VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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Dott.ssa Astore
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da Dott.ssa Astore »

Abbiamo nel nostro forum una ottima consulenza legale .
Per il nesso di causa di natura medico-legale,se mi chiarisce alcuni punti,mi rendo dispobile a qualsiasi chiarimento o intervento.
Cordialmente
Lucia Astore


Dott.ssa Lucia Astore - Medico Legale | Psichiatra forense
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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Che soggetto!!


Saluti
Francesco
panorama
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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se può interessare posto questo link

http://www.vittimeterrorismo.it/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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http://www.interno.gov.it/mininterno/ex ... a002a.html" onclick="window.open(this.href);return false;

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che riporta

Onorificenze per le vittime terrorismo
Cittadini colpiti dall’eversione armata per le loro idee e l’impegno morale


La legge 29 novembre 2007, n. 222 all’art. 34, e il successivo decreto del ministro dell’Interno del 6 maggio 2008, prevede il conferimento da parte del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno, della onorificenza di 'Vittima del terrorismo' con la consegna di una medaglia in oro.

La medaglia in oroI destinatari di tale onorificenza sono i cittadini italiani appartenenti o non appartenenti alle Forze dell’ordine, alla magistratura e ad altri organi dello Stato, che per le loro idee e per il loro impegno morale siano stati colpiti dalla eversione armata.

I feriti e i familiari dei deceduti aventi diritto possono presentare domanda per ottenerla alla prefettura di residenza della vittima o direttamente ministero dell’Interno, anche per il tramite delle Associazioni rappresentative delle vittime del terrorismo.

Completata l’istruttoria, le istanze vengono esaminate dalla Commissione Consultiva. Il Ministero dell’Interno potrà prescindere dal richiederne il parere quando la risonanza dell’evento conclami l’opportunità del conferimento dell’onorificenza.

Il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione ha emanato il 28 luglio 2008 una lettera circolare nella quale sono stati forniti alle prefetture chiarimenti circa l’iter istruttorio.
panorama
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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http://www.interno.gov.it/mininterno/si ... _2008.html" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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http://www.prefettura.it/milano/contenuti/47606.htm" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da panorama »

1) - assunta in qualità di parente di vittima della criminalità organizzata, presentava istanza di collocamento in quiescenza, riconoscendo alla Dott.ssa G.. il diritto, quale parente di vittima della criminalità organizzata, alla maggiorazione figurativa di 10 anni, prevista dall’art. 3, comma 1, della L. 206/2004, veniva collocata a riposo per limiti di servizio (anni 40, mesi 3 e gg 14) con decorrenza 1/4/2011.

2) - INPDAP liquidava la pensione.

3) - Con nota del 19/5/2011, l’INPDAP, fra l’altro, dopo avere constatato che la Dott.ssa G.. aveva ottenuto il collocamento in quiescenza in ragione dello status di parente di vittima della criminalità organizzata (risultante dalla certificazione dell’Ufficio Territoriale del Governo del 28/3/2011) e che il beneficio dell’aumento dell’anzianità contributiva di cui all’art. 3 della L. 206/2004 era riservato ai familiari di vittime del terrorismo o di stragi di tale matrice, chiedeva chiarimenti all’UTG in ordine allo status della pensionata anche in considerazione del fatto che la Prefettura di Palermo, in data 22/4/1983, aveva attestato la sussistenza di un «nesso di causalità tra l’azione terroristica e la morte del Dott. P. G.», padre della Dott.ssa G...

4) - Con nota del 6/6/2011, l’Istituto previdenziale, in attesa dei chiarimenti richiesti, revocava la pensione, a far data dal 1/7/2011.

5) - A decorrere dal 18/7/2011, l’A.O. riassumeva in servizio la Dott.ssa G.. (Deliberazione n. 1234 del 13/7/2011).

6) - In data 21/5/2012, il difensore della ricorrente, ottemperando a quanto disposto con l’Ordinanza 107/2012, depositava il parere del Consiglio di Stato n. 1259 del 21/1/1983 con il quale venivano formulate considerazioni in ordine alla qualificabilità come “terroristica” dell’azione criminosa di cui era stato vittima il Prof. P. G..

LA CORTE DEI CONTI per la Sicilia scrive:

7) - Il giudizio è, prioritariamente, finalizzato a verificare se la ricorrente, parente (figlia) di vittima di un efferato delitto di matrice mafiosa, abbia titolo a fruire del beneficio previsto dall’art. 3, comma 1, della L. 206/2004

8) - Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921, la disciplina generale in materia di vittime del dovere ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche ......

9) - Il tenore letterale del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 3, comma 1, della citata L 206/2004, infatti, è tale da non lasciare all’interprete margini operativi.

10) - Detta disciplina presenta rilevanti profili di specialità in ordine a due aspetti:
- da un lato, consente, al ricorrere di peculiari condizioni, di fruire (per quanto di interesse in questa sede), ai fini pensionistici, di un’anzianità (figurativa) altrimenti non spettante, alterando il fisiologico regime del computo dei servizi regolato dalla normativa di settore;
- dall’altro, individua una ristretta cerchia di potenziali fruitori del beneficio accomunati da uno status (vittima o parente di vittima di azioni terroristiche) peculiarissimo.

Ricorso Accolto.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SICILIA SENTENZA 2346 30/07/2012
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 2346 2012 PENSIONI 30/07/2012



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. Roberto Rizzi ha pronunciato la seguente

SENTENZA N° 2346/2012

nei giudizi di pensione, iscritti ai nn. 59270 e 59641 del registro di segreteria, promossi
ad istanza di

C. G., nata …., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giacomo e Antonio D’Asaro, presso lo studio dei quali in Palermo, via XX Settembre, n. 29, è elettivamente domiciliata

nei confronti di
- INPS
- AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI VILLA SOFIA - CERVELLO

VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
UDITI, nella pubblica udienza del 12 luglio 2012, l’Avv. Giacomo D’Asaro, in rappresentanza della ricorrente, l’Avv. Ilenia Corrado, in rappresentanza dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, e l’Avv. Maria Grazia Sparacino, in sostituzione dell’Avv. Antonino Rizzo.

