Gli effetti della domanda intempestiva?
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Messaggio da Antonio_1961 »
[quote="AntonioPE"]da Antonio_1961 » ven mar 28, 2014 7:07 pm
AntonioPE ha scritto:Chiedo delucidazioni in merito alla domanda intempestiva. I referti medici (rx, tac, risonanza magnetica) hanno valenza sino a due anni dalla data apposta da allegare alla domanda di causa di servizio intempestiva?
non vorrei sbagliarmi, ma la valenza sono 6 mesi...
Antonio, mi sono documentano presso il sito “IL MEDICO LEGALE RISPONDE” , in un quesito posto da un collega, la dott.ssa gli rispondeva che per l'equo indennizzo i certificati/referti non devono superare i sei mesi, per la richiesta della sola causa di servizio fino a due anni.
Appunto i 6 mesi mi riferivo alla documentazione sanitaria...
AntonioPE ha scritto:Chiedo delucidazioni in merito alla domanda intempestiva. I referti medici (rx, tac, risonanza magnetica) hanno valenza sino a due anni dalla data apposta da allegare alla domanda di causa di servizio intempestiva?
non vorrei sbagliarmi, ma la valenza sono 6 mesi...
Antonio, mi sono documentano presso il sito “IL MEDICO LEGALE RISPONDE” , in un quesito posto da un collega, la dott.ssa gli rispondeva che per l'equo indennizzo i certificati/referti non devono superare i sei mesi, per la richiesta della sola causa di servizio fino a due anni.
Appunto i 6 mesi mi riferivo alla documentazione sanitaria...
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
- intempestiva la istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità
- erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L. n. 417/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928.
IL TAR che accoglie il ricorso scrive:
1) - Il ricorrente quindi fondatamente richiama una copiosa giurisprudenza favorevole del G.A. , secondo la quale “per verificare il rispetto del termine semestrale imposto (oggi) dall'art. 2 d.P.R. n. 461 del 2001 e fissato per la proposizione della domanda di riconoscimento di dipendenza dell'infermità da causa di servizio e per la liquidazione dell'equo indennizzo, si deve necessariamente tenere conto del momento in cui la diagnosi dei danni effettivamente subiti e delle patologie in atto abbia raggiunto sufficiente grado di certezza ed identificazione” (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 28 marzo 2013, n. 5717).
Il resto leggetelo qui sotto.
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10/07/2014 201402018 Sentenza 3
N. 02018/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04420/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4420 del 2004, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonio Lanfranch e Vittoria Fazio, con domicilio eletto presso Francesco Martines in Catania, viale XX Settembre 43 (St. Natullo);
contro
Commissione Medica Ospedaliera di Seconda Istanza – Palermo; Commissione Medica Ospedaliera di I^ Grado – Messina; Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliato in via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
-della determinazione 143/AB del 07/06/2003, prot. 791/2001/ML4 della Commissione Medica di seconda istanza di Palermo, che ha ritenuto intempestiva la istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità contratta dal ricorrente;
- ove occorra e per quanto di ragione, del verbale n. AB 1480 del 27/04/2000 della C.M.O. di 1^ istanza di Messina;
- di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto, consequenziale a quelli sopra impugnati o esecutivo degli stessi;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissione Medica Ospedaliera di Seconda Istanza - Palermo e di Ministero della Difesa e di Commissione Medica Ospedaliera di I^ Grado - Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Sig. -OMISSIS-, in forza all’Arma dei Carabinieri con il grado di Maresciallo Capo, proponeva in data 13/11/1997, istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di talune patologie manifestatesi nel periodo prestato presso la Stazione Carabinieri OMISSIS. Sottoposto a visita collegiale presso la C.M.O. di Messina, benché l’analisi clinica avesse condotto la Commissione a ritenere dipendente da causa di servizio la patologia “-OMISSIS-”, quest’ultima rilevava altresì la tardività dell’istanza proposta rispetto al termine individuato dall’art. 1 della L n. 416/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928. Ritenendo errata tale statuizione, il Sig. -OMISSIS- presentava ricorso alla C.M.O. di II° grado di Palermo; la quale però, con determinazione 143/AB del 07/06/2003 prot. 791/2001/ML4, ribadiva la impossibilità di procedere al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia indicata in precedenza per la tardività nella presentazione della relativa istanza.
Il Sig. -OMISSIS- proponeva allora ricorso con atto notificato il 07/07/2004, e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 21/07/2004, ivi lamentando la erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L n. 416/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928, eccesso di potere per erronea presupposizione e travisamento dei fatti, , difetto assoluto di motivazione e carenza di istruttoria, violazione del giusto provvedimento ed illegittimità manifesta.
Si costituiva in giudizio per l’Amministrazione intimata la Difesa Erariale, con memoria meramente formale depositata in segreteria il 22/07/2004.
Il Collegio ritiene fondata la dedotta censura di erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L. n. 417/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928.
Infatti l’Amministrazione intimata ha ritenuto che il termine decadenziale semestrale previsto da quelle norme decorresse dalla data di sottoposizione del ricorrente a visita collegiale presso la C.M.O. di Messina il 13/02/1997, piuttosto che dal momento della conoscenza del definitivo cronicizzarsi della relativa infermità, sopravvenuta soltanto il 13/11/1997 a seguito di ulteriori esami che il ricorrente aveva effettuato presso il proprio medio curante (i cui esiti risultano certificati da un documento redatto in pari data da tale sanitario, che è stato prodotto in giudizio fra gli allegati al ricorso). Il ricorrente quindi fondatamente richiama una copiosa giurisprudenza favorevole del G.A. , secondo la quale “per verificare il rispetto del termine semestrale imposto (oggi) dall'art. 2 d.P.R. n. 461 del 2001 e fissato per la proposizione della domanda di riconoscimento di dipendenza dell'infermità da causa di servizio e per la liquidazione dell'equo indennizzo, si deve necessariamente tenere conto del momento in cui la diagnosi dei danni effettivamente subiti e delle patologie in atto abbia raggiunto sufficiente grado di certezza ed identificazione” (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 28 marzo 2013, n. 5717).
Dichiarato pertanto assorbito ogni altro motivo di ricorso relativo alla forma del provvedimento impugnato e/o al procedimento svolto al fine della sua adozione, il Collegio accoglie il ricorso in epigrafe, annullando il provvedimento con esso impugnato, e salva ogni ulteriore statuizione che l’Amministrazione intimata dovrà prendere per esitare l’istanza tempestivamente inoltrata dal ricorrente in data 13/11/1997.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione intimata alla refusione delle spese processuali nei confronti del ricorrente, che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), più IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
- erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L. n. 417/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928.
IL TAR che accoglie il ricorso scrive:
1) - Il ricorrente quindi fondatamente richiama una copiosa giurisprudenza favorevole del G.A. , secondo la quale “per verificare il rispetto del termine semestrale imposto (oggi) dall'art. 2 d.P.R. n. 461 del 2001 e fissato per la proposizione della domanda di riconoscimento di dipendenza dell'infermità da causa di servizio e per la liquidazione dell'equo indennizzo, si deve necessariamente tenere conto del momento in cui la diagnosi dei danni effettivamente subiti e delle patologie in atto abbia raggiunto sufficiente grado di certezza ed identificazione” (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 28 marzo 2013, n. 5717).
Il resto leggetelo qui sotto.
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10/07/2014 201402018 Sentenza 3
N. 02018/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04420/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4420 del 2004, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonio Lanfranch e Vittoria Fazio, con domicilio eletto presso Francesco Martines in Catania, viale XX Settembre 43 (St. Natullo);
contro
Commissione Medica Ospedaliera di Seconda Istanza – Palermo; Commissione Medica Ospedaliera di I^ Grado – Messina; Ministero della Difesa, in persona del Ministro legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliato in via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
-della determinazione 143/AB del 07/06/2003, prot. 791/2001/ML4 della Commissione Medica di seconda istanza di Palermo, che ha ritenuto intempestiva la istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità contratta dal ricorrente;
- ove occorra e per quanto di ragione, del verbale n. AB 1480 del 27/04/2000 della C.M.O. di 1^ istanza di Messina;
- di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto, consequenziale a quelli sopra impugnati o esecutivo degli stessi;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Commissione Medica Ospedaliera di Seconda Istanza - Palermo e di Ministero della Difesa e di Commissione Medica Ospedaliera di I^ Grado - Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Sig. -OMISSIS-, in forza all’Arma dei Carabinieri con il grado di Maresciallo Capo, proponeva in data 13/11/1997, istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di talune patologie manifestatesi nel periodo prestato presso la Stazione Carabinieri OMISSIS. Sottoposto a visita collegiale presso la C.M.O. di Messina, benché l’analisi clinica avesse condotto la Commissione a ritenere dipendente da causa di servizio la patologia “-OMISSIS-”, quest’ultima rilevava altresì la tardività dell’istanza proposta rispetto al termine individuato dall’art. 1 della L n. 416/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928. Ritenendo errata tale statuizione, il Sig. -OMISSIS- presentava ricorso alla C.M.O. di II° grado di Palermo; la quale però, con determinazione 143/AB del 07/06/2003 prot. 791/2001/ML4, ribadiva la impossibilità di procedere al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia indicata in precedenza per la tardività nella presentazione della relativa istanza.
Il Sig. -OMISSIS- proponeva allora ricorso con atto notificato il 07/07/2004, e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 21/07/2004, ivi lamentando la erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L n. 416/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928, eccesso di potere per erronea presupposizione e travisamento dei fatti, , difetto assoluto di motivazione e carenza di istruttoria, violazione del giusto provvedimento ed illegittimità manifesta.
Si costituiva in giudizio per l’Amministrazione intimata la Difesa Erariale, con memoria meramente formale depositata in segreteria il 22/07/2004.
Il Collegio ritiene fondata la dedotta censura di erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 1 della L. n. 417/1926 e 3 del R.D. n. 1024/1928.
Infatti l’Amministrazione intimata ha ritenuto che il termine decadenziale semestrale previsto da quelle norme decorresse dalla data di sottoposizione del ricorrente a visita collegiale presso la C.M.O. di Messina il 13/02/1997, piuttosto che dal momento della conoscenza del definitivo cronicizzarsi della relativa infermità, sopravvenuta soltanto il 13/11/1997 a seguito di ulteriori esami che il ricorrente aveva effettuato presso il proprio medio curante (i cui esiti risultano certificati da un documento redatto in pari data da tale sanitario, che è stato prodotto in giudizio fra gli allegati al ricorso). Il ricorrente quindi fondatamente richiama una copiosa giurisprudenza favorevole del G.A. , secondo la quale “per verificare il rispetto del termine semestrale imposto (oggi) dall'art. 2 d.P.R. n. 461 del 2001 e fissato per la proposizione della domanda di riconoscimento di dipendenza dell'infermità da causa di servizio e per la liquidazione dell'equo indennizzo, si deve necessariamente tenere conto del momento in cui la diagnosi dei danni effettivamente subiti e delle patologie in atto abbia raggiunto sufficiente grado di certezza ed identificazione” (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, sent. 28 marzo 2013, n. 5717).
Dichiarato pertanto assorbito ogni altro motivo di ricorso relativo alla forma del provvedimento impugnato e/o al procedimento svolto al fine della sua adozione, il Collegio accoglie il ricorso in epigrafe, annullando il provvedimento con esso impugnato, e salva ogni ulteriore statuizione che l’Amministrazione intimata dovrà prendere per esitare l’istanza tempestivamente inoltrata dal ricorrente in data 13/11/1997.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione intimata alla refusione delle spese processuali nei confronti del ricorrente, che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), più IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Il Ministero dell'Interno perde l'Appello in CdS relativamente al termine semestrale "conoscenza".
Sentenza fresca di oggi per chi ne abbia bisogno.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
denegata concessione indennità una tantum per causa di servizio ex art. 7 d.P.R. n. 738/81.
Il CdS precisa:
1) - Tuttavia in concreto, diversamente da quanto sostenuto anche in questa sede dal Ministero dell’interno, nel caso in esame il dies a quo del predetto primo termine semestrale non può farsi risalire al momento delle dimissioni del dipendente, dopo il ricovero presso l’Ospedale militare Celio nell’anno 1985, con la diagnosi “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
2) - Tale diagnosi, invero, non era idonea a consentire di percepire la più grave infermità di “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, coinvolgente l’apparato visivo, oggetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata il 7 ottobre 1994.
3) - Com’è noto, la dizione “data in cui” il dipendente “ha avuto conoscenza” dell'infermità o lesione va intesa nel senso che il relativo termine non decorre dal momento in cui si abbia conoscenza di una malattia o lesione, bensì da quello della percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio.
4) - In altre parole, la decorrenza dello stesso termine va individuata tenendo presente il momento in cui l'interessato abbia acquisito consapevolezza dell'effettiva consistenza e gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, rilevando un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente.
5) - In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell'avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento (cfr, in tal senso, tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2014 n. 1304).
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201501935
- Public 2015-04-15 -
N. 01935/2015REG.PROV.COLL.
N. 05426/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5426 del 2011, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Parenti, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Parenti in Roma, viale delle Milizie n. 114;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 0-OMISSIS-/2011, resa tra le parti, concernente denegata concessione indennità una tantum per causa di servizio ex art. 7 d.P.R. n. 738/81
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Francesca Giuffrè su delega dell'avv. Luigi Parenti e dello Stato Paola Saulino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il signor -OMISSIS-, ispettore capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di -OMISSIS-, chiedeva in data 16 marzo 1995 la concessione dell’indennità una tantum, prevista dall’art. 7 del d.P.R. n. 738 del 1981 nel caso in cui al dipendente sia stata accertata dall’apposita commissione medica un’invalidità derivante da causa di servizio che non comporti l’inidoneità assoluta al servizio di istituto, per varie infermità tra le quali “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, la cui domanda era ritenuta “si tempestiva ai fini dell’E.I.” dalla commissione medica di seconda istanza con verbale del 2 marzo 1995.
Riguardo a tale infermità la domanda era respinta con decreto dirigenziale 12 giugno 1996 nel rilievo della presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio oltre il termine semestrale di legge poiché l’interessato era a conoscenza dell’infermità sin dal 1985, quando è stato ricoverato presso l’O.M. di Roma e dimesso con 30 giorni di convalescenza per “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
L’interessato ha impugnato il detto decreto davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, che ha accolto il ricorso con sentenza 22 febbraio 2011 n. -OMISSIS- della sezione prima ter, ritenendo che ai sensi del cit. art. 7 la tempestività della domanda va riferita al semestre dal riconoscimento dell’invalidità, quindi nella specie al verbale del 2 marzo 1995 della commissione medica di II istanza.
