Re: pensione di reversibilità/privilegiata
Inviato: sab apr 01, 2017 11:17 am
Accolto.
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SICILIA SENTENZA 199 20/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 199 2017 PENSIONI 20/03/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Paolo Gargiulo
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A 199/2017
nel giudizio in materia di pensioni civili iscritto al n. 61225 del registro di segreteria,
INTRODOTTO con ricorso, depositato il 23 luglio 2013, proposto da A. C. C., nata OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Guerra e dall’avv. Maurizio Maria Guerra ed elettivamente domiciliata presso lo Studio legale associato Guerra, in Palermo, via Marchese di Villabianca, n. 82;
CONTRO:
• l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) - quale successore dell’I.N.P.D.A.P., per effetto dell’articolo 21, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 - rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dell’Istituto, in Palermo, via Laurana, n. 59;
• l’Agenzia del demanio, non costituita;
PER la rideterminazione della pensione privilegiata indiretta.
VISTO il ricorso e gli altri documenti di causa;
UDITI, alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Laura Giovanna Zizzo, l’avv. Alessandro Maggio, in sostituzione dell’avv. Paolo Guerra e dell’avv. Maurizio Maria Guerra, per la parte ricorrente; l’avv. Giuseppe Bernocchi, in sostituzione dell’avv. Adriana Giovanna Rizzo, per l’I.N.P.S..
Ritenuto in
F A T T O
La ricorrente – titolare, quale coniuge superstite di F. T. (dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio il 16 aprile 2003; verbale modello ML/AB n. 90 del 25 febbraio 2004 della 2^ Commissione Medica Ospedaliera di Messina; parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’adunanza n. 49/2005 del 15 febbraio 2005), di pensione privilegiata indiretta, conferita con determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – ha adito questa Corte, dopo il rigetto del ricorso amministrativo presentato al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (deliberazione n. 2649 del 24 novembre 2010), lamentando che la predetta pensione indiretta è stata determinata senza fare applicazione delle specifiche previsioni recate, per la fattispecie di cui si tratta, dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092; la ricorrente lamenta, inoltre, la violazione del suo diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità e contesta l’applicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge 8 agosto 1995, n. 335.
La difesa della parte ricorrente, a valle di articolate argomentazioni, chiede, dunque, l’accertamento – anche per i “figli superstiti finché aventi diritto” - dei diritti vantati, con consequenziale rideterminazione della pensione e con il riconoscimento, sui ratei arretrati, degli interessi e della rivalutazione.
Con memoria depositata il 19 febbraio 2016, si è costituito l’I.N.P.S., sostenendo la correttezza del procedimento seguito per la determinazione della pensione e precisando che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa”.
La difesa dell’Ente previdenziale, sostiene, inoltre, con “riferimento alla domanda intesa ad ottenere il pagamento della iis e della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico in godimento, in costanza di svolgimento di attività lavorativa”, che “a seguito della caducazione degli artt. 99, comma 5 e 97, comma 1 del DPR n. 1092 del 1973 - in quanto costituzionalmente illegittimi nella parte in cui non determinavano la misura della retribuzione oltre la quale non competevano rispettivamente la iis e la tredicesima mensilità - si è creato un vuoto legislativo” e che “in mancanza di una disposizione di Legge, che preveda il diritto agli emolumenti per cui è causa, l’Inps non può erogare i benefici richiesti in misura intera, non sussistendo una norma che riconosca in tal senso il diritto del pensionato, che presti anche attività lavorativa”.
La stessa difesa, per il caso di accoglimento del ricorso, solleva, poi, eccezione di prescrizione quinquennale - con riferimento alla data di notificazione del ricorso (“21.06.2013”) - e invoca l’applicazione del principio dell’assorbimento nel riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, concludendo, dunque, per il rigetto del ricorso stesso o, in subordine, per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione; con vittoria di spese e competenze.
Alla pubblica udienza del 2 marzo 2016, il giudice ha disposto adempimenti a carico della parte ricorrente e della segreteria della Sezione per la valida instaurazione del contradditorio.
