Re: art. 54 per arruolati anni 1981/2/3 arruolati 1984?
Inviato: mer feb 23, 2022 3:38 pm
Personale della Polizia di Stato
La CdC Sez. 2^ d’Appello (Presidente Rita LORETO) con la n. 33/2022 in Rif. alla CdC Marche n. 71/2019, Accoglie parzialmente l’appello del collega PolStato, anche tenendo conto delle sentenze delle SS.RR. nn. 1 e 12 del 2021, che hanno preso in esame la Legge n. 335/1995 che ha portato tutti i MISTI sullo stesso piano pensionistico.
IN FATTO si legge:
Con ulteriore memoria in data 20 gennaio 2022, l’INPS ha anche rappresentato che l’art. 1, comma 101, l. n. 234/2021, non sarebbe idoneo a disciplinare la fattispecie per cui è causa, poiché la pensione del sig. OMISSIS è stata liquidata in epoca ben anteriore alla entrata in vigore della disposizione stessa (aprile 2017). E, comunque, ha sostenuto che l’applicazione della nuova aliquota solo a far data dalle pensioni liquidate dal gennaio 2022, ossia dall’entrata in vigore della predetta disposizione, non darebbe “adito ad alcun sospetto di illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 della Carta fondamentale”.
il difensore dell’appellante ha insistito sui motivi di impugnazione chiedendone l’accoglimento poiché, nelle more del giudizio, è entrato in vigore l’art. 1, comma 101, della l. n. 234/2021, in vigore dal 1 gennaio 2022, e ha depositato copia di un estratto del Dossier del 27 dicembre 2021 del Senato e della Camera dei deputati, A.C. 3424, nella parte relativa ai commi 101 e 102 del predetto articolo.
IN DIRITTO in alcuni brani si legge:
Specificatamente, l’art. 1, comma 101, ha previsto che: “al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di una anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l’articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile”.
È di tutta evidenza che, con tale previsione, il legislatore abbia inteso ricondurre il trattamento pensionistico delle forze di polizia – nello specifico, in regime di sistema misto – nell’alveo della riconosciuta e valorizzata “specificità” che accomuna il personale dell’intero Comparto Sicurezza e Difesa, “per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”, e di cui è corollario una “tutela economica, pensionistica e previdenziale” sempre più armonizzata e sostanzialmente equiordinata (così, art. 19, legge 4 novembre 2010, n. 183, Relazione del Senato n. 2448, p. 150-151, e Dossier Senato e Camera dei deputati del 27.12.2021, A.C. 3424, p. 240-241).
Peraltro, come rilevato anche nello stesso dossier di Camera e Senato, e ribadito dall’appellante, tale mancata estensione non trova giustificazione nella natura non militare del personale escluso in quanto l’art. 61 del d.P.R. 1092/1973, ha esteso l’efficacia dell’art. 54 al personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, entrambi ad ordinamento civile.
Ritiene il Collegio che tale disposizione, per la sua stessa formulazione letterale e per la ratio legis, soprattutto, considerata la sua decorrenza dal 1° gennaio 2022, con correlato stanziamento di spesa al comma 102 per il periodo 2022-2031, con copertura finanziaria calcolata includendo “l’onere relativo al personale cessato entro il 2021” (così Dossier A.C. 3424 sulla relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, p. 241), trovi applicazione anche in favore del personale già collocato a riposo al 31 dicembre 2021 a far data dalla sua entrata in vigore, oltre che a quello che andrà in quiescenza dal 1 gennaio 2022.
In proposito, però, ritiene il Collegio che il comma 101 dell’art. 1, della l. n. 234/2021, abbia sì efficacia in favore del personale già cessato dal servizio, ma soltanto in relazione ai ratei pensionistici maturati a far data dall’entrata in vigore della disposizione (1.01.2022), non trattandosi, evidentemente, di una norma di interpretazione autentica, idonea a dispiegare i suoi effetti ex tunc; ciò nel rispetto dei limiti della portata retroattiva delle norme, alla luce del principio di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento, degli interessi costituzionali coinvolti (di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, anche ai sensi dell’art. 6 CEDU, di coerenza e certezza dell’ordinamento giuridico) nonché degli effetti determinati dalla legge interpretativa (incluso, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario) (ex multis, C. cost. n. 271/2011, n. 209/2010), ma anche stante l’assenza di un motivo imperativo di interesse generale, che potesse comportarne la retroattività.
In relazione al caso di specie, ritiene il Collegio, alla stregua della suddetta previsione normativa, in linea con le coordinate ermeneutiche sviluppate dalle Sezioni riunite di questa Corte, e considerando assorbito ogni altro profilo di contestazione in omaggio al principio della sintesi motivazionale (art. 5, comma 2, c.g.c e dell’art. 17, comma 1, All. 2, norme att. c.g.c.), che all’appellante, con un’anzianità maturata al 31 dicembre 1995 di 17 anni e 11 mesi di servizio utile, debba essere riconosciuto il diritto di vedersi applicato, sulla quota parte della pensione da calcolarsi col sistema retributivo, un coefficiente di rendimento pari al 2,44%, con decorrenza dal 1 gennaio 2022 e senza alcun diritto alla corresponsione di arretrati antecedenti a tale data.
N.B.: Consiglio di scaricare la sentenza allegata in quanto è stata emessa dalla Sezione d'Appello.
