Perdita grado e revoca pensione
Re: Perdita grado e revoca pensione
La stessa Sezione, con diversi magistrati e diverso caso, rigettano l'appello del collega della GdiF.
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PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 55 21/01/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 55 2015 PENSIONI 21/01/2015
Sentenza n.55/2015/A
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
= ° =
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Martino COLELLA Presidente
Dott. Nicola LEONE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere
Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore
Dott.ssa Giuseppa MANEGGIO Consigliere
Ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 44738 del registro di segreteria, proposto OMISSIS, elettivamente domiciliato in Roma, via Sabotino n. 45, presso lo studio dell'avv. C, M,, che lo rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con l'avv. C. P. F. del Foro di Torino,
avverso
la sentenza 16.12.2011, n. 183 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Piemonte e nei confronti dell’INPDAP, del Ministero economia e finanze e del Comando generale della Guardia di finanza.
Visti gli atti e documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del giorno 30 settembre 2014, il consigliere relatore dr. Piergiorgio Della Ventura, l’avv. C. M. per l’appellante e il dr. Vincenzo Bove per l’INPS resistente;
F A T T O
Il Vice Brigadiere della Guardia di Finanza OMISSIS in data 21 aprile 2004, con verbale n. … della Commissione Medico Ospedaliera di Torino, veniva dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato per infermità e da collocare in congedo assoluto. Il Comando regionale per il Piemonte della Guardia di finanza, con determinazione 21 giugno 2004, disponeva pertanto, nei confronti del militare, la cessazione dal servizio permanente per infermità e il collocamento in congedo assoluto con decorrenza 4 aprile 2004.
A seguito della cessazione dal servizio, all’interessato venivano erogati gli acconti di pensione provvisoria dal 4 luglio 2004 al 31 marzo 2005 (acconti successivamente corrisposti dall’I.N.P.D.A.P.), ai sensi dell'art. 52, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973.
= ° =
Con determinazione 17 maggio 2010, il Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale della Guardia di finanza, in relazione ad un procedimento penale nei confronti del sig. OMISSIS, stabiliva:
a) di disporre la sanzione della perdita del grado per rimozione;
b) la decorrenza della perdita del grado , per effetto dell'art. 37, comma 2 della Legge n. 599/1954, dalla data (4 aprile 2004) in cui l'interessato era cessato dal servizio, intendendosi così modificata la causa del collocamento in congedo;
c) che pertanto "il Vice Brigadiere - in congedo assoluto - OMISSIS perde il grado per rimozione ed è posto a disposizione del Centro Documentale (già Distretto Militare) competente come semplice soldato a decorrere dal 4 aprile 2004, intendendosi così modificata la causa di cessazione dal servizio".
In conseguenza di ciò, con nota del 16.6.2010 diretta all’ I.N.P.D.A.P., la Guardia di finanza disponeva la sospensione del pagamento della pensione provvisoria e il recupero delle somme corrisposte dal 1.4.2005.
Successivamente, previa comunicazione di avvio del procedimento, l'I.N.P.D.A.P., con provvedimento 4.3.2011, notificato il 14.3.2011, disponeva il recupero della somma di € 64.197,53 a. titolo di "rifusione somme in più percepite relative alla pensione iscrizione n. ….. intestata a OMISSIS", per il periodo 1.4.2005 - 30.6.2010.
= ° =
Con atto notificato il 11.5.2011 il signor OMISSIS impugnava il provvedimento dinanzi alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte.
Con sentenza n. 183/2011, depositata il 16.12.2011, la Corte territoriale respingeva il ricorso.
= ° =
Avverso tale sentenza l’interessato ha interposto appello, lamentando, in primo luogo, che l'Amministrazione militare ha modificato, con effetto retroattivo, la causa del collocamento in congedo precedentemente attribuitagli, in contrasto con principi generali dell'ordinamento (Legge 7.8.1990, n. 241 e segnatamente artt. 1, 2, 3).
E’ poi ricordato il D.P.R. 29.12.1973, n. 1092, il cui art. 206 dispone che "nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all'accertamento di fatto doloso dell'interessato. Il mancato recupero derivante dall'applicazione della norma del presente articolo può essere addebitato all'impiegato soltanto in caso di dolo o colpa grave": occorre, in sostanza, che l'atteggiamento soggettivo non sia stato caratterizzato da artifici o raggiri del pensionato per indurre in errore l'Amministrazione nell'erogazione delle maggiori somme. E dunque, i provvedimenti ingiuntivi di recupero delle somme indebitamente erogate a titolo pensionistico sarebbero illegittimi, non operando nella materia il disposto di cui all'articolo 2033 del codice civile; cita, al riguardo, l’orientamento di questa Corte dei conti.
Ricorda l’appellante che il Giudice di primo grado , pur ammettendo di non rinvenire, nella condotta del ricorrente, il dolo specifico (quale "atteggiamento soggettivo caratterizzato da artifici e raggiri del pensionato per indurre in errore l'Amministrazione nell'erogazione dell'assegno di quiescenza"), ha tuttavia ritenuto che nell'erogazione in favore del sig. OMISSIS ricorresse comunque la "piena consapevolezza del medesimo, certamente non contestabile, circa le gravi condotte delittuose poste in essere che hanno originato il procedimento penale a suo carico”. In altri termini, secondo l’appellante la sentenza qui impugnata confonde la valutazione (dolo) sull'elemento soggettivo relativo alla pensione di invalidità, con la valutazione relativa ai fatti oggetto del procedimento penale.
Concludendo, ritiene l’interessato che la sanzione disciplinare non possa incidere retroattivamente ed in pejus sui diritti previdenziali acquisiti dal pensionato; questo perché i requisiti per l'accesso alla pensione sono cristallizzati al momento del collocamento in congedo; mentre invece, a provvedimento intervenuto, per fictio iuris nello stesso momento in cui il ricorrente era stato collocato in congedo per infermità, incide su una situazione giuridica già consolidata per fatto stesso dell'Amministrazione, in violazione dei principi di cui alla sentenza Corte Cost. n. 48/1971, secondo la quale non è possibile "modificare a posteriori la causa di cessazione del rapporto".
Con ulteriore, recente memoria parte appellante, nel ribadire le proprie considerazioni, richiama varia giurisprudenza recente di questa Corte, successiva a SS.RR., n. 2/2012/QM, che a suo avviso conferma la necessità di affermazione dell’irripetibilità dell’indebito pensionistico in contestazione.
= ° =
Si è costituito l’INPS con recente memoria, chiedendo il rigetto del gravame. Fa presente, in particolare, che la decorrenza retroattiva della modifica della causa di cessazione si fonda sul disposto dell’art. 37 della L. n. 599/1954, norma poi confermata dall’art. 923 del D.Lgs. 15.3.2010, n. 66, Codice dell’ordinamento militare. In conseguenza di detta modifica, l’interessato non può più beneficiare della pensione di cui all’art. 26 della L. n. 599/1954, ma è soggetto alle comuni regole di cui agli artt. 6 D.Lgs. 30.4.1997, n. 165 e 59, c. 6 e segg. della L. 27.12.1997, n. 449, che richiedono requisiti più severi per il conseguimento del diritto a pensione.
In ogni caso, prosegue la memoria dell’INPS, nel caso non ricorre alcun legittimo affidamento del percipiente, poichè all’epoca del collocamento a riposo, aprile 2004, era già pendente il procedimento penale a suo carico.
= ° =
Nell’odierna pubblica udienza, l’avv. M.. cita anzi tutto l’art. 21-bis della L. n. 241/1990, come interpretato da Cons. Stato, Sezione IV, n. 5582/2012, secondo cui i provvedimenti limitativi non possono avere effetto retroattivo. L’erogazione della pensione provvisoria, nel periodo considerato, era perfettamente legittima e tale legittimità non potrebbe essere posta nel nulla. Erra la sentenza nel momento in cui ravvisa il dolo da parte del pensionato: la p.a. conosceva perfettamente, al momento della liquidazione della pensione nel 2004, la sentenza penale di primo grado , che è del 2003.
