SENTENZA
N. /2023
SENTENZA - 407/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE TERZA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai seguenti magistrati:
dott.ssa Giuseppina Maio Presidente
dott. Giovanni Comite Consigliere
dott.ssa Igina Maio Consigliere
dott. Antonio Di Stazio Consigliere
dott. Marco Fratini Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-nel giudizio di appello iscritto al n. 58777 del ruolo generale proposto
dall’I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli
Avv.ti Giuseppina Giannico, Antonella Patteri, Sergio Preden, Lidia
Carcavallo, ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria,
n. 29, negli Uffici dell’Avvocatura centrale dell’Istituto,
contro
xx, rappresentata e difesa dall’avv. Giacomo Graziosi
(
giacomo.graziosi@pec.studiograziosi.com)
per la riforma
della sentenza n. 48/2021 della Sezione Giurisdizionale per la Regione
Emilia Romagna, depositata il 23 marzo 2021 e notificata il 26 marzo
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2021.
Uditi alla pubblica udienza del 14 giugno 2023, data per letta la
relazione, con il consenso delle parti interessate presenti all'udienza,
l’Avv. Giannico Giuseppina e per la parte appellata l’Avv. Giacomo
Graziosi;
Esaminati gli atti e i documenti tutti del fascicolo di causa.
Ritenuto in
FATTO
La sig.ra xx, ex docente, è titolare di pensione diretta con decorrenza
settembre 1996.
La stessa aveva ottenuto il 10 ottobre 2016 dalla Prefettura di Bologna,
la certificazione di «vittima del terrorismo», per avere riportato
un'invalidità permanente del 2% a seguito dell'attentato del 2 agosto
1980 presso la stazione di Bologna.
Il 28 ottobre 2016 la xx, in forza della predetta certificazione, aveva
chiesto l’applicazione, sulla pensione, dei benefici di cui alla legge n.
206/2004.
Il Ministero dell'istruzione, con decreto n. 313/2016, aveva calcolato il
trattamento tenendo conto dei predetti benefici.
A dicembre 2018 l'INPS aveva posto in pagamento il trattamento cosi
come risultante dall'applicazione dei benefici per le vittime del
terrorismo ed aveva corrisposto i relativi arretrati, nei limiti della
prescrizione.
Tuttavia, il 7 novembre 2019 la Prefettura annullava il provvedimento
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con il quale la xx aveva ottenuto il riconoscimento dello status di
vittima del terrorismo.
L'INPS, conseguentemente, rideterminava il trattamento alla misura
originaria e, con nota del 24 dicembre 2019, intimava alla pensionata la
restituzione dell'indebito maturato, pari ad € 59.230,04.
La sig.ra xx ha, pertanto, adito la Sezione Giurisdizionale per la
Regione Emilia Romagna per sentire dichiarare l'irripetibilità del
predetto indebito, avendo percepito in buona fede le somme
corrisposte senza titolo.
L'INPS ha resistito in giudizio eccependo che l'adeguamento della
pensione costituiva atto sostanzialmente vincolato rispetto ai
provvedimenti con i quali la Prefettura aveva prima riconosciuto, e poi
negato, lo stato di vittima del terrorismo in capo alla xx. L'INPS ha
resistito in giudizio eccependo che l'adeguamento della pensione
costituiva atto sostanzialmente vincolato rispetto ai provvedimenti con
i quali la Prefettura aveva prima riconosciuto, e poi negato, lo stato di
vittima del terrorismo in capo alla xx. Chiedeva, pertanto, al giudice
di «autorizzare e/o disporre la chiamata in causa della Prefettura di
Bologna [...] che aveva adottato i provvedimenti che avevano dato
luogo all’indebito, formulando nei suoi confronti domanda
riconvenzionale diretta, in caso di accoglimento del ricorso, alla
condanna in via di rivalsa della stessa Amministrazione». Nel merito
l'INPS ha dedotto che l'indebito era totalmente ripetibile, in quanto
dipeso dalla mutata condizione personale della pensionata, alla
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quale non poteva più essere riconosciuta la qualità di vittima del
terrorismo.
La Sezione regionale ha respinto la richiesta di chiamata in causa della
Prefettura ed ha accolto il ricorso della sig.ra xx, poiché, essendo state
le somme percepite in buona fede, non sussisteva alcun obbligo di
restituzione, dovendosi tutelare l’affidamento della pensionata
secondo i noti principi di cui alla sentenza n. 2/2012 delle Sezioni
Riunite.
La stessa sentenza ha dichiarato legittimo il provvedimento INPS del
24.12.2019 nella parte in cui ha disposto il ripristino della pensione
della sig.ra xx allo stato precedente alla concessione del beneficio
“essendo venuto meno il presupposto giuridico che ne aveva giustificato la
rideterminazione in aumento”, e cioè lo status di vittima.
Avverso la sentenza l'INPS ha proposto appello affidato a due motivi.
Con il primo motivo l’appellante lamenta la violazione dell'art. 8,
comma 2, del DPR n. 538 del 1986, ritenendo che la Sezione regionale
abbia dichiarato inammissibile la domanda di rivalsa articolata nei
confronti della Prefettura, della quale non ha pertanto disposto, né
autorizzato la chiamata in causa.
Con il secondo motivo, l’appellante censura la sentenza per violazione
degli articoli 204, 205 e 206 del decreto del Presidente della Repubblica
29 dicembre 1973, n. 1092, lamentando che la Sezione regionale abbia
erroneamente dichiarato l'irripetibilità dell'indebito maturato sulla
pensione della sig.ra xx.
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L’appellato si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello
e spiegando appello incidentale con il quale è stata chiesta la riforma
della sentenza nella parte in cui ha dichiarato legittimo “il ripristino
della pensione precedentemente liquidata alla sig.ra xx”.
