causa di servizio
Re: causa di servizio
1) - il quale Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Direzione di Amministrazione – Sez. Equo indennizzo -, rigettava la domanda del ricorrente circa la concessione dell’equo indennizzo per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Ricorso Accolto.
Leggete il tutto qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
23/12/2013 201311099 Sentenza 1B
N. 11099/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01108/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1108 del 2002, proposto da:
N. P., rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Le Pera, Ugo Giordano, con domicilio eletto presso Ugo Giordano in Roma, viale delle Milizie,9;
contro
Comando Generale Arma dei Carabinieri; Ministero della Difesa, rappresentati e difesi, per legge, dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto n. … del 24 ottobre 2001, con il quale Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Direzione di Amministrazione – Sez. Equo indennizzo -, rigettava la domanda del ricorrente circa la concessione dell’equo indennizzo per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, in particolare il verbale della CMO;
nonché l’accertamento del diritto all’equo indennizzo a mente del D.P.R. 686/1957 e della L. 1094/1970.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comando Generale Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, al tempo dei fatti carabiniere ausiliario in servizio presso 8° Battaglione carabinieri “Lazio”, riportava, nel corso dell’addestramento fisico presso la palestra del reparto, la lussazione scapolo omerale della spalla destra.
Sulla dinamica e sul luogo dell’incidente non vi sono contestazioni.
Per tale infermità il predetto fruiva di giorni sessanta di licenza di convalescenza ( dal 27 giugno 1995 al 25 agosto 1995).
Al termine del citato periodo di convalescenza il ricorrente veniva sottoposto a visita medica presso le competenti strutture militari e giudicato idoneo al servizio militare incondizionato, tanto da riprendere il normale servizio di istituto sino al giorno 8 febbraio 1996, quando veniva collocato in congedo per completamento della ferma.
Afferma il ricorrente, e ciò trova conferma nella fattura n. …../C datata 9 dicembre 1996 della struttura ambulatoriale Campolongo Hospital, emessa per rimozione dell’apparato gessato, che, nel novembre 1996, egli subì, ancora, la lussazione della stessa scapola omerale della spalla destra, asseritamente da ricondurre, eziologicamente, al primo incidente.
Sono agli atti le fatture relative alle visite ed gli esami specialistici cui il predetto si è sottoposto sino al settembre 1997.
Con istanza del 16 aprile 1997 lo stesso avanzava richiesta il riconoscimento della causa di servizio della predetta patologia e con istanza del 10 febbraio 1998, inviata il giorno 18 febbraio 1998, chiedeva la corresponsione dell’equo indennizzo.
In data 1 dicembre 1997 lo stesso veniva sottoposto a visita medica da parte del Centro Militare di Medicina legale di Roma –CMO 3-, che attestava la dipendenza da causa di servizio della lesione denunciata.
Con nota del 23 novembre 1998 il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Direzione di amministrazione, 8° sezione Equo indennizzo, chiedeva che il reparto di appartenenza del ricorrente interpellasse la CMO di Roma affinché fosse accertata la tempestività dell’istanza prodotta dal ricorrente in data 16 aprile 1997 per il riconoscimento della causa di servizio della patologia accusata e riconosciuta dalla stessa CMO.
Con determinazione del 17 giugno 2001, il predetto organo sanitario, ad integrazione del verbale del 1° dicembre 1997, rilevava la tardività della riferita istanza, con riferimento alla data dell’incidente occorso in caserma.
In data 24 novembre 2001 veniva partecipato al ricorrente il decreto n. …/01 con il quale venivano respinte, per tardività, entrambe le istanze avanzate dal predetto e sopra ricordate.
Avverso tale provvedimento è insorto il ricorrente affidando il ricorso giurisdizionale a due motivi di gravame.
Il ricorso è fondato con riferimento al primo ed assorbente motivo.
E’ necessario precisare che il provvedimento di diniego richiama il termine previsto dagli artt. 3 del R.D. n.1024/1928 e 36, primo comma del DPR n. 686/1957.
Dal combinato disposto delle indicate norme si ricava la regola secondo cui : il dipendente che abbia contratto un’infermità ed intenda farne riconoscere la dipendenza dal servizio deve presentare domanda entro sei mesi (termine pacificamente perentorio, v. Cons. di Stato, sez. IV, n.632/1982) decorrenti dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso ovvero dal momento in cui l'interessato ha avuto piena conoscenza dell'infermità.
In questo caso la costante e pacifica giurisprudenza insegna che il termine in parola decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto chiara conoscenza della natura e della gravità della patologia che lo ha colpito ( ex multis Cons. di Stato, sez.IV, n.972/1978 e n. 1340/2004).
In altri termini la giurisprudenza ha convenuto la possibile non coincidenza del momento conoscitivo dell’evento lesivo dal suo accadimento fattuale quando, dalla documentazione medica prodotta, emerga una situazione di sostanziale incertezza circa la reale gravità della malattia, i tempi del suo insorgere e (ai fini dell'indennizzo) della irreversibilità delle menomazioni che ne derivano.
La mancanza di tali evenienze cognitive impedisce una oggettiva e piena consapevolezza della entità e delle conseguenze della patologia connessa alla lesione.
In quest'ultimo caso la giurisprudenza ha altrettanto diffusamente e concordemente affermato che il termine in questione non decorrere dalla data dell'evento (nel caso di specie l’incidente accaduto nella palestra), ma dal momento in cui il dipendente ha acquisito la certezza, consistenza e la gravità delle patologie denunciate (Cons. di Stato, sez.IV, n.5759/2008).
Ciò premesso, osserva il Collegio che il ricorrente ha avuto piena conoscenza e gravità della accusata patologia, non già al momento dell’incidente ( 26 giugno 1995), atteso che lo stesso dopo il periodo di convalescenza ha ripreso il regolare servizio sino al congedo, bensì al momento della riproposizione della medesima lussazione, o meglio al momento della rimozione del gesso e della conseguente visita specialistica del 9 dicembre 1996.
E’ solo allora, ritiene il Collegio, che il ricorrente ha avuto piena contezza della gravità della lesione originariamente occorsa e della conseguente infermità dalla stessa prodotta, atteso che l’organo clinico della struttura militare aveva, con riferimento all’indicato incidente, originariamente diagnosticato una definitiva guarigione della patologia in argomento, tanto da inviarlo, al termine della convalescenza, al reparto di appartenenza.
E’, quindi, solo dal momento del definitivo accertamento clinico (9 dicembre 1996) che devono computarsi i termini di cui all’art. 3 del R.D. 1024/1928 e 36, primo comma del DPR n. 686/1957.
Conseguentemente, l’istanza, prodotta in data 17 aprile 1997, volta al riconoscimento della causa di servizio per la patologia accusata dal ricorrente e valutata dalla CMO in data 1° dicembre 1997, è tempestiva.
Con riferimento alla domanda presentata con raccomanda a/r il 18 febbraio 1998 tesa a conseguire l’equo indennizzo, è necessario osservare che per il personale militare, ai sensi del regolamento n.1024/1928, (richiamato dall'art. 35 d.p.r. n.686/1957) il termine, di cui all’art.51 del D.P.R. n.686/1957, decorre dalla comunicazione del giudizio delle commissioni mediche sulla dipendenza dal servizio (Cons. di Stato, sez.III, 26.1.1982, n.999/81).
Da tale orientamento non sussistono ragioni per discostarsi.
Per cui l’indicata istanza è, anch’essa, tempestiva con riferimento alla comunicazione della CMO del 1° dicembre 1997.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto annullati i provvedimenti censurati e meglio in epigrafe indicati.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti meglio in epigrafe indicati.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre ad IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2013
Ricorso Accolto.
Leggete il tutto qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
23/12/2013 201311099 Sentenza 1B
N. 11099/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01108/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1108 del 2002, proposto da:
N. P., rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Le Pera, Ugo Giordano, con domicilio eletto presso Ugo Giordano in Roma, viale delle Milizie,9;
contro
Comando Generale Arma dei Carabinieri; Ministero della Difesa, rappresentati e difesi, per legge, dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto n. … del 24 ottobre 2001, con il quale Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Direzione di Amministrazione – Sez. Equo indennizzo -, rigettava la domanda del ricorrente circa la concessione dell’equo indennizzo per intempestività della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, in particolare il verbale della CMO;
nonché l’accertamento del diritto all’equo indennizzo a mente del D.P.R. 686/1957 e della L. 1094/1970.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comando Generale Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, al tempo dei fatti carabiniere ausiliario in servizio presso 8° Battaglione carabinieri “Lazio”, riportava, nel corso dell’addestramento fisico presso la palestra del reparto, la lussazione scapolo omerale della spalla destra.
Sulla dinamica e sul luogo dell’incidente non vi sono contestazioni.
Per tale infermità il predetto fruiva di giorni sessanta di licenza di convalescenza ( dal 27 giugno 1995 al 25 agosto 1995).
Al termine del citato periodo di convalescenza il ricorrente veniva sottoposto a visita medica presso le competenti strutture militari e giudicato idoneo al servizio militare incondizionato, tanto da riprendere il normale servizio di istituto sino al giorno 8 febbraio 1996, quando veniva collocato in congedo per completamento della ferma.
Afferma il ricorrente, e ciò trova conferma nella fattura n. …../C datata 9 dicembre 1996 della struttura ambulatoriale Campolongo Hospital, emessa per rimozione dell’apparato gessato, che, nel novembre 1996, egli subì, ancora, la lussazione della stessa scapola omerale della spalla destra, asseritamente da ricondurre, eziologicamente, al primo incidente.
Sono agli atti le fatture relative alle visite ed gli esami specialistici cui il predetto si è sottoposto sino al settembre 1997.
Con istanza del 16 aprile 1997 lo stesso avanzava richiesta il riconoscimento della causa di servizio della predetta patologia e con istanza del 10 febbraio 1998, inviata il giorno 18 febbraio 1998, chiedeva la corresponsione dell’equo indennizzo.
In data 1 dicembre 1997 lo stesso veniva sottoposto a visita medica da parte del Centro Militare di Medicina legale di Roma –CMO 3-, che attestava la dipendenza da causa di servizio della lesione denunciata.
Con nota del 23 novembre 1998 il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Direzione di amministrazione, 8° sezione Equo indennizzo, chiedeva che il reparto di appartenenza del ricorrente interpellasse la CMO di Roma affinché fosse accertata la tempestività dell’istanza prodotta dal ricorrente in data 16 aprile 1997 per il riconoscimento della causa di servizio della patologia accusata e riconosciuta dalla stessa CMO.
Con determinazione del 17 giugno 2001, il predetto organo sanitario, ad integrazione del verbale del 1° dicembre 1997, rilevava la tardività della riferita istanza, con riferimento alla data dell’incidente occorso in caserma.
In data 24 novembre 2001 veniva partecipato al ricorrente il decreto n. …/01 con il quale venivano respinte, per tardività, entrambe le istanze avanzate dal predetto e sopra ricordate.
Avverso tale provvedimento è insorto il ricorrente affidando il ricorso giurisdizionale a due motivi di gravame.
Il ricorso è fondato con riferimento al primo ed assorbente motivo.
E’ necessario precisare che il provvedimento di diniego richiama il termine previsto dagli artt. 3 del R.D. n.1024/1928 e 36, primo comma del DPR n. 686/1957.
Dal combinato disposto delle indicate norme si ricava la regola secondo cui : il dipendente che abbia contratto un’infermità ed intenda farne riconoscere la dipendenza dal servizio deve presentare domanda entro sei mesi (termine pacificamente perentorio, v. Cons. di Stato, sez. IV, n.632/1982) decorrenti dalla data in cui si è verificato l'evento dannoso ovvero dal momento in cui l'interessato ha avuto piena conoscenza dell'infermità.
In questo caso la costante e pacifica giurisprudenza insegna che il termine in parola decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto chiara conoscenza della natura e della gravità della patologia che lo ha colpito ( ex multis Cons. di Stato, sez.IV, n.972/1978 e n. 1340/2004).
In altri termini la giurisprudenza ha convenuto la possibile non coincidenza del momento conoscitivo dell’evento lesivo dal suo accadimento fattuale quando, dalla documentazione medica prodotta, emerga una situazione di sostanziale incertezza circa la reale gravità della malattia, i tempi del suo insorgere e (ai fini dell'indennizzo) della irreversibilità delle menomazioni che ne derivano.
La mancanza di tali evenienze cognitive impedisce una oggettiva e piena consapevolezza della entità e delle conseguenze della patologia connessa alla lesione.
In quest'ultimo caso la giurisprudenza ha altrettanto diffusamente e concordemente affermato che il termine in questione non decorrere dalla data dell'evento (nel caso di specie l’incidente accaduto nella palestra), ma dal momento in cui il dipendente ha acquisito la certezza, consistenza e la gravità delle patologie denunciate (Cons. di Stato, sez.IV, n.5759/2008).