FATTO

In data 14/6/2010, la Dott.ssa G. C., dipendente dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello, assunta in qualità di parente di vittima della criminalità organizzata, presentava istanza di collocamento in quiescenza a far data dal 1/4/2011.

Con Deliberazione n. 52 del 20/1/2011 dell’A.O. Villa Sofia – Cervello, riconoscendo alla Dott.ssa G.. il diritto, quale parente di vittima della criminalità organizzata, alla maggiorazione figurativa di 10 anni, prevista dall’art. 3, comma 1, della L. 206/2004, veniva collocata a riposo per limiti di servizio (anni 40, mesi 3 e gg 14) con decorrenza 1/4/2011.

Con Determinazione n. PA….., l’INPDAP liquidava la pensione.

Con nota prot. n. 36675 del 19/5/2011, l’INPDAP, fra l’altro, dopo avere constatato che la Dott.ssa G.. aveva ottenuto il collocamento in quiescenza in ragione dello status di parente di vittima della criminalità organizzata (risultante dalla certificazione dell’Ufficio Territoriale del Governo del 28/3/2011) e che il beneficio dell’aumento dell’anzianità contributiva di cui all’art. 3 della L. 206/2004 era riservato ai familiari di vittime del terrorismo o di stragi di tale matrice, chiedeva chiarimenti all’UTG in ordine allo status della pensionata anche in considerazione del fatto che la Prefettura di Palermo, in data 22/4/1983, aveva attestato la sussistenza di un «nesso di causalità tra l’azione terroristica e la morte del Dott. P. G.», padre della Dott.ssa G...

Con nota prot. n. 46767 del 6/6/2011, l’Istituto previdenziale, in attesa dei chiarimenti richiesti, revocava la pensione iscriz. n. , a far data dal 1/7/2011.

A decorrere dal 18/7/2011, l’A.O. riassumeva in servizio la Dott.ssa G.. (Deliberazione n. 1234 del 13/7/2011).

Avverso il provvedimento di revoca della pensione la Dott.ssa G.. proponeva ricorso, con atto notificato in data 25/7/2011 (iscritto al. n. 59270 del registro di segreteria), deducendo, prioritariamente, vizi del procedimento sotto due diversi profili.

Da un lato, si doleva della circostanza che quel provvedimento era stato adottato, in violazione della disciplina della partecipazione al procedimento di cui agli artt. 7 e 8 della L. 241/1990, nonostante non fossero stati ancora acquisiti i chiarimenti richiesti, con nota di carattere interlocutorio, all’UTG.

Dall’altro, sull’asserito presupposto che l’iniziativa volta alla sua adozione competeva all’Ente che aveva disposto il pensionamento, eccepiva che il provvedimento era stato emesso in carenza di potere.

Inoltre, contestava la legittimità sostanziale della revoca affermando la sussistenza dei requisiti ,cui era subordinata la fruizione del beneficio di cui all’art. 3, comma 1, della L. 206/2004.

In particolare, evidenziava che la Prefettura di Palermo, con nota prot. n. 4993 del 22/4/1983, evocando le conclusioni cui era pervenuta la Commissione consultiva prevista dagli artt. 7 e 8 del DM 30/10/1980, aveva ritenuto «sussistente il nesso di causalità fra l’azione terroristica e la morte (…) del Prof. P. G. per la concessione della speciale elargizione di cui all’art. 5 della legge 13/8/1980, modificato dall’art. 1 della legge 4/12/1981, n. 720».

Sempre secondo la prospettazione attorea, dopo il riconoscimento dello status di vittima del terrorismo, in un periodo in cui non erano previsti benefici per le vittime della criminalità organizzata, quello status «non avrebbe più potuto essere modificato o ritirato» e, conseguentemente, l’attestazione rilasciata dall’UTG del 28/3/2011 non poteva pregiudicare il diritto della Dott.ssa G.. a fruire dell’indicato beneficio.

L’INPDAP, con nota prot. n. 67711 del 11/10/2011 disponeva il recupero dell’importo asseritamente indebito di € 14.823,36, scaturito dalla percezione senza titolo della pensione da aprile a luglio 2011.
Con ricorso promosso in data 17/11/2011 (iscritto al. n. 59641 del registro di segreteria), la Dott.ssa G.., reiterando le doglianze già formulate con il primo ricorso e denunciando la violazione dell’art. 206 del DPR 1092/1973, chiedeva l’annullamento del provvedimento di recupero, previa sospensione cautelare dei suoi effetti.

In data 8/3/2012, si costituiva, con due distinte memorie di identico contenuto, l’INPS chiedendo, previa riunione dei due giudizi, il rigetto dei ricorsi e delle pertinenti istanze cautelari.

Tali conclusioni erano formulate all’esito di articolate considerazioni sia in ordine alla irrilevanza ed all’insussistenza dei denunciati vizi del procedimento, sia in ordine alla inesistenza, in capo alla ricorrente, di un titolo di legittimazione alla fruizione dei benefici previsti dall’art. 3 della L. 206/2004.