Il 5 aprile 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato documentazione concernente l’esecuzione dei predetti adempimenti, avvenuta il 18 marzo precedente.
Il 24 giugno 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato memoria, poi annullata e sostituita da altra memoria depositata il giorno 27 seguente, come ivi espressamente indicato.
Con quest’ultimo scritto difensivo, la difesa della ricorrente ha contestato, con precise argomentazioni, le deduzioni presentate dall’Ente previdenziale, precisando, anche alla luce di queste, le proprie conclusioni e formulando, nella sostanza, la richiesta di riconoscimento:
• per il primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”;
• dopo la scadenza del primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 92, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, ferma restando la facoltà di opzione prevista dal terzo comma dello stesso articolo;
• del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità;
• degli interessi e della rivalutazione sui ratei arretrati.
La stessa difesa reitera, inoltre, la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, e chiede il rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dell’I.N.P.S..
Alla pubblica udienza del 7 luglio 2016, il giudice ha disposto adempimenti istruttori a carico dell’Ente previdenziale.
Con memoria depositata il 15 dicembre 2016, la difesa della parte ricorrente - rilevata la mancata esecuzione, da parte dell’I.N.P.S., della predetta ordinanza - ha depositato la documentazione oggetto dell’adempimento istruttorio in parola.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, la difesa della ricorrente, richiamando gli atti, si è opposta all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione e ha insistito per l’accoglimento del ricorso; la difesa dell’I.N.P.S., riportandosi alla memoria di costituzione, ne ha chiesto il rigetto.
La causa è stata, quindi, posta in decisione, come da verbale d’udienza.
Considerato in
D I R I T T O
1. In via preliminare, la domanda giudiziale va dichiarata inammissibile nella parte in cui è intesa a ottenere il riconoscimento dei diritti vantati anche nell’interesse dei “figli superstiti finché aventi diritto”, atteso che, nel presente processo, la ricorrente non ne ha la rappresentanza, neanche meramente dichiarata.
2. Nel merito – rilevato che non è controverso che la pensione privilegiata indiretta in argomento è stata conferita all’odierna ricorrente in ragione del fatto che il coniuge di questa è morto per causa di servizio il 16 aprile 2003, come, del resto, emerge anche dalla citata determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – si osserva, anzitutto, che, come correttamente contestato dalla difesa della ricorrente medesima e come risulta dal provvedimento testé citato [nel quale, vi è, infatti, anche un espresso riferimento al “Bonus (Art. 2 comma 12 L. 335/1995)”], il trattamento pensionistico è stato calcolato facendo, erroneamente, applicazione della disciplina prevista per il caso dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche “cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa” (articolo 2, comma 12 della citata legge 8 agosto 1995, n. 335).
La disciplina di riferimento per il caso di specie – riguardante il conferimento della pensione indiretta alla vedova di dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio - è, invece, recata, come correttamente sostenuto dalla difesa della ricorrente, dal più volte citato “testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato” (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), che articola il trattamento pensionistico per i superstiti in due segmenti.
Il primo di tali segmenti (cd. “Trattamento speciale”) è disciplinato dall’articolo 93 e riguarda il primo triennio decorrente dalla morte del dipendente: tale articolo, al primo comma, prevede, infatti, che “Alla vedova e agli orfani minorenni del dipendente deceduto per fatti di servizio ovvero del titolare di trattamento privilegiato di prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, è attribuito, per la durata di tre anni dal decesso del dante causa, un trattamento speciale di importo pari a quello della pensione di prima categoria e dell’assegno complementare previsto dall'art. 101, oltre agli aumenti di integrazione di cui all'articolo 106, relativi ai figli minorenni, qualunque sia la causa del decesso”
Il terzo comma dello stesso articolo 93 - nel disporre che, “Scaduto il termine di tre anni, di cui ai commi precedenti, comincia a decorrere la pensione privilegiata di riversibilità” – rinvia, poi, per la disciplina del secondo segmento, all’articolo 92, che conferisce all’avente diritto la facoltà di scegliere, fra quelli prospettati, il trattamento più favorevole: il primo comma prevede, infatti, che “Quando la morte del dipendente è conseguenza di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio, spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra. Gli assegni accessori restano quelli previsti dalle disposizioni contenute nel successivo titolo VI”; il terzo comma dispone, poi, che “È data facoltà agli aventi causa di optare per il trattamento derivante dall'applicazione delle norme contenute negli articoli precedenti di questo titolo. In tal caso le aliquote di cui al primo comma dell'art. 88 si applicano, col minimo del 50 per cento, alla pensione privilegiata diretta di prima categoria”.