Ciò premesso, osserva il Collegio che il ricorrente ha avuto piena conoscenza e gravità della accusata patologia, non già al momento dell’incidente ( 26 giugno 1995), atteso che lo stesso dopo il periodo di convalescenza ha ripreso il regolare servizio sino al congedo, bensì al momento della riproposizione della medesima lussazione, o meglio al momento della rimozione del gesso e della conseguente visita specialistica del 9 dicembre 1996.
E’ solo allora, ritiene il Collegio, che il ricorrente ha avuto piena contezza della gravità della lesione originariamente occorsa e della conseguente infermità dalla stessa prodotta, atteso che l’organo clinico della struttura militare aveva, con riferimento all’indicato incidente, originariamente diagnosticato una definitiva guarigione della patologia in argomento, tanto da inviarlo, al termine della convalescenza, al reparto di appartenenza.
E’, quindi, solo dal momento del definitivo accertamento clinico (9 dicembre 1996) che devono computarsi i termini di cui all’art. 3 del R.D. 1024/1928 e 36, primo comma del DPR n. 686/1957.
Conseguentemente, l’istanza, prodotta in data 17 aprile 1997, volta al riconoscimento della causa di servizio per la patologia accusata dal ricorrente e valutata dalla CMO in data 1° dicembre 1997, è tempestiva.
Con riferimento alla domanda presentata con raccomanda a/r il 18 febbraio 1998 tesa a conseguire l’equo indennizzo, è necessario osservare che per il personale militare, ai sensi del regolamento n.1024/1928, (richiamato dall'art. 35 d.p.r. n.686/1957) il termine, di cui all’art.51 del D.P.R. n.686/1957, decorre dalla comunicazione del giudizio delle commissioni mediche sulla dipendenza dal servizio (Cons. di Stato, sez.III, 26.1.1982, n.999/81).
Da tale orientamento non sussistono ragioni per discostarsi.
Per cui l’indicata istanza è, anch’essa, tempestiva con riferimento alla comunicazione della CMO del 1° dicembre 1997.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto annullati i provvedimenti censurati e meglio in epigrafe indicati.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti meglio in epigrafe indicati.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre ad IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/12/2013
Re: causa di servizio
Messaggio da italiauno61 »
Nulla di nuovo sotto il sole...se c'è una possibilità di vincere un ricorso è proprio questa, perchè l'individuazione dell'evento dannoso è in effetti quella più facilmente contestabile...
Re: causa di servizio
Sentenza di questo mese di Dicembre 2013.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
diniego di equo indennizzo
1) - la signora esponeva che, in data … marzo 1999, aveva presentato istanza al Comando regionale Carabinieri “Sicilia” finalizzata ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità che aveva cagionato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione) in data … luglio 1998.
2) - Con provvedimento datato … gennaio 2000 la commissione medica ospedaliera dell’ospedale militare di Palermo aveva riconosciuto la infermità causativa del decesso dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla tabella A cat. 1 misura massima.
3) - Con istanza del … febbraio 2000 aveva, pertanto, chiesto al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri la concessione dell’equo indennizzo, che, però, era stata rigettata con la seguente motivazione: “la domanda di dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Infarto del miocardio” è stata presentata oltre il termine perentorio di sei mesi previsto dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
La ricorrente fa ricorso poiché:
4) - Il termine di cui all’art. 36 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Si sarebbe dovuto, pertanto, fare riferimento non alla data del decesso (i.e. …. luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
5) - E si sarebbe erroneamente fatto riferimento all’art. 3 e non all’art. 36 del DPR n. 686/1957.
IL TAR DI PALERMO precisa:
6) - La doglianza è fondata secondo quanto di seguito specificato. (N.B.: rif. n. 4 da me riportato sopra)
7) - Precisato che, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, il termine semestrale, fissato dall'art. 36 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e ribadito dall'art. 2 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 per la presentazione della domanda di riconoscimento dalla dipendenza da causa di servizio di infermità, ha natura perentoria e, quindi, decadenziale, occorre chiedersi quale sia il dies a quo (per tutte Consiglio di Stato, IV, 3 maggio 2011, n. 2631 e TAR Lazio Roma, I, 1° giugno 2011, n. 4963).
8) - Orbene, sempre secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la decorrenza del termine in questione va ancorata non alla data di sola conoscenza della malattia, ma a quella di acquisizione della consapevolezza della sua dipendenza da causa di servizio, in considerazione del fatto che non ogni patologia acquista rilevanza ai fini in questione, ma solo le infermità eziologicamente ascrivibili al servizio prestato. Ne deriva che per la decorrenza del termine occorre che il dipendente abbia conoscenza dell'esatta natura e gravità della propria malattia e della sua dipendenza causale dal fatto di servizio (per tutte TAR Lazio Roma, I, 1° dicembre 2011, n. 9452).
9) - Nella fattispecie in esame la ricorrente ha acquisito conoscenza esatta della patologia causativa del decesso del coniuge solo con il deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte, ovverosia in data … novembre 1998.
10) - Ne deriva che la istanza dalla stessa presentata il … marzo 1999 avrebbe dovuto essere considerata rispettosa del termine semestrale di cui all’art. 36 succitato e, pertanto, tempestiva.
Ricorso Accolto.
Per completezza vi rimando alla lettura qui sotto.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale … del 2001, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. A. C., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. B. A. in Palermo, via Sammartino, n. 4;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato per legge;
per l'annullamento
- del decreto del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri di diniego di equo indennizzo prot. n. …/00 del 13 novembre 2000, notificato il giorno 29 successivo;
- di tutti gli atti connessi, coordinati, pregressi e conseguenti.
Visto il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 23 gennaio 2001 e depositato il 5 febbraio successivo, la signora -OMISSIS- esponeva che, in data … marzo 1999, aveva presentato istanza al Comando regionale Carabinieri “Sicilia” finalizzata ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità che aveva cagionato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione) in data … luglio 1998.
Con provvedimento datato … gennaio 2000 la commissione medica ospedaliera dell’ospedale militare di Palermo aveva riconosciuto la infermità causativa del decesso dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla tabella A cat. 1 misura massima.
Con istanza del … febbraio 2000 aveva, pertanto, chiesto al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri la concessione dell’equo indennizzo, che, però, era stata rigettata con la seguente motivazione: “la domanda di dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Infarto del miocardio” è stata presentata oltre il termine perentorio di sei mesi previsto dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
La ricorrente ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, di tale provvedimento per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 e dell’art. 51 del DPR n. 686/1957.
Il termine di cui all’art. 36 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Si sarebbe dovuto, pertanto, fare riferimento non alla data del decesso (i.e. …. luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
2) Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità manifesta e della contraddittorietà.
Si sarebbe erroneamente fatto riferimento all’art. 3 e non all’art. 36 del DPR n. 686/1957.
Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che, in vista della udienza, ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato.
Alla pubblica udienza del … novembre 2013, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
La controversia ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri ha negato la concessione dell’equo indennizzo, che era stato chiesto dalla ricorrente con riferimento alla infermità (insufficienza cardio – circolatoria da infarto acuto del ventricolo sinistro), la quale aveva causato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione).
Il provvedimento è stato motivato con riferimento alla presentazione della istanza oltre il termine perentorio di sei mesi previsto “dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
Con il primo motivo si deduce che il termine di cui all’art. 36 del DPR n. 686/1957 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Ne consegue che al fine di verificare la tempestività della istanza presentata il … marzo 1999 si sarebbe dovuto fare riferimento non alla data del decesso (i.e. … luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
La doglianza è fondata secondo quanto di seguito specificato.
Precisato che, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, il termine semestrale, fissato dall'art. 36 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e ribadito dall'art. 2 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 per la presentazione della domanda di riconoscimento dalla dipendenza da causa di servizio di infermità, ha natura perentoria e, quindi, decadenziale, occorre chiedersi quale sia il dies a quo (per tutte Consiglio di Stato, IV, 3 maggio 2011, n. 2631 e TAR Lazio Roma, I, 1° giugno 2011, n. 4963).
Orbene, sempre secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la decorrenza del termine in questione va ancorata non alla data di sola conoscenza della malattia, ma a quella di acquisizione della consapevolezza della sua dipendenza da causa di servizio, in considerazione del fatto che non ogni patologia acquista rilevanza ai fini in questione, ma solo le infermità eziologicamente ascrivibili al servizio prestato. Ne deriva che per la decorrenza del termine occorre che il dipendente abbia conoscenza dell'esatta natura e gravità della propria malattia e della sua dipendenza causale dal fatto di servizio (per tutte TAR Lazio Roma, I, 1° dicembre 2011, n. 9452).
Nella fattispecie in esame la ricorrente ha acquisito conoscenza esatta della patologia causativa del decesso del coniuge solo con il deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte, ovverosia in data … novembre 1998.
Ne deriva che la istanza dalla stessa presentata il … marzo 1999 avrebbe dovuto essere considerata rispettosa del termine semestrale di cui all’art. 36 succitato e, pertanto, tempestiva.
Il secondo motivo, avente ad oggetto l’erroneo riferimento all’art. 3 piuttosto che all’art. 36 del DPR n. 686/1957, in quanto formale, può essere assorbito.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento del diniego impugnato.
Le spese liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori nella misura di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
OMISSIS.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno … novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente FF
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Maria Cappellano, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
--------------------------------------------------------------------------------------------------
diniego di equo indennizzo
1) - la signora esponeva che, in data … marzo 1999, aveva presentato istanza al Comando regionale Carabinieri “Sicilia” finalizzata ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità che aveva cagionato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione) in data … luglio 1998.
2) - Con provvedimento datato … gennaio 2000 la commissione medica ospedaliera dell’ospedale militare di Palermo aveva riconosciuto la infermità causativa del decesso dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla tabella A cat. 1 misura massima.
3) - Con istanza del … febbraio 2000 aveva, pertanto, chiesto al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri la concessione dell’equo indennizzo, che, però, era stata rigettata con la seguente motivazione: “la domanda di dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Infarto del miocardio” è stata presentata oltre il termine perentorio di sei mesi previsto dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
La ricorrente fa ricorso poiché:
4) - Il termine di cui all’art. 36 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Si sarebbe dovuto, pertanto, fare riferimento non alla data del decesso (i.e. …. luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
5) - E si sarebbe erroneamente fatto riferimento all’art. 3 e non all’art. 36 del DPR n. 686/1957.
IL TAR DI PALERMO precisa:
6) - La doglianza è fondata secondo quanto di seguito specificato. (N.B.: rif. n. 4 da me riportato sopra)
7) - Precisato che, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, il termine semestrale, fissato dall'art. 36 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e ribadito dall'art. 2 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 per la presentazione della domanda di riconoscimento dalla dipendenza da causa di servizio di infermità, ha natura perentoria e, quindi, decadenziale, occorre chiedersi quale sia il dies a quo (per tutte Consiglio di Stato, IV, 3 maggio 2011, n. 2631 e TAR Lazio Roma, I, 1° giugno 2011, n. 4963).
8) - Orbene, sempre secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la decorrenza del termine in questione va ancorata non alla data di sola conoscenza della malattia, ma a quella di acquisizione della consapevolezza della sua dipendenza da causa di servizio, in considerazione del fatto che non ogni patologia acquista rilevanza ai fini in questione, ma solo le infermità eziologicamente ascrivibili al servizio prestato. Ne deriva che per la decorrenza del termine occorre che il dipendente abbia conoscenza dell'esatta natura e gravità della propria malattia e della sua dipendenza causale dal fatto di servizio (per tutte TAR Lazio Roma, I, 1° dicembre 2011, n. 9452).
9) - Nella fattispecie in esame la ricorrente ha acquisito conoscenza esatta della patologia causativa del decesso del coniuge solo con il deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte, ovverosia in data … novembre 1998.
10) - Ne deriva che la istanza dalla stessa presentata il … marzo 1999 avrebbe dovuto essere considerata rispettosa del termine semestrale di cui all’art. 36 succitato e, pertanto, tempestiva.
Ricorso Accolto.
Per completezza vi rimando alla lettura qui sotto.
----------------------------------------------------------------------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale … del 2001, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. A. C., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. B. A. in Palermo, via Sammartino, n. 4;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi, n. 81, è domiciliato per legge;
per l'annullamento
- del decreto del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri di diniego di equo indennizzo prot. n. …/00 del 13 novembre 2000, notificato il giorno 29 successivo;
- di tutti gli atti connessi, coordinati, pregressi e conseguenti.
Visto il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 23 gennaio 2001 e depositato il 5 febbraio successivo, la signora -OMISSIS- esponeva che, in data … marzo 1999, aveva presentato istanza al Comando regionale Carabinieri “Sicilia” finalizzata ad ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della infermità che aveva cagionato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione) in data … luglio 1998.
Con provvedimento datato … gennaio 2000 la commissione medica ospedaliera dell’ospedale militare di Palermo aveva riconosciuto la infermità causativa del decesso dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla tabella A cat. 1 misura massima.
