in attività di servizio il 19 dicembre 2003.
2) - In concreto, dunque, l’azione di ripetizione è stata dall’INPS avviata sul presupposto che, per il figlio Lo.. Francesco, le somme corrisposte a titolo di assegno per il nucleo familiare dopo il 30 marzo 2014, data del suo 18° anno di età, non fossero per tale motivo più dovute, mentre in relazione alle somme erogate per la figlia P. D., il motivo dell’indebito starebbe nel fatto che la sua nascita è riconducibile all’unione tra la ricorrente e il sig. P. L., con conseguente estraneità della stessa al nucleo familiare riconducibile al dante causa Lo.. Pasquale.
LA CORTE DEI CONTI precisa:
3) - Da quanto precede è, dunque, ragionevole dedurre che se l’assegno per il nucleo familiare spetti per il figlio naturale purché inserito nel nucleo familiare del genitore che lo ha riconosciuto, ed è dovuto anche nel caso in cui il genitore che lo ha riconosciuto sia con altri coniugato, allo stesso modo si deve ammettere l’autorizzazione all’assegno anche nel caso in cui il figlio naturale riconosciuto da entrambi i genitori sia esclusivamente inserito nel nucleo familiare di uno dei due che era legato ad altri da precedente rapporto di coniugio, che tale più non è per intervenuto decesso di uno dei due coniugi.
4) - Del resto, su questa linea, va citata la sentenza n. 14783 /2010 della Corte di Cassazione, con la quale ha riconosciuto il diritto all’assegno per il nucleo familiare con riferimento ai minori riconosciuti purché conviventi, non attribuendo nessuna rilevanza al fatto che il minore non sia inserito in un nucleo familiare fondato sul matrimonio e che, dunque, il richiedente sia appunto legato da un rapporto di coniugio con altro soggetto.
N.B.: leggete cmq. il tutto qui sotto.
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CALABRIA SENTENZA 67 22/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 67 2017 PENSIONI 22/03/2017
R E P U B BL I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
Cons. Domenico GUZZI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 67/2017
Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21149 del registro di Segreteria, proposto da A. L., nata a Omissis il Omissis, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Russo, presso il cui studio in Crotone, via Interna Marinella n. 1, ha eletto domicilio, contro:
- INPS – Direzione Provinciale di Catanzaro in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dall’avv. Giacinto Greco e dall’avv. Francesco Muscari Tomaioli, elettivamente domiciliato in Catanzaro, via F. Acri 81.
- Ministero del Tesoro, in persona del suo Ministro pro-tempore, rappresentato in giudizio dal dott. Gianfranco Pileggi.
avverso il provvedimento INPS n. 2203 del 24 settembre 2014 avente ad oggetto la restituzione, a titolo di quote previdenziali non spettanti, dell’importo di euro 14.087,99.
Vista la legge 21 luglio 2000, n.205 e il D.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, Codice di giustizia contabile;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del 21 marzo 2017 l'avv. Andrea Silipo per delega dell’avv. Giovanni Russo e l’avv. Giacinto Greco in difesa dell'INPS e il dott. Gianfranco Pileggi in difesa dell’Amministrazione finanziaria.
Ritenuto in
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato l’8 novembre 2016, la sig.ra A. L. ha riassunto, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., il giudizio già promosso con ricorso ex art. 414 c.p.c. presso il Giudice del Lavoro del Tribunale di Crotone dal quale, con sentenza n. 865/2016 del 20 ottobre 2016, era stato infatti dichiarato il difetto di giurisdizione in favore della Corte dei Conti.
La ricorrente ha così potuto impugnare dinanzi a questo giudice il provvedimento richiamato in epigrafe, con il quale l’Istituto previdenziale ha quantificato un indebito di euro 14.087,99 riguardo all’assegno per il nucleo familiare corrisposto in aggiunta alla pensione di reversibilità di cui è titolare in qualità di coniuge superstite del sig. Lo.. Pasquale, deceduto in attività di servizio il 19 dicembre 2003.
Evidenzia la sig.ra A. L. che il predetto indebito fa, in particolare, riferimento a quote non dovute dell’assegno per il nucleo familiare sia con riguardo al figlio Lo.. Francesco dopo il raggiungimento della sua maggiore età, sia con riguardo alla figlia P. D., nata il 28 novembre 2008.
