RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.

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Re: RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.

Messaggio da panorama »

Studio scientifico sul mobbing in uniforme: è una malattia dell’ambiente

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Dott.ssa Astore
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Re: RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.

Messaggio da Dott.ssa Astore »

Come Presidente della Prima Associazione Toscana sul Mobbing e lo Stress Occupazionale posso dire che e'stato fatto un buon lavoro .
Le sentenze sono molto chiare
Lucia Astore
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Re: RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.

Messaggio da naturopata »

Attenzione alla decorrenza dei termini dalla conoscenza del fatto o dalla notifica del provvedimento.

Pubblicato il 22/06/2018
N. 06966/2018 REG.PROV.COLL.
N. 03817/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3817 del 2017, proposto da:
D. C., rappresentato e difeso dagli avv.ti Alfredo Del Vecchio e Antonio De Medio Terra, con domicilio eletto presso lo studio Antonio De Medio Terra in Roma, viale Parioli n. 76;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento,
1. del documento caratteristico Modello B recante rapporto informativo del 13.2.2017, non contraddistinto da un numero d’ordine, relativo al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016 e conosciuto il 2.3.2017;
2. del documento caratteristico Modello D rubricato elementi d’informazione del 7.12.2016, non contraddistinto da un numero d’ordine, relativo al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016 e conosciuto il 2.3.2017;
3. del Modello E recante statino dei periodi non computabili ai fini della valutazione caratteristica relativo al rapporto informativo redatto per il periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016 dell’8.11.2016, non contraddistinto da un numero d’ordine;
4. nonché di tutti gli atti e provvedimenti ad essi preordinati, consequenziali e/o comunque annessi, connessi e/o collegati, anche se non conosciuti;
e per l’accertamento
- dell’illegittimità e dell’antigiuridicità sia dell’attività, sia della condotta dell’Amministrazione della Difesa quale datore di lavoro, in relazione alla non previsione ed alla non vacanza del posto in organico di livello corrispondente alle mansioni di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare di fatto svolte, attestabile dalla pianta organica del Centro Operativo per la Meteorologia dell’Aeronautica Militare (d'ora in poi “Co.Met.”), per il periodo dal 23.5.2016 al 21.9.2016 e legato all’ordine di aggregazione disposto dal Comandante di Corpo pro tempore della 9a Brigata Aerea Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance ed Electronic Warfare (in proseguo “9a B.A. ISTAR-EW”);
- del diritto soggettivo del ricorrente ad essere assegnato dal 23.5.2016 al 21.9.2016 alle mansioni sue proprie di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare, negli incarichi di Consulente Giuridico facente funzioni (incarico principale) e Capo Sezione Gestione Risorse facente funzioni (incarico secondario) della 9a B.A. ISTAR-EW;
e per la dichiarazione
di fondatezza della pretesa del ricorrente, con la ricompilazione, da parte di un diverso compilatore e revisore/i, dell’impugnata documentazione caratteristica del ricorrente, relativa al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016, per l’attività di lavoro effettivamente resa al Ministero della Difesa, Aeronautica Militare;
e la condanna
dell’Amministrazione della Difesa a redigere nuovamente, con un diverso compilatore e revisore/i, la documentazione caratteristica del ricorrente, relativa al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016, per l’attività di lavoro effettivamente resa al Ministero della difesa, Aeronautica Militare, oltre al risarcimento del danno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 maggio 2018 la dott.ssa Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 10 aprile 2017 e depositato il successivo 2 maggio 2017, il ricorrente:
- propone azione di annullamento avverso il “documento caratteristico Modello B recante rapporto informativo del 13.2.2017…. relativo al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016”, il documento caratteristico “Modello D rubricato elementi d’informazione del 7.12.2016 … relativo al periodo dal 15.7.2016 al 17.10.2016” nonché il “Modello E recante statino dei periodi non computabili ai fini della valutazione caratteristica relativa” al medesimo periodo;
- chiede l’accertamento “dell’illegittimità ed antigiuridicità sia dell’attività, sia della condotta dell’Amministrazione della Difesa quale datore di lavoro, in relazione alla non previsione ed alla non vacanza del posto in organico di livello corrispondente alla mansioni di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare di fatto svolte… per il periodo dal 23.5.2016 al 21.9.2016 e legato all’ordine di aggregazione disposto dal Comandante di Corpo pro tempore” e, conseguentemente, del diritto soggettivo ad essere assegnato per il periodo in trattazione alle mansioni sue proprie di “Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare”, con connesse ulteriori richieste di ricompilazione della sua documentazione caratteristica per il periodo dal “15.7.2016 al 17.10.2016” nonché condanna dell’Amministrazione a “redigere nuovamente” la documentazione de qua, “oltre al risarcimento del danno”.