Con istanza del … febbraio 2000 aveva, pertanto, chiesto al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri la concessione dell’equo indennizzo, che, però, era stata rigettata con la seguente motivazione: “la domanda di dipendenza da causa di servizio per l’infermità “Infarto del miocardio” è stata presentata oltre il termine perentorio di sei mesi previsto dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
La ricorrente ha chiesto l’annullamento, vinte le spese, di tale provvedimento per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 e dell’art. 51 del DPR n. 686/1957.
Il termine di cui all’art. 36 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Si sarebbe dovuto, pertanto, fare riferimento non alla data del decesso (i.e. …. luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
2) Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità manifesta e della contraddittorietà.
Si sarebbe erroneamente fatto riferimento all’art. 3 e non all’art. 36 del DPR n. 686/1957.
Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che, in vista della udienza, ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato.
Alla pubblica udienza del … novembre 2013, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
La controversia ha ad oggetto il provvedimento, con il quale il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri ha negato la concessione dell’equo indennizzo, che era stato chiesto dalla ricorrente con riferimento alla infermità (insufficienza cardio – circolatoria da infarto acuto del ventricolo sinistro), la quale aveva causato il decesso del proprio coniuge (appuntato dell’Arma dei Carabinieri in pensione).
Il provvedimento è stato motivato con riferimento alla presentazione della istanza oltre il termine perentorio di sei mesi previsto “dall’art. 3 del DPR n. 686/1957”.
Con il primo motivo si deduce che il termine di cui all’art. 36 del DPR n. 686/1957 non sarebbe perentorio e andrebbe, comunque, calcolato dal momento di acquisizione della consapevolezza della natura della malattia e delle sue cause. Ne consegue che al fine di verificare la tempestività della istanza presentata il … marzo 1999 si sarebbe dovuto fare riferimento non alla data del decesso (i.e. … luglio 1998) ma a quella di deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte (i.e. … novembre 1998).
La doglianza è fondata secondo quanto di seguito specificato.
Precisato che, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, il termine semestrale, fissato dall'art. 36 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e ribadito dall'art. 2 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 per la presentazione della domanda di riconoscimento dalla dipendenza da causa di servizio di infermità, ha natura perentoria e, quindi, decadenziale, occorre chiedersi quale sia il dies a quo (per tutte Consiglio di Stato, IV, 3 maggio 2011, n. 2631 e TAR Lazio Roma, I, 1° giugno 2011, n. 4963).
Orbene, sempre secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, la decorrenza del termine in questione va ancorata non alla data di sola conoscenza della malattia, ma a quella di acquisizione della consapevolezza della sua dipendenza da causa di servizio, in considerazione del fatto che non ogni patologia acquista rilevanza ai fini in questione, ma solo le infermità eziologicamente ascrivibili al servizio prestato. Ne deriva che per la decorrenza del termine occorre che il dipendente abbia conoscenza dell'esatta natura e gravità della propria malattia e della sua dipendenza causale dal fatto di servizio (per tutte TAR Lazio Roma, I, 1° dicembre 2011, n. 9452).
Nella fattispecie in esame la ricorrente ha acquisito conoscenza esatta della patologia causativa del decesso del coniuge solo con il deposito della relazione di consulenza medico legale richiesta dall’autorità giurisdizionale al fine di verificare la causa della morte, ovverosia in data … novembre 1998.
Ne deriva che la istanza dalla stessa presentata il … marzo 1999 avrebbe dovuto essere considerata rispettosa del termine semestrale di cui all’art. 36 succitato e, pertanto, tempestiva.
Il secondo motivo, avente ad oggetto l’erroneo riferimento all’art. 3 piuttosto che all’art. 36 del DPR n. 686/1957, in quanto formale, può essere assorbito.
Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento del diniego impugnato.
Le spese liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori nella misura di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
OMISSIS.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno … novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Federica Cabrini, Presidente FF
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Maria Cappellano, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Re: causa di servizio
Per notizia
Uranio impoverito, carabiniere savonese vince anche in Appello: riconosciuta la “causa di servizio”
http://www.ivg.it/2014/01/uranio-impove ... -servizio/" onclick="window.open(this.href);return false;
Uranio impoverito, carabiniere savonese vince anche in Appello: riconosciuta la “causa di servizio”
http://www.ivg.it/2014/01/uranio-impove ... -servizio/" onclick="window.open(this.href);return false;
Re: causa di servizio
C'è qualche collega che ce l'ha?
----------------------------------------------------------------------------------
LA PRESBIACUSIA
Si ha la sensazione di non capire bene. Chiamiamo presbiacusia il fenomeno che sta all’udito come la presbiopia sta alla vista.
In effetti una persona, avendo già una diminuzione importante del suo udito, può non rendersi conto del suo disturbo quando parla in un ambiente “tranquillo”. Risente realmente del disturbo solo durante lo svolgimento di alcune attività, in particolare negli ambienti molto più “rumorosi”: riunioni familiari, cene, ristoranti, cinema, teatro...
Il termine presbiacusia identifica la perdita di udito causata della degenerazione neurosensoriale che insorge progressivamente con il progredire dell'età.
La presbiacusia insorge dopo i 20 anni ma è generalmente significativa solo dopo i 65.
Presbiacusia - Sintomi
In fase iniziale i sintomi sono modesti, il paziente ha difficoltà a sentire i suoni più acuti, quelli ad alte frequenze, come il campanello di casa o la suoneria del telefono, ma non ci fa caso. In seguito compare invece difficoltà a comprendere le conversazioni, soprattutto se avvengono in presenza di rumore ambientale o tra più persone contemporaneamente. Il paziente sente ma fatica a capire, nella metà dei casi soffre anche di acufeni o disturbi dell'equilibrio.
All’inizio si manifesta con la difficoltà di sostenere una conversazione in un ambiente rumoroso (per esempio in un bar o in una strada trafficata).
Chi è colpito da presbiacusia non si rende conto che le sue difficoltà di comprensione dipendono da una diminuzione dell’udito, ma anzi spesso si convince che sono i suoi interlocutori a parlare sottovoce, oppure che sia la televisione ad avere un volume troppo basso o, ancora, che sia il telefono ad essere disturbato.
La persona presbiacusica, infatti, avverte meglio i suoni a bassa frequenza, come appunto quelli del rumore di fondo, che mascherano le parole dell'interlocutore, mentre i suoni più acuti, come le voci femminili, il trillo del telefono, lo squillo del campanello di casa, creano le maggiori difficoltà.
Nella presbiacusia viene inoltre compromessa l'analisi dei suoni acuti specifici delle consonanti, fondamentali per l'intelligibilità del messaggio. Così come un presbite vede ma non riconosce i dettagli, un presbiacusico sente ma non riconosce tutte le parole.
Infatti l’ orecchio fatica a sentire i suoni acuti, quelli per esempio di molte consonanti : d, t, s, f, p, sc. Se ad un presbiacusico si chiede, ad un metro di distanza e con un tono di voce normale:
SAI SCIARE?
lui sentirà:
AII IARE ?
Ha sentito benissimo il suono della domanda ma, avendo perso quelle consonanti, cosa ha capito?
Tecnicamente non è sordo, ma la sostanza non è molto diversa. Il guaio però è che la presbiacusia può degenerare in una vera e propria sordità.
E, il guaio ancora più grosso, è che il processo degenerativo avviene un poco per volta, giorno dopo giorno, lentamente. La presbiacusia è un deficit uditivo “subdolo”: non ci si rende conto subito che si sta diminuendo le proprie capacità uditive perché, contemporaneamente alla perdita uditiva, il nostro sistema neurosensoriale si adatta alla nuova situazione … e anche quelli che ci parlano si adattano alla nuova situazione, alzando il loro tono di voce.
Poi, le difficoltà a comprendere il parlato crescono progressivamente e sensibilmente, diventando grandi all’improvviso, tutte in una volta emergono le difficoltà a capire – o, almeno così sembra – e chi ti sta parlando deve cominciare a parlare a voce più alta. A queste difficoltà poi si aggiungono spesso delle situazioni di ascolto difficili come, ad esempio, quando vi è la necessità di comprendere un discorso in mezzo ad un rumore che maschera o copre il suono della voce.
Le persone con un udito normale hanno la capacità di separare i discorsi dal rumore; questa capacità si affievolisce nelle persone che soffrono di un abbassamento dell’ udito. E’ importante quindi saper cogliere per tempo i sintomi di una presbiacusia in corso. Quali sono i sintomi ?
Il più tipico è quello di cui si è detto prima: “è lui che parla piano o sono io che non capisco quello che dice ?” oppure, faccio fatica a capire quello che viene detto in TV e devo alzare il volume.
----------------------------------------------------------------------------------
LA PRESBIACUSIA
Si ha la sensazione di non capire bene. Chiamiamo presbiacusia il fenomeno che sta all’udito come la presbiopia sta alla vista.
In effetti una persona, avendo già una diminuzione importante del suo udito, può non rendersi conto del suo disturbo quando parla in un ambiente “tranquillo”. Risente realmente del disturbo solo durante lo svolgimento di alcune attività, in particolare negli ambienti molto più “rumorosi”: riunioni familiari, cene, ristoranti, cinema, teatro...
Il termine presbiacusia identifica la perdita di udito causata della degenerazione neurosensoriale che insorge progressivamente con il progredire dell'età.
La presbiacusia insorge dopo i 20 anni ma è generalmente significativa solo dopo i 65.
Presbiacusia - Sintomi
In fase iniziale i sintomi sono modesti, il paziente ha difficoltà a sentire i suoni più acuti, quelli ad alte frequenze, come il campanello di casa o la suoneria del telefono, ma non ci fa caso. In seguito compare invece difficoltà a comprendere le conversazioni, soprattutto se avvengono in presenza di rumore ambientale o tra più persone contemporaneamente. Il paziente sente ma fatica a capire, nella metà dei casi soffre anche di acufeni o disturbi dell'equilibrio.
All’inizio si manifesta con la difficoltà di sostenere una conversazione in un ambiente rumoroso (per esempio in un bar o in una strada trafficata).
Chi è colpito da presbiacusia non si rende conto che le sue difficoltà di comprensione dipendono da una diminuzione dell’udito, ma anzi spesso si convince che sono i suoi interlocutori a parlare sottovoce, oppure che sia la televisione ad avere un volume troppo basso o, ancora, che sia il telefono ad essere disturbato.
La persona presbiacusica, infatti, avverte meglio i suoni a bassa frequenza, come appunto quelli del rumore di fondo, che mascherano le parole dell'interlocutore, mentre i suoni più acuti, come le voci femminili, il trillo del telefono, lo squillo del campanello di casa, creano le maggiori difficoltà.
Nella presbiacusia viene inoltre compromessa l'analisi dei suoni acuti specifici delle consonanti, fondamentali per l'intelligibilità del messaggio. Così come un presbite vede ma non riconosce i dettagli, un presbiacusico sente ma non riconosce tutte le parole.
Infatti l’ orecchio fatica a sentire i suoni acuti, quelli per esempio di molte consonanti : d, t, s, f, p, sc. Se ad un presbiacusico si chiede, ad un metro di distanza e con un tono di voce normale:
SAI SCIARE?
lui sentirà:
AII IARE ?
Ha sentito benissimo il suono della domanda ma, avendo perso quelle consonanti, cosa ha capito?
Tecnicamente non è sordo, ma la sostanza non è molto diversa. Il guaio però è che la presbiacusia può degenerare in una vera e propria sordità.
E, il guaio ancora più grosso, è che il processo degenerativo avviene un poco per volta, giorno dopo giorno, lentamente. La presbiacusia è un deficit uditivo “subdolo”: non ci si rende conto subito che si sta diminuendo le proprie capacità uditive perché, contemporaneamente alla perdita uditiva, il nostro sistema neurosensoriale si adatta alla nuova situazione … e anche quelli che ci parlano si adattano alla nuova situazione, alzando il loro tono di voce.
Poi, le difficoltà a comprendere il parlato crescono progressivamente e sensibilmente, diventando grandi all’improvviso, tutte in una volta emergono le difficoltà a capire – o, almeno così sembra – e chi ti sta parlando deve cominciare a parlare a voce più alta. A queste difficoltà poi si aggiungono spesso delle situazioni di ascolto difficili come, ad esempio, quando vi è la necessità di comprendere un discorso in mezzo ad un rumore che maschera o copre il suono della voce.
Le persone con un udito normale hanno la capacità di separare i discorsi dal rumore; questa capacità si affievolisce nelle persone che soffrono di un abbassamento dell’ udito. E’ importante quindi saper cogliere per tempo i sintomi di una presbiacusia in corso. Quali sono i sintomi ?
Il più tipico è quello di cui si è detto prima: “è lui che parla piano o sono io che non capisco quello che dice ?” oppure, faccio fatica a capire quello che viene detto in TV e devo alzare il volume.
