Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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ariete17
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da ariete17 »

ringrazio la sig.ra C. S., in quanto a seguito di questa sentenza l'Inps mi ha corrisposto la mia parte di 13^ della pensione di reversibilità di mia moglie deceduta ad agosto 2013. infatti in quell'anno l'inps corrispose solo la 13^ per la parte di mio figlio minorenne e alla mia richiesta, mi rispose che percependo già una 13^ come dip.pubblico c'era il divieto di cumulo. mentre a dic.2014 vedevo nel cedolino pensionistico che mi era stata corrisposta unitamente alla parte di mi figlio. ad apposito quesito rivolto all'inps tramite il loro sito (INPS RISPONDE), chiedendo se si fossero sbagliati a dic. 2013 o a dic.2014, venivo contattato telefonicamente da un funzionario INPS che chi spiegava che per effetti di una sentenza a loro sfavorevole, hanno cominciato a pagare le 13^ anche a noi dip.statali (presumo che sia questa sentenza postata da panorama). un saluto a panorama e a tutti quelli del forum.


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antoniomlg
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

grazie anche a te per la puntuale testimonianza.

ho una domanda da porti
hai detto di aver fatto una domanda tramite INPS RISPONDE.
ti hanno risposto in quanto tempo?

io ho presentato un quesito in febbraio e non ho ancora avuto +
risposta è normale ?

ciao e grazie
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ariete17
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da ariete17 »

antoniomlg ha scritto:grazie anche a te per la puntuale testimonianza.

ho una domanda da porti
hai detto di aver fatto una domanda tramite INPS RISPONDE.
ti hanno risposto in quanto tempo?

io ho presentato un quesito in febbraio e non ho ancora avuto +
risposta è normale ?

ciao e grazie
si è normale (anzi non dovrebbe esserlo, ma è la prassi).io ho posto il quesito a gennaio 2015 poi ho fatto un sollecito a marzo ed infine mi hanno risposto ad aprile 2015.
comunque penso va in base alla difficoltà del quesito, viene inviata all'ufficio competente, infatti per un altro quesito più semplice mi hanno risposto entro il mese.
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

sul portale come devo fare per
sollecitare??

grazie
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ariete17
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da ariete17 »

antoniomlg ha scritto:sul portale come devo fare per
sollecitare??

grazie
antonio, ti perdi in un bicchier d'acqua............
non c'è una sez. apposita, basta riproporre il quesito specificando che è un sollecito (o per essere + gentile: un seguito in cui RICHIEDI un cortese riscontro)
ciao
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da ariete17 »

antonio voglio puntualizzare che era una battuta quella di perderti in ...........
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

effettivamente hai ragione per quanto riguarda il bicchiere,
ma all'acqua preferisco la birra....................

Grazie della dritta non ci avrei mai pensato

ciao
panorama
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da panorama »

Il Ministero dell’Interno ha proposto un ricorso per la interpretazione della sentenza.

1) - Espone il ricorrente che ha necessità di accertare l’esatta statuizione contenuta nella sentenza n. 457/2014, depositata il 6.3.2014, in quanto “ (…) il contenuto genera obiettive incertezze tali da rendere impossibile la corretta esecuzione della decisione “ per l’esatta individuazione dell’avente diritto al trattamento privilegiato di reversibilità alla pensione privilegiata.

2) - Sotto tale profilo, è evidente che occorre fare riferimento alla Sig.ra G., vedova di F. C., per il periodo dalla morte del dante causa ( 18.3.1985 ) e sino alla morte della stessa ( 8.6.2009 ), cui subentrano, nella titolarità degli emolumenti, le odierne eredi F. D. e F. M..

Per completezza leggete qui sotto.
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PUGLIA SENTENZA 307 20/05/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA SENTENZA 307 2015 PENSIONI 20/05/2015


Sent. 307/2015


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
( art. 5 L. 205/2000 )
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso, iscritto al n. 32078 del registro di segreteria, proposto dal Ministero dell’Interno
per la interpretazione

della sentenza n. 457/2014 della Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, depositata in data 6.3.2014;

Udito alla pubblica udienza del 30 aprile 2014 l’avv. Danilo Lorenzo, F. D. e F. M.;

Visto il ricorso per interpretazione, ritualmente notificato alle Sigg.re F. M. e F. D.;

Esaminati gli atti e la documentazione tutta della causa;

Considerato in

FATTO e DIRITTO

Espone il ricorrente che ha necessità di accertare l’esatta statuizione contenuta nella sentenza n. 457/2014, depositata il 6.3.2014, in quanto “ (…) il contenuto genera obiettive incertezze tali da rendere impossibile la corretta esecuzione della decisione “ per l’esatta individuazione dell’avente diritto al trattamento privilegiato di reversibilità alla pensione privilegiata .

Nel senso di correggere la sentenza, precisando la decorrenza “ dalla data dell’istanza del 4 dicembre 2000 “ è, dunque, il ricorso per correzione di errore materiale.

Si sono costituite in giudizio le Sigg.re F. D. e F. M., depositando alla odierna udienza una memoria difensiva, nella quale si rappresenta che il soggetto avente diritto alla pensione privilegiata di reversibilità deve essere individuato nella Sig.ra G. M., vedova di F. C., che si sono costituite nell’originario giudizio nella loro qualità di eredi di G. M..

Come è noto, il giudizio di interpretazione delle decisioni della Corte dei Conti è previsto dall’art. 78 T.U. 1244/1934 e dall’art. 25 reg. proc. 1038/1933 ed è attivabile in presenza di una sentenza su cui sorga “ questione di interpretazione “: vale a dire, allorquando sussista una obiettiva esigenza di stabilire quale sia l’effettivo contenuto della sentenza su cui sussista incertezza.

Si tratta di un istituto tipico del giudizi innanzi alla Corte dei conti, che non trova eguali in altri ordinamenti processuali, mancando, invero, norme sulla interpretazione delle sentenze pronunciate dal giudice civile.

La giurisprudenza della Corte dei conti ha statuito che il giudizio di interpretazione è ammissibile unicamente in presenza di una pronuncia definitiva che genera obiettive incertezze, sì da rendere impossibile la corretta esecuzione della statuizione, e non quando attiene a profili di impugnativa surrettiziamente introdotti ( cfr. SS.RR. 15.5.1995, n. 19/A ).

Esso, quindi, non concerne il controllo critico, che può farsi sulla validità dell’atto ai fini della sua impugnazione, ma attiene alla determinazione del contenuto precettivo della sentenza ai fini della sua esecuzione, che si fa in via amministrativa.

La funzione di questo giudizio, dunque, risiede, ed è limitata, alla ricerca , alla identificazione e alla conseguente dichiarazione di quella effettiva statuizione che il giudice ha emesso con la sentenza da interpretare, quale può rilevarsi dai fatti accertati e riferiti e dalle considerazioni in proposito svolte nella parte motiva, senza che si possa far luogo ad un nuovo esame ed a una nuova valutazione di quei fatti, e , meno ancora, di elementi diversi desumibili aliunde ( cfr.: Sez. I, 17.9.1964 n. 30675; Sez. III p.g. 13.7.1964 n. 53131 e 17.1.1972 n. 60308; Sez. I, 15.7.1965 n. 60865 ).

Ciò premesso, deve il Giudicante limitarsi alla ricerca e alla interpretazione della volontà contenuta nella sentenza sottoposta al giudizio, quale emerge dai fatti accertati e dalle considerazioni svolte nella parte motiva, esclusa ogni valutazione ex novo delle risultanze acquisite, poste a base della sentenza in questione.

Sotto tale profilo, è evidente che occorre fare riferimento alla Sig.ra G., vedova di F. C., per il periodo dalla morte del dante causa ( 18.3.1985 ) e sino alla morte della stessa ( 8.6.2009 ), cui subentrano, nella titolarità degli emolumenti, le odierne eredi F. D. e F. M..

Il ricorso va, dunque, accolto e, per lo effetto, la sentenza n. 457/2014, depositata il 3.6.2014, deve essere interpretata, nei sensi di cui sopra.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio, in considerazione della natura del giudizio in questione.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia, in composizione monocratica,

ACCOGLIE

Il ricorso n° 32078, nei sensi in motivazione.

Spese di giudizio compensate.

Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del trenta aprile duemilaquindici.
IL GIUDICE
F.to ( V. Raeli )

Depositata in Segreteria il 20/05/2015

Il Funzionario di Cancelleria
F.to (dott. Pasquale ARBORE)
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da panorama »

1) - Con decreto n. 267/A/PO del 10.9.2009 è stato conferito al sig. O.. il trattamento pensionistico ordinario definitivo.

2) - A seguito dell'applicazione del predetto decreto, effettuato il conguaglio con quanto corrisposto in via provvisoria, l'INPDAP di Roma 2 ha accertato un debito pari ad € 13.680,29 per somme riscosse in eccedenza dal 21.4.1999 al 30.3.2010, procedendo al relativo recupero.

3) - L’adita Sezione giurisdizionale Lazio di questa Corte dei conti, con la sentenza n. 118/2013, ha accolto il ricorso, dichiarando l'irripetibilità delle somme in contestazione ed ha condannato il Ministero della difesa alla rifusione delle somme medesime all'Istituto previdenziale.

4) - Avverso la predetta sentenza il Ministero della difesa ha proposto appello, per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione art 8, comma 2 del D.P.R. n. 538/1986. Difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in materia di azione rivalsa nei confronti di Amministrazione statale.

5) - Il sig. O.. si è costituito ......, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado in relazione al capo che ha accertato e dichiarato l’irripetibilità dell’indebito a suo carico, con conseguente condanna dell’INPS alla restituzione delle somme già recuperate.

La CORTE DEI CONTI 1^ Sez. centrale d'Appello precisa:

6) - In via pregiudiziale, deve essere rigettata la doglianza attorea relativa al dedotto difetto di giurisdizione di questo Giudice contabile.

7) - Nel merito, l’appello proposto è infondato e deve essere respinto, con le precisazioni che tra poco verranno fornite: (OMISSIS - leggere in sentenza)

8) - Ciò posto, questo Giudice ritiene che la sentenza impugnata, sul punto, sia correttamente motivata e meriti conferma.

9) - Si pone, ora, il problema relativo alla possibilità per l’INPDAP (ora INPS), di rivalersi su un’amministrazione dello Stato per la medesima causale.

10) - La questione deve essere risolta positivamente, nel senso che tale rivalsa può essere esperita anche nei confronti di amministrazioni dello Stato, nel caso di specie del Ministero della difesa, secondo le argomentazioni esposte al punto 1, come prima ricordato.

La CORTE DEI CONTI conclude:

11) - Per le ragioni e motivazioni innanzi esposte, l’appello del Ministero della difesa può essere accolto solo parzialmente, nel senso che dovrà essere rimborsato all’INPS quanto indebitamente erogato al pensionato, con esclusione però delle somma che furono a suo tempo erogate direttamente dal Ministero, a carico del proprio bilancio. Sono confermate, per il resto, le impugnate statuizioni della sentenza di primo grado.

Per completezza leggete direttamente il tutto qui sotto.
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PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 330 20/05/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 330 2015 PENSIONI 20/05/2015


Sentenza n.330/2015 A


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
= ° =
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai seguenti magistrati:
Dott. Nicola LEONE Presidente
Dott. Mauro OREFICE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere
Dott. Piergiorgio DELLA VENTURA Consigliere relatore
Dott.ssa Cinzia BARISANO Consigliere
Ha pronunziato la seguente

S E N T E N Z A
sull’appello iscritto al n. 47 471 del registro di Segreteria, proposto dal Ministero della difesa, Direzione generale della Previdenza Militare e della Leva,

avverso
la sentenza 4.2.2013, n. 118 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Lazio contro l’INPS, gestione INPDAP e nei confronti del sig. L. O., elettivamente domiciliato presso lo studio degli avv.ti Umberto Verdacchi e Cesare Verdacchi in Roma, Via Catalani, 31.

Visti gli atti e documenti tutti di causa;
UDITI, nella pubblica udienza del giorno 24 marzo 2015, il consigliere relatore dr. Piergiorgio Della Ventura, il dr. Michele Grisolia in rappresentanza del Ministero della difesa e la dr.ssa Maria Carmela Viola per l’INPS;

Ritenuto in

F A T T O

Il sig. O.., già ufficiale dell'Aeronautica militare , è cessato dal servizio permanente effettivo in data 21.4.1999 ed è stato collocato in posizione di riserva a domanda. La relativa partita pensionistica è stata dapprima amministrata dal Ministero della difesa e successivamente, con decorrenza 1.1.2000, è stata trasferita all'INPDAP di Roma 2.

Con decreto n. 267/A/PO del 10.9.2009 è stato conferito al sig. O.. il trattamento pensionistico ordinario definitivo.

A seguito dell'applicazione del predetto decreto, effettuato il conguaglio con quanto corrisposto in via provvisoria, l'INPDAP di Roma 2 ha accertato un debito pari ad € 13.680,29 per somme riscosse in eccedenza dal 21.4.1999 al 30.3.2010, procedendo al relativo recupero.