A tali fini il ricorrente – dopo avere, tra l’altro, rappresentato l’avvenuta proposizione da parte del predetto di “più azioni giudiziarie” per l’annullamento della documentazione caratteristica afferente il periodo “1.8.2014 – 30.6.2016” ma anche al fine di ottenere la ricompilazione della documentazione caratteristica in argomento ed il risarcimento del danno a causa, tra l’altro, dell’intervenuta adozione di svariati provvedimenti di autoannullamento da parte dell’Amministrazione intimata - sfociate, al momento, nella sentenza n. 9577 del 2016, emessa a definizione del ricorso RG n. 4921/2016, e nella sentenza n. 2463 del 2017, emessa a definizione dell’ulteriore ricorso RG n. 12266/2016 – deduce motivi di diritto volti primariamente a confutare la legittimità dell’aggregazione al CO.Met. (dando, peraltro, evidenza che il periodo di lavoro effettivamente reso presso quest’ultimo “è stato solo di giorni 17 complessivi” per ragioni di carattere personale e familiare e, dunque, inferiore al periodo minimo utile di 60 gg.) e, in relazione a quest’ultima, della documentazione caratteristica poi redatta dall’Amministrazione.
Specificamente, il ricorrente denuncia i vizi di incompetenza, violazione di legge anche sotto l’aspetto motivazionale ed eccesso di potere sotto svariati profili, tesi, tra l’altro, a palesare un “intento discriminatorio” e la “lesione del principio di uguaglianza”, richiamando più volte - a supporto di quanto sostenuto – la sentenza di questo Tribunale n. 2463 del 2017, indicata come di “condanna” del Ministero della Difesa.
Per quanto attiene – in ultimo – alla domanda di risarcimento del danno, il ricorrente chiede il riconoscimento della somma di € 1.310,00, “oltre interessi e rivalutazione monetaria”, ex art. 2058, comma 2, c.c., “per il periodo di dequalificazione professionale subito dal 23.5.2016 al 21.9.2016 con l’ordine di aggregazione al CO.Met…., la cui pianta organica non prevedeva una posizione corrispondente alle mansioni di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare”.
I successivi 2 e 10 maggio 2017 il ricorrente ha prodotto documenti ed uno scritto difensivo, tesi precipuamente a comprovare la prestazione del servizio, al più, per “soli 44 giorni” nel periodo di valutazione dal 15.7.2016 al 17.10.2016 e, dunque, l’impossibilità di riferire la documentazione caratteristica al periodo minimo di 60 gg. prescritto nelle “Istruzioni sui documenti caratteristici del Personale Militare delle Forze Armate del Ministero della Difesa”.
Con atto depositato in data 16 maggio 2017 si è costituito il Ministero della Difesa.
Con ordinanza n. 2405 del 18 maggio 2017 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.
Tale ordinanza è stata riformata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 2869 del 7 luglio 2017, in quanto è stato “rilevato, ad un primo esame,….che la vicenda richiede un sollecito approfondimento nel fumus da parte del TAR adito”.
Con istanza depositata in data 27 marzo 2018 il ricorrente – dopo avere dato conto che, “nelle more del giudizio, sopravveniva anche il provvedimento di annullamento in autotutela, ed in sede amministrativa, degli atti e dei provvedimenti impugnati” – ha chiesto al Tribunale di disporre l’acquisizione di documenti (in particolare, copia delle “Tabelle Ordinative ed Organiche del CO.Met. in vigore alla data del 23.5.2016”), già in precedenza indicati, nonché l’acquisizione di “prove testimoniali”, ritenute “dirimenti della non pretestuosità della domanda di condanna” al risarcimento del danno “proposta”.