Re: causa di servizio
Le Amministrazioni chissà perché sbagliano sempre a nostro danno e menomale che il collega cmq. ha fatto ricorso poiché dal dargli una Tab. 8/A come da sentenza del Tar, gli avevano cambiato addirittura la tabella dandogli una tabella "B" nella misura massima. Possiamo mai fidarci dell'Amm.ne?
----------------------------------------------------------------------------------------------------
03/03/2014 201400127 Sentenza 1
N. 00127/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00478/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 478 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Luisa Franchina e Giuseppe Martino, con domicilio eletto presso lo Studio di quest’ultimo in Archi di Reggio Calabria, via Vecchia Provinciale, n. 26;
contro
Ministero dell'Interno –Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, n.15;
per la correzione
dell’errore materiale contenuto nella sentenza del Tar Reggio Calabria n. 25 del 14 gennaio 2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Con sentenza n. 25 del 14 gennaio 2013 questo Tribunale, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal Sig. OMISSIS, annullava il decreto ministeriale n. …. del 16.04.2009 per la parte relativa al disconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “ OMISSIS ”.
Deve darsi conto che nel corso del giudizio il Tribunale ha disposto una verificazione, all’esito della quale l’organo incaricato, il Policlinico Militare di Roma, ha ritenuto configurabile la sussistenza di un nesso eziologico, rispetto al servizio prestato, delle patologie “ OMISSIS ”, escludendo invece la dipendenza da causa di servizio della patologia “ OMISSIS ”. Nel verbale relativo alla verificazione eseguita la Commissione incaricata precisava, con apposizione manoscritta, che la patologia riconosciuta come dipendente da causa di servizio era ascrivibile all’8^ categoria della tabella A allegata al DPR n. 834/1981.
Con nota del 22 ottobre 2012, depositata in giudizio il 12 novembre 2012, il consulente medico di parte dell’Amministrazione resistente dichiarava di concordare con gli esiti della verificazione, e precisamente circa la sussistenza di un nesso di concausalità tra il servizio prestato e la patologia accertata nonché circa l’ascrivibilità all’VIII categoria della tabella A allegata al DPR n. 834/1981 “come da nota apposta in calce alla relazione di verificazione inoltrata”.
Successivamente, con istanza depositata in data 5 marzo 2013 il ricorrente chiedeva la correzione dell’errore materiale, a suo dire, contenuto nella sentenza la quale, pur facendo riferimento agli esiti della verificazione espletata, non precisava l’ascrivibilità dell’infermità alla tabella A categoria 8^.
Alla camera di consiglio del 23 ottobre 2013 il Presidente del Collegio, rilevato che l'istanza non risultava essere stata notificata alle Amministrazioni resistenti, disponeva il rinvio sine die del ricorso.
L’istanza di correzione di errore materiale, preceduta dalla regolare notifica ai Ministeri intimati, veniva quindi ripresentata in data 29 novembre 2013.
Il ricorrente rappresentava che il Ministero dell’Interno, con decreto n. …del 26 luglio 2013, in asserita esecuzione della sentenza n. 25/2013 di questo Tribunale, pur riconoscendo dipendente da causa di servizio la patologia sopra indicata, ascriveva la stessa alla tabella B nella misura massima.
Alla camera di consiglio del 22 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
II) L’istanza di correzione di errore materiale presentata dal ricorrente non è, ad avviso del Collegio, ammissibile.
Il Tribunale infatti nella sentenza n. 25/2013 ha fatto completo rinvio agli esiti della verificazione, esplicitamente condividendoli (“Le conclusioni della verificazione appaiono al Collegio adeguatamente motivate, alla luce di criteri tecnico scientifici, ed immuni da profili di irragionevolezza manifesta, e possono quindi essere condivise”). Poiché nel verbale di verificazione è indicata l’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, il rinvio a tale verbale è sufficiente a includere anche l’ascrizione alla tabella ivi indicata, senza che possa ritenersi sussistente un “errore materiale”, da intendersi quale divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, né un’omissione, in quanto la parte motiva della sentenza è comunque eterointegrata dal verbale della verificazione, che il Collegio ha espressamente condiviso nella sua interezza.
Inoltre il sopravvenuto provvedimento dell’Amministrazione renderebbe, di fatto, inutile procedere alla correzione posto che la sentenza “emendata” non farebbe, di per sé ed automaticamente, venir meno il nuovo decreto assunto.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, in applicazione dell’art. 32 c.p.a. e del principio di conservazione degli atti processuali, sussistono i presupposti di sostanza e di forma per convertire il giudizio in azione per l’ottemperanza (rectius la corretta esecuzione) del giudicato formatosi in relazione alla sentenza n. 25/2013.
Sotto il profilo della forma infatti l’istanza è stata passata per la notifica al Ministero dell’Interno, presso la sua sede legale, in data 14 novembre 2013, ed è stata inoltre allo stesso notificata a mani presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato in Reggio Calabria in data 18 novembre 2013. Indi è stata depositata presso questo Tribunale in data 29 novembre 2013. Infine l’istanza è stata chiamata e trattenuta in decisione in occasione della camera di consiglio del 22 gennaio 2014. Sussiste quindi il rispetto delle prescrizioni di cui al combinato disposto degli artt. 114 e 87 c.p.a.
Sotto il profilo sostanziale l’azione è volta a contestare la conformità al giudicato formatosi in relazione alla sentenza n. 25/2013 del decreto del Ministero dell’Interno n. … del 26 luglio 2013 nella parte in cui ha ascritto l’infermità riscontrata alla tabella B, anziché alla Tabella A, come stabilito dalla sentenza.
Così qualificata l’azione, la stessa deve ritenersi fondata.
Come sopra precisato nessun dubbio può sorgere sulla statuizione di questo Tribunale in ordine all’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, come da verbale di verificazione cui espressamente si rinvia nel corpus motivazionale della sentenza.
D’altro canto nel corso del giudizio la stessa Amministrazione, per il tramite del proprio consulente di parte, ha condiviso, senza riserva alcuna, gli esiti della verificazione (cfr. nota del 22 ottobre 2012, depositata in giudizio il 12 novembre 2012).
Risulta pertanto palesemente difforme dalla statuizione giurisdizionale il decreto ministeriale n. …. del 26 luglio 2013, nella parte in cui ha ascritto l’infermità riscontrata alla tabella B, anziché alla Tabella A. In relazione a tale determinazione il richiamato decreto deve considerarsi nullo, ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. b) c.p.a.
Ne consegue l’obbligo del Ministero dell’Interno di provvedere, in esecuzione della sentenza n. 25/2013, alla rideterminazione della liquidazione dell’indennizzo a favore del ricorrente, tenuto conto dell’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, entro 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione a cura di parte del presente provvedimento.
In ragione della particolarità delle questioni processuali trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa conversione dell’azione in ottemperanza, lo accoglie, e per l’effetto ordina all’Amministrazione resistente di dare corretta esecuzione alla sentenza n. 25/2013, ai sensi e nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Ettore Leotta, Presidente
Caterina Criscenti, Consigliere
Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2014
----------------------------------------------------------------------------------------------------
03/03/2014 201400127 Sentenza 1
N. 00127/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00478/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 478 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Luisa Franchina e Giuseppe Martino, con domicilio eletto presso lo Studio di quest’ultimo in Archi di Reggio Calabria, via Vecchia Provinciale, n. 26;
contro
Ministero dell'Interno –Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, n.15;
per la correzione
dell’errore materiale contenuto nella sentenza del Tar Reggio Calabria n. 25 del 14 gennaio 2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Con sentenza n. 25 del 14 gennaio 2013 questo Tribunale, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal Sig. OMISSIS, annullava il decreto ministeriale n. …. del 16.04.2009 per la parte relativa al disconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia “ OMISSIS ”.
Deve darsi conto che nel corso del giudizio il Tribunale ha disposto una verificazione, all’esito della quale l’organo incaricato, il Policlinico Militare di Roma, ha ritenuto configurabile la sussistenza di un nesso eziologico, rispetto al servizio prestato, delle patologie “ OMISSIS ”, escludendo invece la dipendenza da causa di servizio della patologia “ OMISSIS ”. Nel verbale relativo alla verificazione eseguita la Commissione incaricata precisava, con apposizione manoscritta, che la patologia riconosciuta come dipendente da causa di servizio era ascrivibile all’8^ categoria della tabella A allegata al DPR n. 834/1981.
Con nota del 22 ottobre 2012, depositata in giudizio il 12 novembre 2012, il consulente medico di parte dell’Amministrazione resistente dichiarava di concordare con gli esiti della verificazione, e precisamente circa la sussistenza di un nesso di concausalità tra il servizio prestato e la patologia accertata nonché circa l’ascrivibilità all’VIII categoria della tabella A allegata al DPR n. 834/1981 “come da nota apposta in calce alla relazione di verificazione inoltrata”.
Successivamente, con istanza depositata in data 5 marzo 2013 il ricorrente chiedeva la correzione dell’errore materiale, a suo dire, contenuto nella sentenza la quale, pur facendo riferimento agli esiti della verificazione espletata, non precisava l’ascrivibilità dell’infermità alla tabella A categoria 8^.
Alla camera di consiglio del 23 ottobre 2013 il Presidente del Collegio, rilevato che l'istanza non risultava essere stata notificata alle Amministrazioni resistenti, disponeva il rinvio sine die del ricorso.
L’istanza di correzione di errore materiale, preceduta dalla regolare notifica ai Ministeri intimati, veniva quindi ripresentata in data 29 novembre 2013.
Il ricorrente rappresentava che il Ministero dell’Interno, con decreto n. …del 26 luglio 2013, in asserita esecuzione della sentenza n. 25/2013 di questo Tribunale, pur riconoscendo dipendente da causa di servizio la patologia sopra indicata, ascriveva la stessa alla tabella B nella misura massima.
Alla camera di consiglio del 22 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
II) L’istanza di correzione di errore materiale presentata dal ricorrente non è, ad avviso del Collegio, ammissibile.
Il Tribunale infatti nella sentenza n. 25/2013 ha fatto completo rinvio agli esiti della verificazione, esplicitamente condividendoli (“Le conclusioni della verificazione appaiono al Collegio adeguatamente motivate, alla luce di criteri tecnico scientifici, ed immuni da profili di irragionevolezza manifesta, e possono quindi essere condivise”). Poiché nel verbale di verificazione è indicata l’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, il rinvio a tale verbale è sufficiente a includere anche l’ascrizione alla tabella ivi indicata, senza che possa ritenersi sussistente un “errore materiale”, da intendersi quale divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, né un’omissione, in quanto la parte motiva della sentenza è comunque eterointegrata dal verbale della verificazione, che il Collegio ha espressamente condiviso nella sua interezza.
Inoltre il sopravvenuto provvedimento dell’Amministrazione renderebbe, di fatto, inutile procedere alla correzione posto che la sentenza “emendata” non farebbe, di per sé ed automaticamente, venir meno il nuovo decreto assunto.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, in applicazione dell’art. 32 c.p.a. e del principio di conservazione degli atti processuali, sussistono i presupposti di sostanza e di forma per convertire il giudizio in azione per l’ottemperanza (rectius la corretta esecuzione) del giudicato formatosi in relazione alla sentenza n. 25/2013.
Sotto il profilo della forma infatti l’istanza è stata passata per la notifica al Ministero dell’Interno, presso la sua sede legale, in data 14 novembre 2013, ed è stata inoltre allo stesso notificata a mani presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato in Reggio Calabria in data 18 novembre 2013. Indi è stata depositata presso questo Tribunale in data 29 novembre 2013. Infine l’istanza è stata chiamata e trattenuta in decisione in occasione della camera di consiglio del 22 gennaio 2014. Sussiste quindi il rispetto delle prescrizioni di cui al combinato disposto degli artt. 114 e 87 c.p.a.
Sotto il profilo sostanziale l’azione è volta a contestare la conformità al giudicato formatosi in relazione alla sentenza n. 25/2013 del decreto del Ministero dell’Interno n. … del 26 luglio 2013 nella parte in cui ha ascritto l’infermità riscontrata alla tabella B, anziché alla Tabella A, come stabilito dalla sentenza.
Così qualificata l’azione, la stessa deve ritenersi fondata.
Come sopra precisato nessun dubbio può sorgere sulla statuizione di questo Tribunale in ordine all’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, come da verbale di verificazione cui espressamente si rinvia nel corpus motivazionale della sentenza.
D’altro canto nel corso del giudizio la stessa Amministrazione, per il tramite del proprio consulente di parte, ha condiviso, senza riserva alcuna, gli esiti della verificazione (cfr. nota del 22 ottobre 2012, depositata in giudizio il 12 novembre 2012).
Risulta pertanto palesemente difforme dalla statuizione giurisdizionale il decreto ministeriale n. …. del 26 luglio 2013, nella parte in cui ha ascritto l’infermità riscontrata alla tabella B, anziché alla Tabella A. In relazione a tale determinazione il richiamato decreto deve considerarsi nullo, ai sensi dell’art. 114 comma 4 lett. b) c.p.a.
