Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.
Inviato: dom lug 09, 2017 1:54 pm
da panorama
Ricorso al P.d.R. per il tramite del C.d.S. respinto per 2 motivi.
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rigetto dell’istanza volta alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1801 del d. lgs. n. 66 del 2010.
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1) - OMISSIS- - respingeva l’istanza formulata dall’interessato, evidenziando che i presupposti per la corresponsione si erano realizzati “in vigenza delle penalizzazioni retributive” derivanti dall’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010 e che “la provvidenza in discorso va attribuita, ai meri fini giuridici, dalla data in cui si realizzano i relativi presupposti mentre gli effetti economici che ne discendono -OMISSIS-, allorquando, per il personale in costanza di servizio a detta data, sono venute meno le condizioni preclusive di cui alle summenzionate normative”, con la conseguenza che, essendo -OMISSIS-, “in costanza di blocco economico”, l’Amministrazione non poteva concedere il richiesto emolumento.
2) - Tramite il medesimo gravame il ricorrente ha, inoltre, chiesto alla Sezione di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010 per violazione degli artt. 2, 3, 32 e 36 della Costituzione.
N.B.: leggete il tutto qui sotto per quanto riguarda il beneficio durante il Blocco.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201701579 - Public 2017-07-04 -
Numero 01579/2017 e data 04/07/2017 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 14 giugno 2017
NUMERO AFFARE 00573/2017
OGGETTO:
Ministero della difesa.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal -OMISSIS-avverso il rigetto dell’istanza volta alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1801 del d. lgs. n. 66 del 2010.
LA SEZIONE
-OMISSIS-, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere sull’affare in oggetto;
Visto l’art. 52, comma 2 d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.
Premesso e considerato.
1.- OMISSIS-formulava domanda di aggravamento e di riconoscimento del relativo equo indennizzo in relazione alle patologie dal medesimo sofferte e già riconosciute come dipendenti da fatti di servizio-OMISSIS-.
- OMISSIS-.
- OMISSIS-, ritenendo sussistente l’aggravamento richiesto dall’interessato, ascriveva le patologie dal medesimo sofferte, per cumulo, alla sesta categoria della Tabella A.
- OMISSIS-.
- OMISSIS-, chiedeva la corresponsione del beneficio di cui all’art. 1801 del d. lgs. n. 66 del 2010 (di seguito COM), ai sensi del quale “al personale dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al: a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria; b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria”.
- OMISSIS- - respingeva l’istanza formulata dall’interessato, evidenziando che i presupposti per la corresponsione si erano realizzati “in vigenza delle penalizzazioni retributive” derivanti dall’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010 e che “la provvidenza in discorso va attribuita, ai meri fini giuridici, dalla data in cui si realizzano i relativi presupposti mentre gli effetti economici che ne discendono -OMISSIS-, allorquando, per il personale in costanza di servizio a detta data, sono venute meno le condizioni preclusive di cui alle summenzionate normative”, con la conseguenza che, essendo -OMISSIS-, “in costanza di blocco economico”, l’Amministrazione non poteva concedere il richiesto emolumento.
2. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in epigrafe il -OMISSIS- ha chiesto l’annullamento, previa sospensione degli effetti, -OMISSIS-, “ove necessario”; nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto o conseguenziale.
Tramite il medesimo gravame il ricorrente ha, inoltre, chiesto alla Sezione di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010 per violazione degli artt. 2, 3, 32 e 36 della Costituzione.
3. Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione - atteso che il medesimo, concernendo un “atto connesso alla materia pensionistica” sarebbe di competenza esclusiva della Corte dei conti - e si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso stesso.
- OMISSIS-, l’Amministrazione - in riscontro all’istanza di accesso formulata dal ricorrente - ha trasmesso a quest’ultimo la relazione istruttoria e gli atti ad essa allegati, con assegnazione di un termine di trenta giorni per il deposito di eventuali memorie e controdeduzioni.
- OMISSIS-.
4. Tanto premesso, la Sezione ritiene di dover esaminare in via preliminare l’eccezione di rito formulata dall’Amministrazione riferente, secondo cui il ricorso in esame rientrerebbe nell’esclusiva competenza della Corte di conti in materia pensionistica.
In proposito la Sezione osserva che, in base alla consolidata giurisprudenza in subiecta materia, “la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni è limitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi toltale o parziale del diritto a pensione in senso stretto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, quale la determinazione della base pensionabile e dei relativi contributi da versare; pertanto, spetta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, e non alla Corte dei conti, la cognizione della controversia per l'accertamento del diritto del pubblico dipendente ad un maggior trattamento retributivo di servizio, ancorché l'accertamento stesso sia rivolto a modificare la base di calcolo del trattamento pensionistico” (Cass. Civ., Sezioni Unite, 20 maggio 2010, n. 12337 e, in termini, Cons. di Stato, Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 5172), con la conseguenza che “il dipendente pubblico, per il quale sussiste la giurisdizione esclusiva, non può che adire il Giudice Amministrativo, nel termine di prescrizione, ove intenda tutelare diritti derivanti dal rapporto di impiego”, atteso che “il collocamento in quiescenza del dipendente non sposta la giurisdizione innanzi alla Corte dei conti” (Cons. di Stato, Sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3538).