Il successivo 26 aprile 2018 il ricorrente ha prodotto “domanda di ricusazione ex art. 18, co. 2, C.P.A.” nei confronti del Presidente Concetta Anastasi, basata sul rilievo che la “domanda di condanna del Ministero della difesa, come datore di lavoro, al risarcimento del danno da dequalificazione professionale, per il periodo di aggregazione al Centro Operativo per la Meteorologia dal 23.5.2016 al 21.9.2016…. è la prosecuzione del previgente e del diverso ricorso per motivi aggiunti …. al ricorso introduttivo del giudizio RGN 4921/2016 TAR Lazio Roma, Sezione I bis, definito con la sentenza breve” di inammissibilità n. 9577/2016, e, dunque, in ragione della circostanza che, essendo quest’ultima a firma del su menzionato Presidente Anastasi, sussisterebbe “la causa .. prevista dal combinato disposto dell’art. 18 c.p.a., con l’art. 51, co. 1, nr. 4), c.p.c., perché come magistrato ne ha conosciuto nell’altro grado del processo del ricorso rubricato al RGN 4921/2016”.
Tale istanza è stata respinta con l’ordinanza collegiale n. 5057 del 7 maggio 2018.
A seguito della produzione in data 1 maggio 2018 di un ulteriore scritto difensivo da parte del ricorrente, volto a palesare la sopravvenuta carenza di interesse anche “alla decisione dell’azione di condanna in forma specifica del Ministero della Difesa a redigere nuovamente, con un diverso compilatore e revisore/i, la sua documentazione caratteristica” in ragione della compilazione di un nuovo documento di valutazione, già gravato con il ricorso RGN 3790/2018, e, quindi, a precisare che “per il ricorso” in trattazione “il giudice amministrativo dovrà decidere nel merito della sola domanda di condanna da dequalificazione professionale del Ministero della Difesa”, all’udienza pubblica del 7 maggio 2018 - nel corso della quale il Presidente ha dato avviso in relazione a profili di inammissibilità della domanda, ai sensi dell’art. 73, u.c., d,lgs. n. 104 del 2010, così come riportato a verbale - la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Tutto ciò premesso, la disamina dell’evoluzione della vicenda in esame nel corso del tempo ma anche le affermazioni rese dal ricorrente conducono necessariamente a prendere atto della sopravvenuta carenza di interesse in relazione:
- all’azione di annullamento proposta con il presente ricorso;
- all’azione di “condanna in forma specifica del Ministero della Difesa a redigere nuovamente, con un diverso compilatore e revisore/i, la sua documentazione caratteristica”, proposta – del pari – con l’atto introduttivo del giudizio.
Ciò detto, non permane al Collegio che dichiarare il ricorso improcedibile nelle parte in cui – mediante di esso – il ricorrente propone le azioni in precedenza indicate.
In sintesi, il ricorso va dichiarato in parte improcedibile, nei termini e nei limiti di cui sopra.
3. In ragione di quanto già affermato, permane da valutare la domanda di risarcimento del danno.
In proposito, appare opportuno ricordare che il ricorrente formula la domanda de qua riconducendo il danno subito alla “dequalificazione professionale” di cui il predetto sarebbe stato “vittima” a causa dell’ordine di aggregazione al CO.Met., posto che – secondo quanto ripetutamente affermato – la pianta organica di quest’ultimo “non prevedeva una posizione corrispondente alle mansioni di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare”.