Ne consegue l’obbligo del Ministero dell’Interno di provvedere, in esecuzione della sentenza n. 25/2013, alla rideterminazione della liquidazione dell’indennizzo a favore del ricorrente, tenuto conto dell’ascrivibilità della patologia alla tabella A categoria VIII, entro 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione a cura di parte del presente provvedimento.
In ragione della particolarità delle questioni processuali trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa conversione dell’azione in ottemperanza, lo accoglie, e per l’effetto ordina all’Amministrazione resistente di dare corretta esecuzione alla sentenza n. 25/2013, ai sensi e nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Ettore Leotta, Presidente
Caterina Criscenti, Consigliere
Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2014
Re: causa di servizio
Messaggio da italiauno61 »
tutti possono sbagliare, o, come recita un andazzo diffuso, SOLO CHI NON LAVORA NON SBAGLIA...Credo che nelle varie amministrazioni non vi sia nessun accanimento contro il dipendente, anche se chi sta in periferia può pensare il contrario...
-
- Consigliere
- Messaggi: 528
- Iscritto il: ven lug 22, 2011 2:41 pm
- Località: Studio medico: Firenze, Via della Mattonaia 35 - tel. 055 23 45 154
Re: causa di servizio
Messaggio da Dott.ssa Astore »
ho visto vincere dei ricorsi :certo il percorso e' abbastanza gravoso per le spese che comporta dal punto di vista legale e medico-legale dovendo ricovgersi ad un avvocato per il ricorso e fare una dettagliata perizia in relazione al messo causale e temporale.Se fatte bene, i risultati sono stati positivi.Cordialmente Lucia Astore
Dott.ssa Lucia Astore - Medico Legale | Psichiatra forense
Studio: Via della Mattonaia, 35 - 50121 Firenze
Telefono: 055 23 45 154
Studio: Via della Mattonaia, 35 - 50121 Firenze
Telefono: 055 23 45 154
Re: causa di servizio
Giusto per orientamento circa la cumulabilità prevista (ma come al solito fanno i duri nell'Amministrazione).
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Liquidazione equo indennizzo
nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio e cumulabilità con il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.
Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.
Ricorso ACCOLTO
Il resto per completezza leggetelo qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
06/03/2014 201401417 Sentenza 7
N. 01417/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01970/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1970 del 2010, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, V. Andrea D'Isernia n.8;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Dello Stato, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
Per l’annullamento
del decreto n…../2009 con il quale il dir. della divisione “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo per il ricorrente la somma di euro 15.776,78=;
nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato OMISSIS ha impugnato il decreto n…../2009 con il quale il dirigente della divisione del Ministero della Difesa “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo in suo favore la somma di euro 15.776,78, in relazione all’infermità (OMISSIS) insorta a seguito dell’incidente verificatosi in data ……/2005 nel mentre prestava servizio quale volontario in forma prolungata; ha altresì richiesto il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.
2. Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo per tale patologia, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.
2.1. Deduce inoltre di essersi attivato per richiedere al Ministero della Difesa di quale copertura assicurativa potesse usufruire per avere il ristoro totale dei danni occorsigli in conseguenza di tale incidente, ma di non avere allo stato ricevuto alcuna risposta.
3. Ha quindi impugnato il decreto de quo, in relazione alla determinazione dell’indennizzo e richiesto altresì il ristoro in relazione al danno biologico ed esistenziale, articolando in due motivi di ricorso, le seguenti censure:
1) Violazione dell’art. 38 della Costituzione.
Assume il ricorrente che la somma riconosciuta a titolo di equo indennizzo, così come determinata con l’impugnato decreto, deve considerarsi assolutamente incompatibile ed in violazione palese del canone di adeguatezza di cui all’art. 38 Cost., in relazione ad una patologia, come quella insorta, che lo aveva privato dell’uso degli arti inferiori alla giovane età di venti anni.
Assume pertanto che, ove detta determinazione sia avvenuta in forza di normativo di rango regolamentare, la stessa debba intendersi illegittima, mentre ove effettuata in forza di norma primaria dovrebbe sostenersene l’illegittimità costituzionale.
2) Violazione dell’art. 38 della Cost del D.P.R. 30/06/1965 n. 1124; del Dlgs. 23/02/2000 n. 38; eccesso di potere per manifesta ingiustizia.
Deduce inoltre che il riconoscimento dell’equo indennizzo non dovrebbe escludere l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, laddove al ricorrente non era stato riconosciuto nulla a tale titolo, con la conseguente impossibilità di avere il completo ristoro dei danni subiti.
Pertanto -nella prospettazione attorea- in ogni caso il Ministero dovrebbe procedere direttamente al ristoro del danno biologico ed esistenziale derivatogli dall’infortunio verificatosi durante il servizio.
4. Si è costituito l’intimato Ministero, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso, sulla base del rilievo che si era proceduto alla liquidazione dell’indennizzo nella misura massima -con l’ascrizione alla 1^ cat.- e secondo i parametri normativi, con il dimezzamento previsto dalla normativa di settore, in considerazione della contemporanea corresponsione della pensione privilegiata ordinaria; ha inoltre dedotto che i militari non possono beneficiare dell’assicurazione INAIL, che tra l’altro rappresenterebbe una forma inammissibile di tutela previdenziale, rispetto a quella già assicurata con la corresponsione dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria, nonché l’infondatezza della domanda risarcitoria, tra l’altro formulata in maniera generica, laddove il lavoratore dovrebbe invece provare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento stesso e il danno subito.
5. Con ordinanza 03268/2013 la Sezione ha disposto verificazione, al fine dell’accertamento del danno biologico subito dal ricorrente in relazione alla malattia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio in forza dell’impugnato decreto.
6. L’organismo verificatore ha provveduto al deposito della relazione in data 18 dicembre 2013.
7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito della udienza pubblica del 9 gennaio 2014.
8. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene l’iniquità della somma liquidata a titolo di equo indennizzo in relazione ad una patologia che lo aveva privato in giovane età dell’uso degli arti inferiori.
8.1 In particolare il ricorrente non contesta l’ascrizione a categoria tabellare – tra l’altro avvenuta nella categoria massima – ma la liquidazione corrispondente a tale ascrizione, deducendo l’illegittimità della normativa regolamentare nonché l’eventuale l’illegittimità costituzionale della normativa primaria.
8.2 Il motivo è infondato.
8.2.1 Ed invero in relazione all’istanza di equo indennizzo di cui è causa – presentata in data 5/02/2007 – l’Amministrazione ha fatto correttamente riferimento, in base alla normativa applicabile ratione temporis, allo stipendio tabellare iniziale in godimento alla data di presentazione della domanda, ai sensi dei commi 210 e 211 dell’art. 1 della legge finanziaria n. 266/2005, ed in applicazione dei criteri di cui al comma 119 dell’art. 1 della legge 662/1996; inoltre, in considerazione del fatto che al ricorrente, in relazione alla medesima infermità è stata riconosciuta la pensione privilegiata ordinaria, in applicazione dell’art. 144 del D.P.R. 1092/1973 e dell’art. 50 del D.P.R. 686/57, si è operato il dimezzamento dell’importo da corrispondersi a titolo di equo indennizzo.
8.2.2. Ciò posto, non può in alcun modo sostenersi l’illegittimità dell’importo correttamente liquidato dall’amministrazione in base ai parametri normativi vigenti ratione temporis; né si può ritenere che la normativa regolamentare sia illegittima per contrasto con l’art. 38 Cost.
8.2.3. Del pari in relazione alla normativa di rango primario – nell’ipotesi di specie art. 1 comma 119 della legge n. 662/1996 – deve sostenersi la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità eccepita da parte ricorrente in relazione all’art. 38 Cost. secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale” in considerazione della molteplicità dei benefici previdenziali riconosciuti al ricorrente, ed in particolare della corresponsione della pensione privilegiata ordinaria. Inoltre secondo quanto dedotto dall’Amministrazione e non contestato dal ricorrente, lo stesso gode altresì della corresponsione dell’indennità di assistenza e di accompagnamento. Risulta così complessivamente e razionalmente assicurata la tutela previdenziale del ricorrente, quale cittadino inabile al lavoro, nel rispetto dei valori di cui all’art. 38 Cost.
8.2.4. Vi è infine da evidenziare che l’equo indennizzo non è volto ad assicurare il ristoro del danno biologico subito, trattandosi di somma corrisposta a titolo di indennizzo, ovvero derivante da responsabilità per fatto lecito, essendo riconosciuto a prescindere dalla colpevolezza della P.A., sulla base del solo accertamento del nesso causale fra patologia permanente insorta e “fatto di servizio”, laddove il risarcimento del danno biologico è ascrivibile alla responsabilità da fatto illecito ed in particolare, secondo quanto di seguito specificato, o alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., o alla responsabilità di carattere contrattuale di cui all’art. 2087 c.c.; pertanto, va disattesa la censura di iniquità lamentata da parte ricorrente, che postula il riferimento alla gravità del danno subito.
9. Il secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente richiede di usufruire della copertura assicurativa INAIL, ovvero in alternativa del risarcimento del danno biologico ed esistenziale insorti in forza dell’infortunio di cui è causa è fondato solo in relazione alla richiesta del risarcimento del danno biologico (nel cui ambito è da ascriversi anche il danno esistenziale attraverso la personalizzazione del punteggio riconosciuto a titolo di danno biologico, secondo quanto di seguito precisato).
10. Ed invero, come già evidenziato con l’ordinanza collegiale n. 03268/2013, nell’ipotesi di specie non può applicarsi la tutela assicurativa INAIL, in quanto l’art. 12 bis L. 38/2009 (Norma di interpretazione autentica in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) ha disposto che “Gli articoli 1 e 4 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute non si applicano al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, che rimangono disciplinate dai rispettivi ordinamenti, fino al complessivo riordino della materia”; per cui deve ritenersi che per il personale delle Forze Armate l’equo indennizzo si presenti come sostitutivo della tutela assicurativa de qua.
10.1 Peraltro, al di là di tali rilievi, anche la giurisprudenza formatasi in data antecedente tale disposto normativo ha escluso il cumulo dell’assicurazione INAIL e dell’equo indennizzo, riconosciuto nell’ipotesi di specie a parte ricorrente (cfr., ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1328 del 19-11-1992, secondo cui “Nell'attuale sistema (art. 50 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e artt. 10 e 11 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) va escluso il cumulo fra rendita per infortunio sul lavoro o malattia professionale ed equo indennizzo, per cui l'art. 11 del D.P.R. 1 giugno 1979 n. 191 va inteso nel senso che, ferma restando l'assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie professionali per i dipendenti degli enti locali assicurati presso l'I.N.A.I.L. a norma di legge, agli altri dipendenti non assicurati presso l'I.N.A.I.L. perché non addetti a lavori soggetti all'assicurazione obbligatoria - è esteso l'equo indennizzo previsto dalle norme sui dipendenti statali”);
11. Venendo alla disamina dell’alternativa domanda di risarcimento del danno biologico, va premesso come la giurisprudenza amministrativa abbia reiteratamente affermato (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2515 del 27.5.2008; T.A.R. Campania-Napoli, n. 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Lazio-Roma n. 8008 del 2.9.2008; T.A.R. Lazio-Roma n° 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Abruzzo-Pescara n. 339 del 23.3.2007; T.A.R. Campania-Napoli n. 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Campania-Napoli n. 6737 del 6.6.2006; T.A.R. Lazio-Roma, n. 2375 del 4.4.2006; T.A.R. Calabria-Catanzaro, n. 1927 del 29.5.2003) che la domanda del dipendente volta alla condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno biologico si presti ad essere qualificata sia come azione di natura extracontrattuale, se proposta ai sensi dell'art. 2043 c.c., e dunque appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario, sia come azione per l'accertamento della responsabilità contrattuale della Pubblica Amministrazione quando essa sia invece correlata alla violazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell'obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti; e tale ricostruzione è stata più volte avallata in sede di regolamento di giurisdizione dalla Suprema Corte ( cfr. Cass. SS.UU. n. 5785 del 4.3.2008; Cass. SS.UU., n. 7394 del 28.7.1998), la quale con recente pronunzia (cfr. Cass. SS.UU. n. 5468 del 6.3.2009), nell’annullare la decisione n. 6678 del 14.11.2006 della sez. V del Consiglio di Stato che sul punto aveva negato la giurisdizione del G.A., ha ribadito che “la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario”, precisando, altresì, che “non rileva, ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (art. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.); nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale conseguendo l'ingiustizia del danno alle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto di lavoro si articola e sostanziandosi la condotta lesiva nelle specifiche modalità di gestione del rapporto di lavoro. Soltanto nel caso in cui, all'esito dell'indagine condotta secondo gli indicati criteri, non possa pervenirsi all'identificazione dell'azione proposta dal danneggiato, si deve qualificare l'azione come di responsabilità extracontrattuale”.