Con ricorso in primo grado, il militare in congedo ha impugnato il provvedimento dell'INPDAP ai fini della declaratoria di irripetibilità della somma richiesta.

L’adita Sezione giurisdizionale Lazio di questa Corte dei conti, con la sentenza n. 118/2013, ha accolto il ricorso, dichiarando l'irripetibilità delle somme in contestazione ed ha condannato il Ministero della difesa alla rifusione delle somme medesime all'Istituto previdenziale.

Avverso la predetta sentenza il Ministero della difesa ha proposto appello, per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione art 8, comma 2 del D.P.R. n. 538/1986. Difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in materia di azione rivalsa nei confronti di Amministrazione statale.

In ordine al riconoscimento, in favore dell'INPS, del diritto di rivalsa nei confronti del Ministero della difesa, quale responsabile del ritardo nell'emanazione del provvedimento definitivo di pensione, è eccepito il difetto di giurisdizione della Corte dei conti, evidenziandosi come l'oggetto della pretesa afferisca ad obbligazioni di carattere finanziario che regolano il rapporto di provvista fra l'ordinatore primario e l'ordinatore secondario della spesa, materia da ritenersi devoluta alla cognizione del Giudice ordinario (cita Corte dei conti, Sezione III app., n. 175/2001, n. 62/2000, n. 198/2000; Sez. Lombardia n. 305/2012, Sez. Toscana n. 187/2011, Sez, Lazio n. 1699/2011).

Rileva il Ministero appellante che la vigente normativa che prevede l'esercizio dell'azione di rivalsa (art. 8 d.P.R. n. 538 del 1986) concerne i soli trattamenti di quiescenza a favore degli iscritti alle ex casse pensioni degli istituti di previdenza.

Nella fattispecie in esame, invece, essendo il Ministero della difesa un'amministrazione statale, non sarebbe previsto dall'ordinamento uno specifico obbligo di rifusione delle maggiori somme erogate per un suo errore, né una specifica successiva azione di rivalsa nei confronti del pensionato. E dunque, la relativa azione dell'INPS di rivalsa nei confronti dei Ministero della difesa in esito a declaratoria di irripetibilità dell'indebito, non essendo ammissibile un'applicazione analogica del citato art. 8, dovrebbe essere proposta davanti al giudice ordinario, trattandosi di pretesa intercorrente fra soggetti diversi rispetto al titolare del diritto a pensione in base a un titolo e a presupposti differenti (cita Corte dei conti, Sez. app. Sicilia, n. 92/2012; Sez. Piemonte n. 187/2012, n. 170/2012, n. 130/2012, n. 44/2012, n. 113/2011, n. 62/2011, n. 1839/2003; Sez. Lombardia n. 305/2012; etc.).

Da ciò si dovrebbe dedurre che il legislatore non ritenga tale normativa applicabile analogicamente, come preteso dall'INPS.

2) Violazione art. 2, comma 5 della L. n. 183/2011.

Nel caso in cui questa Corte dichiarasse rientrante nella propria giurisdizione la domanda di rivalsa proposta dall'Ente previdenziale, il Ministero appellante chiede che la stessa sia dichiarata inammissibile per carenza di interesse: l'art. 2, comma 5 della L. n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha modificato l'art 2, comma 3 della L. n. 335/1995 in materia di gestione separata dei trattamenti pensionistici, inserendo l'espressa previsione secondo cui "al fine di garantire il pagamento dei trattamenti pensionistici è stabilito un apporto dello Stato" a favore della gestione separata in parola, apporto che è "erogato su base trimestrale, subordinatamente alla verifica delle effettive necessità finanziarie della citata gestione, riferite al singolo esercizio finanziario". Sulla base di tale disposizione normativa, prosegue l’appellante Ministro, eventuali squilibri della gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato vengono, infatti, trimestralmente ripianati dallo Stato stesso secondo una forma unitaria di regolazione periodica dei relativi rapporti. In tal modo è stata modificata rispetto al passato la cadenza dei ripianamenti degli oneri finanziari scaturenti dal rapporto tra INPS e Stato per la gestione dei pensionati statali, che prima venivano regolati con legge finanziaria annuale o con altri interventi finanziari estemporanei ed oggi, invece, con specifici apporti trimestrali. In particolare, oggi lo Stato si fa carico in ogni caso - quale che sia il motivo dello squilibrio finanziario nella gestione in argomento - di un complessivo ripiano trimestrale dello stesso, secondo l'effettiva esigenza finanziaria via via verificata in modo unitario e complessivo.

Quindi nell'unitaria gestione finanziaria Stato/INPS della Cassa trattamento pensioni dello Stato, il sistema non ammette singole azioni di credito/debito tra Istituto previdenziale e Stato, riguardante un singolo rapporto pensionistico trasferito.

Pertanto, sempre ad avviso del Ministero della difesa, la richiesta di rivalsa avanzata dall'INPS è da ritenersi inammissibile, poiché non sono possibili azioni di rivalsa individuale (riferite cioè alla singola posizione previdenziale e non alla gestione complessiva), da parte dell'INPS contro le amministrazioni dello Stato liquidatrici di pensione definitiva, essendo la materia disciplinata dal legislatore attraverso una regolamentazione periodica dei rapporti, con apporto trimestrale dello Stato di quanto necessario (cita Corte dei conti, Sezione giur. Abruzzo, nn. 412-386-385-342/2012; Sezione giur. Friuli Venezia Giulia, nn. 99-92-43-37/2013; Sezione giur. Toscana n. 369-307/2013; Sezione giur. Sardegna n. 11/2014).

In via subordinata, parte appellante evidenzia di avere disposto, nel caso di specie, dalla data di collocamento in congedo e fino al trasferimento della partita pensionistica (21.4.1999 – 31.12.1999) il pagamento diretto del. trattamento di quiescenza provvisorio, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall'art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 468/1987 (con imputazione al capitolo n. 1392, articolo 1), quale anticipo di somme da recuperare in sede di liquidazione della pensione definitiva.

Pertanto, prosegue, non solo l'importo richiesto al Ministero medesimo a titolo di rivalsa andrebbe esattamente quantificato in quanto una quota dell'indebito è stata erogata dal Ministero della Difesa, ma dovrebbe tenersi “anche conto del fatto che le somme corrisposte direttamente dall'Amministrazione nel sopraindicato periodo (di importo superiore all'importo oggetto di rivalsa), non essendo mai state rimborsate, potrebbero compensare il residuo indebito” (cita Corte dei conti, Sez. giur. Friuli Venezia Giulia nn. 34-33/2013).

In conclusione, l'appellante amministrazione chiede l'annullamento della ricordata sentenza n. 118/2013, nella parte in cui riconosce il diritto di rivalsa dell'INPS, Gestione dipendenti pubblici, nei confronti del Ministero della difesa, in via pregiudiziale per difetto di giurisdizione del giudice contabile; in via subordinata per inammissibilità della domanda di rivalsa, sussistendo carenza di interesse ad agire; in via ulteriormente subordinata, è chiesto l'annullamento della sentenza ed il rinvio al giudice di primo grado per l'esatta quantificazione della quota di indebito imputabile al Ministero della difesa, nonché per la compensazione del residuo indebito con le somme erogate dall'amministrazione militare in quanto non rimborsate.

Il sig. O.. si è costituito con recente memoria degli avv.ti Umberto e Cesare Verdacchi, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado in relazione al capo che ha accertato e dichiarato l’irripetibilità dell’indebito a suo carico, con conseguente condanna dell’INPS alla restituzione delle somme già recuperate.

Si è costituito anche l’INPS, chiedendo il rigetto dell’appello del Ministero. Precisa, in via preliminare, la piena sussistenza della giurisdizione di questa Corte dei conti, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 538/1986, anche nei confronti dello Stato; cita giurisprudenza in proposito.

Nel merito, l’INPS evidenzia la propria autonomia gestionale e patrimoniale (artt. 1 R.D.L. n. 1827/1935, 16 L. n. 370/1974, 1 e 2 L. n. 88/1989 e 4 L. n. 479/1994), con conseguente necessità dell’Istituto medesimo di salvaguardare in ogni modo il proprio bilancio economico e finanziario. Ciò non rende possibile ritenere una mera partita di giro il ripianamento di eventuali erogazioni indebite, non coperte da contribuzione previdenziale; né il ripiano trimestrale di cui alla L. n. 183/2011 potrebbe considerarsi alla stregua di una compensazione ex lege del debito.

All’odierna udienza dibattimentale il dr. Grisolia, per il Ministero della difesa, si è richiamato all’atto d’appello e ne ha chiesto l’accoglimento. Fa presente che nel corso del giudizio di primo grado la questione della rivalsa non fu correttamente posta (cita Sez. I, n. 102/2015). Richiama anche la sentenza n. 14/2015 della sezione giurisdizionale Abruzzo, che afferma l’impossibilità dell’INPS di essere creditore dello Stato, in quanto quest’ultimo ripiana completamente il deficit dell’INPS.

La dr.ssa Viola, per l’INPS, ha chiesto invece il rigetto; il ripiano trimestrale non compensa il debito, poiché ogni ente ha piena autonomia finanziaria, che va tutelata e salvaguardata. Cita in proposito Corte dei conti, Sez. III app., n. 357/2013, Sez. I app., nn. 450-459/2014 e nn. 108-131/2013. Afferma poi che l’istanza di rivalsa fu proposta regolarmente e correttamente in primo grado.

D I R I T T O

1. In via pregiudiziale, deve essere rigettata la doglianza attorea relativa al dedotto difetto di giurisdizione di questo Giudice contabile.

Invero, come peraltro da tempo chiarito dalla costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Sezione I app., 11.2.2013, n. 108, 18.2.2013, n. 131 e 20.3.2014, n. 459), non può essere negata la giurisdizione contabile sull’azione di rivalsa connessa con indebiti pensionistici: siffatti giudizi sul riparto degli oneri, sia pure riferiti alla casistica relativa alla CPDEL, da sempre e pacificamente sono stati infatti attribuiti, dalla Corte di Cassazione, a questa Corte dei conti: cfr., ex multis, Cassazione, SS.UU., 16.11.2007, n. 23731, 21.12.1999, n. 920 e 27.12.2011, n. 28818.

Si ricorda poi, in proposito, che il D.P.R. 8 agosto 1986 n. 538 così recita all’art. 8, comma 2 (in tema, appunto, di “Revoca o modifica del provvedimento. Recupero di somme indebitamente corrisposte”): “Qualora, per errore contenuto nella comunicazione dell'ente di appartenenza del dipendente, venga indebitamente liquidato un trattamento pensionistico definitivo o provvisorio, diretto, indiretto o di riversibilità, ovvero un trattamento in misura superiore a quella dovuta e l'errore non sia da attribuire a fatto doloso dell'interessato, l'ente responsabile della comunicazione è tenuto a rifondere le somme indebitamente corrisposte, salvo rivalsa verso l'interessato medesimo”.

La norma in esame, la quale stabilisce l'obbligo dell'ente che ha liquidato il trattamento pensionistico errato (e poi materialmente corrisposto dall’INPS), di rifondere le spese in eccesso sostenute dall'erogatore secondario di spesa, deve ritenersi espressione di un principio di carattere generale, con la sola inversione dei tempi e delle modalità di recupero, per gli iscritti CPDEL, rispetto a quanto avviene per altre categorie di pensionati.

Tale generale obbligo di rifusione deve pertanto ritenersi operante anche nei confronti delle amministrazioni statali, non essendo certo ipotizzabile che per tale categoria non sussista alcuna possibilità di reintegro, da parte del medesimo INPDAP, nel caso di errori nella liquidazione del trattamento pensionistico da parte dell’amministrazione o ente ex datore di lavoro, anche perché l’art. 162 del T.U. n. 1092/1973 comunque prevede il recupero da parte dell’ente erogatore sul pensionato, ed è evidente che nel caso di mancato recupero (per qualsiasi motivo) a carico dell’indebito percettore non può, in astratto, ritenersi impedita l’azione di rivalsa nei confronti dell’ente responsabile di tale errata liquidazione; azione la cui giurisdizione – come si è appena visto - va attribuita a questo Giudice contabile.

Va pertanto respinta, sul punto, la doglianza del Ministero.

2. Ancora in rito, il Collegio è chiamato a delibare la questione, sollevata in udienza dal rappresentante del Ministero della difesa, il quale ha fatto presente che nel corso del giudizio di primo grado la questione della rivalsa non era stata correttamente posta.

La doglianza è inammissibile.

Ed invero, occorre precisare al riguardo che, se è vero che la domanda relativa alla rivalsa non risulta essere stata ritualmente proposta in primo grado dall’INPS, è altrettanto vero che su tale aspetto si è esplicitamente pronunziata – peraltro, in senso positivo per l’INPS - l’impugnata sentenza n. 118/2013.