All’esito dell’udienza del 29/3/2012, il Giudicante

- con Ordinanza n. 106/2012 (resa, in sede cautelare, nel giudizio iscritto al. n. 59641 del registro di segreteria) sospendeva l’efficacia del provvedimento di recupero dell’asserito indebito pensionistico;

- con Ordinanza 107/2012 (resa nel giudizio al. n. 59270 del registro di segreteria), oltre a disporre l’integrazione della documentazione di causa, ordinava, sulla base della constatazione che la definizione della vertenza non poteva avere luogo senza il coinvolgimento dell’Ente (A.O. Villa Sofia) che aveva disposto il collocamento a riposo della ricorrente reputando sussistere le condizioni di fruibilità del beneficio di cui all’art. 3, comma 1, della L. 206/2004, la chiamata in causa di detto Ente ai sensi degli artt. 107 e 270 cpc.

In data 21/5/2012, il difensore della ricorrente, ottemperando a quanto disposto con l’Ordinanza 107/2012, depositava il parere del Consiglio di Stato n. 1259 del 21/1/1983 con il quale venivano formulate considerazioni in ordine alla qualificabilità come “terroristica” dell’azione criminosa di cui era stato vittima il Prof. P. G..

In data 2/7/2012 si costituiva l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello chiedendo il riconoscimento della legittimità della delibera n. 52/2011 con la quale era stato disposto il pensionamento previa attribuzione del beneficio di cui all’art. 3 della L. 206/2004.

In subordine, auspicava che, in considerazione del peculiare contesto nel quale la vicenda aveva avuto origine, che fosse dichiarato che nessuna violazione era stata posta in essere dall’A.O..

Con memoria depositata in data 5/7/2012, l’INPS rappresentava l’impossibilità di produrre un documento richiesto con l’Ordinanza 107/2012. Chiedeva conseguentemente che la causa fosse decisa allo stato degli atti o, in subordine, di rinviare la trattazione, onde consentire di ottemperare all’incombente istruttorio.

In via ulteriormente gradata chiedeva l’estensione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’Interno.

All’udienza del 12/7/2012, l’Avv. Giacomo D’Asaro, in rappresentanza della ricorrente, l’Avv. Ilenia Corrado, in rappresentanza dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, e l’Avv. Maria Grazia Sparacino, in sostituzione dell’Avv. Antonino Rizzo, reiteravano le conclusioni, rispettivamente formulate in atti.

La causa veniva, quindi, posta in decisione.

Previa camera di consiglio, il Giudice dava, poi, lettura, al termine dell’udienza, del dispositivo della sentenza fissando, in ragione della particolare complessità della vicenda, ai sensi dell’art. 429, comma primo, cpc., il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

DIRITTO

1. In via preliminare, in rito, va disposta, ai sensi degli artt. 274, comma 1, c.p.c. e 151 disp. att. c.p.c., la riunione dei procedimenti iscritti ai nn. 59270 e 59641 per evidenti ragioni di connessione oggettiva (riguardando, il primo, il provvedimento di revoca della pensione e, il secondo, il conseguenziale atto di recupero dei ratei di pensione corrisposti in modo asseritamente indebito) e soggettiva (essendo stati proposti dal medesimo soggetto).

2. Il giudizio è, prioritariamente, finalizzato a verificare se la ricorrente, parente (figlia) di vittima di un efferato delitto di matrice mafiosa, abbia titolo a fruire del beneficio previsto dall’art. 3, comma 1, della L. 206/2004, nonché ad accertare la legittimità della revoca della pensione, disposta nell’asserito presupposto di non fruibilità di tale beneficio e del conseguente recupero dei ratei ritenuti non dovuti.

3. In rito, deve essere rilevato che la mancata integrazione documentale, richiesta all’INPS con l’Ordinanza 107/2012, non pregiudica la possibilità di pervenire alla definizione della vertenza.

Invero, con tale Ordinanza, fra l’altro, era stata richiesta la produzione di copia della nota del Ministero dell’Interno - UTG in riscontro alla richiesta di chiarimenti in ordine allo status dell’allora pensionata formulata dall’INPDAP in data 19/5/2011 (prot. n. 36675).

Sennonché, l’Ente previdenziale, nella memoria depositata in data 5/7/2012, ha evidenziato che il Ministero non ha dato seguito alla richiesta di chiarimenti, rimanendo silente.

La mancata ostensione, da parte del Ministero, delle informazioni relative alla Dott.ssa Gi.. - in disparte ogni valutazione sulla coerenza, quantomeno, con il principio del buon andamento dell’azione amministrativa del non collaborativo ed inoperoso atteggiamento dell’Amministrazione depositaria delle informazioni pertinenti una vicenda connotata da profili di obiettiva delicatezza - non impedisce la valutazione della fondatezza delle doglianze potendo la controversia essere prontamente definita allo stato degli atti.

4. Ai fini della definizione della vertenza - premesso che, sebbene strutturato, nella sua fase introduttiva, in termini impugnatori (art. 62 R.D. 1214/1934), il giudizio pensionistico non ha ad oggetto eventuali vizi del provvedimento amministrativo o del procedimento seguito per la sua emanazione, bensì il rapporto, cioè l’an ed il quantum del diritto a pensione, sicchè tal genere di vizi non assumono rilievo ex se, ma solo se e nella misura in cui gli stessi si riverberino sul merito della pretesa pensionistica - occorre delineare il contesto normativo di riferimento dei benefici previsti per le vittime dei reati e relativi parenti.

L’articolata legislazione in materia, che registra numerosi interventi legislativi anche a livello regionale [per la Sicilia: L.R. 24 agosto 1993, n. 20 (Interventi per onorare la memoria del giudice Paolo Borsellino e nuove misure di solidarietà a sostegno dei familiari delle vittime della mafia e della criminalità organizzata), L.R. 13 settembre 1999, n. 20 (Nuove norme in materia di interventi contro la mafia e di misure di solidarietà in favore delle vittime della mafia e dei loro familiari); L.R. 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003 - art. 107 e 108); L.R. 7 aprile 2004, n. 4 (Interventi per i familiari delle vittime dell’attentato di Nassiriya); L.R. 3 maggio 2004, n. 7 (Interventi a favore dei figli delle vittime del disastro aereo di Montagna Longa e delle vittime superstiti della strage di Portella della Ginestra. Misure di solidarietà a sostegno dei familiari di vittime della mafia e della criminalità organizzata); L.R. 22 dicembre 2005, n. 19 (Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l’esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie - art. 19)], ha origine con la determinazione di una serie di provvidenze a favore degli appartenenti alle forze dell’ordine e dei militari colpiti nell’adempimento del dovere .