Di qui l’appello in epigrafe, proposto con atto notificato il 20 giugno 2011 e depositato il 28 seguente, con cui il Ministero dell’interno sostiene che il ripetuto art. 7, co. 3, prevede espressamente l’applicabilità delle disposizioni relative all’equo indennizzo, tra cui vi è quella (art. 3 r.d. n. 1024 del 1928, sostituito dall’art. 36 del d.P.R. n. 686 del 1957 e poi dall’art. 2 del d.P.R. n. 461 del 2001) che individua nel momento in cui il dipendente assume consapevolezza dell’infermità, della sua natura e della sua gravità il dies a quo del termine semestrale per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, dell’equo indennizzo, dell’indennità una tantum e della pensione privilegiata. Dies a quo che, nella specie, va ricondotto a quando il ricorrente nel 1985 fu dimesso dall’Ospedale militare Celio in relazione alla stessa patologia posta a fondamento della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Il 4 luglio 2011 il signor -OMISSIS- si è costituito in giudizio e con memoria del 23 gennaio 2015 ha svolto controdeduzioni.
L’appello, introitato all’udienza pubblica del 26 febbraio 2015, è infondato.
In astratto, va condivisa la tesi giuridica prospettata dall’Amministrazione appellante, secondo cui, stante il rinvio dell’art. 7, co. 3, del d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 738 (recante “Utilizzazione del personale delle forze di polizia invalido per causa di servizio”) alle disposizioni relative all’equo indennizzo, la domanda del dipendente diretta a far accertare l’eventuale dipendenza da causa di servizio deve essere presentata entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto “conoscenza” dell'infermità o della lesione ai sensi di tali disposizioni (art. 3 del d. P.R. 20 aprile 1994 n. 349, applicabile alla fattispecie ratione temporis, che ha sostituito l’art. 36 del d.P.R del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 ed è stato poi, a sua volta, sostituito dall’art. 2 del d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461). Pertanto, la presentazione della domanda di corresponsione della indennità una tantum entro sei mesi dal positivo accertamento, a norma del co. 2 del citato art. 7, non vale a superare la tardività dell’iniziale domanda di riconoscimento della dipendenza.
Tuttavia in concreto, diversamente da quanto sostenuto anche in questa sede dal Ministero dell’interno, nel caso in esame il dies a quo del predetto primo termine semestrale non può farsi risalire al momento delle dimissioni del dipendente, dopo il ricovero presso l’Ospedale militare Celio nell’anno 1985, con la diagnosi “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
Tale diagnosi, invero, non era idonea a consentire di percepire la più grave infermità di “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, coinvolgente l’apparato visivo, oggetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata il 7 ottobre 1994.
Com’è noto, la dizione “data in cui” il dipendente “ha avuto conoscenza” dell'infermità o lesione va intesa nel senso che il relativo termine non decorre dal momento in cui si abbia conoscenza di una malattia o lesione, bensì da quello della percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio.
In altre parole, la decorrenza dello stesso termine va individuata tenendo presente il momento in cui l'interessato abbia acquisito consapevolezza dell'effettiva consistenza e gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, rilevando un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente. In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell'avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento (cfr, in tal senso, tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2014 n. 1304).
E proprio tale aspetto ha evidentemente condotto la Commissione medica di seconda istanza, adìta dal signor -OMISSIS-, a rivedere nel senso del riconoscimento dell’infermità “ipertensione arteriosa con retinopatia” come “si tempestiva ai fini dell’E.I.” (p.v. 2 marzo 1995) il contrastante giudizio della Commissione medica di prima istanza (p.v. 23 febbraio 1995 n. 528) basato sulla diagnosi di dimissione sopra riportata.
Non senza notare che il decreto ministeriale 12 giugno 1996, impugnato in primo grado, indica erroneamente come ambedue le Commissioni abbiano giudicato tardiva la domanda in questione.
In conclusione, la sentenza appellata va confermata, sia pure con le modificazioni ed integrazioni motivazionale suestese. Ne deriva la reiezione dell’appello.
Come di regola, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello.
Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del grado che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità dell’appellato, nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelarne lo stato di salute delle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2015
Sentenza fresca di oggi per chi ne abbia bisogno.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
denegata concessione indennità una tantum per causa di servizio ex art. 7 d.P.R. n. 738/81.
Il CdS precisa:
1) - Tuttavia in concreto, diversamente da quanto sostenuto anche in questa sede dal Ministero dell’interno, nel caso in esame il dies a quo del predetto primo termine semestrale non può farsi risalire al momento delle dimissioni del dipendente, dopo il ricovero presso l’Ospedale militare Celio nell’anno 1985, con la diagnosi “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
2) - Tale diagnosi, invero, non era idonea a consentire di percepire la più grave infermità di “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, coinvolgente l’apparato visivo, oggetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata il 7 ottobre 1994.
3) - Com’è noto, la dizione “data in cui” il dipendente “ha avuto conoscenza” dell'infermità o lesione va intesa nel senso che il relativo termine non decorre dal momento in cui si abbia conoscenza di una malattia o lesione, bensì da quello della percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio.
4) - In altre parole, la decorrenza dello stesso termine va individuata tenendo presente il momento in cui l'interessato abbia acquisito consapevolezza dell'effettiva consistenza e gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, rilevando un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente.
5) - In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell'avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento (cfr, in tal senso, tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2014 n. 1304).
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201501935
- Public 2015-04-15 -
N. 01935/2015REG.PROV.COLL.
N. 05426/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5426 del 2011, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Parenti, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Parenti in Roma, viale delle Milizie n. 114;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 0-OMISSIS-/2011, resa tra le parti, concernente denegata concessione indennità una tantum per causa di servizio ex art. 7 d.P.R. n. 738/81
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Francesca Giuffrè su delega dell'avv. Luigi Parenti e dello Stato Paola Saulino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il signor -OMISSIS-, ispettore capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di -OMISSIS-, chiedeva in data 16 marzo 1995 la concessione dell’indennità una tantum, prevista dall’art. 7 del d.P.R. n. 738 del 1981 nel caso in cui al dipendente sia stata accertata dall’apposita commissione medica un’invalidità derivante da causa di servizio che non comporti l’inidoneità assoluta al servizio di istituto, per varie infermità tra le quali “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, la cui domanda era ritenuta “si tempestiva ai fini dell’E.I.” dalla commissione medica di seconda istanza con verbale del 2 marzo 1995.
Riguardo a tale infermità la domanda era respinta con decreto dirigenziale 12 giugno 1996 nel rilievo della presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio oltre il termine semestrale di legge poiché l’interessato era a conoscenza dell’infermità sin dal 1985, quando è stato ricoverato presso l’O.M. di Roma e dimesso con 30 giorni di convalescenza per “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
L’interessato ha impugnato il detto decreto davanti al TAR per il Lazio, sede di Roma, che ha accolto il ricorso con sentenza 22 febbraio 2011 n. -OMISSIS- della sezione prima ter, ritenendo che ai sensi del cit. art. 7 la tempestività della domanda va riferita al semestre dal riconoscimento dell’invalidità, quindi nella specie al verbale del 2 marzo 1995 della commissione medica di II istanza.
Di qui l’appello in epigrafe, proposto con atto notificato il 20 giugno 2011 e depositato il 28 seguente, con cui il Ministero dell’interno sostiene che il ripetuto art. 7, co. 3, prevede espressamente l’applicabilità delle disposizioni relative all’equo indennizzo, tra cui vi è quella (art. 3 r.d. n. 1024 del 1928, sostituito dall’art. 36 del d.P.R. n. 686 del 1957 e poi dall’art. 2 del d.P.R. n. 461 del 2001) che individua nel momento in cui il dipendente assume consapevolezza dell’infermità, della sua natura e della sua gravità il dies a quo del termine semestrale per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, dell’equo indennizzo, dell’indennità una tantum e della pensione privilegiata. Dies a quo che, nella specie, va ricondotto a quando il ricorrente nel 1985 fu dimesso dall’Ospedale militare Celio in relazione alla stessa patologia posta a fondamento della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Il 4 luglio 2011 il signor -OMISSIS- si è costituito in giudizio e con memoria del 23 gennaio 2015 ha svolto controdeduzioni.
L’appello, introitato all’udienza pubblica del 26 febbraio 2015, è infondato.
In astratto, va condivisa la tesi giuridica prospettata dall’Amministrazione appellante, secondo cui, stante il rinvio dell’art. 7, co. 3, del d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 738 (recante “Utilizzazione del personale delle forze di polizia invalido per causa di servizio”) alle disposizioni relative all’equo indennizzo, la domanda del dipendente diretta a far accertare l’eventuale dipendenza da causa di servizio deve essere presentata entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto “conoscenza” dell'infermità o della lesione ai sensi di tali disposizioni (art. 3 del d. P.R. 20 aprile 1994 n. 349, applicabile alla fattispecie ratione temporis, che ha sostituito l’art. 36 del d.P.R del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 ed è stato poi, a sua volta, sostituito dall’art. 2 del d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461). Pertanto, la presentazione della domanda di corresponsione della indennità una tantum entro sei mesi dal positivo accertamento, a norma del co. 2 del citato art. 7, non vale a superare la tardività dell’iniziale domanda di riconoscimento della dipendenza.
Tuttavia in concreto, diversamente da quanto sostenuto anche in questa sede dal Ministero dell’interno, nel caso in esame il dies a quo del predetto primo termine semestrale non può farsi risalire al momento delle dimissioni del dipendente, dopo il ricovero presso l’Ospedale militare Celio nell’anno 1985, con la diagnosi “ipertensione arteriosa in soggetto con ulcera duodenale”.
Tale diagnosi, invero, non era idonea a consentire di percepire la più grave infermità di “ipertensione arteriosa con retinopatia secondaria”, coinvolgente l’apparato visivo, oggetto della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio presentata il 7 ottobre 1994.
Com’è noto, la dizione “data in cui” il dipendente “ha avuto conoscenza” dell'infermità o lesione va intesa nel senso che il relativo termine non decorre dal momento in cui si abbia conoscenza di una malattia o lesione, bensì da quello della percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio.
In altre parole, la decorrenza dello stesso termine va individuata tenendo presente il momento in cui l'interessato abbia acquisito consapevolezza dell'effettiva consistenza e gravità della infermità e delle relative conseguenze invalidanti, rilevando un criterio di normalità riferibile alle ordinarie conoscenze di un pubblico dipendente. In tale ottica, non comporta una irrimediabile preclusione la pregressa conoscenza dell'avvenuto instaurarsi di minori patologie, quando sopraggiunga quella, più grave, per la quale il dipendente chiede il riconoscimento (cfr, in tal senso, tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2014 n. 1304).
E proprio tale aspetto ha evidentemente condotto la Commissione medica di seconda istanza, adìta dal signor -OMISSIS-, a rivedere nel senso del riconoscimento dell’infermità “ipertensione arteriosa con retinopatia” come “si tempestiva ai fini dell’E.I.” (p.v. 2 marzo 1995) il contrastante giudizio della Commissione medica di prima istanza (p.v. 23 febbraio 1995 n. 528) basato sulla diagnosi di dimissione sopra riportata.
Non senza notare che il decreto ministeriale 12 giugno 1996, impugnato in primo grado, indica erroneamente come ambedue le Commissioni abbiano giudicato tardiva la domanda in questione.
In conclusione, la sentenza appellata va confermata, sia pure con le modificazioni ed integrazioni motivazionale suestese. Ne deriva la reiezione dell’appello.
Come di regola, le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il medesimo appello.
Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del grado che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità dell’appellato, nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelarne lo stato di salute delle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2015
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Ricorso Straordinario ACCOLTO.
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1) - respingeva l'istanza del ricorrente di aggravamento dell' infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, ritenendola tardiva ai sensi dell’art. 14, comma 4, del D.P.R. n. 461 del 29.10.2001.
2) - Le Amministrazioni intimate ritengono che il ricorso sia infondato.
3) - Entrambe sostengono il corretto operato dell’Amministrazione, che ha negato l’aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio, sulla base dell’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001, a mente del quale la richiesta di aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio deve essere richiesta entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento che riconosce il nesso di causalità tra la causa di servizio e l’infermità sofferta.
4) - A chiarire la controversa questione della decorrenza del termine di decadenza di sei mesi per presentare domanda di dipendenza da causa di servizio in relazione ad infermità o aggravamenti di infermità preesistenti (art. 2, primo comma, del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461) è recentemente sopraggiunta la decisione del Consiglio di Stato, Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680, secondo cui, se è chiaro in generale che tale termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte “vi sono tuttavia casi … in cui … va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201502849 - Public 2015-10-22 -
Numero 02849/2015 e data 22/10/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 7 ottobre 2015
NUMERO AFFARE 00578/2015
OGGETTO:
Ministero della giustizia - Dipartimento Organizzazione Giudiziaria.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto, con istanza di sospensiva, dal dott. -OMISSIS- avverso il rigetto dell’istanza di riconoscimento di aggravamento d’infermità dipendente da causa di servizio e conseguente diniego di equo indennizzo.
LA SEZIONE
Vista la relazione del Ministero della Giustizia, Dipartimento Organizzazione Giudiziaria, del -OMISSIS-;
Visto il ricorso depositato il -OMISSIS-;
Visto il parere interlocutorio reso nell’Adunanza di Sezione del -OMISSIS-;
Viste le controdeduzioni del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Esaminati gli atti e udito il relatore, presidente Sergio Santoro;
PREMESSO:
Il dott. -OMISSIS-, ha chiesto l’annullamento del provvedimento di rigetto della sua istanza del 28/06/2012, volta ad ottenere il riconoscimento dell' aggravamento della menomazione dell' integrità fisica per l’infermità "note ipertensive" già riconosciuta dipendente da causa di servizio con DM n. -OMISSIS- con conseguente corresponsione dell’equo indennizzo.
-OMISSIS- di una grave sindrome coronarica acuta, veniva trasportato in ospedale e sottoposto a intervento chirurgico.
In data -OMISSIS-, avanzato istanza di aggravamento della causa di servizio, chiedendo il riconoscimento dei benefici di legge, con assegnazione della categoria non superiore alla quarta.
Con delibera in data -OMISSIS- respingeva l'istanza del ricorrente di aggravamento dell' infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, ritenendola tardiva ai sensi dell’art. 14, comma 4, del D.P.R. n. 461 del 29.10.2001.
Avverso tale provvedimento, questi ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, deducendo i seguenti motivi di diritto:
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990;
- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà della motivazione e ingiustizia manifesta;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione.