All’odierna pubblica udienza, gli avvocati hanno esposto le proprie
difese riportandosi alle richieste conclusive rassegnate negli scritti.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Rilevato in
DIRITTO
L’appello incidentale proposto dalla sig.ra xx è inammissibile, in
quanto tardivo.
Il termine per proporre appello, ai sensi dell’art. 178 c.g.c., è di sessanta
giorni dalla notificazione della sentenza, a pena di decadenza.
L’impugnazione della sig.ra xx è stata proposta con atto notificato alla
controparte il 15 maggio 2023, a fronte di una sentenza notificata il 26
marzo 2021.
L’interesse a proporre l’impugnazione avverso la sentenza, nella
fattispecie, non è sorto in conseguenza dell’appello proposto
dall’INPS. La sig.ra xx, infatti, ha riportato una soccombenza pratica
per effetto immediato della sentenza, nella parte in cui quest’ultima
ha disposto il ripristino della pensione della sig.ra xx allo stato
precedente alla concessione del beneficio “essendo venuto meno il
presupposto giuridico che ne aveva giustificato la rideterminazione
in aumento”, e cioè lo status di vittima.
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La soccombenza radica l’interesse immediato all’appello,
determinando l’applicazione del regime del termine di impugnazione
previsto dal menzionato art. 178 c.g.c.: per cui la sig.ra xx avrebbe
potuto e dovuto proporre appello nel termine di 60 giorni dalla
notificazione della sentenza di primo grado.
La proposizione oltre il predetto termine comporta l’inammissibilità
del gravame.
Deve quindi ritenersi formato il giudicato nella parte in cui la sentenza
di primo grado “ha disposto il ripristino della pensione
precedentemente liquidata alla Sig.ra xx”.
Quanto all’appello dell’INPS, il Collegio deve rilevare anche in questo
caso la formazione della cosa giudicata per effetto della sentenza n. 35
del 2023 del Tribunale di Bologna.
Il diritto azionato dall’INPS alla ripetibilità ex art. 2033 c.c. delle somme
versate alla pensionata a titolo di benefici pensionistici di cui alla legge
206/2004 (€ 59. 230, 04) “non può essere accordato alla luce della
predetta sentenza, passata in giudicato in data 16.3.2023, con cui il
giudice ordinario ha dichiarato che la sig.ra xx è una vittima del
terrorismo a far data dal 30.12.2015.
In virtù di tale giudicato, è venuto meno il presupposto logico,
giuridico e fattuale della pretesa dell ’INPS alla restituzione di quanto
a suo tempo versato alla sig.ra xx, e cioè che la pensionata “non sia
più una vittima del terrorismo”.
Il Collegio non condivide le eccezioni dell’INPS relative
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all’improduttività di effetti di quel giudicato nel presente giudizio,
data l’estraneità dello stesso INPS al giudizio nell’ambito del quale il
giudicato medesimo si è formato.
Il giudicato è in grado di produrre effetti anche nei confronti di soggetti
diversi da quelli che hanno preso parte al giudizio (e diversi anche da
quegli altri soggetti menzionati dall’art. 2909 c.c.). E’ costante
l’orientamento della giurisprudenza in questo senso: la sentenza che
sia passata in giudicato, oltre ad avere un'efficacia diretta tra le parti, i
loro eredi od aventi causa, ne ha anche una riflessa, poichè, quale
affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche
anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo nel quale sia
stata resa qualora essi siano titolari di diritti dipendenti dalla
situazione definita in quel processo, o, comunque, subordinati a
questa" (Cass. n. 2137/2014).
In termini diversi ma con significato analogo, "il giudicato può
spiegare efficacia riflessa nei confronti di soggetti rimasti estranei al
giudizio quando contenga l'affermazione di una verità che non
ammette un accertamento diverso e il terzo non vanti un diritto
autonomo rispetto a quello su cui il giudicato è intervenuto" (Cass. n.
22908/2013).
Nella fattispecie, l’accertamento dello status di vittima del terrorismo
da parte della sentenza civile non ammette un accertamento diverso
quanto al diritto vantato dall’INPS alla ripetizione dell’indebito: il
giudicato civile si pone in rapporto di pregiudizialità logica e giuridica
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rispetto al riconoscimento del diritto azionato dall’appellante,
frustrandone la sussistenza.
Quanto al primo motivo di appello, il Collegio evidenzia che
l’amministrazione prefettizia, nei cui confronti l’INPS manifesta
l’intenzione di voler agire in rivalsa, non assume la qualità di
litisconsorte necessario nel presente giudizio. Il rapporto tra le due
amministrazioni, infatti, è esterno rispetto all’oggetto del presente
giudizio, che attiene al rapporto tra l’ente previdenziale e il privato ed
è incentrato sulla pretesa al riconoscimento di un diritto soggettivo del
secondo nei confronti del primo.
Ciò induce il Collegio a rigettare l’istanza di autorizzazione alla
chiamata in causa della Prefettura formulata dall’INPS, anche per
quelle ragioni di concentrazione e celerità del giudizio già evidenziate
dal giudice di primo grado, rimanendo in ogni caso impregiudicata
l’eventuale riproposizione della domanda di rivalsa dell’istituto
previdenziale in separato giudizio.
In conclusione, data l’inammissibilità dell’appello incidentale della
sig.ra xx e il rigetto dell’appello dell’INPS, la sentenza impugnata,
deve essere confermata.
In considerazione della reciproca soccombenza si dispone la
compensazione delle spese.
Nulla per le spese di giustizia.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’appello,
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definitivamente pronunziando, dichiara inammissibile l’appello
incidentale della sig.ra xx e rigetta l’appello dell’INPS.
Nulla per le spese di giustizia.
Spese compensate.
Manda a