11.1 Orbene, nel caso in esame, il OMISSIS agisce per il risarcimento del danno occorsogli per un incidente verificatosi nel mentre prestava servizio come militare in ferma prolungata presso il distaccamento del 62° Reggimento Fanteria “Sicilia”, alla guida di un automezzo militare nel corso di attività di pattugliamento, richiedendo in via principale di usufruire dell’assicurazione INAIL.
Sulla scorta di tali elementi, è così indiscutibile, a giudizio del Tribunale, che la formulata domanda risarcitoria trovi il proprio fondamento nella responsabilità conseguente all’inosservanza dei precisi obblighi che l’art. 2087 cod. civ. (“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”) pone a carico del datore di lavoro rispetto ai dipendenti; norma ritenuta applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione: la sua cognizione, quindi, riguardando una questione riferibile al rapporto di impiego di personale non contrattualizzato della P.A., è devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A..
12. Nel merito la domanda è fondata.
12. 1 Ed invero l’azione volta a conseguire il risarcimento del danno biologico (definibile quale “lesione alla integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale… risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”, alla luce del disposto di cui agli artt. 138 e 139 Decr. Leg.vo 209/2005, nonché di quelli di cui all’art. 5 D.P.R. 3.3.2009 n. 37 e di cui agli artt. 1, 3 e 4 D.P.R. 30.10.2009 n. 181, trattandosi di disposizioni costituenti espressione di principi generali) risulta cumulabile con la pretesa all’equo indennizzo (già percepito dall’interessato), posto che, mentre il risarcimento, “quanto ad oggetto e finalità, tende a ristabilire l’equilibrio nella situazione del soggetto turbata dall’evento lesivo e a compensare per equivalente la perduta integrità fisio-psichica”, invece l’equo indennizzo “proprio per il concetto e di discrezionalità ad esso inerente, e per la sua non coincidenza con l’entità effettiva del pregiudizio subito dal dipendente, appare avvicinabile ad una delle varie indennità che l’Amministrazione conferisce ai propri dipendenti in relazione alle vicende del servizio, con funzioni di graduazione e di equa distribuzione di compensi aggiuntivi” (così Cons. di Stato sez. IV, n° 2009 del 31.3.2009, e, in senso analogo Cass. Civ. n° 13887 del 23.7.2004); con la conseguenza che “dall’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno alla persona (patrimoniale o biologico) non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, oppure a titolo di assegni, di equo indennizzo, o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte od all’invalidità” in quanto, “perché possa applicarsi il principio della <<compensatio lucri cum damno>> è necessario che il vantaggio economico sia arrecato direttamente dal medesimo fatto concreto che ha prodotto il danno”, e invece le erogazioni da ultimo indicate “si fondano su un titolo diverso rispetto all’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie” (cfr. Cass. Civ. n° 10291 del 27.7.2001; Cass. Civ. n° 11440 del 18.11.1997; T.A.R. Campania-Napoli n° 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).
12.2. Ciò posto, va in primis chiarito che la proposta domanda risarcitoria è stata limitata al solo danno biologico e al danno esistenziale nei termini sopra precisati (figura quest’ultima non configurabile come categoria autonoma di danno, secondo quanto affermato da Cass. SS. UU. n° 26973 dell’11.11.2008). Va, poi, in secondo luogo evidenziato che dalla documentazione in atti sono emersi elementi idonei a dar conto della sussistenza della patologia lamentata dal ricorrente, nonché dell’eziologia di questa. In particolare, quest’ultima è risultata legata, alla lesione OMISSIS apprezzata nell’immediatezza dell’evento traumatico verificatosi in servizio, mediante indagini strumentali di secondo livello, al pari della frattura OMISSIS e alle lesioni della OMISSIS e OMISSIS.
12.2.1. A conferma di tali conclusioni in ordine all’eziologia della patologia in questione si pongono anche le conclusioni della relazione di verificazione redatta dal dott. prof. P. D. L. (cui può rinviarsi), nonché il riconoscimento al riguardo operato dal Ministero della Difesa con la corresponsione dell’equo indennizzo, che presuppone l’eziologia fra la patologia e il fatto di servizio.
12.2.2. Orbene, una volta accertata la derivazione causale della patologia dall’ambiente di lavoro, deve dirsi contestualmente determinata una inversione dell’onere della prova in ordine alla responsabilità dell’Amministrazione di appartenenza del militare per mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l’integrità fisica dei dipendenti (sul punto cfr. Cass. Civ. n° 17017 del 2.8.2007; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).
12.2.3. Né rileva in senso contrario quanto ritenuto da Consiglio di Stato sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388 secondo cui “La responsabilità del datore di lavoro in ipotesi di patologie contratte dal lavoratore (ovvero, in ipotesi di aggravamento di pregresse patologie) va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; con la conseguenza che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta o del comportamento datoriale, un danno alla salute, l' onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro o dei comportamenti in concreto subiti, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore ha fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l' onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi”, atteso che nell’ipotesi di specie il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio vale ad esentare il ricorrente dalla prova dell’indicato nesso causale.
12.2.4. Pertanto, non essendovi stata alcuna allegazione contraria da parte dell’Avvocatura dello Stato circa l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare il danno (ma, anzi, risultando la cosa avvalorata dal fatto che la menomazione è stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio) deve essere ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la prestazione lavorativa, avvenuta senza l’apprestamento delle necessarie cautele, da intendersi riferite all’utilizzo del mezzo militare, e il pregiudizio che è derivato all’odierno ricorrente, non avendo l’Amministrazione neanche allegato, ad esclusione della sua responsabilità, il caso fortuito.
12.3. Gli accertamenti svolti dal nominato verificatore hanno portato ad evidenziare che effettivamente vi è stata una compromissione dell’integrità psico-fisica di OMISSIS in dipendenza dalla sequenza causale innescata dall’indicato incidente; compromissione risarcibile a titolo di danno biologico e stimata nella misura del 88/90%, comprensiva del danno esistenziale: tali conclusioni, non oggetto di contestazioni ad opera di alcuna delle parti in causa, possono quindi, a giudizio del Collegio, costituire idonea base per stabilire il quantum risarcitorio spettante al ricorrente.
12.4 Quanto appunto alla concreta determinazione del risarcimento, il Tribunale – atteso che con riferimento alla voce “personalizzazione” dell’importo del risarcimento residua un ambito di valutazione, riferito al danno esistenziale apprezzato complessivamente dal verificatore nell’ambito del danno biologico - di per sé isolatamente considerato, comportante un’invalidità dell’80-85%- ritiene di rimettere il punto alle decisioni delle parti ai sensi dell'art. 34 comma 4 cpa (cfr Consiglio di Stato 12/07/2011, n. 41 96 secondo cui “Ai fini della quantificazione del danno, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell'art. 34, c.p.a., secondo cui in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), precisando, tuttavia, in questa sede i criteri che dovranno guidare l’Amministrazione nella formulazione dell’offerta al danneggiato, atteso che le attuali tabelle in uso presso il Tribunale di Milano fanno riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della menzionata personalizzazione del danno, indicando la percentuale massima di aumento del quantum risarcibile a tale titolo, rispetto a quanto liquidato a titolo di danno biologico isolatamente considerato e non, come avvenuto ad opera del verificatore, con un aumento del punteggio riferito alla stima del danno biologico.
12.4.1. Ciò comunque sempre avendo riguardo al rilievo che, anche secondo la più recente giurisprudenza (Casss. Sez. 3, Sentenza n. 21716 del 23/09/2013) “Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione”.
12.4.2. Innanzitutto, va detto che, quale base dell'accordo, non solo dovrà essere valutata la percentuale di compromissione dell’integrità psico-fisica accertata (nella misura del 80-85%, essendo la percentuale dell’88-90% dal verificatore, come sopra precisato, riferita anche alla liquidazione del danno esistenziale, da liquidarsi per contro tramite la personalizzazione riferita all’aumento percentuale indicato nelle tabelle del Tribunale milanese nella misura massima) dal consulente, ma che per la concreta determinazione del quantum risarcitorio dovranno essere utilizzate, le tabelle all’uopo predisposte dal Tribunale di Milano, ai fini della liquidazione di tale danno e della liquidazione del danno non patrimoniale, con un opportuno e motivato aumento personalizzato nell’ambito della misura massima sempre prevista dalle citate tabelle, dovendo il danno non patrimoniale, allegato dal ricorrente sub specie di danno esistenziale, da valere quale misura di personalizzazione del danno biologico, nell’ipotesi di specie da ritenersi provato per presunzioni ex art. 2729 c.c., avuto riguardo alla gravità della lesione subita, quale accertata dal verificatore, e alla giovanissima età del ricorrente all’epoca del sinistro.
12.5. Del pari l’Amministrazione dovrà procedere alla liquidazione e personalizzazione del danno da inabilità temporanea assoluta, accertato dal verificatore nella misura di 442 giorni, corrispondenti ai giorni dei ricoveri ospedalieri, nell’ambito della forbice del pari prevista al riguardo nelle tabelle del Tribunale di Milano.
12.6. Nella liquidazione complessiva peraltro dovrà tenersi presente che il debito in questione è di valore, per cui la sua liquidazione deve consentire la rimessa in pristino del patrimonio del danneggiato all’attualità (così Cass. Civ. n° 29191/2008; Cass. Civ. n° 10022 del 24.6.2003; Cass. Civ. n° 748 del 24.1.2000).
12.6. Su tale base l’Amministrazione dovrà quindi valutare, ed effettuare, sempre ai sensi del comma 4 dell’art. 34 CPA, una proposta di risarcimento al OMISSIS, nel termine di gg. 90 dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza.
13. Il ricorso va dunque rigettato quanto alla domanda di annullamento ed accolto quanto alla domanda risarcitoria.
14. Attesa la parziale soccombenza, le spese di lite possono essere compensate nella misura di ½ e liquidate come da dispositivo, avuto riguardo alla natura della controversia e alla complessità delle questioni trattate.
15. Il compenso spettante al verificatore viene del pari liquidato come da dispositivo e posto totalmente a carico dell’Amministrazione soccombente, in quanto attinente alla domanda di risarcimento del danno, totalmente accolta.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RIGETTA quanto alla domanda di annullamento; lo ACCOGLIE quanto alla domanda risarcitoria.
Compensa nella misura di ½ le spese di lite, che per il resto vengono poste a carico dell’Amministrazione resistente e liquidate nella misura complessiva di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre ad oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Liquida il compenso spettante al liquidatore, prof. P. D. L., nella misura già prevista a titolo di acconto nell’ordinanza 03268/2013, pari ad euro 1.000,00 (mille/00), ponendolo definitivamente a carico della resistente Amministrazione, con eventuale ripetizione da parte del ricorrente nei confronti dell’Amministrazione medesima, ove tale compenso sia già stato corrisposto quale acconto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2014
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Liquidazione equo indennizzo
nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio e cumulabilità con il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.
Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.
Ricorso ACCOLTO
Il resto per completezza leggetelo qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
06/03/2014 201401417 Sentenza 7
N. 01417/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01970/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1970 del 2010, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, V. Andrea D'Isernia n.8;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Dello Stato, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;
Per l’annullamento
del decreto n…../2009 con il quale il dir. della divisione “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo per il ricorrente la somma di euro 15.776,78=;
nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato OMISSIS ha impugnato il decreto n…../2009 con il quale il dirigente della divisione del Ministero della Difesa “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo in suo favore la somma di euro 15.776,78, in relazione all’infermità (OMISSIS) insorta a seguito dell’incidente verificatosi in data ……/2005 nel mentre prestava servizio quale volontario in forma prolungata; ha altresì richiesto il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.
2. Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo per tale patologia, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.
2.1. Deduce inoltre di essersi attivato per richiedere al Ministero della Difesa di quale copertura assicurativa potesse usufruire per avere il ristoro totale dei danni occorsigli in conseguenza di tale incidente, ma di non avere allo stato ricevuto alcuna risposta.
3. Ha quindi impugnato il decreto de quo, in relazione alla determinazione dell’indennizzo e richiesto altresì il ristoro in relazione al danno biologico ed esistenziale, articolando in due motivi di ricorso, le seguenti censure:
1) Violazione dell’art. 38 della Costituzione.
Assume il ricorrente che la somma riconosciuta a titolo di equo indennizzo, così come determinata con l’impugnato decreto, deve considerarsi assolutamente incompatibile ed in violazione palese del canone di adeguatezza di cui all’art. 38 Cost., in relazione ad una patologia, come quella insorta, che lo aveva privato dell’uso degli arti inferiori alla giovane età di venti anni.
Assume pertanto che, ove detta determinazione sia avvenuta in forza di normativo di rango regolamentare, la stessa debba intendersi illegittima, mentre ove effettuata in forza di norma primaria dovrebbe sostenersene l’illegittimità costituzionale.