Il dr. Bove, per l’Istituto previdenziale appellante, si riporta alla memoria depositata e chiede il rigetto dell’appello. Ricorda che la legge prevede che in caso di sanzione di perdita del grado , tale misura determina la modifica della stessa causa di cessazione dal servizio, che va rivista alla luce dei corrispondenti, nuovi requisiti. Né qui potrebbero valere i principi in tema di irripetibilità dell’indebito pensionistico, non ricorrendo qui alcuna buona fede del percipiente.
D I R I T T O
1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2. Dispone(va) testualmente l’articolo 37 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (recante “Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica”) – norma vigente all’epoca dei fatti e successivamente abrogata dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), come modificato dal D.Lgs. 24 febbraio 2012, n. 20 – che “[1] Il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare. [2] Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado , la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta”.
La disposizione normativa abrogata, occorre pure precisare, è stata comunque pienamente confermata dall’art. 923 del predetto D.Lgs. n. 66/2010. La nuova norma (“Cause che determinano la cessazione del rapporto di impiego”) reca infatti principi del tutto identici a quelli previgenti: “[1] Il rapporto di impiego del militare cessa per una delle seguenti cause: (…) b) infermità; (…) [5] Il militare cessa dal servizio, nel momento in cui nei suoi riguardi si verifica una delle predette cause, anche se si trova sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Se detto procedimento si conclude successivamente con un provvedimento di perdita del grado , la cessazione dal servizio si considera avvenuta per tale causa”.
3. Ciò posto, appare evidente, dalla semplice lettura della normativa applicabile in materia, sopra letteralmente riportata, come l’operato del Comando generale della Guardia di finanza e successivamente dell’INPS, non possano che essere valutati del tutto corretti e non meritevoli di censura alcuna.
Ed infatti, da un lato ha esattamente operato il Comando generale della Guardia di finanza, nel momento in cui ha collocato in congedo assoluto per infermità il sig. OMISSIS, una volta che questi era stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato. A seguito di tale collocamento in congedo, all’interessato non poteva non essere corrisposto il trattamento pensionistico provvisorio spettante, ai sensi dell'art. 52, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973.
Ma altrettanto incontestabile si pone la successiva determinazione del Comando Interregionale che nel 2010, all’esito del procedimento penale a suo tempo attivato nei confronti del medesimo sig. OMISSIS, stabiliva la sanzione della perdita del grado per rimozione, con decorrenza dalla data (4 aprile 2004) in cui l'interessato era cessato dal servizio, intendendosi così modificata la causa del collocamento in congedo: tali determinazioni non sono state altro che la mera e piana applicazione della norma di cui all'art. 37, comma 2 della Legge n. 599/1954, cit.. In claris, non fit interpretatio.
L’ovvia conseguenza dei provvedimenti di cui sopra, a sua volta, è stata la (doverosa) sospensione del pagamento de ratei di pensione provvisoria da parte della Guardia di finanza e, infine, il recupero delle relative somme, medio tempore corrisposte all’interessato e rivelatesi indebite, alla luce della sanzione comminatagli e della causa di cessazione dal servizio.
Insomma, nessuna seria obiezione potrebbe muoversi all’operato degli enti coinvolti nella vicenda. In particolare, poi, non ha senso alcuno parlare di retroattività o di violazione dei principi generali su procedimento amministrativo, di cui alla legge n. 241/1990, a fronte di previsioni normative specifiche, del tutto chiare circa effetti e conseguenze di determinati atti e comportamenti.
Non ha poi fondamento quanto afferma l’interessato, laddove lamenta una violazione, da parte dell’amministrazione, dei diritti previdenziali da lui acquisiti e cristallizzati al momento del collocamento in congedo; tale situazione era infatti già da data anteriore sub judice e suscettibile, quindi, di mutamento qualora fossero state accertate le sue responsabilità penali, per fatti – è bene precisare – commessi ben prima del suo collocamento in congedo. Di certo, non vi sono stati mutamenti ex post, improvvisi o inaspettati, nella valutazione della posizione previdenziale dell’ex dipendente.
4. Né potrebbe parlarsi, con riferimento al recupero dell’indebito pensionistico, di buona fede dell’interessato o invocare alcun affidamento da parte sua.
Sotto un primo profilo, per la verità, potrebbe dubitarsi perfino dell’ammissibilità stessa di una simile censura, dal momento che la sussistenza degli elementi su cui si fondano l’affidamento e la buona fede del percipiente costituiscono questioni di fatto, non sindacabili in sede d’appello ai sensi dell’art. 1, comma 5 L. n. 19/1994 e succ. mod., come evidenziato dalla sentenza n. 2/2012 delle SS.RR di questa Corte, citata anche dall’appellante.
Ma, in ogni caso, la doglianza attorea è priva di fondamento.
Il procedimento penale a carico del sig. OMISSIS, come già accennato, era iniziato molto tempo prima della sua cessazione dal servizio per infermità: il rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di Torino è dell’aprile 2001 e la sentenza di primo grado da parte del GUP, di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., è di luglio 2003 (anch’essa, dunque, di gran lunga precedente alla data di decorrenza del medesimo collocamento a riposo ordinario).
L’applicabilità delle norme di cui all’art. 37 della legge n. 599/1954 si presentava dunque, in tale contesto, come altamente probabile (per non dire pressochè certa) e l’interessato era perfettamente a conoscenza di ciò, o almeno avrebbe dovuto, usando dell’ordinaria diligenza.
Del resto, le stesse norme e la giurisprudenza citate da parte attrice a conforto delle proprie prospettazioni circa l’affermata buona fede riguardano, in realtà, una casistica ben differente (cioè l’indebito originato dal conguaglio fra trattamento provvisorio e definitivo, comunque dovuto) e non appaiono dunque applicabili in alcun modo al caso di specie.
5. In conclusione, la sentenza impugnata non merita censura alcuna e va interamente confermata.
Tanto stabilito, occorre a questo punto pervenire alla regolamentazione delle spese di causa relative all’odierno grado di giudizio.
Al riguardo, non è luogo a provvedere in ordine alle spese di giustizia: v. in proposito, ex multis, Sezione I app., 1.3.2013, n. 165 e 6.3.2013, n. 187.
Con riferimento invece alle spese legali, osserva il Collegio che i principi di cui agli articoli 91, 92 comma 2 e 96 del c.p.c., nella loro attuale versione (a seguito cioè delle modifiche recate, in ultimo, dalla legge n. 69/2009), hanno notevolmente circoscritto la possibilità di compensazione delle spese tra le parti, che d’ora innanzi è legata a “gravi ed eccezionali ragioni”, delle quali il Giudice deve dare conto nella motivazione della sentenza (art. 92, comma 2, c.p.c.).
Ma in ogni caso, già da tempo e a prescindere dalla su detta innovazione normativa, la giurisprudenza pacifica di questa Corte dei conti non dubitava potersi addivenire, laddove ne sussistano gli estremi, alla condanna alle spese legali, giacchè tale evenienza rappresenta pur sempre un principio di carattere generale, anche nella vigenza dell’originaria formulazione degli artt. 91 e segg. c.p.c.: ex plurimis, v. Sezione I app., 13.3.2013, n. 214 e 11.1.2013, n. 20; Sezione III app., 16.1.2013, n. 33 e 18.1.2013, n. 42.
Nella presente fattispecie, il Collegio ravvisa senza dubbio i presupposti per la condanna alle spese legali dell’appellante, il quale ha insistito nel riproporre una pretesa palesemente infondata, secondo quanto innanzi evidenziato.
In concreto, tenuto conto della costituzione in giudizio dell’INPS a mezzo di propri funzionari, questo Giudice ritiene di poter forfetariamente liquidare dette spese nella somma di € 1.000,00 (euro mille/00) a favore del predetto Istituto.
P. Q. M.
la Corte dei conti - Sezione I giurisdizionale centrale di appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RESPINGE l’appello di cui in epigrafe, nei sensi sopra esposti;
CONDANNA parte appellante al pagamento delle spese legali a favore dell’INPS resistente; spese determinate in € 1.000,00 (euro mille/00).
Nulla per le spese di giustizia.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2014.