2.1. Nei predetti termini – e rilevato anche che l’I.N.P.S. non ha dedotto alcunché in ordine alla mancata applicazione della predetta disciplina - va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo.
A tale riguardo, va precisato che la domanda, formulata dalla difesa della ricorrente per la prima volta con la memoria depositata il 27 giugno 2016, tendente a ottenere, per il primo triennio, il diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”, non può essere ammessa in questi termini.
Si osserva, infatti, che, nella prospettazione della ricorrente, l’alternativa della “immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico” è rappresentata come potenzialmente più favorevole per sé, vale a dire più onerosa per la controparte, sicché essa è, nella sostanza, una domanda nuova, estranea al contraddittorio instaurato con l’atto introduttivo.
3. Riguardo alla domanda diretta a ottenere l’accertamento del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte (fra le tante: Sez. giur. Sicilia, sent. n. 1326 del 22 marzo 2013; Sez. giur. Veneto, sent. n. 90 del 19 marzo 2013; Sez. giur. Lombardia, sent. n. 63 dell’11 marzo 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 952 del 4 marzo 2013; sent. n. 536 del 6 febbraio 2013; Sez. giur. Lazio, sent. n. 117 del 4 febbraio 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 339 del 24 gennaio 2013; Sez. giur. Campania, sent. n. 70 del 22 gennaio 2013; Sez. giur. Puglia, sent. n. 53 del 14 gennaio 2013; Sez. giur. Toscana, sent. n. 13 dell’11 gennaio 2013) - alla quale, essendo qui condivisa, si rinvia anche per gli effetti dell’articolo 118, primo comma disp. att. c.p.c. - ha già affrontato il tema di cui si tratta numerose volte, ritenendo fondate entrambe le pretese.
3.1. Per quanto concerne, in particolare, la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera, è stato, infatti, osservato che la pretesa è fondata poiché la Corte costituzionale con sentenze n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992 ha affermato che, durante lo svolgimento di attività lavorativa retribuita da parte del pensionato, il divieto generalizzato di cumulo delle indennità aventi la funzione di sopperire ad un maggior costo della vita (tra le quali va annoverata l’indennità per cui è causa) è costituzionalmente illegittimo, qualora non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo, al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso. Sul punto, è stato, inoltre, osservato che ogni dubbio in proposito è stato fugato dalla sentenza n. 197 del 2010, con la quale la Corte Costituzionale, nel ribadire che nei confronti dei titolari di due pensioni il cumulo delle indennità resta vietato (sia pure con il correttivo dell’integrazione necessaria al raggiungimento del trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti), ha, implicitamente, affermato la legittimità della opposta soluzione della cumulabilità dell’indennità integrativa per i pensionati che siano ancora lavoratori attivi.
3.2. Per quanto concerne la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, della tredicesima mensilità, è stato osservato che, con sentenza n. 232 del 1992, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 97, comma 1 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale non compete la tredicesima mensilità, e che le Sezioni Riunite di questa Corte, con la sentenza n. 25/98/QM del 28 dicembre 1998,
hanno rilevato come successivamente alla predetta sentenza della Corte Costituzionale sia venuto meno il divieto - fissato dal citato articolo 97, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - di corresponsione della tredicesima mensilità ai soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) a carico dello Stato e che prestino contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze dello Stato o di altro ente pubblico e hanno affermato che, non sussistendo alcuna norma di divieto di cumulo tra più assegni per tredicesima mensilità, questa spetta in ogni caso al pensionato.