Basata inizialmente su una disposizione del R.D.L. 261/1921, la disciplina generale in materia di vittime del dovere ha subìto nel tempo numerose integrazioni e modifiche dirette soprattutto a:

• adeguare la misura dell’elargizione una tantum che, almeno inizialmente, costituiva la principale provvidenza;

• estendere le categorie ammesse a fruire dei benefìci previsti dalla legge;

• diversificare i tipi di provvidenze (affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari);

• ampliare le condizioni per la concessione dei benefìci, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente), sia per quanto concerne le circostanze in cui gli eventi si siano verificati, sia con riferimento alla data di decorrenza dei benefìci stessi.

La vigente disciplina di ordine generale fa principalmente capo alle leggi 466/1980, 302/1990, 407/1998, all’art. 82 della legge 388/2000 ed alla legge 206/2004. Il regolamento approvato con D.P.R. 510/1999 ha disciplinato in modo unitario e coordinato le modalità di attuazione delle citate leggi 466/1980, 302/1990 e 407/1998.

Il susseguirsi delle disposizioni sopra citate ha posto la questione della necessità del loro coordinamento: la legge di semplificazione 2005 (L. 246/2005) ha, pertanto, previsto una delega al Governo per il riassetto delle disposizioni che disciplinano le provvidenze per le vittime del dovere , del servizio, del terrorismo, della criminalità organizzata e di ordigni bellici in tempo di pace. Tale delega non è stata ancora esercitata, sicché permangono rilevanti problemi di coordinamento tra le norme di settore.

Un problematico rapporto tra norme di settore è alla base della presente controversia.

Per quanto di rilievo in questa sede, l’art. 3 della L.206/2004 ha previsto che «A tutti coloro che hanno subito un’invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, e ai loro familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi, anche sui loro trattamenti diretti è riconosciuto un aumento figurativo di dieci anni di versamenti contributivi utili ad aumentare, per una pari durata, l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione (…)».

La perimetrazione dell’ambito di applicazione di tale previsione è operata dall’art. 1 della medesima legge a tenore del quale «1. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ai fini della presente legge, sono ricomprese fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

1-bis. Le disposizioni della presente legge si applicano inoltre ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica del 1980, nonché ai familiari delle vittime e ai superstiti della cosiddetta «banda della Uno bianca». Ai beneficiari vanno compensate le somme già percepite.

2. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni contenute nella L. 20 ottobre 1990, n. 302, nella L. 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, nonché l’articolo 82 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ad eccezione del comma 6».

L’ultima delle disposizioni appena citate, al comma 1, prevede «Al personale di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, ferito nell’adempimento del dovere a causa di azioni criminose, ed ai superstiti dello stesso personale, ucciso nelle medesime circostanze, nonché ai destinatari della legge 20 ottobre 1990, n. 302, è assicurata, a decorrere dal 1° gennaio 1990, l’applicazione dei benefìci previsti dalla citata legge n. 302 del 1990 e dalla legge 23 novembre 1998, n. 407».

Il successivo comma 6 dispone «Per la concessione di benefìci alle vittime della criminalità organizzata si applicano le norme vigenti in materia per le vittime del terrorismo, qualora più favorevoli».

5. In tale scenario, l’articolata concatenazione delle norme preclude l’automatica applicazione dei benefici previsti dalla legge 206/2004 a favore delle vittime e familiari di vittime di atti di terrorismo e di stragi di tale matrice, anche a coloro che sono stati vittime o sono familiari di vittime della criminalità organizzata.

Il tenore letterale del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 3, comma 1, della citata L 206/2004, infatti, è tale da non lasciare all’interprete margini operativi.

Detta disciplina presenta rilevanti profili di specialità in ordine a due aspetti: da un lato, consente, al ricorrere di peculiari condizioni, di fruire (per quanto di interesse in questa sede), ai fini pensionistici, di un’anzianità (figurativa) altrimenti non spettante, alterando il fisiologico regime del computo dei servizi regolato dalla normativa di settore; dall’altro, individua una ristretta cerchia di potenziali fruitori del beneficio accomunati da uno status (vittima o parente di vittima di azioni terroristiche) peculiarissimo.

Dunque, il tentativo di estendere la speciale provvidenza prevista per i parenti di vittime di azioni criminose di stampo terroristico ai parenti di azioni criminose commesse dalla criminalità organizzata sarebbe infecondo, siccome palesemente contrastante con il principio di cui all’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale contenute nel c.c. secondo cui, fra l’altro, le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi in esse considerati.

Insomma, sebbene la constatazione risulti inappagante e faccia sorgere molti interrogativi sulla correttezza della scelta legislativa, in base all’attuale assetto normativo, lo status di vittima ed di parente di vittima del terrorismo è diverso, significativamente diverso, da quello di vittima e di parente di vittima della criminalità organizzata.

Né, d’altra parte, la scelta legislativa di differenziare o comunque di mantenere differenziata la disciplina a seconda della matrice (terroristica o di criminalità organizzata) che connota gli atti criminali che hanno arrecato pregiudizio appare censurabile dal punto di vista del rispetto del canone costituzionale dell’uguaglianza.