In concreto, dunque, l’azione di ripetizione è stata dall’INPS avviata sul presupposto che, per il figlio Lo.. Francesco, le somme corrisposte a titolo di assegno per il nucleo familiare dopo il 30 marzo 2014, data del suo 18° anno di età, non fossero per tale motivo più dovute, mentre in relazione alle somme erogate per la figlia P. D., il motivo dell’indebito starebbe nel fatto che la sua nascita è riconducibile all’unione tra la ricorrente e il sig. P. L., con conseguente estraneità della stessa al nucleo familiare riconducibile al dante causa Lo.. Pasquale.
Con l’interposto gravame viene dedotta l’illegittimità dell’azione di recupero, in quanto la buona fede e il legittimo affidamento della beneficiaria sull’operato dell’amministrazione escluderebbero qualsiasi richiesta di restituzione, mentre per ciò che in particolare concerne la posizione della figlia D. P., la sig.ra A. L. sostiene il suo buon diritto a percepire le quote spettanti a titolo di assegno per il nucleo familiare a fronte del fatto che la minore, rientrando a pieno titolo nella famiglia, sarebbe per questo a suo esclusivo carico.
Conclude, quindi, con la richiesta che sia accertata e dichiarata la nullità dell’azione di ripetizione di indebito avanzata dall’INPS di Crotone, nonché con la domanda che sia accertato e dichiarato il diritto in favore della minore P. D..
L’Istituto previdenziale si è ritualmente costituito con una memoria del 20 dicembre 2016 con la quale, eccepita l’inammissibilità del ricorso per inosservanza del termine di cui all’art. 47 del DPR n. 639/1970 e ribadita la correttezza del proprio operato, nonché dedotta l’infondatezza del ricorso, ne ha chiesto l’integrale rigetto.
Si è altresì costituita il Ministero dell’Economia e Finanze per il tramite della Ragioneria Territoriale di Catanzaro, che con una memoria depositata il 10 marzo 2017 ha evidenziato il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto di essere estromessa dal giudizio.
Nel corso dell’odierno dibattimento i legali intervenuti si sono riportati agli scritti in atti, insistendo per l’integrale accoglimento delle conclusioni ivi precisate, mentre il Rappresentante del Ministero dell’Economia e Finanze ha chiesto l’estromissione dal giudizio.
Considerato in
D I R I T T O
I. In via preliminare va senz’altro accolta la richiesta di estromissione dal giudizio dell’Amministrazione finanziaria, stante una causa petendi che, in realtà, attiene al rapporto in atto con l’Istituto previdenziale – INPS, rispetto al quale nessun ruolo ha potuto svolgere il Ministero dell’Economia e Finanze.
II. Sempre in via preliminare va, invece, respinta l’eccezione di inammissibilità della domanda per inosservanza del termine di decadenza previsto dall’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970.
La questione è priva di fondamento perché, contrariamente a quanto asserito dall’Istituto previdenziale, il termine entro il quale può essere esperita l’azione giudiziaria in materia di controversie pensionistiche non è annuale, ma triennale alla luce delle modifiche recate dall’art. 38 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011.
Stando così le cose, nel caso di specie si ha che, avverso un provvedimento del settembre 2014, il ricorso è stato esperito già nel marzo 2015 dinanzi al Tribunale di Crotone e, una volta declinata la giurisdizione del giudice ordinario, il ricorso medesimo è stato notificato in riassunzione all’INPS di Crotone il 17 novembre 2016.
III. Passando al merito, la causa petendi che lo caratterizza ruota intorno all’asserita illegittimità che connoterebbe la richiesta di rimborso effettuata dall’INPS ex art. 2033 del c.c. con riguardo alle somme erogate a titolo di assegno per il nucleo familiare.
Inoltre, con riguardo alla posizione della minore P. D., la ricorrente chiede le sia riconosciuto il diritto a continuare a percepire la quota relativa all’assegno per il nucleo familiare.
Prendendo le mosse dalla contestazione rivolta all’azione di ripetizione, osserva questo giudice che più precisamente due sono i motivi per cui l’Istituto previdenziale ha ritenuto essersi formato l’indebito.
Il primo, riguarda il fatto che L. F., uno dei figli conviventi con la sig.ra A. L., ha raggiunto il 18° anno di età sin dal 30 marzo 2014, per cui da quella data l’assegno avrebbe dovuto essere ridotto per la corrispondente quota.
Il secondo, invece, attiene alla minore P. D., che in quanto figlia naturale riconosciuta, nata dall’unione con il sig. P. L., non potrebbe concorrere alla formazione del nucleo familiare della A. L. ai fini della corresponsione dell’assegno previsto dall’art. 2 del decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 13 maggio 1988, n. 153, ciò nella considerazione del fatto che, secondo l’INPS, detto assegno sarebbe corrisposto sulla pensione di reversibilità riconducibile al dante causa L. P..