L'ESTENSORE
(f.to Piergiorgio Della Ventura)
IL PRESIDENTE
(f.to Martino Colella)
Depositata in Segreteria il 21 gennaio 2015
IL DIRIGENTE
f.to Massimo Biagi
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PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 55 21/01/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 55 2015 PENSIONI 21/01/2015
Sentenza n.55/2015/A
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
= ° =
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Martino COLELLA Presidente
Dott. Nicola LEONE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere
Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore
Dott.ssa Giuseppa MANEGGIO Consigliere
Ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 44738 del registro di segreteria, proposto OMISSIS, elettivamente domiciliato in Roma, via Sabotino n. 45, presso lo studio dell'avv. C, M,, che lo rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con l'avv. C. P. F. del Foro di Torino,
avverso
la sentenza 16.12.2011, n. 183 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Piemonte e nei confronti dell’INPDAP, del Ministero economia e finanze e del Comando generale della Guardia di finanza.
Visti gli atti e documenti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza del giorno 30 settembre 2014, il consigliere relatore dr. Piergiorgio Della Ventura, l’avv. C. M. per l’appellante e il dr. Vincenzo Bove per l’INPS resistente;
F A T T O
Il Vice Brigadiere della Guardia di Finanza OMISSIS in data 21 aprile 2004, con verbale n. … della Commissione Medico Ospedaliera di Torino, veniva dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato per infermità e da collocare in congedo assoluto. Il Comando regionale per il Piemonte della Guardia di finanza, con determinazione 21 giugno 2004, disponeva pertanto, nei confronti del militare, la cessazione dal servizio permanente per infermità e il collocamento in congedo assoluto con decorrenza 4 aprile 2004.
A seguito della cessazione dal servizio, all’interessato venivano erogati gli acconti di pensione provvisoria dal 4 luglio 2004 al 31 marzo 2005 (acconti successivamente corrisposti dall’I.N.P.D.A.P.), ai sensi dell'art. 52, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973.
= ° =
Con determinazione 17 maggio 2010, il Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale della Guardia di finanza, in relazione ad un procedimento penale nei confronti del sig. OMISSIS, stabiliva:
a) di disporre la sanzione della perdita del grado per rimozione;
b) la decorrenza della perdita del grado , per effetto dell'art. 37, comma 2 della Legge n. 599/1954, dalla data (4 aprile 2004) in cui l'interessato era cessato dal servizio, intendendosi così modificata la causa del collocamento in congedo;
c) che pertanto "il Vice Brigadiere - in congedo assoluto - OMISSIS perde il grado per rimozione ed è posto a disposizione del Centro Documentale (già Distretto Militare) competente come semplice soldato a decorrere dal 4 aprile 2004, intendendosi così modificata la causa di cessazione dal servizio".
In conseguenza di ciò, con nota del 16.6.2010 diretta all’ I.N.P.D.A.P., la Guardia di finanza disponeva la sospensione del pagamento della pensione provvisoria e il recupero delle somme corrisposte dal 1.4.2005.
Successivamente, previa comunicazione di avvio del procedimento, l'I.N.P.D.A.P., con provvedimento 4.3.2011, notificato il 14.3.2011, disponeva il recupero della somma di € 64.197,53 a. titolo di "rifusione somme in più percepite relative alla pensione iscrizione n. ….. intestata a OMISSIS", per il periodo 1.4.2005 - 30.6.2010.
= ° =
Con atto notificato il 11.5.2011 il signor OMISSIS impugnava il provvedimento dinanzi alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte.
Con sentenza n. 183/2011, depositata il 16.12.2011, la Corte territoriale respingeva il ricorso.
= ° =
Avverso tale sentenza l’interessato ha interposto appello, lamentando, in primo luogo, che l'Amministrazione militare ha modificato, con effetto retroattivo, la causa del collocamento in congedo precedentemente attribuitagli, in contrasto con principi generali dell'ordinamento (Legge 7.8.1990, n. 241 e segnatamente artt. 1, 2, 3).
E’ poi ricordato il D.P.R. 29.12.1973, n. 1092, il cui art. 206 dispone che "nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all'accertamento di fatto doloso dell'interessato. Il mancato recupero derivante dall'applicazione della norma del presente articolo può essere addebitato all'impiegato soltanto in caso di dolo o colpa grave": occorre, in sostanza, che l'atteggiamento soggettivo non sia stato caratterizzato da artifici o raggiri del pensionato per indurre in errore l'Amministrazione nell'erogazione delle maggiori somme. E dunque, i provvedimenti ingiuntivi di recupero delle somme indebitamente erogate a titolo pensionistico sarebbero illegittimi, non operando nella materia il disposto di cui all'articolo 2033 del codice civile; cita, al riguardo, l’orientamento di questa Corte dei conti.
Ricorda l’appellante che il Giudice di primo grado , pur ammettendo di non rinvenire, nella condotta del ricorrente, il dolo specifico (quale "atteggiamento soggettivo caratterizzato da artifici e raggiri del pensionato per indurre in errore l'Amministrazione nell'erogazione dell'assegno di quiescenza"), ha tuttavia ritenuto che nell'erogazione in favore del sig. OMISSIS ricorresse comunque la "piena consapevolezza del medesimo, certamente non contestabile, circa le gravi condotte delittuose poste in essere che hanno originato il procedimento penale a suo carico”. In altri termini, secondo l’appellante la sentenza qui impugnata confonde la valutazione (dolo) sull'elemento soggettivo relativo alla pensione di invalidità, con la valutazione relativa ai fatti oggetto del procedimento penale.
Concludendo, ritiene l’interessato che la sanzione disciplinare non possa incidere retroattivamente ed in pejus sui diritti previdenziali acquisiti dal pensionato; questo perché i requisiti per l'accesso alla pensione sono cristallizzati al momento del collocamento in congedo; mentre invece, a provvedimento intervenuto, per fictio iuris nello stesso momento in cui il ricorrente era stato collocato in congedo per infermità, incide su una situazione giuridica già consolidata per fatto stesso dell'Amministrazione, in violazione dei principi di cui alla sentenza Corte Cost. n. 48/1971, secondo la quale non è possibile "modificare a posteriori la causa di cessazione del rapporto".
Con ulteriore, recente memoria parte appellante, nel ribadire le proprie considerazioni, richiama varia giurisprudenza recente di questa Corte, successiva a SS.RR., n. 2/2012/QM, che a suo avviso conferma la necessità di affermazione dell’irripetibilità dell’indebito pensionistico in contestazione.
= ° =
Si è costituito l’INPS con recente memoria, chiedendo il rigetto del gravame. Fa presente, in particolare, che la decorrenza retroattiva della modifica della causa di cessazione si fonda sul disposto dell’art. 37 della L. n. 599/1954, norma poi confermata dall’art. 923 del D.Lgs. 15.3.2010, n. 66, Codice dell’ordinamento militare. In conseguenza di detta modifica, l’interessato non può più beneficiare della pensione di cui all’art. 26 della L. n. 599/1954, ma è soggetto alle comuni regole di cui agli artt. 6 D.Lgs. 30.4.1997, n. 165 e 59, c. 6 e segg. della L. 27.12.1997, n. 449, che richiedono requisiti più severi per il conseguimento del diritto a pensione.
In ogni caso, prosegue la memoria dell’INPS, nel caso non ricorre alcun legittimo affidamento del percipiente, poichè all’epoca del collocamento a riposo, aprile 2004, era già pendente il procedimento penale a suo carico.
= ° =
Nell’odierna pubblica udienza, l’avv. M.. cita anzi tutto l’art. 21-bis della L. n. 241/1990, come interpretato da Cons. Stato, Sezione IV, n. 5582/2012, secondo cui i provvedimenti limitativi non possono avere effetto retroattivo. L’erogazione della pensione provvisoria, nel periodo considerato, era perfettamente legittima e tale legittimità non potrebbe essere posta nel nulla. Erra la sentenza nel momento in cui ravvisa il dolo da parte del pensionato: la p.a. conosceva perfettamente, al momento della liquidazione della pensione nel 2004, la sentenza penale di primo grado , che è del 2003.
