Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

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SECONDA PARTE
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12.– Le disposizioni in esame sfuggono alle censure dei giudici rimettenti.

12.1.– Con l’assetto normativo delineato dall’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, questa Corte ha già avuto occasione di confrontarsi (sentenze n. 219 del 2014 e n. 310 del 2013).

Seppure sotto angolazioni specifiche, le sentenze citate hanno respinto le censure di illegittimità costituzionale delle misure contenute nel d.l. n. 78 del 2010, sulla base di un percorso argomentativo che instrada alla soluzione delle questioni di legittimità costituzionale qui considerate.

Si è precisato, in quell’occasione, che le prospettive necessariamente pluriennali del ciclo di bilancio non consentono analogie con situazioni risalenti in cui le manovre economiche si ponevano obiettivi temporalmente delimitati. A tale riguardo, questa Corte ha valorizzato «[l]a recente riforma dell’art. 81 Cost., a cui ha dato attuazione la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), con l’introduzione, tra l’altro, di regole sulla spesa, e dell’art. 97, primo comma, Cost., rispettivamente ad opera degli artt. 1 e 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), ma ancor prima il nuovo primo comma dell’art. 119 Cost.» (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.4. del Considerato in diritto).

Anche la direttiva 8 novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri) corrobora la necessità di considerare le politiche di bilancio in una dimensione pluriennale, puntualizzando che «la maggior parte delle misure finanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno oltre il ciclo di bilancio annuale» e che «na prospettiva annuale non costituisce pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide» (considerando n. 20).

Alla stregua di tali rilievi, questa Corte ha riconosciuto la ragionevolezza di un sistema di misure dotate di una proiezione strutturale, che esclude in radice ogni possibilità di recupero delle procedure negoziali per il periodo di riferimento (sentenza n. 189 del 2012, punto 4.1. del Considerato in diritto).

La natura pluriennale delle politiche di bilancio, espressamente considerata nei precedenti citati, è speculare alla durata triennale delle tornate contrattuali, nei termini consacrati nell’ “Intesa per l’applicazione dell’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 ai comparti contrattuali del settore pubblico”, siglata a Roma il 30 aprile 2009 dai ministri competenti e da alcune organizzazioni sindacali (si veda, in particolare, art. 2, lettera a).

Si prefigura, in tal modo, sia per la parte normativa, sia per quella economica, una spiccata dimensione programmatica della contrattazione collettiva. A conferma di una natura dinamica, tipica dei meccanismi di rinnovo dei contratti collettivi, si possono osservare le interrelazioni degli stessi con la manovra triennale di finanza pubblica, secondo le cadenze scandite dall’art. 11, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e secondo i criteri indicati dall’art. 17, comma 7 della stessa legge.

Spetta alla legge di stabilità indicare, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, l’importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego (art. 11, comma 3, lettera g, della legge n. 196 del 2009, ai sensi dell’art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001).

12.2.– La legittimità delle misure ricordate, oltre che nella prospettiva programmatica ora esposta, risiede nella ragionevolezza che ne ispira le linee direttrici.

Si tratta, invero, di provvedimenti che, pur diversamente modulati, si applicano all’intero comparto pubblico e impongono limiti e restrizioni generali, in una dimensione che questa Corte ha connotato in senso solidaristico (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del Considerato in diritto, già citato).

La ragionevolezza delle misure varate discende anche dalla particolare gravità della situazione economica e finanziaria, concomitante con l’intervento normativo.

Tali dati contingenti sono confermati sia dalle fonti ufficiali (Rapporto semestrale ARAN sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, giugno 2010), sia dai lavori preparatori. Il dibattito che, al Senato, scandisce l’iter parlamentare della conversione in legge del decreto polarizza l’attenzione sulla «particolare gravità della situazione economica e finanziaria internazionale» e sulle «ripercussioni sull’economia nazionale» (seduta della Quinta Commissione del Senato – Commissione Bilancio – del 16 giugno 2010).

Dal canto suo, la magistratura contabile avvalora l’urgenza di intervenire con misure di contenimento delle retribuzioni (Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, e Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica).