La pretesa dell’amministrazione previdenziale non merita condivisione e, per l’effetto, il ricorso deve essere, in parte qua, accolto per quanto di ragione.
IV. In proposito va, innanzitutto, osservato che l’art. 2 del d.l. n. 69/1988 cit., nell’introdurre l’assegno per il nucleo familiare dall’1 gennaio 1988 in sostituzione dei precedenti trattamenti assistenziali per carichi di famiglia, e nel prevedere misure differenziate in relazione alla composizione numerica e del reddito del nucleo familiare, ha inoltre stabilito che “il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero, senza limite di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro. Del nucleo familiare possono far parte, alle stesse condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i fratelli, le sorelle ed i nipoti di età inferiore a 18 anni compiuti ovvero senza limiti di età, qualora si trovino, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione ai superstiti”. La disposizione in rassegna ha altresì previsto che le “variazioni del nucleo familiare devono essere comunicate al soggetto tenuto a corrispondere l'assegno entro trenta giorni dal loro verificarsi”.
V. Ebbene, venendo al caso in esame e con particolare riferimento al primo dei due profili di ricorso, quello relativo alla quota dell’assegno corrisposto in riferimento al minore L. F., ad avviso di questo giudice indubbia rilevanza è destinata ad assumere, ai fini del decidere, la circostanza che l’applicazione e l’erogazione da parte dell’Istituto previdenziale del trattamento per il nucleo familiare in uno con la pensione fa sì che anche l’assegno di cui si discute faccia parte dei procedimenti di variazione e revisione di carattere generale che, a cadenza periodica, l’ente deve osservare sui trattamenti erogati, così da poter effettuare, senza l’adozione di un provvedimento formale, tutte le modifiche che dovessero rendersi necessarie onde adeguare e rendere conforme il trattamento in corso alle disposizioni legislative che ne prevedono l’an e il quantum.
In concreto, quindi, quando la variazione dell’assegno dipenda dal mutamento del dato anagrafico, come appunto è quello relativo al passaggio dalla minore alla maggiore età, di uno dei soggetti che compongono il nucleo familiare, trattandosi di un dato indubbiamente già a conoscenza del centro di calcolo, non si può che conseguentemente considerare detto dato suscettibile di rientrare nell’ambito di quell’attività di revisione periodica cui è tenuta la pubblica amministrazione in base agli artt. 9 della legge 7 agosto 1985 n° 428 e 5 del d.P.R. 8 luglio 1986 n° 429, concernenti appunto le variazioni nei pagamenti pensionistici in applicazione di provvedimenti legislativi di carattere generale e senza, quindi, l’iniziativa di parte privata riconducibile ad un supposto obbligo di comunicazione e denuncia all’indirizzo dell’Istituto previdenziale.
Così opinando, non può revocarsi in dubbio la sussistenza della buona fede del pensionato nella correttezza degli importi erogati mensilmente sul trattamento di pensione, non essendo ragionevole che questi possa conoscere l’incidenza negativa mensile del venir meno del componente del nucleo familiare così da accorgersi dell’omessa tempestiva revisione del trattamento da parte dell’Ente previdenziale.
Atteso quindi il legittimo affidamento della ricorrente con riguardo al figlio L. F., l’indebito pensionistico relativo a tali importi, indicato nel provvedimento impugnato, deve essere dichiarato irripetibile.
VI. Ad analoga conclusione si deve pervenire, ancorché con differenti argomentazioni, per ciò che riguarda le quote di assegno corrisposte in relazione alla minore P. D..
Come evidenziato in premessa, l’INPS ha assunto la propria determinazione sul presupposto che “gli assegni per il nucleo familiare sono somme mensili corrisposte al dipendente e/o pensionato quale contributo per il mantenimento dei figli minori o del coniuge, dunque presuppongono un rapporto diretto con il titolare della prestazione”, per cui la minore in questione, in quanto nata dall’unione della ricorrente con il sig. P. L., non potrebbe “essere annoverata tra i soggetti legati da vincoli familiari con il dante causa sig. L. P.”.
Secondo l’Istituto previdenziale, dunque, l’assegno per il nucleo familiare sarebbe una sorta di accessorio della pensione di reversibilità, e poiché quest’ultima è stata riconosciuta alla ricorrente nella qualità di coniuge superstite del defunto L. P., l’assegno non potrebbe essere autorizzato per minori non legati da alcun rapporto di parentela con il dante causa.