Il dr. Bove, per l’Istituto previdenziale appellante, si riporta alla memoria depositata e chiede il rigetto dell’appello. Ricorda che la legge prevede che in caso di sanzione di perdita del grado , tale misura determina la modifica della stessa causa di cessazione dal servizio, che va rivista alla luce dei corrispondenti, nuovi requisiti. Né qui potrebbero valere i principi in tema di irripetibilità dell’indebito pensionistico, non ricorrendo qui alcuna buona fede del percipiente.
D I R I T T O
1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2. Dispone(va) testualmente l’articolo 37 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (recante “Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica”) – norma vigente all’epoca dei fatti e successivamente abrogata dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), come modificato dal D.Lgs. 24 febbraio 2012, n. 20 – che “[1] Il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare. [2] Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado , la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta”.
La disposizione normativa abrogata, occorre pure precisare, è stata comunque pienamente confermata dall’art. 923 del predetto D.Lgs. n. 66/2010. La nuova norma (“Cause che determinano la cessazione del rapporto di impiego”) reca infatti principi del tutto identici a quelli previgenti: “[1] Il rapporto di impiego del militare cessa per una delle seguenti cause: (…) b) infermità; (…) [5] Il militare cessa dal servizio, nel momento in cui nei suoi riguardi si verifica una delle predette cause, anche se si trova sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Se detto procedimento si conclude successivamente con un provvedimento di perdita del grado , la cessazione dal servizio si considera avvenuta per tale causa”.
3. Ciò posto, appare evidente, dalla semplice lettura della normativa applicabile in materia, sopra letteralmente riportata, come l’operato del Comando generale della Guardia di finanza e successivamente dell’INPS, non possano che essere valutati del tutto corretti e non meritevoli di censura alcuna.
Ed infatti, da un lato ha esattamente operato il Comando generale della Guardia di finanza, nel momento in cui ha collocato in congedo assoluto per infermità il sig. OMISSIS, una volta che questi era stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato. A seguito di tale collocamento in congedo, all’interessato non poteva non essere corrisposto il trattamento pensionistico provvisorio spettante, ai sensi dell'art. 52, comma 1 del D.P.R. n. 1092/1973.
Ma altrettanto incontestabile si pone la successiva determinazione del Comando Interregionale che nel 2010, all’esito del procedimento penale a suo tempo attivato nei confronti del medesimo sig. OMISSIS, stabiliva la sanzione della perdita del grado per rimozione, con decorrenza dalla data (4 aprile 2004) in cui l'interessato era cessato dal servizio, intendendosi così modificata la causa del collocamento in congedo: tali determinazioni non sono state altro che la mera e piana applicazione della norma di cui all'art. 37, comma 2 della Legge n. 599/1954, cit.. In claris, non fit interpretatio.
L’ovvia conseguenza dei provvedimenti di cui sopra, a sua volta, è stata la (doverosa) sospensione del pagamento de ratei di pensione provvisoria da parte della Guardia di finanza e, infine, il recupero delle relative somme, medio tempore corrisposte all’interessato e rivelatesi indebite, alla luce della sanzione comminatagli e della causa di cessazione dal servizio.
Insomma, nessuna seria obiezione potrebbe muoversi all’operato degli enti coinvolti nella vicenda. In particolare, poi, non ha senso alcuno parlare di retroattività o di violazione dei principi generali su procedimento amministrativo, di cui alla legge n. 241/1990, a fronte di previsioni normative specifiche, del tutto chiare circa effetti e conseguenze di determinati atti e comportamenti.
Non ha poi fondamento quanto afferma l’interessato, laddove lamenta una violazione, da parte dell’amministrazione, dei diritti previdenziali da lui acquisiti e cristallizzati al momento del collocamento in congedo; tale situazione era infatti già da data anteriore sub judice e suscettibile, quindi, di mutamento qualora fossero state accertate le sue responsabilità penali, per fatti – è bene precisare – commessi ben prima del suo collocamento in congedo. Di certo, non vi sono stati mutamenti ex post, improvvisi o inaspettati, nella valutazione della posizione previdenziale dell’ex dipendente.
4. Né potrebbe parlarsi, con riferimento al recupero dell’indebito pensionistico, di buona fede dell’interessato o invocare alcun affidamento da parte sua.
Sotto un primo profilo, per la verità, potrebbe dubitarsi perfino dell’ammissibilità stessa di una simile censura, dal momento che la sussistenza degli elementi su cui si fondano l’affidamento e la buona fede del percipiente costituiscono questioni di fatto, non sindacabili in sede d’appello ai sensi dell’art. 1, comma 5 L. n. 19/1994 e succ. mod., come evidenziato dalla sentenza n. 2/2012 delle SS.RR di questa Corte, citata anche dall’appellante.
Ma, in ogni caso, la doglianza attorea è priva di fondamento.
Il procedimento penale a carico del sig. OMISSIS, come già accennato, era iniziato molto tempo prima della sua cessazione dal servizio per infermità: il rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di Torino è dell’aprile 2001 e la sentenza di primo grado da parte del GUP, di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., è di luglio 2003 (anch’essa, dunque, di gran lunga precedente alla data di decorrenza del medesimo collocamento a riposo ordinario).
L’applicabilità delle norme di cui all’art. 37 della legge n. 599/1954 si presentava dunque, in tale contesto, come altamente probabile (per non dire pressochè certa) e l’interessato era perfettamente a conoscenza di ciò, o almeno avrebbe dovuto, usando dell’ordinaria diligenza.
Del resto, le stesse norme e la giurisprudenza citate da parte attrice a conforto delle proprie prospettazioni circa l’affermata buona fede riguardano, in realtà, una casistica ben differente (cioè l’indebito originato dal conguaglio fra trattamento provvisorio e definitivo, comunque dovuto) e non appaiono dunque applicabili in alcun modo al caso di specie.
5. In conclusione, la sentenza impugnata non merita censura alcuna e va interamente confermata.
Tanto stabilito, occorre a questo punto pervenire alla regolamentazione delle spese di causa relative all’odierno grado di giudizio.
Al riguardo, non è luogo a provvedere in ordine alle spese di giustizia: v. in proposito, ex multis, Sezione I app., 1.3.2013, n. 165 e 6.3.2013, n. 187.
Con riferimento invece alle spese legali, osserva il Collegio che i principi di cui agli articoli 91, 92 comma 2 e 96 del c.p.c., nella loro attuale versione (a seguito cioè delle modifiche recate, in ultimo, dalla legge n. 69/2009), hanno notevolmente circoscritto la possibilità di compensazione delle spese tra le parti, che d’ora innanzi è legata a “gravi ed eccezionali ragioni”, delle quali il Giudice deve dare conto nella motivazione della sentenza (art. 92, comma 2, c.p.c.).
Ma in ogni caso, già da tempo e a prescindere dalla su detta innovazione normativa, la giurisprudenza pacifica di questa Corte dei conti non dubitava potersi addivenire, laddove ne sussistano gli estremi, alla condanna alle spese legali, giacchè tale evenienza rappresenta pur sempre un principio di carattere generale, anche nella vigenza dell’originaria formulazione degli artt. 91 e segg. c.p.c.: ex plurimis, v. Sezione I app., 13.3.2013, n. 214 e 11.1.2013, n. 20; Sezione III app., 16.1.2013, n. 33 e 18.1.2013, n. 42.
Nella presente fattispecie, il Collegio ravvisa senza dubbio i presupposti per la condanna alle spese legali dell’appellante, il quale ha insistito nel riproporre una pretesa palesemente infondata, secondo quanto innanzi evidenziato.
In concreto, tenuto conto della costituzione in giudizio dell’INPS a mezzo di propri funzionari, questo Giudice ritiene di poter forfetariamente liquidare dette spese nella somma di € 1.000,00 (euro mille/00) a favore del predetto Istituto.
P. Q. M.
la Corte dei conti - Sezione I giurisdizionale centrale di appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RESPINGE l’appello di cui in epigrafe, nei sensi sopra esposti;
CONDANNA parte appellante al pagamento delle spese legali a favore dell’INPS resistente; spese determinate in € 1.000,00 (euro mille/00).