In particolare, il ricorrente sottolinea di essersi strettamente attenuto, nella proposizione dell’istanza di aggravamento, all’art. 2 D.P.R. n. 461/2001, ai sensi del quale “Il dipendente che abbia subito lesioni o contratto infermità o subito aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti…” può presentare domanda, ai fini della concessione dei benefici previsti da disposizioni vigenti, “entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”.
In ossequio al predetto termine semestrale, l’istante, ricoverato in ospedale, ha presentato nei termini domanda per il riconoscimento dell’aggravamento, avendo notificato la richiesta di aggravamento il -OMISSIS-, allorché il suo ricovero era avvenuto il -OMISSIS-
Nelle more della decisione, il ricorrente ha depositato apposita istanza cautelare per la sospensione del provvedimento gravato. Quanto al fumus boni iuris, ha osservato la fondatezza, prima facie, della propria pretesa, alla luce del quadro normativo di riferimento e dell’orientamento giurisprudenziale. In merito al periculum in mora, ha evidenziato che l’età avanzata e “il lungo lasso di tempo” di cui necessita l’Amministrazione per istruire e trasmettere il ricorso, mal si conciliano con l’esigenza di termini ragionevoli per ottenere giusta tutela giurisdizionale.
Le Amministrazioni intimate ritengono che il ricorso sia infondato.
Entrambe sostengono il corretto operato dell’Amministrazione, che ha negato l’aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio, sulla base dell’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001, a mente del quale la richiesta di aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio deve essere richiesta entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento che riconosce il nesso di causalità tra la causa di servizio e l’infermità sofferta.
La sezione, ritenuto di dover acquisire la nota con la quale è stato comunicato all’istante il preavviso di rigetto della richiesta di aggravamento, ha adottato la pronuncia interlocutoria citata nelle premesse.
Pervenuto all'adempimento, la causa è stata trattenuta decisione -OMISSIS-.
CONSIDERATO:
Il ricorso è fondato.
A chiarire la controversa questione della decorrenza del termine di decadenza di sei mesi per presentare domanda di dipendenza da causa di servizio in relazione ad infermità o aggravamenti di infermità preesistenti (art. 2, primo comma, del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461) è recentemente sopraggiunta la decisione del Consiglio di Stato, Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680, secondo cui, se è chiaro in generale che tale termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte “vi sono tuttavia casi … in cui … va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili. In tale caso sarebbe certamente invocabile il principio di buona fede e quello per il quale un diritto non si può mai prescrivere prima di essere esercitabile. In tali casi devono applicarsi superiori principi generali al fine di interpretare le norme del comma 1 e del comma 5 del citato [art.2, Iniziativa a domanda] D.P.R. n. 461 nel senso che, se l’evento dannoso al momento del suo verificarsi non era neppure astrattamente conoscibile quanto alle possibili connessioni con una anche potenziale causa di servizio, il termine decorre solo dal momento in cui questa conoscenza minima e indispensabile viene acquisita dalla parte”.
In tale senso va dunque interpretato l’art.2, primo comma cit., ultima parte, D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, secondo cui “la domanda, ai fini della concessione dei benefìci previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”.
Ora, nella specie, il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio, a suo tempo ottenuto con il decreto ministeriale del -OMISSIS-, riguardava l'infermità "note ipertensive", ed in particolare "ipertensione arteriosa con danno d'organo cardiaco ed iniziale danno oculare a modesta incidenza funzionale".
La successiva domanda è stata viceversa presentata da ricorrente nel termine di -OMISSIS-
L'evento dannoso cui si collega tale seconda e più recente domanda di dipendenza da causa di servizio consiste in una "sindrome coronarica acuta; coronaropatia multi vasale con stenosi ipercritica su DA prossimale. Angioplastica con impianto di stent medicati su DA prossimale e media ed angioplastica su, danno D1. Ipertensione arteriosa", a seguito della quale il ricorrente è stato ricoverato ed operato presso-OMISSIS-.
È chiaro che il secondo episodio patologico, se può essere di natura simile, seppure di gran lunga più grave, -OMISSIS-, trae la sua causa scatenante in eventi sicuramente diversi e successivi rispetto a quelli cui era ricollegabile la prima infermità, e dunque rientra pienamente nell'ipotesi di evento non conoscibile prima del suo manifestarsi, il che è appunto avvenuto -OMISSIS-.
Pertanto, la domanda rigettata con il provvedimento impugnato era in realtà tempestiva, perché presentata entro sei mesi dalla conoscenza dell'evento dannoso.
P.Q.M.
esprime parere che il ricorso, assorbita la domanda cautelare, debba essere accolto
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
IL PRESIDENTE ED ESTENSORE
Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
Marisa Allega
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Qui sotto la richiamata sentenza del CdS Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680.
N.B.: cmq. l'Appello qui sotto è stato perso da parte della ricorrente.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201504680
- Public 2015-10-09 -
N. 04680/2015REG.PROV.COLL.
N. 00663/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 663 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Bava, con domicilio eletto presso Roberto Rossi in Roma, Via Bettolo, n. 17;
contro
Ministero dell'Interno, per legge rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente rigetto istanza di riconoscimento equo indennizzo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2015 il Cons. Alessandro Palanza; nessuno essendo presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con ricorso notificato in data 8.10.2008 la signora -OMISSIS-, vedova dell’Ispettore superiore della Polizia di Stato -OMISSIS-, impugnava davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria il provvedimento n. -OMISSIS-, con il quale il Ministero dell’Interno aveva negato il riconoscimento dell’interdipendenza della morte del coniuge (avvenuta per diffusione -OMISSIS-) con l’infermità sofferta in vita (segni di -OMISSIS-) e già riconosciuta dipendente da causa di servizio, nonché il riconoscimento dell’equo indennizzo. Il diniego impugnato è motivato dall’intempestività della domanda, presentata in data 31.5.2005, cioè oltre sei mesi dal decesso del marito, avvenuto in data 9 luglio 2004, in violazione del termine di cui all’art. 2 del D.P.R. 29.10.2001, n. 461.
2. - La sentenza, dopo aver esaminato la normativa di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 e le circostanze nel caso di specie, conferma la valutazione dell’Amministrazione in ordine alla tardività della domanda di riconoscimento della interdipendenza con le infermità sofferte in vita (segni di -OMISSIS-) del decesso dell’Ispettore superiore -OMISSIS-, rilevando che, nel precedente invocato dalla parte - nel quale lo stesso TAR per la Liguria si era pronunciato a favore del ricorrente nei confronti della medesima Amministrazione - era pacifico che la domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità che aveva determinato il decesso fosse stata tempestiva rispetto alla data dello stesso. In quel caso quindi la tempestività o meno della separata domanda di equo indennizzo (formulata in data 16.6.1996) andava stimata – secondo i principi generali sopra richiamati - non già rispetto alla data del decesso (20.7.1994), bensì rispetto a quella (8.2.1996), successiva, del parere positivo espresso dalla Commissione medica ospedaliera circa la dipendenza da causa di servizio.
La sentenza conclude osservando che, nel caso al suo esame, si tratta invece di riconoscimento della causa di servizio che doveva necessariamente essere presentata entro sei mesi dal decesso. Piuttosto che indagare in proprio sulle cause del decesso, incaricando un medico legale di fiducia, era pertanto onere della parte, promuovere, entro sei mesi dalla morte del marito, l’apposito sub-procedimento per il riconoscimento della causa di servizio rimesso alla competenza della commissione medica ad hoc (art. 6 D.P.R. n. 461/2001), a conclusione del quale ben avrebbe potuto domandare, entro ulteriori sei mesi, la concessione dell’equo indennizzo, senza incorrere in decadenza alcuna. Il termine semestrale di decadenza è infatti posto a presidio dell’interesse pubblico alla verificabilità, entro termini congrui e ragionevoli, della dipendenza da causa di servizio ad opera dell’apposita Commissione.
3. – Con l’atto di appello l’appellante sostiene che la sentenza appellata ha interpretato la normativa applicabile in senso restrittivo ossia non considerando che il termine per la presentazione della domanda decorre da quello della conoscibilità per l'interessato della dipendenza, come per i suoi eredi. Il legislatore infatti non ha inteso fare riferimento al momento della infermità o lesione, ai fini della decorrenza del termine. Altrimenti non avrebbe fatto riferimento anche all’"aggravamento", inteso come patologia diversa, ma causalmente riconducibile, per nesso causa-effetto, ad altra patologia. Tale nesso deve essere effettivamente conosciuto dalla parte interessata per far decorrere il termine.
4. – L’Amministrazione appellata resiste mediante argomentato controricorso a sostegno della sentenza del TAR, che ha dato conto della piena correttezza dell'atto impugnato, con chiara e sufficiente motivazione basata sullo specifico disposto normativo. La domanda relativa alla interdipendenza del decesso con infermità sofferta in vita e già riconosciuta come dipendente da causa di servizio e quella per la concessione dell'equo indennizzo possono essere proposte - come nel caso di specie – separatamente. In tal caso quella anteriore (e pregiudiziale) di riconoscimento della causa di servizio deve essere proposta secondo la regola generale, entro sei mesi dal decesso, salva la possibilità di presentare istanza di concessione dell'equo indennizzo non oltre il termine di sei mesi dalla data di notifica o comunicazione del provvedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità, della lesione o del decesso denunciati. In tal senso deve intendersi quella giurisprudenza secondo la quale il termine perentorio semestrale per proporre la domanda di concessione dell'equo indennizzo decorre dalla data di presa visione del verbale della Commissione medico-ospedaliera contenente il riconoscimento della dipendenza della menomazione da causa di servizio.
L’Amministrazione deposita successivamente, in data 6 maggio 2011, una nota del Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero, per precisare che, nel caso dell’aggravamento di una preesistente infermità, anche gli eredi avrebbero dovuto presentare la relativa istanza entro sei mesi dalla data del decesso che deve considerarsi come data di conoscenza della lesione di aggravamento. In data 31 maggio 2012 viene depositata una seconda nota dello stesso Dipartimento per segnalare la sentenza del Consiglio di Stato - Sezione VI - 18 agosto 2010 n. 5888, nella quale si afferma che, al pari di quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 per la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, anche la domanda di concessione dell’equo indennizzo deve essere presentata (ex comma 5 del medesimo articolo 2) entro e non oltre il termine decadenziale di sei mesi dalla data del decesso.
5. - L’appellante, in vista della udienza, presenta una articolata memoria, nella quale ribadisce che il termine di decadenza non può non decorrere dalla data di conoscenza o conoscibilità della interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio e il decesso. Ciò sia in base a principi generali sia in base alla normativa di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001. La regola del decorso del termine dalla conoscenza della infermità o lesione prevista esplicitamente per il dipendente dal comma 1 del citato at. 2 deve infatti applicarsi nello stesso modo al caso di cui al comma 5 del medesimo articolo 2 in cui la domanda viene presentata dai congiunti. Pertanto l'automatismo tra decesso e decorso del termine posto alla base della motivazione della sentenza è del tutto illegittimo. Secondo l’appellante la evoluzione della giurisprudenza costituzionale successiva al 2008 nella materia della causa di servizio conferma tale interpretazione delle norme in questione come l’ unica possibile in via costituzionalmente orientata. Con la sentenza n. 323 del 2008 infatti la Corte Costituzionale è intervenuta a dichiarare la incostituzionalità della analoga norma prevista dall'art. 169 del D.P.R. 092/1973, parallela a quella dell'art. 2 del D.P.R. n. 461/01. L’art. 169 appena citato poneva un termine di decadenza (tra l'altro, ben più agevole, anni 5 dal congedo) per la domanda di un altro beneficio conseguente alla dipendenza da causa di servizio, quello della pensione di privilegio, laddove essa fissa la decorrenza di tale termine dalla data del congedo, in luogo che dalla data della diagnosi, argomentando in relazione al principio per cui un diritto non si può mai prescrivere prima di poter essere esercitabile. La Corte Costituzionale si muove sulla stessa linea con la recentissima sentenza n. 43/2015. Nel caso in esame è pacifico che l’appellante ha formulato domanda di equo indennizzo entro i sei mesi dalla conoscenza della sua interdipendenza con la patologia -OMISSIS- precedentemente riconosciuta come dipendente da causa di servizio. La giurisprudenza Costituzionale dimostra che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 comporta che il termine semestrale per la domanda di riconoscimento della interdipendenza causale deve decorrere dal momento in cui si abbia la conoscenza o soggettiva conoscibilità del nesso causale stesso, e cioè dal momento in cui si siano conosciuti tutti gli elementi che entrano a supportare la domanda (diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia). Costituisce una ulteriore conferma di ciò la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha interpretato il D.P.R. n. 461 nel senso di far decorrere il termine dalla comunicazione del parere della CMO (che secondo lo stesso decreto è oggi competente ad accertare solo la eziopatogenesi e non la causa di servizio) e quindi dal momento della esatta conoscenza della patologia di cui si tratta (CdS - Sez V - 28 marzo 2008, n. 1298). Tutto ciò vale a maggior ragione nel caso di decesso dovuto a patologie tumorali per le quali la causa di insorgenza è incerta e sottoposta a successivi accertamenti. Nella fattispecie in esame, l'Amministrazione non ha tenuto in alcun conto la natura -OMISSIS- della patologia, individuando il dies a quo in quello del decesso, cosa assolutamente inconcepibile in una patologia -OMISSIS-, la cui eziologia non può certo individuarsi ictu oculi. Tanto meno era intuibile il collegamento alla precedente -OMISSIS-, conosciuto dall’appellante solo in base ad un’articolata relazione dell’Università degli studi di Ferrara da lei stessa richiesta. Lo stesso art. 2 del citato D.P.R. n. 461 richiede al comma 1 che la parte, nel far domanda, indichi specificatamente “la natura dell’infermità o lesione, i fatti di servizio che vi hanno concorso e, ove possibile, le conseguenze sull’integrità fisica, psichica, sensoriale e sull’idoneità al servizio, allegando ogni documento utile”. La legge stessa quindi esige per la decorrenza del termine la conoscenza della patologia e non il mero sospetto.
6. - La causa è stata chiamata ed è passata in decisione alla udienza pubblica del 20 maggio 2015.
7. – L’appello è infondato.