La CdC Sez. 2^ d’Appello (Presidente Rita LORETO) con la n. 33/2022 in Rif. alla CdC Marche n. 71/2019, Accoglie parzialmente l’appello del collega PolStato, anche tenendo conto delle sentenze delle SS.RR. nn. 1 e 12 del 2021, che hanno preso in esame la Legge n. 335/1995 che ha portato tutti i MISTI sullo stesso piano pensionistico.
IN FATTO si legge:
Con ulteriore memoria in data 20 gennaio 2022, l’INPS ha anche rappresentato che l’art. 1, comma 101, l. n. 234/2021, non sarebbe idoneo a disciplinare la fattispecie per cui è causa, poiché la pensione del sig. OMISSIS è stata liquidata in epoca ben anteriore alla entrata in vigore della disposizione stessa (aprile 2017). E, comunque, ha sostenuto che l’applicazione della nuova aliquota solo a far data dalle pensioni liquidate dal gennaio 2022, ossia dall’entrata in vigore della predetta disposizione, non darebbe “adito ad alcun sospetto di illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 della Carta fondamentale”.
il difensore dell’appellante ha insistito sui motivi di impugnazione chiedendone l’accoglimento poiché, nelle more del giudizio, è entrato in vigore l’art. 1, comma 101, della l. n. 234/2021, in vigore dal 1 gennaio 2022, e ha depositato copia di un estratto del Dossier del 27 dicembre 2021 del Senato e della Camera dei deputati, A.C. 3424, nella parte relativa ai commi 101 e 102 del predetto articolo.
IN DIRITTO in alcuni brani si legge:
Specificatamente, l’art. 1, comma 101, ha previsto che: “al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di una anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità riconosciuta ai sensi dell’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, l’articolo 54 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, ai fini del calcolo della quota retributiva della pensione da liquidare con il sistema misto, con applicazione dell’aliquota del 2,44 per cento per ogni anno utile”.
È di tutta evidenza che, con tale previsione, il legislatore abbia inteso ricondurre il trattamento pensionistico delle forze di polizia – nello specifico, in regime di sistema misto – nell’alveo della riconosciuta e valorizzata “specificità” che accomuna il personale dell’intero Comparto Sicurezza e Difesa, “per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”, e di cui è corollario una “tutela economica, pensionistica e previdenziale” sempre più armonizzata e sostanzialmente equiordinata (così, art. 19, legge 4 novembre 2010, n. 183, Relazione del Senato n. 2448, p. 150-151, e Dossier Senato e Camera dei deputati del 27.12.2021, A.C. 3424, p. 240-241).
Peraltro, come rilevato anche nello stesso dossier di Camera e Senato, e ribadito dall’appellante, tale mancata estensione non trova giustificazione nella natura non militare del personale escluso in quanto l’art. 61 del d.P.R. 1092/1973, ha esteso l’efficacia dell’art. 54 al personale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e del Corpo forestale dello Stato, entrambi ad ordinamento civile.
Ritiene il Collegio che tale disposizione, per la sua stessa formulazione letterale e per la ratio legis, soprattutto, considerata la sua decorrenza dal 1° gennaio 2022, con correlato stanziamento di spesa al comma 102 per il periodo 2022-2031, con copertura finanziaria calcolata includendo “l’onere relativo al personale cessato entro il 2021” (così Dossier A.C. 3424 sulla relazione tecnica allegata al disegno di legge di bilancio, p. 241), trovi applicazione anche in favore del personale già collocato a riposo al 31 dicembre 2021 a far data dalla sua entrata in vigore, oltre che a quello che andrà in quiescenza dal 1 gennaio 2022.
In proposito, però, ritiene il Collegio che il comma 101 dell’art. 1, della l. n. 234/2021, abbia sì efficacia in favore del personale già cessato dal servizio, ma soltanto in relazione ai ratei pensionistici maturati a far data dall’entrata in vigore della disposizione (1.01.2022), non trattandosi, evidentemente, di una norma di interpretazione autentica, idonea a dispiegare i suoi effetti ex tunc; ciò nel rispetto dei limiti della portata retroattiva delle norme, alla luce del principio di ragionevolezza, che si riflette nel divieto d’introdurre ingiustificate disparità di trattamento, degli interessi costituzionali coinvolti (di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti, anche ai sensi dell’art. 6 CEDU, di coerenza e certezza dell’ordinamento giuridico) nonché degli effetti determinati dalla legge interpretativa (incluso, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario) (ex multis, C. cost. n. 271/2011, n. 209/2010), ma anche stante l’assenza di un motivo imperativo di interesse generale, che potesse comportarne la retroattività.
In relazione al caso di specie, ritiene il Collegio, alla stregua della suddetta previsione normativa, in linea con le coordinate ermeneutiche sviluppate dalle Sezioni riunite di questa Corte, e considerando assorbito ogni altro profilo di contestazione in omaggio al principio della sintesi motivazionale (art. 5, comma 2, c.g.c e dell’art. 17, comma 1, All. 2, norme att. c.g.c.), che all’appellante, con un’anzianità maturata al 31 dicembre 1995 di 17 anni e 11 mesi di servizio utile, debba essere riconosciuto il diritto di vedersi applicato, sulla quota parte della pensione da calcolarsi col sistema retributivo, un coefficiente di rendimento pari al 2,44%, con decorrenza dal 1 gennaio 2022 e senza alcun diritto alla corresponsione di arretrati antecedenti a tale data.
N.B.: Consiglio di scaricare la sentenza allegata in quanto è stata emessa dalla Sezione d'Appello.