Nulla per le spese di giustizia.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2014.
L'ESTENSORE
(f.to Piergiorgio Della Ventura)
IL PRESIDENTE
(f.to Martino Colella)
Depositata in Segreteria il 21 gennaio 2015
IL DIRIGENTE
f.to Massimo Biagi
Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da MIRKOLEONE »
claudio1000 ha scritto: .......
Sent. n.48/2015 A
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
........omissis
SENTENZA
........omissis
La Corte dei Conti — Sezione Giurisdizionale per la regione
Abruzzo - pur consapevole di un orientamento restrittivo in
materia, ma alla luce "di una rivisitazione della normativa e di
un'interpretazione costituzionalmente orientata", ha accolto il
ricorso proposto dal Salerno "
....omissis
.......dal momento che anche la Corte costituzionale ha, quantomeno, ritenuto
l’illegittimità costituzionale delle norme che disciplinano
l’istituto della perdita del grado per i sottufficiali senza
prevedere, alla stregua di quanto statuito per gli ufficiali, che
il diritto a pensione maturi al compimento di 15 anni di servizio
(cfr. Corte cost. sent. n. 557/1989).
......omissis
ecco qua quello a cui mi riferivo con i miei interventi in proposito degli scorsi anni...
vedasi qui per esempio:
http://forum.grnet.it/carabinieri-f43/p ... 38-30.html" onclick="window.open(this.href);return false;
Ritengo quindi ancora questa la via giusta, ovvero quella costituzionale, per far valere il diritto alla pensione senza che abbia effetto retroattivo, poiché la stessa cosa non vale per la categoria degli ufficiali.
Per quanto riguarda l'anzianità di servizi, mi pare di vedere che l'interessato non l'aveva maturata e in effetti nel conteggio della anzianità l'Istituto di previdenza non conteggia il raggiungimento dei requisiti della pensione di anzianità (cosa che l'avrebbe messo al riparo dalla perdita della pensione);
A conferma di ciò, si noti come la Corte, quando in sentenza si riferisce al fatto che egli l'aveva raggiunto l'anzianità contributiva prevista, indica gli anni 15 previsti per percepire la pensione a seguito di infermità.
Ho poi dato una rapida letta alla sentenza sfavorevole relativa al Brig. della GDF, e mi pare in in tal caso nessuno abbia tirato in ballo la questione di costituzionalità relativa ai punti cui io mi riferisco.
In ogni caso io aspetto ancora fiducioso che qualcuno porti la questione avanti la Corte Costituzionale, che per forza di cose dovrebbe confermare nei confronti del Nuovo Ordinamento Militare l'incostituzionalità della norma nel punto in cui prevede un differente trattamento per ufficiali ed altri militari, così come già fatto per ben due volte nei decenni passati con le norme che, purtroppo, dopo essere state dichiarate incostituzionali, sono state reiterate nel Nuovo Ordinamento (uscite dalla porta ed entrate dalla finestra)
Ciao a tutti Mirkoleone
Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da claudio1000 »
ecco qua quello a cui mi riferivo con i miei interventi in proposito degli scorsi anni...
vedasi qui per esempio:
http://forum.grnet.it/carabinieri-f43/p ... 38-30.html" onclick="window.open(this.href);return false;
Ritengo quindi ancora questa la via giusta, ovvero quella costituzionale, per far valere il diritto alla pensione senza che abbia effetto retroattivo, poiché la stessa cosa non vale per la categoria degli ufficiali.
Per quanto riguarda l'anzianità di servizi, mi pare di vedere che l'interessato non l'aveva maturata e in effetti nel conteggio della anzianità l'Istituto di previdenza non conteggia il raggiungimento dei requisiti della pensione di anzianità (cosa che l'avrebbe messo al riparo dalla perdita della pensione);
A conferma di ciò, si noti come la Corte, quando in sentenza si riferisce al fatto che egli l'aveva raggiunto l'anzianità contributiva prevista, indica gli anni 15 previsti per percepire la pensione a seguito di infermità.
Ho poi dato una rapida letta alla sentenza sfavorevole relativa al Brig. della GDF, e mi pare in in tal caso nessuno abbia tirato in ballo la questione di costituzionalità relativa ai punti cui io mi riferisco.
In ogni caso io aspetto ancora fiducioso che qualcuno porti la questione avanti la Corte Costituzionale, che per forza di cose dovrebbe confermare nei confronti del Nuovo Ordinamento Militare l'incostituzionalità della norma nel punto in cui prevede un differente trattamento per ufficiali ed altri militari, così come già fatto per ben due volte nei decenni passati con le norme che, purtroppo, dopo essere state dichiarate incostituzionali, sono state reiterate nel Nuovo Ordinamento (uscite dalla porta ed entrate dalla finestra)
Ciao a tutti Mirkoleone[/quote]
La via Costituzionale è fondamentale ma vorrei meglio comprendere la motivazione di questa sentenza ossia il brigadiere è stato riformato nel 2007 quando era ancora in vigore la legge 599 del 31/07/1954, la quale prevedeva la maturazione del trattamento pensionistico al raggiungimento dei 15 anni (non parla di pensione di infermità), per questo motivo ed al fine di dare la stessa garanzia riservata agli Ufficiali ha vinto il ricorso.
Successivamente la legge del 1954 è stata abrogata dal nuovo Codice di Ordinamento militare (2010) pertanto da quello che ne deduco tutti i militari riformati dopo il 2010 (entrata in vigore del nuovo Codice militare) non possono richiamare a propria difesa la predetta legge (599/54) che come ho detto dava l'opportunità di percepire la pensione ordinaria (e non di infermità) al raggiungimento dei 15 anni.
Chiedo gentilmente a tutti coloro che vogliono partecipare se è giusto quello che ho detto oppure come ha riferito Mirkoleone si tratta dei 15 anni minimi richiesti (come previsto anche oggi) per la pensione di infermità.
vedasi qui per esempio:
http://forum.grnet.it/carabinieri-f43/p ... 38-30.html" onclick="window.open(this.href);return false;
Ritengo quindi ancora questa la via giusta, ovvero quella costituzionale, per far valere il diritto alla pensione senza che abbia effetto retroattivo, poiché la stessa cosa non vale per la categoria degli ufficiali.
Per quanto riguarda l'anzianità di servizi, mi pare di vedere che l'interessato non l'aveva maturata e in effetti nel conteggio della anzianità l'Istituto di previdenza non conteggia il raggiungimento dei requisiti della pensione di anzianità (cosa che l'avrebbe messo al riparo dalla perdita della pensione);
A conferma di ciò, si noti come la Corte, quando in sentenza si riferisce al fatto che egli l'aveva raggiunto l'anzianità contributiva prevista, indica gli anni 15 previsti per percepire la pensione a seguito di infermità.
Ho poi dato una rapida letta alla sentenza sfavorevole relativa al Brig. della GDF, e mi pare in in tal caso nessuno abbia tirato in ballo la questione di costituzionalità relativa ai punti cui io mi riferisco.
In ogni caso io aspetto ancora fiducioso che qualcuno porti la questione avanti la Corte Costituzionale, che per forza di cose dovrebbe confermare nei confronti del Nuovo Ordinamento Militare l'incostituzionalità della norma nel punto in cui prevede un differente trattamento per ufficiali ed altri militari, così come già fatto per ben due volte nei decenni passati con le norme che, purtroppo, dopo essere state dichiarate incostituzionali, sono state reiterate nel Nuovo Ordinamento (uscite dalla porta ed entrate dalla finestra)
Ciao a tutti Mirkoleone[/quote]
La via Costituzionale è fondamentale ma vorrei meglio comprendere la motivazione di questa sentenza ossia il brigadiere è stato riformato nel 2007 quando era ancora in vigore la legge 599 del 31/07/1954, la quale prevedeva la maturazione del trattamento pensionistico al raggiungimento dei 15 anni (non parla di pensione di infermità), per questo motivo ed al fine di dare la stessa garanzia riservata agli Ufficiali ha vinto il ricorso.