2) Violazione dell’art. 38 della Cost del D.P.R. 30/06/1965 n. 1124; del Dlgs. 23/02/2000 n. 38; eccesso di potere per manifesta ingiustizia.
Deduce inoltre che il riconoscimento dell’equo indennizzo non dovrebbe escludere l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, laddove al ricorrente non era stato riconosciuto nulla a tale titolo, con la conseguente impossibilità di avere il completo ristoro dei danni subiti.
Pertanto -nella prospettazione attorea- in ogni caso il Ministero dovrebbe procedere direttamente al ristoro del danno biologico ed esistenziale derivatogli dall’infortunio verificatosi durante il servizio.
4. Si è costituito l’intimato Ministero, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso, sulla base del rilievo che si era proceduto alla liquidazione dell’indennizzo nella misura massima -con l’ascrizione alla 1^ cat.- e secondo i parametri normativi, con il dimezzamento previsto dalla normativa di settore, in considerazione della contemporanea corresponsione della pensione privilegiata ordinaria; ha inoltre dedotto che i militari non possono beneficiare dell’assicurazione INAIL, che tra l’altro rappresenterebbe una forma inammissibile di tutela previdenziale, rispetto a quella già assicurata con la corresponsione dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria, nonché l’infondatezza della domanda risarcitoria, tra l’altro formulata in maniera generica, laddove il lavoratore dovrebbe invece provare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento stesso e il danno subito.
5. Con ordinanza 03268/2013 la Sezione ha disposto verificazione, al fine dell’accertamento del danno biologico subito dal ricorrente in relazione alla malattia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio in forza dell’impugnato decreto.
6. L’organismo verificatore ha provveduto al deposito della relazione in data 18 dicembre 2013.
7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito della udienza pubblica del 9 gennaio 2014.
8. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene l’iniquità della somma liquidata a titolo di equo indennizzo in relazione ad una patologia che lo aveva privato in giovane età dell’uso degli arti inferiori.
8.1 In particolare il ricorrente non contesta l’ascrizione a categoria tabellare – tra l’altro avvenuta nella categoria massima – ma la liquidazione corrispondente a tale ascrizione, deducendo l’illegittimità della normativa regolamentare nonché l’eventuale l’illegittimità costituzionale della normativa primaria.
8.2 Il motivo è infondato.
8.2.1 Ed invero in relazione all’istanza di equo indennizzo di cui è causa – presentata in data 5/02/2007 – l’Amministrazione ha fatto correttamente riferimento, in base alla normativa applicabile ratione temporis, allo stipendio tabellare iniziale in godimento alla data di presentazione della domanda, ai sensi dei commi 210 e 211 dell’art. 1 della legge finanziaria n. 266/2005, ed in applicazione dei criteri di cui al comma 119 dell’art. 1 della legge 662/1996; inoltre, in considerazione del fatto che al ricorrente, in relazione alla medesima infermità è stata riconosciuta la pensione privilegiata ordinaria, in applicazione dell’art. 144 del D.P.R. 1092/1973 e dell’art. 50 del D.P.R. 686/57, si è operato il dimezzamento dell’importo da corrispondersi a titolo di equo indennizzo.
8.2.2. Ciò posto, non può in alcun modo sostenersi l’illegittimità dell’importo correttamente liquidato dall’amministrazione in base ai parametri normativi vigenti ratione temporis; né si può ritenere che la normativa regolamentare sia illegittima per contrasto con l’art. 38 Cost.
8.2.3. Del pari in relazione alla normativa di rango primario – nell’ipotesi di specie art. 1 comma 119 della legge n. 662/1996 – deve sostenersi la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità eccepita da parte ricorrente in relazione all’art. 38 Cost. secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale” in considerazione della molteplicità dei benefici previdenziali riconosciuti al ricorrente, ed in particolare della corresponsione della pensione privilegiata ordinaria. Inoltre secondo quanto dedotto dall’Amministrazione e non contestato dal ricorrente, lo stesso gode altresì della corresponsione dell’indennità di assistenza e di accompagnamento. Risulta così complessivamente e razionalmente assicurata la tutela previdenziale del ricorrente, quale cittadino inabile al lavoro, nel rispetto dei valori di cui all’art. 38 Cost.
8.2.4. Vi è infine da evidenziare che l’equo indennizzo non è volto ad assicurare il ristoro del danno biologico subito, trattandosi di somma corrisposta a titolo di indennizzo, ovvero derivante da responsabilità per fatto lecito, essendo riconosciuto a prescindere dalla colpevolezza della P.A., sulla base del solo accertamento del nesso causale fra patologia permanente insorta e “fatto di servizio”, laddove il risarcimento del danno biologico è ascrivibile alla responsabilità da fatto illecito ed in particolare, secondo quanto di seguito specificato, o alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., o alla responsabilità di carattere contrattuale di cui all’art. 2087 c.c.; pertanto, va disattesa la censura di iniquità lamentata da parte ricorrente, che postula il riferimento alla gravità del danno subito.
9. Il secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente richiede di usufruire della copertura assicurativa INAIL, ovvero in alternativa del risarcimento del danno biologico ed esistenziale insorti in forza dell’infortunio di cui è causa è fondato solo in relazione alla richiesta del risarcimento del danno biologico (nel cui ambito è da ascriversi anche il danno esistenziale attraverso la personalizzazione del punteggio riconosciuto a titolo di danno biologico, secondo quanto di seguito precisato).
10. Ed invero, come già evidenziato con l’ordinanza collegiale n. 03268/2013, nell’ipotesi di specie non può applicarsi la tutela assicurativa INAIL, in quanto l’art. 12 bis L. 38/2009 (Norma di interpretazione autentica in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) ha disposto che “Gli articoli 1 e 4 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute non si applicano al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, che rimangono disciplinate dai rispettivi ordinamenti, fino al complessivo riordino della materia”; per cui deve ritenersi che per il personale delle Forze Armate l’equo indennizzo si presenti come sostitutivo della tutela assicurativa de qua.
10.1 Peraltro, al di là di tali rilievi, anche la giurisprudenza formatasi in data antecedente tale disposto normativo ha escluso il cumulo dell’assicurazione INAIL e dell’equo indennizzo, riconosciuto nell’ipotesi di specie a parte ricorrente (cfr., ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1328 del 19-11-1992, secondo cui “Nell'attuale sistema (art. 50 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e artt. 10 e 11 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) va escluso il cumulo fra rendita per infortunio sul lavoro o malattia professionale ed equo indennizzo, per cui l'art. 11 del D.P.R. 1 giugno 1979 n. 191 va inteso nel senso che, ferma restando l'assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie professionali per i dipendenti degli enti locali assicurati presso l'I.N.A.I.L. a norma di legge, agli altri dipendenti non assicurati presso l'I.N.A.I.L. perché non addetti a lavori soggetti all'assicurazione obbligatoria - è esteso l'equo indennizzo previsto dalle norme sui dipendenti statali”);
11. Venendo alla disamina dell’alternativa domanda di risarcimento del danno biologico, va premesso come la giurisprudenza amministrativa abbia reiteratamente affermato (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2515 del 27.5.2008; T.A.R. Campania-Napoli, n. 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Lazio-Roma n. 8008 del 2.9.2008; T.A.R. Lazio-Roma n° 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Abruzzo-Pescara n. 339 del 23.3.2007; T.A.R. Campania-Napoli n. 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Campania-Napoli n. 6737 del 6.6.2006; T.A.R. Lazio-Roma, n. 2375 del 4.4.2006; T.A.R. Calabria-Catanzaro, n. 1927 del 29.5.2003) che la domanda del dipendente volta alla condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno biologico si presti ad essere qualificata sia come azione di natura extracontrattuale, se proposta ai sensi dell'art. 2043 c.c., e dunque appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario, sia come azione per l'accertamento della responsabilità contrattuale della Pubblica Amministrazione quando essa sia invece correlata alla violazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell'obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti; e tale ricostruzione è stata più volte avallata in sede di regolamento di giurisdizione dalla Suprema Corte ( cfr. Cass. SS.UU. n. 5785 del 4.3.2008; Cass. SS.UU., n. 7394 del 28.7.1998), la quale con recente pronunzia (cfr. Cass. SS.UU. n. 5468 del 6.3.2009), nell’annullare la decisione n. 6678 del 14.11.2006 della sez. V del Consiglio di Stato che sul punto aveva negato la giurisdizione del G.A., ha ribadito che “la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario”, precisando, altresì, che “non rileva, ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (art. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.); nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale conseguendo l'ingiustizia del danno alle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto di lavoro si articola e sostanziandosi la condotta lesiva nelle specifiche modalità di gestione del rapporto di lavoro. Soltanto nel caso in cui, all'esito dell'indagine condotta secondo gli indicati criteri, non possa pervenirsi all'identificazione dell'azione proposta dal danneggiato, si deve qualificare l'azione come di responsabilità extracontrattuale”.
11.1 Orbene, nel caso in esame, il OMISSIS agisce per il risarcimento del danno occorsogli per un incidente verificatosi nel mentre prestava servizio come militare in ferma prolungata presso il distaccamento del 62° Reggimento Fanteria “Sicilia”, alla guida di un automezzo militare nel corso di attività di pattugliamento, richiedendo in via principale di usufruire dell’assicurazione INAIL.
Sulla scorta di tali elementi, è così indiscutibile, a giudizio del Tribunale, che la formulata domanda risarcitoria trovi il proprio fondamento nella responsabilità conseguente all’inosservanza dei precisi obblighi che l’art. 2087 cod. civ. (“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”) pone a carico del datore di lavoro rispetto ai dipendenti; norma ritenuta applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione: la sua cognizione, quindi, riguardando una questione riferibile al rapporto di impiego di personale non contrattualizzato della P.A., è devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A..
12. Nel merito la domanda è fondata.
12. 1 Ed invero l’azione volta a conseguire il risarcimento del danno biologico (definibile quale “lesione alla integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale… risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”, alla luce del disposto di cui agli artt. 138 e 139 Decr. Leg.vo 209/2005, nonché di quelli di cui all’art. 5 D.P.R. 3.3.2009 n. 37 e di cui agli artt. 1, 3 e 4 D.P.R. 30.10.2009 n. 181, trattandosi di disposizioni costituenti espressione di principi generali) risulta cumulabile con la pretesa all’equo indennizzo (già percepito dall’interessato), posto che, mentre il risarcimento, “quanto ad oggetto e finalità, tende a ristabilire l’equilibrio nella situazione del soggetto turbata dall’evento lesivo e a compensare per equivalente la perduta integrità fisio-psichica”, invece l’equo indennizzo “proprio per il concetto e di discrezionalità ad esso inerente, e per la sua non coincidenza con l’entità effettiva del pregiudizio subito dal dipendente, appare avvicinabile ad una delle varie indennità che l’Amministrazione conferisce ai propri dipendenti in relazione alle vicende del servizio, con funzioni di graduazione e di equa distribuzione di compensi aggiuntivi” (così Cons. di Stato sez. IV, n° 2009 del 31.3.2009, e, in senso analogo Cass. Civ. n° 13887 del 23.7.2004); con la conseguenza che “dall’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno alla persona (patrimoniale o biologico) non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, oppure a titolo di assegni, di equo indennizzo, o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte od all’invalidità” in quanto, “perché possa applicarsi il principio della <<compensatio lucri cum damno>> è necessario che il vantaggio economico sia arrecato direttamente dal medesimo fatto concreto che ha prodotto il danno”, e invece le erogazioni da ultimo indicate “si fondano su un titolo diverso rispetto all’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie” (cfr. Cass. Civ. n° 10291 del 27.7.2001; Cass. Civ. n° 11440 del 18.11.1997; T.A.R. Campania-Napoli n° 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).
12.2. Ciò posto, va in primis chiarito che la proposta domanda risarcitoria è stata limitata al solo danno biologico e al danno esistenziale nei termini sopra precisati (figura quest’ultima non configurabile come categoria autonoma di danno, secondo quanto affermato da Cass. SS. UU. n° 26973 dell’11.11.2008). Va, poi, in secondo luogo evidenziato che dalla documentazione in atti sono emersi elementi idonei a dar conto della sussistenza della patologia lamentata dal ricorrente, nonché dell’eziologia di questa. In particolare, quest’ultima è risultata legata, alla lesione OMISSIS apprezzata nell’immediatezza dell’evento traumatico verificatosi in servizio, mediante indagini strumentali di secondo livello, al pari della frattura OMISSIS e alle lesioni della OMISSIS e OMISSIS.
12.2.1. A conferma di tali conclusioni in ordine all’eziologia della patologia in questione si pongono anche le conclusioni della relazione di verificazione redatta dal dott. prof. P. D. L. (cui può rinviarsi), nonché il riconoscimento al riguardo operato dal Ministero della Difesa con la corresponsione dell’equo indennizzo, che presuppone l’eziologia fra la patologia e il fatto di servizio.