La statuizione del primo Giudicante, pertanto, anche sotto tale profilo era suscettibile di impugnazione da parte del Ministero, che avrebbe dovuto espressamente contestarla in sede di appello; ed invece, nel proprio atto introduttivo dell’odierno gravame, depositato il 18 aprile u.s., parte ricorrente nulla ha dedotto in proposito, pur avendo avanzato doglianza, sotto altri aspetti, nei confronti della pronunzia di prime cure.

Pertanto, tale specifica deduzione, proposta solo ora, per la prima volta, in udienza, non può che essere giudicata inammissibile dal Collegio, secondo i principi generali (art. 345, comma 2, c.p.c.).

3. Nel merito, l’appello proposto è infondato e deve essere respinto, con le precisazioni che tra poco verranno fornite: non possono, infatti, essere accolte le argomentazioni dell’appellante Ministero in ordine alla presunta infondatezza della domanda di rivalsa dell’INPS/INPDAP, accolta in primo grado.

E’ appena il caso di precisare, con riferimento alla memoria prodotta dal ricorrente in prime cure sig. O.., che l’odierna delibazione del Collegio riguarda, solo ed unicamente, le doglianze del Ministero appellante in punto di rivalsa, nei suoi confronti, da parte dell’INPS; ogni altra questione è ormai passata in cosa giudicata.

Ciò posto, questo Giudice ritiene che la sentenza impugnata, sul punto, sia correttamente motivata e meriti conferma.

3.1. Occorre dare atto, come del resto già accennato innanzi (punto 1), che una norma esplicita sul diritto dell’ente erogatore della pensione (e liquidatore secondario di spesa) ad esercitare rivalsa, per le somme erogate indebitamente al pensionato, esiste solo con riferimento agli enti locali.

Si pone, ora, il problema relativo alla possibilità per l’INPDAP (ora INPS), di rivalersi su un’amministrazione dello Stato per la medesima causale.

La questione deve essere risolta positivamente, nel senso che tale rivalsa può essere esperita anche nei confronti di amministrazioni dello Stato, nel caso di specie del Ministero della difesa, secondo le argomentazioni esposte al punto 1, come prima ricordato.

3.2. Deve poi essere fatto riferimento, sempre a tale proposito, al principio dell’autonomia e reciproca indipendenza del bilancio dell’Istituto previdenziale, rispetto a quello dello Stato: v., sul tema, le sentenze di questa Sezione I d’appello n. 818/2012 e n. 131/2013.

Il su detto principio di autonomia gestionale e finanziaria dell’Istituto previdenziale, normativamente sancito (artt. 1 R.D.L. n. 1827/1935, 16 L. n. 370/1974 e 1 L. n. 88/1989), comporta che gli organi gestori devono tenere presenti (e ripianare) le indebite erogazioni, in quanto tali suscettibili di incidere sugli equilibri finanziari complessivi e sulle future disponibilità, nell’ottica complessiva della salvaguardia del proprio bilancio e della corretta gestione delle risorse disponibili per i fini istituzionali.

In tale quadro, il ripiano trimestrale previsto dalla legge n. 183/2011, invocata da parte appellante, non può in alcun modo valere a compensare gli indebiti originati da errori dell’ente ordinatore primario della spesa (cioè, in altri termini, operazioni gestionali non corrette e negligenti), ma solo squilibri di carattere strutturale.

Neppure può essere invocato l’argomento, che pure si rinviene in alcune sentenze, che l’azione di rivalsa nei confronti delle amministrazioni dello Stato non sarebbe esperibile, per l’unicità del sistema finanziario e che gli eventuali passivi dell’INPDAP saranno coperti a carico del bilancio statale: al contrario, l’attuale conformazione dell’ordinamento consente l’affermazione della piena autonomia finanziaria dei vari enti, i quali non devono pesare sul bilancio dello Stato e devono, quindi, raggiungere l’equilibrio di bilancio; tale equilibrio, a tutta evidenza, verrebbe meno se l’ente (nel caso di specie l’INPS), dovesse sopportare passivamente – e sperando nel ripiano da parte statale - il peso finanziario degli errori dell’amministrazione, quando questa opera come ordinatore primario di spesa.

E dunque, ogni spesa indebita e non recuperabile a carico del bilancio dell’ente previdenziale causa un deficit che, secondo i principi generali, deve necessariamente essere ripianato da parte dell’amministrazione che lo ha determinato: v., in terminis, Corte dei conti, Sezione III app., 31.5.2013, n. 357.

4. Per le ragioni e motivazioni innanzi esposte, l’appello del Ministero della difesa può essere accolto solo parzialmente, nel senso che dovrà essere rimborsato all’INPS quanto indebitamente erogato al pensionato, con esclusione però delle somma che furono a suo tempo erogate direttamente dal Ministero, a carico del proprio bilancio. Sono confermate, per il resto, le impugnate statuizioni della sentenza di primo grado.

Occorre, da ultimo, pervenire alla regolamentazione delle spese di causa relative al presente grado di giudizio.

Al riguardo, non è luogo a provvedere sulle spese di giustizia, in relazione al principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall’art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533; principio al quale la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere di generalità: v., ex multis, Corte dei conti, Sezione I app., 6.3.2013, n. 187 e 23 novembre 2009, n. 648; Sezione III app., 1 ottobre 2007, n. 272.

Con riferimento invece alle spese legali, il Collegio ravvisa i presupposti per la condanna dell’amministrazione statale appellante, al ristoro delle spese legali in favore del resistente INPS (v. in proposito, ex plurimis, v. Sezione I app., 13.3.2013, n. 214 e 11.1.2013, n. 20; Sezione III app., 16.1.2013, n. 33 e 18.1.2013, n. 42).

In concreto, questo Giudice ritiene di poter liquidare dette spese nella somma di € 1.000,00 (euro mille/00).

P. Q. M.

La Corte dei conti – Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette:

 ACCOGLIE PARZIALMENTE l'appello in epigrafe, nei sensi di cui in motivazione;

 CONDANNA l’appellante Ministero della difesa alla rifusione delle spese legali in favore del resistente INPS, quantificate in € 1.000,00= (euro mille/00).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015.

IL RELATORE
(f.to Piergiorgio Della Ventura)
IL PRESIDENTE F.F.
(f.to Nicola Leone)


Depositata in Segreteria il 20 MAG.2015

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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Ricorso ACCOLTO.
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1) - chiede il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “psicosi delirante cronica ad impronta paranoidea in trattamento psicologico" non solo ai fini del trattamento pensionistico ma, anche ai fini dell’equo indennizzo.

2) - Nell'anno 1997 il brigadiere OMISSIS è stato imputato in un procedimento, dinanzi il Tribunale Militare di Palermo, per il reato di peculato militare continuato in concorso.
- ) - Malgrado l’esito favorevole del procedimento penale - concluso con provvedimento di archiviazione, essendo stata accertata l'estraneità del ricorrente a tutti i fatti imputatigli – rimase, però, compromesso l’equilibrio psicologico del carabiniere.

LA CORTE DEI CONTI di Palermo precisa:

3) - In seguito ai contrastanti giudizi medici, alla precedente udienza del 18 febbraio 2015, il Giudice emetteva ordinanza istruttoria, n. 23/2015, con la quale formulava alla Commissione Medico Legale presso questa Sezione il quesito se l’infermità patita dal ricorrente potesse essere ritenuta dipendente da causa di servizio e la sua eventuale ascrivibilità a categoria di pensione.

4) - In data 25 giugno 2015 la C.M.L. depositava il richiesto parere secondo cui l’infermità lamentata può essere considerata dipendente da concausa di servizio efficiente e determinante e viene ascritta, alla data del congedo per riforma, alla tabella. A, IV categoria, a vita.

5) - Preliminarmente, con riguardo all’equo indennizzo, questo Giudice rileva che, attesa la sua natura indennitaria e non previdenziale, OMISSIS. Trattandosi di questione relativa a personale militare , ...., il giudice munito di giurisdizione nel T.A.R. competente per territorio.

6) - Con riferimento alla domanda relativa alla richiesta di corresponsione della pensione privilegiata, il ricorso è meritevole di accoglimento.

7) - Infatti dal parere della Commissione Medico Legale si evince che le problematiche psichiatriche insorsero nel ricorrente subito dopo l'evento giudiziario che lo vide implicato negli-anni 1998/1999.

8) - A fronte di tale diagnosi, però, il DSM di Caltanissetta, nello stesso anno 2003, prescrive un piano terapeutico per la psicosi cronica.

9) - Da quanto sopra, la CML è del parere che non vi fu una piena guarigione dell'iniziale depressione, bensì questa si evolse assumendo, successivamente, i connotati di psicosi cronica depressiva.

10) - Per quanto concerne la dipendenza dal servizio, ritiene la Commissione che le mansioni svolte nell’impiego operativo e soprattutto gli eventi giudiziari che videro coinvolto il brigadiere OMISSIS

Rileggi i punti n. 1, 2, 7, 8 e 9 di cui sopra.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SICILIA SENTENZA 741 29/07/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 741 2015 PENSIONI 29/07/2015



REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
Il Giudice Unico delle Pensioni
Dott. Sergio Vaccarino ha pronunciato la seguente

SENTENZA 741/2015

sul ricorso in materia di pensione n 61151, depositato il 28 giugno 2013, proposto da OMISSIS, nato OMISSIS, C.F. OMISSIS, Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri in congedo, rappresentato e difeso dall’avv. Gianluca Nigrelli presso il cui studio in Palermo, viale Leonardo Da Vinci n. 94 è elettivamente domiciliato.

Contro
Ministero della Difesa, Direzione Generale per le Pensioni Militari;

VISTI il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
Udito all’odierna pubblica udienza l’avv. Nigrelli per il ricorrente.

FATTO

Con ricorso depositato in segreteria il 28 giugno 2013, il sig. OMISSIS, già brigadiere capo dell’Arma dei Carabinieri, chiede il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “psicosi delirante cronica ad impronta paranoidea in trattamento psicologico" non solo ai fini del trattamento pensionistico ma, anche ai fini dell’equo indennizzo.

Rappresenta che ha prestato servizio nell'Arma dei Carabinieri dal 5 maggio 1975 al 10 ottobre 2006, data in cui è cessato dal servizio per infermità.

Dagli atti risulta che il ricorrente, dal 1987 al 1995, prestò servizio presso la Stazione dei Carabinieri di OMISSIS svolgendo turni giornalieri di pattuglia automontata e a piedi, perlustrazioni, traduzioni, attività di polizia giudiziaria, servizi di antiborseggio, servizi di ordine pubblico e, in forma prevalente, svolgendo l'attività di addetto contabile e il disbrigo di pratiche amministrative.

Nell'anno 1997 il brigadiere OMISSIS è stato imputato in un procedimento, dinanzi il Tribunale Militare di Palermo, per il reato di peculato militare continuato in concorso. Malgrado l’esito favorevole del procedimento penale - concluso con provvedimento di archiviazione, essendo stata accertata l'estraneità del ricorrente a tutti i fatti imputatigli – rimase, però, compromesso l’equilibrio psicologico del carabiniere.

Sottoposto ad una prima visita, in costanza di servizio, la Commissione Medica Ospedaliera (CMO) del Centro Militare di Medicina Legale (CMML) di Palermo, con processo verbale ML/AB del 19 giugno 2003 formulava il parere che l’infermità "note depressive reattive" riscontrate a seguito di accertamenti specialistici effettuati privatamente il 14 settembre 1999, non potesse essere riconosciuta dipendente da causa di servizio e giudicava il militare idoneo al servizio militare incondizionato e d'Istituto nell'Arma dei Carabinieri.

In seguito a conforme parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, il Ministero della Difesa con decreto n. 2309/N del 11 settembre 2009 sanciva la non dipendenza da causa di servizio della citata infermità.

Successivamente, sottoposto ad ulteriore visita presso la stessa CMO di Palermo, con verbale ML/AB del 11 ottobre 2006, riformulando la diagnosi dell'infermità psichica in “psicosi delirante in trattamento farmacologico”, dichiarò che il brigadiere fosse permanentemente non idoneo al servizio militare d’istituto e, inoltre, non idoneo ad essere reimpiegato nelle corrispondenti aree del personale civile del Ministero della Difesa. Dal predetto verbale risulta, altresì, che l’infermità ai fini della pensione privilegiata, avrebbe potuto essere ascritta alla quarta categoria, tabella A, con assegno rinnovabile per anni quattro.

In data 27 gennaio 2015, si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa depositando note difensive nelle quali contesta la domanda attorea e solleva eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte in ordine alla domanda relativa all’equo indennizzo.

In seguito ai contrastanti giudizi medici, alla precedente udienza del 18 febbraio 2015, il Giudice emetteva ordinanza istruttoria, n. 23/2015, con la quale formulava alla Commissione Medico Legale presso questa Sezione il quesito se l’infermità patita dal ricorrente potesse essere ritenuta dipendente da causa di servizio e la sua eventuale ascrivibilità a categoria di pensione.