Pur nell’opinabilità delle valutazioni che ne sono a fondamento, si è in presenza, infatti, di situazioni obiettivamente non omogenee per le quali, avuto riguardo al canone della ragionevolezza che, come reiteratamente enunciato, dalla Corte costituzionale, deve orientare le scelte legislative, la diversità della disciplina non pregiudica il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.

In tale scenario normativo, comunque, non vi è una preclusione assoluta per le vittime o parenti di vittime della criminalità organizzata a fruire dei benefici previsti per le vittime o parenti di vittime di azioni terroristiche.

Il fenomeno osmotico che consente la permeabilità del primo status da parte del secondo è generato dalla considerazione secondo cui, talvolta, le azioni delittuose della criminalità organizzata, per le peculiari modalità di commissione, la particolare posizione delle vittime e lo straordinario contesto nel quale sono poste in essere, assurgono a vere azioni di stampo terroristico.

A tal proposito occorre considerare che la locuzione "azioni terroristiche" cui all’art. 5 della legge 466/1980 (e menzionate nelle successive legge, fra le quali la legge 206/2004) è ricorrente nell’ambito del sistema di leggi speciali indennitarie e autonomamente connotate da una specifica finalità equitativa e solidaristica.

Non è rinvenibile una nozione settoriale di detta locuzione. Dunque, occorre individuarne il perimetro in via interpretativa.

In prima approssimazione, va rilevato che l’azione terroristica è un’azione criminosa connotata da un’intenzione dell’agente che si proietta oltre il momento di consumazione del reato (c.d. dolo specifico), dirigendosi al conseguimento di un risultato consistente nell’incutere terrore nei consociati e ad incidere sulla società civile deteriorando la fiducia nelle istituzioni dello Stato (Cons. Stato pareri 541/1981 e 1259/1982).

In altri termini, l’azione terroristica, costituisce una prova di forza ed una sfida alle Istituzioni, nei confronti delle quali l’agente cerca di affermare in maniera esemplare il proprio potere, anche attraverso la preordinazione della natura, della specie, dei mezzi, dell’oggetto, del tempo, del luogo e di ogni altra modalità dell’azione e della qualità della persona offesa, in funzione di monito rivolto alla generalità dei soggetti.

Può accadere che la criminalità organizzata per realizzare i suoi scopi o per conservare se stessa elevi il grado del conflitto, non limitandosi ad avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, ma passando a generare terrore con lo specifico intendimento di incidere sulla società civile.

In definitiva, allorquando (cfr. Cons. stato parere 1259/1982) per le modalità anche spaziali e temporali dell’azione, per la personalità del soggetto passivo e per il contesto nel quale, esso opera, per la sua collocazione nel rapporto dialettico tra le istituzioni e l’associazione illecita e per la risonanza mediatica dell’accaduto, l’azione criminosa è concretamente idonea a diffondere il terrore nella collettività e ad indebolire le istituzioni, quel gesto della associazione criminale travalica i confini della “mera” azione criminosa assumendo i connotati di azione terroristica.

E ciò si è verificato in occasione dell’efferato assassinio del padre dell’odierna ricorrente.

Tant’è che la Prefettura di Palermo con nota del 22/4/1983 ebbe a comunicare all’allora vedova del Prof, G.. che «la Commissione Consultiva prevista dagli artt 7 e 8 del decreto ministeriale 30.10.1980 ha ritenuto sussistente il nesso di causalità fra l’azione terroristica e la morte del coniuge della S.V.».

Peraltro, non risulta documentato in atti né che tale apprezzamento sia stato oggetto di interventi rettificativi successivi né che il merito della delibazione sia stato in qualche sede contestato.

Sicché la qualificazione del Prof. P. G. quale vittima di azione terroristica mantiene inalterata la sua portata certificativa, senz’altro valevole anche ai fini dell’ottenimento del beneficio pensionistico di cui all’art. 3, comma 1, della L. 206/2004 da parte dell’orfana, odierna ricorrente.

Conclusivamente, la rilevata fruibilità, da parte della ricorrente, del beneficio appena indicato induce a ritenere illegittima la revoca della pensione n. .....

Pertanto, ai sensi dell’art. 62 del RD 1214/1934, deve essere dichiarato il diritto della ricorrente al collocamento a riposo con il computo dell’anzianità figurativa di cui all’art. 3, comma 1, della L 206/2004.

L’illegittimità della revoca comporta, altresì, l’irripetibilità delle somme percepite a titolo di emolumenti pensionistici prima della revoca nonché il diritto alla restituzione delle somme trattenute fino all’esecuzione dell’ordinanza con la quale è stata disposta la sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento di recupero.

Conseguentemente, l’A.O. Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello e l’INPS, ciascuno per le rispettive competenze, devono essere condannati a riconoscere ed erogare il trattamento pensionistico riconosciuto spettante nonché l’INPS alla restituzione delle somme trattenute.

Gli importi spettanti (dai quali, ovviamente, dovranno essere scomputati gli emolumenti erogati a titolo di trattamento di attività dopo la riammissione in servizio, nelle more della definizione del giudizio) dovranno essere maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria da computarsi, avendo riguardo alla regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata alla stregua degli indici ISTAT ex art. 150 disp. att. c.p.c. rilevati anno per anno da applicare alla somma spettante, dalla insorgenza del diritto e fino al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, tenuto conto della temporanea ultrattività delle tariffe professionali, ancorché abrogate dall’art. 9, comma 1, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, prevista dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, che ha riformulato il comma 3 della predetta disposizione, nonché avuto riguardo al valore della controversia, all’attività difensiva espletata di cui vi è evidenza in atti ed alla complessità della vertenza, in € 1.500,00, di cui € 1.000,00 per onorari e € 500,00 per diritti, oltre accessori di legge come e se dovuti e si pongono a carico delle Amministrazioni resistenti in quote uguali.