Osserva al riguardo questo giudice sulla scorta della disciplina che lo ha introdotto e di cui sopra si è dato conto, nonché in base alla giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. 24278/2008) intervenuta in proposito, che l’assegno per il nucleo familiare ha natura assistenziale è connotato da finalità solidaristiche e di sostegno dei nuclei familiari in relazione alle esigenze di vita dei loro componenti, ed è autorizzato a condizione che ricorrano i requisiti di legge previsti, tanto sotto il profilo reddito complessivo riconducibile all’intero nucleo, quanto sotto quello soggettivo riguardante i singoli componenti (minore età, inabilità etc.), nonché oggettivo della convivenza con il titolare.
Così inteso, l’assegno è quindi dovuto a prescindere dal fatto che il richiedente vanti una posizione tutelata, sia cioè un lavoratore dipendente o un pensionato (sul punto si vedano, infatti, i chiarimenti offerti dalla stessa INPS con la circolare n. 36 del 19 marzo 2008 ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno, nel caso di figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori, anche al genitore non tutelato, ossia ad un genitore non in possesso di un reddito da lavoro dipendente o da pensione, purché, però, sia affidatario del minore, circolare, quella testé citata, che segue alla n. 48 del 19 febbraio 1992, con la quale, invece, l’Istituto disciplinava il caso del coniuge affidatario ma titolare di una posizione tutelata).
Con tale circolare è stata, in particolare, considerata anche la situazione dei figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori ed è stato osservato che il “criterio interpretativo enunciato per le situazioni regolate dall'art. 211 della legge 151/1975, secondo il quale il "nucleo familiare" deve essere considerato destinatario dell'assegno”, ha puntualizzato che per quei nuclei “costituiti intorno ad un solo genitore, ancorché i figli siano stati riconosciuti anche dall'altro”, la situazione “può essere considerata in certo senso analoga alla separazione legale (o al divorzio) in quanto, analogamente al nucleo formato dall'affidatario e dai figli affidati, in tale caso esso è costituito dal genitore naturale e dai figli che dalla documentazione anagrafica risultano conviventi”.
Evidenzia, ancora, la circolare in commento che “l'altro genitore naturale che ha riconosciuto il figlio non può essere autorizzato alla percezione dell'assegno per il nucleo familiare, se tale figlio sia compreso nel nucleo dell'altro genitore che pure l'abbia riconosciuto, in quanto non costituisce nucleo familiare con quel figlio. Del pari l'autorizzazione non può essere rilasciata a favore del genitore coniugato che non abbia nel
proprio nucleo familiare il figlio naturale, ancorché lo abbia riconosciuto”. Per il genitore coniugato, il diritto sorge solo nei casi nei quali il figlio naturale fa parte del nucleo familiare per esservi stato immesso secondo quanto disposto dall'art. 252 c.c. (2) che disciplina l'immissione dei figli naturali nel nucleo familiare formato "dai coniugi non legalmente ed effettivamente separati", cioè nella famiglia legittima”.
Da quanto precede è, dunque, ragionevole dedurre che se l’assegno per il nucleo familiare spetti per il figlio naturale purché inserito nel nucleo familiare del genitore che lo ha riconosciuto, ed è dovuto anche nel caso in cui il genitore che lo ha riconosciuto sia con altri coniugato, allo stesso modo si deve ammettere l’autorizzazione all’assegno anche nel caso in cui il figlio naturale riconosciuto da entrambi i genitori sia esclusivamente inserito nel nucleo familiare di uno dei due che era legato ad altri da precedente rapporto di coniugio, che tale più non è per intervenuto decesso di uno dei due coniugi.
Del resto, su questa linea, va citata la sentenza n. 14783 /2010 della Corte di Cassazione, con la quale ha riconosciuto il diritto all’assegno per il nucleo familiare con riferimento ai minori riconosciuti purché conviventi, non attribuendo nessuna rilevanza al fatto che il minore non sia inserito in un nucleo familiare fondato sul matrimonio e che, dunque, il richiedente sia appunto legato da un rapporto di coniugio con altro soggetto.
Nel caso di specie non è contestato che la minore riconosciuta P. D. sia convivente con la A. L. e faccia parte del suo nucleo familiare, né può avere rilevanza il fatto che il genitore della minore in questione sia verosimilmente tenuto ad onorare i suoi obblighi di mantenimento nei confronti della figlia, giacché, come puntualizzato dal giudice di legittimità, del tutto diversi sono i piani in cui agiscono i due assegni, quello per il nucleo familiare e quello di mantenimento, di talché il primo può senz’altro concorrere con il secondo e senza che dalla presenza di quest’ultimo possa e debba subire alcuna limitazione (Cassazione pen. n. 44765/2015).