In data 20 maggio 2015, si costituiva in giudizio il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri depositando memoria con la quale chiede, in buona sostanza, il rigetto delle domande formulate nel ricorso.

In data 25 giugno 2015 la C.M.L. depositava il richiesto parere secondo cui l’infermità lamentata può essere considerata dipendente da concausa di servizio efficiente e determinante e viene ascritta, alla data del congedo per riforma, alla tabella. A, IV categoria, a vita.

In data 16 luglio 2015 parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria difensiva con la quale insiste nelle proprie domande e contesta l’eccezione di difetto di giurisdizione in ordine all’equo indennizzo, sollevata dal Ministero della Difesa.

All’odierna udienza, l’avv. Nigrelli ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

La causa, pertanto, è stata posta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, con riguardo all’equo indennizzo, questo Giudice rileva che, attesa la sua natura indennitaria e non previdenziale, in quanto correlato al rapporto d’impiego, la relativa domanda esula dalla giurisdizione della Corte dei Conti, in materia pensionistica, così come delineata dagli artt.13 e 62 del T.U. n.1214 del 1934, dall’art. 6 della L. n.19 del 1994, e dall’art. 5 della L. n.205 del 2000 e deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, conformemente a quanto statuito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (SS.UU, sent. n. 3601 del 28 maggio 1986) e da quella di questa Corte (Corte dei conti, SS.RR. n.67/c del 8 ottobre 1987).

Trattandosi di questione relativa a personale militare , per effetto dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, individua ai sensi dell’art. 59, 1° comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69, il giudice munito di giurisdizione nel T.A.R. competente per territorio.

Con riferimento alla domanda relativa alla richiesta di corresponsione della pensione privilegiata, il ricorso è meritevole di accoglimento.

Infatti dal parere della Commissione Medico Legale si evince che le problematiche psichiatriche insorsero nel ricorrente subito dopo l'evento giudiziario che lo vide implicato negli-anni 1998/1999.

Dopo un periodo di ansia per cui il ricorrente effettuò una terapia ansiolitica, prescrittagli nel 1998, la prima diagnosi apertamente psichiatrica, datata 1999, fu di depressione maggiore con ideazione delirante ad impronta paranoidea; per tale infermità lo stesso cominciò a seguire terapia farmacologica.

In seguito dell'istanza di riconoscimento della suddetta infermità come dipendente da causa di servizio, la CMO di Palermo diagnosticò, in data 19 giugno 2003, pregresso stato depressivo reattivo; in atto normale assetto della struttura di personalità. In tale diagnosi si evidenzia il fatto che l'infermità psichica del ricorrente fosse pregressa, quindi ormai superata, con, in atto, un normale assetto della struttura della personalità.

A fronte di tale diagnosi, però, il DSM di Caltanissetta, nello stesso anno 2003, prescrive un piano terapeutico per la psicosi cronica.

Da quanto sopra, la CML è del parere che non vi fu una piena guarigione dell'iniziale depressione, bensì questa si evolse assumendo, successivamente, i connotati di psicosi cronica depressiva.

Per quanto concerne la dipendenza dal servizio, ritiene la Commissione che le mansioni svolte nell’impiego operativo e soprattutto gli eventi giudiziari che videro coinvolto il brigadiere OMISSIS., “abbiano potuto costituire un evidente insulto psichico che, agendo su una personalità verosimilmente predisposta e vulnerabile, possa aver determinato l'insorgenza della depressione maggiore successivamente assumente i connotati di psicosi cronica depressiva e di psicosi delirante cronica ad impronta paranoidea”.

In conclusione, conclude il parere, che l'infermità del ricorrente psicosidelirante cronica ad impronta paranoidea possa essere considerata come SI dipendente da concausa di servizio efficiente e determinante e possa essere ascritta, alla data del congedo per riforma, alla tabella A, IV categoria a vita.

Per quanto sopra esposto, questo Giudice condivide il parere espresso dalla Commissione Medico Legale presso questa Sezione che appare correttamente formulato e correttamente supportato dalla scienza medica.

In conseguenza, la pretesa pensionistica dell’odierno ricorrente va accolta e riconosciuto il diritto alla corresponsione della pensione privilegiata di IV categoria, Tabella A, a vita, a decorrere dal giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa del 29 febbraio 2012.

In relazione alle spese di giudizio, ritiene questo Giudice, che la particolarità della questione trattata consenta di ritenerle compensate tra le parti

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda relativa all’equo indennizzo.

Accoglie, per il resto il ricorso e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione della pensione privilegiata di IV categoria, Tabella A, a vita, con decorrenza dal giorno successivo alla presentazione della relativa domanda all’Amministrazione del 29 febbraio 2012.

Spese compensate.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 22 luglio 2015

IL GIUDICE
F.to Sergio Vaccarino
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 22 luglio 2015

Pubblicata in Palermo il 29 luglio 2015

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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Con la sentenza n.120/2015 la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Sicilia (pubblicata il 07/05/2015), per le cause di servizio ha ribadito il fatto che, la Corte dei Conti è ritenuta competente anche per il personale in attività di servizio.
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La Corte dei Conti d'Appello precisa:

1) - Ma anche il secondo motivo appare manifestamente fondato, con riferimento ad una erronea valutazione dell’interesse concreto ed attuale alla pronuncia giudiziale sulla dipendenza, sol perché il ricorrente era ancora in servizio.

2) - L’appellante ha riversato in atti le sentenze nn. 9 e 171 del 2015 della Prima Sez. Giur. Centr. d’appello, a sostegno della propria domanda.

3) - Dirimente, ai fini del decidere, appare il richiamo operato in quelle pronunce alla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 4325/2014), secondo la quale non può negarsi al personale ancora in servizio il diritto alla tutela giurisdizionale volta all’accertamento del presupposto necessario – riconoscimento della causa di servizio – per potere successivamente far valere in giudizio il diritto alla pensione privilegiata.

4) - A tal proposito va ricordato come la stessa giurisprudenza di questa Corte (Corte dei Conti, sez. IV Pens. Mil., sent. n. 82939 del 04.05.1994) abbia avuto modo di precisare l'accertamento della dipendenza da causa di servizio di una (o più) infermità - previsto dall'art. 169, comma primo, DPR 29.12.1973, n. 1092, afferisca un diritto potestativo autonomo del privato a che lo Stato accerti se sussistano, o meno, le condizioni richieste per il riconoscimento del diritto a pensione che, con i suoi connotati di imprescrittibilità, intangibilità e indisponibilità, si atteggia come un quid pluris rispetto al primo.

5) - Da ciò consegue che sussiste sempre un interesse concreto ed attuale, anche per il soggetto in attività di servizio, all’accertamento delle condizioni che potrebbero, in ogni momento, poi, consentirgli l’esercizio del diritto alla pensione privilegiata.

6) - La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, ed il giudizio rimesso al primo Giudice in diversa composizione.

N.B.: rileggi il punto n. 3 e 6.
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SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA SENTENZA 120 07/05/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA SENTENZA 120 2015 PENSIONI 07/05/2015




R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai magistrati:
dott. Agostino BASTA Presidente
dott. Pino ZINGALE Consigliere relatore
dott. Vincenzo LO PRESTI Consigliere
dott. Valter DEL ROSARIO Consigliere
dott. Guido PETRIGNI Consigliere
ha pronunciato la seguente


S E N T E N Z A - N. 120/A/2015
I N F O R M A S E M P L I F I C A T A

nel giudizio in materia di pensione civile iscritto al n. 5338 del registro di segreteria promosso ad istanza di D. F., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Guerra, nei confronti del Ministero dell’Interno, dell’I.N.P.S. e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per la riforma della sentenza n. 119/2015 emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana.

Visto l’atto introduttivo del giudizio depositato il 5 marzo 2015 e contestuale domanda di sospensiva.

Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Uditi nella camera di consiglio del 23 aprile 2015 il relatore Consigliere Pino Zingale e l’avvocato Paolo Guerra per l’appellante; non rappresentato il Ministero dell’Interno e non costituito l’I.N.P.S. ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

F A T T O

Con ricorso alla Sezione Giurisdizionale di questa Corte per la Regione Siciliana, depositato il 6 marzo 2012, il signor D. F., revisore tecnico della Polizia di Stato in servizio, ha impugnato, ai fini del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e del diritto alla pensione privilegiata ex art. 12 del D.P.R. n. 461/2001, il provvedimento ministeriale con cui era stata respinta l’istanza presentata dal medesimo il 14.2.2008 per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “IMA infero laterale non q. angioplastica primaria su PL (CX) con impianto di stent medicato” diagnosticato dalla CMO di Palermo come “Cardiopatia ischemica, pregresso IMA non Q. trattato con angioplastica + stent medicato, in buon compenso emodinamico”), censurando, altresì, il parere del CVCS n.13149/2009, che aveva ritenuto la diagnosticata infermità dipendente da fattori costituzionali e non dal servizio prestato.

A sostegno del ricorso l’interessato allegava consulenza medico-legale e descriveva dettagliatamente le circostanze del servizio ritenute ricollegabili causalmente alle infermità riscontrate; in punto di diritto, ha poi richiamato giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione circa la giurisdizione di questa Corte anche in materia di accertamento della dipendenza da causa di servizio e non solo di diritto a pensione.

Con il secondo ricorso, depositato il 23 maggio 2014, l’interessato ha impugnato il diniego espresso dal Ministero dell’Interno sulla domanda presentata il 15.11.2012 diretta ad ottenere la pronuncia amministrativa sulla dipendenza da causa di servizio quale presupposto del diritto a pensione privilegiata, nonché il silenzio tenuto dall’INPS sulla medesima domanda.

Anche a base del secondo ricorso veniva richiamata, quanto alla causalità del servizio prestato, la consulenza medico legale e, quanto all’ammissibilità del ricorso, recente giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione.

Il ricorrente, dopo aver richiesto la riunione del ricorso n.61790 al precedente ricorso n.60070, concludeva per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità dedotta, previa, occorrendo, CTU.

Il Ministero dell’interno si costituiva in entrambi i giudizi, eccependo l’inammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione di questa Corte, poiché il ricorrente era ancora in servizio attivo. In via subordinata, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, dovendo ritenersi la competenza a provvedere in materia dell’Inps. Si opponeva, infine, alla richiesta di CTU.

Si costituiva, altresì, il MEF nel ricorso n.60070 e chiedeva l’estromissione del CVCS, organo chiamato ad emettere un parere avente natura ed efficacia endoprocedimentale. In via subordinata, argomentava a sostegno della legittimità di tale parere.

Si costituiva, infine, l’Inps, ed eccepiva l’inammissibilità per carenza della preventiva domanda in via amministrativa. Nel merito, eccepiva l’infondatezza del ricorso. Nell’eventualità che venisse disposta CTU, nominava quale CTP il dott. Vincenzo Morana.

Il primo Giudice, rilevato che la questione comune ad entrambi i ricorsi concerneva l’accertamento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità cardiaca sofferta dall’interessato ai fini del diritto alla pensione privilegiata ordinaria, dipendenza causale che è stata negata in sede amministrativa, li riuniva e, pur affermando la propria giurisdizione, li dichiarava inammissibili in quanto il diritto soggettivo alla pensione sorge soltanto al momento della cessazione dal servizio, e la Corte lo valuta sulla base della legislazione vigente in tale momento, non potendo anticipare una pronuncia giudiziale su un diritto che deve ancora maturare per mancanza dei suoi presupposti, il principale dei quali è, appunto, la cessazione dal servizio (cfr., in fattispecie analoghe, Sezione Lazio, n.225/2014; n.770/2014; Sezione Marche, n.130/2014).

Nella specie, l’interessato aveva proposto i ricorsi per vedersi riconoscere la dipendenza da causa di servizio delle infermità riscontrate, negata in sede amministrativa, e al momento della loro proposizione era in servizio attivo: pertanto, i ricorsi riuniti venivano ritenuti inammissibili.

Avverso tale sentenza interponeva appello l’interessato lamentando per un verso l’erronea applicazione dell’art. 71, lettera b), del R.D. n. 1038/1933, richiamato dal primo Giudice ai fini della dichiarazione di inammissibilità e, per altro verso, la mancata esatta valutazione dell’interesse attuale e concreto del ricorrente, ancorchè in servizio, alla invocata pronuncia giurisdizionale di merito sulla dipendenza dell’infermità, con riferimento all’art. 100 c.p.c.

Si è costituito in giudizio il solo Ministero dell’Interno ed ha chiesto il rigetto del gravame.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’I.N.P.S., sebbene ritualmente evocati in giudizio, non si sono costituiti.

Alla camera di consiglio del 23 aprile 2015, convocata per la discussione del cautelare, l’avv. Paolo Guerra, avvalendosi della previsione inserita nel decreto di fissazione dell’udienza camerale, a tutela del contraddittorio, ha chiesto che la controversia fosse decisa con sentenza semplificata, attesa la manifesta fondatezza della pretesa, insistendo, in via subordinata, per la concessione della cautela richiesta.