PQM
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, previa riunione dei giudizi iscritti ai nn. 59270 e 59641 del registro di segreteria, li accoglie e, per l’effetto,

- dichiara, ai sensi dell’art. 62 del RD 1214/1934, il diritto della ricorrente al collocamento a riposo con l’applicazione del beneficio di cui all’art. 3, comma 1, della L 206/2004;

- dichiara irripetibili le somme percepite a titolo di emolumenti pensionistici prima della revoca della pensione n. .....

Condanna l’A.O. Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello e l’INPS, ciascuno per le rispettive competenze, a riconoscere ed erogare il trattamento pensionistico riconosciuto spettante nonché l’INPS alla restituzione delle somme trattenute. Gli importi spettanti dovranno essere maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria da computarsi, avendo riguardo alla regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata alla stregua degli indici ISTAT ex art. 150 disp. att. c.p.c. rilevati anno per anno da applicare all'indennità spettante dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in € 1.500,00 e si pongono a carico delle Amministrazioni resistenti in quote uguali.

Ai sensi dell'art. 429, comma 1, ultimo periodo, cpc, fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 12 luglio 2012.
IL GIUDICE
F.to Roberto Rizzi

Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.

Palermo, 27 luglio 2012

Pubblicata il 30 luglio 2012

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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da panorama »

quanto sopra, riguarda la maggiorazione figurativa di 10 anni, prevista dall’art. 3, comma 1, della L. 206/2004.
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da antoniomlg »

puntualizziamo che la corte dei conti più volte si è espressa
in senso negativo per le vittime diverse dalla "VITTIME DEL TERRORISMO"

ciao
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da panorama »

Il link qui sotto porta la notizia sulla persona che ha dovuto fare ricorso alla Corte dei Conti per la Sicilia e di cui io ho postato la sentenza.
Cmq. la sentenza gli ha dato ragione alla ricorrente.

http://palermo.blogsicilia.it/linpdap-e ... one/43677/" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da antoniomlg »

panorama ha scritto:Il link qui sotto porta la notizia sulla persona che ha dovuto fare ricorso alla Corte dei Conti per la Sicilia e di cui io ho postato la sentenza.
Cmq. la sentenza gli ha dato ragione alla ricorrente.

http://palermo.blogsicilia.it/linpdap-e ... one/43677/" onclick="window.open(this.href);return false;
rinnovandoti i ringraziamenti per quanto fai indistintamente per TUTTI.

nella fattispecie si tratta di mosche binache e come tale rarissime.

per le vittime del terrorismo i benefici sono chiari,
qulche vittima della criminalità riesce a vincere la battaglia contro la burocrazia, ed ottiiene qualcosa....

ma per quanto rigurda le "vittime del dovere" e gli equiparati ( a mio avviso nei confronti di questi, è in atto una vera e propria azione vergognosa di discriiminazione ed abbandono totale da parte dello stato).

niente da fare non c'è nessun caso in italia di vittima del dovere, o equiparata che abbia avuto i benfici pensionistici,

>diritto alla pensione diretta ed immediata;
>esenzione irpef sul trattamento pensionistico;
>incremento dello 7,50 sul calcolo di essa;
>contributi figurativi;
ecc ecc

ciao e grazie ancora
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

Messaggio da panorama »

1) - Presentava istanza per la concessione, a favore delle vittime del dovere e soggetti equiparati, dei benefici previsti dal d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243.

2) - con domanda dell’1 marzo 2010, chiedeva la rideterminazione dell'invalidità complessiva precedentemente quantificata, ai sensi del d.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181.

IL TAR di Napoli scrive:

3) - Il ricorso è fondato per le ragioni, nei termini e limiti che seguono.

4) - Dall’esame dei motivi di ricorso, sia il primo che il secondo, si evince complessivamente che le doglianze della parte ricorrente sono incentrate, fra l’altro, sulla mancata considerazione, quantomeno dal punto di vista della motivazione, dei parametri dettati dal d.P.R. n. 181/2009 per la rivalutazione -OMISSIS-, in quanto l’atto impugnato, e il presupposto verbale della C.M.O., indicherebbero il grado di invalidità complessiva, senza considerare le singole voci, accanto a quella della -OMISSIS- del danno morale e del danno biologico.

5 - la C.M.O. di Caserta, ha proceduto alla determinazione di un'unica percentuale dell'invalidità complessiva subita dal ricorrente (pari al 65%), senza fare distinzione tra il danno permanente, quello biologico e quello morale, né dar conto di come si sia giunti alla valutazione dell’invalidità complessiva.

Il resto leggetelo qui sotto.
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07/07/2014 201403756 Sentenza 4


N. 03756/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00518/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 518 del 2012, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. L. E., domiciliato in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. Campanoa;

contro
Ministero dell'Interno- Dipart.Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile, Ministero dell'Interno, Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta - Commissione Medica Ospedaliera, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento
del decreto prot. 1648/11/SE che ha riconosciuto -OMISSIS- ai sensi del D.P.R. 243/2006 e della Legge 222/2007, -OMISSIS-; del verbale modello BL/G n. 854 del 2.3.2011 della C.M.O. di Caserta che ha riconosciuto -OMISSIS- nonché di ogni altro atto connesso, conseguente o consequenziale

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Dipart.Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico - Difesa Civile e di Ministero dell'Interno e di Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta - Commissione Medica Ospedaliera;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D.Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Parte ricorrente ha prestato servizio nei ruoli operativi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dal 22.7.1996 fino al 10.04.2001,

In data 24.8.2000, durante un intervento per incendio sterpaglia, riportava la lesione -OMISSIS- che ha comportato la cessazione dal servizio operativo nei VV.F..

Presentava istanza per la concessione, a favore delle vittime del dovere e soggetti equiparati, dei benefici previsti dal d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243.