Premesso che la domanda in trattazione si rivela – in verità – “generica” in ragione del rilievo che la carenza denunciata – afferente alla “posizione” di cui sopra - appare inidonea di per sé a comprovare un’ipotesi di demansionamento, il quale – come noto – costituisce una condizione di “fatto” lesiva dello stesso “diritto al lavoro” (inteso come diritto ad espletare un’attività lavorativa corrispondente alle mansioni attribuite e, dunque, spettanti), configurabile – in quanto tale - sulla base non tanto dell’attribuzione di funzioni non strettamente inerenti alla qualifica e/o al grado posseduti, quanto dell’inequivoca destinazione all’espletamento di “mansioni inferiori” o anche a uno stato di “totale inattività” (atta ad incidere negativamente sulle capacità professionali del dipendente, ossia a determinare un impoverimento di quest’ultime, con ricadute, tra l’altro, sugli sviluppi delle carriera, sull’aspirazione ad altre posizioni lavorative e, ancora, sullo stato psicologico del lavoratore, tanto da essere spesso assimilata al mobbing o, ancora, invocata per comprovare quest’ultimo), il Collegio ritiene doveroso osservare che:
- come in precedenza ricordato, il ricorrente si duole sì di avere subito un demansionamento ma, a tali fini, si limita ad addurre l’ordine di aggregazione al CO.Met., “la cui pianta organica non prevedeva una posizione corrispondente alle mansioni di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare”, senza altro aggiungere;
- in altri termini, il ricorrente lamenta il demansionamento e, in ragione di esso, chiede il risarcimento del danno ma – al fine di dimostrare il comportamento illecito posto in essere dall’Amministrazione - si astiene dal rappresentare circostanze oggettive e concrete, idonee a comprovare l’assegnazione all’espletamento di mansioni riconducibili ad un livello e/o ad una categoria di inquadramento effettivamente “inferiore” al grado dal predetto rivestito (come sicuramente necessario, tenuto, tra l’altro, conto dello “ius variandi” del datore di lavoro, espressamente ammesso “in senso orizzontale” e “verticale” dall’art. 2103 c.c., così come modificato dall’art. 3 del D.lgs. n. 81 del 2015, statuente l’irrilevanza dell’equivalenza professionale, a differenza della disciplina previgente), bensì richiama in termini astratti e generali l’ordine di aggregazione in questione.
Stante quanto riportato, non vi è chi non veda come il fatto illecito denunciato sia costituito o, meglio, si identifichi - sulla base delle argomentazioni dello stesso ricorrente - nell’ordine di aggregazione.
Orbene, tale constatazione conduce a rilevare che:
- come si trae da quanto riportato nell’atto introduttivo del giudizio ma anche dalla documentazione prodotta agli atti, l’ordine di aggregazione al CO.Met. è stato impartito con provvedimento amministrativo prot. n. M_D ARM089 0002985 del 5 maggio 2016, ossia con atto “autoritativo”, già oggetto di impugnativa con i motivi aggiunti proposti nel giudizio instaurato con il ricorso n. 4921 del 2016, riportanti, tra l’altro, la domanda di condanna del Ministero della Difesa “al risarcimento dei danni”, dichiarati inammissibili dalla Sezione con la sentenza in forma semplificata n. 9577 dell’8 settembre 2016, per carenza di “alcuna connessione apprezzabile (salvo quella soggettiva) ai fini dell’art. 43 c.p.a.” con la domanda proposta con l’atto introduttivo del giudizio (inerente il “solo annullamento” della scheda valutativa del 14 dicembre 2015 “col numero d’ordine 27, relativa al periodo dal 1° agosto 2014 al 30 giugno 2015, conosciuta in data 21 marzo 2016”);
- nella consapevolezza della complessità delle vicende giurisdizionali del ricorrente, connesse alla pluralità di azioni proposte da quest’ultimo nel corso del tempo (tra cui appare sufficiente – in questa sede - ricordare il deposito in data 9 novembre 2016 del ricorso n. 12266/2016, volto a chiedere ed ottenere l’annullamento della scheda valutativa afferente il periodo temporale “1 luglio 2015 – 30 giugno 2016”, datata 5 settembre 2016, e, nel contempo, a chiedere “l’accertamento e la dichiarazione dell’illegittimità e dell’antigiuridicità sia dell’attività, sia della condotta dell’Amministrazione della Difesa quale datore di lavoro e del diritto soggettivo….. ad essere assegnato dal 23.5.2016 al 21.9.2016 alle mansioni proprie di Ufficiale del Corpo di Commissariato dell’Aeronautica Militare, nell’incarico di consulente giuridico facente funzioni e Capo Sezione Gestione Risorse facente funzioni della 9^ B.A. ISTAR – EW dell’Aeronautica Militare”, sfociato nella sentenza in forma semplificata n. 2463 del 2017 che – seppure costantemente invocata dal ricorrente come di “condanna” – è di mera dichiarazione di “estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34, V comma, cpa”, in ragione dell’intervenuto annullamento dei provvedimenti, in positivo riscontro, tra l’altro, dell’istanza formulata dallo stesso ricorrente per chiedere la condanna della P.A. al solo pagamento delle spese di giudizio, in base al principio della “soccombenza virtuale”, depositata in data 14 gennaio 2017) e, in stretta correlazione a quest’ultime, soprassedendo, ancora, su eventuali profili di inammissibilità connessi alla violazione del principio del ne bis in idem, chiara si profila l’operatività – nel caso in trattazione – del disposto dell’art. 30, comma 3, del D.lgs. n. 104 del 2010 (c.d. codice del processo amministrativo), con conseguente riscontro della tardività della proposizione della domanda in esame.