D I R I T T O

Ai sensi dell’articolo 9, comma 3, della legge 21 luglio 2000, n. 205, le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, in materia pensionistica, possono adottare nella camera di consiglio fissata per l’istanza cautelare, decisioni in forma semplificata, nel caso in cui si rinvengano i presupposti indicati nel comma 1 del citato articolo, e cioè manifesta fondatezza o irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso.

La pacifica giurisprudenza di questa Corte ritiene la predetta norma applicabile anche ai giudizi in grado di appello (ex plurimis: Corte dei conti, Sez. I centr. d’appello, n. 265/2015/A; Idem, Sez. II centr. d’appello, n. 165/2015/A; Idem, Sez. III centr. d’appello, n. 275/2015).

Nella fattispecie i motivi di gravame risultano manifestamente fondati.

Per quanto riguarda il richiamo all’art. 71, lettera b), del R.D. n. 1038/1933, operato dal primo giudice al fine della dichiarazione di inammissibilità, esso appare del tutto inconferente, in quanto tale norma prevede l’inammissibilità qualora si propongano domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa, evenienza che non ricorre nel caso di specie e che, invero, è stata espressamente esclusa dalla stesso Giudice di prime cure là dove ha espressamente affermato che la dipendenza era stata negata in sede amministrativa.

Ma anche il secondo motivo appare manifestamente fondato, con riferimento ad una erronea valutazione dell’interesse concreto ed attuale alla pronuncia giudiziale sulla dipendenza, sol perché il ricorrente era ancora in servizio.

L’appellante ha riversato in atti le sentenze nn. 9 e 171 del 2015 della Prima Sez. Giur. Centr. d’appello, a sostegno della propria domanda.

Dirimente, ai fini del decidere, appare il richiamo operato in quelle pronunce alla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 4325/2014), secondo la quale non può negarsi al personale ancora in servizio il diritto alla tutela giurisdizionale volta all’accertamento del presupposto necessario – riconoscimento della causa di servizio – per potere successivamente far valere in giudizio il diritto alla pensione privilegiata.

A tal proposito va ricordato come la stessa giurisprudenza di questa Corte (Corte dei Conti, sez. IV Pens. Mil., sent. n. 82939 del 04.05.1994) abbia avuto modo di precisare l'accertamento della dipendenza da causa di servizio di una (o più) infermità - previsto dall'art. 169, comma primo, DPR 29.12.1973, n. 1092, afferisca un diritto potestativo autonomo del privato a che lo Stato accerti se sussistano, o meno, le condizioni richieste per il riconoscimento del diritto a pensione che, con i suoi connotati di imprescrittibilità, intangibilità e indisponibilità, si atteggia come un quid pluris rispetto al primo.

Da ciò consegue che sussiste sempre un interesse concreto ed attuale, anche per il soggetto in attività di servizio, all’accertamento delle condizioni che potrebbero, in ogni momento, poi, consentirgli l’esercizio del diritto alla pensione privilegiata.

A ciò si aggiunga un’ulteriore valutazione che impinge sulla effettività stessa della tutela giurisdizionale.

L’accertamento della dipendenza da causa di servizio necessita di complesse verifiche tecnico-valutative sulla natura dell’infermità, sul tipo di servizio svolto e sull’influenza causale o concausale di quest’ultimo sulla prima.

Tali verifiche, sovente, diventano assai labili e di difficile effettuazione con il passare del tempo e con processi di rarefazione documentale e probatoria che, in ogni caso, restano nella piena disponibilità della P.A. e sui quali l’interessato non può in alcun modo influire.

Ne consegue che il soggetto che ritenga di potere far valere a tempo debito il diritto a pensione privilegiata, a legislazione vigente, ha un interesse concreto ed attuale ad un immediato accertamento di tale presupposto che, con il suo concretizzarsi, cristallizza una posizione giuridica di vantaggio ed in quanto tale meritevole di immediata tutela.

L’appello appare, pertanto manifestamente fondato e va accolto.

La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, ed il giudizio rimesso al primo Giudice in diversa composizione.

La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazioni tra le parti delle spese processuali.

P. Q. M.
La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata. Rimette il giudizio al primo Giudice, in diversa composizione, per la prosecuzione della trattazione di merito. Spese compensate.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 23 aprile 2015.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to (Pino Zingale) F.to (Agostino Basta)

Depositata in segreteria nei modi di legge

Palermo, 07/05/2015

Il Direttore della Segreteria
F.to (Fabio Cultrera)
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riconoscimento della pensione privilegiata indiretta, quale vedova.
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1) - rappresentava la ricorrente che il coniuge era deceduto in data 22.3.1996

2) - Con provvedimento .... del 24.2.1997, veniva negato il riconoscimento della causa di servizio per la citata patologia.

3) - In data 5.7.2010, la ricorrente presentava nuovamente istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, a seguito di quanto emerso dalle indagini condotte dalla Procura di Padova circa le condizioni ambientali in cui si trovava ad operare tutto il personale militare e civile in servizio al lOR.O.C Monte Venda.

4) - In data 25.10.2011, il Comitato di Verifica, con delibera n. ...../2011, riconosceva la dipendenza della patologia predetta da causa di servizio e concedeva l'equiparazione alle vittime del dovere.

5) - In data 31.5.2012, quindi, .... presentava domanda per il riconoscimento della pensione privilegiata indiretta.

6) - In data 11.12.2013, con foglio n. 4/107224/ A.M., veniva trasmesso il decreto del Ministero della Difesa n. 218/3, con cui la domanda di pensione privilegiata indiretta veniva dichiarata inammissibile “CONSIDERATO che per l'infermità "OMISSIS", causa iniziale dell'infermità letale, risulta essere stata chiesta la dipendenza da causa di servizio in data 05.07.2010, OLTRE il termine di CINQUE anni dalla data di conoscibilità della patologia (22.03.1996 data del decesso del M.lb OMISSIS) e che, pertanto, la richiedente è decaduta dal diritto alla pensione privilegiata ordinaria indiretta ai sensi della precitata normativa”.

LA CORTE DEI CONTI scrive:

7) - Il giudizio verte sul riconoscimento del diritto della ricorrente ad ottenere la pensione privilegiata indiretta, per il decesso del coniuge dipeso da causa di servizio e negato per avere la ricorrente chiesto la dipendenza da causa di servizio e la pensione privilegiata oltre il termine di decadenza quinquennale.

8) - Ad avviso di questo Giudice, il combinato disposto delle norme innanzi riportate va interpretato nel senso che deve ritenersi tempestiva la domanda di trattamento privilegiato indiretto proposta dal coniuge anche oltre il quinquennio, laddove il richiedente abbia proposto nel termine di cinque anni dal decesso del de cuius almeno la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia che ha determinato il decesso.

9) - Nel caso di specie, per quel che risulta in atti (Verbale .... del 30.8.2011, del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Padova, ..), già nel 1997, a solo un anno dal decesso del de cuius, il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Padova dava atto dell’esito negativo dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio avvenuto con provvedimento n. ... del 24.2.1997, a seguito di domanda giudicata tempestiva.

10) - Già solo per questo, tempestivamente essendo stata presentata la prima domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio, tempestiva deve ritenersi la domanda di pensione privilegiata proposta nel 2012.

11) - Ed in considerazione del diniego di detto riconoscimento, intervenuto nel 1997, la vedova non aveva proposto domanda di pensione privilegiata indiretta ritenendo, evidentemente, di non averne diritto, sulla base del provvedimento innanzi detto.

12) - Tuttavia, dopo avere ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, a seguito della revisione del primo provvedimento, e, quindi, dopo l’accertamento positivo della sussistenza del presupposto indispensabile per il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata indiretta, ottenuto nel 2011, la ricorrente ha proposto domanda per ottenere il riconoscimento della pensione privilegiata indiretta.

13) - In base al principio innanzi detto, solo dal secondo accertamento positivo della dipendenza da causa di servizio è iniziato a decorrere, quindi, nel caso di specie, il termine decadenziale e, pertanto, va ritenuta comunque tempestivamente prodotta la domanda di trattamento pensionistico privilegiato indiretto presentata nel 2012.

14) - Non risponderebbe, peraltro, a criteri di logicità ed equità giuridica l’addebitare alla ricorrente le conseguenze di un errore di giudizio dell’Amministrazione nella valutazione della sussistenza del requisito della dipendenza da causa di servizio della patologia che ha condotto al decesso il marito, non certamente riconducibile a colpevole inerzia della stessa.

N.B.: rileggi i punti n. 1, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 12, 13 14.

Per completezza, leggete interamente il tutto qui sotto.
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VENETO SENTENZA 118 10/07/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 118 2015 PENSIONI 10/07/2015



N. 118/2015


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO

IL GIUDICE UNICO PER LE PENSIONI
Dott.ssa Giuseppina Mignemi ha pronunciato la seguente

SENTENZA N°
nel giudizio di pensione , iscritto al n. 29833/PM del registro di segreteria, promosso
ad istanza di
F. A. M., OMISSIS ;

contro

MINISTERO DELLA DIFESA – Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, 1° Reparto 2^ Divisione Pensioni Sottufficiali A.M. –M.M.;

VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; la legge 14 gennaio 1994, n. 19; la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;

UDITE, all’udienza del 10.7.2015, le parti presenti per come risulta dal verbale di udienza;

FATTO

Con atto depositato in data 14.7.2014, OMISSIS proponeva ricorso innanzi a questa Corte chiedendo il riconoscimento della pensione privilegiata indiretta, quale vedova del Maresciallo di I^ Cl. Sc. OMISSIS.

A tal fine, rappresentava la ricorrente che il coniuge era deceduto in data 22.3.1996, per “OMISSIS".

Con provvedimento n. 55/D/97 del 24.2.1997, veniva negato il riconoscimento della causa di servizio per la citata patologia.

In data 5.7.2010, la ricorrente presentava nuovamente istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, a seguito di quanto emerso dalle indagini condotte dalla Procura di Padova circa le condizioni ambientali in cui si trovava ad operare tutto il personale militare e civile in servizio al lOR.O.C Monte Venda.

In data 25.10.2011, il Comitato di Verifica, con delibera n. 33036/2011, riconosceva la dipendenza della patologia predetta da causa di servizio e concedeva l'equiparazione alle vittime del dovere.

In data 31.5.2012, quindi, OMISSIS presentava domanda per il riconoscimento della pensione privilegiata indiretta.

In data 11.12.2013, con foglio n. 4/107224/ A.M., veniva trasmesso il decreto del Ministero della Difesa n. 218/3, con cui la domanda di pensione privilegiata indiretta veniva dichiarata inammissibile “CONSIDERATO che per l'infermità "OMISSIS", causa iniziale dell'infermità letale, risulta essere stata chiesta la dipendenza da causa di servizio in data 05.07.2010, OLTRE il termine di CINQUE anni dalla data di conoscibilità della patologia (22.03.1996 data del decesso del M.lb OMISSIS) e che, pertanto, la richiedente è decaduta dal diritto alla pensione privilegiata ordinaria indiretta ai sensi della precitata normativa”.

Con memoria depositata in data 29.6.2015, si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 10.7.2015, la causa passava in decisione.

DIRITTO

Il giudizio verte sul riconoscimento del diritto della ricorrente ad ottenere la pensione privilegiata indiretta, per il decesso del coniuge dipeso da causa di servizio e negato per avere la ricorrente chiesto la dipendenza da causa di servizio e la pensione privilegiata oltre il termine di decadenza quinquennale.

L’art. 184 del DPR n. 1092 del 1973 prevede che: “In caso di morte del dipendente in attività di servizio, l'avente causa che ritenga la morte dovuta al servizio stesso, per conseguire la pensione privilegiata di riversibilità deve presentare domanda all'ufficio presso il quale il dante causa prestava servizio, salvo quanto disposto dall'ultimo comma.

La domanda deve contenere le indicazioni di cui all'art. 168.

La domanda non è ammessa qualora sia presentata oltre il termine di cinque anni dalla data del decesso del dante causa, salvo che quest'ultimo avesse già chiesto l'accertamento di cui all'art. 169.

Nel caso in cui il dipendente sia deceduto per causa violenta nell'adempimento degli obblighi di servizio, la pensione privilegiata di riversibilità a favore della vedova e degli orfani minorenni è liquidata d'ufficio.”.

L’art. 169 citato dispone che: “La domanda di trattamento privilegiato non è ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere l'accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte. (…)”.

Le disposizioni normative innanzi riportate pongono, senza dubbio, il termine perentorio quinquennale per la presentazione della domanda di trattamento privilegiato indiretto, termine scaduto il quale s’incorre nella decadenza del diritto pensionistico, salvo che entro cinque anni dalla cessazione del servizio il dipendente non abbia almeno chiesto la dipendenza dalla causa di servizio.