Successivamente la legge del 1954 è stata abrogata dal nuovo Codice di Ordinamento militare (2010) pertanto da quello che ne deduco tutti i militari riformati dopo il 2010 (entrata in vigore del nuovo Codice militare) non possono richiamare a propria difesa la predetta legge (599/54) che come ho detto dava l'opportunità di percepire la pensione ordinaria (e non di infermità) al raggiungimento dei 15 anni.
Chiedo gentilmente a tutti coloro che vogliono partecipare se è giusto quello che ho detto oppure come ha riferito Mirkoleone si tratta dei 15 anni minimi richiesti (come previsto anche oggi) per la pensione di infermità.
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Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da stefano1959 »
gentile claudio1000 sono un ex (ormai) maresciallo dell'Esercito e sono nuovo del forum e gradirei approfonndire la tematica che ci interessa, anche io sto per avere revocata la pensione per riforma in quanto mi è stata comunicata la perdita del grado con la decorrenza al giorno del congedo per inabilità... e non capisco proprio gli articoli del c.o.m. che sono citati nel decreto, posto che al momento del mio congedo per riforma non ero sottosposto a procedimento disciplinare ne penale... sono stato rinviato a giudizio penalmente solo otto mesi dopo la mia riforma e il tutto si è concluso con una condanna con pena sospesa... grazie a chi saprà lumeggiarmi... anche perchè perdere la pensione per me vuol dire non avere più mezzi di sostentamento per me e la famiglia e a 56 anni chi ti fa più lavorare? grazie di cuore al forum
Re: Perdita grado e revoca pensione
Purtroppo e corretto l0operato della tua amministrazione- se ti rinviavano a giudizio un giorno dopo la riforma non potevano più toglierti la pensione- Ma essendo tu rinviato a giudizio otto mesi prima ,da quel giorno hai acquistato la qualifica di imputato-per cui il ministero fa retroagire la perdita del grado alla data del rinvio a giudizio- Ma visto che la pena e stata sospesa, hai fatto ricorso al T.A.R. avverso tale provvefimento ? scusa qual'è il reato per cui sei stato condannato ?stefano1959 ha scritto:gentile claudio1000 sono un ex (ormai) maresciallo dell'Esercito e sono nuovo del forum e gradirei approfonndire la tematica che ci interessa, anche io sto per avere revocata la pensione per riforma in quanto mi è stata comunicata la perdita del grado con la decorrenza al giorno del congedo per inabilità... e non capisco proprio gli articoli del c.o.m. che sono citati nel decreto, posto che al momento del mio congedo per riforma non ero sottosposto a procedimento disciplinare ne penale... sono stato rinviato a giudizio penalmente solo otto mesi dopo la mia riforma e il tutto si è concluso con una condanna con pena sospesa... grazie a chi saprà lumeggiarmi... anche perchè perdere la pensione per me vuol dire non avere più mezzi di sostentamento per me e la famiglia e a 56 anni chi ti fa più lavorare? grazie di cuore al forum
Re: Perdita grado e revoca pensione
Hai qualche patologia ascritta a Tab-A ? se l'hai ,ti togleranno la pensione per riforma ,ma ti daranno la PP,in base alla categoria che hai-stefano1959 ha scritto:gentile claudio1000 sono un ex (ormai) maresciallo dell'Esercito e sono nuovo del forum e gradirei approfonndire la tematica che ci interessa, anche io sto per avere revocata la pensione per riforma in quanto mi è stata comunicata la perdita del grado con la decorrenza al giorno del congedo per inabilità... e non capisco proprio gli articoli del c.o.m. che sono citati nel decreto, posto che al momento del mio congedo per riforma non ero sottosposto a procedimento disciplinare ne penale... sono stato rinviato a giudizio penalmente solo otto mesi dopo la mia riforma e il tutto si è concluso con una condanna con pena sospesa... grazie a chi saprà lumeggiarmi... anche perchè perdere la pensione per me vuol dire non avere più mezzi di sostentamento per me e la famiglia e a 56 anni chi ti fa più lavorare? grazie di cuore al forum
Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da claudio1000 »
Se il procedimento penale è successivo alla riforma non possono toglierti la pensione il problema è quando il medesimo è pendente quando eri in servizio come tra l'altro recita il C.O.M..stefano1959 ha scritto:gentile claudio1000 sono un ex (ormai) maresciallo dell'Esercito e sono nuovo del forum e gradirei approfonndire la tematica che ci interessa, anche io sto per avere revocata la pensione per riforma in quanto mi è stata comunicata la perdita del grado con la decorrenza al giorno del congedo per inabilità... e non capisco proprio gli articoli del c.o.m. che sono citati nel decreto, posto che al momento del mio congedo per riforma non ero sottosposto a procedimento disciplinare ne penale... sono stato rinviato a giudizio penalmente solo otto mesi dopo la mia riforma e il tutto si è concluso con una condanna con pena sospesa... grazie a chi saprà lumeggiarmi... anche perchè perdere la pensione per me vuol dire non avere più mezzi di sostentamento per me e la famiglia e a 56 anni chi ti fa più lavorare? grazie di cuore al forum
Ciao
Re: Perdita grado e revoca pensione
Chiedo scusa avevo letto male io- In effetti se la riforma e avvenuta prima del rinvio a giudizio non può essere revocata-In quanto si acquista la qualifica di imputato solo con il rinvio agiudizio-
Anche se il procedimento penale era iniziato prima, ma si era solo indagato, e per la persona indagata non può essere applicata alcuna sanzione disciplinare-
Ma comunque le amministrazioni anche se sanno di violare la legge,molte volte applicano la sanzione della rimozione del grado pur sapendo che questa e illegittiima- costringendo il dipendente al ricorso-
Anche se il procedimento penale era iniziato prima, ma si era solo indagato, e per la persona indagata non può essere applicata alcuna sanzione disciplinare-
Ma comunque le amministrazioni anche se sanno di violare la legge,molte volte applicano la sanzione della rimozione del grado pur sapendo che questa e illegittiima- costringendo il dipendente al ricorso-
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Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da stefano1959 »
un saluto a tutti e grazie per le delucidazioni, in effetti al giorno della riforma ero in regolare costanza di servizio seppur in aspettativa per motivi di salute ovviamente... ero indagato ma il rinvio a giudizio è arrivato solo otto mesi dopo, come dicevo... non ero sospeso e l'inizio del provvedimento disciplinare è arrivato successivamente al patteggiamento per il reato di truffa militare (per carità me la sono anche cercata, ma da quì a toglierti proprio tutto mi sembra davvero troppo) ... alla fine di tutto l'iter disciplinare mi hanno comminato la perdita del grado ma retrodatando la perdita del grado al giorno del congedo per infermità, in base all'art. 867 comma 5 e 923 comma 5 del c.o.m. (ma il 867 comma 5 dice chiaro che dovrebbe venire applicato solo se si è sospeso) che dice appunto che la cessazione avviene per causa della perdita del grado e non più per infermità con relativa revoca della pensione..... a me sembra una boiata in quanto non ero sospeso dal servizio, e a me sembra che fanno tutto comunque, anche sapendo che la norma è chiara in questo senso, per farti fare ricorso con i tempi che ci vogliono e uno nel frattempo può morire pure di fame insieme alla famiglia, visto che la pensione te la tolgono.....
un ringraziamento per i vostri pareri
un ringraziamento per i vostri pareri
Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da claudio1000 »
Ti posso garantire che il procedimento disciplinare viene avviato anche se non sei stato sospeso dal servizio, l'unica differenza che in quest'ultimo caso la rimozione del grado decorre dalla data di sospensione dal servizio mentre nel secondo dalla data di riforma.stefano1959 ha scritto:un saluto a tutti e grazie per le delucidazioni, in effetti al giorno della riforma ero in regolare costanza di servizio seppur in aspettativa per motivi di salute ovviamente... ero indagato ma il rinvio a giudizio è arrivato solo otto mesi dopo, come dicevo... non ero sospeso e l'inizio del provvedimento disciplinare è arrivato successivamente al patteggiamento per il reato di truffa militare (per carità me la sono anche cercata, ma da quì a toglierti proprio tutto mi sembra davvero troppo) ... alla fine di tutto l'iter disciplinare mi hanno comminato la perdita del grado ma retrodatando la perdita del grado al giorno del congedo per infermità, in base all'art. 867 comma 5 e 923 comma 5 del c.o.m. (ma il 867 comma 5 dice chiaro che dovrebbe venire applicato solo se si è sospeso) che dice appunto che la cessazione avviene per causa della perdita del grado e non più per infermità con relativa revoca della pensione..... a me sembra una boiata in quanto non ero sospeso dal servizio, e a me sembra che fanno tutto comunque, anche sapendo che la norma è chiara in questo senso, per farti fare ricorso con i tempi che ci vogliono e uno nel frattempo può morire pure di fame insieme alla famiglia, visto che la pensione te la tolgono.....