La ragionevolezza dell’intero impianto normativo si coglie anche nell’incidenza delle misure su una dinamica retributiva pubblica, che si attestava «su valori più sostenuti di quanto registrato nei settori privati dell’economia» (si veda il citato Rapporto semestrale ARAN, giugno 2010). Nella seduta della Quinta Commissione del Senato (Commissione Bilancio), tenutasi il 16 giugno 2010, si è sottolineato che nell’ultimo decennio le retribuzioni dei dipendenti pubblici hanno visto «un incremento di fatto sensibilmente superiore per la pubblica amministrazione rispetto a quello degli altri due comparti» dell’industria e dei servizi di mercato. Tale dato collima con quanto è stato segnalato dalla Corte dei conti, sezioni riunite di controllo, nel rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica.

Il carattere generale delle misure varate dal d.l. n. 78 del 2010, inserite in un disegno organico improntato a una dimensione programmatica, scandita su un periodo triennale, risponde all’esigenza di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando l’incremento delle retribuzioni del settore privato.

Sono dunque da disattendere le censure di violazione degli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost., in quanto il sacrificio del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro svolto e del diritto di accedere alla contrattazione collettiva non è, nel quadro ora delineato, né irragionevole né sproporzionato.

13.– Quanto alle disposizioni introdotte dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, che demandavano a un regolamento la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2014 le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni, si deve rilevare che il sindacato di costituzionalità non può tralasciare le norme della legge di stabilità per il 2014, che hanno recuperato al rango primario la normativa di matrice regolamentare (d.P.R. n. 122 del 2013), inizialmente intervenuta a specificare e a completare il contenuto precettivo delle norme di legge (sentenza n. 1104 del 1988, punto 6. del Considerato in diritto). In particolare, le previsioni di tale legge riguardano la sospensione delle procedure negoziali inerenti alla parte economica per il periodo 2013-2014 (art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013) e la limitazione dell’ammontare dei trattamenti accessori (art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013).

Intercorre, dunque, un nesso inscindibile tra le disposizioni del d.l. n. 98 del 2011, specificamente impugnate, e le disposizioni della legge di stabilità per il 2014 (sentenze n. 186 del 2013 e n. 310 del 2010).

14.– In primo luogo, si devono esaminare le censure relative all’estensione fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni mirate a bloccare l’incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti e dell’ammontare complessivo delle risorse destinate ai trattamenti accessori e gli effetti economici delle progressioni di carriera (art. 1, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 122 del 2013), estensione di cui si deduce anzitutto il contrasto con l’art. 36, primo comma, Cost.

Sotto tale profilo, le censure formulate con riguardo all’estensione delle misure restrittive oltre i confini temporali originariamente tracciati non si dimostrano fondate, al pari di quelle che riguardavano le originarie disposizioni del d.l. n. 78 del 2010.

14.1.– Entrambi i giudici rimettenti paventano i riflessi del prolungato blocco della dinamica negoziale sulla proporzionalità della retribuzione al lavoro prestato.

Il giudice ravennate, in particolare, correla la violazione del citato canone di proporzionalità al mancato adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e al fatto che le retribuzioni non rispecchino il livello di professionalità acquisito dai lavoratori e la maggiore gravosità del lavoro prestato, dovuta al blocco del turn over.

Neppure tali rilievi persuadono circa la fondatezza dei dubbi di costituzionalità.

Si deve ribadire, in linea di principio, che l’emergenza economica, pur potendo giustificare la stasi della contrattazione collettiva, non può avvalorare un irragionevole protrarsi del “blocco” delle retribuzioni. Si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di proporzionalità della retribuzione, riferito alla quantità e alla qualità del lavoro svolto (sentenza n. 124 del 1991, punto 6. del Considerato in diritto).

Tale criterio è strettamente correlato anche alla valorizzazione del merito, affidata alla contrattazione collettiva, ed è destinato a proiettarsi positivamente nell’orbita del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Nondimeno, il giudizio sulla conformità al parametro dell’art. 36 Cost. non può essere svolto in relazione a singoli istituti, né limitatamente a periodi brevi, poiché si deve valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla luce del canone della onnicomprensività (sentenza n. 154 del 2014). Con tale valutazione complessiva l’ordinanza non si confronta.