In particolare, preme evidenziare che:
- come noto, in virtù dell’art. 30 in argomento è venuta meno la c.d. “pregiudizialità amministrativa”, nel senso che è stata introdotta la facoltà dell’interessato di proporre autonomamente domanda per il risarcimento del danno, senza necessità alcuna di procedere alla previa impugnativa del provvedimento amministrativo ritenuto causativo del “danno” stesso (costituente – in precedenza – una condizione di ammissibilità della domanda), ma, nel contempo, la soluzione in tale modo adottata dal legislatore rivela l’insussistenza di una totale, piena autonomia dei rimedi impugnatorio e risarcitorio, specie ove si tenga conto che la decorrenza del termine di 120 gg. all’uopo prescritto varia a seconda che sia stata proposta o meno l’azione demolitoria e, ancora, che “l’omessa tempestiva proposizione del ricorso per l’annullamento del provvedimento lesivo” costituisce una circostanza non certo indifferente ma, anzi, di particolare rilevanza nell’ambito della valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa e, conseguentemente, del riconoscimento del ristoro patrimoniale richiesto (cfr., tra le altre, C.d.S., Adunanza Plenaria, n. 3 del 2011);
- criteri di ragionevolezza, sanciti, tra l’altro, a livello giurisprudenziale, così come desumibili anche dalle numerose sentenze emesse dalla Corte Costituzionale, hanno, peraltro, condotto a configurare i 120 gg., contemplati nell’art. 30 in esame, come un termine di natura “mista” o, meglio, come un “istituto sostanziale a rilievo processuale”, “naturaliter operante solo per i fatti posteriori alla novità normativa” (cfr. C.d.S., Ad.PL., n. 6 del 2015), come, tra l’altro, previsto dall’art. 2 dell’all. 3 al codice (cfr., in termini, Corte Cost., n. 57 del 2015), ma, comunque, decadenziale, con le connesse, note conseguenze in ordine, tra l’altro, alla rilevabilità d’ufficio dell’intervenuta maturazione dello stesso;
- premesso che la legittimità costituzionale del termine di 120 gg. in esame è stata più volte messa in discussione, così come comprovato dalle svariate ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale (poiché ritenuto lesivo – primariamente a causa della ristrettezza temporale che lo connota – della tutela delle situazioni giuridiche degli interessati), ma, comunque, con esito negativo sulla base del riscontro di esigenze di coerente bilanciamento dell’interesse del danneggiato di vedersi riconosciuta la possibilità di agire anche a prescindere dalla domanda di annullamento con l’obiettivo, di rilevante interesse pubblico, di pervenire in tempi brevi alla certezza del rapporto giuridico amministrativo, secondo una logica di stabilità degli effetti giuridici (cfr., da ultimo, Corte Cost., n. 94 del 2017), non appare possibile, peraltro, dubitare che – nel rispetto dell’autonomia, comunque attribuita all’azione risarcitoria dalle nuove prescrizioni introdotte con il codice del processo amministrativo – la previsione di cui all’art. 30, comma 3, del d.lgs. n. 104 del 2010, statuente la decorrenza del termine de quo dal giorno in cui il fatto lesivo si è verificato “ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”, rivesta carattere generale, a differenza di quanto disposto dal successivo comma 5 del medesimo articolo;
- in stretta aderenza alla volontà del legislatore di superare la c.d. pregiudizialità amministrativa (a definizione, tra l’altro, dei noti contrasti insorti tra il giudice amministrativo ed il giudice ordinario), seppure con i su esposti temperamenti, la prescrizione di cui al menzionato comma 5 è meritevole, infatti, di essere configurata come una sorta di “eccezione” alla regola generale fissata dai precedenti commi 1, 2 e 3, idonea a consentire all’interessato di chiedere il risarcimento del danno anche nell’ambito del giudizio di annullamento o, ancora, “sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”, ma proprio in ragione della specifica natura che connota la previsione in argomento, non appare che possa essere messa in discussione la riferibilità della seconda delle ipotesi in essa contemplate ai soli casi in cui l’azione di annullamento sia sfociata in una sentenza di merito di accoglimento;