3.3. Entrambe le domande in argomento sono, dunque, fondate e va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità.
4. All’accoglimento della domanda, come in motivazione, accede il parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione, limitatamente ai ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede la data di notificazione del ricorso (21 giugno 2013), atteso che – diversamente rispetto a quanto accaduto per la questione della rideterminazione della pensione privilegiata indiretta ai sensi del d.P.R. n. 1092 del 1973 - il mancato riconoscimento di tale beneficio non è stato lamentato con la presentazione del ricorso amministrativo rivolto al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (oggetto dell’ordinanza istruttoria pronunciata nella pubblica udienza del 7 luglio 2016), ma è stato contestato per la prima volta con l’atto introduttivo del presente giudizio.
5. Va, infine, respinta la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, poiché – alla luce dell’affermazione dell’I.N.P.S., secondo cui che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa” – se per un verso è vero che, in linea di principio, può essere ritenuto sussistente l’interesse della parte a ricorrente a ottenere una pronuncia a sé favorevole per il futuro, per altro verso è incontestato che, di fatto, le riduzioni in parola non sono avvenute.
6. Nei termini descritti, va, quindi, pronunciata la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002).
7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto:
1) dichiara il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo;
2) dichiara il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità;
3) dichiara l’intervenuta prescrizione dei ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede il 21 giugno 2013;
4) condanna l’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo;
5) dichiara inammissibili le domande proposte dalla parte ricorrente nell’interesse dei figli;
6) compensa le spese.
Ai sensi dell’articolo 429, primo comma, c.p.c., fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 21 dicembre 2016.
Il Giudice
F.to Paolo Gargiulo
Depositata in segreteria nei modi di legge
Palermo, 14 marzo 2017
Pubblicata il 20 marzo 2017
Il Funzionario di Cancelleria
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora
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SICILIA SENTENZA 199 20/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 199 2017 PENSIONI 20/03/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Paolo Gargiulo
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A 199/2017
nel giudizio in materia di pensioni civili iscritto al n. 61225 del registro di segreteria,
INTRODOTTO con ricorso, depositato il 23 luglio 2013, proposto da A. C. C., nata OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Guerra e dall’avv. Maurizio Maria Guerra ed elettivamente domiciliata presso lo Studio legale associato Guerra, in Palermo, via Marchese di Villabianca, n. 82;
CONTRO:
• l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) - quale successore dell’I.N.P.D.A.P., per effetto dell’articolo 21, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 - rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dell’Istituto, in Palermo, via Laurana, n. 59;
• l’Agenzia del demanio, non costituita;
PER la rideterminazione della pensione privilegiata indiretta.
VISTO il ricorso e gli altri documenti di causa;
UDITI, alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Laura Giovanna Zizzo, l’avv. Alessandro Maggio, in sostituzione dell’avv. Paolo Guerra e dell’avv. Maurizio Maria Guerra, per la parte ricorrente; l’avv. Giuseppe Bernocchi, in sostituzione dell’avv. Adriana Giovanna Rizzo, per l’I.N.P.S..
Ritenuto in
F A T T O
La ricorrente – titolare, quale coniuge superstite di F. T. (dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio il 16 aprile 2003; verbale modello ML/AB n. 90 del 25 febbraio 2004 della 2^ Commissione Medica Ospedaliera di Messina; parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’adunanza n. 49/2005 del 15 febbraio 2005), di pensione privilegiata indiretta, conferita con determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – ha adito questa Corte, dopo il rigetto del ricorso amministrativo presentato al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (deliberazione n. 2649 del 24 novembre 2010), lamentando che la predetta pensione indiretta è stata determinata senza fare applicazione delle specifiche previsioni recate, per la fattispecie di cui si tratta, dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092; la ricorrente lamenta, inoltre, la violazione del suo diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità e contesta l’applicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge 8 agosto 1995, n. 335.