Ad avviso di questo Giudice, il combinato disposto delle norme innanzi riportate va interpretato nel senso che deve ritenersi tempestiva la domanda di trattamento privilegiato indiretto proposta dal coniuge anche oltre il quinquennio, laddove il richiedente abbia proposto nel termine di cinque anni dal decesso del de cuius almeno la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia che ha determinato il decesso.

Nel caso di specie, per quel che risulta in atti (Verbale BLB n ACMO II1 13175 del 30.8.2011, del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Padova, pag 1), già nel 1997, a solo un anno dal decesso del de cuius, il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Padova dava atto dell’esito negativo dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio avvenuto con provvedimento n. 55/D/97 del 24.2.1997, a seguito di domanda giudicata tempestiva.

Già solo per questo, tempestivamente essendo stata presentata la prima domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio, tempestiva deve ritenersi la domanda di pensione privilegiata proposta nel 2012.

Peraltro, valgono anche le seguenti considerazioni.

Le disposizioni innanzi dette debbono comunque essere inquadrate nell’ambito dei principi generali che, seppur espressamente dettati in materia di prescrizione, assumono rilievo anche in materia di decadenza, con l’obiettivo di accedere ad una interpretazione della normativa costituzionalmente orientata.

Sulla base di tali principi, il termine quinquennale di decadenza non può che decorrere dal momento in cui un diritto può essere esercitato (Corte dei Conti, Sez. Lazio , sent. n. 538 del 17.6.2014).

Nel caso di specie, la norma prevede che l’istanza pensionistica di privilegio, diretta o indiretta o di reversibilità, debba essere presentata nel termine perentorio di cinque anni dalla cessazione del rapporto o morte del lavoratore.

Tanto sulla base del presupposto che il momento della cessazione del servizio o quello della morte del lavoratore coincidano con quello di insorgenza del diritto a richiedere la prestazione pensionistica.

Laddove così non sia, il dies a quo della decadenza dovrà coincidere con detto momento.

E’ in tal senso che va letta la sentenza della Corte Costituzionale n. 323 dell’1/8/2008 che ha dichiarato l'illegittimità del sopra citato articolo "nella parte in cui non prevede che allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contraile, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa.”.

Pur essendo attinente a fattispecie diversa, il principio che se ne ricava è quello della decorrenza del termine di decadenza dal momento in cui può essere fatto valere il diritto.

Ebbene, nel caso di specie, come innanzi detto, vi era stata una tempestiva attivazione per ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia, che aveva determinato il decesso del marito.

Ed in considerazione del diniego di detto riconoscimento, intervenuto nel 1997, la vedova non aveva proposto domanda di pensione privilegiata indiretta ritenendo, evidentemente, di non averne diritto, sulla base del provvedimento innanzi detto.

Tuttavia, dopo avere ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, a seguito della revisione del primo provvedimento, e, quindi, dopo l’accertamento positivo della sussistenza del presupposto indispensabile per il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata indiretta, ottenuto nel 2011, la ricorrente ha proposto domanda per ottenere il riconoscimento della pensione privilegiata indiretta.

In base al principio innanzi detto, solo dal secondo accertamento positivo della dipendenza da causa di servizio è iniziato a decorrere, quindi, nel caso di specie, il termine decadenziale e, pertanto, va ritenuta comunque tempestivamente prodotta la domanda di trattamento pensionistico privilegiato indiretto presentata nel 2012.

Non risponderebbe, peraltro, a criteri di logicità ed equità giuridica l’addebitare alla ricorrente le conseguenze di un errore di giudizio dell’Amministrazione nella valutazione della sussistenza del requisito della dipendenza da causa di servizio della patologia che ha condotto al decesso il marito, non certamente riconducibile a colpevole inerzia della stessa.

Per quanto precede, la domanda pensionistica della ricorrente deve riconoscersi come tempestivamente prodotta e, conseguentemente, va affermato il diritto della stessa a vedesi riconosciuta la pensione privilegiata indiretta, con la decorrenza di legge.

In ragione della particolare complessità della fattispecie, le spese vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Regionale per il Veneto, in composizione monocratica con funzioni di Giudice Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, riconosce il diritto della ricorrente alla pensione privilegiata indiretta.

Spese compensate.
Così deciso in Venezia, il 10.7.2015.
IL GIUDICE
F.to Dott.ssa Giuseppina Mignemi

Depositato in Segreteria il 10/07/2015

IL FUNZIONARIO PREPOSTO
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L'Amm.ne ci prova sempre.

ACCOLTO
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riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata tabellare sin dalla data del congedo.
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1) - il Ministero della Difesa ha riconosciuto il suo diritto a pensione privilegiata tabellare, con decorrenza del relativo trattamento economico dall’1.5.2012 (primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), applicando l’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, nella parte in cui disciplina le liquidazioni da effettuarsi a domanda.

2) - Il ricorrente riferisce:
- di aver prestato servizio militare quale marinaio in ferma breve triennale .... e che in data 22/9/2002 subiva un c.d. incidente in itinere mentre si recava dalla propria abitazione alla sede di servizio, a cui seguivano lunghi periodi di ricovero e degenza ospedaliera;

- che con provvedimento notificato il 7.6.2004 il Ministero della Difesa disponeva il congedo anticipato a decorrere dall’11.6.2004 per aver superato i 365 giorni di licenza straordinaria-convalescenza previsti dall’art. 11 del D. lgs n. 505/97;

- che, precedentemente, in data 23/9/2003 aveva inoltrato all’Amministrazione istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità conseguenti il predetto incidente, e di concessione dell’equo indennizzo;

- che la C.M.O. presso l’Ospedale militare di Taranto, con verbale mod. BL/B n. …. dell’11/3/2005 lo riconosceva affetto da “Esiti di trauma distorsivo OMISSIS”;

- che il Comitato di Vigilanza per le cause di servizio, con parere n. …./2008, si esprimeva positivamente circa la dipendenza dal servizio delle infermità diagnosticate dalla C.M.O. di Taranto, quali esiti dell’incidente in itinere precedentemente subito;

3) - Seguiva l’ “impugnato” decreto n. … del 15.2.2013 con il quale il Ministero della Difesa ha riconosciuto il diritto del ricorrente a pensione privilegiata tabellare, con decorrenza del relativo trattamento economico dall’1.5.2012 (primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), applicando l’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, nella parte in cui disciplina le liquidazioni da effettuarsi a domanda.

4) - Il ricorso e la memoria integrativa depositata il 24.8.2015, dopo articolate considerazioni e richiami giurisprudenziali, chiedono il riconoscimento del diritto dall’11.6.2004 (data del congedo), sostenendo che l’Amministrazione ha erroneamente applicato il succitato art. 191 del T.U. n. 1092/1973, in quanto riferibile alle sole ipotesi di beneficio da riconoscersi a domanda, mentre la fattispecie all’esame rientrava tra quelle da liquidarsi “d’ufficio” ai sensi dell’art. 167 del T.U. n. 1092/1973 e dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 461/2001.

5) - Pertanto il ricorso conclude affinchè sia dichiarato il diritto del ricorrente “ai ratei di pensione privilegiata tabellare dall’11.6.2004 al 30.04.2012” con interessi legali e rivalutazione monetaria.

6) - La parte ricorrente, dopo aver sostenuto essenzialmente che la fattispecie all’esame rientrava tra quelle da liquidarsi “d’ufficio” ai sensi dell’art. 167 del T.U. n. 1092/1973 e dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 461/2001, chiede il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata dall’ 11.6.2004 (data del congedo).

LA CORTE DEI CONTI precisa:

7) - In linea generale, giova ricordare che la giurisprudenza della Corte dei conti ha da tempo affermato che in presenza di infermità di origine traumatica, sussiste il dovere dell’Amministrazione di promuovere d’ufficio il procedimento di cui trattasi ( Sez. IV n. 73429/1989, Sez. I app. n. 516/2007, Sez. Emilia Romagna n. 159/2013).

8) - Più in particolare, circa la fattispecie all’esame, va rilevato, da un verso, che l’Amministrazione di appartenenza era stata tempestivamente edotta dai Carabinieri della Compagnia di OMISSIS, con “messaggio” n. … del 22/8/2002, sul fatto che il militare aveva subito in pari data un incidente in itinere, e da altro verso che la successiva prolungata assenza dal servizio del sig. OMISSIS, chiaramente ed incontestatamente conseguenza dell’incidente subito, – che ha indotto poi l’Amministrazione a disporre il congedo anticipato dall’11.6.2004 per aver superato i 365 giorni di licenza straordinaria-convalescenza previsti dall’art. 11 del D. lgs n. 505/97- deponeva inequivocabilmente per la sussistenza di lesioni da trauma, per, quanto meno, “presunta ragione di servizio” e che le conseguenti infermità erano “tali da poter divenire causa d’invalidità o di altra menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale”, come richiesto dal surriportato art.3 del D.P.R. n. 461 del 2001, affichè l’Amministrazione inizi d’ufficio il relativo procedimento.

9) - In disparte dal considerare che elementi di conferma di quanto innanzi emergevano anche dalla domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e di concessione dell’equo indennizzo prodotta dal OMISSIS il 23/9/2003 (in costanza di servizio), va sottolineato che il decreto del Ministero della Difesa n. … del 20/1/2009, nel riconoscere (con significativo ritardo rispetto alla domanda presentata in costanza di servizio) sia la dipendenza dal servizio delle infermità conseguenti l’incidente in itinere, sia il diritto all’Equo Indennizzo, specificava: “per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ai fini della concessione previsti dalle disposizioni vigenti, si prescinde dal termine previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001, in quanto in presenza di lesioni traumatiche la pratica deve essere istruita d’ufficio ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001”.

10) - Quindi l’Amministrazione aveva anche indotto un concreto affidamento circa il fatto che si era in presenza di un procedimento da attivare d’ufficio, in ottemperanza al più volte succitato art. 3.

11) - In tale contesto, la successiva domanda presentata il 3.4.2012 – a cui l’Amministrazione ha (illegittimamente, a parere di questo Giudice) collegato la decorrenza economica del trattamento privilegiato per cui è causa – anche tenendo conto del suo tenore letterale, assume la natura di istanza meramente sollecitatoria nell’ambito di un procedimento ad iniziativa d’ufficio; infatti la predetta domanda, dopo aver riportato quanto puntualizzato nel decreto n. … del 20/1/2009 circa il fatto che si era in presenza di un procedimento da attivarsi d’ufficio, specificava: ”… nella fattispecie in esame, il Ministero della Difesa, aveva l’obbligo di riconoscere anche la pensione privilegiata, poiché aveva accertato tutti i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento della stessa”.

12) - Pertanto emerge che l’Amministrazione, nell’emettere l’ “impugnato” decreto n. … del 15.2.2013, ha erroneamente applicato quanto disposto dall’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, in quanto disciplinante le ipotesi di “liquidazioni da effettuarsi a domanda”, mentre si verteva in chiara ipotesi di procedimento da attivarsi d’ufficio, ai sensi del più volte richiamato art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001, con conseguente decorrenza economica del trattamento privilegiato dalla data del congedo (in senso conforme cfr Sez. IV n. 73429/1989, Sez. Emilia Romagna n. 159/2013, Sez. Campania n. 473/2014).

13) - Conclusivamente va dichiarato il diritto del ricorrente al trattamento di privilegio con decorrenza economica dall’11.6.2004, data del congedo, con conseguente diritto a percepire quanto non corrisposto dalla predetta data e sino al 30.4.2012.

N.B.: rileggi i punti n. 1 e dal n. 3 al 12,

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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BASILICATA SENTENZA 49 10/09/2015
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
BASILICATA SENTENZA 49 2015 PENSIONI 10/09/2015


Sent. n. 49/2015/M



REPUBBLICA ITALIANA
in nome del popolo italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale per la regione Basilicata

in composizione monocratica
Il Giudice
Dott. Vincenzo Pergola ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8238/M del registro di Segreteria, proposto dal sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. A. S., per procura in calce al ricorso, e presso il cui studio sito in Omissis, Viale Marconi n. 219, elettivamente domiciliato.

Contro: il decreto n. … emesso in data 15.2.2013 dal Ministero della Difesa;

Avente ad oggetto: il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata tabellare sin dalla data del congedo;

Con l’assistenza del segretario sig. Giovanni Mazzeo;
Udito, nella pubblica udienza del 10.9.2015, l’avv. A. S. per il ricorrente;
Visti gli atti e documenti di causa.

Considerato in

FATTO

Con atto di ricorso ritualmente notificato a controparte, e depositato presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale in data 10/04/2015, il sig. OMISSIS, come sopra rappresentato e difeso, ha impugnato il decreto n. … del 15.2.2013 con il quale il Ministero della Difesa ha riconosciuto il suo diritto a pensione privilegiata tabellare, con decorrenza del relativo trattamento economico dall’1.5.2012 (primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), applicando l’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, nella parte in cui disciplina le liquidazioni da effettuarsi a domanda.