- a supporto della conclusione a cui si è pervenuti depone – del resto – il rilievo che l’azione risarcitoria soggetta al termine di cui all’art. 30, comma 3, c.p.a., ossia l’azione risarcitoria autonomamente proposta, presuppone sempre e in ogni caso l’accertamento (seppure incidentale e, quindi, senza effetti sostanziali sul rapporto) della illegittimità del provvedimento lesivo e, dunque, palesa in termini netti ed inequivoci la rilevanza dell’esito dell’accertamento de quo ai fini dell’accoglimento o meno della pretesa risarcitoria, il che inequivocabilmente rivela che la statuizione della decorrenza del termine di 120 gg. dal passaggio in giudicato della sentenza può prestarsi ad assumere una valida e concreta funzione giuridica esclusivamente in relazione ai casi in cui l’azione di annullamento abbia di per sé sancito l’illegittimità del provvedimento gravato (cfr., in termini, TAR Liguria, ord. 22 gennaio 2014, n. 107, di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità dell’art. 30, comma 5, c.p.a. propriamente sulla base dell’inclusione del risarcimento del danno fra i “diritti patrimoniali consequenziali all’annullamento del provvedimento lesivo”).
Dato così conto della portata generale delle previsioni di cui all’art. 30, commi 1, 2 e 3, del d.lgs. n. 104 del 2010, a differenza del disposto dell’art. 30, comma 5, del medesimo decreto, la cui operatività è meritevole di essere coerentemente limitata – oltre all’ipotesi in cui siano pendenti giudizi instaurati mediante la proposizione di un’azione di annullamento - ai casi in cui risultino essere state emesse sentenze di annullamento, il Collegio osserva che:
- non risulta essere stata emessa dal giudice amministrativo una sentenza di annullamento dell’“ordine di aggregazione” al CO.Met., sulla cui illegittimità il ricorrente basa la pretesa risarcitoria dallo stesso avanzata (risulta sì emessa una sentenza – la n. 9577/2016 - ma la stessa costituisce una pronuncia di mero “rito”, priva – in quanto tale - di un’effettiva efficacia esterna in base, tra l’altro, all’art. 2909 c.c. – cfr., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II bis, 18 dicembre 2017, n. 12465);
- ciò detto, la decorrenza del termine di 120 gg. non può che essere computata dalla data di conoscenza del su indicato ordine di aggregazione e, conseguentemente, riconducibile almeno al 18 giugno 2016 (data di deposito dei motivi aggiunti avverso quest’ultimo proposti nell’ambito del giudizio instaurato con il ricorso n. 9577 del 2016);
e, quindi, perviene alla conclusione che la domanda di risarcimento in trattazione debba essere dichiarata irricevibile per tardività in quanto proposta soltanto in data 10 aprile 2017 e, dunque, ben oltre il su indicato termine di 120 gg..
4. Per le ragioni illustrate, il ricorso va dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a. , e in parte irricevibile, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a), c.p.a..
In ragione della sostanziale reciproca soccombenza delle parti, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3817/2017, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e in parte irricevibile, ai sensi e nei termini indicati in motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2018 con l’intervento dei Magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Mangia Concetta Anastasi
Dott.ssa Astore
Consigliere
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Re: RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.

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Come Presidente della prima Assoc.toscana sul Mobbing lavorativo e familiare la nvito a vedere il mio sito e eventualmente contattarmi
Lucia Astore
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