La difesa della parte ricorrente, a valle di articolate argomentazioni, chiede, dunque, l’accertamento – anche per i “figli superstiti finché aventi diritto” - dei diritti vantati, con consequenziale rideterminazione della pensione e con il riconoscimento, sui ratei arretrati, degli interessi e della rivalutazione.
Con memoria depositata il 19 febbraio 2016, si è costituito l’I.N.P.S., sostenendo la correttezza del procedimento seguito per la determinazione della pensione e precisando che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa”.
La difesa dell’Ente previdenziale, sostiene, inoltre, con “riferimento alla domanda intesa ad ottenere il pagamento della iis e della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico in godimento, in costanza di svolgimento di attività lavorativa”, che “a seguito della caducazione degli artt. 99, comma 5 e 97, comma 1 del DPR n. 1092 del 1973 - in quanto costituzionalmente illegittimi nella parte in cui non determinavano la misura della retribuzione oltre la quale non competevano rispettivamente la iis e la tredicesima mensilità - si è creato un vuoto legislativo” e che “in mancanza di una disposizione di Legge, che preveda il diritto agli emolumenti per cui è causa, l’Inps non può erogare i benefici richiesti in misura intera, non sussistendo una norma che riconosca in tal senso il diritto del pensionato, che presti anche attività lavorativa”.
La stessa difesa, per il caso di accoglimento del ricorso, solleva, poi, eccezione di prescrizione quinquennale - con riferimento alla data di notificazione del ricorso (“21.06.2013”) - e invoca l’applicazione del principio dell’assorbimento nel riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, concludendo, dunque, per il rigetto del ricorso stesso o, in subordine, per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione; con vittoria di spese e competenze.
Alla pubblica udienza del 2 marzo 2016, il giudice ha disposto adempimenti a carico della parte ricorrente e della segreteria della Sezione per la valida instaurazione del contradditorio.
Il 5 aprile 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato documentazione concernente l’esecuzione dei predetti adempimenti, avvenuta il 18 marzo precedente.
Il 24 giugno 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato memoria, poi annullata e sostituita da altra memoria depositata il giorno 27 seguente, come ivi espressamente indicato.
Con quest’ultimo scritto difensivo, la difesa della ricorrente ha contestato, con precise argomentazioni, le deduzioni presentate dall’Ente previdenziale, precisando, anche alla luce di queste, le proprie conclusioni e formulando, nella sostanza, la richiesta di riconoscimento:
• per il primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”;
• dopo la scadenza del primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 92, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, ferma restando la facoltà di opzione prevista dal terzo comma dello stesso articolo;
• del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità;
• degli interessi e della rivalutazione sui ratei arretrati.
La stessa difesa reitera, inoltre, la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, e chiede il rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dell’I.N.P.S..
Alla pubblica udienza del 7 luglio 2016, il giudice ha disposto adempimenti istruttori a carico dell’Ente previdenziale.
Con memoria depositata il 15 dicembre 2016, la difesa della parte ricorrente - rilevata la mancata esecuzione, da parte dell’I.N.P.S., della predetta ordinanza - ha depositato la documentazione oggetto dell’adempimento istruttorio in parola.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, la difesa della ricorrente, richiamando gli atti, si è opposta all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione e ha insistito per l’accoglimento del ricorso; la difesa dell’I.N.P.S., riportandosi alla memoria di costituzione, ne ha chiesto il rigetto.
La causa è stata, quindi, posta in decisione, come da verbale d’udienza.
Considerato in
D I R I T T O
1. In via preliminare, la domanda giudiziale va dichiarata inammissibile nella parte in cui è intesa a ottenere il riconoscimento dei diritti vantati anche nell’interesse dei “figli superstiti finché aventi diritto”, atteso che, nel presente processo, la ricorrente non ne ha la rappresentanza, neanche meramente dichiarata.