L’INPS è, perciò, tenuto alla restituire della parte già trattenuta in sede cautelativa senza però l’aggiunta di oneri accessori; ciò in adesione all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte a soggetti in buona fede che non consegue ad inadempimento o a ritardato adempimento di un'obbligazione, non inerendo ad un debito, non può produrre interessi corrispettivi o moratori né, tanto meno, può essere suscettibile di rivalutazione (ex plurimis Sez. III Centrale di appello sent. n. 000113 del 13/03/2001, Sez. I centrale di appello sent. n. 000376 del 30/10/2007, n. 251 del 14.5.2012).
VII. Non può, invece, essere accolto per evidente inammissibilità, l’altro profilo di domanda sempre attinente alla posizione della minore P. D., ossia quello rivolto ad ottenere dal giudice pronuncia in favore della ricostituzione della quota parte di assegno per il nucleo familiare.
La domanda è inammissibile giacché, in base al disposto di cui all’art. 153, comma 1, lett. b) del codice di giustizia contabile, la stessa risulta formulata senza che la parte abbia previamente agito in via amministrativa, cioè chiedendo all’INPS di provvedere, ovvero sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida al riguardo.
VIII. Alla decisone di accoglimento del ricorso deve far seguito pronuncia sulle spese, che si pongono a carico dell’Istituto previdenziale soccombente nell’importo complessivamente liquidato di euro 500,00.
P.Q.M
La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
DICHIARA
L’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Economia e Finanze.
ACCOGLIE
Il ricorso e per l’effetto dichiara non ripetibile l’importo oggetto di controversia.
Dichiara inammissibile la domanda volta ad ottenere una pronuncia giudiziale sul diritto agli “assegni per il nucleo familiare in favore della minore P. D.”.
Spese come in motivazione.
Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro all’udienza del 21 marzo 2017
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi
Depositata in Segreteria il 21/03/2017
Re: Arretrati assegni familiari
Richiesta assegno familiare in favore del genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi.
Ricorso Straordinario Accolto ed aperta una nuova strada di Diritto per tanti colleghi nella medesima situazione.
Tutto questo grazie al Maggiore.
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Qui sotto alcuni brani.
1) - il Maggiore della Guardia di Finanza ….. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora ….., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.
2) - in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.
3) - Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).
4) - Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.
5) - Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.
6) - Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.
7) - Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.
Il CdS precisa:
8) - Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.
9) - Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).
10) - Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.
11) - Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.
12) - Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.
13) - D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
14) - In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.
15) - Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).
16) - Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.
Cmq. leggete il tutto qui sotto circa la novità di settore.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201801769 - Public 2018-07-09 -
Numero 01769/2018 e data 09/07/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 13 giugno 2018
NUMERO AFFARE 00778/2016
OGGETTO:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. per l’annullamento della determina n. 108757/15 del 15 aprile 2015, con cui è stata rigettata la sua istanza volta all’erogazione al genitore convivente con il figlio minore dell’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988.
LA SEZIONE
Vista la nota del 7 aprile 2016, prot. n. 111742, di trasmissione della relazione dell’11 dicembre 2015, pervenuta alla segreteria della Sezione il 22 aprile 2016, con cui il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.
Premesso e considerato.
1.- Con l’istanza in data 29 maggio 2014 il Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora L.. B.., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.
Con la nota prot. n. 253372/14 in data 8 settembre 2014 il Comando Generale della Guardia di Finanza esprimeva parere favorevole all’accoglimento della domanda “previa acquisizione da parte dell’interessato dell’autorizzazione da rilasciare a cura dello stesso istituto previdenziale”.
Con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014, indirizzata all’interessato, l’Inps precisava che “la richiesta di rilascio del modello ANF 43 di autorizzazione al pagamento dell’ANF da consegnare al datore di lavoro per particolari situazioni nel nucleo familiare del richiedente è previsto esclusivamente per il settore privato (…)” e che “le circolari emanate da questo Istituto non sono destinate ai dipendenti pubblici, per i quali si dovrà fare riferimento alle specifiche circolari emanate dall’amministrazione competente…”.
Conseguentemente, in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.
Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).
Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.
Il Capo di Stato Maggiore della Gdf ha in particolare così motivato il diniego:
il destinatario del beneficio può essere solo il dipendente;
il nucleo familiare da considerare ai fini della corresponsione del trattamento di famiglia è esclusivamente quello composto dallo stesso e dalla figlia, ancorché convivente con l’altro genitore;
quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno in quanto non ricompreso nel nucleo familiare del lavoratore dipendente avente titolo e non titolare di un proprio rapporto di lavoro.