Il ricorrente riferisce:
- di aver prestato servizio militare quale marinaio in ferma breve triennale dal 20/4/2002 al 10/6/2004 e che in data 22/9/2002 subiva un c.d. incidente in itinere mentre si recava dalla propria abitazione alla sede di servizio, a cui seguivano lunghi periodi di ricovero e degenza ospedaliera;
- che con provvedimento notificato il 7.6.2004 il Ministero della Difesa disponeva il congedo anticipato a decorrere dall’11.6.2004 per aver superato i 365 giorni di licenza straordinaria-convalescenza previsti dall’art. 11 del D. lgs n. 505/97;
- che, precedentemente, in data 23/9/2003 aveva inoltrato all’Amministrazione istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità conseguenti il predetto incidente, e di concessione dell’equo indennizzo;
- che la C.M.O. presso l’Ospedale militare di Taranto, con verbale mod. BL/B n. …. dell’11/3/2005 lo riconosceva affetto da “Esiti di trauma distorsivo OMISSIS”;
- che il Comitato di Vigilanza per le cause di servizio, con parere n. …./2008, si esprimeva positivamente circa la dipendenza dal servizio delle infermità diagnosticate dalla C.M.O. di Taranto, quali esiti dell’incidente in itinere precedentemente subito;
- che il Ministero della Difesa, con decreto n. … del 20/1/2009, riconosceva sia la dipendenza dal servizio delle predette infermità, sia il diritto all’Equo Indennizzo.

Seguiva l’ “impugnato” decreto n. … del 15.2.2013 con il quale il Ministero della Difesa ha riconosciuto il diritto del ricorrente a pensione privilegiata tabellare, con decorrenza del relativo trattamento economico dall’1.5.2012 (primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), applicando l’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, nella parte in cui disciplina le liquidazioni da effettuarsi a domanda.

Il ricorso e la memoria integrativa depositata il 24.8.2015, dopo articolate considerazioni e richiami giurisprudenziali, chiedono il riconoscimento del diritto dall’11.6.2004 (data del congedo), sostenendo che l’Amministrazione ha erroneamente applicato il succitato art. 191 del T.U. n. 1092/1973, in quanto riferibile alle sole ipotesi di beneficio da riconoscersi a domanda, mentre la fattispecie all’esame rientrava tra quelle da liquidarsi “d’ufficio” ai sensi dell’art. 167 del T.U. n. 1092/1973 e dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 461/2001.

Pertanto il ricorso conclude affinchè sia dichiarato il diritto del ricorrente “ai ratei di pensione privilegiata tabellare dall’11.6.2004 al 30.04.2012” con interessi legali e rivalutazione monetaria.

Con memoria depositata in Segreteria il 22.4.2005, si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, sostenendo la legittimità del provvedimento adottato, in quanto la fattispecie all’esame rientra tra “le liquidazioni da effettuarsi a domanda” ai sensi dell’ art. 191, comma 3,del T.U. n. 1092/1973, concludendo per il rigetto dell’avversa domanda.

Ritenuto in

DIRITTO

Come più ampiamente riferito “in fatto”, il ricorrente contesta quanto disposto con decreto del Ministero della Difesa n. … del 15.2.2013, che ha riconosciuto il suo diritto a pensione privilegiata tabellare, con decorrenza del relativo trattamento economico dall’1.5.2012 (primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda), applicando l’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, nella parte in cui disciplina le “liquidazioni da effettuarsi a domanda”, disponendo che “se questa è presentata oltre due anni dopo il giorno in cui è sorto il diritto, il pagamento della pensione … ha luogo con effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda…”.

La parte ricorrente, dopo aver sostenuto essenzialmente che la fattispecie all’esame rientrava tra quelle da liquidarsi “d’ufficio” ai sensi dell’art. 167 del T.U. n. 1092/1973 e dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 461/2001, chiede il riconoscimento del diritto alla pensione privilegiata dall’ 11.6.2004 (data del congedo).

Il ricorso merita accoglimento per i motivi di seguito specificati.

L’articolo 3 del d.P.R. n. 461 del 2001 dispone che: “L’Amministrazione inizia d’ufficio il procedimento per il riconoscimento della causa di servizio quando risulta che un proprio dipendente abbia riportato lesioni per certa o presunta ragione di servizio o abbia contratto infermità nell’esporsi per obbligo di servizio a cause morbigene e dette infermità siano tali da poter divenire causa d’invalidità o di altra menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale. L’Amministrazione procede d’ufficio anche in caso di morte del dipendente quando il decesso è avvenuto in attività di servizio e per fatto traumatico ivi riportato”.

In linea generale, giova ricordare che la giurisprudenza della Corte dei conti ha da tempo affermato che in presenza di infermità di origine traumatica, sussiste il dovere dell’Amministrazione di promuovere d’ufficio il procedimento di cui trattasi ( Sez. IV n. 73429/1989, Sez. I app. n. 516/2007, Sez. Emilia Romagna n. 159/2013).

Più in particolare, circa la fattispecie all’esame, va rilevato, da un verso, che l’Amministrazione di appartenenza era stata tempestivamente edotta dai Carabinieri della Compagnia di OMISSIS, con “messaggio” n. … del 22/8/2002, sul fatto che il militare aveva subito in pari data un incidente in itinere, e da altro verso che la successiva prolungata assenza dal servizio del sig. OMISSIS, chiaramente ed incontestatamente conseguenza dell’incidente subito, – che ha indotto poi l’Amministrazione a disporre il congedo anticipato dall’11.6.2004 per aver superato i 365 giorni di licenza straordinaria-convalescenza previsti dall’art. 11 del D. lgs n. 505/97- deponeva inequivocabilmente per la sussistenza di lesioni da trauma, per, quanto meno, “presunta ragione di servizio” e che le conseguenti infermità erano “tali da poter divenire causa d’invalidità o di altra menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale”, come richiesto dal surriportato art.3 del D.P.R. n. 461 del 2001, affichè l’Amministrazione inizi d’ufficio il relativo procedimento.

In disparte dal considerare che elementi di conferma di quanto innanzi emergevano anche dalla domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio e di concessione dell’equo indennizzo prodotta dal OMISSIS il 23/9/2003 (in costanza di servizio), va sottolineato che il decreto del Ministero della Difesa n. … del 20/1/2009, nel riconoscere (con significativo ritardo rispetto alla domanda presentata in costanza di servizio) sia la dipendenza dal servizio delle infermità conseguenti l’incidente in itinere, sia il diritto all’Equo Indennizzo, specificava: “per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ai fini della concessione previsti dalle disposizioni vigenti, si prescinde dal termine previsto dall’art. 2 del D.P.R. n. 461/2001, in quanto in presenza di lesioni traumatiche la pratica deve essere istruita d’ufficio ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001”.

Quindi l’Amministrazione aveva anche indotto un concreto affidamento circa il fatto che si era in presenza di un procedimento da attivare d’ufficio, in ottemperanza al più volte succitato art. 3.

In tale contesto, la successiva domanda presentata il 3.4.2012 – a cui l’Amministrazione ha (illegittimamente, a parere di questo Giudice) collegato la decorrenza economica del trattamento privilegiato per cui è causa – anche tenendo conto del suo tenore letterale, assume la natura di istanza meramente sollecitatoria nell’ambito di un procedimento ad iniziativa d’ufficio; infatti la predetta domanda, dopo aver riportato quanto puntualizzato nel decreto n. … del 20/1/2009 circa il fatto che si era in presenza di un procedimento da attivarsi d’ufficio, specificava: ”… nella fattispecie in esame, il Ministero della Difesa, aveva l’obbligo di riconoscere anche la pensione privilegiata, poiché aveva accertato tutti i requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento della stessa”.

Pertanto emerge che l’Amministrazione, nell’emettere l’ “impugnato” decreto n. … del 15.2.2013, ha erroneamente applicato quanto disposto dall’art. 191, comma 3, del T.U. n. 1092/1973, in quanto disciplinante le ipotesi di “liquidazioni da effettuarsi a domanda”, mentre si verteva in chiara ipotesi di procedimento da attivarsi d’ufficio, ai sensi del più volte richiamato art. 3 del D.P.R. n. 461 del 2001, con conseguente decorrenza economica del trattamento privilegiato dalla data del congedo (in senso conforme cfr Sez. IV n. 73429/1989, Sez. Emilia Romagna n. 159/2013, Sez. Campania n. 473/2014).

Conclusivamente va dichiarato il diritto del ricorrente al trattamento di privilegio con decorrenza economica dall’11.6.2004, data del congedo, con conseguente diritto a percepire quanto non corrisposto dalla predetta data e sino al 30.4.2012.

Sulle somme dovute spettano altresì gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, salva l’applicazione dei limiti al cumulo tra essi previsti dalla legislazione (art. 16 comma 6 L. n. 412/1991, art. 2 del D.M. 1.9.1998 n.352).

In ordine alla statuizione sulle spese, deve rilevarsi come debba oggi applicarsi l’art. 92 c.p.c. così come novellato dal D.L. n.132/2014 convertito nella L. n.162/2014, norma applicabile “ai procedimenti prodotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della Legge di conversione del decreto” e dunque applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dall’11.12.2014. La norma, sì come novellata, prevede che la compensazione totale o parziale è ammessa solo in caso di reciproca soccombenza, assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alla questioni dirimenti, dovendosi altrimenti applicare il principio della soccombenza di cui all’art.91 c.p.c.

Vertendosi, nel caso all’esame, in fattispecie di soccombenza dell’Amministrazione resistente, e considerata la natura e l’entità dell’attività svolta dalla difesa di parte ricorrente, si reputa giusta la liquidazione delle spese in favore del ricorrente in € 800,00.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale della Basilicata - definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal sig. OMISSIS. nei confronti del Ministero della Difesa, contrariis reiectis, così decide:

a) accoglie il ricorso, e conseguentemente dichiara il diritto del ricorrente al trattamento privilegiato con decorrenza economica dall’11.6.2004;

b) sulle somme dovute spettano altresì gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, salva l’applicazione dei limiti al cumulo tra essi previsti dalla legislazione (art. 16 comma 6 L. n. 412/1991, art. 2 del D.M. 1.9.1998 n. 352).

c) Condanna, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., il Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare della Leva – al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del ricorrente nella misura di € 800,00.

Così deciso in Potenza nella Camera di Consiglio successiva all’udienza del 10 settembre 2015.

Si dà atto, inoltre, dell’avvenuta lettura delle ragioni di fatto e di diritto, secondo il novellato art. 429 c.p.c., in forma equipollente, attraverso il deposito della sentenza nello stesso giorno dell’udienza.
Il Giudice
f.to dott. Vincenzo Pergola


Depositata in Segreteria il 10.9.2015

Il Collaboratore Amm.vo
f.to dott. Angela Micele

Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” , dispone che, a cura della Segreteria e a tutela dei diritti e della dignità dei soggetti interessati dalla presente sentenza venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52.
Il Giudice
f.to dott. Vincenzo Pergola



In esecuzione del Provvedimento del Giudice, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti di cui alla presente sentenza.
Potenza, 10.9.2015
Il Collaboratore Amm.vo
f.to dott. Angela Micele
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Ha seguito di quanto decretato anche dalla Corte dei conti Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana con sentenza n. 120/2015, lo studio legale GUERRA precisa:

1) - Contro il decreto negativo sulla dipendenza da causa di servizio, il personale delle Forze Armate, Polizia e Soccorso Pubblico in servizio poteva finora ricorrere soltanto al TAR o proporre Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica (rispettivamente entro 60 o 120 giorni dalla notifica del provvedimento negativo). Questi, tuttavia, non potevano (e ancora non possono) contestare il parere tecnico-scientifico del C.V.C.S. se non per manifesta infondatezza, incoerenza o travisamento dei fatti: essi valutano soltanto la legittimità degli atti. Nell’ipotesi migliore, quindi, annullano i decreti e impongono all’Amministrazione di acquisire nuovi pareri del C.V.C.S., che verosimilmente, come il più delle volte è avvenuto e avviene, possono essere ancora una volta negativi, con gli interessati costretti a valutare l’opportunità di un contenzioso senza fine, ma certamente oneroso.

2) - Ora, invece, contro il decreto negativo, il personale tuttora in attività potrà ricorrere alla Corte dei Conti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio quale presupposto della (futura) pensione privilegiata.
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Quali sono i vantaggi

La Corte dei Conti, quale Giudice del rapporto, ha facoltà di riesaminare i fatti di servizio, le condizioni ambientali e la causa (eziologia) delle infermità. Può avvalersi, inoltre, d’una nuova consulenza tecnica, acquisire perizie medico-legali prodotte dal ricorrente e, infine, pronunciarsi sulla causa di servizio, annullando e sostituendo definitivamente il decreto negativo con una propria decisione che l’Amministrazione ha l’obbligo di eseguire.

Inoltre il ricorso alla Corte dei conti avverso il decreto negativo di dipendenza da causa di servizio può essere proposto in ogni tempo, non essendo soggetto a termini decadenziali propri del TAR.