La Commissione Medica Ospedaliera di Caserta - con verbale mod. BL/G n. 80512593 del 10/9/2007 - valutava -OMISSIS- riportati dall'ex Vigile del Fuoco a seguito del citato incidente.

La C.M.O. di Caserta, con verbale n. 1477 del 30/04/2008, esprimeva, la percentuale di invalidità da attribuire al dipendente, assegnando -OMISSIS-

Veniva quindi adottato, in favore del ricorrente, il D.M. n. 1821/08 del 28/11/2008, di attribuzione del -OMISSIS- -OMISSIS-

Parte ricorrente, con domanda dell’1 marzo 2010, chiedeva la rideterminazione dell'invalidità complessiva precedentemente quantificata, ai sensi del d.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181.

La Commissione Medica Ospedaliera di Caserta, con verbale mod. BL/G n. 854 del 02/03/2011, valutava l'infermità nel seguente modo: -OMISSIS--OMISSIS- approvata con il D.M. Sanità del 5-2-1992 (invalidità civile) e quello derivato dalla -OMISSIS- annesse al d.P.R. 23/12/1978, n. 915. Si fa presente che la valutazione del danno morale, ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181, viene applicata solamente alle percentuali di invalidità già riconosciute ed indennizzate alla data del 26/08/2004 (entrata in vigore della legge n. 206/2004)."

L’Amministrazione quindi sulla base della differenza tra il grado ultimamente -OMISSIS- precedentemente determinato, provvedeva, con l’impugnato decreto n. 1648/11/SE del 02/09/2011, a liquidare a favore del -OMISSIS-.

Con ricorso notificato il 12.12.2012, parte ricorrente impugnava quest’ultimo decreto, nonché il verbale n. 854 del 2.3.2011 della C.M.O., chiedendone l’annullamento e formulando due motivi di ricorso.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, spiegando argomentazioni difensive.

La causa veniva chiamata all’udienza pubblica dell’11.6.2014 e trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Il ricorso è fondato per le ragioni, nei termini e limiti che seguono.

In via preliminare il Collegio rileva che la difesa dell’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 40, comma 2, c.p.a., per l’eccessiva genericità delle censure e per aver non aver richiamato disposizioni legislative pertinenti al caso di specie quale il D.P.R. n. 7 luglio 2006, n. 243.
L’eccezione non può essere accolta.

I motivi di ricorso formulati da parte ricorrente, e specificamente quantomeno il primo di essi, rivestono un sufficiente grado di specificità, in grado di soddisfare i parametri dettati dall’indicato art. 40, comma 2, c.p.a. ai sensi del quale, appunto, i motivi su cui si fonda il ricorso devono essere “specifici”.

Dall’esame dei motivi di ricorso, sia il primo che il secondo, si evince complessivamente che le doglianze della parte ricorrente sono incentrate, fra l’altro, sulla mancata considerazione, quantomeno dal punto di vista della motivazione, dei parametri dettati dal d.P.R. n. 181/2009 per la rivalutazione -OMISSIS-, in quanto l’atto impugnato, e il presupposto verbale della C.M.O., indicherebbero il grado di invalidità complessiva, senza considerare le singole voci, accanto a quella della -OMISSIS- del danno morale e del danno biologico.

In tal senso le censure appaiono sufficientemente specifiche, riportando le ragioni di illegittimità lamentate relative alla mancata considerazione sostanziale dei parametri normativamente fissati per la rivalutazione o, quantomeno, alla mancata motivazione sul punto.

Irrilevante appare, infine, il mancato formale riferimento, nell’atto gravato, alle norme del D.P.R. n. 7 luglio 2006, n. 243, atteso che parte ricorrente ha invocato i parametri normativi attinenti ai vizi lamentati, costituti dal citato d.P.R. n. 181/2009 e dalla legge n. 206 del 2004.

2) Quanto al merito delle indicate censure, l’impugnato decreto prot. 1648/11/SE ha riconosciuto la -OMISSIS-, facendo riferimento, e in tal senso richiamandolo per relationem, alle risultanze del verbale n. 854 del 2.3.2011 della C.M.O. di Caserta, anch’esso gravato.

In tale verbale la C.M.O. di Caserta, ha proceduto alla determinazione di un'unica percentuale dell'invalidità complessiva subita dal ricorrente (pari al 65%), senza fare distinzione tra il danno permanente, quello biologico e quello morale, né dar conto di come si sia giunti alla valutazione dell’invalidità complessiva.

In particolare, l’atto gravato si è limitato a definire la -OMISSIS--OMISSIS- approvata con il D.M. Sanità del 5-2-1992 (invalidità civile) e quello derivato dalla -OMISSIS- annesse al d.P.R.23/12/1978, n. 915”.

Solo per il danno morale la C.M.O. ha precisato di ritenere che ”la valutazione del danno morale ai sensi dell'art.4 del d.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181 viene applicata solamente alle percentuali di invalidità già riconosciute ed indennizzate alla data del 26/08/2004 (entrata in vigore della legge n. 206/2004)."

Ora, l’art. 3 del D.P.R. 30-10-2009 n. 181 (Criteri medico-legali per la valutazione dell'invalidità permanente), prevede che “1. Per l'accertamento dell'invalidità si procede tenendo conto che la percentuale d'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, è attribuita scegliendo il valore più favorevole tra quello determinato in base alle tabelle per i gradi di invalidità e relative modalità d'uso approvate, in conformità all'articolo 3, comma 3, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, con il decreto del Ministro della sanità in data 5 febbraio 1992, e successive modificazioni, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e quello determinato in base alle tabelle A, B, E ed F1 annesse al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, e relativi criteri applicativi. Alla classifica di cui alle categorie della tabella A e alla tabella B sono equiparate le fasce percentuali d'invalidità permanente, riferite alla capacità lavorativa, secondo le corrispondenze indicate nella tabella in allegato 1. Alle invalidità o mutilazioni di prima categoria della tabella A che risultino contemplate anche nella tabella E corrisponde una invalidità permanente non inferiore al 100%”.