Orbene, nel caso di specie, il ricorrente, tramite il presente gravame, ha chiesto l’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione ha respinto la sua istanza volta alla corresponsione dell’emolumento stipendiale di cui all’art. 1801 COM e, quindi, di un beneficio economico discendente da suo rapporto di pubblico impiego, con la conseguenza che - anche in considerazione di quanto statuito dalla richiamata giurisprudenza - la presente controversia, concernente la materia del pubblico impiego di personale non contrattualizzato ex art. 3, comma 1 del d. lgs. n. 165 del 2001, rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ai sensi dell’art. 63, comma 4 del citato decreto legislativo.
Ne deriva, quindi, che l’eccezione formulata di rito formulata dall’Amministrazione non può che ritenersi priva di pregio.
5. Ciò posto, la Sezione ritiene di poter procedere all’esame della presente controversia.
Con un unico ed articolato motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010;
violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990;
difetto di motivazione;
eccesso di potere sotto il profilo del travisamento e dell’erronea valutazione dei fatti e dei presupposti di fatto e di diritto;
difetto d’istruttoria;
illogicità della motivazione; illogicità;
irrazionalità;
ingiustizia manifesta;
eccesso di potere sotto i profili dell’irragionevolezza del criterio posto alla base dell’impugnato provvedimento;
disparità di trattamento;
violazione del principio del giusto procedimento;
omessa valutazione dei documenti attestanti il possesso dei requisiti per conseguire il beneficio ex art. 1801 COM;
violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990;
violazione di legge per mancata applicazione dei principi in tema di giusto procedimento amministrativo; vizi del procedimento;
violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di decorrenza degli effetti del citato beneficio; violazione dell’art. 97 della Costituzione e dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990;
nonché violazione degli artt. 2, 3, 32 e 36 della Costituzione.
Secondo il ricorrente, infatti, -OMISSIS- dovrebbe ritenersi viziato sotto il profilo del difetto motivazionale in quanto il medesimo si limiterebbe “a riportare il contenuto della lettera prot. n. M_-OMISSIS-” per poi procedere, “inspiegabilmente”, -OMISSIS- - e, dunque, “in costanza del blocco economico” - senza tuttavia esplicitare l’iter logico-giuridico seguito dall’Amministrazione per pervenire a tale decisione.
Inoltre, il contestato provvedimento avrebbe proceduto ad una non corretta applicazione della normativa di settore, in quanto avrebbe “erroneamente” ritenuto che il beneficio ex art. 1801 COM sia stato riconosciuto al ricorrente -OMISSIS- - e, quindi, in pendenza delle disposizioni relative al “blocco economico” -OMISSIS-- mentre gli effetti di tale beneficio dovrebbero decorrere dalla data di presentazione delle istanze di aggravamento da parte del ricorrente (-OMISSIS-) e, pertanto, da un momento precedente rispetto all’entrata in vigore del precitato blocco economico.
Ciò sarebbe, peraltro, confermato dalla stessa giurisprudenza amministrativa, secondo cui ai fini della decorrenza dei benefici connessi con il riconoscimento della dipendenza da fatti di servizio delle patologie sofferte, sarebbe necessario tener conto della data di presentazione delle relative domande di riconoscimento (Cons. di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1881 del 2011).
Da quanto precede deriverebbe, quindi, che il diritto a percepire il precitato beneficio sarebbe “maturato prima del blocco stipendiale”, con la conseguenza che la motivazione posta alla base del provvedimento di diniego dovrebbe ritenersi “inconferente e illegittima”, oltre che in contrasto con il principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.
In subordine il ricorrente - nell’ipotesi in cui le disposizioni di settore fossero interpretate nel senso di precludere -OMISSIS- - ha chiesto di sollevare una questione di legittimità costituzionale delle disposizioni relative al blocco stipendiale (art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 ddel 2010, convertito, con modificazioni nella legge n. 122 del 2010, così come esteso al 31 dicembre 2014 dall’art. 1, comma 1, lett. a) del d. P.R. n. 122 del 2013, nonché art. 1, comma 256 della legge n. 190 del 2014) per violazione degli artt. 2, 3, 32 e 36 della Costituzione.