12.2.2. Orbene, una volta accertata la derivazione causale della patologia dall’ambiente di lavoro, deve dirsi contestualmente determinata una inversione dell’onere della prova in ordine alla responsabilità dell’Amministrazione di appartenenza del militare per mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l’integrità fisica dei dipendenti (sul punto cfr. Cass. Civ. n° 17017 del 2.8.2007; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).
12.2.3. Né rileva in senso contrario quanto ritenuto da Consiglio di Stato sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388 secondo cui “La responsabilità del datore di lavoro in ipotesi di patologie contratte dal lavoratore (ovvero, in ipotesi di aggravamento di pregresse patologie) va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; con la conseguenza che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta o del comportamento datoriale, un danno alla salute, l' onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro o dei comportamenti in concreto subiti, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore ha fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l' onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi”, atteso che nell’ipotesi di specie il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio vale ad esentare il ricorrente dalla prova dell’indicato nesso causale.
12.2.4. Pertanto, non essendovi stata alcuna allegazione contraria da parte dell’Avvocatura dello Stato circa l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare il danno (ma, anzi, risultando la cosa avvalorata dal fatto che la menomazione è stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio) deve essere ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la prestazione lavorativa, avvenuta senza l’apprestamento delle necessarie cautele, da intendersi riferite all’utilizzo del mezzo militare, e il pregiudizio che è derivato all’odierno ricorrente, non avendo l’Amministrazione neanche allegato, ad esclusione della sua responsabilità, il caso fortuito.
12.3. Gli accertamenti svolti dal nominato verificatore hanno portato ad evidenziare che effettivamente vi è stata una compromissione dell’integrità psico-fisica di OMISSIS in dipendenza dalla sequenza causale innescata dall’indicato incidente; compromissione risarcibile a titolo di danno biologico e stimata nella misura del 88/90%, comprensiva del danno esistenziale: tali conclusioni, non oggetto di contestazioni ad opera di alcuna delle parti in causa, possono quindi, a giudizio del Collegio, costituire idonea base per stabilire il quantum risarcitorio spettante al ricorrente.
12.4 Quanto appunto alla concreta determinazione del risarcimento, il Tribunale – atteso che con riferimento alla voce “personalizzazione” dell’importo del risarcimento residua un ambito di valutazione, riferito al danno esistenziale apprezzato complessivamente dal verificatore nell’ambito del danno biologico - di per sé isolatamente considerato, comportante un’invalidità dell’80-85%- ritiene di rimettere il punto alle decisioni delle parti ai sensi dell'art. 34 comma 4 cpa (cfr Consiglio di Stato 12/07/2011, n. 41 96 secondo cui “Ai fini della quantificazione del danno, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell'art. 34, c.p.a., secondo cui in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), precisando, tuttavia, in questa sede i criteri che dovranno guidare l’Amministrazione nella formulazione dell’offerta al danneggiato, atteso che le attuali tabelle in uso presso il Tribunale di Milano fanno riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della menzionata personalizzazione del danno, indicando la percentuale massima di aumento del quantum risarcibile a tale titolo, rispetto a quanto liquidato a titolo di danno biologico isolatamente considerato e non, come avvenuto ad opera del verificatore, con un aumento del punteggio riferito alla stima del danno biologico.
12.4.1. Ciò comunque sempre avendo riguardo al rilievo che, anche secondo la più recente giurisprudenza (Casss. Sez. 3, Sentenza n. 21716 del 23/09/2013) “Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione”.
12.4.2. Innanzitutto, va detto che, quale base dell'accordo, non solo dovrà essere valutata la percentuale di compromissione dell’integrità psico-fisica accertata (nella misura del 80-85%, essendo la percentuale dell’88-90% dal verificatore, come sopra precisato, riferita anche alla liquidazione del danno esistenziale, da liquidarsi per contro tramite la personalizzazione riferita all’aumento percentuale indicato nelle tabelle del Tribunale milanese nella misura massima) dal consulente, ma che per la concreta determinazione del quantum risarcitorio dovranno essere utilizzate, le tabelle all’uopo predisposte dal Tribunale di Milano, ai fini della liquidazione di tale danno e della liquidazione del danno non patrimoniale, con un opportuno e motivato aumento personalizzato nell’ambito della misura massima sempre prevista dalle citate tabelle, dovendo il danno non patrimoniale, allegato dal ricorrente sub specie di danno esistenziale, da valere quale misura di personalizzazione del danno biologico, nell’ipotesi di specie da ritenersi provato per presunzioni ex art. 2729 c.c., avuto riguardo alla gravità della lesione subita, quale accertata dal verificatore, e alla giovanissima età del ricorrente all’epoca del sinistro.
12.5. Del pari l’Amministrazione dovrà procedere alla liquidazione e personalizzazione del danno da inabilità temporanea assoluta, accertato dal verificatore nella misura di 442 giorni, corrispondenti ai giorni dei ricoveri ospedalieri, nell’ambito della forbice del pari prevista al riguardo nelle tabelle del Tribunale di Milano.
12.6. Nella liquidazione complessiva peraltro dovrà tenersi presente che il debito in questione è di valore, per cui la sua liquidazione deve consentire la rimessa in pristino del patrimonio del danneggiato all’attualità (così Cass. Civ. n° 29191/2008; Cass. Civ. n° 10022 del 24.6.2003; Cass. Civ. n° 748 del 24.1.2000).
12.6. Su tale base l’Amministrazione dovrà quindi valutare, ed effettuare, sempre ai sensi del comma 4 dell’art. 34 CPA, una proposta di risarcimento al OMISSIS, nel termine di gg. 90 dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza.
13. Il ricorso va dunque rigettato quanto alla domanda di annullamento ed accolto quanto alla domanda risarcitoria.
14. Attesa la parziale soccombenza, le spese di lite possono essere compensate nella misura di ½ e liquidate come da dispositivo, avuto riguardo alla natura della controversia e alla complessità delle questioni trattate.
15. Il compenso spettante al verificatore viene del pari liquidato come da dispositivo e posto totalmente a carico dell’Amministrazione soccombente, in quanto attinente alla domanda di risarcimento del danno, totalmente accolta.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RIGETTA quanto alla domanda di annullamento; lo ACCOGLIE quanto alla domanda risarcitoria.
Compensa nella misura di ½ le spese di lite, che per il resto vengono poste a carico dell’Amministrazione resistente e liquidate nella misura complessiva di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre ad oneri accessori, se dovuti, come per legge.
Liquida il compenso spettante al liquidatore, prof. P. D. L., nella misura già prevista a titolo di acconto nell’ordinanza 03268/2013, pari ad euro 1.000,00 (mille/00), ponendolo definitivamente a carico della resistente Amministrazione, con eventuale ripetizione da parte del ricorrente nei confronti dell’Amministrazione medesima, ove tale compenso sia già stato corrisposto quale acconto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2014
Re: causa di servizio
Messaggio da italiauno61 »
nell'ambito del M.D. è istituita un'apposita divisione che si occupa delle cause relative ai danni biologici (21^ divisione di Persomil). L'ipotesi di risarcimento del danno nei confronti del militare che ne faccia apposita istanza è quindi prevista. Il problema credo sia nel rendere consapevoli tutti i dipendenti che vi è anche questa possibilità, oltre l'equo indennizzo, quando la responsabilità nell'evento da parte dell'Amministrazione può essere rilevata...
Re: causa di servizio
Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi.
Re: causa di servizio
Messaggio da italiauno61 »
Scusa Panorama, ma non è che le Amministrazioni ignorano...Il discorso che volevo che si evidenziasse è che TUTTI i militari devono avere la coscienza che devono instaurare personalmente l'eventuale richiesta di risarcimento danni...panorama ha scritto:Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi.
Re: causa di servizio
Quello che voglio dire io e che il M.D. ed altri, se pagano l'E.I. non pagano gli altri diritti. Per loro il caso si chiude con 4 soldi.
Invece l'E.I. è una cosa e i danni sono altri e sono CUMULABILI.
Invece l'E.I. è una cosa e i danni sono altri e sono CUMULABILI.
-
- Consigliere
- Messaggi: 528
- Iscritto il: ven lug 22, 2011 2:41 pm
- Località: Studio medico: Firenze, Via della Mattonaia 35 - tel. 055 23 45 154
Re: causa di servizio
Messaggio da Dott.ssa Astore »
Se vuole mi puo' venire a trovarmi o per la privacy inviarmi il suo materiale sul mio e.mail privato per esaminare se dal punto di vista clinico e medico-legale ci possono essere gli estremi per un ricorso al tar o al presidente della Repubblica.
Dove abita?
E' importante pero' che le non esca dai termini temporali per un possibile ricorso.
Il medico-legale deve insistere sul nesso causale.
Cordialmente
Lucia Astore
Dove abita?
E' importante pero' che le non esca dai termini temporali per un possibile ricorso.
Il medico-legale deve insistere sul nesso causale.
Cordialmente
Lucia Astore
Dott.ssa Lucia Astore - Medico Legale | Psichiatra forense
Studio: Via della Mattonaia, 35 - 50121 Firenze
Telefono: 055 23 45 154
Studio: Via della Mattonaia, 35 - 50121 Firenze
Telefono: 055 23 45 154
- antoniomlg
- Sostenitore
- Messaggi: 3641
- Iscritto il: ven set 03, 2010 10:18 am
Re: causa di servizio
Messaggio da antoniomlg »
nell'ambito del M.D. è istituita un'apposita divisione che si occupa delle cause relative ai danni biologici (21^ divisione di Persomil). L'ipotesi di risarcimento del danno nei confronti del militare che ne faccia apposita istanza è quindi prevista. Il problema credo sia nel rendere consapevoli tutti i dipendenti che vi è anche questa possibilità, oltre l'equo indennizzo, quando la responsabilità nell'evento da parte dell'Amministrazione può essere rilevata...
Il problema è appunto la ignoranza da parte nostra.
Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi. Grazie per tutto quanto fai.
Ora la domanda nasce spontanea ed è la seguente
per quanto riguarda la richiesta di eventuale risarcimento dle danno biologico quale è la tempistica della prescrizione?
GRAZIE
Appunto per questo io ho postato questa sentenza che a sua volta ne richiama altre in tal senso, in modo che tutti sappiano che in alcuni casi spetta SI l'Equo Indennizzo ma spettano anche altre "Liquidazioni" che molto spesso le Amministrazioni ignorano a "danno degli aventi diritto" che rimangono invalidi. Grazie per tutto quanto fai.
Ora la domanda nasce spontanea ed è la seguente
per quanto riguarda la richiesta di eventuale risarcimento dle danno biologico quale è la tempistica della prescrizione?
GRAZIE
Rispondi
320 messaggi
-
Pagina 10 di 22
- Vai alla pagina:
- Precedente
- 1
- …
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- …
- 22
- Prossimo
Vai a
- GENERALE
- ↳ Annunci e Regole importanti
- CONSULENZA LEGALE PER I MILITARI E LE FORZE DI POLIZIA
- ↳ L'Avv. Giorgio Carta risponde
- CONSULENZA LEGALE SU CONTENZIOSI CIVILI
- ↳ L'Avv. Giovanni Carta risponde
- PREVIDENZA SOCIALE
- ↳ CALCOLI PENSIONISTICI
- ↳ ASPETTATIVA - CAUSE DI SERVIZIO - EQUO INDENNIZZO - PENSIONE PRIVILEGIATA ORDINARIA E TABELLARE
- ↳ VITTIME DEL TERRORISMO, DOVERE E CRIMINALITÀ
- ↳ ISTRUZIONI PER LA CONCESSIONE DELLA SPECIALE ELARGIZIONE PREVISTA PER LE VITTIME DEL SERVIZIO
- SALUTE E BENESSERE FORZE ARMATE E FORZE DI POLIZIA
- ↳ Psicologia
- ↳ La Dott.ssa Alessandra D'Alessio risponde
- LEXETICA - ASSISTENZA LEGALE E MEDICO LEGALE
- ↳ IL LEGALE RISPONDE
- ↳ IL MEDICO LEGALE RISPONDE
- FORZE DI POLIZIA
- ↳ CARABINIERI
- ↳ POLIZIA DI STATO
- ↳ News Polizia di Stato
- ↳ GUARDIA DI FINANZA
- ↳ POLIZIA PENITENZIARIA
- ↳ Attività di Polizia Giudiziaria
- MILITARI
- ↳ ESERCITO
- ↳ MARINA
- ↳ AERONAUTICA
- ↳ CAPITANERIE DI PORTO - GUARDIA COSTIERA
- ↳ DONNE MILITARI
- ↳ UFFICIALI
- ↳ MARESCIALLI
- ↳ SERGENTI
- ↳ VSP
- ↳ VFP
- Trasferimenti all'Estero
- ↳ Tunisia
- ↳ Tenerife - Canarie
- DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO
- ↳ CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
- IMPIEGO CIVILE
- GUARDIE PARTICOLARI GIURATE