L’art. 4 del D.P.R. 30-10-2009 n. 181 (Criteri medico-legali per la rivalutazione dell'invalidità permanente e per la determinazione del danno biologico e del danno morale) prevede che “1. Per la rivalutazione delle invalidità già riconosciute e indennizzate, si procede secondo i seguenti criteri e modalità:

a) la percentuale d'invalidità permanente (IP), riferita alla capacità lavorativa, è attribuita secondo quanto indicato all'articolo 3. Resta salva l'applicazione di altri criteri tabellari, adottati in sede di prima valutazione, se più favorevoli;

b) la percentuale del danno biologico (DB) è determinata in base alle tabelle delle menomazioni e relativi criteri applicativi di cui agli articoli 138, comma 1, e 139, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni;

c) la determinazione della percentuale del danno morale (DM) viene effettuata, caso per caso, tenendo conto della entità della sofferenza e del turbamento dello stato d'animo, oltre che della lesione alla dignità della persona, connessi ed in rapporto all'evento dannoso, fino ad un massimo dei 2/3 del valore percentuale del danno biologico;

d) la percentuale unica di invalidità indicante l'invalidità complessiva (IC), di cui all'articolo 6 della legge 3 agosto 2004, n. 206, che in ogni caso non può superare la misura del cento per cento, è data dalla somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità riferita alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico: IC = DB + DM + (IP - DB)”.

Il Collegio osserva al riguardo che la C.M.O. ha provveduto a definire la percentuale di invalidità complessiva prendendo in esame solo la percentuale d'invalidità permanente (ai sensi dell’indicato art. 3), senza considerare, almeno a livello di motivazione, la percentuale del danno biologico e, comunque, senza dare conto dei parametri dettati dal suindicato art. 4 ai fini del calcolo della percentuale unica di invalidità indicante l'invalidità complessiva, determinato ai sensi della lettera d) del medesimo articolo.

La C.M.O. avrebbe dovuto esprimere la percentuale dell'invalidità complessiva subita dal ricorrente, includente anche, secondo gli indicati parametri, il danno permanente, danno biologico e danno morale (che però non riconosce), mentre come indicato ha preso in esame solo il primo parametro dell’invalidità permanete, come appare espressamente dalla motivazione del provvedimento, che, in ogni caso, non dà atto di avere preso in considerazione anche gli altri parametri (se non il danno morale per escluderlo) indicati nell’art. 4.

Né può chiamarsi in causa il carattere di discrezionalità tecnica delle valutazioni della C.M.O., sia dal punto di vista sostanziale, in quanto la mancata considerazioni dei parametri normativamente indicati è profilo rilevabile dal giudice, sia per quanto riguarda la carenza di motivazione perché, per quanto legati ad un ambito tecnico di insindacabilità, l’utilizzo nelle valutazioni tecniche dei parametri normativamente è aspetto sul quale l’organo tecnico è comunque chiamato a motivare.

Per le ragioni suindicate il provvedimento va, pertanto, annullato e l’Amministrazione dovrà provvedere a una nuova valutazione sul punto.

3) Non può essere accolta, invece, l’istanza istruttoria di parte ricorrente volta alla nomina di un consulente tecnico d’ufficio per accertare l’esatto grado di invalidità complessiva e ciò per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo perché parte ricorrente ha formulato solo una domanda di annullamento dell’atto e non di accertamento del grado di invalidità.

In secondo luogo, parte ricorrente non ha allegato alcuna specifica circostanza, né documento, inerente al suo grado di invalidità, limitando le sue censure alla mancata applicazione dei parametri legali e al difetto di motivazione dell’atto impugnato, senza indicare quale dovrebbe essere la corretta valutazione e senza apportare alcun elemento in tal senso.

In tale contesto, si ritiene che debba essere l’Amministrazione a rieffettuare la valutazione, stante che la C.T.U. è u mezzo di valutazione della prova e non può configurarsi come relavatio ab onere probandi (cfr da ultimo Consiglio di Stato sez. III, 30 maggio 2012, n. 3245, secondo cui “Nel processo amministrativo la consulenza tecnica non è un mezzo di prova in senso stretto ma, piuttosto, uno strumento di valutazione , ovvero di misurazione, di una prova già acquisita per altra via, e che quindi non può mai supplire al difetto di allegazione e di dimostrazione della parte onerata a farlo”; in senso analogo Cassazione civile sez. VI, 08 febbraio 2011, n. 3130 secondo cui “La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova , ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”).

4) Per le suesposte ragioni che assorbono ogni altro motivo il ricorso va accolto, nei termini e limiti indicati.

In considerazione della peculiarità della vicenda, dei motivi di ricorso e del suo esito, che rinvia a successive determinazioni della p.a. e non comporta l’accertamento della spettanza di ulteriori somme in capo al ricorrente, il Collegio ritiene sussistano eccezionali motivi per disporre nella misura della metà la compensazione le spese di giudizio, ponendo la parte non compensata, liquidata come da dispositivo, a carico della soccombente amministrazione.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e limiti indicati in part motiva.

Compensa nella misura della metà le spese di lite e per la parte restante, liquidata nella somma complessiva di euro 1.100,00 (millecento), oltre IVA e CPA, le pone a carico della resistente Amministrazione che provvederà a corrisponderle alla parte ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Anna Pappalardo, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 07/07/2014
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Re: VITTIME DEL DOVERE E' SUCCESSO ANCHE A QUALCUNO DI VOI?

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