2. Nel merito – rilevato che non è controverso che la pensione privilegiata indiretta in argomento è stata conferita all’odierna ricorrente in ragione del fatto che il coniuge di questa è morto per causa di servizio il 16 aprile 2003, come, del resto, emerge anche dalla citata determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – si osserva, anzitutto, che, come correttamente contestato dalla difesa della ricorrente medesima e come risulta dal provvedimento testé citato [nel quale, vi è, infatti, anche un espresso riferimento al “Bonus (Art. 2 comma 12 L. 335/1995)”], il trattamento pensionistico è stato calcolato facendo, erroneamente, applicazione della disciplina prevista per il caso dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche “cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa” (articolo 2, comma 12 della citata legge 8 agosto 1995, n. 335).
La disciplina di riferimento per il caso di specie – riguardante il conferimento della pensione indiretta alla vedova di dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio - è, invece, recata, come correttamente sostenuto dalla difesa della ricorrente, dal più volte citato “testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato” (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), che articola il trattamento pensionistico per i superstiti in due segmenti.
Il primo di tali segmenti (cd. “Trattamento speciale”) è disciplinato dall’articolo 93 e riguarda il primo triennio decorrente dalla morte del dipendente: tale articolo, al primo comma, prevede, infatti, che “Alla vedova e agli orfani minorenni del dipendente deceduto per fatti di servizio ovvero del titolare di trattamento privilegiato di prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, è attribuito, per la durata di tre anni dal decesso del dante causa, un trattamento speciale di importo pari a quello della pensione di prima categoria e dell’assegno complementare previsto dall'art. 101, oltre agli aumenti di integrazione di cui all'articolo 106, relativi ai figli minorenni, qualunque sia la causa del decesso”
Il terzo comma dello stesso articolo 93 - nel disporre che, “Scaduto il termine di tre anni, di cui ai commi precedenti, comincia a decorrere la pensione privilegiata di riversibilità” – rinvia, poi, per la disciplina del secondo segmento, all’articolo 92, che conferisce all’avente diritto la facoltà di scegliere, fra quelli prospettati, il trattamento più favorevole: il primo comma prevede, infatti, che “Quando la morte del dipendente è conseguenza di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio, spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra. Gli assegni accessori restano quelli previsti dalle disposizioni contenute nel successivo titolo VI”; il terzo comma dispone, poi, che “È data facoltà agli aventi causa di optare per il trattamento derivante dall'applicazione delle norme contenute negli articoli precedenti di questo titolo. In tal caso le aliquote di cui al primo comma dell'art. 88 si applicano, col minimo del 50 per cento, alla pensione privilegiata diretta di prima categoria”.
2.1. Nei predetti termini – e rilevato anche che l’I.N.P.S. non ha dedotto alcunché in ordine alla mancata applicazione della predetta disciplina - va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo.
A tale riguardo, va precisato che la domanda, formulata dalla difesa della ricorrente per la prima volta con la memoria depositata il 27 giugno 2016, tendente a ottenere, per il primo triennio, il diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”, non può essere ammessa in questi termini.
Si osserva, infatti, che, nella prospettazione della ricorrente, l’alternativa della “immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico” è rappresentata come potenzialmente più favorevole per sé, vale a dire più onerosa per la controparte, sicché essa è, nella sostanza, una domanda nuova, estranea al contraddittorio instaurato con l’atto introduttivo.
3. Riguardo alla domanda diretta a ottenere l’accertamento del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte (fra le tante: Sez. giur. Sicilia, sent. n. 1326 del 22 marzo 2013; Sez. giur. Veneto, sent. n. 90 del 19 marzo 2013; Sez. giur. Lombardia, sent. n. 63 dell’11 marzo 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 952 del 4 marzo 2013; sent. n. 536 del 6 febbraio 2013; Sez. giur. Lazio, sent. n. 117 del 4 febbraio 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 339 del 24 gennaio 2013; Sez. giur. Campania, sent. n. 70 del 22 gennaio 2013; Sez. giur. Puglia, sent. n. 53 del 14 gennaio 2013; Sez. giur. Toscana, sent. n. 13 dell’11 gennaio 2013) - alla quale, essendo qui condivisa, si rinvia anche per gli effetti dell’articolo 118, primo comma disp. att. c.p.c. - ha già affrontato il tema di cui si tratta numerose volte, ritenendo fondate entrambe le pretese.