In particolare, le predette disposizioni dovrebbero ritenersi illogiche e produrrebbero una evidente disparità di trattamento tra i soggetti ancora in servizio, che vedrebbero riconosciuti gli emolumenti dovuti, -OMISSIS-, ed i soggetti in quiescenza, con conseguente violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione.
Infine, le censurate disposizioni avrebbero prodotto sia una lesione del diritto alla salute del ricorrente di cui all’art. 32 Cost. - poiché il medesimo non avrebbe potuto godere del beneficio richiesto pur essendo stato posto in quiescenza proprio in considerazione delle sue precarie condizioni di salute - sia una violazione dell’art. 36 della Costituzione, in quanto l’interessato sarebbe “stato privato ingiustamente e definitivamente di una ... voce stipendiale”.
6. Dette censure non possono essere condivise.
In primo luogo la Sezione ritiene che non possa trovare favorevole accoglimento la censura con cui il ricorrente ha evidenziato un asserito difetto motivazionale che-OMISSIS-: quest’ultimo, infatti, esplicita, in maniera sintetica ma puntuale, le ragioni giuridiche in base alle quali l’Amministrazione ha ritenuto di non accogliere l’istanza consistenti nella circostanza che il ricorrente “risulta collocato in congedo … in costanza di blocco economico” e nel richiamo, ivi effettuato, alla nota prot. n. M_-OMISSIS-, che costituisce la motivazione per relationem del contestato provvedimento.
Sotto il profilo in esame, quindi, il provvedimento non può che ritenersi legittimo, atteso che la motivazione ivi recata risulta adeguata a ricostruire l’iter logico seguito dall’Amministrazione nel respinge l’istanza di parte ricorrente, e ciò anche in considerazione del fatto che la motivazione per relationem, in base alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, “corrisponde ad una tecnica motivazionale pienamente ammessa dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241” (Cons. di Stato, Sez. V, 24 marzo 2014, n. 1420).
Ciò posto, per quanto concerne le ulteriori censure formulate dall’interessato, la Sezione osserva che, in base all’orientamento giurisprudenziale fatto proprio dalla Sezione stessa e dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, gli effetti dei benefici connessi con il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie sofferte decorrono “dal provvedimento previsto nell’art. 14, comma 1, del predetto DPR n. 461 del 2001” e, cioè, dal momento dell’adozione “del decreto con cui l’amministrazione attiva recepisce il parere tecnico espresso dal Comitato di verifica, parere specificamente e funzionalmente incentrato sulla ricostruzione del nesso causale tra attività di servizio e patologia riconosciuta” (Cons. di Stato, Sez. II, 22 ottobre 2014, n. 4315).
Orbene, applicando le coordinate fatte proprie dal succitato orientamento alla fattispecie in esame - nella quale, convertendosi di un’istanza di aggravamento e non di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, non era previsto il parere obbligatorio e vincolante del Comitato di verifica (CVCS) - deve ritenersi che gli effetti derivanti dal riconoscimento dell’avvenuto aggravamento delle patologie sofferte dal ricorrente decorrano dalla data in cui l’organo tecnico dell’Amministrazione ha ritenuto sussistente tale aggravamento e, quindi, a far data dall’adozione del verbale n. -OMISSIS- ha ritenuto le patologie sofferte dall’interessato come ascrivibili, per cumulo, alla sesta categoria della Tabella A.
Ne deriva, quindi, che nel momento in cui si sono realizzati i presupposti per la concessione nei confronti del ricorrente dell’emolumento di cui all’art. 1801 COM l’Amministrazione non poteva procedere all’erogazione di tale beneficio in considerazione di quanto disposto dall’art. 9, comma 1 del d.l. n. 78 del 2010, convertito con modificazioni nella legge n. 122 del 2010, in base al quale, -OMISSIS-- e, a seguito di successive proroghe, anche per l’anno 2014 - “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio … non può superare, in ogni caso,-OMISSIS-”.
A fronte dell’inequivoco disposto del citato art. 9, comma 1 del d.l. n. 78 del 2010, dunque, l’Amministrazione non poteva concedere al ricorrente il beneficio di cui all’art. 1801 COM, con la conseguenza che, sotto questo profilo, il contestato provvedimento deve ritenersi legittimo.
Peraltro, anche volendo accedere alla ricostruzione di parte ricorrente - che ricollega gli effetti dell’aggravamento delle patologie sofferte -OMISSIS- - la Sezione osserva che tale circostanza non avrebbe comunque potuto influire sulla presente fattispecie. Infatti, anche nell’ipotesi -OMISSIS-, l’Amministrazione avrebbe potuto procedere, sotto il profilo sostanziale, ad erogare tale beneficio solo a seguito dell’effettivo riconoscimento della sussistenza dei presupposti di legge e, quindi, -OMISSIS-, periodo nel quale era già entrato in vigore il blocco stipendiale di cui al predetto art. 9, comma 1 del d.l. n. 78 del 2010.