7.1. – Deve essere in primo luogo precisato l’ambito della presente controversia. L’ampia argomentazione svolta dall’appellante soprattutto con la memoria conclusiva e il supporto di ampi riferimenti alla più recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa, è riconducibile ad un solo motivo di appello identico all’ unico argomento dei due motivi del ricorso in primo grado (violazione di legge e difetto di motivazione - per questa ragione la pur vastamente argomentata memoria da ultimo depositata rientra nei limiti di cui all’art. 104 c.p.a.). Tale argomento non ha che fare con la distinzione e la connessione tra la procedura per la richiesta dell’equo indennizzo e quella per il riconoscimento della interdipendenza con la preesistente infermità, su cui si diffondono la sentenza e le memorie dell’Amministrazione (e che non ha nel caso in esame alcun rilievo visto che è pacifico per le parti che il riconoscimento della interdipendenza è il presupposto per la richiesta contestuale o successiva dell’equo indennizzo). Non è neppure in contestazione in questo giudizio la natura perentoria e tassativa del termine di 6 mesi per la presentazione della domanda di riconoscimento della interdipendenza, di cui qui si discute. La controversia verte esclusivamente sul termine a quo per la decorrenza di tale termine. Il ricorrente in primo grado e poi l’appellante in primo grado negano che esso possa decorrere dal decesso come richiesto dal comma 5 dell’art. 2 per la richiesta di equo indennizzo, se manca la effettiva conoscenza della patologia e del nesso causale con l’evento dannoso.
7.2. – In secondo luogo deve essere precisato che il provvedimento impugnato respinge per tardività della domanda sia la richiesta di riconoscimento della interdipendenza causale con la precedente infermità sia la richiesta di equo indennizzo, che sono state evidentemente presentate contestualmente e non separatamente come si afferma diffusamente agli atti e nella stessa sentenza del TAR. In effetti le disposizioni del comma 5 lasciano presupporre che, senza escludere l’altra procedura, in caso di decesso la richiesta di equo indennizzo sia almeno di norma contestuale di causa di servizio, dato che gli eredi possono avanzare proprie autonome richieste solo con riferimento all’equo indennizzo con necessaria e contestuale domanda di riconoscimento di causa di servizio. Neppure questo aspetto di mera esegesi normativa è rilevante ai fini della controversia in esame, che ha altro e ed unico oggetto relativo alla decorrenza del termine di 6 mesi dal decesso ovvero, come sostenuto dalla parte appellante, dal momento in cui si acquisisce la piena conoscenza della parte interessata circa la interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio e il decesso stesso.
7.3. – Non è pertanto contestato dall’appellante il carattere perentorio e tassativo del termine di 6 mesi, previsto dall’ art. 2, comma 5, del D.P.R n. 461/2001. L’appellante sostiene piuttosto che tale termine deve applicarsi allo stesso modo dell’analogo termine di 6 mesi previsto dal comma 1, terzo periodo, per il dipendente, per il quale si precisa che esso decorre dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza della infermità della lesione o dell’aggravamento. L’appellante sostiene infatti che nel suo caso non sussistevano le condizioni di conoscenza o di conoscibilità della interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio con la preesistente patologia che aveva già dato luogo al riconoscimento della causa di servizio, osservando conseguentemente che per il dipendente la effettiva conoscenza è esplicitamente prevista dal comma 1 del più volte citato art. 2 come condizione per il decorso del termine e quindi la stessa condizione deve essere riconosciuta anche ai suoi eredi che agiscono in analoghe circostanze al suo posto, con analoga interpretazione delle disposizioni di cui al comma 5.
7.4. – Ad avviso di questo Collegio un’attenta lettura dell’art. 2 del citato D.P.R. n. 461 consente di escludere qualsiasi disarmonia normativa nel regime normativo riservato agli eredi rispetto a quello previsto per il dipendente. Deve invece affermarsi che in tutti i casi il termine decorre dal manifestarsi dell’evento dannoso o dalla conoscenza dell’infermità, della lesione o dell’aggravamento, tutte evenienze che in caso di richiesta da parte degli eredi connessa al decesso coincidono con quest’ultimo. Se si esaminano dettagliatamente le disposizioni del citato art. 2 che riguardano termini tra loro analoghi si nota che:
- il comma 1 prevede che: “la domanda, ai fini della concessione dei benefici previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”;
- il comma 2 precisa che la disposizione di cui al comma 1 si applica anche quando la menomazione dell'integrità fisica si manifesta dopo la cessazione del rapporto d'impiego, precisando che anche in questo caso il termine decorre dal manifestarsi della menomazione e quindi dall’evento dannoso;
- il comma 5 non fa che applicare la stessa logica al caso degli eredi che intervengono al posto dell’interessato in caso di morte facendo decorrere il termine dal manifestarsi dell’evento dannoso ovvero dal manifestarsi della infermità o della menomazione, tutte evenienze che corrispondono e coincidono con il decesso, da cui decorre il termine;
- il comma 6 precisa ulteriormente la stessa regola per il caso in cui subentri successivamente una determinata menomazione in conseguenza dall'infermità o lesione già riconosciuta dipendente da causa di servizio, determinando la decorrenza del termine dal momento in cui la menomazione si manifesta.
7.5. – In ciascun caso quindi il termine decorre dal momento in cui si manifesta l’infermità la lesione o la menomazione per la quale si suppone la esistenza di una causa di servizio o, allo stesso modo, la interdipendenza con una precedente causa di servizio già riconosciuta, come avviene nel caso in esame con la conseguenza estrema della morte.
7.6. – Questa più precisa ed omogenea lettura delle disposizioni relative ai termini contenute relative all’art. 2 consente di impostare in modo corretto la questione di fondo posta dall’appellante che ritiene che nel caso in esame difetti la conoscenza o soggettiva conoscibilità del nesso causale, spingendo questa tesi fino a far decorrere il termine dal momento dal momento in cui si siano conosciuti tutti gli elementi che entrano a supportare la domanda (diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia). Nei suddetti termini tale tesi contrasta frontalmente con la normativa che richiede esplicitamente per la decorrenza solo la manifestazione dell’evento dannoso, e non il compimento da parte del soggetto interessato di un’indagine in merito ad esso, che spetta invece all’autorità amministrativa investita dall’istanza. Si deve quindi senz’altro escludere che la parte possa o addirittura debba acquisire autonomamente e preventivamente i termini relativi a diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia e quindi attendere il compimento di queste autonome acquisizioni. La legge dice con chiarezza il contrario e che il termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte. La interpretazione proposta dall’appellante non può quindi essere accolta, perché vanificherebbe del tutto la funzione del termine stabilito dalla legge dal momento che, al di fuori dei casi di eventi traumatici puntuali, per ogni altra infermità il termine a quo diventerebbe del tutto incerto e dipendente da attività che la stessa parte dovrebbe svolgere e da quando decide di svolgerle e portarle a compimento.
Bisognerebbe paradossalmente attendere che la parte compia autonomamente gli stessi accertamenti che poi dovrà compiere l’autorità amministrativa per verificare la sussistenza della causa di servizio.
7.7. – Detto questo, vi sono tuttavia casi – diversi da quello in esame come si preciserà più avanti - in cui la tesi interpretativa dell’appellante ha invece un fondamento e per i quali potrebbe soccorrere la interpretazione integrativa e costituzionalmente orientata da lui invocata. Va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili. In tale caso sarebbe certamente invocabile il principio di buona fede e quello per il quale un diritto non si può mai prescrivere prima di essere esercitabile. In tali casi devono applicarsi superiori principi generali al fine di interpretare le norme del comma 1 e del comma 5 del citato D.P.R. n. 461 nel senso che, se l’evento dannoso al momento del suo verificarsi non era neppure astrattamente conoscibile quanto alle possibili connessioni con una anche potenziale causa di servizio, il termine decorre solo dal momento in cui questa conoscenza minima e indispensabile viene acquisita dalla parte.
7.8. - Nel caso in esame deve escludersi che una ipotesi anche lontanamente simile a quella sopra raffigurata si sia verificata dato il fatto che le due patologie erano certamente contigue e ricollegabili secondo dati di comune esperienza. Lo dimostra anche la esigenza avvertita dalla stessa appellante di definire con la figura dell’aggravamento il rapporto di interdipendenza tra infermità già riconosciuta al marito ai fini della causa di servizio e il successivo decesso per malattia connessa alla precedente. Si deve pertanto escludere che la connessione dell’evento dannoso con la precedente infermità e quindi con la causa di servizio già riconosciuta non fosse ipotizzabile al punto da non far decorrere il termine.
7.9. – Vanno quindi pienamente confermate le considerazioni conclusive del TAR che questo collegio fa proprie: “…era onere della ricorrente, piuttosto che indagare in proprio sulle cause del decesso incaricando un medico legale di fiducia, promuovere, entro sei mesi dalla morte del marito, l’apposito subprocedimento per il riconoscimento della causa di servizio rimesso alla competenza di una commissione medica ad hoc (art. 6 del D.P.R. n. 461/2001), a conclusione del quale ben avrebbe potuto domandare, entro ulteriori sei mesi, la concessione dell’equo indennizzo, senza incorrere in decadenza alcuna (…). Il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 2 D.P.R. n. 461/01 è posto infatti a presidio dell’interesse pubblico alla verificabilità, entro termini congrui e ragionevoli, della dipendenza da causa di servizio ad opera dell’apposita commissione: opinare diversamente, nel senso che sia sufficiente a salvare dalla decadenza l’esito di una perizia privata promossa in qualsiasi tempo dall’interessato, significherebbe svuotare di utilità il termine di legge, rimettendolo sostanzialmente nella completa disponibilità del richiedente.”
8. - In base alle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto e la sentenza del TAR confermata anche nelle sue motivazioni con le integrazioni rese necessarie dall’approfondimento dei motivi di appello.
9. – In relazione alla natura della questione e alle ragioni della decisione, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
respinge l'appello.
Spese compensate per il presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2015
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1) - respingeva l'istanza del ricorrente di aggravamento dell' infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, ritenendola tardiva ai sensi dell’art. 14, comma 4, del D.P.R. n. 461 del 29.10.2001.
2) - Le Amministrazioni intimate ritengono che il ricorso sia infondato.
3) - Entrambe sostengono il corretto operato dell’Amministrazione, che ha negato l’aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio, sulla base dell’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001, a mente del quale la richiesta di aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio deve essere richiesta entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento che riconosce il nesso di causalità tra la causa di servizio e l’infermità sofferta.
4) - A chiarire la controversa questione della decorrenza del termine di decadenza di sei mesi per presentare domanda di dipendenza da causa di servizio in relazione ad infermità o aggravamenti di infermità preesistenti (art. 2, primo comma, del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461) è recentemente sopraggiunta la decisione del Consiglio di Stato, Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680, secondo cui, se è chiaro in generale che tale termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte “vi sono tuttavia casi … in cui … va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201502849 - Public 2015-10-22 -
Numero 02849/2015 e data 22/10/2015
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 7 ottobre 2015
NUMERO AFFARE 00578/2015
OGGETTO:
Ministero della giustizia - Dipartimento Organizzazione Giudiziaria.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto, con istanza di sospensiva, dal dott. -OMISSIS- avverso il rigetto dell’istanza di riconoscimento di aggravamento d’infermità dipendente da causa di servizio e conseguente diniego di equo indennizzo.
LA SEZIONE
Vista la relazione del Ministero della Giustizia, Dipartimento Organizzazione Giudiziaria, del -OMISSIS-;
Visto il ricorso depositato il -OMISSIS-;
Visto il parere interlocutorio reso nell’Adunanza di Sezione del -OMISSIS-;
Viste le controdeduzioni del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS-;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Esaminati gli atti e udito il relatore, presidente Sergio Santoro;
PREMESSO:
Il dott. -OMISSIS-, ha chiesto l’annullamento del provvedimento di rigetto della sua istanza del 28/06/2012, volta ad ottenere il riconoscimento dell' aggravamento della menomazione dell' integrità fisica per l’infermità "note ipertensive" già riconosciuta dipendente da causa di servizio con DM n. -OMISSIS- con conseguente corresponsione dell’equo indennizzo.
-OMISSIS- di una grave sindrome coronarica acuta, veniva trasportato in ospedale e sottoposto a intervento chirurgico.
In data -OMISSIS-, avanzato istanza di aggravamento della causa di servizio, chiedendo il riconoscimento dei benefici di legge, con assegnazione della categoria non superiore alla quarta.
Con delibera in data -OMISSIS- respingeva l'istanza del ricorrente di aggravamento dell' infermità già riconosciuta come dipendente da causa di servizio, ritenendola tardiva ai sensi dell’art. 14, comma 4, del D.P.R. n. 461 del 29.10.2001.
Avverso tale provvedimento, questi ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, deducendo i seguenti motivi di diritto:
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990;
- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, contraddittorietà della motivazione e ingiustizia manifesta;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione.
In particolare, il ricorrente sottolinea di essersi strettamente attenuto, nella proposizione dell’istanza di aggravamento, all’art. 2 D.P.R. n. 461/2001, ai sensi del quale “Il dipendente che abbia subito lesioni o contratto infermità o subito aggravamenti di infermità o lesioni preesistenti…” può presentare domanda, ai fini della concessione dei benefici previsti da disposizioni vigenti, “entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”.
In ossequio al predetto termine semestrale, l’istante, ricoverato in ospedale, ha presentato nei termini domanda per il riconoscimento dell’aggravamento, avendo notificato la richiesta di aggravamento il -OMISSIS-, allorché il suo ricovero era avvenuto il -OMISSIS-
Nelle more della decisione, il ricorrente ha depositato apposita istanza cautelare per la sospensione del provvedimento gravato. Quanto al fumus boni iuris, ha osservato la fondatezza, prima facie, della propria pretesa, alla luce del quadro normativo di riferimento e dell’orientamento giurisprudenziale. In merito al periculum in mora, ha evidenziato che l’età avanzata e “il lungo lasso di tempo” di cui necessita l’Amministrazione per istruire e trasmettere il ricorso, mal si conciliano con l’esigenza di termini ragionevoli per ottenere giusta tutela giurisdizionale.
Le Amministrazioni intimate ritengono che il ricorso sia infondato.
Entrambe sostengono il corretto operato dell’Amministrazione, che ha negato l’aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio, sulla base dell’art. 14 del D.P.R. n. 461/2001, a mente del quale la richiesta di aggravamento dell’infermità dipendente da causa di servizio deve essere richiesta entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento che riconosce il nesso di causalità tra la causa di servizio e l’infermità sofferta.
La sezione, ritenuto di dover acquisire la nota con la quale è stato comunicato all’istante il preavviso di rigetto della richiesta di aggravamento, ha adottato la pronuncia interlocutoria citata nelle premesse.
Pervenuto all'adempimento, la causa è stata trattenuta decisione -OMISSIS-.
CONSIDERATO:
Il ricorso è fondato.