2.- Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.
3.- Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.
4.- Tanto premesso, la Sezione ritiene di essere in possesso di sufficienti elementi istruttori per procedere all’esame della presente controversia.
Con un unico motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 6, del d.l. n. 69 del 2008; violazione e falsa applicazione dell’art. 211 della legge n. 151 del 1975 e dell’art. 9 della legge n. 903 del 1977; eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità e dell’irragionevolezza; sviamento di potere per disparità di trattamento; difetto d’istruttoria; contraddittorietà e illogicità della motivazione; nonché ingiustizia manifesta.
Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.
Peraltro, l’istanza formulata dall’interessato, volta inoltre a richiedere che l’assegno familiare sia parametrato sul nucleo familiare composto dall’altro genitore convivente con la figlia, sarebbe anche in linea con le disposizioni normative di settore e, in particolare, con l’art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, con l’art. 211 della legge n. 151 del 1975 - in base al quale il coniuge separato cui sono affidati i figli ha in ogni caso diritto a percepire gli assegni familiari - e con l’art. 9 della legge n. 903 del 1977, nella parte in cui dispone che le prestazioni in favore della famiglia “…nel caso di richiesta di entrambi i genitori debbono essere corrisposte al genitore con il quale il figlio convive…”.
Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.
Inoltre, la legittimità della richiesta presentata dal ricorrente sarebbe confermata sia dalla “finalità prettamente assistenziale” dell’assegno per il nucleo familiare sia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha specificato come il reddito da tenere presente al fine di valutare l’ammontare dell’assegno dovrebbe essere quello “del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli…” (Cass. Civ., Sez. lavoro, 9 settembre 2003, n. 13200 e 30 marzo 2015, n. 6351).
Infine, l’interpretazione della normativa di settore fatta propria dall’Amministrazione sarebbe difforme rispetto a quella enucleata dall’Inps con le circolari in precedenza richiamate, con conseguente disparità di trattamento tra i dipendenti privati - cui l’Inps riconosce il diritto controverso - ed i dipendenti pubblici, sottoposti all’interpretazione restrittiva fatta propria dall’Amministrazione.
5.- La Sezione ritiene che il ricorso risulti fondato nei termini che seguono.
Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.
Invero, non risulta contestato in atti che l’Inps riconosca espressamente la possibilità per il genitore non convivente con il dipendente ma convivente con il figlio di quest’ultimo, di richiedere l’assegno familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, il cui ammontare viene determinato in relazione al reddito del genitore affidatario (non convivente con il lavoratore dipendente) e sulla base della consistenza del nucleo familiare composto dallo stesso affidatario e dal figlio naturale.
Tuttavia, la Sezione non può esimersi dal rilevare che gli orientamenti assunti dall’Inps trovano applicazione - come comunicato dallo stesso Istituto all’odierno ricorrente con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014 - nei confronti dei lavoratori privati e non anche nei confronti dei dipendenti pubblici, soggetti agli indirizzi interpretativi formulati dall’Amministrazione di appartenenza e dal Ministero dell’economia e delle finanze - Ragioneria Generale dello Stato.
Nella specie l’Amministrazione - in base ai rilievi formulati dagli organi da ultimo citati - ha respinto la domanda formulata dal ricorrente, evidenziando che i commi 1 e 6 dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 specificano che i destinatari dell’assegno ivi previsto sono “specificamente i lavoratori dipendenti” e che il nucleo familiare da tenere in considerazione ai fini della quantificazione dell’ammontare dell’assegno è “quello che risulta dalla relazione di parentela con il richiedente, prescindendo da altri parametri come, ad esempio, la convivenza”.
Sulla base di tali osservazioni l’Amministrazione ha, inoltre, rigettato l’istanza di parte ricorrente evidenziando che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale”; che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”; e che quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno “in quanto non ricompreso nel nucleo familiare dell’Ufficiale né titolare di un proprio rapporto di lavoro”.
Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).
Sicchè, ha concluso la Suprema Corte, ai sensi dell'art. 2 cit., commi 2 e 6 il reddito rilevante ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione, il cui reddito rileva solo ai fini del diritto all'erogazione della provvidenza. Una volta stabilita la spettanza dell'assegno, l'ammontare viene determinato sulla base del reddito del nucleo familiare dell'altro coniuge affidatario ( Corte di Cassazione, sentenza n. 13200 del 2013 ).
Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.