un ringraziamento per i vostri pareri
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Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da stefano1959 »
allora se ho ben capito indipendentemente dal fatto che non sono stato sospeso dal servizio ed essendo stato riformato mentre ero in regolare costanza di servizio mi retrodatano la perdita del grado al giorno del congedo... continui ad essere perplesso, ho letto le note tecniche della direzione generale del personale ultima versione datata ottobre 2014 che recita testualmente: "il provvedimento è perfetto, valido ed efficace dalla data di cessazione dal servizio ovvero da quando è stata disposta la sospensione precauzionale, se in tale data risulta pendente un procedimento disciplinare o penale che si conclude successivamente con la perdita del grado"... a me sembra chiaro che se non c'è nessun provvedimento in corso il provvedimento decorre dslla data del decreto... maH! non so più che pensare, ovviamente sto facendo ricorso al TAR e si vedrà...
grazie comunque dell'aiuto
grazie comunque dell'aiuto
Re: Perdita grado e revoca pensione
Esatto hai perfettamente ragione, se non sei stato mai sospeso dal servizio non possono far retroagire la la data della cessazione dal servizio- La retrodatazione della perdita del grado alla data della sospensione , essa avviene solo ed esclusivamente per effetti di questione economiche dove vengono salvaguardato gli interessi dello stato- Perchè nel caso che dopo una condanna oppure una archiviazione di un procedimento penale,oppure di una prescrizione ,un dipendente che e stato sottoposto a procedimento penale, nela caso abbia sofferto la sospensione cautelare, se non viene fatto il procedimento disciplinare entro dei termini ben precisi, il dipendente ha diritto a percepire tutti gli stipendi non percepiti--stefano1959 ha scritto:allora se ho ben capito indipendentemente dal fatto che non sono stato sospeso dal servizio ed essendo stato riformato mentre ero in regolare costanza di servizio mi retrodatano la perdita del grado al giorno del congedo... continui ad essere perplesso, ho letto le note tecniche della direzione generale del personale ultima versione datata ottobre 2014 che recita testualmente: "il provvedimento è perfetto, valido ed efficace dalla data di cessazione dal servizio ovvero da quando è stata disposta la sospensione precauzionale, se in tale data risulta pendente un procedimento disciplinare o penale che si conclude successivamente con la perdita del grado"... a me sembra chiaro che se non c'è nessun provvedimento in corso il provvedimento decorre dslla data del decreto... maH! non so più che pensare, ovviamente sto facendo ricorso al TAR e si vedrà...
grazie comunque dell'aiuto
Nel caso tuo non essendoci stata alcuna sospensione cautelare, non vi e interessa della amministrazione a procedere, disciplinarmente,perchè non avrebbe alcun risultato favorevole-
Per cui anche se dovesse farti il procedimento disciplinare la decorrenza sarebbe da quella della notifica- A te che sei già pensionato e non ha senso per l'amministrrazione fare un procedimento disciplinare che non produce effetto.-
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Re: Perdita grado e revoca pensione
Messaggio da fulmineacielsereno »
Complimenti per Cosmo e goditi la meritata pensione, lascia stare gli Armaioli che tentano di infangare l'Arma dei Carabinieri.avt8 ha scritto:E normale che non potevano togliere la pensione-il brigadiere alla data del 2007 aveva raggiunto 39 anni di servizi,sufficienti per il diritto alla pensione-claudio1000 ha scritto:Per coloro che sono in procinto di vedersi revocare la pensione per riforma posto la sentenza nr.48/2015 della Corte dei Conti Sez. I Centrale d'appello che da ragione ad un Brigadiere. La stessa sentenza evidenzia inoltre che la parola "ad ogni effetto" non è presente nel nuovo codice di ord. militare a differenza della vecchia normativa 1954/599 e che pertanto la perdita della pensione non può ritenersi, allo stato, operante.
Sent. n.48/2015 A
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai Sigg.ri Magistrati
dott.ssa Piera Maggi Presidente rel.
dott. Nicola Leone Consigliere
dott.ssa Rita Loreto Consigliere
dott. Piergiorgio Della Ventura Consigliere
dott.ssa Giuseppa Maneggio Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico di appello iscritto al n. 46578 del
registro di Segreteria, proposto dal ministero della Difesa, nei
confronti del sig. Cosmo Salerno, avverso la sentenza n. 132/2013,
resa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Abruzzo;
Visti gli atti di causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 13 gennaio 2015, il relatore,
Presidente dott.ssa Piera Maggi, parte appellante Ministero della
Difesa a mezzo del dott. Michele Grisolia, su delega del direttore
Generale Maura Paolotti, il dott. Gianluca Giura per l’INPS, su
delega del dott. Antonello Crudo, e l’avvocato Federico Cinque per
parte appellata;
FATTO: Il sig. Cosmo SALERNO ha prestato servizio nell'Arma dei
Carabinieri dal 01.04.1974 al 15.06.2007 per un servizio utile
totale di anni 37 mesi 8 e giorni 3.
Il militare, con decorrenza dal 15.06.2007, cessava dal servizio
per inabilità assoluta al servizio militare ai sensi degli artt.
28 e 29 della Legge n. 599 del 31.07.1954.
Tale speciale normativa consentiva la maturazione del trattamento
pensionistico se il militare aveva raggiunto un'anzianità di
almeno 15 anni di servizio utile di cui 12 di servizio effettivo.
Pertanto, avendo lo stesso maturato gli anni per la concessione
di tale emolumento, il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri
ha concesso il trattamento pensionistico ordinario spettante.
Successivamente, il militare veniva sottoposto a procedimento
disciplinare, iniziato nell'anno 2007 e conclusosi con un
provvedimento emesso dall’Amministrazione in data 10.12.2010, D.M.
n. 535/III-7/2010, che statuiva la perdita del grado con
decorrenza dal 15.06.2007, ai sensi del combinato disposto di cui
agli artt.37 e 60, n. 6 della legge 31 luglio 1954, n. 599, in
esecuzione alla sentenza n. 40 del 22.04.2009 emessa dalla Corte
Militare d'Appello.
Il sig. Cosmo SALERNO ha, conseguentemente, proposto ricorso alla
Corte dei Conti — Sezione Giurisdizionale per la Regione Abruzzo —
lamentando la sospensione dell'erogazione della pensione,
percepita a seguito del collocamento in congedo avvenuto per
inidoneità assoluta al servizio d'istituto, sospensione scaturita dalla condanna inflitta allo stesso con sentenza n. 5 in data
26.02.2008 del Tribunale Militare di Roma e confermata con
sentenza n. 40 del 22.04.2009 dalla Corte Militare d'Appello,
divenuta irrevocabile in data 01.12.2009 e, per effetto, con
decorrenza dal 15.06.2007.
La Corte dei Conti — Sezione Giurisdizionale per la regione
Abruzzo - pur consapevole di un orientamento restrittivo in
materia, ma alla luce "di una rivisitazione della normativa e di
un'interpretazione costituzionalmente orientata", ha accolto il
ricorso proposto dal Salerno ritenendo che "alla data di emissione
del decreto di rimozione per perdita del grado con decreto n.
535/111 — 7/2010, il ricorrente aveva già maturato il diritto a
conseguire la pensione di anzianità per riforma in data 15 giugno
2007, per cui il provvedimento disciplinare può incidere
esclusivamente sulla causa della cessazione dal servizio, ma non
già sull'erogazione del trattamento pensionistico".