A chiarire la controversa questione della decorrenza del termine di decadenza di sei mesi per presentare domanda di dipendenza da causa di servizio in relazione ad infermità o aggravamenti di infermità preesistenti (art. 2, primo comma, del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461) è recentemente sopraggiunta la decisione del Consiglio di Stato, Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680, secondo cui, se è chiaro in generale che tale termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte “vi sono tuttavia casi … in cui … va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili. In tale caso sarebbe certamente invocabile il principio di buona fede e quello per il quale un diritto non si può mai prescrivere prima di essere esercitabile. In tali casi devono applicarsi superiori principi generali al fine di interpretare le norme del comma 1 e del comma 5 del citato [art.2, Iniziativa a domanda] D.P.R. n. 461 nel senso che, se l’evento dannoso al momento del suo verificarsi non era neppure astrattamente conoscibile quanto alle possibili connessioni con una anche potenziale causa di servizio, il termine decorre solo dal momento in cui questa conoscenza minima e indispensabile viene acquisita dalla parte”.
In tale senso va dunque interpretato l’art.2, primo comma cit., ultima parte, D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, secondo cui “la domanda, ai fini della concessione dei benefìci previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”.
Ora, nella specie, il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio, a suo tempo ottenuto con il decreto ministeriale del -OMISSIS-, riguardava l'infermità "note ipertensive", ed in particolare "ipertensione arteriosa con danno d'organo cardiaco ed iniziale danno oculare a modesta incidenza funzionale".
La successiva domanda è stata viceversa presentata da ricorrente nel termine di -OMISSIS-
L'evento dannoso cui si collega tale seconda e più recente domanda di dipendenza da causa di servizio consiste in una "sindrome coronarica acuta; coronaropatia multi vasale con stenosi ipercritica su DA prossimale. Angioplastica con impianto di stent medicati su DA prossimale e media ed angioplastica su, danno D1. Ipertensione arteriosa", a seguito della quale il ricorrente è stato ricoverato ed operato presso-OMISSIS-.
È chiaro che il secondo episodio patologico, se può essere di natura simile, seppure di gran lunga più grave, -OMISSIS-, trae la sua causa scatenante in eventi sicuramente diversi e successivi rispetto a quelli cui era ricollegabile la prima infermità, e dunque rientra pienamente nell'ipotesi di evento non conoscibile prima del suo manifestarsi, il che è appunto avvenuto -OMISSIS-.
Pertanto, la domanda rigettata con il provvedimento impugnato era in realtà tempestiva, perché presentata entro sei mesi dalla conoscenza dell'evento dannoso.
P.Q.M.
esprime parere che il ricorso, assorbita la domanda cautelare, debba essere accolto
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
IL PRESIDENTE ED ESTENSORE
Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
Marisa Allega
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Qui sotto la richiamata sentenza del CdS Sezione III 9 ottobre 2015 n. 4680.
N.B.: cmq. l'Appello qui sotto è stato perso da parte della ricorrente.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201504680
- Public 2015-10-09 -
N. 04680/2015REG.PROV.COLL.
N. 00663/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 663 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Bava, con domicilio eletto presso Roberto Rossi in Roma, Via Bettolo, n. 17;
contro
Ministero dell'Interno, per legge rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente rigetto istanza di riconoscimento equo indennizzo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2015 il Cons. Alessandro Palanza; nessuno essendo presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con ricorso notificato in data 8.10.2008 la signora -OMISSIS-, vedova dell’Ispettore superiore della Polizia di Stato -OMISSIS-, impugnava davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria il provvedimento n. -OMISSIS-, con il quale il Ministero dell’Interno aveva negato il riconoscimento dell’interdipendenza della morte del coniuge (avvenuta per diffusione -OMISSIS-) con l’infermità sofferta in vita (segni di -OMISSIS-) e già riconosciuta dipendente da causa di servizio, nonché il riconoscimento dell’equo indennizzo. Il diniego impugnato è motivato dall’intempestività della domanda, presentata in data 31.5.2005, cioè oltre sei mesi dal decesso del marito, avvenuto in data 9 luglio 2004, in violazione del termine di cui all’art. 2 del D.P.R. 29.10.2001, n. 461.
2. - La sentenza, dopo aver esaminato la normativa di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 e le circostanze nel caso di specie, conferma la valutazione dell’Amministrazione in ordine alla tardività della domanda di riconoscimento della interdipendenza con le infermità sofferte in vita (segni di -OMISSIS-) del decesso dell’Ispettore superiore -OMISSIS-, rilevando che, nel precedente invocato dalla parte - nel quale lo stesso TAR per la Liguria si era pronunciato a favore del ricorrente nei confronti della medesima Amministrazione - era pacifico che la domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità che aveva determinato il decesso fosse stata tempestiva rispetto alla data dello stesso. In quel caso quindi la tempestività o meno della separata domanda di equo indennizzo (formulata in data 16.6.1996) andava stimata – secondo i principi generali sopra richiamati - non già rispetto alla data del decesso (20.7.1994), bensì rispetto a quella (8.2.1996), successiva, del parere positivo espresso dalla Commissione medica ospedaliera circa la dipendenza da causa di servizio.
La sentenza conclude osservando che, nel caso al suo esame, si tratta invece di riconoscimento della causa di servizio che doveva necessariamente essere presentata entro sei mesi dal decesso. Piuttosto che indagare in proprio sulle cause del decesso, incaricando un medico legale di fiducia, era pertanto onere della parte, promuovere, entro sei mesi dalla morte del marito, l’apposito sub-procedimento per il riconoscimento della causa di servizio rimesso alla competenza della commissione medica ad hoc (art. 6 D.P.R. n. 461/2001), a conclusione del quale ben avrebbe potuto domandare, entro ulteriori sei mesi, la concessione dell’equo indennizzo, senza incorrere in decadenza alcuna. Il termine semestrale di decadenza è infatti posto a presidio dell’interesse pubblico alla verificabilità, entro termini congrui e ragionevoli, della dipendenza da causa di servizio ad opera dell’apposita Commissione.
3. – Con l’atto di appello l’appellante sostiene che la sentenza appellata ha interpretato la normativa applicabile in senso restrittivo ossia non considerando che il termine per la presentazione della domanda decorre da quello della conoscibilità per l'interessato della dipendenza, come per i suoi eredi. Il legislatore infatti non ha inteso fare riferimento al momento della infermità o lesione, ai fini della decorrenza del termine. Altrimenti non avrebbe fatto riferimento anche all’"aggravamento", inteso come patologia diversa, ma causalmente riconducibile, per nesso causa-effetto, ad altra patologia. Tale nesso deve essere effettivamente conosciuto dalla parte interessata per far decorrere il termine.
4. – L’Amministrazione appellata resiste mediante argomentato controricorso a sostegno della sentenza del TAR, che ha dato conto della piena correttezza dell'atto impugnato, con chiara e sufficiente motivazione basata sullo specifico disposto normativo. La domanda relativa alla interdipendenza del decesso con infermità sofferta in vita e già riconosciuta come dipendente da causa di servizio e quella per la concessione dell'equo indennizzo possono essere proposte - come nel caso di specie – separatamente. In tal caso quella anteriore (e pregiudiziale) di riconoscimento della causa di servizio deve essere proposta secondo la regola generale, entro sei mesi dal decesso, salva la possibilità di presentare istanza di concessione dell'equo indennizzo non oltre il termine di sei mesi dalla data di notifica o comunicazione del provvedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità, della lesione o del decesso denunciati. In tal senso deve intendersi quella giurisprudenza secondo la quale il termine perentorio semestrale per proporre la domanda di concessione dell'equo indennizzo decorre dalla data di presa visione del verbale della Commissione medico-ospedaliera contenente il riconoscimento della dipendenza della menomazione da causa di servizio.
L’Amministrazione deposita successivamente, in data 6 maggio 2011, una nota del Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero, per precisare che, nel caso dell’aggravamento di una preesistente infermità, anche gli eredi avrebbero dovuto presentare la relativa istanza entro sei mesi dalla data del decesso che deve considerarsi come data di conoscenza della lesione di aggravamento. In data 31 maggio 2012 viene depositata una seconda nota dello stesso Dipartimento per segnalare la sentenza del Consiglio di Stato - Sezione VI - 18 agosto 2010 n. 5888, nella quale si afferma che, al pari di quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 per la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, anche la domanda di concessione dell’equo indennizzo deve essere presentata (ex comma 5 del medesimo articolo 2) entro e non oltre il termine decadenziale di sei mesi dalla data del decesso.
5. - L’appellante, in vista della udienza, presenta una articolata memoria, nella quale ribadisce che il termine di decadenza non può non decorrere dalla data di conoscenza o conoscibilità della interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio e il decesso. Ciò sia in base a principi generali sia in base alla normativa di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001. La regola del decorso del termine dalla conoscenza della infermità o lesione prevista esplicitamente per il dipendente dal comma 1 del citato at. 2 deve infatti applicarsi nello stesso modo al caso di cui al comma 5 del medesimo articolo 2 in cui la domanda viene presentata dai congiunti. Pertanto l'automatismo tra decesso e decorso del termine posto alla base della motivazione della sentenza è del tutto illegittimo. Secondo l’appellante la evoluzione della giurisprudenza costituzionale successiva al 2008 nella materia della causa di servizio conferma tale interpretazione delle norme in questione come l’ unica possibile in via costituzionalmente orientata. Con la sentenza n. 323 del 2008 infatti la Corte Costituzionale è intervenuta a dichiarare la incostituzionalità della analoga norma prevista dall'art. 169 del D.P.R. 092/1973, parallela a quella dell'art. 2 del D.P.R. n. 461/01. L’art. 169 appena citato poneva un termine di decadenza (tra l'altro, ben più agevole, anni 5 dal congedo) per la domanda di un altro beneficio conseguente alla dipendenza da causa di servizio, quello della pensione di privilegio, laddove essa fissa la decorrenza di tale termine dalla data del congedo, in luogo che dalla data della diagnosi, argomentando in relazione al principio per cui un diritto non si può mai prescrivere prima di poter essere esercitabile. La Corte Costituzionale si muove sulla stessa linea con la recentissima sentenza n. 43/2015. Nel caso in esame è pacifico che l’appellante ha formulato domanda di equo indennizzo entro i sei mesi dalla conoscenza della sua interdipendenza con la patologia -OMISSIS- precedentemente riconosciuta come dipendente da causa di servizio. La giurisprudenza Costituzionale dimostra che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001 comporta che il termine semestrale per la domanda di riconoscimento della interdipendenza causale deve decorrere dal momento in cui si abbia la conoscenza o soggettiva conoscibilità del nesso causale stesso, e cioè dal momento in cui si siano conosciuti tutti gli elementi che entrano a supportare la domanda (diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia). Costituisce una ulteriore conferma di ciò la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha interpretato il D.P.R. n. 461 nel senso di far decorrere il termine dalla comunicazione del parere della CMO (che secondo lo stesso decreto è oggi competente ad accertare solo la eziopatogenesi e non la causa di servizio) e quindi dal momento della esatta conoscenza della patologia di cui si tratta (CdS - Sez V - 28 marzo 2008, n. 1298). Tutto ciò vale a maggior ragione nel caso di decesso dovuto a patologie tumorali per le quali la causa di insorgenza è incerta e sottoposta a successivi accertamenti. Nella fattispecie in esame, l'Amministrazione non ha tenuto in alcun conto la natura -OMISSIS- della patologia, individuando il dies a quo in quello del decesso, cosa assolutamente inconcepibile in una patologia -OMISSIS-, la cui eziologia non può certo individuarsi ictu oculi. Tanto meno era intuibile il collegamento alla precedente -OMISSIS-, conosciuto dall’appellante solo in base ad un’articolata relazione dell’Università degli studi di Ferrara da lei stessa richiesta. Lo stesso art. 2 del citato D.P.R. n. 461 richiede al comma 1 che la parte, nel far domanda, indichi specificatamente “la natura dell’infermità o lesione, i fatti di servizio che vi hanno concorso e, ove possibile, le conseguenze sull’integrità fisica, psichica, sensoriale e sull’idoneità al servizio, allegando ogni documento utile”. La legge stessa quindi esige per la decorrenza del termine la conoscenza della patologia e non il mero sospetto.
6. - La causa è stata chiamata ed è passata in decisione alla udienza pubblica del 20 maggio 2015.
7. – L’appello è infondato.
7.1. – Deve essere in primo luogo precisato l’ambito della presente controversia. L’ampia argomentazione svolta dall’appellante soprattutto con la memoria conclusiva e il supporto di ampi riferimenti alla più recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa, è riconducibile ad un solo motivo di appello identico all’ unico argomento dei due motivi del ricorso in primo grado (violazione di legge e difetto di motivazione - per questa ragione la pur vastamente argomentata memoria da ultimo depositata rientra nei limiti di cui all’art. 104 c.p.a.). Tale argomento non ha che fare con la distinzione e la connessione tra la procedura per la richiesta dell’equo indennizzo e quella per il riconoscimento della interdipendenza con la preesistente infermità, su cui si diffondono la sentenza e le memorie dell’Amministrazione (e che non ha nel caso in esame alcun rilievo visto che è pacifico per le parti che il riconoscimento della interdipendenza è il presupposto per la richiesta contestuale o successiva dell’equo indennizzo). Non è neppure in contestazione in questo giudizio la natura perentoria e tassativa del termine di 6 mesi per la presentazione della domanda di riconoscimento della interdipendenza, di cui qui si discute. La controversia verte esclusivamente sul termine a quo per la decorrenza di tale termine. Il ricorrente in primo grado e poi l’appellante in primo grado negano che esso possa decorrere dal decesso come richiesto dal comma 5 dell’art. 2 per la richiesta di equo indennizzo, se manca la effettiva conoscenza della patologia e del nesso causale con l’evento dannoso.
7.2. – In secondo luogo deve essere precisato che il provvedimento impugnato respinge per tardività della domanda sia la richiesta di riconoscimento della interdipendenza causale con la precedente infermità sia la richiesta di equo indennizzo, che sono state evidentemente presentate contestualmente e non separatamente come si afferma diffusamente agli atti e nella stessa sentenza del TAR. In effetti le disposizioni del comma 5 lasciano presupporre che, senza escludere l’altra procedura, in caso di decesso la richiesta di equo indennizzo sia almeno di norma contestuale di causa di servizio, dato che gli eredi possono avanzare proprie autonome richieste solo con riferimento all’equo indennizzo con necessaria e contestuale domanda di riconoscimento di causa di servizio. Neppure questo aspetto di mera esegesi normativa è rilevante ai fini della controversia in esame, che ha altro e ed unico oggetto relativo alla decorrenza del termine di 6 mesi dal decesso ovvero, come sostenuto dalla parte appellante, dal momento in cui si acquisisce la piena conoscenza della parte interessata circa la interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio e il decesso stesso.
