denicolamichele ha scritto: ↑lun gen 07, 2019 3:46 pm
A beneficio di una maggiore comprensione della questione relativa alla recente revisione del sistema di perequazione delle pensioni, appare opportuno precisare che dal 1996 è in vigore un meccanismo che, in linea generale, prevede l’indicizzazione piena solo per le quote di pensioni più basse e una indicizzazione parziale per le quote di pensioni superiori.
Senza andare troppo indietro nel tempo, il riferimento più recente è costituito dall’articolo 69 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per l’anno 2001), con il quale è stato disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2001 l’indice di rivalutazione automatica delle pensioni è applicato, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, cioè, sulla base dell'importo complessivo dei trattamenti per ogni singolo beneficiario:
a) nella misura del 100 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a tre volte il trattamento minimo Inps;
b) nella misura del 90 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo INPS;
c) nella misura del 75 per cento per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo
Successivamente, il decreto legge numero 201/2011 (convertito nella legge numero 214/2011 cd. Fornero) tra le altre cose, bloccava il meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni superiori a tre volte il trattamento minimo Inps per gli anni 2012 e 2013, senza prevedere per il futuro alcuna modalità di recupero.
Tuttavia, la Corte costituzionale, con la sentenza numero 70 del 30 aprile 2015 dichiarava l'incostituzionalità dell'articolo 24, comma 25, della legge Fornero. Dopo la sentenza della Consulta, il Governo ha previsto, con il decreto legge numero 65 del 21 maggio 2015 (Decreto Poletti), rimborsi solo parziali e limitati esclusivamente ad alcune categorie di pensionati, ovvero a quelli beneficiari di importo da tre a sei volte il minimo della pensione sociale.
In particolare, per gli anni 2012 e 2013 la rivalutazione dei trattamenti pensionistici riconosciuta è stata del 100% solo per le pensioni di importo sino a tre volte il trattamento minimo Inps, mentre è stata del 40%, del 20% o del 10% per quelle di importo compreso, rispettivamente, tra triplo e il quadruplo, tra il quadruplo e il quintuplo e tra il quintuplo e il sestuplo del trattamento minimo Inps.
Per gli anni successivi, poi, il decreto legge ha reinserito la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici riducendone comunque l'importo.
A fronte di questo riconoscimento solo parziale, sono stati presentati numerosi ricorsi innanzi alle magistrature Ordinaria, amministrativa e contabile.
Detti ricorsi hanno prodotto diverse ordinanze di rimessione aventi ad oggetto la legittimità del meccanismo perequativo introdotto dal D.L. n. 65 del 2015, (Corte dei Conti –Sezione giur. reg. Emilia Romagna ord. n. 27/16/C del 10 marzo 2016; Tribunale di Brescia, ord. n. 188/2016 dell’8 febbraio 2016; Tribunale di Palermo, ord. n. 36/2016 del 22 gennaio 2016; Tribunale di Milano, ord. n. 124/2016 del 30 aprile 2016; Tribunale di Genova, ord. n. 582 del 9 agosto 2016).
Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza 250/2017, ha ritenuto costituzionalmente corretto il decreto Poletti, ribadendo che con la norma sul blocco della perequazione delle pensioni il legislatore ha bilanciato, nel corretto esercizio della sua discrezionalità, le esigenze finanziarie e l’interesse dei pensionati, tutelandone il potere di acquisto attraverso l’attuazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità.
Successivamente, con l’ordinanza 96/2018, la stessa Corte ha ritenuto, altresì, legittima la mancata rivalutazione delle pensioni superiori a sei volte il minimo, in relazione ad un ricorso che chiedeva di considerare altrettanto illegittimo il mancato adeguamento di queste pensioni, previsto dal combinato delle tre leggi sopra citate, lamentando una riduzione del potere d’acquisto pari al 5,78% nel biennio 2012/2013 e del 6,94% nel triennio 2012/2014.
In quest’ultimo provvedimento la Corte Costituzionale ha ribadito di ritenere non irragionevole la scelta di riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino a escluderla per i trattamenti superiori a sei volte il minimo INPS, destinando, così, le limitate risorse finanziarie disponibili, in via prioritaria, alle categorie di pensionati con i trattamenti più bassi.
Ciò premesso gli effetti del blocco sono cessati nel 2017, anno a decorrere dal quale, sulla base della normativa in vigore e in assenza di ulteriori interventi legislativi, veniva ripristinato il meccanismo di rivalutazione automatica previsto dall’articolo 69 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
100%, per le pensione di importo inferiore a tre volte il trattamento minimo;
90%, per gli assegni di importo compreso tra 3 e 5 volte il trattamento minimo;
75%, per i trattamenti superiori a 5 volte il minimo. Tuttavia, nell’arco del 2017, non si è avuta, comunque, alcuna rivalutazione delle pensioni a causa dell’inflazione negativa e della mancata variazione di valore, in positivo, dell’incremento INSTAT.
Cessati gli effetti della stagnazione, dal 1° gennaio 2018 i trattamenti pensionistici superiori al minimo sono tornati ad essere indicizzati all’inflazione secondo la disciplina antecedente alla Legge Fornero.
Oggi con la legge di bilancio, appena approvata dal Parlamento, ed in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Governo ha tagliato nuovamente, per il triennio 2019-2021, le percentuali di rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a 3 volte il minimo inps.
Tre volte il minimo significa 1.500 euro lordi al mese, ovvero 1.200 euro netti. Fino a 5 volte significa 3.000 euro lordi, ovvero un assegno di 2.400-2.500 netti al mese.
La misura vale complessivamente 3.3 miliardi di euro di risparmi di spesa.
Sul precedente numero di questo notiziario abbiamo pubblicato delle tabelle dalle quali si ricava un quadro completo ed esaustivo del meccanismo di perequazione delle pensioni che dovrebbe applicarsi per tutto il triennio 2019 – 2021.
Per il mese di gennaio 2019 i nostri pensionati avranno la pensione interamente rivalutata (nella misura dell'1,1 % come previsto dalla circolare INPS nr. 122 del 27 dicembre 2018) poichè l'INPS, nelle more dell'approvazione della legge di Bilancio, ha corrisposto l'intera perequazione ai sensi del DM 275/2018.
Con la rata del prossimo mese di febbraio, in applicazione della normativa prevista dalla legge di stabilità 2019, verrà applicata la decurtazione dell'indicizzazione e sarà effettuato il recupero delle somme corrisposte, in più, a gennaio, mediante conguaglio.