Nel considerare – alla stregua della giurisprudenza di questa Corte – un siffatto arco temporale, si deve notare, anzitutto, che le disposizioni censurate hanno cessato di operare a decorrere dal 1° gennaio 2015.

La legge di stabilità per il 2015 non ne ha prorogato l’efficacia, in quanto ha dettato disposizioni che riguardano unicamente l’estensione fino al 31 dicembre 2015 del “blocco” della contrattazione economica (art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014) ed escludono gli incrementi dell’indennità di vacanza contrattuale (art. 1, comma 255, della medesima legge n. 190 del 2014). Emerge dunque con chiarezza l’orizzonte delimitato entro cui si collocano le misure restrittive citate.

Tra i fattori rilevanti, da valutare in un arco temporale più ampio, si deve annoverare, in secondo luogo, la pregressa dinamica delle retribuzioni nel lavoro pubblico, che, attestandosi su valori più elevati di quelli riscontrati in altri settori, ha poi richiesto misure di contenimento della spesa pubblica.

A questo riguardo, l’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Ravenna non offre una dimostrazione puntuale del «macroscopico ed irragionevole scostamento», che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 126 del 2000, punto 5. del Considerato in diritto), in difetto di un principio cogente di costante allineamento delle retribuzioni, denota il contrasto della legge con il precetto dell’art. 36, primo comma, Cost.

L’argomento suggestivo del “blocco” del turn over, legato alla specificità del settore della giustizia e della realtà locale, analizzata nella predetta ordinanza di rimessione, non vale a dar conto della violazione dei precetti costituzionali denunciata in capo a una normativa destinata ad applicarsi – nella sua valenza generale ed astratta – a una platea più vasta di dipendenti del settore pubblico.

Peraltro, dall’incremento delle pendenze da trattare, congiunto con l’assottigliarsi del numero dei dipendenti, non si può inferire, per ciò stesso, un aumento del carico di lavoro, che renda radicalmente sproporzionata la retribuzione percepita.

Un’inferenza come quella ipotizzata potrebbe essere accreditata di un qualche fondamento empirico, soltanto se le metodologie di lavoro e i moduli organizzativi permanessero inalterati, senza riverberarsi sul lavoro degli uffici, e se il disbrigo degli affari avvenisse secondo le medesime scansioni temporali, imponendo conseguentemente ai dipendenti un carico di lavoro più gravoso.

Nel caso di specie, pertanto, alla stregua di una valutazione necessariamente proiettata su un periodo più ampio e del carattere non decisivo degli elementi addotti a fondamento delle censure, non risulta dimostrato l’irragionevole sacrificio del principio di proporzionalità della retribuzione.

14.2.– L’infondatezza delle censure incentrate sull’art. 36, primo comma, Cost. ha come corollario l’infondatezza di eventuali pretese risarcitorie o indennitarie.

15.– Sono, invece, fondate, nei termini di cui si dirà, le censure mosse, al regime di sospensione per la parte economica delle procedure contrattuali e negoziali in riferimento all’art. 39, primo comma, Cost. Esse si incentrano sul protrarsi del “blocco” negoziale, così prolungato nel tempo da rendere evidente la violazione della libertà sindacale

15.1.– Le norme impugnate dai giudici rimettenti e le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015 si susseguono senza soluzione di continuità, proprio perché accomunate da analoga direzione finalistica.

Tale scansione temporale preclude, in relazione all’art. 39, primo comma, Cost., ogni considerazione atomistica del “blocco” della contrattazione economica per il periodo 2013-2014, avulso dalla successiva proroga. Il “blocco”, così come emerge dalle disposizioni che, nel loro stesso concatenarsi, ne definiscono la durata complessiva, non può che essere colto in una prospettiva unitaria.

Ciò risulta anche dalla formulazione letterale dell’art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014, che estende fino al 2015 il “blocco” ed è quindi destinato a incidere sui giudizi in corso.

15.2.– La disamina unitaria delle misure di “blocco” della contrattazione collettiva le colloca in un orizzonte meno angusto e contingente, per porne in luce l’incidenza, tutt’altro che episodica, sui valori costituzionali coinvolti.

La valutazione di tali profili problematici emerge anche dal dibattito parlamentare, che ha preceduto l’emanazione del regolamento governativo (Commissioni riunite I, Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni, e XI, Lavoro pubblico e privato, della Camera dei deputati, parere reso il 19 giugno 2013).

Inoltre, l’entrata in vigore delle disposizioni della legge di stabilità per il 2015 tende a rendere strutturali le misure introdotte per effetto del d.P.R. n. 122 del 2013 e della legge n. 147 del 2013.

Il fatto che tali misure fossero destinate a perpetuarsi nel tempo si evince dall’art. 1, comma 255, della legge n. 190 del 2014, che, fino al 2018, cristallizza l’ammontare dell’indennità di vacanza contrattuale ai valori del 31 dicembre 2013.

Il carattere strutturale delle misure e la conseguente violazione dell’autonomia negoziale non possono essere esclusi, sol perché, per la tornata 2013-2014, è stata salvaguardata la libertà di svolgere le procedure negoziali riguardanti la parte normativa (art. 1, comma 1, lettera c, del d.P.R. n. 122 del 2013).

La contrattazione deve potersi esprimere nella sua pienezza su ogni aspetto riguardante la determinazione delle condizioni di lavoro, che attengono immancabilmente anche alla parte qualificante dei profili economici.

Non appaiono decisivi, per escludere il contrasto con l’art. 39, primo comma, Cost., i molteplici contratti enumerati dalla difesa dello Stato, che non attestano alcun superamento della sospensione delle procedure negoziali per la parte squisitamente economica del rapporto di lavoro e per gli aspetti più caratteristici di tale àmbito.

L’estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono la contrattazione economica e che, già per il 2013-2014, erano state definite eccezionali, svela, al contrario, un assetto durevole di proroghe. In ragione di una vocazione che mira a rendere strutturale il regime del “blocco”, si fa sempre più evidente che lo stesso si pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall’art. 39, primo comma, Cost.

16.– La libertà sindacale è tutelata dall’art. 39, primo comma, Cost., nella sua duplice valenza individuale e collettiva, e ha il suo necessario complemento nell’autonomia negoziale (ex plurimis, sentenze n. 697 del 1988, punto 3. del Considerato in diritto, e n. 34 del 1985, punto 4. del Considerato in diritto).

Numerose fonti internazionali soccorrono nella definizione del nesso funzionale che lega un diritto a esercizio collettivo, quale è la contrattazione, con la libertà sindacale. Pertanto, l’interpretazione della fonte costituzionale nazionale si collega sincronicamente con l’evoluzione delle fonti sovranazionali e da queste trae ulteriore coerenza.

Tra tali fonti spiccano la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 87, firmata a San Francisco il 17 giugno 1948, concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, la Convenzione OIL n. 98, firmata a Ginevra l’8 giugno 1949, concernente l’applicazione dei Principi del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, entrambe ratificate e rese esecutive con legge 23 marzo 1958, n. 367, e, con specifico riguardo al lavoro pubblico, la Convenzione OIL n. 151, relativa alla protezione del diritto di organizzazione e alle procedure per la determinazione delle condizioni di impiego nella funzione pubblica, adottata a Ginevra il 27 giugno 1978 nel corso della 64ª sessione della Conferenza generale, ratificata e resa esecutiva con legge 19 novembre 1984, n. 862.

Un rapporto di mutua implicazione tra libertà sindacale e contrattazione collettiva traspare dall’evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla libertà sindacale, che interpreta estensivamente l’art. 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (Grande Camera, sentenza 12 novembre 2008, Demir e Baykara contro Turchia, riguardante il diritto di stipulare contratti collettivi nel lavoro pubblico).

Si deve inoltre citare l’art. 6 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 9 febbraio 1999, n. 30, che affianca all’esercizio collettivo del diritto di contrattazione la procedura dei reclami collettivi, disciplinata dal Protocollo addizionale alla Carta del 1995.

Il «diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi» è riconosciuto anche dall’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che ha ora «lo stesso valore giuridico dei trattati», in forza dell’art. 6, comma 1, del Trattato sull’Unione europea (TUE), come modificato dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ratificato e reso esecutivo con legge 2 agosto 2008 n. 130, ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009.

Infine, in un quadro inteso a riconoscere e a promuovere il ruolo delle parti sociali, a favorire il dialogo tra le stesse, nel rispetto della loro autonomia, si deve ricordare l’art. 152, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), norma introdotta con il Trattato di Lisbona.

17.– Il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale (sentenza n. 309 del 1997, punti 2.2.2., 2.2.3. e 2.2.4. del Considerato in diritto). Nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (art. 2, commi 2, secondo periodo, e 3-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001), nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001), e «i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali» (art. 40, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001).

In una costante dialettica con la legge, chiamata nel volgere degli anni a disciplinare aspetti sempre più puntuali (art. 40, comma 1, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo contempera in maniera efficace e trasparente gli interessi contrapposti delle parti e concorre a dare concreta attuazione al principio di proporzionalità della retribuzione, ponendosi, per un verso, come strumento di garanzia della parità di trattamento dei lavoratori (art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001) e, per altro verso, come fattore propulsivo della produttività e del merito (art. 45, comma 3, del d.lgs. 165 del 2001).

Il contratto collettivo che disciplina il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si ispira, proprio per queste peculiari caratteristiche che ne garantiscono l’efficacia soggettiva generalizzata, ai doveri di solidarietà fondati sull’art. 2 Cost.

Tali elementi danno conto sia delle molteplici funzioni che, nel lavoro pubblico, la contrattazione collettiva riveste, coinvolgendo una complessa trama di valori costituzionali (artt. 2, 3, 36, 39 e 97 Cost.), in un quadro di tutele che si è visto essere presidiato anche da numerose fonti sovranazionali, sia delle disarmonie e delle criticità, che una protratta sospensione della dinamica negoziale rischia di produrre.

Se i periodi di sospensione delle procedure “negoziali e contrattuali” non possono essere ancorati al rigido termine di un anno, individuato dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione a misure diverse e a un diverso contesto di emergenza (sentenza n. 245 del 1997, ordinanza n. 299 del 1999), è parimenti innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum.

Su tale linea converge anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sottolineato l’esigenza di «un “giusto equilibrio” tra le esigenze di interesse generale della comunità e i requisiti di protezione dei diritti fondamentali dell’individuo» e ha salvaguardato le misure adottate dal legislatore portoghese – in tema di riduzione dei trattamenti pensionistici – sulla scorta dell’elemento chiave del limite temporale che le contraddistingue (Seconda sezione, sentenza 8 ottobre 2013, António Augusto da Conceiçao Mateus e Lino Jesus Santos Januário contro Portogallo, punti 23 e seguenti del Considerato in diritto).

Il carattere ormai sistematico di tale sospensione sconfina, dunque, in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale (art. 39, primo comma, Cost.), indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001), ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una coerente programmazione finanziaria (art. 81, primo comma, Cost.).

Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 Cost., proprio per questo, non è più tollerabile.

Solo ora si è palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e può, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale, che spiega i suoi effetti a séguito della pubblicazione di questa sentenza.

18.– Rimossi, per il futuro, i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all’ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato.

Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015);

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera c), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1, comma 452, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento all’art. 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, e dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013 e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 35, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, e 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall’art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013 e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento all’art. 35, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall’art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015.

Allegato:

Ordinanza letta all'udienza del 23 giugno 2015
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Ordinanza allegata alla Sentenza 23 luglio 2015, n. 178

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ORDINANZA 23 GIUGNO

ANNO 2015



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alessandro CRISCUOLO Presidente

- Paolo Maria NAPOLITANO Giudice

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Visti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale introdotto con ordinanza del Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, depositata il 27 novembre 2013 (n. 76 del Registro ordinanze 2014);

rilevato che, in tale giudizio, sono intervenute, con atto d'intervento depositato il 6 giugno 2014, la Federazione GILDA-UNAMS e, con atto d'intervento depositato il 10 giugno 2014, la Confederazione indipendente sindacati europei (CSE) e la Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica amministrazione (CONFEDIR);

che i soggetti sopra indicati non sono stati parti nel giudizio a quo;

che la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, si vedano le ordinanze allegate alle sentenze n. 37 del 2015, n. 162 del 2014, n. 231 del 2013, n. 272 del 2012 e n. 349 del 2007) è nel senso che la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale);

che a tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi, che siano portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura;

che, pertanto, l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente non deve derivare, come per tutte le altre situazioni sostanziali disciplinate dalla legge denunciata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall'immediato effetto che la pronuncia della Corte produce sul rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo;

che, nel giudizio da cui traggono origine le questioni di legittimità costituzionale oggi in discussione, GILDA-UNAMS e CONFEDIR non rivestono la posizione di terzo, legittimato a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte;

che, infatti, GILDA-UNAMS e CONFEDIR sarebbero soltanto investite dagli effetti riflessi della pronuncia di questa Corte, al pari degli altri soggetti sindacali che si trovino in posizione analoga a quella degli organismi (Federazione lavoratori pubblici-FLP e Federazione italiana lavoratori pubblici-FIALP), che hanno promosso il giudizio a quo;

che, inoltre, si tratta di soggetti sindacali che mancano di qualsiasi collegamento con il rapporto sostanziale dedotto nel giudizio a quo, concernente la stipulazione dei contratti applicati al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri e del comparto ministeri e al personale degli enti pubblici non economici;

che, difatti, GILDA-UNAMS allega di essere organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa del diverso comparto della scuola e CONFEDIR non ha dimostrato di aver partecipato alle stesse procedure negoziali che hanno coinvolto i sindacati ricorrenti nel giudizio principale (FLP e FIALP), avendo documentato di avere sottoscritto il contratto collettivo nazionale del personale dirigente per i diversi comparti delle Regioni e delle autonomie locali (area II) e del servizio sanitario nazionale;

che deve ritenersi, per contro, ammissibile l'intervento di CSE, organizzazione sindacale intercategoriale senza fini di lucro, alla quale aderiscono FLP e FIALP, parti ricorrenti nel giudizio principale;

che l'interveniente CSE ha sottoscritto, unitamente a FLP, sindacato ricorrente nel giudizio principale, il contratto nazionale di lavoro relativo al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri per il quadriennio 2006-2009 (biennio economico 2006-2007) e il contratto collettivo relativo al medesimo comparto per il biennio economico 2008-2009;

che, pertanto, CSE, in quanto organizzazione rappresentativa, ai sensi dell'art. 43 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e firmataria della contrattazione rilevante nel giudizio a quo, vanta un interesse qualificato, che si differenzia rispetto all'interesse generale della più vasta platea delle organizzazioni sindacali;

che si configura, nella specie, un interesse direttamente connesso con la posizione soggettiva dedotta in giudizio da FLP, in considerazione dell'unitarietà della situazione sostanziale dei sindacati ammessi alla medesima procedura di contrattazione collettiva e firmatari del medesimo contratto.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili gli interventi spiegati da GILDA-UNAMS e CONFEDIR (Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica amministrazione) nel giudizio di legittimità costituzionale di cui al numero 76 del Registro ordinanze 2014;

2) dichiara ammissibile, nel presente giudizio di costituzionalità, l'intervento di CSE (Confederazione indipendente sindacati europei).

F.to: Alessandro Criscuolo, Presidente


gino59
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da gino59 »

Blocco contrattuale x pensionati
Inviato: dom set 06, 2015 4:54 pm
Da: maffeos62@gmail.com
A: gino59

Buonasera
Per cortesia è possibile sapere qualche notizia e/o ricorso da farsi x quanto riguarda il blocco contrattuale, visto che sono stato riformato gennaio 2013 avendo maturato il terzo assegno funzionale e inviato lettera CNA Chieti prima della riforma.
Grazie x la collaborazione
panorama
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da panorama »

Vergognoso, Vergognoso, Vergognoso ed ancora 1 miliardo di volte VERGOGNOSO.

Dallo scorso giugno 2015, la Corte Costituzionale (che garantisce i diritti della Costituzione Italiana ai cittadini) ancora ad oggi ( a distanza di ben 9 mesi), non ha pubblicato la decretata ed aspettata sentenza di ingiustizia sul blocco dei nostri contratti economici da parte del nostro Governo.

Mi domando quanto dobbiamo aspettare ancora per avere dei giusti aumenti (almeno 200€. "istantanei" mensili meritati per non parlare addirittura di 300€. calcolando la perdita di aspettativa di vita per poter avere "un domani" una pensione congrua che ci faccia vivere in modo umano e dignitoso).

Dico questo, perché la Corte Costituzionale ha già pre-annunciato nel comunicato breve e secondo il loro punto di vista, - però - "a nostro sfavore e danno" che non ci saranno arretrati per noi "piccolissimi esseri umani" poiché ciò che verrà scritto, non vale per gli anni passati (dal 2010 in poi).

Purtroppo devo dire che, noi "piccolissimi esseri umani" non abbiamo nessun potere ma la Corte deve essere nostra garantista, si garantista.

Dubito molto però sulla data di pubblicazione, perché più tardi viene pubblicata e più va a favore delle Casse dello Stato e - purtroppo - ha notevole sfavore nostro, infatti, il comunicato parlava che i benefici economici di tutti noi, decorreranno un domani proprio a far data della pubblicazione delle sentenza. Non so se ho reso il concetto.

Ditemi voi se anche la data di pubblicazione non è politicizzata?

Dopo la stangata che non vedremo alcun arretrato degli anni passati, stiamo già ricevendo un'ulteriore stangata per la sua tardiva pubblicazione.

Non c'è nessun partito Politico né alcun Ministro che sollecita tale pubblicazione. Vergognoso.

Intanto, a causa di tutto questo ritardo, migliaia di colleghi tutti, si sono rivolti a Banche e Finanziarie per poter dare da mangiare alle proprie famiglie che sono al lastrico della sopportazione di vivibilità e nessuno se ne importa se queste famiglie si impoveriscono.

qui sotto quello che è rimasto in internet:
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Ecco il comunicato ufficiale della Consulta:

La Corte Costituzionale, in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, ha dichiarato, con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte.
christian71
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da christian71 »

Purtroppo, fino a quando quei parassiti avranno la scorta "garantita", giorno e notte tutti i giorni, non ci daranno nulla… ma proprio perchè non c'è un motivo valido per darceli… tanto a loro non manca niente… se invece servisse a loro per riottenere qualcosa che gli è stato tolto, magari scenderebbero anche a compromessi…

Questa è l'Italia… di mxxxx ovviamente!!!…

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spartagus
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da spartagus »

christian71 ha scritto:Purtroppo, fino a quando quei parassiti avranno la scorta "garantita", giorno e notte tutti i giorni, non ci daranno nulla… ma proprio perchè non c'è un motivo valido per darceli… tanto a loro non manca niente… se invece servisse a loro per riottenere qualcosa che gli è stato tolto, magari scenderebbero anche a compromessi…

Questa è l'Italia… di mxxxx ovviamente!!!…

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Caro Chri non ti arrabbiare siamo in dittatura, io dovevo prendere 150 euro per il blocco pensioni mi hanno dato 18 al mese di aumento dopo tre anni di blocco e arretrai di 700 euro confronti di 3.0000 che ti devo dire di più
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da Filippogianni »

ganzomen ha scritto:Probabilmente (mi ci metto anch'io) molti avranno, se non esultato, almeno sorriso all'incostituzionalità del blocco dei contratti del pubblico impiego. Dopo i primi nanosecondi di parziale euforia ho fatto mente locale al ragionamento che terrà la classe politica italica: con la prossima legge di stabilità di fine anno adempiremo alla sentenza e vi daremo, dal 2016, circa 50/60 euro lordi (30/40 netti). Qualche centesimo in più per le varie indennità e per 3/4 anni siete a posto. Ovviamente, anche se l'esborso per tutto il pubblico impiego (compreso il comparto sicurezza) farà fatica ad arrivare a circa un miliardo di euro (detratte le tasse), avranno carta bianca e si sentiranno rafforzati nel fare quello che hanno già in mente. Complice i 16 miliardi di euro da trovare entro fine anno altrimenti l'IVA passa dal 22 al 25%, toglieranno i due terzi delle detrazioni più consistenti dal 730 (spese funebri, soglia di 10/20 mila euro lordi di imponibile per le detrazioni delle spese mediche, spese trasporti, sport ecc.), i soliti aumenti del carburante e delle sigarette, e qualche altra trovata di capodanno. Trenta/quaranta ne prenderemo e 80/100 se ne prenderanno. Altro che gamberi....E' inutile, ho si metteranno in testa di tagliare drasticamente le pensioni sopra i 5000/6000 euro anno, applicheranno i costi standard in breve tempo e taglieranno effettivamente ruberie e sprechi (in tutti i settori) oppure abituiamoci, se va bene, ad un lento e decoroso declino. Fino ad alcuni anni fa ero un inguaribile ottimista.....ora mica tanto...
====== non bisogna mai perdere l'ottimismo , nei trascorsi anni di servizio ne abbiamo viste e sopportate di tutti i colori eppure nonostante tempi belli e brutti oggi siamo qui , possiamo raccontarci tutto il vissuto di quei periodi , molti rimpiangono e molti altri hanno messo un macigno su tutto il passato.
Credo che alla fine della candela non stiamo poi così male in confronto alle nuove generazioni quindi continua nell'inguaribe ottimista .
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da panorama »

per promemoria, allego PDF della lettera datata 05/03/2015 in cui il Ministero della Difesa dispone il pagamento per i promossi Colonnelli e Generali nel periodo 2011/2014.
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Re: Era meglio non vincere il ricorso sul blocco contratti

Messaggio da mixmax »

Filippogianni ha scritto:
ganzomen ha scritto:Probabilmente (mi ci metto anch'io) molti avranno, se non esultato, almeno sorriso all'incostituzionalità del blocco dei contratti del pubblico impiego. Dopo i primi nanosecondi di parziale euforia ho fatto mente locale al ragionamento che terrà la classe politica italica: con la prossima legge di stabilità di fine anno adempiremo alla sentenza e vi daremo, dal 2016, circa 50/60 euro lordi (30/40 netti). Qualche centesimo in più per le varie indennità e per 3/4 anni siete a posto. Ovviamente, anche se l'esborso per tutto il pubblico impiego (compreso il comparto sicurezza) farà fatica ad arrivare a circa un miliardo di euro (detratte le tasse), avranno carta bianca e si sentiranno rafforzati nel fare quello che hanno già in mente. Complice i 16 miliardi di euro da trovare entro fine anno altrimenti l'IVA passa dal 22 al 25%, toglieranno i due terzi delle detrazioni più consistenti dal 730 (spese funebri, soglia di 10/20 mila euro lordi di imponibile per le detrazioni delle spese mediche, spese trasporti, sport ecc.), i soliti aumenti del carburante e delle sigarette, e qualche altra trovata di capodanno. Trenta/quaranta ne prenderemo e 80/100 se ne prenderanno. Altro che gamberi....E' inutile, ho si metteranno in testa di tagliare drasticamente le pensioni sopra i 5000/6000 euro anno, applicheranno i costi standard in breve tempo e taglieranno effettivamente ruberie e sprechi (in tutti i settori) oppure abituiamoci, se va bene, ad un lento e decoroso declino. Fino ad alcuni anni fa ero un inguaribile ottimista.....ora mica tanto...
====== non bisogna mai perdere l'ottimismo , nei trascorsi anni di servizio ne abbiamo viste e sopportate di tutti i colori eppure nonostante tempi belli e brutti oggi siamo qui , possiamo raccontarci tutto il vissuto di quei periodi , molti rimpiangono e molti altri hanno messo un macigno su tutto il passato.
Credo che alla fine della candela non stiamo poi così male in confronto alle nuove generazioni quindi continua nell'inguaribe ottimista .
Sottoscrivo Filippo.
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