A quanto esposto non può, peraltro, opporsi la circostanza che l’Amministrazione avrebbe in ogni caso dovuto procedere alla richiesta corresponsione dell’emolumento -OMISSIS-- presentata, quindi, in un momento successivo rispetto alla conclusione del più volte citato blocco stipendiale - e ciò in quanto non risulta contestato in atti che, in tale momento, il ricorrente non poteva più ritenersi titolare di un rapporto di pubblico impiego con l’Amministrazione, essendo stato posto in congedo, -OMISSIS-.
L’emolumento di cui all’art. 1801 COM, infatti, come emerge dalla lettura testuale di tale disposizione, costituisce un “beneficio stipendiale”, con la conseguenza che l’Amministrazione, -OMISSIS-, non poteva procedere a liquidare tale beneficio nei confronti dell’interessato, atteso che il medesimo, essendo in congedo, non era titolare di uno stipendio e non poteva, quindi, ricevere il “beneficio stipendiale” di cui si converte.
Inoltre, per esigenze di completezza espositiva, la Sezione rileva che, nell’ipotesi in cui con il ricorso in esame l’istante avesse inteso richiedere la corresponsione del citato beneficio stipendiale nell’ambito dei compensi pensionistici -OMISSIS-, il ricorso stesso dovrebbe ritenersi inammissibile in quanto le questioni attinenti all’an ed al quantum della pensione rientrano, in base alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nella competenza esclusiva della Corte dei conti ai sensi degli artt. 13 e 62 del testo unico della Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (ex multis: Cons. di Stato, Sez. IV, 25 giugno 2010, n. 4108).
Infine, per quanto concerne la questione di legittimità costituzionale contenuta nel ricorso, la Sezione rileva che, tramite quest’ultima, il ricorrente ha evidenziato - come già esposto al precedente n. 5 - la sussistenza di un asserito contrasto tra le disposizioni relative al cosiddetto “blocco stipendiale” (art. 9, commi 1 e 21 del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni nella legge n. 122 del 2010, così come esteso al 31 dicembre 2014 dall’art. 1, comma 1, lett. a) del d. P.R. n. 122 del 2013, nonché art. 1, comma 256 della legge n. 190 del 2014) e gli artt. 2, 3, 32 e 36 della Costituzione.
In particolare, le succitate disposizioni, secondo la parte ricorrente, dovrebbero ritenersi illogiche e produrrebbero un'evidente disparità di trattamento tra i soggetti ancora in servizio, che vedrebbero riconosciuti gli emolumenti ad essi dovuti, -OMISSIS-, ed i soggetti in quiescenza, con conseguente violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione; avrebbero prodotto una lesione del diritto alla salute dell'interessato, garantito dall’art. 32 della Costituzione, in quanto il medesimo non avrebbe potuto godere del beneficio richiesto pur essendo stato posto in quiescenza in ragione delle sue precarie condizioni di salute; ed, infine, si porrebbero in contrasto con l’art. 36 della Costituzione, in quanto l’interessato sarebbe stato privato del beneficio richiesto in considerazione del suo pensionamento e, quindi, in maniera ingiusta e definitiva.
Da quanto precede emerge, quindi, che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente non concerne una presunta illegittimità delle richiamate disposizioni nella loro applicazione nei confronti dei soggetti titolari di un rapporto di pubblico impiego ma, piuttosto, una ritenuta illegittimità, sotto il profilo della conformità alla Costituzione, dell’applicazione di tale normativa nei confronti dei soggetti posti in quiescenza prima della fine del blocco economico.
Si tratta, in altri termini, di una questione che - in considerazione di quanto sin qui rilevato - esula dall'ambito di cognizione demandato a questa Sezione e rientra, di converso, nella giurisdizione della Corte dei conti in materia pensionistica di cui agli artt. 13 e 62 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, come peraltro confermato dal fatto che la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Liguria, con l’ordinanza n. 1 del 2017 - conseguente alla sentenza parziale n. 109 del 2016, richiamata nella relazione istruttoria - ha sollevato dinanzi alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale su una tematica sostanzialmente analoga a quella oggetto del presente ricorso.
Ne deriva, quindi, che l’eccezione d’incostituzionalità formulata dal ricorrente, esulando dall’ambito di competenza di questa Sezione, non può che ritenersi inammissibile in questa sede.
7. Conclusivamente, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso deve ritenersi in parte infondato ed in parte inammissibile, con assorbimento dell’istanza di sospensiva.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile, nei termini di cui in motivazione e con assorbimento dell’istanza di sospensiva.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 2 del d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del soggetto indicato nel presente parere, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Claudio Boccia Gabriele Carlotti
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.