7.3. – Non è pertanto contestato dall’appellante il carattere perentorio e tassativo del termine di 6 mesi, previsto dall’ art. 2, comma 5, del D.P.R n. 461/2001. L’appellante sostiene piuttosto che tale termine deve applicarsi allo stesso modo dell’analogo termine di 6 mesi previsto dal comma 1, terzo periodo, per il dipendente, per il quale si precisa che esso decorre dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza della infermità della lesione o dell’aggravamento. L’appellante sostiene infatti che nel suo caso non sussistevano le condizioni di conoscenza o di conoscibilità della interdipendenza causale tra l’infermità già riconosciuta come causa di servizio con la preesistente patologia che aveva già dato luogo al riconoscimento della causa di servizio, osservando conseguentemente che per il dipendente la effettiva conoscenza è esplicitamente prevista dal comma 1 del più volte citato art. 2 come condizione per il decorso del termine e quindi la stessa condizione deve essere riconosciuta anche ai suoi eredi che agiscono in analoghe circostanze al suo posto, con analoga interpretazione delle disposizioni di cui al comma 5.
7.4. – Ad avviso di questo Collegio un’attenta lettura dell’art. 2 del citato D.P.R. n. 461 consente di escludere qualsiasi disarmonia normativa nel regime normativo riservato agli eredi rispetto a quello previsto per il dipendente. Deve invece affermarsi che in tutti i casi il termine decorre dal manifestarsi dell’evento dannoso o dalla conoscenza dell’infermità, della lesione o dell’aggravamento, tutte evenienze che in caso di richiesta da parte degli eredi connessa al decesso coincidono con quest’ultimo. Se si esaminano dettagliatamente le disposizioni del citato art. 2 che riguardano termini tra loro analoghi si nota che:
- il comma 1 prevede che: “la domanda, ai fini della concessione dei benefici previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell'aggravamento”;
- il comma 2 precisa che la disposizione di cui al comma 1 si applica anche quando la menomazione dell'integrità fisica si manifesta dopo la cessazione del rapporto d'impiego, precisando che anche in questo caso il termine decorre dal manifestarsi della menomazione e quindi dall’evento dannoso;
- il comma 5 non fa che applicare la stessa logica al caso degli eredi che intervengono al posto dell’interessato in caso di morte facendo decorrere il termine dal manifestarsi dell’evento dannoso ovvero dal manifestarsi della infermità o della menomazione, tutte evenienze che corrispondono e coincidono con il decesso, da cui decorre il termine;
- il comma 6 precisa ulteriormente la stessa regola per il caso in cui subentri successivamente una determinata menomazione in conseguenza dall'infermità o lesione già riconosciuta dipendente da causa di servizio, determinando la decorrenza del termine dal momento in cui la menomazione si manifesta.
7.5. – In ciascun caso quindi il termine decorre dal momento in cui si manifesta l’infermità la lesione o la menomazione per la quale si suppone la esistenza di una causa di servizio o, allo stesso modo, la interdipendenza con una precedente causa di servizio già riconosciuta, come avviene nel caso in esame con la conseguenza estrema della morte.
7.6. – Questa più precisa ed omogenea lettura delle disposizioni relative ai termini contenute relative all’art. 2 consente di impostare in modo corretto la questione di fondo posta dall’appellante che ritiene che nel caso in esame difetti la conoscenza o soggettiva conoscibilità del nesso causale, spingendo questa tesi fino a far decorrere il termine dal momento dal momento in cui si siano conosciuti tutti gli elementi che entrano a supportare la domanda (diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia). Nei suddetti termini tale tesi contrasta frontalmente con la normativa che richiede esplicitamente per la decorrenza solo la manifestazione dell’evento dannoso, e non il compimento da parte del soggetto interessato di un’indagine in merito ad esso, che spetta invece all’autorità amministrativa investita dall’istanza. Si deve quindi senz’altro escludere che la parte possa o addirittura debba acquisire autonomamente e preventivamente i termini relativi a diagnosi, gravità e eziopatogenesi della patologia e quindi attendere il compimento di queste autonome acquisizioni. La legge dice con chiarezza il contrario e che il termine decorre dall’evento e dal primo manifestarsi della sintomatologia dannosa della menomazione o della morte. La interpretazione proposta dall’appellante non può quindi essere accolta, perché vanificherebbe del tutto la funzione del termine stabilito dalla legge dal momento che, al di fuori dei casi di eventi traumatici puntuali, per ogni altra infermità il termine a quo diventerebbe del tutto incerto e dipendente da attività che la stessa parte dovrebbe svolgere e da quando decide di svolgerle e portarle a compimento.
Bisognerebbe paradossalmente attendere che la parte compia autonomamente gli stessi accertamenti che poi dovrà compiere l’autorità amministrativa per verificare la sussistenza della causa di servizio.
7.7. – Detto questo, vi sono tuttavia casi – diversi da quello in esame come si preciserà più avanti - in cui la tesi interpretativa dell’appellante ha invece un fondamento e per i quali potrebbe soccorrere la interpretazione integrativa e costituzionalmente orientata da lui invocata. Va infatti considerata l’evenienza che la connessione con cause di servizio non sia percepibile e cioè non sia plausibile e nemmeno ipotizzabile al momento dell’evento dannoso e sorga quindi anche in termini ipotetici solo successivamente, per fatti sopravvenuti e non prevedibili. In tale caso sarebbe certamente invocabile il principio di buona fede e quello per il quale un diritto non si può mai prescrivere prima di essere esercitabile. In tali casi devono applicarsi superiori principi generali al fine di interpretare le norme del comma 1 e del comma 5 del citato D.P.R. n. 461 nel senso che, se l’evento dannoso al momento del suo verificarsi non era neppure astrattamente conoscibile quanto alle possibili connessioni con una anche potenziale causa di servizio, il termine decorre solo dal momento in cui questa conoscenza minima e indispensabile viene acquisita dalla parte.
7.8. - Nel caso in esame deve escludersi che una ipotesi anche lontanamente simile a quella sopra raffigurata si sia verificata dato il fatto che le due patologie erano certamente contigue e ricollegabili secondo dati di comune esperienza. Lo dimostra anche la esigenza avvertita dalla stessa appellante di definire con la figura dell’aggravamento il rapporto di interdipendenza tra infermità già riconosciuta al marito ai fini della causa di servizio e il successivo decesso per malattia connessa alla precedente. Si deve pertanto escludere che la connessione dell’evento dannoso con la precedente infermità e quindi con la causa di servizio già riconosciuta non fosse ipotizzabile al punto da non far decorrere il termine.
7.9. – Vanno quindi pienamente confermate le considerazioni conclusive del TAR che questo collegio fa proprie: “…era onere della ricorrente, piuttosto che indagare in proprio sulle cause del decesso incaricando un medico legale di fiducia, promuovere, entro sei mesi dalla morte del marito, l’apposito subprocedimento per il riconoscimento della causa di servizio rimesso alla competenza di una commissione medica ad hoc (art. 6 del D.P.R. n. 461/2001), a conclusione del quale ben avrebbe potuto domandare, entro ulteriori sei mesi, la concessione dell’equo indennizzo, senza incorrere in decadenza alcuna (…). Il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 2 D.P.R. n. 461/01 è posto infatti a presidio dell’interesse pubblico alla verificabilità, entro termini congrui e ragionevoli, della dipendenza da causa di servizio ad opera dell’apposita commissione: opinare diversamente, nel senso che sia sufficiente a salvare dalla decadenza l’esito di una perizia privata promossa in qualsiasi tempo dall’interessato, significherebbe svuotare di utilità il termine di legge, rimettendolo sostanzialmente nella completa disponibilità del richiedente.”
8. - In base alle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto e la sentenza del TAR confermata anche nelle sue motivazioni con le integrazioni rese necessarie dall’approfondimento dei motivi di appello.
9. – In relazione alla natura della questione e alle ragioni della decisione, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
respinge l'appello.
Spese compensate per il presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2015
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
ACCOLTO.
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1) - Il diniego di riconoscimento, ......, si fonda in realtà sulla ritenuta tardività della presentazione della domanda di accertamento della dipendenza della infermità da causa di servizio, atteso che la domanda è stata nella specie presentata il 29 luglio 2013 mentre il dipendente, ad avviso dell’amministrazione, “aveva acquisito piena conoscenza della natura del male da cui era affetto il 08/09/2012…facendo decorrere inutilmente il …termine perentorio di sei mesi”, di cui all’art. 2 comma 1 del D.P.R. n. 461 del 2001.
Il TAR LAZIO precisa:
2) - per giurisprudenza consolidata in materia, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.P.R n. 461 del 2001 (e già prima dell’art. 36 del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e dell'art. 3, d.P.R. 20 aprile 1994 n. 349), l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio deve essere proposta dall'interessato entro il termine perentorio di sei mesi decorrente non dalla mera conoscenza della infermità, ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (Cons. Stato, sez. sesta, 7 maggio 2010, n. 2677 e T.A.R. Napoli, n. 2245 del 2015).
3) - Spetta piuttosto all’Amministrazione, che invoca l'applicazione del meccanismo decadenziale, fornire prova certa della pregressa conoscenza della insorgenza della infermità, della sua gravità e della sua correlazione al servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2631).
Cmq. per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201512126, - Public 2015-10-22 -
N. 12126/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01768/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1768 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Zaccaglino, con domicilio eletto presso Francesco Tafuro in Roma, Via Orazio,3;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell'atto avente protocollo n. OMISSIS datato 23.12.2014 emesso dal Comando del 6° Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare - Pomezia (Roma); del decreto n. 3412/D (posizione n. 419168/B) datato 10 novembre 2014, notificato al ricorrente in data 2 dicembre 2014, di rigetto dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio della infermità richiesta, promanato dalla Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva - II Reparto 6^ Divisione; nonché del correlato verbale sanitario modello BLIB datato 03.02.2004;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone il ricorrente che il Ministero della difesa, Direzionale generale della previdenza militare e della leva, con decreto n. 3412/D del 10 novembre 2014, ha respinto l’istanza con cui lo stesso aveva chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità “-OMISSIS-”. In precedenza, la C.M.O. di Milano aveva giudicato il ricorrente affetto dalla richiamata infermità e il Comitato di verifica per le cause di servizio aveva riconosciuto l’infermità di che trattasi come dipendente da causa di servizio. Il diniego di riconoscimento, di cui al detto decreto del 10 novembre 2014, si fonda in realtà sulla ritenuta tardività della presentazione della domanda di accertamento della dipendenza della infermità da causa di servizio, atteso che la domanda è stata nella specie presentata il 29 luglio 2013 mentre il dipendente, ad avviso dell’amministrazione, “aveva acquisito piena conoscenza della natura del male da cui era affetto il 08/09/2012…facendo decorrere inutilmente il …termine perentorio di sei mesi”, di cui all’art. 2 comma 1 del D.P.R. n. 461 del 2001.
In sostanza, la resistente amministrazione attribuisce al ricorrente la piena conoscenza della natura del male da cui lo stesso era affetto a partire dalla data del primo certificato medico emesso. Di contro, afferma il ricorrente con il proposto ricorso di non aver immediatamente avuto conoscenza e percezione del carattere permanente dell’infermità e neppure della sua certa correlazione al servizio, anche in ragione del fatto che stava assumendo terapia farmacologica ansiolitica e iponotica. Di qui l’erroneità della tesi per cui alla data dell’8 settembre 2012, data della prima certificazione medica del Dipartimento salute mentale dell’Azienda U.S.L. di OMISSIS con cui viene prescritto al ricorrente un mese di riposo psico-fisico, il ricorrente avesse già compiuta contezza della patologia sofferta e al contempo della sua inerenza al servizio.
Si è costituita in giudizio con memoria di stile l’intimata amministrazione, cha ha tuttavia depositato atti e documenti.
Alla pubblica udienza del 30 settembre 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, quanto all’impugnativa del decreto con cui si dispone di non accogliere la domanda del ricorrente intesa al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità allo stesso riscontrata, poichè tardiva.
Invero, per giurisprudenza consolidata in materia, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.P.R n. 461 del 2001 (e già prima dell’art. 36 del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e dell'art. 3, d.P.R. 20 aprile 1994 n. 349), l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio deve essere proposta dall'interessato entro il termine perentorio di sei mesi decorrente non dalla mera conoscenza della infermità, ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (Cons. Stato, sez. sesta, 7 maggio 2010, n. 2677 e T.A.R. Napoli, n. 2245 del 2015).
In proposito non si è mancato in giurisprudenza di far rilevare come il rispetto del detto termine di sei mesi può essere di agevole determinazione quando l'infermità è conseguenza di un evento dannoso istantaneo, in quanto tale oggettivamente collocabile nel tempo, nel mentre, allorquando l’infermità deriva, come nel caso di specie, da cause che incidono progressivamente sulla integrità psico-fisica del dipendente, non può con assoluta precisione essere identificato il dies a quo di decorrenza del predetto termine semestrale. In tale seconda ipotesi, in mancanza di criteri normativamente precostituiti, “si è fatto riferimento al principio di ragionevolezza secondo il quale la tempestività della domanda va valutata in relazione al momento in cui si manifesta la chiara consapevolezza del dipendente di avere contratto la malattia in modo permanente e quale conseguenza della prestazione del servizio” (cfr., fra le ultime, Tar Lazio, Roma, sezione seconda, 2 ottobre 2014, n. 10169).” Spetta piuttosto all’Amministrazione, che invoca l'applicazione del meccanismo decadenziale, fornire prova certa della pregressa conoscenza della insorgenza della infermità, della sua gravità e della sua correlazione al servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2631). Prova che nella specie non è stata fornita e non vi è, comunque, alcuna contezza che la data della conoscenza potesse legittimamente essere individuata, avuto riguardo alla tipologia di patologia di cui soffre in ricorrente (“-OMISSIS-”).
A quanto considerato, consegue, l’acclaramento della illegittimità dell’avversato decreto recante non accoglimento dell’istanza per il riconoscimento della dipendenza dell’infermità sofferta da causa di servizio per essere, appunto, errato il presupposto della asserita tardività dell’istanza presentata dal dipendente, potendo peraltro ritenersi assorbite le ulteriori e distinte censure pure dedotte avverso il detto rigetto dell’istanza essendo stata valutata come errata la circostanza in fatto fondante il rigetto medesimo.
Con il ricorso in esame è, invero, impugnato anche altro atto, datato 23 dicembre 2014, concernente il recupero poste stipendiali corrisposte al ricorrente quando era in aspettativa. Ricorda il ricorrente che il recupero di dette somme è disposto quando il riconoscimento del nesso di dipendenza da causa di servizio dell’infermità acclarata è negato dal Comitato di verifica, il che non è nel caso di specie proprio per aver il detto Comitato riconosciuto la dipendenza dell’infermità da causa di servizio. Peraltro, espone il ricorrente di essere stato collocato in aspettativa a decorrere dal 23 settembre 2012 e che il procedimento per il riconoscimento della dipendenza si è definito con l’avversato (e illegittimo) decreto in data 10 novembre 2014, con la conseguenza che sono irripetibili le somme di cui trattasi per essere intervenuta la definizione del procedimento oltre i 24 mesi dal collocamento in aspettativa, all’uopo richiamando giurisprudenza del Consiglio di Stato, III Sezione, n. 2038 del 2015.