Ne consegue che, contro il decreto negativo di dipendenza, al personale in servizio conviene ricorrere direttamente alla Corte dei Conti per l’accertamento della dipendenza quale presupposto della (futura) pensione privilegiata.

Per rendere ammissibile il ricorso alla Corte dei Conti, è consigliabile:
formulare la domanda di dipendenza da causa di servizio, o integrare quella già inviata, con l’espressa richiesta del provvedimento sulla dipendenza anche quale presupposto del diritto a pensione privilegiata;
in caso di decreto negativo di dipendenza già ricevuto, inoltrare altra domanda all’Amministrazione d’appartenenza, chiedendo specificamente l’estensione della pronuncia sulla dipendenza quale presupposto del diritto a pensione privilegiata.

Il personale interessato a ricorrere alla Corte dei conti dovrebbe essere:

a. chi voglia ottenere durante l’attività tutti i benefici connessi alla causa di servizio negata e garantirsi il diritto (futuro) alla pensione privilegiata;

b. chi è stato dichiarato parzialmente inidoneo al servizio, che potrebbe vantare il diritto alla permanenza nel ruolo militare con mansioni d’ufficio e garantirsi la pensione privilegiata in caso di dispensa;

c. chi è stato dichiarato assolutamente inidoneo al servizio militare incondizionato che oltre a transitare ai ruoli civili, potrebbe beneficiare della pensione privilegiata (art. 139 del T.U. 1092/73).

d. chi, anche se riconosciuto idoneo a seguito della contratta menomazione, voglia ipotecare il proprio futuro con il preventivo riconoscimento della causa di servizio ai fini del diritto a pensione privilegiata per infermità negata.
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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l'INPS perde l'Appello.
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il Giudice di prime cure, in accoglimento del ricorso, dichiarava l'irripetibilità delle maggiori somme erogate al ricorrente posto che il conguaglio sfavorevole all’interessato era avvenuto con riferimento a un trattamento definitivo di pensione e, quindi, in violazione dell’articolo 206 del dPR n. 1092 del 1973.

L'interessato a suo tempo ricorreva per: Violazione e falsa applicazione degli articoli 162, 206 del d.P.R. 1092/1973, e dell’art. 2033 c.c..

Cmp. leggete il tutto qui sotto per comprendere meglio i motivi.
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SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 3 11/01/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 3 2016 PENSIONI 11/01/2016



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

composta dai magistrati:
Luciano CALAMARO Presidente
Mario NISPI LANDI Consigliere
Luigi CIRILLO Consigliere
Daniela ACANFORA Consigliere
Francesca PADULA Consigliere
ha pronunciato il seguente

SENTENZA

sull’appello iscritto al n. 45615 del registro di Segreteria, proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – INPS, in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Morrone elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cesare Beccaria n. 29

CONTRO
Il Signor D’A. F.

AVVERSO
la sentenza n.1654/2012 della Sezione Giurisdizionale per la regione Puglia depositata in data 4 dicembre 2012.
.
Visti gli atti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 15 settembre 2015 il relatore, Presidente Luciano Calamaro e l’avvocato Filippo Mangiapane, per delega dell’avvocato Morrone.

Ritenuto in
FATTO

Con ricorso alla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Puglia il Signor D’A. F. impugnava il provvedimento in data 21.11.2008 con il quale la competente sede territoriale dell'Inpdap gli intimava la restituzione di euro 10.071,45, credito erariale accertato a seguito della adozione del decreto del Ministero datore di lavoro n. 4476 del 6.3.2008.

Tale provvedimento annullava un precedente decreto del 2005, emesso dallo stesso Ministero, non essendo stato lo stesso ammesso alla registrazione da parte del competente organo di controllo.

A sostegno della domanda, parte ricorrente richiamava la giurisprudenza della Corte dei conti in materia deducendo la propria buona fede.

All’esito del dibattimento il Giudice di prime cure, in accoglimento del ricorso, dichiarava l'irripetibilità delle maggiori somme erogate al ricorrente posto che il conguaglio sfavorevole all’interessato era avvenuto con riferimento a un trattamento definitivo di pensione e, quindi, in violazione dell’articolo 206 del dPR n. 1092 del 1973.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello l’Istituto previdenziale deducendo:

I. Violazione e falsa applicazione degli articoli 162, 206 del d.P.R. 1092/1973, e dell’art. 2033 c.c..
Sostiene l’appellante che il primo decreto di liquidazione della pensione definitiva, ovvero quello del 21.3.2005, emesso dai Ministero dell'economia e Finanze, non è mai divenuto definitivo in quanto mai registrato dall'ufficio di controllo della Corte dei conti.

Conseguentemente non sarebbe possibile applicare il disposto di cui all'art. 206 del dPR n.1092/1973 con riferimento all'irripetibilità dell'indebito.

Il giudice di primo grado, pur riconoscendo la presenza di due provvedimenti di liquidazione definitiva di pensione, il secondo necessario a seguito della negata registrazione del primo provvedimento di liquidazione definitivo e nonostante la giurisprudenza che conferma il diritto-dovere dell'Inpdap di poter disporre la ripetizione dell'indebito quando la stessa consegua alla mancata registrazione del provvedimento definitivo di pensione, tuttavia, ha accolto il ricorso di controparte ritenendo che il decreto del 2005 fosse quello da considerare definitivo.

Tale orientamento non sarebbe più sostenibile essendo stato ormai da tempo superato dalla più recente decisione n. 2/QM/2012 pubblicata il 2 luglio 2012 secondo cui "Lo spirare di termini regolamentari di settore per l'adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l'amministrazione del diritto - dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio...".

Verrebbe in rilievo un approdo che, per effetto dell'art. 1, comma 7°, della legge 14 gennaio 1994, n. 19 - come modificato dall'articolo 42, 2° comma della legge 18 giugno 2009, n. 69 - avrebbe enunciato un principio di diritto vincolante ed espressione della nuova funzione nomofilattica assunta dalle Sezioni Riunite per volontà del legislatore.

Già dal 2011 il Giudice di primo grado non avrebbe potuto adottare una decisione "automatica" e basata sulla mera constatazione del superamento del termine procedimentale risultando necessario il rigoroso accertamento della sussistenza di un comportamento colposo delle Amministrazioni interessate e delle ragioni e dell'entità del ritardo.

In sintesi gli elementi soggettivi ed oggettivi, presi in considerazione in via generale ed astratta dalle Sezioni Riunite "a titolo esemplificativo e non tassativo ed esaustivo" sarebbero riassumibili nelle seguenti regole;

1) il semplice decorso del tempo non può comportare più l'automatica impossibilità di recupero conseguente all'operazione di conguaglio prevista sulla pensione definitiva ex art. 162 del DPR 1092/1973 (come ritenuto nella gravata decisione);

2) vi è il dovere di agire in via di autotutela da parte dell'amministrazione previdenziale che deve tenere conto delle esigenze sia del privato che della pubblica amministrazione;

3) il dovere di agire in autotutela impone un attento vaglio delle reciproche esigenze e, eventualmente, l'attenuazione del potere/dovere di recupero dell'indebito, sia in sede giudiziaria che amministrativa, può rilevare solo ove il pensionato dimostri che si sia formato, a seguito del lungo protrarsi del tempo oltre quello (brevissimo) di natura procedimentale, un legittimo affidamento nell'intangibilità del trattamento di pensione provvisorio, dimostrando anche la possibilità di conoscenza immediata di tutti gli elementi da parte dell'amministrazione previdenziale procedente tenuta a procedere al conguaglio, che avrebbe consentito in più breve tempo l'emissione del provvedimento di recupero;

4) il medesimo affidamento deve poi essere verificato e valutato anche considerando attentamente le "ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e momento di conoscenza, da parte dell'amministrazione ( nel caso dell'amministrazione statale liquidatrice) di ogni altro elemento necessario alla determinazione del trattamento di pensione".

Raffrontando i principi enucleati dal giudice nomofilattico, risulterebbe chiara la loro erronea applicazione alla fattispecie, dal momento che non si è tenuto conto, in primo luogo, del fatto che il provvedimento di recupero dell'Inpdap scaturiva da un decreto del competente Ministero, di determinazione della pensione definitiva “sicchè non poteva avere alcun rilievo la percezione in buona fede delle somme poi risultate indebite”.

Tutto ciò premesso e considerato l'INPS chiede che questa Sezione voglia annullare l'impugnata sentenza ritenendo corretta e dovuta l'azione restitutoria ai sensi dell'art. 162 del dpr. 1092/1973 e del relativo recupero. Con conseguente declaratoria del diritto dell'INPS di ripetere quanto versato nelle more del gravame, in considerazione dell'efficacia provvisoria della sentenza impugnata; con il favore delle spese o, in subordine, con compensazione.

Alla odierna pubblica udienza l’avvocato Mangiapane ha insistito per l’accoglimento dell’appello.

Considerato in
DIRITTO

1. Il Collegio, accertata la tempestività del gravame ed il rituale instaurarsi del contraddittorio processuale, procede all'esame del merito.

Il punto di diritto intorno al quale ruota la vicenda di cui è controversia, riguarda la normativa da applicare in relazione ai maggiori assegni di pensione erogati al pensionato.

L’appellante sostiene che in fattispecie la disciplina recata dall’articolo 206 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092, non sia applicabile con ciò censurando l’opzione ermeneutica privilegiata dal Giudice di primo grado.

Nella prospettiva del ricorrente, infatti, il provvedimento del 21 marzo 2005, non avrebbe liquidato la pensione definitiva stante la mancata registrazione da parte della Corte dei conti.

Conseguentemente la disciplina che regola la fattispecie andrebbe ricercata nell’articolo 162 del dPR 29 dicembre 1973, n. 1092, con susseguente legittimità del disposto recupero.

2. Osserva il Collegio che la più recente e uniforme giurisprudenza di questa Sezione (cfr. ad es. Sez. II app. n. 493/2012, n. 176/2011, n. 151/2011, 628/2014) ha evidenziato che l’art. 206 del d.P.R. n. 1092/1973 – nel prevedere che <<nel caso in cui, in conseguenza di un provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte , salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato>> – non opera alcun riferimento alla registrazione o meno del precedente decreto come presupposto dell’irripetibilità.

Al contrario, dopo l’entrata in vigore dell’art. 166 della legge 11 luglio 1980, n.312 (secondo cui la semplice emissione del provvedimento di liquidazione della pensione definitiva determina la sua efficacia, e la Corte dei conti provvede solo ad un controllo successivo), l’articolo 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428 ha fornito l’interpretazione autentica del richiamato articolo 206, nel senso che l’irripetibilità ivi prevista opera quando il provvedimento definitivo venga modificato o revocato con “altro provvedimento formale soggetto a registrazione”, e non “registrato”.

In altri termini, deve ritenersi che tali nuove norme determinino un’anticipazione della definitività del provvedimento ai fini della irripetibilità derivante dall’applicazione dell’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973, a prescindere dalla registrazione del provvedimento modificato o revocato (in tal senso cfr. Sez. II app. n. 201 depositata il 9.5.2011) e dalla “definitività” del provvedimento sotto i profili dell’assoggettamento a controllo e della immodificabilità dello stesso. “In specie, la mancata previsione di una registrazione del provvedimento dimostra che l’art. 3 citato, nel riferirsi al provvedimento “definitivo”, non va inteso in senso formale o procedimentale (nel senso che tale atto deve essere registrato e/o immodificabile) ma in senso contenutistico (nel senso che deve trattarsi di un formale provvedimento concessivo di pensione definitiva, non provvisoria), nell’ottica di evitare interpretazioni “estensive” dell’art. 206 (con applicazione anche a pensioni provvisorie)” ( Sezione seconda centrale d’appello 31 ottobre 2014, n. 628).

2.1. Nella fattispecie, vertendosi pacificamente in una ipotesi di trattamento definitivo modificato con nuovo provvedimento definitivo, e non essendo contestato un fatto doloso dell’interessato come causa del pagamento indebito delle somme percepite (del resto, l’indebito risulta essersi verificato per errori di calcolo dell’amministrazione di appartenenza), deve ritenersi che l’amministrazione previdenziale non potesse provvedere al recupero di quanto versato al pensionato in forza del provvedimento concessivo di pensione definitiva poi modificato con altro atto soggetto a registrazione.

Conclusivamente l’appello non merita accoglimento e deve essere respinto.

Nulla è dovuto per le spese di giudizio, stante la mancata costituzione della parte appellata.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale, respinge l’appello in epigrafe.

Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 settembre 2015.

IL PRESIDENTE ESTENSORE
Luciano Calamaro
f.to Luciano Calamaro

Depositata in Segreteria il 11 Gen. 2016

p. IL DIRIGENTE
(dott.ssa Daniela D’Amaro)

Il Coordinatore amministrativo
d.ssa Simonetta Desideri

f.to Simonetta Desideri
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