La sentenza è stata impugnata dal Ministero della Difesa che la
ha ritenuta viziata per i seguenti motivi di diritto:
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 37 e 60, n.6 DELLA
LEGGE 31 luglio 1954, n.599, NONCHE' DELL' ART. 923 DEL D.LGS
66/2010 — CODICE DELL'ORDINAMENTO MILITARE.
L’Amministrazione ha infatti sostenuto che, a seguito della
perdita del grado quale conseguenza di provvedimento
disciplinare, verrebbe meno il diritto a conseguire pensione
per inabilità assoluta al servizio avendo, invece, prevalenza la motivazione disciplinare che comporta il venir meno
dell’anzianità utile a pensione. Tanto conseguirebbe
dall’applicazione dell’art. 923 comma 5 del D.leg.vo n.
66/2010 che così recita: ”il militare cessa dal servizio nel
momento in cui nei suoi riguardi si verifica una delle
predette cause, (previste dal comma 1 n.d.r.) anche se si
trova sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Se
detto procedimento si conclude successivamente con un
provvedimento di perdita del grado, la cessazione dal
servizio si considera avvenuta per tale causa”.
Secondo l’Amministrazione, pertanto, anche a fini
pensionistici, la norma troverebbe applicazione e si citano,
al riguardo, le sentenze n. 5/2013 della III Sez. centrale di
appello e n. 732/2011 della II Sez. Centrale di appello e n.
235 della Sezione giur. per la Regione Siciliana.
Conclusivamente la parte chiede la sospensiva della sentenza
impugnata e, nel merito, l’annullamento e/o la riforma della
sentenza stessa con vittoria di spese che si quantificano
forfettariamente in €. 1.000,00.
Il sig. Salerno si è costituito in giudizio con il
patrocinio dell’avvocato Federico Cinque ed ha sostenuto che
l’impugnativa, ad opera del solo Ministero della Difesa e non
da parte dell’INPS - che aveva emesso l’atto di sospensione
impugnato - avrebbe fatto passare in giudicato la sentenza
nei confronti dell’INPS stesso, mentre, per quanto di competenza del Ministero, sarebbe ancora in piedi il
contenzioso in sede amministrativa. Nel merito parte
appellata osserva che, alla data del 15 giugno 2007,
l’anzianità del Salerno era di 30 anni ed 8 mesi di servizio
effettivo, oltre a 6 anni 8 mesi e quindici giorni di
servizio riscattato e di 2 anni per il servizio militare
nell’arma, cosicché lo stesso avrebbe maturato 39 anni, 4
mesi e 15 giorni sufficienti anche a conseguire la pensione
ordinaria. Contesta ancora la difesa che la sanzione
disciplinare possa incidere in pejus sui diritti acquisiti e
cita giurisprudenza a favore di tale tesi ritenendo,
comunque, insussistente un potere di autotutela
dell’Amministrazione di annullare un provvedimento
pensionistico al di fuori dei casi espressamente previsti
dalla legge. Osserva ancora che, nel testo vigente alla data
di irrogazione della sanzione disciplinare, che disciplina la
perdita del grado (art. 923 del d.leg.vo n. 66/2010), è stato
significativamente tolto l’inciso, “ad ogni effetto” presente
nel precedente testo. Quanto alla sospensiva contesta,
quindi, sia il fumus boni iuris che il periculum in mora.
In data 12 maggio 2014 si è costituito in giudizio l’INPDAP
ricordando il proprio ruolo di ordinatore secondario di spesa
con competenze pensionistiche relative al personale militare
acquisite solo dal 1° gennaio 2010 limitatamente al personale
posto direttamente nella posizione di riserva o congedo assoluto e con esclusione del personale transitato in
ausiliaria in data anteriore al 1° gennaio 2010. Per il resto
si è riportato alle difese svolte in primo grado.
Con ordinanza n. 34/2014 è stata respinta l’istanza di
sospensiva prodotta dalla parte appellante per mancanza di
fumus boni iuris e di periculum in mora.
Alla pubblica udienza le parti hanno ribadito le tesi e le
conclusioni di cui agli scritti.
DIRITTO:
L’appello risulta regolarmente notificato anche all’INPS (ex
INPDAP) che si è anche costituito in giudizio contestando la
propria legittimazione passiva e, pertanto, la prima censura è
destituita da fondamento.
La questione proposta riguarda gli effetti della sanzione
disciplinare della perdita del grado con la medesima decorrenza
della data di cessazione dal servizio per inabilità assoluta che
aveva dato diritto a pensione.
Sostiene l’Amministrazione che tale diritto a pensione sarebbe
venuto meno con tutte le conseguenze connesse.
La tesi di parte appellante non si appalesa convincente dal
momento che anche la Corte costituzionale ha, quantomeno, ritenuto
l’illegittimità costituzionale delle norme che disciplinano
l’istituto della perdita del grado per i sottufficiali senza
prevedere, alla stregua di quanto statuito per gli ufficiali, che
il diritto a pensione maturi al compimento di 15 anni di servizio (cfr. Corte cost. sent. n. 557/1989). Tale anzianità era,
comunque, posseduta dall’appellante all’atto di collocamento a
riposo, impregiudicata ogni decisione su diverse maggiori
anzianità sostenute dalla parte, questione che non è oggetto del
presente giudizio.
Le argomentazioni della difesa di parte appellata, comunque,
rilevano che, nel nuovo testo dell’articolo relativo alla perdita
del grado (art. 923 del d.leg.vo n. 66/2010), è stato
significativamente tolto l’inciso, “ad ogni effetto” presente nel
precedente testo cosicché può ben ritenersi che una così grave
conseguenza, quale la perdita del diritto a pensione, non possa
ritenersi allo stato operante.
Si condividono, pertanto, le ragioni di cui alla sentenza
impugnata che deve essere, conseguentemente, confermata, anche sul
punto della legittimazione passiva dell’INPS quale ordinatore
secondario di spesa.
Le spese legali si liquidano in favore del sig. Salerno nella
misura di €. 1.000,00(mille/00).
Nulla per le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei Conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di
Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed
eccezione reiette
RIGETTA:
1'appello in epigrafe avverso la sentenza pure in epigrafe. Le spese legali si liquidano in favore del sig. Salerno nella
misura di €. 1.000,00(mille/00).
Nulla per le spese legali e di giudizio.
Così deciso, in Roma, nelle Camere di Consiglio del 13 gennaio
2015.
Il Presidente Estensore
f.to Piera Maggi
Depositata in Segreteria il 20 gennaio 2015
Il Dirigente
f.to Massimo Biagi
Avt8, salve, correggimi se sbaglio:
- questa è la prima sentenza di secondo grado dopo il nuovo COM e quindi innovativa;
- il giudice prende in considerazione la pensione di infermità che si matura dopo i 15 anni e non quella di anzianità "...La tesi di parte appellante (Arma CC) non si appalesa convincente dal
momento che anche la Corte costituzionale ha, quantomeno, ritenuto
l’illegittimità costituzionale delle norme che disciplinano
l’istituto della perdita del grado per i sottufficiali senza
prevedere, alla stregua di quanto statuito per gli ufficiali, che
il diritto a pensione maturi al compimento di 15 anni di servizio (cfr. Corte cost. sent. n. 557/1989). Tale anzianità era,
comunque, posseduta dall’appellante all’atto di collocamento a
riposo, impregiudicata ogni decisione su diverse maggiori
anzianità sostenute dalla parte, questione che non è oggetto del
presente giudizio.
Le argomentazioni della difesa di parte appellata, comunque,
rilevano che, nel nuovo testo dell’articolo relativo alla perdita
del grado (art. 923 del d.leg.vo n. 66/2010), è stato
significativamente tolto l’inciso, “ad ogni effetto” presente nel
precedente testo cosicché può ben ritenersi che una così grave
conseguenza, quale la perdita del diritto a pensione, non possa
ritenersi allo stato operante.".
Pertanto ritengo che è una sentenza che affermi l'impossibilità di revocare la pensione di invalidità a seguito di riforma che maturano i dipendneti pubblici militari e forze dell'ordine compresi.
Tanto per entrare nello specifico ....
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