Ciò premesso, e ferma dunque la condivisibilità dell’assunto di parte ricorrente anche in ordine al tema del recupero delle poste stipendiali, deve però osservare il Collegio che l’atto a tal riguardo impugnato, la nota OMISSIS del 23 dicembre 2014, è una mera lettera di trasmissione con la quale il Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare ha inviato alla Direzione generale per il personale militare la documentazione necessaria alla successiva adozione del decreto propedeutico all’addebito stipendiale da parte del competente servizio amministrativo. Del resto, la stessa resistente amministrazione chiarisce e precisa che non risulta essere stato emesso da PERSOMIL alcun decreto né essere stata effettuata alcuna trattenuta sugli emolumenti del ricorrente.
Quindi, esclusivamente in ragione della natura endoprocedimentale della nota in data 23 dicembre 2014 e della sua inequivoca non immediata lesività, il Collegio deve dichiarare in parte qua il ricorso inammissibile per difetto di interesse. Giova per chiarezza e completezza solo ancora rilevare che, ad ogni buon conto, il presupposto per il recupero delle poste stipendiali è in ogni caso venuto meno non essendovi definizione del procedimento relativo al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio in ragione dell’annullamento, di cui alla presente sentenza, del decreto che disponeva il rigetto della relativa istanza del ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie quanto all’impugnativa del decreto 10 novembre 2014 recante rigetto dell’istanza del ricorrente per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità sofferta, il quale va pertanto annullato e lo dichiara inammissibile per difetto di interesse quanto all’impugnativa della nota in data 23 dicembre 2014 poiché non lesiva.
Condanna la resistente amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore
Floriana Rizzetto, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
-------------------
1) - Il diniego di riconoscimento, ......, si fonda in realtà sulla ritenuta tardività della presentazione della domanda di accertamento della dipendenza della infermità da causa di servizio, atteso che la domanda è stata nella specie presentata il 29 luglio 2013 mentre il dipendente, ad avviso dell’amministrazione, “aveva acquisito piena conoscenza della natura del male da cui era affetto il 08/09/2012…facendo decorrere inutilmente il …termine perentorio di sei mesi”, di cui all’art. 2 comma 1 del D.P.R. n. 461 del 2001.
Il TAR LAZIO precisa:
2) - per giurisprudenza consolidata in materia, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.P.R n. 461 del 2001 (e già prima dell’art. 36 del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e dell'art. 3, d.P.R. 20 aprile 1994 n. 349), l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio deve essere proposta dall'interessato entro il termine perentorio di sei mesi decorrente non dalla mera conoscenza della infermità, ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (Cons. Stato, sez. sesta, 7 maggio 2010, n. 2677 e T.A.R. Napoli, n. 2245 del 2015).
3) - Spetta piuttosto all’Amministrazione, che invoca l'applicazione del meccanismo decadenziale, fornire prova certa della pregressa conoscenza della insorgenza della infermità, della sua gravità e della sua correlazione al servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2631).
Cmq. per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201512126, - Public 2015-10-22 -
N. 12126/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01768/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1768 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Zaccaglino, con domicilio eletto presso Francesco Tafuro in Roma, Via Orazio,3;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell'atto avente protocollo n. OMISSIS datato 23.12.2014 emesso dal Comando del 6° Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare - Pomezia (Roma); del decreto n. 3412/D (posizione n. 419168/B) datato 10 novembre 2014, notificato al ricorrente in data 2 dicembre 2014, di rigetto dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio della infermità richiesta, promanato dalla Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva - II Reparto 6^ Divisione; nonché del correlato verbale sanitario modello BLIB datato 03.02.2004;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone il ricorrente che il Ministero della difesa, Direzionale generale della previdenza militare e della leva, con decreto n. 3412/D del 10 novembre 2014, ha respinto l’istanza con cui lo stesso aveva chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità “-OMISSIS-”. In precedenza, la C.M.O. di Milano aveva giudicato il ricorrente affetto dalla richiamata infermità e il Comitato di verifica per le cause di servizio aveva riconosciuto l’infermità di che trattasi come dipendente da causa di servizio. Il diniego di riconoscimento, di cui al detto decreto del 10 novembre 2014, si fonda in realtà sulla ritenuta tardività della presentazione della domanda di accertamento della dipendenza della infermità da causa di servizio, atteso che la domanda è stata nella specie presentata il 29 luglio 2013 mentre il dipendente, ad avviso dell’amministrazione, “aveva acquisito piena conoscenza della natura del male da cui era affetto il 08/09/2012…facendo decorrere inutilmente il …termine perentorio di sei mesi”, di cui all’art. 2 comma 1 del D.P.R. n. 461 del 2001.
In sostanza, la resistente amministrazione attribuisce al ricorrente la piena conoscenza della natura del male da cui lo stesso era affetto a partire dalla data del primo certificato medico emesso. Di contro, afferma il ricorrente con il proposto ricorso di non aver immediatamente avuto conoscenza e percezione del carattere permanente dell’infermità e neppure della sua certa correlazione al servizio, anche in ragione del fatto che stava assumendo terapia farmacologica ansiolitica e iponotica. Di qui l’erroneità della tesi per cui alla data dell’8 settembre 2012, data della prima certificazione medica del Dipartimento salute mentale dell’Azienda U.S.L. di OMISSIS con cui viene prescritto al ricorrente un mese di riposo psico-fisico, il ricorrente avesse già compiuta contezza della patologia sofferta e al contempo della sua inerenza al servizio.
Si è costituita in giudizio con memoria di stile l’intimata amministrazione, cha ha tuttavia depositato atti e documenti.
Alla pubblica udienza del 30 settembre 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, quanto all’impugnativa del decreto con cui si dispone di non accogliere la domanda del ricorrente intesa al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità allo stesso riscontrata, poichè tardiva.
Invero, per giurisprudenza consolidata in materia, ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.P.R n. 461 del 2001 (e già prima dell’art. 36 del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e dell'art. 3, d.P.R. 20 aprile 1994 n. 349), l'istanza di riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio deve essere proposta dall'interessato entro il termine perentorio di sei mesi decorrente non dalla mera conoscenza della infermità, ma dal momento dell'esatta percezione della natura e della gravità dell'infermità e del suo nesso causale con un fatto di servizio (Cons. Stato, sez. sesta, 7 maggio 2010, n. 2677 e T.A.R. Napoli, n. 2245 del 2015).
In proposito non si è mancato in giurisprudenza di far rilevare come il rispetto del detto termine di sei mesi può essere di agevole determinazione quando l'infermità è conseguenza di un evento dannoso istantaneo, in quanto tale oggettivamente collocabile nel tempo, nel mentre, allorquando l’infermità deriva, come nel caso di specie, da cause che incidono progressivamente sulla integrità psico-fisica del dipendente, non può con assoluta precisione essere identificato il dies a quo di decorrenza del predetto termine semestrale. In tale seconda ipotesi, in mancanza di criteri normativamente precostituiti, “si è fatto riferimento al principio di ragionevolezza secondo il quale la tempestività della domanda va valutata in relazione al momento in cui si manifesta la chiara consapevolezza del dipendente di avere contratto la malattia in modo permanente e quale conseguenza della prestazione del servizio” (cfr., fra le ultime, Tar Lazio, Roma, sezione seconda, 2 ottobre 2014, n. 10169).” Spetta piuttosto all’Amministrazione, che invoca l'applicazione del meccanismo decadenziale, fornire prova certa della pregressa conoscenza della insorgenza della infermità, della sua gravità e della sua correlazione al servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2011 n. 2631). Prova che nella specie non è stata fornita e non vi è, comunque, alcuna contezza che la data della conoscenza potesse legittimamente essere individuata, avuto riguardo alla tipologia di patologia di cui soffre in ricorrente (“-OMISSIS-”).
A quanto considerato, consegue, l’acclaramento della illegittimità dell’avversato decreto recante non accoglimento dell’istanza per il riconoscimento della dipendenza dell’infermità sofferta da causa di servizio per essere, appunto, errato il presupposto della asserita tardività dell’istanza presentata dal dipendente, potendo peraltro ritenersi assorbite le ulteriori e distinte censure pure dedotte avverso il detto rigetto dell’istanza essendo stata valutata come errata la circostanza in fatto fondante il rigetto medesimo.
Con il ricorso in esame è, invero, impugnato anche altro atto, datato 23 dicembre 2014, concernente il recupero poste stipendiali corrisposte al ricorrente quando era in aspettativa. Ricorda il ricorrente che il recupero di dette somme è disposto quando il riconoscimento del nesso di dipendenza da causa di servizio dell’infermità acclarata è negato dal Comitato di verifica, il che non è nel caso di specie proprio per aver il detto Comitato riconosciuto la dipendenza dell’infermità da causa di servizio. Peraltro, espone il ricorrente di essere stato collocato in aspettativa a decorrere dal 23 settembre 2012 e che il procedimento per il riconoscimento della dipendenza si è definito con l’avversato (e illegittimo) decreto in data 10 novembre 2014, con la conseguenza che sono irripetibili le somme di cui trattasi per essere intervenuta la definizione del procedimento oltre i 24 mesi dal collocamento in aspettativa, all’uopo richiamando giurisprudenza del Consiglio di Stato, III Sezione, n. 2038 del 2015.
Ciò premesso, e ferma dunque la condivisibilità dell’assunto di parte ricorrente anche in ordine al tema del recupero delle poste stipendiali, deve però osservare il Collegio che l’atto a tal riguardo impugnato, la nota OMISSIS del 23 dicembre 2014, è una mera lettera di trasmissione con la quale il Reparto Manutenzione Elicotteri di Pratica di Mare ha inviato alla Direzione generale per il personale militare la documentazione necessaria alla successiva adozione del decreto propedeutico all’addebito stipendiale da parte del competente servizio amministrativo. Del resto, la stessa resistente amministrazione chiarisce e precisa che non risulta essere stato emesso da PERSOMIL alcun decreto né essere stata effettuata alcuna trattenuta sugli emolumenti del ricorrente.
Quindi, esclusivamente in ragione della natura endoprocedimentale della nota in data 23 dicembre 2014 e della sua inequivoca non immediata lesività, il Collegio deve dichiarare in parte qua il ricorso inammissibile per difetto di interesse. Giova per chiarezza e completezza solo ancora rilevare che, ad ogni buon conto, il presupposto per il recupero delle poste stipendiali è in ogni caso venuto meno non essendovi definizione del procedimento relativo al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio in ragione dell’annullamento, di cui alla presente sentenza, del decreto che disponeva il rigetto della relativa istanza del ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie quanto all’impugnativa del decreto 10 novembre 2014 recante rigetto dell’istanza del ricorrente per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità sofferta, il quale va pertanto annullato e lo dichiara inammissibile per difetto di interesse quanto all’impugnativa della nota in data 23 dicembre 2014 poiché non lesiva.
Condanna la resistente amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore
Floriana Rizzetto, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Per un collega interessato. Per gli espeti in materia porgo il seguente quesito:
.Anno 1999 la C.M.O. gli rilasciava il Verbale dal quale ai evince causa di servizio SI dipendente ascritta tabella A ctg.8 ai fini di E.I. Domanda NO tempestiva. Successivamente la C.M.O. Gli ha riconosciuto l'aggravamento ai fini di E.I.
Alla luce di quanto sopra e' normale che il Ministero negava E.I. ai sensi art.12 d.p.r.461/01?
Si ringraeia anticipatamanta della risposta.
Buona pomeriggio.
.Anno 1999 la C.M.O. gli rilasciava il Verbale dal quale ai evince causa di servizio SI dipendente ascritta tabella A ctg.8 ai fini di E.I. Domanda NO tempestiva. Successivamente la C.M.O. Gli ha riconosciuto l'aggravamento ai fini di E.I.
Alla luce di quanto sopra e' normale che il Ministero negava E.I. ai sensi art.12 d.p.r.461/01?
Si ringraeia anticipatamanta della risposta.
Buona pomeriggio.
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Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Messaggio da christian71 »
Salve Briscola..., putroppo l'intempestività manifesta i suoi effetti penalizzanti non solamente nel procedimento in atto ma anche nei successivi procedimenti riguardanti la medesima patologia.Briscola ha scritto:Per un collega interessato. Per gli espeti in materia porgo il seguente quesito:
.Anno 1999 la C.M.O. gli rilasciava il Verbale dal quale ai evince causa di servizio SI dipendente ascritta tabella A ctg.8 ai fini di E.I. Domanda NO tempestiva. Successivamente la C.M.O. Gli ha riconosciuto l'aggravamento ai fini di E.I.
Alla luce di quanto sopra e' normale che il Ministero negava E.I. ai sensi art.12 d.p.r.461/01?
Si ringraeia anticipatamanta della risposta.
Buona pomeriggio.
Quindi è normale quanto accaduto al tuo amico...
Buon pomeriggio anche a te...
Christian
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Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Messaggio da christian71 »
Salve Briscola... Non lo metto in dubbio... io mi limito a riferire sul forum come, di fatto, si comportano le nostre Amministrazioni... Non entro mai nel merito di eventuali ricorsi da fare in questi casi perchè non sono adeguatamente informato in merito e quindi non saprei che consigli dare...Briscola ha scritto:Ciao Christian, comunque per intempestivita' donande ci sono numerose sentenze a nostro favore
Chi sa come ribaltare la situazione mediante ricorso farà cosa gradita se darà il suo contributo...
Non sono in grado di aggiungere altro purtroppo...
Buona giornata a tutti...
Christian
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Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Ciao Christian, comunque e' errato da parte dell'Amministrazione, in quanto in base all'Articolo 2 del d.p.r.461/01 la prima domanda e' intempedtiva e l'aggravamento e' presentato ne termine di 6 mesi dall'evento dannoso non puo' essere considerata anch'essa intempedtiva a chiarire la questione e' stato il Consiglio di Stato nell'anno 2015. Vedi post precedente.
Pertanto mi risulta che l'Amministrazione e' stata anche condannata a risarcire i ricorrenti.
Buona serata.
Briscola.
Pertanto mi risulta che l'Amministrazione e' stata anche condannata a risarcire i ricorrenti.
Buona serata.
Briscola.