3.1. Per quanto concerne, in particolare, la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera, è stato, infatti, osservato che la pretesa è fondata poiché la Corte costituzionale con sentenze n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992 ha affermato che, durante lo svolgimento di attività lavorativa retribuita da parte del pensionato, il divieto generalizzato di cumulo delle indennità aventi la funzione di sopperire ad un maggior costo della vita (tra le quali va annoverata l’indennità per cui è causa) è costituzionalmente illegittimo, qualora non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo, al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso. Sul punto, è stato, inoltre, osservato che ogni dubbio in proposito è stato fugato dalla sentenza n. 197 del 2010, con la quale la Corte Costituzionale, nel ribadire che nei confronti dei titolari di due pensioni il cumulo delle indennità resta vietato (sia pure con il correttivo dell’integrazione necessaria al raggiungimento del trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti), ha, implicitamente, affermato la legittimità della opposta soluzione della cumulabilità dell’indennità integrativa per i pensionati che siano ancora lavoratori attivi.
3.2. Per quanto concerne la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, della tredicesima mensilità, è stato osservato che, con sentenza n. 232 del 1992, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 97, comma 1 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale non compete la tredicesima mensilità, e che le Sezioni Riunite di questa Corte, con la sentenza n. 25/98/QM del 28 dicembre 1998,
hanno rilevato come successivamente alla predetta sentenza della Corte Costituzionale sia venuto meno il divieto - fissato dal citato articolo 97, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - di corresponsione della tredicesima mensilità ai soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) a carico dello Stato e che prestino contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze dello Stato o di altro ente pubblico e hanno affermato che, non sussistendo alcuna norma di divieto di cumulo tra più assegni per tredicesima mensilità, questa spetta in ogni caso al pensionato.
3.3. Entrambe le domande in argomento sono, dunque, fondate e va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità.
4. All’accoglimento della domanda, come in motivazione, accede il parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione, limitatamente ai ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede la data di notificazione del ricorso (21 giugno 2013), atteso che – diversamente rispetto a quanto accaduto per la questione della rideterminazione della pensione privilegiata indiretta ai sensi del d.P.R. n. 1092 del 1973 - il mancato riconoscimento di tale beneficio non è stato lamentato con la presentazione del ricorso amministrativo rivolto al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (oggetto dell’ordinanza istruttoria pronunciata nella pubblica udienza del 7 luglio 2016), ma è stato contestato per la prima volta con l’atto introduttivo del presente giudizio.
5. Va, infine, respinta la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, poiché – alla luce dell’affermazione dell’I.N.P.S., secondo cui che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa” – se per un verso è vero che, in linea di principio, può essere ritenuto sussistente l’interesse della parte a ricorrente a ottenere una pronuncia a sé favorevole per il futuro, per altro verso è incontestato che, di fatto, le riduzioni in parola non sono avvenute.
6. Nei termini descritti, va, quindi, pronunciata la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002).
7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto:
1) dichiara il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo;
2) dichiara il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità;
3) dichiara l’intervenuta prescrizione dei ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede il 21 giugno 2013;
4) condanna l’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo;
5) dichiara inammissibili le domande proposte dalla parte ricorrente nell’interesse dei figli;
6) compensa le spese.
Ai sensi dell’articolo 429, primo comma, c.p.c., fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 21 dicembre 2016.
Il Giudice
F.to Paolo Gargiulo
Depositata in segreteria nei modi di legge
Palermo, 14 marzo 2017
Pubblicata il 20 marzo 2017
Il Funzionario di Cancelleria
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora