Se può interessare a qualcuno, questi sono i motivi:
- A fondamento del ricorso deduce la prescrizione quinquennale del diritto alla ripetizione, la mancata comunicazione di avvio del procedimento, la violazione del principio di buona fede quanto alle modalità della ripetizione.
- A distanza di oltre sei anni l’Amministrazione accerta un indebito, peraltro di non rilevante entità e ne reclama la restituzione.
- La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha individuato un’area di eccezione alla regola civilistica dall’indebito oggettivo allorquando si tratti di obbligazioni inerenti rapporti pubblicistici, come quello di pubblico impiego, anche privatizzato, in nome delle peculiarità che li caratterizzano, espressione dei fondamentali principi di legalità e buon andamento dell’Amministrazione.
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Numero 02976/2011 e data 25/07/2011
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 8 giugno 2011
NUMERO AFFARE 05493/2010
OGGETTO:
Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla sig.ra. OMISSIS, per l’annullamento del provvedimento n. ……/06 del 27 settembre 2009 della Direzione provinciale di Messina con cui è stata chiesta la restituzione di 5.244,08 euro per assegni indebitamente percepiti e del decreto n. …. del 3 febbraio 2003 dell’Ufficio scolastico provinciale di Messina di ricostruzione di carriera;
LA SEZIONE
Vista la relazione ……. del 01/12/2010 con la quale il Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca ha trasmesso la relazione ed chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario indicato in oggetto;
visto il ricorso;
vista la relazione ministeriale ed allegati;
esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, cons. Francesco Bellomo;
PREMESSO:
Con ricorso proposto il 22 aprile 2009 la sig.ra. OMISSIS domanda l’annullamento del provvedimento n. ……./06 del 27 settembre 2009 della Direzione provinciale di Messina con cui è stata chiesta la restituzione di 5.244,08 euro per assegni indebitamente percepiti e del decreto n. …. del 3 febbraio 2003 dell’Ufficio scolastico provinciale di Messina di ricostruzione di carriera.
A fondamento del ricorso deduce la prescrizione quinquennale del diritto alla ripetizione, la mancata comunicazione di avvio del procedimento, la violazione del principio di buona fede quanto alle modalità della ripetizione.
Il Ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia dichiarato irricevibile e, comunque, infondato.
La ricorrente ha replicato alla relazione ministeriale.
Il Ministero ha confermato le sue conclusioni.
CONSIDERATO:
La ricorrente è stata insegnante di ruolo della Scuola elementare fino al 31 agosto 2007.
Il provvedimento impugnato ha per oggetto il recupero di somme erogate indebitamente successivamente all’1 settembre 1995 sino alla cessazione del servizio.
L’indebito scaturisce dal decreto n. …. del 3 febbraio 2003 dell’Ufficio scolastico provinciale di Messina di ricostruzione di carriera, comunicato all’interessata il 28 ottobre 2006, ma è stato accertato con il provvedimento n. …../06 del 27 settembre 2009 della Direzione provinciale di Messina.
Ne consegue che l’eccezione di tardività del ricorso potrebbe riferirsi al più solo alle censure che investono la prescrizione e la mancata comunicazione di avvio del procedimento di recupero.
È invece fondato il motivo relativo alla violazione del principio di buona fede.
La ricorrente è stata oggetto di svariati provvedimenti di ricostruzione di carriera, l’ultimo dei quali – definitivo – non conteneva alcuna indicazione su indebite percezioni stipendiali, limitandosi a far salvo l’accertamento di conguagli o errori di calcolo, con formula di stile.
A distanza di oltre sei anni l’Amministrazione accerta un indebito, peraltro di non rilevante entità e ne reclama la restituzione.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha individuato un’area di eccezione alla regola civilistica dall’indebito oggettivo allorquando si tratti di obbligazioni inerenti rapporti pubblicistici, come quello di pubblico impiego, anche privatizzato, in nome delle peculiarità che li caratterizzano, espressione dei fondamentali principi di legalità e buon andamento dell’Amministrazione.
Nella specie, la ricorrente aveva maturato un legittimo affidamento sulla spettanza delle somme erogate, che impedisce all’Amministrazione – soggetto pubblico, su cui grava maggiormente un dovere di autoresponsabilità e correttezza nei rapporti giuridici – di domandarne la restituzione a tale distanza di tempo.
Tecnicamente, tale effetto giuridico si inquadra come paralisi della pretesa creditoria in applicazione del principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto (qui, quello di pubblico impiego).
Il ricorso, pertanto, è da accogliere.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso sia da accogliere.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Pietro Falcone
IL SEGRETARIO
Dr.ssa Tiziana Tomassini
Assegni indebitamente percepiti, Buona Fede.
Re: Assegni indebitamente percepiti, Buona Fede.
Giusto per notizia visto il testo di somme indebitamente percepite.
Recupero di somme che si assumono indebitamente percepite dal ricorrente;
1) - il ricorrente – sovrintendente capo della Polizia di Stato cessato dal servizio in data 1 luglio 1993, con diritto alla pensione ordinaria privilegiata (ex art. 139 T.U. 1092 del 1973) di V Categoria, e poi riammesso nella Amministrazione Civile del Ministero degli Interni, ai sensi del D.P.R. 340/1982, con la qualifica di ragioniere - impugna il decreto con cui, in data 20 gennaio 1998, il Ministero degli Interni ha annullato il D.M. del 6 febbraio 1996, di rideterminazione del trattamento economico al predetto spettante, chiedendone l’annullamento.
IL TAR LAZIO precisa:
1) - la questione prospettata – attinente specificamente l’applicabilità del citato art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non del precedente art. 132) nel caso in cui un dipendente della Polizia di Stato sia cessato dal servizio, con diritto alla pensione privilegiata, e poi riammesso nell’Amministrazione civile del Ministero degli Interni – è già stata oggetto di esame da parte del giudice amministrativo;
2) - in particolare, risultano emanate numerose decisioni, le quali hanno statuito che “il divieto di cumulo fra periodi computati ai fini del trattamento di quiescenza e trattamento economico di attività, previsto dall’art. 132 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non opera nei casi di concorso della pensione privilegiata con il trattamento di attività” ritenendo che “l’attribuzione del beneficio pensionistico in questione trova, invero, fondamento in una menomazione fisica conseguente ad un’infermità contratta per causa di servizio e non nella durata del precedente servizio, che costituisce l’occasione per l’insorgenza del predetto diritto” (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 5947; C.d.S., Sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 864; C.d.S., 20 ottobre 2005, n. 5915; TAR Lazio, Sez. I ter, 3 maggio 2006, n. 3123; TAR Lazio, Sez. III ter, 17 ottobre 2001, n. 8562);
3) - ciò detto, il Collegio – accertata la propria giurisdizione, in ragione del disposto di cui all’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 - non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di cui sopra ed, anzi, ritiene il ricorso manifestamente fondato, tanto da decidere con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.pr.amm.;
Ricorso Accolto. Il resto leggetelo in sentenza.
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24/10/2012 201208764 Sentenza 1T
N. 08764/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12136/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12136 del 1998, proposto da:
L. I., rappresentato e difeso dall'avv. Filippo De Jorio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, situato in Roma, piazza del Fante n. 10;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
del decreto, consegnato al ricorrente in data 18 settembre 1998, di rideterminazione della retribuzione, ai sensi dell’art. 132 del T.U. n. 1092 del 1973, con il quale il Ministero degli Interni ha annullato un precedente decreto amministrativo adottato il 6 febbraio 1996, annunciando, per le vie brevi, un recupero di somme che si assumono indebitamente percepite dal ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che:
- con l’atto introduttivo del presente giudizio, il ricorrente – sovrintendente capo della Polizia di Stato cessato dal servizio in data 1 luglio 1993, con diritto alla pensione ordinaria privilegiata (ex art. 139 T.U. 1092 del 1973) di V Categoria, e poi riammesso nella Amministrazione Civile del Ministero degli Interni, ai sensi del D.P.R. 340/1982, con la qualifica di ragioniere - impugna il decreto con cui, in data 20 gennaio 1998, il Ministero degli Interni ha annullato il D.M. del 6 febbraio 1996, di rideterminazione del trattamento economico al predetto spettante, chiedendone l’annullamento;
- a tale fine denuncia i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, vantando – in sintesi – l’ammissibilità del cumulo tra pensione privilegiata e trattamento stipendiale, ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non dell’art. 132 del medesimo D.P.R.);
- con atto depositato in data 20 ottobre 1998 si è costituito il Ministero degli Interni, il quale – nel prosieguo e precisamente in data 13 febbraio 2012 – ha prodotto una memoria con la quale ha sostenuto la correttezza del proprio operato;
- all’udienza pubblica dell’11 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione;
Rilevato che il ricorso è fondato, atteso che:
- la questione prospettata – attinente specificamente l’applicabilità del citato art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non del precedente art. 132) nel caso in cui un dipendente della Polizia di Stato sia cessato dal servizio, con diritto alla pensione privilegiata, e poi riammesso nell’Amministrazione civile del Ministero degli Interni – è già stata oggetto di esame da parte del giudice amministrativo;
- in particolare, risultano emanate numerose decisioni, le quali hanno statuito che “il divieto di cumulo fra periodi computati ai fini del trattamento di quiescenza e trattamento economico di attività, previsto dall’art. 132 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non opera nei casi di concorso della pensione privilegiata con il trattamento di attività” ritenendo che “l’attribuzione del beneficio pensionistico in questione trova, invero, fondamento in una menomazione fisica conseguente ad un’infermità contratta per causa di servizio e non nella durata del precedente servizio, che costituisce l’occasione per l’insorgenza del predetto diritto” (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 5947; C.d.S., Sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 864; C.d.S., 20 ottobre 2005, n. 5915; TAR Lazio, Sez. I ter, 3 maggio 2006, n. 3123; TAR Lazio, Sez. III ter, 17 ottobre 2001, n. 8562);
- ciò detto, il Collegio – accertata la propria giurisdizione, in ragione del disposto di cui all’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 - non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di cui sopra ed, anzi, ritiene il ricorso manifestamente fondato, tanto da decidere con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.pr.amm.;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso vada accolto;
Ritenuto, peraltro, che – in ragione dei dubbi interpretativi inequivocabilmente sussistenti all’epoca di adozione del provvedimento impugnato (1998) – sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 12136/1998, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2012
Recupero di somme che si assumono indebitamente percepite dal ricorrente;
1) - il ricorrente – sovrintendente capo della Polizia di Stato cessato dal servizio in data 1 luglio 1993, con diritto alla pensione ordinaria privilegiata (ex art. 139 T.U. 1092 del 1973) di V Categoria, e poi riammesso nella Amministrazione Civile del Ministero degli Interni, ai sensi del D.P.R. 340/1982, con la qualifica di ragioniere - impugna il decreto con cui, in data 20 gennaio 1998, il Ministero degli Interni ha annullato il D.M. del 6 febbraio 1996, di rideterminazione del trattamento economico al predetto spettante, chiedendone l’annullamento.
IL TAR LAZIO precisa:
1) - la questione prospettata – attinente specificamente l’applicabilità del citato art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non del precedente art. 132) nel caso in cui un dipendente della Polizia di Stato sia cessato dal servizio, con diritto alla pensione privilegiata, e poi riammesso nell’Amministrazione civile del Ministero degli Interni – è già stata oggetto di esame da parte del giudice amministrativo;
2) - in particolare, risultano emanate numerose decisioni, le quali hanno statuito che “il divieto di cumulo fra periodi computati ai fini del trattamento di quiescenza e trattamento economico di attività, previsto dall’art. 132 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non opera nei casi di concorso della pensione privilegiata con il trattamento di attività” ritenendo che “l’attribuzione del beneficio pensionistico in questione trova, invero, fondamento in una menomazione fisica conseguente ad un’infermità contratta per causa di servizio e non nella durata del precedente servizio, che costituisce l’occasione per l’insorgenza del predetto diritto” (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 5947; C.d.S., Sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 864; C.d.S., 20 ottobre 2005, n. 5915; TAR Lazio, Sez. I ter, 3 maggio 2006, n. 3123; TAR Lazio, Sez. III ter, 17 ottobre 2001, n. 8562);
3) - ciò detto, il Collegio – accertata la propria giurisdizione, in ragione del disposto di cui all’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 - non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di cui sopra ed, anzi, ritiene il ricorso manifestamente fondato, tanto da decidere con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.pr.amm.;
Ricorso Accolto. Il resto leggetelo in sentenza.
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24/10/2012 201208764 Sentenza 1T
N. 08764/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12136/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12136 del 1998, proposto da:
L. I., rappresentato e difeso dall'avv. Filippo De Jorio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore, situato in Roma, piazza del Fante n. 10;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l'annullamento
del decreto, consegnato al ricorrente in data 18 settembre 1998, di rideterminazione della retribuzione, ai sensi dell’art. 132 del T.U. n. 1092 del 1973, con il quale il Ministero degli Interni ha annullato un precedente decreto amministrativo adottato il 6 febbraio 1996, annunciando, per le vie brevi, un recupero di somme che si assumono indebitamente percepite dal ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2012 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che:
- con l’atto introduttivo del presente giudizio, il ricorrente – sovrintendente capo della Polizia di Stato cessato dal servizio in data 1 luglio 1993, con diritto alla pensione ordinaria privilegiata (ex art. 139 T.U. 1092 del 1973) di V Categoria, e poi riammesso nella Amministrazione Civile del Ministero degli Interni, ai sensi del D.P.R. 340/1982, con la qualifica di ragioniere - impugna il decreto con cui, in data 20 gennaio 1998, il Ministero degli Interni ha annullato il D.M. del 6 febbraio 1996, di rideterminazione del trattamento economico al predetto spettante, chiedendone l’annullamento;
- a tale fine denuncia i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, vantando – in sintesi – l’ammissibilità del cumulo tra pensione privilegiata e trattamento stipendiale, ai sensi dell’art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non dell’art. 132 del medesimo D.P.R.);
- con atto depositato in data 20 ottobre 1998 si è costituito il Ministero degli Interni, il quale – nel prosieguo e precisamente in data 13 febbraio 2012 – ha prodotto una memoria con la quale ha sostenuto la correttezza del proprio operato;
- all’udienza pubblica dell’11 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione;
Rilevato che il ricorso è fondato, atteso che:
- la questione prospettata – attinente specificamente l’applicabilità del citato art. 139 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (e non del precedente art. 132) nel caso in cui un dipendente della Polizia di Stato sia cessato dal servizio, con diritto alla pensione privilegiata, e poi riammesso nell’Amministrazione civile del Ministero degli Interni – è già stata oggetto di esame da parte del giudice amministrativo;
- in particolare, risultano emanate numerose decisioni, le quali hanno statuito che “il divieto di cumulo fra periodi computati ai fini del trattamento di quiescenza e trattamento economico di attività, previsto dall’art. 132 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non opera nei casi di concorso della pensione privilegiata con il trattamento di attività” ritenendo che “l’attribuzione del beneficio pensionistico in questione trova, invero, fondamento in una menomazione fisica conseguente ad un’infermità contratta per causa di servizio e non nella durata del precedente servizio, che costituisce l’occasione per l’insorgenza del predetto diritto” (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 5 ottobre 2006, n. 5947; C.d.S., Sez. VI, 28 febbraio 2006, n. 864; C.d.S., 20 ottobre 2005, n. 5915; TAR Lazio, Sez. I ter, 3 maggio 2006, n. 3123; TAR Lazio, Sez. III ter, 17 ottobre 2001, n. 8562);
- ciò detto, il Collegio – accertata la propria giurisdizione, in ragione del disposto di cui all’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 - non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di cui sopra ed, anzi, ritiene il ricorso manifestamente fondato, tanto da decidere con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.pr.amm.;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso vada accolto;
Ritenuto, peraltro, che – in ragione dei dubbi interpretativi inequivocabilmente sussistenti all’epoca di adozione del provvedimento impugnato (1998) – sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 12136/1998, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2012 con l'intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Antonella Mangia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2012
Re: Assegni indebitamente percepiti, Buona Fede.
Accolto l'appello del Ministero della Difesa.
Il CdS con la sentenza di Gennaio 2021,per questi motivi precisa che la prescrizione ordinaria e decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate, e, non quinquennale: "essendo emerso un debito nei confronti dell'Amministrazione (ammontante a lire 7.250.368), si era provveduto al conguaglio dello stipendio già attribuito in via provvisoria"
Nella sentenza si legge altresì:
1) - Anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 23 novembre 2010, n. 24418, hanno statuito che la ripetizione dell'indebito oggettivo, essendo azione tesa a ripristinare l'equilibrio tra le posizioni di due contraenti, leso dal mancato rispetto del vincolo sinallagmatico tra le prestazioni, è soggetta al termine di prescrizionale decennale.
2) - In altri termini, la diversità della posizione del lavoratore che può agire per ottenere quanto dovuto per le proprie prestazioni nel termine di cinque anni previsto dall'art. 2948, n. 4, c.c. per i pagamenti periodici è ben diversa rispetto a quella in cui lo stesso dipendente abbia ottenuto somme non dovute, il che giustifica l'applicazione del diverso regime della prescrizione ordinaria decennale.
3) - Tale sentenza, infatti, merita conferma, nella parte in cui ha stabilito che “l’Amministrazione, nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, deve effettuare il recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, giacché è al netto di queste ritenute che gli emolumenti in più sono stati corrisposti, e la ripetizione dell'indebito deve necessariamente riferirsi soltanto alle somme effettivamente percepite in eccesso”.
Il CdS con la sentenza di Gennaio 2021,per questi motivi precisa che la prescrizione ordinaria e decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate, e, non quinquennale: "essendo emerso un debito nei confronti dell'Amministrazione (ammontante a lire 7.250.368), si era provveduto al conguaglio dello stipendio già attribuito in via provvisoria"
Nella sentenza si legge altresì:
1) - Anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 23 novembre 2010, n. 24418, hanno statuito che la ripetizione dell'indebito oggettivo, essendo azione tesa a ripristinare l'equilibrio tra le posizioni di due contraenti, leso dal mancato rispetto del vincolo sinallagmatico tra le prestazioni, è soggetta al termine di prescrizionale decennale.
2) - In altri termini, la diversità della posizione del lavoratore che può agire per ottenere quanto dovuto per le proprie prestazioni nel termine di cinque anni previsto dall'art. 2948, n. 4, c.c. per i pagamenti periodici è ben diversa rispetto a quella in cui lo stesso dipendente abbia ottenuto somme non dovute, il che giustifica l'applicazione del diverso regime della prescrizione ordinaria decennale.
3) - Tale sentenza, infatti, merita conferma, nella parte in cui ha stabilito che “l’Amministrazione, nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, deve effettuare il recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, giacché è al netto di queste ritenute che gli emolumenti in più sono stati corrisposti, e la ripetizione dell'indebito deve necessariamente riferirsi soltanto alle somme effettivamente percepite in eccesso”.
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