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Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Messaggio da christian71 »
Da come interpreto io l'art.2, comma 1 del DPR 461/01, il militare deve fare domanda di riconsocimento della dipendenza da causa di servizio entro 6 mesi dall'evento lesivo o da quando è venuto a conoscenza dell'infermità o aggravamento... Detto questo, se a me oggi viene diagnosticata una malattia e ne chiederò il riconiacimento ai fini dell'E.I. tra 2 anni o comunque oltre 6 mesi da oggi, la mia domanda sara ritenuta "INTEMPESTIVA" perchè dovevo presentarla entro il termine perentorio di 6 mesi... quindi, anche se mi riconosceranno la dipendenza da causa di servizio, non avrò diritto all'equo indennizzo... Poi, se anche entro 5 dal decreto che mi nega l'E.I. per quella patologia, dovessi chiedere l'aggravamento della medesima menomazione e dovessero anche riconoscermelo, non avrò diritto all'E.I. neanche questa volta a causa dell'intempestività della prima domanda di riconoscimento...
Giusto o non giusto, ribadisco che io mi limito solamente a riportare sul forum le regole che applicano le nostre Amministrazioni, non dico che io sono d'accordo con loro è!!!... E, al mento, non so quale legge o regolamento dice che in caso di domanda intempestiva (per averla presentata oltre i 6 mesi dalla diagnosi della patologia) si avrà diritto a percepire l'E.I. anche se il DPR 461/01 dice il contrario...
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Giusto o non giusto, ribadisco che io mi limito solamente a riportare sul forum le regole che applicano le nostre Amministrazioni, non dico che io sono d'accordo con loro è!!!... E, al mento, non so quale legge o regolamento dice che in caso di domanda intempestiva (per averla presentata oltre i 6 mesi dalla diagnosi della patologia) si avrà diritto a percepire l'E.I. anche se il DPR 461/01 dice il contrario...
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Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Infatti non esiste nessuna Legge/Regolamento in merito alla domanda intempestiva. Quindi unica soluzione e' il ricorso competente tramite un légale competente in materia.
Saluti.
Briscola.
Saluti.
Briscola.
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Per gli eventuali intéressait oltre allé Sentenze sopra riportate giustamente da Pietro17 e da Panorama, su internet oltre a numérose Sentenze riportate a nostro favore in merito allé demande intempestive, in particolare vedasi Sentenza n.9803 datata 27/09/2004 del TAR LAZIO II Sezione a favore dI un Finanziere Scelto.
Buona giornata.
Briscola.
Buona giornata.
Briscola.
Re: Gli effetti della domanda intempestiva?
Ricorso perso per l'Equo Indennizzo, poiché, l'istanza della CdS è stata presentata tardivamente, in quanto in un primo momento col Modello C non gli era stata riconosciuta la causa di servizio.
-------------------------------------------------
1) - è stata rigettata la domanda prodotta dal ricorrente in data 9 agosto 2001 di concessione dell’equo indennizzo ai sensi del D.P.R. 461/2001 e della L. 1094/70 per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizi dell'infermità "-OMISSIS-" perché prodotta oltre il termine dei sei mesi previsto dall'art. 2, comma 1, del D.P.R. 29.10.2001 n. 461;
2) - Il ricorrente, in data 18 novembre 1992, veniva attinto, al volto, da un colpo di pistola esploso da un commilitone all’interno della caserma.
3) - In relazione alla dinamica del fatto veniva avviata la procedura prevista dall’art. 3 della Legge 1° marzo 1952, n. 157.
4) - La infermità non veniva, però, riconosciuta dipendente da causa di servizio.
5) - In tale evenienza la norma prevede la possibilità di attivare, a domanda dell’interessato, la normale procedura per il riconoscimento della causa di servizio.
6) - Il ricorrente avanzava la prevista domanda per il riconoscimento della causa di servizio in uno con la richiesta della corresponsione dell’equo indennizzo, solo in data 9 agosto 2001, ossia dopo quasi nove anni dal fatto.
7) - il Comitato di verifica per le cause di servizio l’ha riconosciuta come dipendente da causa di servizio.
VIENE SPECIFICATO che:
8) - Il ricorrente, in buona sostanza, ha sostenuto che, al momento del rilascio del modello C) - che non ha riconosciuto, nell’immediatezza, la dipendenza da causa di servizio dell’infortunio - non è stata partecipata al militare la possibilità di attivare una diversa procedura.
9) - La procedura prevista per il riconoscimento della causa di servizio è disciplinata, nelle peculiari ipotesi di infortuni occorsi in servizio, dalla legge n. 157/1952.
10) - Or bene, tale fattispecie indica, con precisione e chiarezza, che nel caso di mancato riconoscimento della causa di servizio per il pregiudizio riportato in servizio, il dipendente deve provvedere, se intende insistere nell’affermare la relazione causale del nocumento con il servizio, ad avanzare la prescritta istanza nei termini decadenziali.
11) - Tale evenienza, espressamente prevista per legge (art. 3, comma primo, r.d. 15 aprile 1928, n. 1024), non deve essere formalmente partecipata al ricorrente proprio perché contenuta nella stessa fattispecie, per cui vale il noto principio:
- ) - ignorantia legis non excusat.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201802715,- Public 2018-03-09 -
Pubblicato il 09/03/2018
N. 02715/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01519/2006 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1519 del 2006, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Ceci, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Tar Lazio-Roma, via Flaminia, 189;
contro
Comando Generale Arma dei Carabinieri, Ministero della Difesa, entrambi in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri 1 marzo 2005, n. 191/C.S. con il quale è stata rigettata la domanda prodotta dal ricorrente in data 9 agosto 2001 di concessione dell’equo indennizzo ai sensi del D.P.R. 461/2001 e della L. 1094/70 per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizi dell'infermità "-OMISSIS-" perché prodotta oltre il termine dei sei mesi previsto dall'art. 2, comma 1, del D.P.R. 29.10.2001 n. 461;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Generale Arma dei Carabinieri e del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 febbraio 2018 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, in data 18 novembre 1992, veniva attinto, al volto, da un colpo di pistola esploso da un commilitone all’interno della caserma.
In relazione alla dinamica del fatto veniva avviata la procedura prevista dall’art. 3 della Legge 1° marzo 1952, n. 157.
La infermità non veniva, però, riconosciuta dipendente da causa di servizio.
In tale evenienza la norma prevede la possibilità di attivare, a domanda dell’interessato, la normale procedura per il riconoscimento della causa di servizio.
Recita la norma : “Delle conclusioni diagnostiche e medico-legali e del relativo giudizio deve essere data partecipazione allo interessato. In caso di non accettazione, viene eseguita, a domanda, dell'interessato, la normale procedura prevista dalla legge 11 marzo 1926, n. 416”.
Il ricorrente avanzava la prevista domanda per il riconoscimento della causa di servizio in uno con la richiesta della corresponsione dell’equo indennizzo, solo in data 9 agosto 2001, ossia dopo quasi nove anni dal fatto.
Sottoposto a visita, in data 21 ottobre 2002, la CMO ha riconosciuto la accusata infermità come dipendente da causa di servizio.
Anche il Comitato di verifica per le cause di servizio l’ha riconosciuta come dipendente da causa di servizio.
La resistente, di contro, ha respinto la domanda perché, come detto, tardivamente proposta.
Avverso tale determinazione è insorto il ricorrente con ricorso giurisdizionale.
Il ricorrente, in buona sostanza, ha sostenuto che, al momento del rilascio del modello C) - che non ha riconosciuto, nell’immediatezza, la dipendenza da causa di servizio dell’infortunio - non è stata partecipata al militare la possibilità di attivare una diversa procedura.
Tale omissione avrebbe dovuto comportare, a dire del predetto, la sua rimessione in termini.
Tale tesi non può essere condivisa.
La procedura prevista per il riconoscimento della causa di servizio è disciplinata, nelle peculiari ipotesi di infortuni occorsi in servizio, dalla legge n. 157/1952.
Or bene, tale fattispecie indica, con precisione e chiarezza, che nel caso di mancato riconoscimento della causa di servizio per il pregiudizio riportato in servizio, il dipendente deve provvedere, se intende insistere nell’affermare la relazione causale del nocumento con il servizio, ad avanzare la prescritta istanza nei termini decadenziali.
Tale evenienza, espressamente prevista per legge (art. 3, comma primo, r.d. 15 aprile 1928, n. 1024), non deve essere formalmente partecipata al ricorrente proprio perché contenuta nella stessa fattispecie, per cui vale il noto principio: ignorantia legis non excusat.
Conseguentemente, l’istanza per il riconoscimento della causa di servizio, avanzata dal ricorrente circa nove anni dopo il fatto, è tardiva.
Pertanto il ricorso deve essere respinto.
La peculiarità della vicenda convince il Collegio a compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario
Roberto Vitanza, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Vitanza Carmine Volpe
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
-------------------------------------------------
1) - è stata rigettata la domanda prodotta dal ricorrente in data 9 agosto 2001 di concessione dell’equo indennizzo ai sensi del D.P.R. 461/2001 e della L. 1094/70 per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizi dell'infermità "-OMISSIS-" perché prodotta oltre il termine dei sei mesi previsto dall'art. 2, comma 1, del D.P.R. 29.10.2001 n. 461;
2) - Il ricorrente, in data 18 novembre 1992, veniva attinto, al volto, da un colpo di pistola esploso da un commilitone all’interno della caserma.
3) - In relazione alla dinamica del fatto veniva avviata la procedura prevista dall’art. 3 della Legge 1° marzo 1952, n. 157.
4) - La infermità non veniva, però, riconosciuta dipendente da causa di servizio.
5) - In tale evenienza la norma prevede la possibilità di attivare, a domanda dell’interessato, la normale procedura per il riconoscimento della causa di servizio.
6) - Il ricorrente avanzava la prevista domanda per il riconoscimento della causa di servizio in uno con la richiesta della corresponsione dell’equo indennizzo, solo in data 9 agosto 2001, ossia dopo quasi nove anni dal fatto.
7) - il Comitato di verifica per le cause di servizio l’ha riconosciuta come dipendente da causa di servizio.
VIENE SPECIFICATO che:
8) - Il ricorrente, in buona sostanza, ha sostenuto che, al momento del rilascio del modello C) - che non ha riconosciuto, nell’immediatezza, la dipendenza da causa di servizio dell’infortunio - non è stata partecipata al militare la possibilità di attivare una diversa procedura.
9) - La procedura prevista per il riconoscimento della causa di servizio è disciplinata, nelle peculiari ipotesi di infortuni occorsi in servizio, dalla legge n. 157/1952.
10) - Or bene, tale fattispecie indica, con precisione e chiarezza, che nel caso di mancato riconoscimento della causa di servizio per il pregiudizio riportato in servizio, il dipendente deve provvedere, se intende insistere nell’affermare la relazione causale del nocumento con il servizio, ad avanzare la prescritta istanza nei termini decadenziali.
11) - Tale evenienza, espressamente prevista per legge (art. 3, comma primo, r.d. 15 aprile 1928, n. 1024), non deve essere formalmente partecipata al ricorrente proprio perché contenuta nella stessa fattispecie, per cui vale il noto principio:
- ) - ignorantia legis non excusat.
-----------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201802715,- Public 2018-03-09 -
Pubblicato il 09/03/2018
N. 02715/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01519/2006 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1519 del 2006, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Ceci, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del Tar Lazio-Roma, via Flaminia, 189;
contro
Comando Generale Arma dei Carabinieri, Ministero della Difesa, entrambi in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri 1 marzo 2005, n. 191/C.S. con il quale è stata rigettata la domanda prodotta dal ricorrente in data 9 agosto 2001 di concessione dell’equo indennizzo ai sensi del D.P.R. 461/2001 e della L. 1094/70 per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizi dell'infermità "-OMISSIS-" perché prodotta oltre il termine dei sei mesi previsto dall'art. 2, comma 1, del D.P.R. 29.10.2001 n. 461;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Generale Arma dei Carabinieri e del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 2 febbraio 2018 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, in data 18 novembre 1992, veniva attinto, al volto, da un colpo di pistola esploso da un commilitone all’interno della caserma.
In relazione alla dinamica del fatto veniva avviata la procedura prevista dall’art. 3 della Legge 1° marzo 1952, n. 157.
La infermità non veniva, però, riconosciuta dipendente da causa di servizio.
In tale evenienza la norma prevede la possibilità di attivare, a domanda dell’interessato, la normale procedura per il riconoscimento della causa di servizio.
Recita la norma : “Delle conclusioni diagnostiche e medico-legali e del relativo giudizio deve essere data partecipazione allo interessato. In caso di non accettazione, viene eseguita, a domanda, dell'interessato, la normale procedura prevista dalla legge 11 marzo 1926, n. 416”.
Il ricorrente avanzava la prevista domanda per il riconoscimento della causa di servizio in uno con la richiesta della corresponsione dell’equo indennizzo, solo in data 9 agosto 2001, ossia dopo quasi nove anni dal fatto.
Sottoposto a visita, in data 21 ottobre 2002, la CMO ha riconosciuto la accusata infermità come dipendente da causa di servizio.
Anche il Comitato di verifica per le cause di servizio l’ha riconosciuta come dipendente da causa di servizio.
La resistente, di contro, ha respinto la domanda perché, come detto, tardivamente proposta.
Avverso tale determinazione è insorto il ricorrente con ricorso giurisdizionale.
Il ricorrente, in buona sostanza, ha sostenuto che, al momento del rilascio del modello C) - che non ha riconosciuto, nell’immediatezza, la dipendenza da causa di servizio dell’infortunio - non è stata partecipata al militare la possibilità di attivare una diversa procedura.
Tale omissione avrebbe dovuto comportare, a dire del predetto, la sua rimessione in termini.
Tale tesi non può essere condivisa.
La procedura prevista per il riconoscimento della causa di servizio è disciplinata, nelle peculiari ipotesi di infortuni occorsi in servizio, dalla legge n. 157/1952.
Or bene, tale fattispecie indica, con precisione e chiarezza, che nel caso di mancato riconoscimento della causa di servizio per il pregiudizio riportato in servizio, il dipendente deve provvedere, se intende insistere nell’affermare la relazione causale del nocumento con il servizio, ad avanzare la prescritta istanza nei termini decadenziali.
Tale evenienza, espressamente prevista per legge (art. 3, comma primo, r.d. 15 aprile 1928, n. 1024), non deve essere formalmente partecipata al ricorrente proprio perché contenuta nella stessa fattispecie, per cui vale il noto principio: ignorantia legis non excusat.
Conseguentemente, l’istanza per il riconoscimento della causa di servizio, avanzata dal ricorrente circa nove anni dopo il fatto, è tardiva.
Pertanto il ricorso deve essere respinto.
La peculiarità della vicenda convince il Collegio a compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, D.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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