D’altronde, dovrebbe ritenersi illogica una ricostruzione giuridica in base alla quale l’assegno familiare di cui al citato art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, corrisposto con le stesse modalità e sulla base della medesima normativa, fosse qualificato come emolumento di natura assistenziale per i dipendenti privati e come emolumento di natura previdenziale per i dipendenti pubblici.
Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.
Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.
D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
La medesima Amministrazione, infatti, con il citato provvedimento - pur avendo evidenziato le ragioni d’ordine giuridico in base alle quali ha ritenuto di adottare un’interpretazione della normativa di settore difforme rispetto a quella valida per i dipendenti privati - non ha tuttavia fornito idonee motivazioni a sostegno della scelta di applicare ai pubblici dipendenti un regime differenziato rispetto a quello adottato dall’Inps per i lavoratori del settore privato; e ciò nonostante il fatto che non sembrano sussistere particolari differenze tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato sotto lo specifico profilo dei benefici volti a tutelare le famiglie in difficoltà economiche.
In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.
Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).
Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.
6.- Conclusivamente, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso risulta fondato e deve, conseguentemente, essere accolto.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Salvatore Cacace
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
Ricorso Straordinario Accolto ed aperta una nuova strada di Diritto per tanti colleghi nella medesima situazione.
Tutto questo grazie al Maggiore.
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Qui sotto alcuni brani.
1) - il Maggiore della Guardia di Finanza ….. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora ….., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.
2) - in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.
3) - Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).
4) - Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.
5) - Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.
6) - Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.
7) - Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.
Il CdS precisa:
8) - Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.
9) - Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).
10) - Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.
11) - Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.
12) - Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.
13) - D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
14) - In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.
15) - Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).
16) - Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.
Cmq. leggete il tutto qui sotto circa la novità di settore.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201801769 - Public 2018-07-09 -
Numero 01769/2018 e data 09/07/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 13 giugno 2018
NUMERO AFFARE 00778/2016
OGGETTO:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. per l’annullamento della determina n. 108757/15 del 15 aprile 2015, con cui è stata rigettata la sua istanza volta all’erogazione al genitore convivente con il figlio minore dell’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988.
LA SEZIONE
Vista la nota del 7 aprile 2016, prot. n. 111742, di trasmissione della relazione dell’11 dicembre 2015, pervenuta alla segreteria della Sezione il 22 aprile 2016, con cui il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.
Premesso e considerato.
1.- Con l’istanza in data 29 maggio 2014 il Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora L.. B.., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.
Con la nota prot. n. 253372/14 in data 8 settembre 2014 il Comando Generale della Guardia di Finanza esprimeva parere favorevole all’accoglimento della domanda “previa acquisizione da parte dell’interessato dell’autorizzazione da rilasciare a cura dello stesso istituto previdenziale”.
Con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014, indirizzata all’interessato, l’Inps precisava che “la richiesta di rilascio del modello ANF 43 di autorizzazione al pagamento dell’ANF da consegnare al datore di lavoro per particolari situazioni nel nucleo familiare del richiedente è previsto esclusivamente per il settore privato (…)” e che “le circolari emanate da questo Istituto non sono destinate ai dipendenti pubblici, per i quali si dovrà fare riferimento alle specifiche circolari emanate dall’amministrazione competente…”.
Conseguentemente, in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.
Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).
Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.
Il Capo di Stato Maggiore della Gdf ha in particolare così motivato il diniego:
il destinatario del beneficio può essere solo il dipendente;
il nucleo familiare da considerare ai fini della corresponsione del trattamento di famiglia è esclusivamente quello composto dallo stesso e dalla figlia, ancorché convivente con l’altro genitore;
quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno in quanto non ricompreso nel nucleo familiare del lavoratore dipendente avente titolo e non titolare di un proprio rapporto di lavoro.
2.- Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.
3.- Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.
4.- Tanto premesso, la Sezione ritiene di essere in possesso di sufficienti elementi istruttori per procedere all’esame della presente controversia.
Con un unico motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 6, del d.l. n. 69 del 2008; violazione e falsa applicazione dell’art. 211 della legge n. 151 del 1975 e dell’art. 9 della legge n. 903 del 1977; eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità e dell’irragionevolezza; sviamento di potere per disparità di trattamento; difetto d’istruttoria; contraddittorietà e illogicità della motivazione; nonché ingiustizia manifesta.
Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.
Peraltro, l’istanza formulata dall’interessato, volta inoltre a richiedere che l’assegno familiare sia parametrato sul nucleo familiare composto dall’altro genitore convivente con la figlia, sarebbe anche in linea con le disposizioni normative di settore e, in particolare, con l’art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, con l’art. 211 della legge n. 151 del 1975 - in base al quale il coniuge separato cui sono affidati i figli ha in ogni caso diritto a percepire gli assegni familiari - e con l’art. 9 della legge n. 903 del 1977, nella parte in cui dispone che le prestazioni in favore della famiglia “…nel caso di richiesta di entrambi i genitori debbono essere corrisposte al genitore con il quale il figlio convive…”.
Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.
Inoltre, la legittimità della richiesta presentata dal ricorrente sarebbe confermata sia dalla “finalità prettamente assistenziale” dell’assegno per il nucleo familiare sia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha specificato come il reddito da tenere presente al fine di valutare l’ammontare dell’assegno dovrebbe essere quello “del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli…” (Cass. Civ., Sez. lavoro, 9 settembre 2003, n. 13200 e 30 marzo 2015, n. 6351).
Infine, l’interpretazione della normativa di settore fatta propria dall’Amministrazione sarebbe difforme rispetto a quella enucleata dall’Inps con le circolari in precedenza richiamate, con conseguente disparità di trattamento tra i dipendenti privati - cui l’Inps riconosce il diritto controverso - ed i dipendenti pubblici, sottoposti all’interpretazione restrittiva fatta propria dall’Amministrazione.
5.- La Sezione ritiene che il ricorso risulti fondato nei termini che seguono.
Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.
Invero, non risulta contestato in atti che l’Inps riconosca espressamente la possibilità per il genitore non convivente con il dipendente ma convivente con il figlio di quest’ultimo, di richiedere l’assegno familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, il cui ammontare viene determinato in relazione al reddito del genitore affidatario (non convivente con il lavoratore dipendente) e sulla base della consistenza del nucleo familiare composto dallo stesso affidatario e dal figlio naturale.
Tuttavia, la Sezione non può esimersi dal rilevare che gli orientamenti assunti dall’Inps trovano applicazione - come comunicato dallo stesso Istituto all’odierno ricorrente con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014 - nei confronti dei lavoratori privati e non anche nei confronti dei dipendenti pubblici, soggetti agli indirizzi interpretativi formulati dall’Amministrazione di appartenenza e dal Ministero dell’economia e delle finanze - Ragioneria Generale dello Stato.
Nella specie l’Amministrazione - in base ai rilievi formulati dagli organi da ultimo citati - ha respinto la domanda formulata dal ricorrente, evidenziando che i commi 1 e 6 dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 specificano che i destinatari dell’assegno ivi previsto sono “specificamente i lavoratori dipendenti” e che il nucleo familiare da tenere in considerazione ai fini della quantificazione dell’ammontare dell’assegno è “quello che risulta dalla relazione di parentela con il richiedente, prescindendo da altri parametri come, ad esempio, la convivenza”.
Sulla base di tali osservazioni l’Amministrazione ha, inoltre, rigettato l’istanza di parte ricorrente evidenziando che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale”; che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”; e che quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno “in quanto non ricompreso nel nucleo familiare dell’Ufficiale né titolare di un proprio rapporto di lavoro”.
Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).
Sicchè, ha concluso la Suprema Corte, ai sensi dell'art. 2 cit., commi 2 e 6 il reddito rilevante ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione, il cui reddito rileva solo ai fini del diritto all'erogazione della provvidenza. Una volta stabilita la spettanza dell'assegno, l'ammontare viene determinato sulla base del reddito del nucleo familiare dell'altro coniuge affidatario ( Corte di Cassazione, sentenza n. 13200 del 2013 ).
Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.
D’altronde, dovrebbe ritenersi illogica una ricostruzione giuridica in base alla quale l’assegno familiare di cui al citato art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, corrisposto con le stesse modalità e sulla base della medesima normativa, fosse qualificato come emolumento di natura assistenziale per i dipendenti privati e come emolumento di natura previdenziale per i dipendenti pubblici.
Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.
Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.
D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.
La medesima Amministrazione, infatti, con il citato provvedimento - pur avendo evidenziato le ragioni d’ordine giuridico in base alle quali ha ritenuto di adottare un’interpretazione della normativa di settore difforme rispetto a quella valida per i dipendenti privati - non ha tuttavia fornito idonee motivazioni a sostegno della scelta di applicare ai pubblici dipendenti un regime differenziato rispetto a quello adottato dall’Inps per i lavoratori del settore privato; e ciò nonostante il fatto che non sembrano sussistere particolari differenze tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato sotto lo specifico profilo dei benefici volti a tutelare le famiglie in difficoltà economiche.
In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.
Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).
Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.
6.- Conclusivamente, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso risulta fondato e deve, conseguentemente, essere accolto.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Salvatore Cacace
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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